1784. Pianta topografica del fondo detto <<Cocca>> dove rinascerà Briatico
Le chiese dell'antica Briatico dopo il Concilio di Trento
di Filippo Ramondino
All'alveo d'una madievistica che va guardando al Sud con nuova ricchezza di contenuti e nuove prospettive di convergenza interdisciplinare, è da riportarsi quel filone della storiografia economica che, negli anni sessanta, ha individuato nel tema dei Villages dèsertés, una delle più vitali aree di ricerca e non solo per il mezzogiorno1. Nel territorio della nostra Provincia i centri abitativi abbandonati o città morte, di particolare interesse, sono: Mileto, Castelmonardo (oggi Filadelfia), Rocca Angitola, Polia, Mesiano, Briatico. Lasciati definitivamente e ridotti a ruderi e rovine in seguito al terremoto del 1783, essi sono oggi oggetto di particolare attenzione da parte di studiosi e di ricercatori, meno invece da parte delle istituzioni statali che dovrebbero assicurarne la tutela e il recupero. A spiegare le valide motivazioni di un recupero ambientale di questi centri di origine alto medievale ci hanno pensato specialisti del settore2. Meritano un particolare riferimento, per le suggestive ed imprenscindibili chiavi di lettura sull'argomento, i risultati di un seminario di studio organizzato dalla Facoltà di Architettura dell'Università di Reggio Calabria nel 1991, pubblicati col titolo Le rovine nell'immagine del territorio calabrese3. Ogni ricerca, metodologicamente corretta, deve saper integrare nel loro giusto valore le fonti entitative (reperti visibili o meno) e quelle formali (scritte e orali). La consistenza documentaria derivante, particolarmente, dalle fonti scritte presso gli archivi - molte quasi del tutto ancora inedite - ci aiuta e stimola <<al diretto contatto col territorio ed alle possibili localizzazioni topografiche>>4, ad entrare dentro uno spazio in cui il tempo ha assunto forma. Col presente contributo vogliamo iniziare una escursione archivistica tra le fonti documentarie relative alla chiesa dell'antica Briatico. Tasselli d'un mosaico che si sviluppa ancora nel tempo. Pietre dense di calore e di colori della nostra civiltà povera e ricca, aristocratica e contadina. La documentazione che qui presentiamo è conservata presso l'Archivio Storico Diocesano di Mileto VV (ASDM), e risulta quasi tutta ancora inedita. Le carte che studieremo ricoprono un arco di anni che va dal 1586 al 1783 circa, cioè da dopo il Concilio di Trento al terremoto del 1783 che segnò la distruzione e l'abbandono della vecchia città di Briatico. La fonte principale, e più antica, è costituita, nei limiti del nostro Archivio, dagli Acta Pastoralis Visitationis, in particolare la Visita svolta dal Vescovo Del Tufo nel 15865. Questi atti ci offrono una descrizione quasi completa delle chiese e dei loro beni, soggetti alla giurisdizione dei Vescovi. Non possiamo pretendere descrizioni particolareggiate, ma le notizie che ricaviamo si dimostrano utili sia per ricostruire e farci un'idea dell'ambiente materiale, e sia, soprattutto, per ricavare informazioni sul costume, sulle istituzioni, sulle consuetudini legate al culto, alla devozione, alla liturgia in genere. Tra le parole di questi antichi documenti traspare, infatti, un rinnovato movimento religioso ed ecclesiale che si andava ad instaurare secondo le precise direttive del Concilio Tridentino e dei Sinodi Diocesani6. Nell'esaminare e trascrivere le notizie di queste testimonianze del culto cristiano nella metà del XVI sec., una attenzione privilegiata l'abbiamo data agli arredi liturgici, ritenendo che in questi manufatti possiamo, in modo particolare, cogliere lo spirito dinnovazione e l'espressione liturgica di conformazione alle norme conciliari e sinodali per il ripristino della dignità del culto e dei luoghi cultuali.
Briatico tra i secoli XVI e XVIII
La vecchia Briatico sorgeva a circa 3 km dall'attuale centro. Era costruita sopra un colle, sulla destra della fiumara Murria. Ancora oggi, in mezzo alla vegetazione, sono ben visibili i ruderi dell'antica città, impressionante documento del terribile terremoto del 5 febbraio 1783. La notizia ecclesiastica più antica, regestata dal Russo, fa riferimento a una: <<Ecclesia S.ti Georgi de Briatico...>>7, si trattava di una scrittura a favore della Badia di Mileto, datata 10.10.1090. Fu descritto dagli storici come paese ricco e fertile, anche se continuamente minacciato dalle incursioni saracene8; qui sorgeva il famoso e ricco monastero basiliano dedicato a San Pancrazio che nei secoli XIV e XV fu oggetto di vivaci controversie tra il Vescovo di Mileto, l'Archimandrita di Messina e il Vescovo di Umbriatico. Feudo di diverse famiglie come risulta dai documenti più antichi, nel 1496 dal Re Ferrante II d'Aragona Briatico fu ceduta alla famiglia spagnola dei Bisbal che la governarono per quasi un secolo. Falliti economicamente i Bisbal, alla fine del '500 viene acquistata da Cesare Pappacoda e da questi è poi venduta ai Pignatelli di Monteleone che mantennero la feudalità fino al 1806. Le note finali relative alla Visita pastorale del 15869 possono offrirci un quadro sintetico sulla situazione socio-economica delle chiese di Briatico alla fine del XVI secolo: <<La parrocchiale di Santo Nicola della t(er).ra di Briatico della di(oce).si di Mileto con la cura delle anime è giure patronato dell'Ill.mo Duca di Monteleone padrone della detta t(er).ra rende ogni anno l'uno per l'altro in grano salme tridici et tumulo uno in circa et censi in dinaro oglio cum frondi ducati trentaquattro. Vi è dentro la cappella della Nuziata giure padronato di laici rende circa dudici di tumuli di grano. La chiesa di S. Maria de Raccomandatis di detta terra è confratria di laici e si governa per mastri et procuratori laici rende ogni anno in grano tumuli quarant'uno. Et in dinari frondi, mortilla et oglio ducati cinquantadue tarì uno et grana dieci. L'Abbadia di S. Brancati et di S. Maria del Franco di Briatico chiese et beneficijs semplici et sine cura sono del Sig. Fabio Bisballe rendino ogni anno grano bianco tumoli doicento et grano negro tumoli sessanta.>>. Altra interessante descrizione sull'antica Briatico la troviamo nella relazione presentata per la visita ad Limina del 1612 dal Card. Felice Centini Vescovo di Mileto: <<Il paese di Briatico si attribuì il nome della città forse per il gran numero di casali di sua pertinenza, sono infatti quindici, e in tutto comprende, tra cittadini e rurali, 3.200 abitanti. Briatico è abitata da uomini nobili, e vi è una chiesa parrocchiale nuovamente ampliata e sufficientemente fornita di sacra suppellettile. Ivi convengono nei tempi consueti gli abitanti dei casali per ascoltare la parola di Dio; mentre nei singoli luoghi c'è il fonte battesimale e si conserva abbastanza decentemente la SS. Eucarestia. I Regolari della terra di Briatico, presenti nei conventi dei frati predicatori e di S. Francesco di Paola, sono circa sedici, e le monache sotto la regola di S. Chiara, nel Monastero di S. Maria de Raccomandatis costruito quattro anni addietro, sono quindici>>10. A questa descrizione possiamo aggiungere un altro prezioso documento, un Apprezzo di Briatico del 1631 redatto dal notaio Giovan Pietro Gallerano di Napoli11 che, per quanto riguarda la parte ecclesiastica, scrive: <<Sono in detta terra più, e diverse Chiese, cioè la Chiesa Catedrale sotto titolo di Santo Nicola, che stà nel mezzo della Terra, dove è l'Abate, seu Rettore con dieci sacerdoti, et altri chierici, che officiano li divini officij, e ministrano li Santissimi Sacramenti, e vivono comodamente d'entrati. Vi è un Monastero di donne sotto il titolo di raccomandati dell'ordine di Santa Chiara, dove al presenti resiedono quaranta Monache parti dell'istessa Terra, e parti delle terre convicine, quali vivono santamenti, e con molta divozione. Vi è un Monastero di Frati Domenicani sotto il titolo della S.ma Annuntiata, tengono bella Chiesa con diverse Cappelle, organo con altri paramenti necessarij, con convento grande, et inclaustro bellissimo. Vi risiedono sei Padri, quattro di Messa e dui Laici, e celebrano li divini officij conforme l'obligo loro, e vivono comodamente d'entrate. Vi è la chiesa, seu Cappella della Madonna S.ma del Carmine, dove risiedono due padri di Messa e dui laici, quali similmente vivono comodamente d'entrate. Vi è anco una cappella con beneficio de juspatronato, dove stà il Cappellano con sua entrata, et è obbligato celebrare tre messe la settimana, e così anco un altra cappella beneficiata, che il Cappellano è obligato celebrare quattro messe la settimana. Là vi è un altra cappella di San Pietro e Paolo, et il cappellano è obbligato celebrare quattro messe la settimana; vi è l'ospedale di Pellegrini e povari forestieri, dove hanno comodità di letti, e stantia per l'amor di Dio, e vivono lor beneficij, e detto clero sta sottoposto al vescovo di Melito>>.
La chiesa di San Nicola
La chiesa parrocchiale <<sub vocabulo di Santo Nicola>> era di ius patronato gentilizio e festeggiava il giorno della sua consacrazione il 2 di luglio; negli atti della visita pastorale del 158612 viene così descritta:<<Ha doi campane sonanti, un fonte di acqua benedetta, le sepolture bone et le porte bone et atte a serrarsi et chiudersi>>. L'altare maggiore, ancora non consacrato, era adornato di tre tovaglie, un paliotto di damasco carmosino, e di <<doi candileri di rame e doi angelelli di legno indorato, et al muro stava un quadro di legno nello quale erano pitte l'imagine della Madonna Sant.ma di San Nicola e di Santo Iacono. Sullo stesso altare era posto il SS. Sacramento conservato <<dentro una custodia di legno indorata con la coperta di armosino carmosino>>. Vi erano nella chiesa altri tre altari: l'altare di Santa Maria della Misericordia, <<adornato di tre tovaglie, un paliotto di velluto turchino et doi candileri>>, era di patronato della famiglia Matanise di Monteleone ed aveva come cappellano il sac. Giacinto Giamborino. L'altare dedicato all'Annunziata era di patronato della famiglia De Riso, il Vescovo visitandolo ordinò che entro due mesi si doveva porre sull'altare una figura della Madonna secondo il titolo cui era dedicato, mettere la pietra santa e una crocetta di legno, <<et levare lo tavuto che sta il la vicino e l'ossa ponere sotto terra>>. Il terzo altare elencato, anch'esso di ius patronato, era una cappella della S. Croce, di cui era rettore il sac. Pietro Vento. Rettore della chiesa era in quell'anno l'Abate Francesco Palumbo di Briatico il quale notificò <<della sua institutione haverne le bolle spedite a p.ntatione dell'Ill.mo Marchese di Briatico al quale spetta lo Jus p.ntandi Cappellano et Rettore in detta parr:le tutte volte et quando vacarà>>. All'altare maggiore era unita la Confraternita del SS. Sacramento, legata a quella della chiesa della Minerva in Roma dal 30 ottobre 1554, sotto il pontificato di Giulio III. Questa confraternita non <<have resa alcuna di stabile, ma vive di elemosine>>, utilizzate per questo altare. Tra le robbe stabili in possesso della chiesa troviamo elencate: <<una custodia di argento con lo piede di rame indorata con li vetri per portare il Sant.mo Sacramento per la Città. Un comunicatorio con lo coperchio d'argento cò il piede di rame indorato per portare il Santissimo Sacramento all'infermi. Un censero di argento con la navetta cucchiaro di valore di d.i. 85>>. E ancora, meno preziosa, una croce di ottone indorato, calice e patena d'argento, una croce d'argento. In una cassa posta in sacrestia vi erano: pianete di velluto carmosino e tunicelle, un pallio di tela e seta color paonazzo, 10 tovaglie grandi e 16 corte, 7 veli per il calice, 1 piviale di damasco, un panno di croce di raso giallo, un paliotto di panno giallo, 4 camici con amitti e cingoli, due messali, un graduale, un antifonario festivo, un campanello piccolo, altre tovaglie. Tra le vesti sacre erano anche conservati <<una gonnella e un cappottino di damasco>>, forse un ex voto, che il Vescovo ordinò al parroco di vendere e il ricavato usarlo in onore della cappella del SS. Sacramento. Altro comando del Superiore fu che, entro sei mesi, si facesse <<una pianeta di alcun drappo di seta bianca et stola et manipulo>>, e che <<dentro la sacrestia debbia fare un lavatorio con la tovaglia per lavarsi le mani li preti et ponere una carta delle or(atio).oni preparatorie alla Santa Messa et uno altaretto portatile>>. La chiesa parrocchiale, come ci risulta dagli elenchi negli Acta, aveva un buon numero di proprietà, oltre che in città, anche nei villaggi di Mandaradoni, San Marco, Papaglionti, con censi di grano, in denaro e in uva. Dopo queste prime fonti che ci presentano la chiesa madre di Briatico alla fine del XVI secolo, sappiamo, attraverso gli atti della Visita del 163013, di altri due altari: uno dedicato a San Gerolamo e un altro a S. Andrea sul quale celebrava il sac. Giov.Maria Vallone. Nel 1706, don Antonio Schinni, parroco dello Spirito Santo in Monteleone, deputato dal Vescovo per la Visita alla città di Briatico, scrive che nel tabernacolo c'erano <<due pissides ubi conservatur bene et decenter Sanctissimus Christi Corpus>>, e anche <<bene disposita>> erano gli oli santi ed il fonte; la sacrestia <<habet omnia necessaria>>; di altari menzionava solo quello di S. Maria delle Grazie, con legato di d.Cesare Grillo, sul quale celebrava il sac. Giuseppe Lombardo14. Anche nella Visita effettuata il 5 maggio 175815 fu trovato tutto in ordine e ben tenuto e sono menzionati gli altari della Madonna delle Grazie e di S. Andrea. Un registro del Bilancio della chiesa di San Nicola - Briatico 1732-1755 ci può offrire qualche idea sull'amministrazione della chiesa in quel tempo; leggiamo, per esempio, nel bilancio dell'anno 1734 che per cera annualmente spendevano ducati 15, per olio e per insenso ducati 50, per elemosine ai questuanti ducati 50, inoltre <<fattura guastatura del sepolcro, mangiare del sagrestano e carboni la notte D. 1,... al Priorato di S. Pancrazio censo passivo D. 1,25; Per lavare, imposimare ed accomodare li vestimenti duc. 0,50; Fastidij dell'amministratore D. 2...>>16. Nell'anno 1743 in questa chiesa erano state erette dieci cappellanie sotto il titolo di San Michele Arcangelo coll'obbligo di celebrare l'ufficio divino; nella stessa fondazione era stato stabilito un compenso di ducati 25 all'anno per ogni cappellano, utilizzando le rendite infisse sopra case e censi, che poi diminuirono notevolmente in seguito al terremoto del 1783, portando alla soppressione della cappellania corale17.
La chiesa di Santa Maria del Franco
Il 14 giugno del 1586 questa chiesa, visitata dal Vescovo Del Tufo18, era retta dal sac. Giovanni Andrea Rocca, il quale affermò che essa era patrona del Sig. Fabio Bisbal, aveva robbe stabili e mobili, e si celebrano due messe alla settimana. Ci risulta che questa chiesa fu ispezionata anche il 23 ottobre 163019. Di seguito non abbiamo nel nostro Archivio altre notizie.
La chiesa dei Santi Paolo e Pietro
Nel 1586 <<la detta chiesa sta bene, ha intempiatura et astraco, campana sonante et porte bone et atte a serrarsi>>20. Non aveva dote, ma la famiglia Vento faceva celebrare quattro messe la settimana. Sull'altare c'erano due candelieri e tre tovaglie, con una cartagloria, davanti era posto un paliotto, in alto vi era <<una conetta piccola di legno con la immagine della Madonna Sant.ma>>. Gli arredi liturgici a quel tempo erano costituiti da: una pianeta di raso carmosino con una croce gialla, stola e manipolo, una pianeta e un paliotto di velluto paonazzo, un camice con amitto e cingolo, un messale, un calice con coppa e patena d'argento, un secchiello per l'acqua benedetta. Fu visitata pure nel 163021 e nel 170622 dove si attesta che prima era stata iuspatronato delle famiglia De Vento, e poi, a quest'ultima data, era di proprietà della famiglia De Girunda di Squillace che aveva dato il beneficio al chierico Giuseppe Girunda. Negli atti della Visita del 1758 è scritto che in essa celebrano i padri domenicani23.
La chiesa di San Michele
I visitatori pastorali nell'anno 1586 videro che questa <<chiesa sta coperta di tetto con la porta atta a serrarsi et have una campanella sopra le mura alta et bene sonante>>24. Sull'altare c'era <<una conetta con l'immagine di Santo Michele>>. Come stato giuridico essa <<era beneficio semplice et collatione dell'ordinario et ha mezo tumulo di grano di entrate l'anno et ha un piede di olive>>. Si celebrava una messa la settimana. Nella Visita del 1706 fu trovato tutto bene, negli atti venivano elencati due altari laterali di ius patronato, uno dedicato al Crocifisso e l'altro a S. Anna25. Così pure nella Visita del 1758, dove si legge che sull'altare maggiore celebrava don Francesco Antonio Angherà26. Una Platea della Ven.le Chiesa di San Michele Arcangelo della città di Briatico del 1740 elenca in 24 pagine tutti i beni che questa chiesa possiede nella città e nei suoi casali27. Era unita come recettizia alla chiesa parrocchiale di San Nicola e sotto il suo titolo, come abbiamo già detto, era stata fondata una cappellania corale.
La chiesa di Santa Caterina
La santa a cui era dedicata questa chiesa era certamente Caterina d'Alessandria, martire del IV sec., la cui immagine era rappresentata in un quadro di legno sull'altare. Di questa chiesa abbiamo notizia più antica nel 143828 e in un altro documento del 15.1.1537 è chiamata chiesa rurale29. Nella Visita di Mons. Del Tufo nel 1586 <<sta bene con astraco, coperta bene, le porte atte a serrarsi et aprirsi. Ha fonte di acqua benedetta et sopra al muro vi sono doi campane alte et bene sonanti>>30. Nel 1706 risulta essere beneficio di Francesco Satriani31 e nel 1758 sono registrati i patronati delle famiglie Satriano, Riso e Arlotta32.
La chiesa e il monastero di Santa Maria de Raccomandatis
Era forse la chiesa più importante dopo la parrocchiale come si evince dagli atti della Santa Visita del 158633. La chiesa, retta dal sac. G.Andrea Rocca, era stata consacrata <<come appare per le croci>> sulle pareti. Aveva un tetto decente, due campane, i banchi attorno all'altare, <<con li balaustri>>, pavimento e buone sepolture, fonte dell'acqua benedetta, e le porte <<bone atte et comode>>. In questa chiesa vi era una confraternita di laici che andavano <<alle processioni con le vesti di sacco bianco>>. L'altare maggiore era adornato con un paliotto di damasco bianco, coperto da tre tovaglie, con quattro candelieri, due di bronzo e due di legno; sopra l'altare <<stava una cona con le infratte figure in un quadro di legno fatto ad oglio con le cornici indorate: l'assunzione della Madonna in quel di mezo et altre figure alli canti>>. Su questo altare si celebrava ogni giorno messa e l'offerta era data al cappellano. Altri altari elencati, tutti ben adornati ma mancanti di una crocetta di legno che venne ordinata dal visitatore, erano dedicati a: S. Antonio da Vienna34, era stato concesso da Antonello Barone che faceva celebrare una messa la settimana; S. Maria delle Grazie dotato dal sig. Cola Giovanni, <<... et la dote si possede dalli m.ti della detta chiesa, li quali sono obbligati far celebrare doi messe la settimana in detto altare>>; San Gregorio, era patronato di Ascanio Calafati, il rettore don Polisanto Lombardo doveva celebrare una messa la settimana, interessante appare l'annotazione riguardante questo altare:<<E' stato condennato il detto d. Polisanto alla pena cont.. nell'editto per non haver comparso et trovato p.nte alla detta Visita. ed è stato ordinato che fra termine di dieci giorni debbia comparere a presentare le bolle della sua inf.ne et alli compatroni che portano le bolle dello jus, altrimenti si procederà conforme a ragione et che debbiano presentar lista delle robbe stabili et mobili del detto altare et fare una crocetta di legno fra un mese>>. L'altare S. Maria della pietà, aveva sopra <<doi quadri l'uno con l'imagine della Madonna e l'altro di S. Barbara>>. La chiesa era dotata di diverse proprietà e rendite elencate in cinque fogli scritti in retto e verso35. In sacrestia vi erano: 4 calici <<doi d'argento tutti, et doi con la coppa e patena di argento>>. Un parato di damasco bianco, una pianeta, due tunicelle, stole, manipoli, una pianeta di velluto verde <<con la croce di figure>>, una pianeta di vellutello giallo, una pianeta di velluto nero con la croce gialla, un'altra con la croce rossa, quattro pianete vecchie, un paliotto, un camice con amitto e cingolo, un messale, 50 tovaglie tra piccole grandi, un turibolo di ottone, un graduale. Nel 163036 risulta essere chiesa del monastero di S. Maria de Raccomandatis, negli atti della Visita troviamo elencati i seguenti altari: S. Lucia, alla cui cappella è legata una confraternita che veste l'abito bianco, S. Maria degli Angeli, S. Maria Concezione, S. Antonio, S. Maria delle Grazie, S. Barbara, San Francesco d'Assisi, S. Chiara. Questo monastero, come risulta dalla relazione ad Limina del Card. Centini nel 161237, era stato costruito nel 1608 sotto la regola di S. Chiara: le monache facevano <<vita comune con completa esclusione di proprietà di alcunchè da parte delle singole monache>>. Nella stessa relazione il Vescovo faceva notare che in quell'anno <<la badessa di questo monastero, mandata dal monastero di Squillace, ha espletato il tempo del suo incarico stabilito nella costituzione della f.m. di Gregorio XIII, ma siccome nessuna delle altre monache ha l'età o gli anni di professione richiesti dal S. Concilio di Trento, desidererei che le monache elegessero e confermassero la stessa badessa>>. Come è attestato dagli atti della Visita del 170638, nella chiesa del monastero vi erano diversi altari con oneri di messe. L'altare maggiore <<est bene et decenter ornatus>>, l'altare della SS. Concezione era legato all'onere di messe per l'anima di Pontia Barletta, quello di San Francesco aveva <<onus unius missae pro anima Victoria Bisognini>>, quello di S. Antonio per Agata Satriani e Pompeo Grande; c'erano ancora l'altare del SS. Rosario e di S. Lucia, la cappella di S. Chiara <<erat annexa cum Eccl.a>>. Durante questa Visita il delegato del Vescovo entrò pure nella clausura e vide tutto bene in ordine: coro, dormitori, ecc: secondo le norme della clausura; dimoravano in quell'anno 23 monache e 4 converse. Nella Visita del 9 maggio 175839 la chiesa del monastero di S. Chiara risulta titolata all'Assunta; gli altari di S. Lucia, S. Francesco. SS. Concezione, Monte Carmelo. BMV delle Grazie e BVM del Rosario erano tutti patronati.
La chiesa di Santa Maria di Monte Carmelo
Questa chiesa apparteneva originariamente al convento dei Padri Carmelitani i cui beni, come scrive il Napolione40, dopo la soppressione dei conventini voluta da papa Innocenzo X nel 1652, furono assegnati a due cappellani coll'obbligo di celebrare messa ed aiutare il parroco. Non è elencata negli atti della Visita del 1586. In quelli del 170641 è scritto che era governata da due cappellani eletti dal Vescovo: don Onofrio Sorbilli e don Antonio Satriano, essi erano tenuti a celebrare dodici messe alla settimana, avendo un reddito di circa 100 ducati il quale doveva anche essere utilizzato per il mantenimento della chiesa. Il visitatore registrava in quello stesso anno, come pure nel 175842, due altari: uno detto di S. Maria della Pietà, nel quale era eretta una congrega di laici, e l'altro di S. Maria <<vulgo dicta della Bruna>>.
Fine dell'antica Briatico e delle sue chiese
Già i terremoti del 1638 e 1659 avevano ridotto Briatico in cattivo stato43, quello del 1783 fu il colpo finale: morirono 60 persone e ci furono danni per 150 mila ducati. La Mappa dello stato delle Anime della parrocchia di S. Nicolò Arcives.vo del luogo di Briatico... per l'anno Pasquale 1784 al 178544 elencava maschi 489, femmine 473, nqti 15, nate 11, sacedoti 4, chierici 1, nessuna monaca e nessun frate, totale 993; morti maschi 23, femmine 15, totale 34. Nell'aprile del 1783 iniziano le pratiche per la ricostruzione della nuova Briatico, più a valle, verso la marina, nel luogo nominato di Cocca o San Giovanni. In un fascicolo di relazioni amministrative riguardanti il vicariato di Briatico nel 1799 leggiamo che: <<... La chiesa Parrocchiale di d.a Città non s'ha potuto compire perchè il danaro somministrato non bastò, e la Popolazione è miserabile, e l'Arciprete Sud.o altro non percepisce annualmente in sua congrua che soli docati sesssanta nove in circa...>>45. Da un'altra relazione richiesta dal Preside Provinciale nel 1802 sulla situazione socio-ecclesiale del Vicariato di Briatico, possiamo ricavare un interessante descrizione dell'ambiente di Briatico dopo il terremoto del 1783 e l'inizio del nuovo secolo e della sua nuova storia. L'arciprete Nicola Larocca, in risposta alla suddetta richiesta, scriveva, con data del 5 agosto 1802, un documento di quasi tre fogli dove, nella prima parte, elencando le persone povere e mendicanti della città, concludeva: <<la miseria de' suddetti individui proviene perchè non posseggono beni di fortuna e sono acciaccati, ed inabili alla fatiga>>; poi aggiungeva: <<Fra la Popolazione poi d.a Parrocchia non vi sono persone discole, Vagabondi, e scapestrati che turbino la pace o conduchino la gioventù a bestemmie, o a furti, o a giuochi proibiti, ne a tutt'altro che potesse turbare l'ordine sociale: vi è bensì portione della Popolazione poltrona ed otiosa. In d.a Parrocchia della Città di Briatico, sotto il titolo di S. Nicolò Vescovo non vi sono Legati Pii con peso di opere pubbliche, nè in vantaggio spirituale, nè temporale della Società, nè vi sono Ospitali, nè Monti, nè Maritaggi. Non vi sono Case derelitte per impotenza perchè la Città fu riedificata tre miglia distante dalla situa.ne pria al terremoto. Esistono nondimeno tre Domenicani inutili e di verun giovam.o alla Popolaz.e perchè uno è decrepito e cieco, l'altro è acciaccato, e l'altro è laico, i quali non curano fabricarsi nè Casa, e nè Chiesa, nè diedero principio a comprar materiale, ed abitano in Casa a pigione, e la di loro annuale rendita è di docati cinquecento e p.più. Vi era inoltre pria del terremoto il Monistero di Monache sotto il titolo di S. Chiara, il quale non si è più riattato, nè si pote a più fabricare per la vendita di più terreni, ed al presente tiene l'annuale rendita di docati ottocento circa, di qual rendita di docati ottocento circa, di qual rendita si somministrò annualm.e docati settantadue per cadauna si somministrò annulm.e docati settantadue per cadauna Monaca Professa che abitano alla casa de diloro Genitori, e d.e Monache sono tre, e la rendita venne amministrata dal Pr.re Ecclesiastico, e del resto della rendita non si sa cosa siasi fatta, fuor di docati cinquecento, che attrovansi depositati. Vi è ancora una Scuola pubblica della famiglia Lombardo, che rende annualm.e docati cento, e fu amministrata dalli Eredi di d.o Lombardo. Mi conviene perciò suggerire, che tanto le sud:e rendite de' Domenicani, che quelle di S. Chiara si potessero assegnare all'Albergo, osia Casa de' Poveri ed Orfani, che quotidianamente van questuando; si pagasse alle tre Monache il descritto assegnamento, e li tre Domenicani si assegnassero al Convento di Monteleone, e colla somma depositata si potessero far i letti, e cos'altre che bisognerà per comodo di detta casa. Si trova in d.a Parrocchia anche la Casa con pagare di affitto in annui docati quarantotto, consistente in sedici camere, ben allegnate, di cui si potrebbe far uso per abitare li orfani, li poveri, ed anche li Projetti. Non si esercita in d:a Città veruna arte mecanica: ma si desiderebbero Maestri per lavorarsino i cottoni, di cui molto abbondano i terreni; s'inchinerebbe pure all'arte di Masinari perchè la Città sta situata a lido del Mare, e finalm.e a fare ortili, perchè vi sono molti terreni sotto l'acqua, e che si possono in ogni tempo adacquare. Gli esposti, o siano Projetti attualn.e sono due, e per ogni anno ne potrebbe nascere circa quattro, e si allevano dalle nutrici a spese dell'Università. Vi sono anche tre donne che possono far le Nutrici, e sono nello stato di divezzare i propri parti del latte, e sono oneste e di buona salute. Tanto mi conviene partecipare AVS Ill.ma e Rev.ma a mio discarico, mentre pieno di rispetto resto baciando la mano>>46. Con quest'ultimo documento concludiamo la nostra escursione archivistica tra le carte relative alle chiese dell'antica Briatico: un ultima fotografia di ciò che restava dei legami con la vecchia città abbandonata e una prima fotografia delle attese e delle speranze che le nuove pietre prospettavano per una Chiesa e una Città più vera nella fedeltà alla sua storia nobile, di terra antica e mitica, suolo fecondo di santità, dove <<l'arcano diffuso sentimento, /il divino linguaggio che trasvola/di cosa in cosa, nel pensiero io sento>>47.
NOTE
1 ZINZI Emilia, Le città morte: un problema e tre schede (Mileto - Cerenzia - Cirella), in Deputazione di Storia Patria per la Calabria, Per un atlante aperto dei beni culturali della Calabria: situazioni, problemi, prospettive, Atti del VII Congresso Storico Calabrese (Vibo Valentia-Mileto 11-14 marzo 1982) Gangemi, Roma-Reggio Cal. 1985, vol. II, p.201. 2 Cfr. ZINZI Emilia, Analisi storico-territoriale e pianificazione. Un'esperienza metodologica nel sud d'Italia, Rubbettino, Soveria Mannelli CZ 1997; ID., Mileto e le sue prospettive di ricerca-attivazione sociale, in AA.VV., Mileto nel contesto storico-culturale dell'Italia Meridionale, Pro Loco Mileto, Rubbettino, Soveria Mannelli CZ 1999, pp. 139-147; CUTERI Francesco Antonio, La Calabria nell'Alto Medioevo italiano (VI-X sec.), in FRANCOVICH R. - NOYE' G., La storia dell'Alto Medioevo italiano (VI-X secolo). Alla luce dell'archeologia, (Ecole Francaise de Rome - Università degli Studi di Siena), Firenze 1994, pp. 339-358; MALASPINA Rosanna, Città morte in Calabria, in MENOZZI Luciana-MANIACI Alessandra (a cura di), Le rovine nell'immagine del territorio calabrese, Gangemi, Roma 1992, pp. 133-143. Nel 1996, sotto la guida del Prof. Peduto dell'Università di Salerno, sono stati avviati studi e scavi stratigrafici sui resti dell'antico Mileto normanna, nella prospettiva dell'interessante progetto di realizzazione di un grande parco archeologico. Cfr. anche GRECO Giuseppe, Rocca Angitola nella storia e nella leggenda, Mapograf, Vibo Valentia 1985; SERRAO Giuseppe, Castel Monardo e Filadelfia nella loro storia, Filadelfia 1983; VISCONE Francesca, Filadelfia. Viaggio nella memoria e nella storia di un paese della Calabria, Vibo Valentia 1998. 3 Vedi nota 2. 4 ZINZI Emilia, Le città morte... cit., p. 205. 5 Cfr. CAPIALBI Vito, Memorie per servire alla storia della Santa Chiesa Miletese, tip. Porcelli, Napoli 1835, rist. anast. con introduzione e aggiornamenti a cura di V.F. LUZZI, Opera Pia S. Francesco, Polistena 1980. 6 Le decisioni del Concilio di Trento (1545-1563), indicate in grandi linee dai padri conciliari e dai Pontefici, vennero riprese e fissate nei dettagli dai vari sinodi provinciali e diocesani. I Vescovi diocesani ebbero il compito di attuare la <<controriforma>> vigilando attentamente, tra le altre cose, sulla prassi liturgica delle parrocchie: una dimensione fondamentale per la vita della fede e complessa per le sue diverse espressioni e tradizioni che, nei tre periodi di convocazione a Trento, era stata costantemente dibattuta, non sempre con concordia d'intenti. La regolarizzazione della lex orandi divenne subito dopo il Concilio una pressione disciplinare alla uniformità culturale, quindi alla centralizzazione romana, (assicurata dalla Congregazione dei Riti per tal fine istituita da Sisto V nel 1588); ciò in realtà era dovuto, oltre che dal timore per gli abusi innovativi prodotti dal protestantesimo, anche dalla impressionante anarchia liturgica diffusa in quel tempo. Le Visite pastorali alle parrocchie, effettuate direttamente dal Vescovo o da un suo delegato, si dimostrarono un efficace strumento di riforma: la conoscenza diretta dell'ambiente, le verifiche e le eventuali correzioni favorirono gradatamente il maturarsi di una nuova mentalità ecclesiale. Gli Atti delle Visite di Mons. Del Tufo e i suoi tre Sinodi Diocesani, pubblicati quest'ultimi a stampa in Messina nel 1588, nel 1591 e nel 1595, attestano l'impegno pastorale in piena sintonia con le norme conciliari. Si nota, in particolare, l'intento di estirpare dal culto concezioni e pratiche superstiziose, oltre che abusi simoniaci, e lo scrupoloso richiamo all'igiene dei vasi sacri e alla biancheria sacra, insieme alla decente manutenzione della chiesa alla corretta edificazione degli altari e al loro decoroso arredamento. In genere, difatti, lo sforzo dei Vescovi e l'osservanza dei parroci si limitò ad una attenzione giuridica e rubricistica, meno invece a quanto era auspicio del Concilio, cioè l'educazione liturgica del popolo il quale, affidando il culto ufficiale al clero, continuava ad esprimere la sua pietas con surrogati e riti che spesso degeneravano in pratiche paganeggianti. Effettivamente <<l'oggettiva difficoltà di penetrazione delle forme linguistiche e rituali della liturgia era aggravata dalla persistente estraneità spirituale delle popolazioni, da cui raramente lo stesso clero riusciva ad emergere./.../Si è ritenuto più fruttuoso dedicarsi maggiormente ad un tipo di predicazione che, tenendo sempre meno presente l'aspetto culturale, ha finito con il ridursi a quello didattico. Si è preferito orientare la pietà verso forme di devozione più accessibili che, sovrapposte alle fondamentali celebrazioni liturgiche e sostituite ad altre ritenute marginali, hanno sensibilmente condotto tanta parte del popolo cristiano ad un quasi completo distacco interiore della liturgia stessa. Distacco che in varie forme e misure si riflette sui trattati e manuali di spiritualità fioriti nel secoli XVII e XVIII anche in Calabria>>, MARIOTTI Maria, Problemi di lingua e di cultura nell'azione pastorale dei Vescovi calabresi in età moderna, La Goliardica, Roma 1980, pp. 88-89; Cfr. ID., Istituzioni e vita della Chiesa nella Calabria moderna e contemporanea, Sciascia, Caltanissetta-Roma 1994; JEDIN Hubert, Le conclusioni del Concilio di Trento, Studium, Roma 1964; CATTANEO Enrico, Il culto cristiano in Occidente. Note storiche, C.L.V., Roma 1978. 7 RUSSO Francesco, Regesto Vaticano per la Calabria, Gesualdi, Roma 1974..., vol. I, n. 220. 8 Oltre ai più antichi testi classici per la ricerca storiografica calabrese (BARRIO, MARAFIOTI, ALBERTI, ecc.) c'è una buona indicazione bibliografica di approfondimento su Briatico in BARILLARO Emilio, Dizionario bibliografico e toponomastico della Calabria, Pellegrini, Cosenza 1979, vol. I, pp.18-19; ID., Calabria. Guida artistica e archeologica (dizionario corografico), Pellegrini, Cosenza 1972, pp. 23-24; VALENTE Gustavo, Dizionario dei luoghi della Calabria, Frama's, Chiaravalle C.le 1973, vol. I, pp. 139-141. Una interessante scheda su Briatico vecchia è stilata da PUGLIESE Francesco, Per la storia di un paese di Calabria. Zungri, Calabria Letteraria, Soveria Mannelli 1991, pp. 97-110. 9 ASMD, Acta Pastoralis Visitationis, vol. IV, ff. 869rv. Cfr. anche LUZI V. Francesco (a cura di), Le <<memorie>> di Uriele Maria Napolione, parte I, Memorie per la Chiesa vescovile di Mileto, La Ruffa, Reggio Calabria 1984, p. 74. 10 ASV, S. Congr. Concilii. Relationes Mileten. Non tratteremo nel presente contributo le chiese del convento dei Domenicani e di quello dei Minimi, perchè erano fuori della giurisdizione del Vescovo e quindi non appaiono nelle carte delle visite pastorali. Un pregevole studio con ricca documentazione sui Domenicani a Briatico è offerto da LONGO Carlo, Conventi domenicani nella provincia di Vibo Valentia, in I beni culturali del Vibonese. Situazione attuale-Prospettive future. Atti del Convegno provinciale, Nicotera 27-29 dicembre 1995, Amministrazione Provinciale di VV, Mapograf, Vibo Valentia 1998, pp. 141-184. 11 E' riportato da PUGLIESE Francesco, op. cit., pp. 145-152, che lo ha rinvenuto nell'archivio Pignatelli a Napoli: ASN-AP, Scanzia 73, foglio 7c (aut. n. 106). 12 ASMD, Acta..., Vol. II, ff. 331v-339r. Mons. Luzzi, in una sua ricerca sulla parrocchia di Capistrano, attesta che nel 1586 <<le chiese di giuspatronato gentilizio, in tutta la diocesi, erano soltanto 18, e di queste una sola parrocchiale a Briatico>>, cfr. La pergamena di fondazione della parrocchia di Capistrano del 1551 e le <<comunanze parrocchiali>> tra fine Medioevo ed età moderna alla luce di documenti inediti, in Incontri meridionali. Rivista di storia e cultura, Terza serie, VIII, n. 1 (1988). pp. 85-114. 13 ASMD, Acta..., vol. IV, f. 34 (p. 66). Altra breve annotazione positiva è nella Visita dell'8.3.1680, nello stesso volume, f. 170v (p.227). 14 Ivi, vol. V, f. 358r (p. 691). 15 Ivi, vol. XXVIII/1, ff.n.n. 16 ASDM, (II b 13). 17 ASDM, cart. Briatico-Vicariato (B II III 99). 18 ASDM, Acta..., vol. II,f. 339r. 19 Ivi, vol. V, f.34v (p.66). 20 Ivi, vol. II, f. 346r. 21 Ivi, vol. V, f. 34 (p. 66). 22 Ivi, vol. V, f. 358r (691). 23 Ivi, vol. XXVIII/1, ff.n.n. 24 Ivi, vol. II f. 346v. 25 Ivi, vol. V,f.358r (p. 691). 26 Ivi, vol. XXVIII,ff.n.n. 27 ASMD, (II b 12). 28 RUSSO Francesco, Regesto... cit., vol. III, n.10410. 29 Ivi, n. 17787. 30 ASDM, Acta..., vol. II,f. 347rv. 31 Ivi, vol. V,f. 358r. 32 Ivi, vol. XXVIII/1,ff.n.n. 33 Ivi, vol. II,f. 339v. 34 Cappelle o altari titolati a S. Antonio da Vienne erano solitamente dipendenti dall'Ordine degli Ospedalieri di S. Antonio di Vienne, collegato con l'ospedale S. Spirito in Saxia in Roma. Nella diocesi di Mileto, in quel tempo, tale titolo lo troviamo per una chiesa con ospedale a Monteleone, per una chiesa di Francica e per questo altare a Briatico. Cfr. LUZZI V. Francesco (a cura di), Le <<memorie>>...cit., 91, nota 74; CUPI Vincenzo, Francica Oppidum normanno, Italgrafiche, Vibo Valentia 1998, pp. 127-129; ACCETTA Foca, Assistenza ospedaliera in Calabria. L'Ospedale del Santo Spirito in Monteleone (secc. XVI-XVIII), in AA.VV., Chiesa e Società nel Mezzogiorno, Rubbettino, Soveria Mannelli 1998; RAMONDINO Filippo, L'Ospedale San Nicola dei Poveri in Monteleone, Qualecultura-Jaca Book, Vibo Valentia 1997, pp. 14-18. 35 ASDM, Acta...,ff.340r-345r. 36 Ivi, vol. V,f.34 (p. 66). 37 ASV, S. Congr. Concilii. Relationes-Militen. 38 ASMD, Acta..., Vol V, f.360r (p.695) 39 Ivi, vol. XXVIII/1,ff.n.n. 40 Op. cit., p.224, 228, 230. 41 ASMD, Acta..., vol. V,f.358r (p.691). 42 Ivi, vol. XXVIII/1,ff.n.n. 43 Cfr. PUGLIESE, op. cit., p. 107. 44 ASDM, cart. Briatico-Parrocchia, fasc. Statistiche (B II III 93). 45 ASDM, cart. Briatico-Vicariato (B II III 99). Cfr. anche PLACANICA Augusto, L'Iliade funesta. Storia del terremoto calabro-messinese del 1783, Roma 1982; PRINCIPE Ilario, Città nuove in Calabria nel tardo settecento, Effe Emme, Chiaravalle Centrale 1976. 46 ASDM, cart. Briatico-Vicariato (B II III 99). 47 ANILE ANTONINO, <<Briatico>>, in Poesie, raccolta completa, Zanichelli, Bologna 1921.
| 'Per non dimenticare' - Presentazione di Antonio Ricottilli | | 'Briatico Vecchia - Testimonianze e ricordi' di Franco Vallone | | 'Briatico nei più antichi documenti in lingua greca' di Maffeo Pretto | | 'Storia feudale di Briatico' di Domenico A. Prostamo | | 'La descrizione di Briatico Vecchio nel 1600' di Francesco Pugliese | | 'Le chiese dell'antica Briatico dopo il Conc. di Trento' di F. Ramondino | | 'Avvenimenti della storia e della cronaca' di Antonio Tripodi | | 'Il cammino del tempo e delle memorie' di Domenico La Torre | | 'Briatico' di Antonino Anile |