(Si ringraziano per la gentile collaborazione
Alfonso Corrao, Mimmo Bova, Massimiliano Giroldini)
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Tropea 21 giugno
1923
"Festa di S. Luigi"
Chiesa di S. Giuseppe
Chi sono questi
Luigini?
(I Luigini erano
i bambini che frequentavano l'oratorio della
Parrocchia di Santa
Caterina).
I
quattro Moschettieri sono (da sinistra) Saverio Angiò, Anselmo Toraldo,
Piserà e Paolino Cortese.
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Tropea 1950.
Raf Vallone e Elena
Varzi
(in luna di miele)
sulla porta dell'Episcopio
con Mons. Felice
Cribellati.
Chi sono le altre
persone che appaiono in questa foto?
Alcuni sono riconoscibilissimi...........
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Tropea 1927. Piazza
Veneto.
Cerimonia di inaugurazione
del Monumento ai
Caduti,
che la comunità
dei tropeani emigrati in Uruguay
volle donare alla
Città di Tropea.
Sono riconoscibili
le figure
di Mons. Felice
Cribellati e del Podestà Raffaele Mottola.
Notare a sinistra
una scolaresca che indossa sui grembiuli
piccole giberne
militari e la scritta BAR sull'edificio.
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Tropea 1922. Siamo
in Largo Galluppi.
L'edificio che
appare nella foto (Archivio Adilardi) è il Palazzo Adilardi
nello stato di
completo abbandono dopo aver subito
qualche anno prima
la devastazione a causa di un incendio.
Ben presto nel
linguaggio corrente della gente divenne
"'u palazzu vrusciatu".
L'immagine, che
fa vedere un Largo Galluppi inconsueto
per le folte sterpaglie
e per un altro caseggiato (Tranfo)
vicino, ridotto
a rudere,
è
stata immortalata dal fotografo
Saverio Lo Torto
(firma in basso a sinistra),
che ha scattato
la foto dal balcone di casa sua.
Nella foto l'alta
vegetazione copre i piani bassi
e quindi anche
il portone dello stabile.
Per la cronaca,
l'incendio era stato appiccato involontariamente
da una delle domestiche
della famiglia Adilardi, la quale si trovava
con un lume a petrolio
nei locali del pian terreno
adibiti a stalla.
Il fuoco fu subito alimentato dai grandi
depositi di paglia
e fieno.
La domestica è
stata salvata. Non ci furono vittime.
Il palazzo, rilevato
nel 1952 dalla famiglia Negro, ricominciò
ad essere abitato
nel 1954 ed il primo inquilino fu il piccolo Ciccio Negro,
dopo un lungo periodo
di lavori di ripristino,
nel corso dei quali
venne eliminato l'ultimo piano.
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Tropea 1930. Siamo
nel cuore della Città, in Piazza Ercole,
davanti al Caffè
Gatto, che assieme a quello dei Filardi (Royal)
è il più
antico del Territorio.
Sulle prime appaiono
visi e persone sconosciuti.
Poi a poco a poco
le fisionomie delle figure
si intingono di
familiarità.
E' uno dei ritratti
più belli che sia stato eseguito
dall'occhio sapiente
di Gaetano Cortese (papà di Melo),
che con uno scatto
è riuscito a fermare tre generazioni di verace 'tropeanità'.
I signori che appaiono
nella foto (Archivio Cortese) sono: all'estrema destra
Rocco La Torre
(in piedi), Onofrio Gabrielli (il primo seduto),
a seguire, Vincenzo
Toraldo, Antonio Gatto (papà di Micuccio), Gaetano Gatto
(nonno di Micuccio).
Sulla porta, in piedi: Micuccio Gatto (16 anni) e Destito.
A sinistra, in
piedi, i ragazzi: sconosciuta (tagliata a metà), a seguire, Peppinea
a gozzulusa,
i fratelli Gentile
'Cocimei' Felice e Carmine.
Ancora sulla sinistra,
Peppe Filardi e a seguire l'immagine sfocata
di uno sconosciuto.
In fondo, in divisa di guardia municipale è De Vita.
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Tropea 1941. Largo
Municipio. Porta principale della Chiesa dei Gesuiti,
a due passi dalla
Casa Comunale.
E' una vera e propria
"adunata" con tanto di Segretario Cittadino
del Partito Nazionale
Fascista (Loiacono) e Podestà (Totò Mottola).
Dagli abiti indossati
e dalle alte uniformi con sciabola
si direbbe si tratti
di un evento importante.
Il nero impera
ovunque: nei vestiti, nelle camice, nelle cravatte.
In prima fila i
notabili De Mendoza, Campisi, Iannelli ed
il Capo Guardia
Alfredo Vallone con a fianco il figlio Edoardo, bambino.....
Sono 50 personaggi
che hanno fatto la storia a Tropea. Noi ne abbiamo
riconosciuto solo
34.
E
voi?
E' l'8 aprile 1961.
Le classi riunite
del liceo classico "P. Galluppi" di Tropea
sono in gita scolastica
a Reggio Calabria.
Allora le gite
culturali potevano durare anche un giorno,
se non qualche
ora quando si andava a Vibo Marina a visitare il cementificio,
oggetto anche di
visite successive c. d. "di approfondimento".
La foto è
stata scattata all'entrata del museo nazionale,
tappa fondamentale
della visita a Reggio.
Vi sono rappresentate:
una parte del Corpo
docenti: i Pro De Lorenzo, Pagano, Rombolà e Lo Cane;
una parte degli
studenti della II liceo: Lela Furci, Maria Vizzone, Sabellina Avallone,
Mario Fiumara,
Mario Martino, Enzo Taccone.
La scelta di questa
foto nella Rubrica "Come Eravamo" è stata determinata
dalla recente scomparsa
(dicembre 2003) del Professore di Storia e Filosofia
Peppino
Lo Cane.
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Piazza Ercole. Primi
anni Sessanta. Estate.
Persone a raccolta
davanti al Bar Ariston. E' domenica.
Volti familiari.
Si parla di quanto si sia riuscito a pescare il giorno prima
o magari delle
vicine elezioni o degli impegni della Juventus Tropea.
Il vecchio Padula
sembra tenere banco.
I visi sono tutti
a favore dell'obiettivo della macchina
e del refolo di
aria fresca pomeridiana che percorre
Corso Vittorio
Emanuele.
Nel corso non c'è
la solita animazione.
In fondo la vetrina
di "Ideal Foto" con l'insegna dell'Agfa.
Di fronte il marchio
della Siemens del negozio di don Totò Lo Torto.
Il tutto sotto
lo sguardo (fuori campo) rassicurante del filosofo Galluppi.
Quarant'anni fa
o forse più di una Tropea sparita.
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Piazza Mercato -
Angolo Royal Bar Filardi - Scorcio del Corso.
Periodo 18 - 23
marzo 1961.
I 'credits' dell'immagine,
tratta da 'Calabria',
a cura di U. Bosco,
A. De Franciscis e G. Isnardi,
Banca Nazionale
del Lavoro, 1962,
sono dell'Agenzia
"Arte e Colore", la proprietà BNL.
In primo piano,
vendita di 'mastazzoli' in mostra
nelle tipiche 'casce'
con bilancia e pesi pronti all'uso.
Il 'mastazzolaro',
titolare del banchetto, appartiene
alla famiglia Galati
di Soriano che da oltre un secolo tratta
questo prodotto
tipico calabrese importato dagli arabi.
I 'mastazzoli'
sono dei biscotti durissimi a base di farina, miele e vino cotto,
dalle forme più
varie e decorati con carta stagnola colorata.
Ogni anno nello
stesso periodo il Sig. Galati raggiunge Tropea e vi si ferma dal giorno
della festa di
San Giuseppe (la Chiesa dà su Piazza Mercato) fino alla
Fiera della Nunziata
che si svolge il 23 marzo.
A volte la permanenza
si protrae fino al 27,
giorno della patrona
della Città, la Madonna della Romania,
di cui è
prevista anche la solenne processione.
In secondo piano
si intravede la testa di Nino Filardi,
titolare del Royal
Bar,
fermo sulla porta
principale del locale.
E' un momento di
attesa.
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Tropea. Via Montevideo.
Alla fine del mese di luglio 1943.
L'autore dello
scatto è Melo Cortese che ha voluto riunire in una foto ricordo
la testimonianza
di un miracolo.
Il gruppo d'assieme
è composto dal Vescovo Mons. Felice Cribellati, dagli
artificieri dell'Esercito
e dalle bombe, appena disinnescate, sganciate dagli americani
e rimaste miracolosamente
inesplose.
Un mese infausto,
quello di luglio, che ha visto la distruzione di interi territori
provocata da una
pioggia continua di bombardamenti da parte delle forze alleate.
Qualche giorno
prima, il 19 luglio, Roma fu violata per la prima volta
nel quartiere di
San Lorenzo dove accorse il Papa accompagnato da Mons. Emanuele Toraldo.
Nel Meridione,
come a Montecassino, Paola, ed in Sicilia, teatro dello sbarco degli alleati,
furono bombardati
direttrici viarie e manufatti per ostacolare l'organizzazione logistica
dei tedeschi.
Il 24 Luglio 1943,
verso le ore 4 pomeridiane, una formazione di cacciabombardieri americani
volò a bassa
quota su Tropea.
I cittadini intuirono
subito il pericolo, cercando riparo fuori dalle case.
Ad un tratto si
vide un apparecchio staccarsi dalla formazione ed abbassarsi a volo radente
sulla città
e poi si udì
un rumore, un sibilo, prodotto dallo sganciamento di un grappolo di bombe.
Precisamente sei,
indirizzate volutamente
sul centro storico della Città,
per offendere la
sua bellezza e per seminare morte tra gli abitanti.
Le bombe, libere
nell'aria, ebbero una traiettoria d'inerzia orizzontale
quanto bastò
perchè lo zenit della caduta si spostasse fuori dal centro abitativo.
Infatti esse caddero
nelle immediate vicinanze delle mura, ma fuori di esse,
in un orticello
presso il borgo dove trovarono alla fine della discesa un manto soffice
di terra friabile
appena arata e vi affondarono senza esplodere. Tutte e sei.
Si disse che una
mano invisibile, quella della Madonna di Romania, abbia distolto la traiettoria
naturale
accompagnando i
micidiali ordigni nel punto meno pericoloso.
Le bombe furono
magistralmente disinnescate da specialisti
dell'Esercito che
raggiunsero Tropea subito dopo, su richiesta del Vescovo Mons. Felice Cribellati.
Due di quelle bombe
si trovano, a ricordo perenne della mano protettrice della Madonna di Romania,
all'interno del
Duomo dedicato alla patrona della Città di Tropea.
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Tropea. Largo Villetta
(affaccio del Cannone). 6 gennaio 1942.
L'evento di turno
questa volta si svolge in pieno periodo bellico:
la Befana del Soldato,
organizzata dal Dopolavoro delle Forze Armate.
E' la mano dell'onnipresente
Melo Cortese che fa partire lo scatto.
I militari appartengono
alla guarnigione di stanza in Città,
inquadrata nel
Reggimento di Cavalleria
il cui compito
è quello di presidiare la costa e la ferrovia del Territorio.
Una parte ha trovato
sistemazione presso i piani bassi di Palazzo Gabrielli in pieno Centro
mentre un drappello,
a cavallo, è dislocato a Torre Marino a guardia della costa.
Il momento di festa
è sottolineato dalla distribuzione dei pacchi dono da parte
di Francesca Purificato,
davanti al ritratto del fratello Tenente d'Artiglieria
Domenico 'Medaglia
d'oro', caduto nel 1937 durante la Campagna d'Africa.
Sul petto di Francesca
è visibile la Medaglia, testimonianza dell'eroismo del congiunto,
oggi per la verità
non sufficientemente ricordata dalla Madre Patria.
La location è
da identificare con la struttura che fino a qualche anno
fa era adibita
a studio dentistico.
Si notano gli scalini,
che all'epoca permettevano l'accesso
all'interno del
locale ma poi col tempo saranno soppressi.
La cerimonia si
svolge alla presenza del Segretario cittadino
del Partito Fascista
Campesi (visibile in divisa con beretto rigido),
da personalità
religiose, quale il Vescovo Mons. Cribellati, civili e militari.
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Tropea. Largo Villetta
(affaccio del Cannone). Giovedì 14 settembre 1905.
San Michele Arcangelo
viene portato in processione.
Alle due e quarantacinque
della notte tra venerdì 7 e sabato 8 settembre uno spaventoso enorme
boato
diede inizio alle
tremende scosse sismiche che si susseguirono provocando gravissimi lutti
e danni alla Calabria
già in un
gravissimo stato di prostrazione morale ed economica. In quei giorni al
parlamento erano
in piena discussione
i provvedimenti più adatti a risolvere il problema meridionale,
a lenire la povertà,
a correggere le
ingiustizie, a distribuire l'emigrazione, a calmare gli odi. L'ennesima
discussione,
forse la centesima,
a cominciare dal 1860, con le solite argomentazioni di statistica e di
pietà
portate avanti
abilmente dagli aventi causa di turno.
Sul tavolo delle
discussioni l'assurda disparità tra la Calabria con una popolazione
di 1.300.000 abitanti
e la Lombardia
con quasi 4.000.000 di abitanti nel pagamento dell'imposta sui fabbricati.
Dalle statistiche
governative risultava che i contribuenti a tale imposta
erano 217.490 per
la Calabria e soli 190.499 per la Lombardia.
Quello schianto
in un attimo cancellò per sempre dalla mente dei calabresi, anche
dei rimasti vivi,
ogni aspettativa
di giustizia, di uguaglianza, di equità, di ripresa che ormai,
tra un terremoto
e un'ondata di emigrazione verso la Mérica, si tramadava e rimandava
da antiche generazioni.
Sui luoghi di un
macabro scenario, nei giorni successivi al sisma, si aggirarono scienziati,
scrittori, giornalisti,
tecnici, politici,
venuti da tutti le parti d'Italia e del mondo.
Lo stesso Re con
i ministri più accreditati volle visitare i paesi più colpiti
come Parghelia.
Da Roma si partì
anche il direttore artistico di "Illustrazione Italiana" Eduardo Ximenes
(1852 - 1932),
per cogliere nel
teatro della desolazione fotografie e disegni che trasferiti sulla Rivista
potessero documentare
la realtà di tanta sventura.
E l'"illustratore"
Ximenes, arrivò anche a Parghelia dove ebbe modo di fotografare
il miracoloso salvataggio della
piccola Maria Antonietta
Colace dopo 92 ore di seppellimento (13 settembre).
Da quella foto
è stato tratto il disegno di A. Molinari pubblicato nelle pagine
di "Illustrazione".
Poi Ximenes passò
a Tropea, probabilmente il 14 settembre, dove scattò diverse foto
e produsse molti schizzi,
che permisero al
grafico Gennaro Amato di elaborare il disegno, oggi in esame qui, e di
inserirlo nella Rivista.
Disegno che rappresenta
la processione di San Michele Arcangelo per scongiurare nuove scosse.
La statua del Santo,
circondata da gente prostrata, implorante e terrorizzata, è proprio
quella che tuttora viene esposta
sull'altare maggiore
nella chiesa del Purgatorio dedicata al Santo, veneratissimo dai tropeani,
i quali ogni anno,
per secoli, l'8 maggio, erano soliti tributargli una festa grandiosa, chiamata
"del Cannone".
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Golfo
di Corinto. Domenica, 7 ottobre 1571. Ore 1200.
Un'antica
incisione di Gianfrancesco Camocio
(Gaetano
e Melo Cortese dovevano ancora nascere...),
custodita
nel Museo Correr di Venezia,
fotografa
lo schieramento a Lepanto, prima dell'inizio della battaglia.
A
sinistra le forze della Santa Lega e a destra quelle ottomane di Selim
II.
L'armata
cristiana, proveniente dal porto di Messina, è composta dall'alleanza
di tre flotte:
quella
veneta, guidata dal Capitano Generale Sebastiano Venier;
quella
del Papa, agli ordini di Marcantonio Colonna,
e
quella di Filippo II, diretta dal fratello ventiseienne Don Giovanni d’Austria.
Conta
circa 210 galee, per metà venete, 6 galeazze, tutte venete, e oltre
60 fregate.
In
totale circa 280 bastimenti, sui quali trovano posto 1800 pezzi d’artiglieria,
34.000
soldati, 13.000 marinai e 43.000 vogatori, per metà schiavi turchi
e criminali comuni.
Don
Giovanni d’Austria, figlio naturale dell'Imperatore Carlo V e fratello
di Filippo II re di Spagna,
è
il Comandante Supremo.
Dalla
parte opposta, pronta da tempo nel Golfo di Corinto ad aspettare il nemico,
è
la grand'armata musulmana, pure divisa in quattro squadre.
Conta
circa 230 galee e una sessantina di bastimenti minori.
In
totale circa 280 legni, 750 cannoni, 34.000 soldati, 13.000 mariani e 41.000
rematori,
in
buona parte schiavi cristiani, per lo più greci.
Il
Supremo Comandante è Mehmet Alì Pascià, fedele ammiraglio
del sultano Solimano.
Al
termine della battaglia la Lega conta più di 7.000 uomini morti
uccisi o annegati,
di
cui 4.800 veneziani, 2.000 spagnoli, 800 pontifici, e circa 20.000 feriti;
i
turchi più di 25.000 morti, 3.000 prigionieri, 15.000 schiavi cristiani
fuggiti,
100
navi bruciati o affondate e 130 catturate.
E'
la vittoria sull'Islam dell'Occidente cristiano.
Al
di là delle innumerevoli strategie da manuale perseguite durante
la battaglia,
quella
determinante che decide il prevalere sul campo delle forze cristiane è
l'intuizione
del
giovane condottiero don Juan d'Austria che ordina di liberare i galeotti
di tutte le navi.
Questa
turba, pazza di gioia e di riconoscenza piomba sui turchi,
il
cui capo Ali Pascià, prima di essere decapitato, non trova altra
risorsa se non sciogliere
le
catene anche dei prigionieri delle proprie navi.
Ma
la decisione non si rivela atrettanto saggia perchè,
essendo
le galee turche per lo più armate da rematori cristiani, tratti
in prigionia,
questi
vanno a ingrossare le fila degli alleati, facendo pagare ai loro oppressori
le sevizie patite in schiavitù.
Il
nome di Lepanto entra quindi nella storia. Per la prima volta dopo un secolo
il Mediterraneo torna libero.
A
partire da questo giorno inizia il declino dell'impero ottomano.
E
questo grazie anche all'eroico contributo dei calabresi, dei tropeani,
di Gaspare Toraldo.
La
freccia rossa indica il punto dove opera il Colonnello Gaspare Toraldo,
nella
zona così detta "Battaglia Reale", sulla nave "Il Passaro di Venezia"
di Luigi Pasqualigo,
sotto
il comando di don Juan d'Austria e accanto alle Ammiraglie
dello
stesso don Juan, di Marcantonio Colonna e di Sebastiano Veniero.
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E' una foto
scattata da Gaetano Cortese nel 1925 nella sede dell'antica stamperia vescovile,
negli scantinati
della casa vescovile di largo Vaccari.
E' l'insieme del
personale che in quel tempo svolgeva le mansioni tipografiche.
In piedi da sinistra:
Pietro Fantauzzi, Gioacchino Fantauzzi, Nicola Lorenzo; a terra: Mazzara
e Gaetano Cortese.
Il 9 settembre
1921 nella sede vescovile di Tropea si insedia l'orionino Mons. Felice
Cribellati.
Il nuovo vescovo
si accorge che negli scantinati dell'edifico sono custodite macchine ancora
funzionanti di una precedente stamperia.
E per attivarle
ha idea di rivolgersi all'istituto di don Orione per avere una persona
capace di mettere in moto una nuova tipografia.
Nel 1922 si presenta
il sig. Pietro Fantauzzi, che dopo qualche mese viene raggiunto dal fratello
Gioacchino, proveniente dallo stesso istituto.
I fratelli alloggiano
in un padiglione della stessa casa del vescovo.
Ben presto l'attività
ha inizio con la stampa dei 'Bollettini' della Diocesi di Tropea e di Nicotera.
E' nata la nuova
tipografia vescovile 'Sacro Cuore'. Segue la stampa di una serie di opuscoli
e libretti:
corone di preghiere
per le novene in onore ai Santi venerati nelle parrocchie della città,
Maria SS. Immacolata,
Santa Maria dell'isola,
San Giuseppe, Madonna di Romania, Santa Domenica, Vergine delle Grazie,
Maria SS. del Carmelo,
Santa Maria Maddalena, San Nicola di Bari, ecc..
Le attività
si moltiplicano di giorno in giorno, richiedendo l'aggiunta di altro personale.
Arriva il sig.
Nicola Lorenzo, ma anche i sig. Mazzara e Gaetano Cortese. Al nome 'tipografia'
si aggiunge quello di 'cartoleria'.
L'esercizio si
occupa di avvisi di ogni genere, biglietti da visita, locandine,
ed anche giornali,
riviste e veri e propri opuscoli d'arte, di storia e biografie, ecc.
I fratelli Fantauzzi
continuano a vivere nella casa vescovile fino a quando, negli anni 30,
si sposano con
due sorelle appartenenti alla famiglia Molina.
Nicola Lorenzo
si sposa con la quattordicenne Restituta (alla data della foto deve ancora
nascere),
figlia di Gioacchino
Fantauzzi.
La tipografia continuerà
a macinare lavoro fino agli anni sessanta.
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