DIVAGAZIONI ARALDICHE SULLO STEMMA DI CASA DI TOCCO
di Antonio Toraldo (1987)
Alcuni anni fa ebbi occasione di rinvenire nell'antico palazzo di famiglia, sito in via Lepanto a Tropea, un vecchio sigillo in metallo recante l'incisione di uno scudo che potrebbe tento di blasonare: troncato, nel 1° interzato a) un'aquila bicipite coronata, b) la croce di Gerusalemme, c) sei gigli posti sotto un lambello e sistemati a palo 2-2-2; nel 2° tre fasce a spina di pesce. Nessun dubbio che si tratti dello stemma della famiglia di Tocco, patrizia di Tropea da remoto tempo, e imparentata col nostro ramo. Infatti mio zio, Nicola Toraldo, morto improle nel 1962, cui apparteneva quel palazzo, era primogenito dell'ultima e più numerosa diramazione dei Toraldo, originata da Bernardo nato nel 1639, già distinta come ramo IV che era, nelle ultime edizioni del Libro d'Oro della Nobiltà Italiana edito dal Collegio Araldico, diviso nei rami IV e V. Dal predetto Bernardo era nato nel 1676 Gaspare e da questi nel 1738 Carlo che sposò il 29 giugno 1755 Felicea Di Tocco, figlia ed erede di Nicola di Tocco la quale aveva portato nella nostra famiglia il fidecommesso Tocco, come si apprende dallo Scandone (Litta, II° Serie: Napoli 1915, 1922, fam. Toraldo tav. X). Ecco perchè un sigillo con l'arme di casa Di Tocco si trovava nel palazzo Toraldo e in possesso del primogenito del ramo. Allora non feci molto caso al ritrovamento, e solo in seguito cominciai ad interessarmi criticamente dello stemma inciso sia per l'importanza storica della famiglia (1), sia per le particolarità araldiche sia infine per le alterazioni e modifiche che ha subito nel corso dei secoli e in occasione degli ultimi riconoscimenti. L'arme dei Tocco è così descritta nel Ruolo delle famiglie patrizie di Tropea compilato nel 1704: "D'argento con quattro fasce d'azzurro ad onde acute, le quali gli armeristi ultramontani chiamano vivré. Il capo partito perpendicolare, nel primo di rosso con l'aquila d'oro spiegata, coronata del medesimo, armata di nero. Nel secondo la croce di Gerusalemme, nel terzo d'azzurro, sei fiori di giglio d'oro, 2, 2, e 2 sormontati dal rastello rosso di tre pezzi pendenti. Sogliono alzare il Pegaso alato col motto del Poeta - Si qua fata sinant - per cimiero". Il Candida-Gonzaga dal canto suo riporta (vol. II pag. 137 e 141): "I Tocco delle Onde usano: Di argento a tre fasce increspate di azzurro; e secondo altri: Di argento a quattro fasce increspate di azzurro. Il Pegaso. Motto: Si qua fata sinant" (2). Il termine italiano "increspato" corrisponde esattamente al francese "vivré" anche secondo il Galluppi (Dizionario Araldico, in Candida-Gonzaga I° pag. 34) che scrive: increspato (fr. vivré): pezze i cui bordi vengono figurati a spine di pesce sinuose, formanti piccoli angoletti salienti e rientranti". E anche il Crollalanza nella nota Enciclopedica Araldico-cavalleresca afferma: "increspato (fr. vivré) Partizione o pezza modificata ad increspatura, ossia a zig-zag". Sia il Ruolo ufficiale nel 1704, seguito fedelmente da Felice Toraldo, sia il Candida-Gonzaga riportano graficamente lo stemma dei Tocco, in cui le fasce sono veramente increspate, formano cioè piccoli angoletti salienti e rientranti e a zig-zag, come del resto si può anche vedere negli stemmi delle famiglie Rucellai e Ruffini. Lo Spreti, invece, che nel I° volume della sua Enciclopepia storico-nobiliare a pag. 38 raffigura esattamente la linea di contorno "increspata o a spina di pesce", nel volume VI° a pag. 608 pur riportando l'arme dei di Tocco come: d'argento a quattro fasce increspate d'azzurro, delinea le fasce non increspate ma, direi, coi bordi increspati. Cioè non sono le fasce che formano gli angoletti salienti e rientranti, muovendosi a zig-zag ma solo i bordi delle fasce sono ad angoletti. In altre parole le linee inferiori e superiori di ogni singola fascia non sono parallele come dovrebbero. Lo Spreti non fa cenno del capo e si dovrebbe pensare che abbia voluto attenersi al riconoscimento della Consulta Araldica; ma non è proprio così, perchè, come ho avuto modo di vedere, la miniatura dello stemma firmata da Luigi Rangoni Machiavelli e allegata al D. M. 8 dicembre 1927 è invece: d'argento a tre fasce ondate d'azzurro, col Pegaso alato per cimiero e il motto usuale. Cioè, secondo la Consulta Araldica, e nel 1927, le fasce non sono quattro ma tre e sono ondate e non increspate; inoltre si volle omettere il riconoscimento del capo che è invece la parte più interessante di questo blasone. Infatti le fasce, siano esse tre o quattro, ondate o increspate, sono poste sotto un capo interzato in palo e tale partizione non è certo comune nè sono comuni i tre capi. Il Bascapè scrive che i capi partiti sono rarissimi e che allorchè un personaggio e una famiglia ricevettero due o più onori e dignità che comportavano speciali capi, li collocarono, sovrapposti, nella propria arme; ma osserva oure che il capo occupa d'ordinario un terzo o un quarto dello scudo, nella parte superiore; sovente per necessità viene ampliato, ma più spesso è ridotto quando i capi sono due o tre e, eccezionalmente, quattro; da tali capi multipli nascono scudi abnormi, fuori dall'euritmia araldica. Il Crollalanza riporta invece tra le partizioni del capo quelle di "semipartito, interzato in palo, ecc." e dà come esempio lo stemma della città di Aix-en-Provence che ha appunto un capo interzato; ed anche nell'Enciclopedia dello Spreti si incontrano alcuni esempi di capi interzati (Secco d'Aragona, Tixon, vol. VI, pag. 251, 608). Si può pertanto riconoscere nell'arme della famiglia Tocco, così come descritta dall'antico e anonimo blasonista del 1704 e delineato nel Ruolo ufficiale di Tropea rispettivamente i capi 1) di Bisanzio, 2) di Gerusalemme e 3) d'Angiò. Bisogna ora notare che la Consulta Araldica nel 1927 si era limitata a riconoscere le fasce d'azzurro, il cimiero e il motto; ma nel 1939 un altro ramo della famiglia dovette forse insistere per il capo e si venne a un compromesso; l'arma riconosciuta fu così blasonata: troncato: nel 1° interzato, al 1° di rosso all'aquila bicipite d'oro coronata dallo stesso, al 2° di rosso alla croce di Gerusalemme, al 3° d'azzurro a sei gigli d'oro posti sotto un lambello di rosso e sistemati in palo 2-2-2; nel 2° d'argento a quattro fasce indentate d'azzurro (D. M. 13 dicembre 1939). La Consulta Araldica in tal modo volle trasformare lo stemma che aveva un capo interzato in uno stemma troncato col primo interzato (3), sminuendone l'importanza. Ma le disavventure non erano finite: l'Elenco Storico della Nobiltà Italiana, edito dall'Ordine di Malta nel 1960, che riporta gli stemmi delle famiglie come furono riconosciuti dai singoli decreti (perciò alle volte riporta più stemmi con piccolissime varianti per vari rami della stessa famiglia) per i Tocco fa un'eccezione e indica per tutti i rami solo lo stemma troncato su descritto, però con quattro fasce d'azzurro coi bordi increspati, come nello Sreti; e le tre fasce ondate secondo il decreto del 1927 mentre le quattro fasce indentate del 1939 non risultano. Infine anche il Libro del Collegio Araldico nei voll. XV e XVII certamente per errore di stampa aumenta la confusione facendo uguali il primo e il secondo punto della parte superiore del troncato. Passiamo ora ad esaminare singolarmente i tre capi dello scudo. 1) Capo dell'Impero di Bisanzio: è di porpora o di rosso all'aquila bicipite d'oro coronata dello stesso. Il Bascapè scrive che se ne trovano esempi "nelle città ove affluirono i nobili bizantini emigrati di fronte all'invasione musulmana". Nessuna meraviglia perciò di ritrovarla nell'arme dei Tocco che erano addirittura legati di parentela con gli imperatori di Bisanzio (4). L'aquila bicipite si attribuisce a Costantino che l'avrebbe assunta allorchè trasferì la sede dell'Impero a Bisanzio, volendo mediante quel simbolo dimostrare che egli teneva sotto la stessa corona un impero che aveva due capitali. Tale credenza passò in tradizione e l'Ariosto canta: "E l'aquila dell'or con le due teste - porta dipinta nello scudo rosso" (Orlando Furioso, c. CLV). 2) Capo di Gerusalemme: è d'argento alla croce potenziata d'oro accantonata da quattro crocette dello stesso. E' il più noto ed insigne esempio delle armi ad inchiesta o dimandanti, cioè "quelle che essendo composte contro le regole del Blasone, danno motivo di ricercare perchè siano di tal fatta, lo che senza dubbio sarà avvenuto per qualche azione gloriosa, ond'elle non sono false, benchè abbiano colore sopra colore e metallo sopra metallo, nè sono comuni a tutti, ma di qualche illustre personaggio, come furono l'arme di Goffredo di Buglione per contrassegno dell'eccellente suo valore e della conquista che fece della città e del regno di Gerusalemme." (Ginanni). E il Mazzella (Descrittione del Regno, p.480) così attesta: "Questo Gottifredo fu il primo, che per insegna, over'arme del suo Regno fece non una Croce (come il volgo crede) ma un nome abbreviato di due lettere maiuscole d'oro in campo d'argento, le quali lettere erano un'H, che dentro di se haveva la lettera I, che attaccate insieme facevano questo segno che significava il nome della città, e Regno di Hierusalem, e ne i quattro lati di dette lettere, e nome abbreviato vi pose quattro picciole crocette medesimamente d'oro, la qual arme benchè sia composta di metallo sopra metallo, cioè d'oro, e d'argento, ella però è solamente fra tutte l'arme privilegiata". E di questo strappo fatto da Goffredo all'uso araldico così canta un anonimo autore riferito da Filiberto Campanile:
E quantunque il costume nostro voglia Che nel compor l'armigere divise Il metal col Metallo non s'accoglia, Nè 'l color col color giammai si mise, Pur ei per soddisfare alla sua voglia Argento con pur'Oro in un commise, Dicendo: Dica pur che vuol ch'io falli, Ch'io porrò insieme gli otttimi metalli.
Il Campanile aggiunge che la regola di non porre metallo sopra metallo (o colore su colore) fallisce nell'arme del Regno di Gerusalemme, in cui si vede una croce d'oro in campo d'argento, la quale fu fatta da Goffredo "con non poco maturo consiglio" acciocchè vedendosi una tale arma così differente dalle altre, ciascuno curioso di investigare la ragione, si facesse perpetua la memoria di sì gloriosa impresa. Nonostante tutto ciò, vi fu la tendenza a raffigurare il 2° capo dello stemma dei Tocco col campo rosso e non già d'argento. Lo stesso Felice Toraldo nella tavola a colori posta tra le pagine 20 e 21 della sua già citata pubblicazione su "Il sedile e la Nobiltà di Tropea" (Pitigliano 1898) lo raffigura di rosso alla croce potenziata d'oro accantonata da quattro crocette dello stesso. Invece il Ruolo Generale del 1704, che è il vero Libro d'Oro del patriziato di Tropea ed è tuttora conservato dagli eredi del cav. Gabrielli, non riporta su tale campo alcun segno e perciò indica l'argento; e descrivendo i capi dice solo: "nel secondo la croce di Gerusalemme"; e la croce di Gerusalemme ha appunto il campo d'argento e non di rosso, sebbene la Consulta Araldica nel caso in esame volle blasonare la croce di Gerusalemme in un campo rosso invece che d'argento. Secondo il Crollalanza il capo di Gerusalemme indica quasi sempre l'origine della famiglia dai sovrani di Terrasanta e pretensioni su quella corona. 3) Capo d'Angiò: è d'azzurro a tre gigli d'oro posti tra i quattro pendenti di un lambello di rosso; oppure (capo d'Angiò - Sicilia e Napoli); d'azzurro seminato di gigli d'oro, al lambello di quattro pendenti di rosso sul seminato. Riveliamo subito che nel caso dello stemma Tocco siamo di fronte a una variante dello stesso tema: il campo è d'azzurro, il lanbello è di rosso a soli tre pendenti e i gigli d'oro sono sei, disposti 2-2-2, sotto i pendenti. Circa il motto "si qua fata sinant" c'è solo da dire che è un verso di Virgilio (Eneide, libro I, v. 18) e significa se in qualche modo lo permettano i fati. Il si ottativo è uguale a utinam; il qua è ablativo; e la costruzione è cara al Poeta che la usa nella più famosa esclamazione: si qua fata aspera rumpas - tu Marcellus eris (Eneide, libro VI, v. 882). Infine il Pegaso, che fa da cimiero, è il mitico cavallo alato nato dal sangue di Gorgona che, salito al cielo, divenne costellazione. Il Pegaso è spesso scelto come simbolo della poesia e di poesia insofferente della mediocrità e anelante a alto ideale di perfezione, perchè con un calcio fece sgorgare sull'Elicona la fonte di Ippocrene che ispirava al canto e alla poesia (cf. anche d'Annunzio, Intermezzo, Preludio: v. 10s e v. 142; e Maia, Laus Vitae vv. 4060s.). In araldica è emblema della fama ed è posto fra le figure chimeriche, ma più frequentemente come cimiero o supporto. Il Crollalanza riporta appunto (Encicl. p. 471): "Tocco... ha un Pegaso in cimiero".
NOTE
(1) v. Enciclopedia Italiana Treccani, voce Tocco (di); Ricca E., Storia de' Feudi, vol. I p. 45 e 368s. e vol. III pag. 267 a 336 e 538, 591 e vol. IV p. 497; Scipione Mazzella: Descrizione del Regno, Napoli 1601, pag. 645s. L'attacco genealogico dei Tocco di Tropea con quelli di Napoli e più precisamente con il ramo trasferitosi in Grecia si può far risalire a Pietro di Tocco, figlio di Leonardo III e della sua seconda moglie Francesca d'Aragona e Marzano. Che un legame vi sia è indicato oltre che dallo stemma usato dai Tocco di Tropea, che è senza alcun dubbio quello dei Tocco di Cefalonia (mentre i Tocco di Napoli usarono solo le onde ossia lo stemma privo di capo) anche dal fatto che in un documento del 5 ottobre 1493 steso a Calimera dal Notaio Rovito di Nicotera il predetto Leonardo III obbligava a sua moglie D. Francesca d'Aragona e Marzano le baronie di Briatico, Mesiano, Motta Filocastro, San Calogero, Joppolo, Coccorino, tutti territori siti nel circondario di Tropea e Nicotera (v. Ricca, op. cit. vol. III p. 286). Circa la questione sul nome "Tocco" o di Tocco" vedi una lettera aperta del 7 aprile 1902 di Ettore Capialbi sul giornale "Il Calabro" di Catanzaro in risposta a una lettera del prof. Felice Tocco sul "Marzocco" di Firenze. (2) Sul frontone del palazzo dei Principi di Montemiletto a Napoli in via Toledo 148, appare ancora lo stemma di Tocco: d'argento a tre fasce increspate e il capo interzato; (con manto e corona da principe) e il Pegaso alato per cimiero. (3) Vedi un precedente nell'Araldo del 1903 p. 320 ed anche nel sigillo di cui è parola. Però a mio avviso gli esempi precedenti di tale trasformazione erano dovuti, oltre all'oggettiva difficoltà del disegno dei tre capi, alla mancanza di senso critico dei disegnatori che "disegnano scudi letti male, capiti male e tramandano, magari per secoli, le errate letture" (Bascapè, in Riv. Ar. 1977, p. 176). E l'equivoco continua: vedi l'ultimo Libro della Nobiltà ed. dal Collegio Araldico (vol. XVIII pag. 1732) in cui si parla di capo, ma si delinea uno scudo troncato! (4) cf. Rivista Araldica, 1930 p. 182 e 1933 e 1936; nonchè 1977 pag. 92; 1978 p. 126 e 1954 p. 215. L'Enciclopedia It. Treccani, già citata (Vol. XXIII, pag. 959) rileva che la famiglia è stata anche recentemente illustrata dal filosofo Felice Tocco. Costui era figlio di Nicola e di Vicenza Toraldo, tropeano quindi di puro sangue anche se nacque e visse fuori Tropea (1845-1911).
La NOBILTA' di TROPEA
INDICE
| 'Presentazione della 48^ Tornata' di Salvatore Libertino | | 'Il Sedile di Portercole e i Casati di Tropea' di Antonio Vizzone | | 'Blasonario delle Piazze Chiuse della Calabria: Catanzaro, Cosenza e Tropea' di Luciano Moricca Caputo | | 'Osservazioni sulle nobiltà civiche del Regno di Napoli e sui requisiti delle Piazze Chiuse' di Antonio Toraldo | | 'La Nobiltà di Tropea. Alcune osservazioni sul ceto civile nel Regno di Napoli e dei riflessi sulla vita attuale' di Giovanni Maresca | | 'Costruire la Casa. Memoria, investimenti, erudizione di una famiglia tropeana tra XVIII e XIX secolo' di Francesco Campennì | | 'Il sedile di Tropea e alcune considerazioni sul riconoscimento e trattamento dei Patriziati nel Napoletano' di Antonio Toraldo | | 'Per lo sedile denominato Porto Ercole della Città di Tropea. Nel Supremo Tribunale Conservatore della Nobiltà di questa Capitale, e Regno' di Ferdinando di Francia | | 'La Famiglia Caputo' di Salvatore Ferdinando Antonio Caputo | | 'Notizie delle Famiglie Nobili di Tropea desunte dalla Cronaca di P. Francesco Sergio' di Antonio Toraldo | | 'Divagazioni araldiche sullo stemma di casa di Tocco' di Antonio Toraldo | | 'La Famiglia Fazzari' di Bernardo Candida Gonzaga | | 'Le Famiglie Galluppi di Tropea, di Sicilia e di Aix in Provenza' di Goffredo di Crollalanza | | 'Brevi considerazioni sulla nobile famiglia Paparatti' di Umberto Paparatti | | 'La Famiglia Transo e Tranfo' di Candida Gonzaga | | 'La Confraternita dei Bianchi di San Nicola' di Felice Toraldo | | 'I Sindaci di Tropea' di Felice Toraldo |