La
Leggenda
di
Donna
Canfora
 
 

di Agostino Pantano
 


Per oltre un secolo i fratelli Arudi e Kareddin terrorizzarono le nostre riserve portandosi con gli averi gli uomini, le donne e i bambini. Anzi Kareddin addirittura sostava spesso impunemente a Tropea, dove dimorava Flavia Caetano, figlia del governatore di Reggio, a lui data in moglie. A volte per consumare con maggiore facilità le loro razzie si presentavano sulle spiagge sotto mentite spoglie di mercanti orientali.
Con questo stratagemma un giorno tentarono di rapire la leggendaria Donna Canfora sul litorale di Torre Ruffa.
Era Donna Canfora, secondo la leggenda locale, una gentildonna ricchissima, adorna delle più rare virtù e di suprema bellezza. Rimasta ancora giovane vedova, respingendo ogni offerta d'amore, volle consacrare la sua vita alla memoria dell'infelice consorte perduto.
Ricadi. Torre RuffaUn giorno però la sua cameriera giunse a casa con una bella notizia: sulla spiaggia di Torre Ruffa era giunta dal lontano oriente una nave carica di stoffe di seta, di grosse gemme, di piume candide come la spuma del mare, di pelli, di tappeti rarissimi, di maioliche stupendamente dipinte. Tutti correvano giù alla marina, per ammirare tante cose belle esposte sulla nave, alle murate, agli alberi, a prora, a poppa, dovunque fra mille vivi colori.
- Sono meraviglie - diceva la cameriera a Donna Canfora, la quale aveva abbandonato l'arcolaio per ascoltarla - meraviglie che si vedono una volta sola nella vita. Andiamo, Signora; troverete laggiù le vostre amiche, chè tutte sono accorse - Su, voglio vestirvi subito subito, venite, andiamo.
Ma Donna Canfora era assai triste quel giorno e funesti presentimenti le attraversavano la mente.
Ella disse: - Stamane l'arcolaio cigolava troppo. - Che ne dici, non è questo forse un avviso del Signore?
- Ma che dite, Signora! L'arcolaio è unto da pochi giorni. E' mai possibile che cigoli?
Rispose Donna Canfora: Mi batte il cuore fortemente. Tristi sogni ho fatto questa notte e più volte mi è parso di vedere qui dinanzi a me, lui, il povero mio marito. Che succederà mai?
Ricadi. Il mare di Torre RuffaPrima di uscire Donna Canfora volle visitare tutta la casa, poi finalmente triste e pensosa si avviò verso il mare. Sulla riva c'era gran folla, mentre una leggera brezza gonfiava le vele di vario colore facendole scintillare al sole.
Appena Donna Canfora comparve, la folla si divise in due ali facendola passare in mezzo come regina. Il Capitano della nave le andò incontro con viso sorridente e le disse: - La fama delle vostre virtù giunse fino ai lidi più lontani dell'Arabia e della Persia. Donna Canfora ringraziò e si lasciò guidare fin sulla nave. Ad un tratto, però, la ciurma, ad un cenno del comandante, cominciò a tirare l'ancora e ad issare le vele. La folla, accortasi del pericolo, lanciò grida furibonde ed imprecazioni disperate, ma già la nave libera dagli ormeggi scivolava leggera sull'acqua calmissima ed il comandante trascinava verso la sua cabina la bella Donna Canfora. Allora, vedendosi sola tra quei barbari, ella chiese di essere lasciata libera un istante per dare l'ultimo saluto alla sua casa e alla sua terra natale.
Dritta sulla poppa guardò a lungo la grande distesa marina, gli amici che agitavano le braccia in un gesto disperato, la riva che si allontanava veloce e poi, sollevati gli occhi al cielo, come per chiedere perdono a tutti, si lanciò in mare gridando: <<Impara, o tiranno, che le donne di questa terra preferiscono la morte al disonore!>>.
Le vesti di broccato azzurro, appesantite dall'acqua, non le diedero la possibilità di guadagnare la riva e così scomparve fra le onde senza mai più risalire.
In quel posto, in memoria di Donna Canfora, le acque diventarono d'un azzurro cangiante, a volte verde smeraldo, a volte turchese striato d'oro e d'argento e il fondo si coprì di alghe, di attinie e di bellissime asterie dalle forme svariate e dai mille colori.
Così quando l'eco dello sciacquio dell'onda sulla battigia si perde nella campagna, sospinta dalla brezza marina, i contadini locali raccontano ai figli la leggenda di Donna Canfora ed insegnano loro che quel monotono murmure non è altro che l'accorato lamento col quale ella saluta ancora ogni notte la sua casa e la sua terra natale.
 
 

Donna Canfura
Canzone di provenienza albanese


 
 
ORIGINALE
TRADUZIONE
Donna Canfura

- Adduni siti, giuvini?
- Simu di Catanzaru;
Purtamu sita a vinnari,
D'ogni culuri ccnn'amu.
Chjamati a donna Canfura
Chi nni sola cumpirari__
Donna Canfura affacciava,
Lu gran Turchju si la pigliava,
E la orta a la Turchja,
Adduvi li turchjacani.
Lu sua maritu ricchissimu,
Si la jivii a riscattari,
Purtà dinari a tummmina,
Li sc'chitti a cintinara.
- Cittu, cittu, maritu mia,
No 'lla cchjù purfidiari,
Cà 'i dinara cci pirdirasi,
Ed a mmia no' m'avirasi.
'U mia figliu Tirdolinu,
Dunàtilu ad allattari:
No'llu dunati a sùorima,
A chilla turchjacana,
Chi m'ha saputu vinnari,
S'è saputa ben pagari!
Dunàtici simulella,
Ed acqua di tri funtani,
E farina di tri' mulina,
E si nni vo', nni vo',
Sinò nè mo' nè mai.
Facitimi 'na cammara
Chi fussa 'ncantu mari:
Si vida la Turchja
Ccu tutti li turchjacani -
Subitamenti la cammara fici,

Donna Canfura si cci misi:
Donna Canfura chiusi ll'occhj,
E 'ntra mari si jittàva:
- Non n'hadi beni marìtima,
E nimminu li turchjacani! -
'Ncapu di giorni quinnici,
'U mari la stracquava,
Li sua capilli billissimi
L'ah'àrunu li purcari,
Cci ficiru cordi 'i cinguli
Ppi' cci fari la musicà

Donna Canfora

Donde siete, o giovani?
Siamo di Catanzaro;
Portiamo sete a vendere,
D'ogni colore ce ne abbiamo.
Chiamate Donna Canfora,
Che ne suole comperare -
Donna Canfora affacciava,
Il gran turco se la rubava (pr: se la prendeva),
E la porta alla Turchia,
Dove sono i turchi cani.
Il marito ricchissimo,
Se la andò a riscattare,
Portò denari a tomoli,
Le (ragazze ancora) da maritare, a centinaia.
- Zitto, zitto, marito mio,
Non la discutere più,
Chè i denari ci perderai,
Ed a me non mi avrai.
Il mio figlio Tirdolino,
Datelo a balia (pr: ad allattare, per essere allattato),
Non lo date a mia sorella,
A quella turca cane,
Che mi ha saputo vendere,
S'è saputa ben pagare!
Dategli semolina
Ed acqua di tre fontane,
E farina di tre mulini,
E se ne vuole, ne prenda,
E se no peggio per lui (pr: nè ora nè mai ne voglia).
Fatemi una camera,
Che fosse accanto al mare,
Si veda la Turchia,
Con tutti i turchi cani -
Subito la camera fu fatta (pr: fece, fece fare,
riferendosi al gran turco),
Donna Canfora ci si mise.
E Donna Canfora chiuse gli occhi,
E nel mare si buttò.
- Non mi godette (pr: non ne ebbe bene) mi marito,
(Non mi godano) nemmeno i turchi cani! -
Dopo di giorni quindici
Il mare la gettò sulla spiaggia (pr: la espulse).
I suoi capelli bellissimi
Li trovarono i pastori (pr: i guardiani di porci)
Ci fecero corde di cembalo
Per farne la musica (pr: per suonarci).


 
 
 
 
LEPANTO E DINTORNI
 di  Salvatore Libertino
INDICE:
|  Gaspare Toraldo  |  Discorsi Cavallereschi  |  I Tropeani a Lepanto
I Calabresi a Lepanto  |  Relazione di Sebastiano Veniero
| La Galea | Cola Maria Fazali Cesare Tomeo |
Incursione Turchesca a Ciaramiti | Pirateria Turchesca |
| Festa della Croce a TropeaDonna Canfora  | Come Eravamo |


Copyright © 2005 All rights reserved