ANTONIO IEROCADES, L'ORFEO ITALICO DELLA MASSONERIA
di Armando Dito (1979)
Nella letteratura calabrese Antonio Ierocades ha il suo posto autorevole. Nella storia della Letteratura Calabrese del Piromalli è definito <<uno di quei liberi ingegni di vasta cultura ed erudizione che si incontrano frequentemente in Calabria e che si innamorano delle idee grandi ed universali>>. Primi, nel tempo, Gaetano Capasso e Gregorio Aracri furono a segnalare l'importanza letteraria del Ierocades, ma chi rilevò il suo valore massonico fu Oreste Dito nel volume <<Massoneria e Carboneria ed altre società segrete nel Risorgimento>>. In quel primo entusiasmo di diffusione della <<luce>> massonica che si ebbe in Europa e in Italia, che tanto influenzò il costume di quel suolo, non poteva mancare l'accento poetico. Fra i poeti che trassero motivi dagli ideali massonici e ve ne furono illustri ed autorevoli, v'è posto per il calabrese abate Antonio Ierocades. Nato a Parghelia il 1° Settembre 1738, si consacrò alla Chiesa per <<vivere meno dipendente o per ovviare i rigori di una ingiusta fortuna e si abbandonò ad una vita quasiché stoica, ed aliena dal consorzio ordinario del mondo>>; fu tenuto in gran conto e in stima dai migliori del suo tempo, da Genovesi, Pagano, Cirillo e Filangeri. Ierocades ha il vanto ed il merito di aver portato per primo la <<luce massonica>> in Calabria fondando una prima Loggia a Catanzaro. Ma non per questo egli è ricordato. Lo resero popolare e ce lo tramandarono le sue poesie per le quali fu chiamato l'Orfeo della Massoneria. Per i suoi principi massonici fu più volte imprigionato ed inviato in esilio. Ma la sua tempra non fu talmente forte da impedirgli d'essere delatore. A questo proposito Michele Rossi, di cui abbiamo poche notizie, scrisse in un suo scritto <<Nuova Luce>> Firenze 1980, monografia <<ricavata da documenti sconosciuti relativi alla gran causa dei rei di Stato del 1794>>, di aver accertato (pag. 194 - 196) che l'abate Ierocades ed altri arrestati <<per sfuggire alla pena loro inflitta ed alle vessazioni che sopportavano, finirono per rivelare quanti dei congiurati erano fino a quel momento sfuggiti alle precedenti domande>>. Il fatto, purtroppo, è vero; va però il merito, se di merito si tratta, allo Ierocades d'aver confessato la sua delazione a Guglielmo Pepe, che la menzionò nelle sue <<Memorie>>. Il Ierocades appartiene alla schiera dei precursori e di costoro ha tutti i difetti e le virtù. Nella sua vita come nelle sue opere trovasi un certo misticismo che si riscontra tra i messianici, nei millenari e in quanti sono infatuati in un miraggio di vita che li porta lontano dalla realtà. Questo miraggio era allora negli ideali della Massoneria. Il suo poema <<Paolo o dell'umanità liberata>> potrebbe intitolarsi meglio l'epopea della Massoneria, i cui principi espone un pò velati dalla veste poetica. Paolo non è l'apostolo convertito di Damasco, ma il poeta stesso <<foriero della luce massonica che sola può liberare l'umanità. Nel poema sono ricordati i simboli e le pratiche della Massoneria: si descrivono le Logge. Pietro vede nel cielo il modello del tempio, attraverso il segno convenzionale. Pietro e Paolo si riconoscono e Paolo viene riconosciuto dai fedeli: <<... o di beato e caro! - quando l'amico, al segno a lui sol noto - riconosce l'amico, al volto ignoto>>. L'opera, però, che lo rese noto fu la <<Lira Focense>>, che raccoglie le migliori poesie ad indirizzo massonico del Ierocades. La <<Lira Focense>> ebbe una larga diffusione; in Germania prima che venisse alla ribalta lo Schiller i fratelli massoni celebravano la <<Lira>> dell'Italico Orfeo Antonio Ierocades. Se non è più sublime di Schiller, il nostro, come un tempo Ibico reggino, è il più musicale, tanto vero che egli stesso afferma: <<... ho scritto molte e varie canzonette e cantandole con la tazza e con la cetra in mano, ho sollevato l'altrui e l'animo mio dalle cure fatali del secolo>>.