Le vicende politico-militari, che travagliarono la società italiana e quella europea tra la fine del secolo XVIII ed i primi decenni di quello successivo, si ripercossero anche sulla vita dell'Accademia da diradarne alquanto l'attività e sospenderla poi del tutto dal 1801 al 1818. Fu un silenzio piuttosto lungo, squarciato per poco da Pasquale Galluppi quando, in occasione della beatificazione di S. Alfonso dei Liguori avvenuta il 16 settembre 1816, volle tessere le lodi di quel Santo nella chiesa dei Padri Redentoristi, dei quali era tanto devoto. Nè fu costante l'operosità dei soci dopo il 1818, sia perchè le vicende politiche causate dai moti rivoluzionari a Napoli del 1820-21 avevano portato al divieto di ogni incontro culturale, sia perchè le riunioni si potevano tenere solo previa autorizzazione dell'Intendente della Provincia.
Manoscritto sulla "Camarra" di Gaetano Massara "scoperto" dal Prof. Nicola Provenzano nella Biblioteca Calabrese di Soriano
Fu in una di quelle sporadiche sedute che, nel 1822, ancora Gaetano Massara, un anno prima della sua morte, con vena scherzosa tenne piacevolmente banco, recitando "La Camarra degli Accademici Affaticati di Tropea", un suo spiritoso poemetto in veste linguistica tropeana, di stile bernesco. "Camarra" è un vocabolo calabrese con cui si indica la pettiera di cuoio degli animali da soma; in senso figurato sta a significare il potere che le mogli, con autorità e con quelle sottili arti tipiche delle donne, esercitano su quei poveri mariti che non sono capaci di reagire e per questo vengono chiamati "incamarrati".
"La Camarra, Accademici, jeu cantu, Pirchì mi l'ordinau lu Prisidenti: Cari cumpagni, chi mi stati accantu, Scusati si vi parru fora denti: Lu Calavrisi si duna lu vantu, Quandu parra, mu parra apertamenti; Jeu, dunca,a lingua di lu meu paisi L'incamarrati me fazzu palisi."
La Camarra non è un problema per il filosofo Pasquale Galluppi perchè, dice Massara,
"...cu la soi filosofia La mugghieri non senti gridari, Astrattu sempri cu la fantasia. Si chija parra, si menti a pensari Matematichi, scenzi e tiologia, E li vuci chi faci la mugghieri Non mòticanu mai li soi pinseri".
Quali sono le sottili arti femminili di cui si serve la moglie per addomesticare il proprio marito quando si rende conto che non ce la fa con i modi autoritari?
"Tantu la donna lu pungi e lu smovi, Tanti lagrimi fa, tanti lamenti, L'alliscia, l'accarizza e dici e parra Fina chi poi nci schiaffa "a camarra".
Dev'essere avvilente per l'uomo il peso della camarra se Massara, ad un certo punto, sconsolatamente esclama:
"O camarra, camarra maliditta, Rendi l'òmini randi a pitta fritta!"
Anche Massara, che parla tanto, fa capire di essere pure lui un "incamarrato" quando con aria rassegnata confessa:
"....pi la santa leggi 'da camarra Stava la lingua mea senza mu parra".
Naturalmente il predicozzo finale è per i suoi colleghi, incamarrati potentati:
"................................. Ma vui, cumpagni cari Affaticati, Chi di camarra portati lu vantu, A quattr'occhi vorrissivu ciangiuti: Non siti òmini cchiù, siti perduti".
Anche se fu rimosso, nel maggio 1848, con espressa autorizzazione governativa, quel condizionamento posto dall'Intendente della Provincia, gli Affaticati rimasero delusi quando presero nota che quel consenso prevedeva lo svolgimento soltanto di argomenti letterari, come era stato erroneamente richiesto dal Presidente dell'epoca, forse ignaro dell'originario carattere letterario, filosofico e scientifico dell'Accademia. Scomparve così ogni entusiasmo in quei soci che non potevano assaporare più il gusto di librarsi liberamente nel firmamento dello scibile umano, per cui si formò uno stato di disagio che si poteva interpretare già come un segno promonitore di un prossimo declino, in verità facilitato dalla inettitudine di qualche presidente. Ed infatti, pur se si continuava a rilasciare, a titolo di onore, attestati di appartenenza all'Accademia ad uomini di provata cultura e moralità; pur se continuavano i tornei poetici, con versi spesso senza poesia, sempre più fiacco si faceva nel fluire del tempo il passo di quel consesso. Tanto che, come stanco di avere lungamente vissuto, si lasciò andare, quasi inerte, verso quel mesto tramonto a cui mai più sarebbe successa un'altra alba. In quel momento il quadrante della storia tropeana segnava la fine dell'Ottocento.