Le Rime di Cola Maria Fazali
di Felice Toraldo
E' un vecchio articolo apparso su Il Galluppi di Tropea n. 14 del 27 aprile 1903.
Nel n. 7 de Il Galluppi (del 27 febbraio 1903) col mio scritto sulla gloriosa battaglia di Lepanto, in cui fu fiaccata l'ira turchesca, io ricordai al lettore un volume di rime del nostro compaesano Nicola M.a Fazali (o Fazzari come anche veniva chiamato in quell'epoca) pubblicate in lode di D. Giovanni d'Austria, fortunato condottiero dell'armata della Santa Lega, promettendo di ritornare su tale pubblicazione. Ora mi è grato di annunziare che dopo varie peripezie, ho potuto avere una fedele copia manoscritta di quella pubblicazione, fatta nel 1577, e quì dono un primo saggio delle rime del nostro antico autore, che confermano alla patria nostra la gloria accennata nel N. 5 di questo stesso giornale, cioè di essere essa la patria dell'immortale Vianeo o Voiano, inventore del metodo autoplastico italiano per la rifazione di alcune parti del corpo umano. Ecco il sonetto nell'originale ortografia:
Quel sempre lieto, e glorioso giorno Quand'a Selim seguì l'orribil caso: Che quel d'ogni virtù mirabil vaso Li ruppe in mare il dispietato corno:
Ivi era un Trace, c'havea al capo intorno Avolte mille tele, e tronco il naso D'un sagace Spagnol; e persuaso Fu, ch'a la mia città si fa più adorno,
Il miser prigionier, che stolto e vano Tenea il consiglio, e duro gli parea, Dicendo; tal virtù non vide il mondo.
udì, ch'iratamente un Siciliano Can, disse, va ne l'inclita Tropea Gentil cittade; ivi è Vayan giocondo.
Alla testimonianza del già citato Camillo Porzio, storico rinomato, eccone un'altra coeva della fama del Vianeo di Tropea cantata dal Fazali.
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Con molte rime e sonetti il Fazali canta le laudi di D. Giovanni d'Austria, inneggiando ancora ad altri valorosi campioni dell'epoca, e chiude il suo dire con un sonetto alla patria sua, che qui riporto come il precedente con l'ortografia del tempo:
O cara tanto al Ciel nobil cittade, Colma di gentilezze e cortesie, Ornamento d'Italia e leggiadria: Cameretta real di fedeltade;
Nido d'ogni virtute, e d'honestate; In cui 'l mal fugge, e 'l ben si nutre e cria: O forte, o ricca, o saggia, o casta o pia: O pregio de l'Italiche contrade:
Godi contenta, e senza invidia alcuna, Con pace, con amor, e con diletto: Che vuole 'l Ciel, il mondo, e la Fortuna;
Che poggi sovra 'l cerchio de la Luna; E 'l tuo valor sia scorto il più perfetto Di tutt' 'l Regno; ch'altri adombra e 'nbruna.
L'illustre ed or compianto benemerito cultore delle patrie memorie Comm. Bartolomeo Capasso in una recenzione del volume del Fazali riportata da Luigi Conforti nella sua operetta: I Napolitani a Lepanto, 1886, richiama l'attenzione del lettore sul quarto verso del sonetto del Fazali, e dice che nelle descrizioni del Regno di Napoli non si vede Tropea numerata fra le camere riservate, cioè franche e libere di alloggiamento di soldati, e quindi il sonetto non esatto in quel punto. Io dubito però che il nostro autore non voglia alludere alle camere riservate, come l'intende il Capasso, giacchè essendo Tropea in quell'epoca piazza forte di primo ordine non poteva essere esente da molta milizia, ma quel verso deve alludersi invece alla costante fedeltà di Tropea al suo natural Sovrano, tanto da meritarsi l'onoratissimo motto che circonda il suo stemma: Sola Tropea sub didelitate remansit.