America Josefa Scarfò (1913 - 2006)
AMERICA josefa scarfo'
di Paolo Catalano
Voglio raccontarvi una storia. La storia di Josefina e di Severino di Giovanni.
Una storia d’amore. Una storia di passione politica. Una storia di una
quindicenne che incontra l’uomo dei suoi sogni nell’Argentina degli anni
turbolenti fra il 1927 e il 1931. Una storia tristissima e piena di generosità,
di ardore, di utopie sfociate ahimè nel sangue.
La famiglia Scarfò è una famiglia che diventa numerosa a Buenos Aires, dove
arriva all’inizio del novecento. Il padre Pietro nasce a Portigliola, lei Romano
Caterina nasce a Tropea, si incontrano, si amano, si sposano e come molti
calabresi di quel tempo partono per trovare fortuna e per dare un avvenire ai
propri figli. Ne hanno otto il primo Antonio nasce in Calabria gli altri sette:
Josè, Alejandro, Domingo, Paulino, Josefina America, Santa e Asunto nasceranno a
Buenos Aires. Pietro riesce a sistemarsi pur se il lavoro è duro.
Trova lavoro e trova casa e anche i figli crescendo trovano lavoro. Sembra una
storia che riesce a sfuggire ai tormenti, ai pregiudizi e alle persecuzioni cui
andavano incontro molto spesso i nostri emigranti. Una vita tranquilla di una
famiglia dedita al lavoro e senza tanti grilli per la testa. Sennonché quello
era il periodo di grandi passioni politiche e di grandi tensioni.
Particolarmente attivi i gruppi anarchici italiani che si diramano in tutto il
mondo, diffondendo i fermenti di un’inquietudine che spesso sfociava in atti di
violenza. Era anarchico anche Severino Di Giovanni di Chieti dove nasce il 17
marzo 1901. Egli fin da piccolo dimostra un’indole ribelle ed un impulso
libertario che lo porta a leggere Proudhon, Bakunin, Reclus, Malatesta, Nettiau,
tutti padri rivoluzionari del pensiero anarchico. Nel 1922 per sfuggire al
fascismo che si è insediato in Italia abbandona la sua patria, ha già sposato
Teresa Masculli dalla quale avrà quattro figli, due in Italia, Laura ed Aurora,
e due in Argentina, Ilvo e Maria.
Il destino delle due famiglie s’incrocia. Severino è figlio del suo tempo e
delle idee che le sue letture gli avevano inculcato, la sua anima è un crogiuolo
di passioni, di interessi letterari, di venature romantiche e di violenze.
Josefina America è una studentessa esemplare, frequenta l’Istituto magistrale n.
4 sezione Liceo, di calle Estanislao Zeballos di Buenos Aires. E’ una
studentessa brillante, attenta e con la testa piena di passioni, di umori, di
utopie.
Severino cerca casa e la trova presso la famiglia Scarfò. L’incontro segna il
destino anche di due fratelli di Josefina America: Paulino e Asunto. Josefina
America è affascinata dall’uomo avventuroso, bello, pieno di passioni e con una
grande capacità di comunicazione quale era Severino. Diviene la sua amante e la
sua compagna. Il loro amore è qualcosa di eccezionale, riesce a superare ogni
ostacolo e riesce a sfuggire ad ogni sospetto delle due famiglie. Egli va
davanti alla scuola ad aspettarla e così hanno attimi d’amore indimenticabili.
Vivono circa tre anni di grande passione e di coinvolgimento politico di
Josefina. Severino però non trascura il suo impegno politico anzi fonda una casa
editrice “ il culmine” che dirige assieme ad altri compagni e soprattutto è il
protagonista di atti di terrorismo che provocano tante morti nella Buenos Aires
di allora. Compie rapine che considera espropri proletari. Progressivamente si
isola dal suo stesso movimento ed è questa la sua rovina. Arriva ad uccidere
Emilio Lopez Arango, anche lui anarchico e direttore della rivista “Protesta”.
E’ la sua fine. E’ catturato dopo essere stato ferito dalla polizia e, dopo un
processo sommario, è fucilato il 31 gennaio del 1931. Con lui è fucilato il
fratello di Josefina Paulino che rifiuta di chiedere clemenza addossando tutte
le responsabilità a Severino, moriranno assieme al grido di “Viva l’anarchia,
dopo avere incontrato per qualche minuto la moglie Teresina, i genitori di
Paulino e Josefina America. La madre di Josefina così anni dopo descriveva
l’ingresso di Di Giovanni sotto il loro stesso tetto:
“alcuni anni fa venne a casa mia un uomo che voleva una camera d’affitto. Era
Severino Di Giovanni. Il prezzo dell’affitto gli sembrò conveniente e così ci
mettemmo d’accordo. Venne il giorno dopo con sua moglie Teresina ed i loro tre
figli. Era un uomo dall’apparenza buono e semplice, parlava bene dei poveri e
trascorreva le ore libere leggendo. Di mestiere faceva il tipografo. I miei tre
figli (Josefina America, Paulino e Asunto) allora avevano meno di venti anni. Di
Giovanni cominciò a prestare loro dei libri e si fece loro grande amico. Con
l’enorme potere di attrazione che aveva, si avvicinò a loro e cominciò ad
influenzarli con le sue idee.”
E’ l’inizio dell’amore di Josefina, ma è un grande amore anche per Severino.
Severino, uomo d’azione e di grande passioni politiche, che lo hanno portato
all’omicidio, agli attentati e alle stragi, che lo hanno visto protagonista di
espropri proletari, quando non vedeva Fina (come egli chiamava Josefina America)
era capace di scriverle anche tre lettere al giorno ed erano lettere
tenerissime, piene di romanticismo e di amore. Ecco stralci di una lettera di
Severino a Fina “ Mia amica. Ho la febbre in tutto il corpo. Il tuo contatto mi
ha riempito di tutte le dolcezze. Mai come in questi lunghissimi giorni, ho
tanto centellinato i sorsi della vita. Prima vivevo le ore tranquille di Tantalo
ed ora, oggi, l’oggi eterno che ci ha uniti, vivo, senza saziarmi, tutti i
sentiti armoniosi dell’amore tanto cari a Shelley ed alla George Sand. Ti dissi-
in quell’amplesso espansivo- quanto tempo ti amavo, ma vorrei dirti anche quanto
ti amerò, perché il pane della mente che sa materializzare tutte le idealità
elette dell’esistenza umana, ci sarà la guida più esperta………… Quando ti parlo di
eternità – tutto ciò che il cuore ha voluto ed amato è eterno- voglio alludere
all’eternità dell’amore. L’amore mai muore. L’amore che ha germogliato lontano
dal vizio e dal pregiudizio, è puro e nella sua purezza non si può contaminare e
l’incontaminato è dell’eternità………”. E finisce così “ Rendimi duplicato il mio
bene che ti voglio. Sappi che ti penso sempre, sempre, sempre. Sei l’angelo
celestiale che mi accompagna in tutte le ore tristi e liete di questa mia vita
refrattaria e ribelle. Con te, ora e sempre. Baciami come io ti bacio.”
Un grande amore quello di Severino che finisce con la sua fucilazione e con
l’ultimo suo desiderio “ Non voglio fumare, disse Severino, voglio un caffè.
Dolce, mi raccomando. “ E rimproverando il sergente che gli aveva portato un
caffè amaro disse “ non importa, la prossima volta me lo porterai dolce come
piace a me.”
Josefina dopo la fucilazione ha una grande crisi, si chiude in se stessa ma non
rinuncia alla lotta politica. Realizza quello che Severino le aveva chiesto in
carcere l’ultima volta. Continua l’attività anarchica fondando una nuova casa
editrice. Si sposa con un compagno anarchico e si laurea, diventando docente di
letteratura italiana all’università di Buenos Aires. Non ha mai voluto
rilasciare interviste, né ha mai accondisceso che della sua storia d’amore fosse
realizzato un film. Nel 1951 venne in Calabria, volle visitare i paesi dei suoi
genitori Portigliola e Tropea e ha cercato i suoi parenti viventi. Poi non venne
più. Le lettere del suo amatissimo Severino sequestrate dalla polizia le vennero
restituite solo nel 1998, resteranno, la maggior parte di esse, per sempre
inedite e saranno portate nella tomba di lei che ancora vive a Buenos Aires
tenendo nel cuore quegli anni di una felicità tormentata vissuti accanto al suo
grande amore Severino Di Giovanni.
E’ la storia di una di noi, una figlia della grande tragedia dell’emigrazione,
dei turbamenti, delle rivolte morali, dei furori che se pure non possono essere
giustificati per le efferate crudeltà commesse da Severino trovano qualche
indulgenza, qualche motivazione, e sono comunque nobilitate dalle condizioni
inumane in cui vivevano i nostri emigrati e da un amore senza fine, un amore
davvero grande sconosciuto a molti e forse irrepetibile nella realtà che noi
viviamo.
Vi ho raccontato una storia vera, spero che questa storia vi sia piaciuta, vi
abbia commosso, spero che in essa abbiate avuto modo di trovare motivi di amore
e di ammirazione per quella splendida grande donna che è Fina America e anche
qualche compassione per Severino che ha creduto che la violenza potesse
risolvere una condizione terribile che era quella dei proletari e dei deboli di
allora e che ha trovato qualche riscatto in quell’amore grande, grande per Fina.
La vicenda di Fina è anche, per altri versi, una grande storia che fa giustizia
di molti stereotipi della stampa estera dei primi del novecento che dipingevano
gli emigranti italiani e specialmente i meridionali come accoltellatori,
sporchi, ignoranti, sfaticati, dediti al commercio dei loro figli, fanatici ed
adoratori pagani di simboli e di riti. Gli Scarfò vanno in America, trovano
lavoro e vi si dedicano, acquistano casa, crescono otto figli con decoro,
indirizzandoli allo studio e al lavoro e una di questi figli vive con coraggio e
da donna moderna una grande storia per poi dedicarsi allo studio diventando
docente universitaria senza mai cedere alle lusinghe della notorietà e del
denaro che le sarebbero venuti se solo avesse voluto acconsentire che la sua
storia e quella di Severino diventassero film. E siamo ai primi del novecento,
un’epoca terribile di fame, di privazioni, di soprusi, di grettezze.
Forse oggi noi ricordando queste cose dovremmo stare attenti a cedere ai
pregiudizi verso quelli che percorrono la strada che noi abbiamo percorso tanto
tempo fa ricevendo gli stessi insulti che oggi loro ricevono.