Fina e Severino
Quando gli emigrati erano anarchici e socialisti
L'ADOLESCENTE
CHE AMO' LA BESTIA
Si è spenta a 93 anni America Scarfò, fidanzata clandestina di Severino Di Giovanni, leggendario anarchico italiano fucilato a Buenos Aires negli anni '30.
Una
storia d'amore fra emigranti più forte anche delle passioni politiche
di Alberto Prunetti
da 'il Manifesto' del 13 settembre 2006
America Josefina Scarfò, detta Fina, è morta
a Buenos Aires il 26 agosto scorso. Aveva 93 anni. Nel suo nome, America, sono
raccolte le speranze dei suoi genitori, una famiglia di calabresi emigrati in
Argentina. Sono gli anni '20 del secolo scorso e gli italiani si trasferiscono
in massa nel paese australe, che ha aperto le porte all'emigrazione: servono
inglesi, tedeschi, nordeuropei che stemperino la pelle dei creoli. Invece
arrivano italiani e spagnoli. Non portano solo la pelle olivastra e i capelli
neri, ma diffondono anche il seme dell'anarchia e del socialismo. Su cin que
milioni e mezzo di immigrati arrivati in Argentina entro gli anni '30 del
Novecento, la metà sono italiani.
Tra questi c'è un maestro elementare nato a Chieti nel 1901, scappato al
fascismo e arrivato nella città rioplatense nel 1923 con moglie e figli: si
chiama Severino Di Giovanni.
Amore e rivolta
La polizia si accorge di lui il giorno in cui lancia dagli spalti del teatro
Colòn di Buenos Aires un volantino inneggiante a Matteotti. «Abbasso il
fascismo!», urla quel giovane di fronte all'ambasciatore italiano. La polizia
argentina lo ferma e i miliziani fascisti lo prendono a pugni.
America si accorge di lui uscendo dalla casa dei suoi genitori. Lei ha
quattordici anni e due fratelli anarchici, Paulino e Alejandro. Suo padre
accetta di affittare a Di Giovanni un appartamento costruito a lato della
propria abitazione. Severino esce presto la mattina per andare a lavorare in
tipografia, America esce di casa per andare a scuola, e i due si incontrano
sulle scale. Così inizia la storia dell'amore tra questa adolescente e un
italiano che diventerà presto l'uomo più ricercato dalla polizia argentina.
Severino Di Giovanni diventa in breve la figura di rilievo dell'anarchismo
espropriatore argentino. Circondato da esuli antifascisti, fonda il giornale in
lingua italiana Il Culmine e inizia una campagna di attentati contro le
strutture del fascismo a Buenos Aires. Colpisce con attentati esplosivi il
consolato italiano e la sede della National City Bank. Realizza anche una serie
di rapine per finanziare i suoi progetti editoriali.
Ma l'uomo che di giorno stampa volantini incendiari in difesa di Sacco e
Vanzetti e di notte prepara congegni esplosivi non può fare a meno di arrossire
quando incontra quell'adolescente sulle scale. E' imbarazzato, perché sente
nascere l'amore; sente il peso
della famiglia, lui che è italiano, che ha moglie e figli. Eppure gli anarchici
propugnano il libero amore. Così ogni giorno, come un ragazzino alla prima
cotta, si mette davanti alle porte del collegio per ragazze frequentato da
America. L'aspetta all'uscita della scuola e l'accompagna a casa.
«Lui mi parlava in italiano, e io rispondevo in castigliano...». America
ricorderà così quelle passeggiate. Arrivati a pochi passi da casa i due si
separano, affinché il padre di America e la moglie di Severino non intuiscano
quello che sta accadendo. «Ti voglio bene, si dichiarò così in italiano»,
ricorderà America. «Yo también, gli rispondevo io in castigliano».
Quest'uomo di quasi trent'anni, che presto la stampa argentina descriverà come
una belva sanguinaria, camminerà mano nella mano con una adolescente, lungo i
viali dei parchi di Buenos Aires.
Presto Severino sarà costretto alla latitanza, e non potrà più aspettare
America. «A volte veniva al collegio, ma altre volte non poteva, perché era
pericoloso. Allora mi scriveva, anche tre lettere al giorno». Severino manda le
lettere attraverso altri anarchici che fanno da intermediari, convinti che
quelle lettere siano parte di importanti progetti politici. «Io gli scrivevo, e
lui leggeva le mie lettere e poi le distruggeva, perché diceva che era
pericoloso, che la polizia poteva trovarle. E che io dovevo fare lo stesso. Ma
io non l'ho fatto. Erano così belle... distruggerle, no, de ninguna manera».
«Mia amica. Ho la febbre in tutto il corpo. Il tuo contatto mi ha riempito di
tutte le dolcezze. Mai come in questi lunghissimi giorni, ho tanto centellinato
i sorsi della vita». Stentava con lo spagnolo e preferiva scrivere in italiano:
«Vorrei potermi esprimere sempre nel tuo idioma per cantarti ogni attimo del
tempo la dolce canzone dell'anima mia, farti comprendere i palpiti che
percuotono fortemente il cuore ». Per America invece leggere in italiano era più
faticoso. Eppure quella fatica doveva risultarle piacevole, se Severino
scriveva: «mi contento nel sapere che per comprendere queste linee debbono
essere rilette più di una volta da te». E ancora: «Rendimi duplicato il mio bene
che ti voglio. Sappi che ti penso sempre, sempre, sempre. Sei l'angelo
celestiale che mi accompagna in tutte le ore tristi e liete di questa mia vita
refrattaria e ribelle».
Ricercato dalla polizia, Severino Di Giovanni incontra sempre più difficoltà per
fissare gli appuntamenti d'amore. Sono anni in cui una adolescente può uscire di
casa solo per andarsene a scuola, a meno che non abbia un fidanzato ufficiale,
riconosciuto dalla famiglia. Ed è appunto questa l'idea clamorosa di Severino,
abile a congegnare piani.
Il «colpo» di America
Il gruppo di espropriatori che si raccoglie intorno a Di Giovanni dovrà fare un
«colpo» diverso dal solito. Bisogna portar via America di casa, senza che i suoi
genitori e la moglie di Severino
possano intuire niente. Si decide di
utilizzare Silvio Astolfi, un giovane anarchico italiano, esperto autista della
banda. America presenterà Silvio in famiglia come fidanzato. I due potranno
passeggiare intorno casa, e Astolfi le porterà le lettere di Severino. Però
Astolfi dovrà fingere di avere un lavoro regolare per ottenere l'assenso degli
Scarfò, e soprattutto non dovrà prendersi libertà con America.
Il piano funziona. Si farà il fidanzamento ufficiale a breve. I genitori di
America non hanno dubbi e neanche Teresa, la moglie di Severino. Si celebrano le
nozze civili e America e Silvio partono in luna di miele verso una meta lontana,
in treno. Ma alla prima stazione scendono dalla carrozza. Li aspetta Severino Di
Giovanni con duecento rose rosse. America e Severino vanno finalmente a vivere
assieme.
La loro convivenza è breve. Il gruppo di Severino - che include anche due
fratelli di America, Paulino e Alejandro - continua a rapinare banche e a
colpire i simboli del fascismo italiano, ma intanto i suoi amici cadono uno a
uno.
Il 29 di gennaio del 1931 la tipografia di Severino è circondata dalla polizia.
Inizia una fuga rocambolesca sui tetti di Buenos Aires. Loro sparano 500 colpi,
lui cinque. Il sesto lo punta contro il proprio petto. Eppure quel colpo non lo
ammazza. Lo portano all'ospedale, lo ricuciono e lo sbattono in carcere. Gli
fanno un processo sommario e lo condannano a morte.
America è ancora un'adolescente, viene arrestata e poi rimessa in libertà. Le
confiscano però le lettere di Severino. Le autorità concedono a Severino di
abbracciarla un'ultima volta. Severino le chiede di essere forte e di sposarsi
con qualche compagno. Poi al secondino chiede un caffè, molto dolce, come ultimo
desiderio. Glielo danno, ma non è dolce abbastanza. «Avevo detto dolce, molto
dolce. Pazienza, sarà per la prossima volta». Il plotone d'esecuzione viene
allestito rapidamente, e toglierà ad America prima Severino e poi il fratello
Paulino.
Le carte e il portacenere
Passano gli anni. America si sposa con un compagno, si laurea in letteratura
italiana e inizia a insegnare italiano. Fonda una casa editrice libertaria e nel
1951 fa un viaggio nel paese dei suoi antenati. Raggiunge Chieti, prova a
contattare i famigliari di Severino, ma trova solo silenzio e oblio.
Alla fine degli anni '60 uno storico, Osvaldo Bayer, inizia a spulciare archivi
e intervistare vecchi protagonisti delle lotte degli anni '20. Il libro di
Bayer, Severino Di Giovanni, riscatta la figura di Severino, ma la dittatura
militare proibisce la riedizione del testo. Con la fine della dittatura Osvaldo
Bayer e America si incontrano. Parlano di quelle lettere d'amore, che lui
ricorda di aver visto tra le carte degli archivi. «Le mie lettere», dice
America. Siamo nell'era di Menem, e Bayer riesce a ritrovare quelle lettere
sequestrate: sono nel Museo della Polizia.
Prima di morire America vuole tornare a leggere le parole di
Severino, e non vuole una fotocopia, ma
l'originale. Solo il ministro dell'Interno può darle il permesso, secondo la
normativa degli archivi argentini. Il ministro riceve Osvaldo e America, dice
che farà il possibile. Dopo alcuni giorni i due sono convocati dal capo della
polizia, che li ascolta con forzata benevolenza. «Lei mi chiede qualcosa che
appartiene alla Policía Federal. Guardi», e prende un portacenere, «qui sopra
c'è scritto 'Policía Federal'. Se lei mi chiede questo portacenere, io devo dire
di no, perché non appartiene né a me né a nessun altro: appartiene alla
polizia». Bayer insiste: «Però non si tratta di un portacenere, ma di lettere
d'amore». Il funzionario torna a indicare il posacenere con gesto trionfale:
«Sì, ma entrambi appartengono alla Policía Federal». «No, sono lettere d'amore
che sono state scritte per me. Sono mie», dice quella donna anziana, con gli
occhi neri e i capelli color neve.
America ha riavuto le sue lettere scritte in italiano, la lingua che parlavano i
suoi fratelli anarchici fucilati e il suo amante. È sopravvissuta alla loro
morte, è sopravvissuta a tante fucilazioni, a dittatura e repressione. L'ironia
però non l'ha mai abbandonata. A chi le chiedeva se avesse mai avuto rimpianti,
rispondeva che un rimpianto ce l'aveva: «Di esser stata fidanzata con un tal
Astolfi, e che in tanti mesi di fidanzamento lui non mi ha mai dato un bacio».
Adesso se n'è andata. Le sue ceneri sono state disperse in un piccolo giardino
di proprietà della Federación Libertaria di Buenos Aires. Bayer si è impegnato
ad andare ogni mese a leggere in quel giardino una lettera di Severino a
America.