Antonius Spanus Tropiensis
di Salvatore Libertino
Una ventina di anni fa le notizie a disposizione su Antonio Spanò erano pressochè nulle. Eppure, nel 1872 Nicola Scrugli, che aveva avuto dall'amministrazione comunale tropeana il compito di riordinare la toponomastica cittadina all'indomani dello smembramento del centro storico avvenuto dopo gli eventi sismici del 1783, gli aveva dedicato un grazioso larghetto, ai più - a dire il vero - noto come "arretu 'o furnu 'i Tonna" (dietro al forno di Tonna), poichè vi sorgeva un piccolo e antico forno a legna, frequentatissimo da chi amava le cose belle. E difatti è quì che venivano affidate lande, tortiere e marmitte colmi di pane, biscotto, pitte, parmigiane, testi, pandispagna, campanari, pie, paste di mandorla.... E quando Tonna decideva il punto giusto di cottura di quel ben di Dio e lo rispediva al domicilio del mittente attraverso le mani garbate di Esterina e del suo lungo 'tumpagnu', il larghetto si impregnava piacevolmente, oltre che dell'odore di legna bruciata, di umori e profumi che inebriavano l'intero quartiere dei Gesuiti. Poichè il discorso storico letterario sull'artista tropeano si è evoluto e recentemente, a seguito di approfondite ricerche, ha toccato traguardi lusinghieri, sarebbe opportuno fare il riepilogo cronologico almeno dei documenti che sono andati a scoprire sempre di più il carattere ed il valore artistico di un nostro personaggio del Cinquecento venuto fuori come per incanto a rivivere assieme a noi e a portare ancora oggi nel mondo dell'Arte il nome di Tropea, sua città natale, che appare inciso nelle opere accanto alla firma dell'Autore. Il primo a menzionare il nome di Spanò fu Francesco Sergio nel manoscritto ''Chronologica Collectanea sive Chronicorum de civitate Tropea eiusque territorio." recante sul frontespizio la data del 1720. Del manoscritto nel 1988 fu pubblicata a Napoli l'edizione anastatica (in bianco e nero) per l'Athena editrice, a cura di Pasquale Russo, che per l'occasione firmò una ricca, documentata e dotta presentazione con cenni biografici inediti dell'Autore. Lo Spanò fu definito dal Sergio 'pittore', poichè egli stesso, durante la permanenza spagnola, aveva visto, con i suoi occhi, un dipinto dietro il coro del monastero di San Lorenzo dell'Escorial.
Nell'Ottocento furono Vito Capialbi e il già menzionato Nicola Scrugli a ricordare il nome di Antonio Spanò nelle loro opere pubblicate in quel di Napoli, rispettivamente "Memorie per servire alla storia della santa Chiesa Tropeana", del 1852 e "Notizie archeologiche e storiche di Portercole e Tropea", del 1891, riportando molto succintamente ciò che già aveva scritto Francesco Sergio. Per sapere qualcosa di nuovo su Antonio Spanò, occorre andare nel 1914 quando sull'autorevole rivista londinese "The Geopraphical Journal", apparve un articolo di Charles Raymond Beazley (1868 - 1955), che annunciava, in occasione di una compravendita a Ginevra tra privati, la scoperta di un piccolo globo terrestre d'avorio, scolpito ed inciso nel 1593 da Antonio Spanò. Il Beazley nell'occasione descrisse minuziosamente la struttura con numerose note critiche e commenti sulle figure geografiche e sui nomi che apparivano e si leggevano nell'esiguo spazio di quel microscopico mappamondo, ora custodito presso la 'Pierpont Morgan Library' di New York. Nel 1926 dell'artista tropeano si occupò il maestro Alfonso Frangipane in un breve articolo apparso sulla rivista "Brutium" con il titolo "Artisti ed artigiani calabresi della rinascenza. Antonio Spano di Tropea" in cui veniva riportata una serie di documenti notarili e parrocchiali (Ricerche di Salazar e Filangieri) che ci facevano conoscere per la prima volta alcuni cenni biografici del Nostro quali le nozze con Giulia de Pino, celebrate a Napoli nel 1576 presso la casa paterna di Marco de Pino, famoso pittore senese che ospitò come aiutante lo Spanò nella propria bottega. Ancora sulla dote di 220 ducati ricevuti nel 1582 da Giulia da parte del padre Marco e spesi nello stesso anno per l'acquisto di una abitazione vicino la chiesa di Santo Spirito. E infine, nel 1579 in Calabria su una tela che avrebbe dovuto raffigurare la Madonna, San Nicola, San Sebastiano e il Dio Padre, destinata alla città di Stilo e il cui committente era la curia di Squillace. Dell'opera però non rimase alcuna traccia. Nel 1980 abbiamo potuto leggere su 'Brutium' l'articolo dello storico e critico d'arte Giuseppe Alparone " ANTONIUS SPANUS TROPIENSIS INCIDEBAT. Riappare sul mercato antiquario un'opera scomparsa del nostro artista rinascimentale", dove veniva data notizia che la studiosa di incisioni su avorio Margarita Estella aveva resa nota la scoperta di un'opera dello Spanò, in occasione di un'asta di Christie's battuta a Ginevra il 16 novembre 1978. Tale scoperta con tutti i possibili dettagli dell'opera era apparsa, a firma della studiosa madrilena e con alcuni documenti fotografici, in "La Adoracion de los Reyes, en marfil, obra de Antonio Spano, procedente de El Escorial", nell'Archivio Español de Arte, apr.-giu. 1978 n. 202. Nei primi anni novanta fu lo storico ricadese Pasquale Russo, curatore del manoscritto del Sergio, a scrivere sul periodico culturale nicotrese "La Lettera" un articolo con il quale raccontava di aver operato, durante una visita in Spagna, una ricerca sul campo su Antonio Spanò. E pur non avendo trovato all'Escorial nulla del dipinto descritto da Francesco Sergio, si era messo in contatto con la studiosa Margarita Estella che gli ha fornito notizie dell'artista tropeano riportate nei propri saggi freschi di stampa. L'articolo di Pasquale Russo fu pubblicato anche da TropeaMagazine e fu la prima volta che circolarono le prime notizie su Antonio Spanò con le immagini dei suoi piccoli capolavori in avorio "L'adorazione dei magi" e il Rosario della Cattedrale di Costanza, e il bastone in bambù del Museo Victoria & Alberto di Londra. Nel 2007 è stato il sottoscritto a scoprire il già menzionato articolo di Charles Raymond Beazley del 1914 sulla compravendita a Ginevra di un un prezioso globo terrestre, sempre in avorio e di Spanò, divulgandolo su TropeaMagazine. Per il momento non si dispongono immagini dell'opera, ma è stata avviata la procedura per poterle acquisire.
Il Rosario in avorio di Antonio Spanò conservato nella Cattedrale di Costanza
Il Rosario in avorio di Antonio Spanò conservato nella Cattedrale di Costanza e la relativa custodia originale
Qualche settimana fa ho scoperto in Rete un blog dal titolo "Paternosters" che si occupa appunto di Rosari sia essi rappresentati nell'Arte, in dipinti e sculture, sia essi veri e propri pezzi antichi le cui immagini sono ricavate da cataloghi di collezionismo, aste, schede di musei o libri d'arte. L'autrice è la Sign.ra Chris Laning Davis che risiede in California (USA) e nel suo portale si possono leggere almeno tre articoli sul Rosario di Antonio Spanò, custodito nella Cattedrale di Costanza. L'autrice del sito, appena è venuta a conoscenza dell'esistenza del Rosario dell'artista tropeano, ha avviato le ricerche del caso e così ha potuto trovare e pubblicare l'effigie del proprietario dell'opera, Jacob Fugger, Vescovo di Costanza (1604-1626) proveniente da una ricchissima famiglia di banchieri. Del Rosario è riuscita a impossessarsi, pubblicandole, di alcune foto in bianco e nero, provenienti dal catalogo di una mostra "500 Jahre Rosenkranz" svoltasi a Colonia nel 1975. Negli eccezionali documenti è possibile vedere il Rosario completo e la relativa custodia originale. Però la Sig.ra Chris si dichiara molto rammaricata perchè le foto non permettono di analizzare compiutamente le immagini delle incisioni, tenuto conto della minime dimensioni dei grani che costituiscono i componenti del Rosario. Ma non per questo si perde d'animo e spera al più presto di poterlo vedere direttamente a Costanza per esaminarlo da vicino e finalmente per fotografarlo a colori.
Altra immagine del Rosario di Antonio Spanò
La Corona si compone in tutto di 11 sfere, la cui grandezza è gradualmente variabile, che rappresentano, nell'uso della preghiera, dieci Ave e un Pater Noster che appare più grande delle altre. Ogni sfera è concatenata all'altra tramite una montatura fatta di piccoli ganci in metallo a differenza dei comuni rosari di quel tempo le cui sfere scorrevano attraverso un filo continuo di seta. Alla prima sfera, che appare più piccola delle altre, è attaccata una croce contenuta che a sua volta è concatenata ad un grande anello cui si sarebbe potuto attaccare un pendaglio, come una medaglietta, oppure fermare ad una cintola o cordone o ad un occhiello del vestito. Gli ultimi grani, i più grandi, rappresentano, la numero 11, la sfera celeste con incise le costellazioni mentre la numero 10, la sfera terrestre con le aree geografiche, gli oceani, i poli. Secondo la Laning Davis tali sfere e ciò che rappresentano potrebbero derivare dal significato delle prime parole del racconto biblico che inizia "In principio Dio creò il cielo e la terra". Di Antonio Spanò è attualmente in fase di studio un carteggio che lo volle nel 1575 imputato in un processo davanti alla Curia di Napoli per aver disatteso l'impegno di sposare Giulia de Pino, poi rientrato. Lo Spanò si è sposato felicemente con Giulia nel 1576 e dopo qualche anno la famiglia partì per la Spagna dove l'artista tropeano divenne incisore di corte di Re Filippo II. Morì a Madrid nel 1615, dopo aver lasciato il proprio posto di impiego al figlio Francesco, il quale nel 1612 ha sposato a Madrid, nella parrocchia di S. Sebastiano, Vittoria Vaquina. Nel 1621 ottenne licenza di tornare a Napoli, dove morì.
Cropalati. Chiesa dell'Assunta La 'Madonna del Rosario'. 1579
In questo percorso emozionante e proficuo rimane sicuramente il rammarico di non aver ancora individuato almeno un dipinto con la firma dall'artista tropeano. Abbiamo comunque voluto dare un'occhiata all'immagine della tela rovinatissima di Cropalati raffigurante la Madonna del Rosario che il critico d'arte Giuseppe Alparone volle assegnare in due diverse occasioni all'artista tropeano (vdsi l'articolo di Alparone). Con emozione abbiamo aperto il volume 'L'arte in Calabria' di Maria Pia Di Dario Guida, edizione 1978 e alla figura n. 279 c'era proprio la Madonna di Cropalati con la seguente leggenda: "Ignoto meridionale del 1579 - Madonna del Rosario. Cropalati, Chiesa dell'Assunta. Il dipinto reca i segni evidenti di una drastica pulitura con soda che ha corroso quasi completamente la pellicola pittorica". Però mancava la sua firma, quella che siamo abituati a leggere nelle sue opere accanto al patriottico appellativo 'Tropiensis' che lo legò e lo legherà sempre e indissolubilmente alla sua Tropea. Le ricerche su Antonio Spanò e sulle sue opere proseguiranno, soddisfatti fino ad ora di come sono andate le cose e degli esiti positivi riscontrati.
| 'Antonio Spanò da Tropea' di Alfonso Frangipane | | 'L'adoracion de los Reyes, en marfil, obra de Antonio Spano, procedente de Escorial' di Margarita Estella | | 'Antonius Spanus Tropiensis incidebat' di Giuseppe Alparone | | 'Antonio Spanò artista tropeano' di Pasquale Russo | | 'Un globo terrestre d'avorio del 1593' di Salvatore Libertino | | 'Antonius Spanus Tropiensis' di Salvatore Libertino | | 'Ecco le immagini del Globo di avorio inciso da Antonio Spanò nel 1593' di Salvatore Libertino |