Tra i duderi di Briatico Vecchia
BRIATICO NEI PIU' ANTICHI DOCUMENTI IN LINGUA GRECA
di Maffeo Pretto
Sono pochissimi ed occasionali gli accenni a Briatico che si possono trovare nelle fonti storiche letterarie, cioè nei resti scritti che il passato ha lasciato di se stesso e che ci permettono di ricostruirlo. Ernesto Pontieri, un grande storico del medio Evo, nel 1954, in occasione del I Congresso storico calabrese, affermava: <<il ricercatore che, sotto uno stimolo qualunque, intenda interrogare il medioevo della Calabria, proverà le più grandi delusioni se crederà di poter rispondere a tutti i suoi quesiti e problemi consultando in gran copia fonti scritte, che forse sognerà curate in impeccabili edizioni critiche, oppure scovandole negli archivi magari mediante le più svariate fatiche. Al contrario, egli avrà non di rado la sensazione che quel mondo storico parli di più alla sua intuizione e alla sua immaginazione attraverso le cose circostanti, se saprà perspicuamente interrogarle, che non al suo intelletto sul fondamento positivo delle testimonianze scritte, tanto grave è la penuria di quelle arrivate fino a noi>>. Questi limiti sono molto più gravi per le fonti riguardanti la storia locale e particolarmente per il periodo più antico di un piccolo paese come Briatico. I monumenti sono stati inghiottiti dai molteplici e rovinosi terremoti. Tanti resti del passato di Briatico sono sepolti dalla sterpaglia che copre il pianoro sul quale è sorto e si è sviluppato <<Briatico vecchio>>. Esistono però alcuni frammenti di fonti storiche scritte che ci permettono di intravedere, anche se in maniera incompleta, i primi tempi del nostro Briatico; sono documenti scritti in greco che trattano di altre cose e incidentalmente fanno qualche riferimento al nostro paese. Sono frammenti preziosissimi che vanno attentamente studiati per spremere ogni loro contenuto che deve essere inquadrato nel contesto storico a cui si riferiscono.
Il <<Sigillum aureum>> del Conte Ruggero del 1086 è il primo documento scritto in cui compare <<Euriatikon>>
I Normanni, occupando nel 1059 o 1060 Reggio Calabria portarono a termine la conquista definitiva della Calabria allontanando per sempre i Bizantini che erano stati i dominatori da 500 anni. Al dominio e alla giurisdizione di Costantinopoli si costituiva la ibrida giurisdizione legaziale laica dei Normanni. Essi preferivano insediarsi in castelli o piccoli centri fortificati; così il Gran Conte Ruggero aveva posto la sua residenza abituale nel <<castrum>> di Mileto che dominava le vie di accesso verso le parti meridionali della regione; lo trasformò in <<civitas>> e in essa fece costruire l'abbazia benedettina della SS. Trinità. Egli volle che Mileto diventasse sede vescovile unificando i territori delle due diocesi di Vibona e Tauriana, città distrutte dalle incursioni saracene. I confini della nuova diocesi erano fissati <<dal distretto di Maida fino a Reggio>>. Nel 1086 Ruggero volle con sua disposizione arricchire la diocesi di Mileto con donazioni e privilegi straordinari. Il diploma a favore di Arnolfo, primo vescovo di Mileto, è conosciuto con il nome di <<Sigillum aureum>>, forse dal <<sigillo d'oro>> del quale era ornato; era stato scritto in greco. Fra i privilegi del vescovo di Mileto vi era anche quello di raccogliere, come facevano i vescovi di Vibona, un tipo di erba adatta a intrecciare delle corde. E' in questo contesto che appare la parola <<euriatikon>> che mise in difficoltà i traduttori in latino o italiano che l'intesero come <<repertum>> (trovato) o anche <<absque damno>> (senza alcun danno). Il Luzzi nel 1980 traduceva ancora <<il fieno trovato nei campi>>. Solamente Francisco Trinchera aveva nel 1865 compreso che <<euriatikon>> era un nome di paese; quindi il testo significava che i vescovi di Mileto avevano il privilegio di raccogliere un'erba speciale <<nei dintorni di Euriakon>> così come avevano fatto i vescovi di Vibona. Il Trinchera rimaneva indeciso nel determinare se <<Euriatikon>> volesse dire <<Briatico>> o <<Umbriatico>>; ma conoscendo la posizione geografica dei due paesi non si può supporre che i vescovi di Vibona dovessero percorrere centinaia di chilometri per raggiungere <<Umbriatico>>; era stato invece per essi facile arrivare a <<Briatico>>, che è confinante con Vibona e raccogliere nel suo territorio quell'erba speciale di cui parlerà anche il Barrio nel 1500; si tratta dell'erba chiamata in dialetto calabrese <<vutumu>> o <<vutamu>> (saracchio) che nel passato è servita per fare delle corde. Dal testo del <<Sigillum aureum>> abbiamo dunque che fra i privilegi del vescovo di Mileto vi era anche quello di continuare a raccogliere quell'erba speciale, come avevano fatto i vescovi di Vibona, nel territorio di Euriatikon. Vibona era stata un'antichissima sede vescovile che corrisponde all'attuale Vibo Valentia, essa era stata saccheggiata diverse volte dai saraceni nel secolo X e nel 983 sembra sia stata distrutta. Euriatikon era dunque un paese che esisteva quando vi erano ancora i vescovi di Vibona; Euriatikon doveva quindi esistere almeno all'inizio del 900; possiamo fondatamente pensare che esso abbia potuto sfuggire alle continue incursioni dei saraceni per la sua posizione che era un vero castello naturale.
Dieci pergamene dei secoli XI-XIV redatte in greco nelle quali viene ricordato Euriatikon - Briatico
Alcuni diplomi in lingua greca del 1099, del 1114 e del 1128 (o 1130) sono giunti a noi solamente nella traduzione latina; in essi si fa menzione di un certo <<papas>> (prete) <<Scholarios>>, vissuto fra gli ultimi decenni del secolo XI e i primi del secolo XII, egli era riuscito ad acquistare <<stabili, animali e schiavi>> in diverse città siciliane e calabresi e fra esse vengono ricordate anche Nicotera e Briatico. Più rilevanti sono i documenti pubblicati da Trinchera; egli aveva potuto rilevare l'errore della traduzione di <<Euriatikon>> nel <<Sigillum aureum>> perchè aveva incontrato ripetutamente lo stesso toponimo in altre pergamene greche provenienti dagli archivi di Napoli, Cava e Monte Cassino e che egli aveva raccolto nel volume Syllabus graecarum membranarum e poi pubblicato a Napoli nel 1865. Si tratta di diplomi pubblici e di atti notarili dei secoli IX-XV; gli atti calabresi sono 165 e diversi appartengono alla Calabria meridionale. Il Syllabus è ritenuto dagli studiosi una preziosissima fonte per le forme medioevali di toponimi e di nomi di persone; ma esso ha anche valore storico perchè le pergamene originali sono andate disperse dagli evnti bellici del settembre 1943. André Guillou, uno dei più noti bizantinologi viventi, rileva i limiti della pubblicazione del Trinchera nella trascrizione dei testi, nella insufficiente conoscenza della paleografia e del greco di questi testi, ma ne riconosce il valore in quanto ci conserva ancora numerosi documenti oggi scomparsi e quindi costituisce uno strumento indispensabile per il lavoro dello storico. Come luoghi di provenienza dei documenti che riguardano la Calabria figurano i seguenti comuni: Nicotera (17 volte), Catanzaro (13), Squillace (11), Briatico (10), Crotone (9), Stilo (9), Badolato (7), Gerace (6). In dieci pergamene compare, quindi, il toponimo <<Euriatikon>>; esse sono degli anni compresi fra il 1130 e il 1271. La prima pergamena che ricorda <<Euriatikon>> è un atto di donazione che risale al 1130. Il testo è stato redatto dal <<protopapa e notaio Leone di Euriatikon>>. Il protopapa del periodo normanno corrispondeva ad un rettore d'un territorio ecclesiastico di rito orientale: il notaio aveva funzioni di scrittura e di certificazione. Euriatikon aveva dunque un <<protopapa>> che era anche <<notaio>>. Nel documento vengono riportati altri toponimi: <<Pannaconi>> e di <<S. Policarpo>> che sono due villaggi situati nel territorio di Euriatikon. Vengono ricordati alcuni componenti della famiglia dei Favello che possedevano dei terreni nella parte superiore del <<villaggio dei Pannaconi>>. Pannaconi e Favelloni sono paesi ancora esistenti nei dintorni di Briatico; S. Policarpo è un paese scomparso, ma esiste tuttora come toponimo, nome di fondi, nelle vicinanze dell'attuale S. Leo. Un'altra pergamena in lingua greca riporta l'atto di vendita di un podere situato nella campagna di Euriatikon presso il villaggio detto S. Marco; il podere confina a mezzogiorno con il tempio della Santissima Madre di Dio di San Marco. Il documento risale al 1245; l'atto di vendita viene compiuto dinanzi a Costantino Sofo, giudice della città di Euriatikon e di Giovanni Chelidonisi, regio pubblico notaio della stessa città. L'atto di vendita è conforme alla costituzione <<dell'illustrissimo nostro Imperatore>> (Federico II). Una terza pergamena del febbraio del 1251 riporta le tavole dei beni per la dote fra Roberto di Vallelonga e Anfusa Felleci. Secondo l'uso corrente durante l'epoca normanno-sveva negli ambienti italo-greci il contratto matrimoniale era diviso in due parti; la prima parte riguardava la donazione nuziale offerta dalla famiglia dello sposo, la seconda parte invece determinava la dote della sposa. Queste tavole o elenchi dei beni dati in dote per il matrimonio sono stati scritti da Gregorio de Pungo, regio pubblico notaio della città di Euriatikon. Come testimoni firmano in lingua latina: Michele Pungi giudice di Briatico (Briatici), Ruggero di Vallelonga, Anfuso di Tropea procuratore e mondualdo; firmano, invece, in lingua greca: Filippo Pannaci giudice della città di Euriatikon, Nicola de Pugno presbitero, Giovanni de Vita, Leone Arcumano. In questo documento troviamo sia il nome greco <<Euriatikon>> che quello latino <<Briatico>>; Euriatikon o Briatico ha dunque due giudici, un presbitero. Ci sono pervenute altre sette pergamene che formano un gruppo a sè in quanto sono atti di vendita di poderi al notaio Filiano Tuscano; questo gruppo di pergamene, scritte in greco, risalgono agli anni 1267-1271 riguardano poderi situati nel territorio di Euriatikon. In questi atti di vendita abbiamo alcuni riferimenti che ci possono interessare. Il primo atto di vendita di un podere situato nell'agro di Briatico, nel villaggio di Macrono, è steso nell'ottobre 1267 davanti a Giovanni, figlio del signor Liciferi, giudice della città di Euriatikon e davanti a Giovanni Chelidonisi, pubblico notaio della stessa città. Il secondo, il terzo ed il quarto atto di vendita sono stesi a due mesi di distanza (ottobre-dicembre 1268), riguardano poderi posti nella campagna di Eurotikon nel villaggio di Mandaradoni e di Macroni; sono stati stesi da notai pubblici di Euriatikon e sono stati sottoscritti da testimoni sia greci che latini; vengono ricordati nei documenti i toponimi di Mandaradoni, Cessanito (l'attuale Cessaniti) e Macroni. Il quinto atto di vendita è del febbraio 1269; in questo documento ritroviamo i medesimi personaggi: il pubblico notaio, un giudice della stessa città, gli stessi testimoni con l'aggiunta del procuratore della venditrice e viene ricordato il toponimo Mandani. Il sesto atto di vendita è del mese di aprile del 1269 ed è firmato dagli stessi testimoni. Viene ricordato il monastero di S. Angelo e il toponimo Mandarani. Il settimo atto di vendita è del febbraio del 1271. L'atto viene stese da Giovanni Chelidonisi, pubblico notaio della città di Euriatikon e firmato dai testimoni Daniele di Mesiano giudice della città di Briatico.
Euriatikon, Briatico nei suoi primi secoli di storia
Sono veramente piccoli e occasionali frammenti che fanno riferimento ad Euriatikon-Briatico; ad essi possiamo aggiungere altri frammenti in lingua latina che sono conservati negli archivi vaticani. Da essi possiamo però ricavare che Euriatikon esisteva già almeno nel X secolo, aveva un suo territorio sul quale prima i vescovi di Vibona e poi i vescovi di Mileto esercitavano un loro privilegio. Nel territorio di Euriatikon sono sorti in tempi successivi diversi villaggi come Pannaconi, S. Policarpo, Favelloni, S. Marco, Mandaradoni, Macroni. Euriatikon era un paese di lingua greca e fino a tutto il 1200 gli atti giuridici vengono redatti in lingua greca; aveva anche un suo protopapa in quanto era una comunità di lingua greca che continuava nella sua liturgia orientale; aveva pure notai, giudici e poi anche presbiteri di lingua latina; nella seconda metà del XIII secolo compare anche il nome latinizzato di <<Briatico>>. Dai documenti latini, a cui qui possiamo solamente accennare, abbiamo che le chiese di S. Giorgio in Briatico nel 1098 e San Gregorio nel 1151 erano dipendenti dalla grande abbazia della SS. Trinità di Mileto; erano due chiese rurali situate nella parte orientale del territorio di Briatico, confinanti quindi con la parrocchia di S. Pietro che faceva parte dell'abbazia della SS. Trinità di Mileto. Nella parte occidentale del territorio di Briatico troviamo la <<ecclesia S. Pancratii de Ebriatico (nell'anno 1175) situata nelle vicinanze dell'attuale S. Leo (esiste tuttora il toponimo <<Sambrancati>>); si tratta del cenobio minore basiliano di S. Pancrazio dipendente dal grande monastero basiliano di S. Pancrazio dipendente dal grande monastero basiliano el SS. Salvatore di Messina; era un <<metochio>> o <<grancia>> alle dirette dipendenze dell'archimandrita di Messina che governava per mezzo di economi; esso durerà fino oltre il 1350 e diversi documenti lo riguardano. Con la scomparsa dei monaci orientali alla fine del 1300 il monastero e le sue proprietà passeranno al vescovo di Mileto.
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