La Madonna dell'Isola con S. Giuseppe e il Banbinello pronti ad essere imbarcati dai fedeli per la processione a mare.

UNA CHIESA MEDIOEVALE DA RISCOPRIRE
S. MARIA DELL'ISOLA DI TROPEA

di Francesco Pugliese


Il forestiero che, giungendo per la sosta presso la balconata terminale del corso Vittorio Emanuele, oppure si affaccia dal luminoso terrazzo sul mare della villetta, rimane colpito dalle cosmiche incidenze di un grosso frammento arenario che, posto tra il mare e il lido, accentra in se un complesso paesaggistico di incantevole valore e diviene cerniera d'una nitida stesura cromatica di mare cielo e terra. E' l'isola, la storica isoletta, rimasta tale non più nella realtà topografica, ma solo nella continuità d'un nome ultramillenario. La sovrasta un'enigmatica costruzione dall'aspetto incerto tra il castello e la chiesa.
Oggi se ne fa uso a proposito e a sproposito quale segno reclamistico di sicuro richiamo balneare o commerciale. In altri tempi e per altra gente l'Isola fu tranquillo rifugio di asceti, ricercatori di silenzi umani e di visioni cosmiche.
Già in età altomedioevale l'Isola unì il suo nome a quello di una Madonna miracolosa ed il bambino - S. Maria de Insula - ne fece dello scoglio un luogo di risonanza mariana e una meta di devoti pellegrinaggi. Eremiti di regola basiliana custodivano la devota immagine e ne tutelavano il culto. Il minuscolo cenobio ebbe anche una notevole proprietà terriera.
Tradizioni tropeane, raccolte da antichi cronisti, parlano di una statua della vergine giunta - al solito - dall'Oriente al tempo dell'iconoclastia, parlano del popolo festante disceso sul lido assieme al vescovo ed al Sindaco per accogliere l'immagine della Vergine e della decisione presa di concerto dei due capi della comunità cittadina di sistemare la sacra statua in una piccola grotta naturale esistente nella fiancata dello scoglio. Ma il tentativo di sistemare il simulacro sarebbe rimasto incompiuto per l'elementare ostacolo rappresentato dal vano tentativo di collocare una statua in una nicchia più piccola di lei. Vescovo e Sindaco in conseguenza avrebbero deciso di accorciare l'altezza della statua disponendo che le fossero segati i piedi.
Ma il falegname chiamato per questo lavoro al primo colpo di sega sarebbe rimasto paralizzato nelle sue braccia mentre Sindaco e Magistrato sarebbero morti all'istante. La Madonna poi avrebbe capovolto la sua tragica comparsa in Tropea operando numerosi miracoli in favore degli ammalati portati sul luogo dove poggiarono i suoi piedi. Tale luogo è ancora indicato e la tradizione di portarvi gli ammalati si conservava ancora alcuni decenni fa.
Impossibile indicare quali eventi siano stati trasfigurati nel racconto popolare e quali fatti storici sarebbe possibile ricuperare spogliando il racconto tradizionale dalle sue sovrastrutture e formulazioni fantastico-emozionali.
Allo stato attuale, mancando una documentazione grafica, non è possibile indicare con precisione la genesi cronologica dell'insediamento eremitico - mariano sull'Isola. Forse fu la posizione del luogo stesso ad attrarre spiriti ascetici già in età antichissima.
Sembra che la Vergine in origine fosse realmente venerata in una piccola grotta su un lembo del masso arenario a metà costa e che successivamente sulla spianata dello scoglio fu eretta una chiesa in Suo onore. Oggi l'edificio è un complesso palinsesto che attende ancora una introspezione analitica ed una sicura lettura critica.
In seguito al nuovo ordine politico determinato in Calabria dai fratelli Roberto il Guiscardo e Ruggero il Normanno ed ai mutamenti religiosi che lo seguirono, l'Isola passò dai basiliani ai benedettini di Montecassino, giunti in quegli anni anche a Mileto ed a S. Eufemia. Tutt'oggi la badia di Montecassino conserva diritti sull'Isola, unico possedimento superstite dei molti e molti che si accentravano nell'amministrazione cassinese di Cetraro.
Fu in seguito alla fuga avventurosa da Mileto della principessa longobardo-salernitana Sichelgaita, moglie e compagna di battaglia di Roberto il Guiscardo, della buona accoglienza e della protezione che ebbe in un momento difficile da parte del Vescovo tropeano calochirio (Colòs-Chirio, diventato poi Dordilectus-Deo diletus) che la cittadina calabrese abbandonò la tradizionale dipendenza da Bisanzio e s'inserì nel nuovo ordine politico meridionale.
In seguito a questi eventi l'anno 1070 quando fu fusa la nota porta di bronzo della badia cassinese, l'Isola era già di pertinenza benedettina, tanto che si potette elencare su una delle formelle in cui la porta si suddivide tra gli altri possedimenti anche quello di S. Maria de Tropea cum omnibus pertinentiis suis, che dovevano essere notevoli e si estendevano oltre il territorio strettamente tropeano.
Così dall'Isola, forse si iniziò attraverso l'opera dei benedettini la latinizzazione di Tropea e dei contermini pendici occidentali del Poro. Infatti, in periodo successivo . anche questo non è databile - fu costruita nella terraferma ma fuori delle mura della cittadina in località, di proprietà benedettina, ove oggi vi è il calvario, una filiale della chiesa dell'Isola col titolo di S. Maria de Latinis. Ciò ci fa pensare alla contrapposizione di una Madonna per i seguaci del rito latino ad una Madonna dei seguaci del rito greco, cioè, per dirla con vocabolo dell'epoca, ad una Madonna dei Romaioi, la Madonna di Romania, divenuta, in seguito ad eventi seicenteschi, la Madonna di tutto il popolo tropeano.
La devozione alla Vergine dell'Isola non è mai venuta meno tra le popolazioni rurali di tutto l'arco occidentale del Poro. Tutt'oggi il Santuario dell'isola è meta di pellegrinaggi nelle due solennità mariane del 1. agosto e dell'8 settembre.
Chi costruì la chiesa dell'Isola? I Basiliani o i Benedettini? Non si conoscono fonti scritte al riguardo. Oggi sono in evidenza nell'interno dell'edificio resti cospicui del primo assetto murario, passibili di una datazione critico-cronologica solo dopo opportuni saggi integrativi.
Una lettura attenta di tutto l'edificio ci pone in presenza di una serie di restauri, ricostruzioni, aggiunte. Vi è stata certamente nei secoli da parte degli eremiti dell'isola e della popolazione del retroterra tropeano, una decisa volontà di salvaguardare il culto della Vergine dell'Isola, restaurando, integrando ed ingrandendo l'edificio sacro che certamente subì danni e devastazioni sia sismici che per eventi umani. Trattasi, infatti, di un edificio posto fuori della città murata.
La lettura dell'edificio evidenzia i seguenti interventi di maggiore attenzione:

1 - In origine fu costruito un edificio di culto a forma quadrata con vano centrale circondato da peribolo con volta a botte, delimitato dal vano centrale da pilastri ed archi a conci tufacei. Del peribolo rimangono intatti un lato e la maggior parte del secondo. Questi due lati oggi sono ben visibili e nella pianta allegata (ndr: non c'è alcuna pianta allegata) sono segnati in neretto. Sono tutt'ora indenni anche le volte a botte nella zona pilastrata segnata in neretto.
Negli altri due lati non sono stati fatti dei saggi. Non è stato fatto lo spoglio del pavimento per ricercare eventuali tracce nel sottosuolo.
2 - Fu operato un rifacimento dello stesso edificio con modifiche ed aggiunte, visibili nello stacco di alcune zone murarie.
3 - In età gotica l'edificio fu restaurato e riadattato con costruzione di ambienti con volta a crociera gotica costolana. Vi rimane una semicrociera nel vano tra l'Altare, la Cisterna e la parte terminale dell'edificio primitivo segnato in neretto. A questi lavori seguì una consacrazione del tempio come è indicato da una iscrizione ancora sul posto: Anno Domini MCCCLXXXXVII XXIII mensis aprilis indictione quinta consecrata est ecclesia sanctae Mariae de Insula de Tropea. Riguardano questa età alcune sculture sepolcrali conservate anche se non in condizioni di integrità.
4 - Qualche secolo dopo l'edificio subì una radicale trasformazione. Fu sventrato nella parte centrale. Vi furono aggiunti i pilastri ed archi con volta a botte. L'interno prese la forma di piccola basilica con le irregolarità dovute alla conservazione delle parti salvabili del primitivo edificio. L'esterno prese l'aspetto di parallelepipedo sormontato dalla volta della navata centrale con l'estradosso allo scoperto, di effetto stranamente arabeggiante.
5 - Verso la fine del Seicento vi fu aggiunto un portico, nella parte indicata dall'allegata pianta con le diciture Sacrestia, Portico, Deposito e nel vano retrostante il Deposito. Quest'aggiunta diede la possibilità di costruire nel piano superiore una serie di stanzette per abitazione degli eremiti.
6 - Più tardi il portico fu in parte eliminato murando gli archi che sono tutt'ora rilevabili sotto la muratura. Ne rimasero aperti solo tre. Da un lato vi si ricavò la sacrestia, dall'altro il deposito. In fondo si aprì una porta, si sventrò il muro terminale della navata centrale e della navatella destra e si allungò la pianta della chiesa.
7 - Nel 1810 esistevano nell'orto, nella parte nord dell'edificio altri vani che furono poi eliminati senza lasciarvi tracce visibili.
8 - Dopo il terremoto del 1905 fu rifatta tutta la facciata che aveva subito il crollo dell'arco centrale del portico, dandole l'aspetto non certo felice che conserva tutt'oggi.

L'interesse dell'edificio à il suo epicentro proprio nel nucleo interno primitivo che è indicato con notevole approssimazione dalle rilevanti membra superstiti, anche se non siamo in presenza di una costruzione integra.
Questa parte dell'edificio ci pone degli interrogativi pressanti appunto perchè si evidenzia con aspetti quanto mai individualizzati e ci riporta verso una tipologia medioevale forse inedita nella sua stesura complessiva. Una parola storicamente valida esigerebbe un'attenta e minuziosa revisione dell'edificio, con ricerca di eventuali tracce in fondazione al di sotto dell'attuale pavimento e nei dintorni e con sondaggi estesi anche ad altre parti della stesura muraria, in cerca di precisare se, oltre quelli che attualmente si presentano come elementi di certa priorità cronologica, ve ne siano altri sicuramente ricollegabili con essi.
Ci sarebbe da indagare anche sul problema della cripta di cui accennava l'abate Sergio in uno scritto del 1700. E' incerto se si trattasse di una grotta naturale o di una piccola cripta vera e propria.
Logicamente questa prima problematica ne genera una seconda: in quale secolo sorse questa singolare costruzione? Fu opera dei primi benedettini e, quindi, di un'età protonormanna, oppure - cosa più probabile - i benedettini la ereditarono dai Basiliani che l'avevano costruita in età sicuramente bizantina e, forse, in tempi molto anteriori, nell'alto Medioevo? Questi interrogativi suggeriscono una appropriata ricerca critico-storica che potrebbe portare a risultati molto importanti, sia per la rarità delle forme strutturali, come indicato dalle parti superstiti, sia per la vetustà dell'impianto.
Ma è un lavoro non di ripristino o di restauro. E' un lavoro da condurre con stretto rigore metodologico e con minuta analisi dei singoli elementi per non snaturare o deformare definitivamente ciò che à solo ragion d'essere in quanto è una precisa testimonianza storica riferibile nella sua parte fondamentale ad epoca di cui poco rimane in una terra di successivi livellamenti sismici e di devastazioni umane.
Vorremmo segnalarlo alle Soprintendenze, agl Istituti di Storia dell'Architettura ed ai bizantinologi in genere.
 
 

 
 
Santa Maria di Tropea
INDICE:
|  Possedimento millenario di Montecassino  | Visita di Padre Dentice 
Intervista al Prof. Leonardo Iozzi  |  Diplomi/Privilegi  |
|  Il Monastero di Sant'Anastasia Sichelgaita  | 
Basiliani e Benedettini Una Chiesa Medioevale |
| S. Maria dell'Isola e S. Maria de Latinis nel manoscritto del Sergio
| Il Maestro di Mileto  |  La Processione a mare  |
Dom Pietro Vittorelli è il nuovo Abate di Montecassino |
| Visita Abate Montecassino |