di Luciano Tamagnini
Il Milione e Marco Polo
I suoi personaggi diventano muscolari, un po' come faceva Hogarth, perchè hanno bisogno del loro corpo atletico per affrontare i pericoli; hanno fasci di scattanti muscoli (attenzione: niente di anatomicamente studiato, bensì i muscoli sono rappresentati nella loro efficacia grafica, al di là che esistano veramente nel corpo umano!) sotto gli indumenti; essi danno forza, vigore ed elasticità ai movimenti degli eroi all'interno della vignetta ed eleganza al complesso della pagina. De Vita, inoltre, evidenzia ancor di più questa tendenza a vedere il corpo come "strumento di avventura" facendo divenire piano piano il capo del personaggio meno importante del resto del corpo, rendendo più piccole le teste rispetto allo sviluppo muscolare dei corpi. Non è che Devi voglia sottolineare che i personaggi avventurosi non debbano "pensare", ma che debbano fare, lottare, affrontare i pericoli e che quindi l'organo del pensiero debba essere più piccolo; è che nell'affrontare una natura magica, spesso nemica e spaventosa fatta di orridi, di boschi malefici, di castelli cupi e terrorizzanti, il corpo diviene uno strumento imprescindibile. La necessità di avere un corpo muscoloso, anche oltre la realtà, è sottolineato spesso anche da vignette in verticale dove il personaggio è dominato dalla natura matrigna che deve affrontare, per cui, per quanto il corpo sia "dominante", ancora più incombenti risultano essere le rupi o i pericoli sovrastanti. Quella natura, così fisica e così irreale, è un'altra delle costanti grafico narrative di De Vita, che pone sempre il suo disegno in una commissione raffinata tra elementi realistici ed elementi fiabeschi, quasi ci fosse una naturale ritrosia del disegnatore a tuffarsi appieno nel reale. Anche quando, nel mondo dell'Alpe, affronta tematiche western o storiche o racconta dolci novelle metropolitane, affiora sempre una qualcosa che ci fa sentire a cavalcioni della fiaba. Ora questo mondo grafico così originale ha rischiato di rimanere senza il suo giusto riconoscimento e dobbiamo ringraziare un ricercare appassionato ed innamorato dell'opera del nostro De Vita, di cui ancora molto dovremmo vedere in Italia (e chissà che in un futuro non si possa presentare al nostro pubblico quello che non ha visto della saga del Piccolo Duca o Robin che dir si voglia): grazie alla ricerca di Jean-Ives Guerre il suo nome è ritornato a galla per ottenere quei riconoscimenti, di cui era creditore. Guerre ha compiuto una vera opera da detective, che è documentata nel suo bel volume dedicato al Mistero Devi svelato, per ritrovare l'autore ormai ottantenne. Noi dobbiamo ringraziare Guerre se abbiamo potuto parlare con Antonio De Vita, ricostruire il suo mondo fantastico e darvi un assaggio della sua potenza grafica. Ci auguriamo di riavere presto il grande Antonio su di queste pagine.