BIOGRAFIA
Odeporica e medicina: i viaggiatori del Cinquecento e la rinoplastica
di Luigi Monga
Innumerevoli, e talvolta insospettate perfino per gli stessi addetti ai lavori, sono le applicazioni pratiche a cui può condurre l'analisi dei testi odeporici. Talora si tratterà di ovvii rimandi ad intertestualità fatte di luoghi meno noti della letteratura, della storia locale e dell'arte, talaltra di riferimenti meno immediatamente identificabili all'economia o ad avvenimenti di portata puramente locale, di troppo poco conto per essere notati dagli specialisti, ma certo non privi di interesse: in ogni caso, potrà essere ipotizzata la scoperta di elementi che potranno a volte produrre risultati interdisciplinari estremamente utili ed illuminare aspetti oscuri di un mondo solo parzialmente conosciuto. Annoi fa, curando l'edizione del diario del viaggio in Italia di un anonimo viaggiatore francese della fine del Cinquecento1, uno scolion a prima vista insormontabile interruppe il proseguimento del lavoro: dopo aver visitato Malta e la Sicilia, l'estensore del manoscritto, che navigava di conerva da Messina verso Napoli, decise di sbarcare a Tropea perchè aveva "ouy dire plusieurs foys qu'en ladicte ville de Turpie il y avoit ung homme qui faisoit profession de refaire des nedz à ceux qui par maladie ou par aultre accident l'avoint perdu". L'accenno, alquanto vago, sembrava riferirsi ad attività riguardanti la pratica cinquecentesca della medicina. Ricerche piuttosto laboriose, dato il soggetto inconsueto, rivelarono finalmente trattarsi du uno dei fratelli Pietro e Paolo Vianeo. Infatti, fu possibile appurare che fin dagli inizi del Cinquecento la famiglia Vianeo aveva stabilito a Tropea un centro di chirurgia e che durante quasi tutto il resto del secolo aveva monopolizzato le operazioni di rinoplastica in Europa. Una piccola scoperta, questa, che apriva uno spiraglio nel campo affascinante delle relazioni tra odeporica e medicina, soprattutto nell'area della diffusione di nuove tecniche chirurgiche ad opera del viaggiatore (medico, paziente o semplicemente curioso) che le riportava nel suo diario o ne parlava al suo ritorno in patria. Che il turista del Cinque e Seicento considerasse i medici famosi del suo tempo con lo stesso interesse che provava per i gabinetti di curiosità naturali2 o le collezioni di opere d'arte non stupirà il cultore dell'odeporica. Si sa che già Montaigne aveva visitato a Pisa il medico Tommaso Cornacchini, curioso non solo di udire da lui "certe sue rime piacevoli", ma soprattutto per parlargli di medicina e di confidargli i suoi malanni3. John Evelyn si trattenne quasi un mese a Padova per assistere ad una serie di lezioni sull'anatomia, "celebrated with extraordinary apparatus": erano tenute dai due famosi chirurghi Vesling e Leonio4. Evelyn, come del resto numerosi viaggiatori coevi, si dilettava anche a visitare gli ospedali più famosi non solo per ammirarvi medici celeberrimi e l'organizzazione sapiente che avevano saputo creare, ma talvolta anche per una viscerale tendenza anticattolica che gli faceva osservare con una certa soddisfazione a quali sofferenze andavano incontro i pazienti che non riuscivano a sottrarsi ai vizi imperanti in quel diabolico paese ("licentious country") che era l'Italia del suo tempo5. Non si dimenticherà, tuttavia, che l'odeporica può anche assumere la funzione di formazione tecnica per lo stesso chirurgo. Paré dedica ai suoi viaggi tutta un'appendice del suo grande volume sulla chirurgia6 ("Apologie et traicté contenant les voyages faicts en divers lieux"): viaggi intesi come occasioni di esperienze dirette, soprattutto nel contesto storico di campagne militari e di assedi di città, situazioni di emergenza in cui la necessità costringe spesso il chirurgo all'improvvisazione e talvolta, come felice conseguenza diretta, alla scoperta di tecniche innovatrici. Ma il fatto ancora più interessante rimane il metodo di diffusione di queste tecniche. In un'epoca in cui la preparazione scientifica del barbiere-chirurgo è di tipo pragmatico-sperimentale, basterà che egli sappia raccontare a grandi tratti le fasi più salienti dell'operazione perchè altri si senta invogliato a tentarla, per di più, con una percentuale di successo lontana da quella ottenuta dallo stesso inventore della tecnica in questione. Gli esempi di Leonardo Fioravanti e di Jean Griffon, cui si accennerà più sotto, mi sembrano estremamente significativi al riguardo7. Mi sono proposto di analizzare qui alcuni testi odeporici nuovi con altri documenti cinque e seicenteschi già noti, per evidenziare il processo di sviluppo della rinoplastica nell'Italia rinascimentale. Agli storici della medicina di decidere quali siano stati i meriti oggettivi dei chirurghi calabro-siculi del Cinquecento e quale indipendenza si dovrà attribuire all'opera del Tagliacozzi, mi interessa, piuttosto, in questa sede, la percezione che della famosa, quasi mitica, operazione ebbero, soprattutto, i viaggiatori che ne riferirono nei diari e nella corrispondenza. Occorrerà anzitutto precisare rapidamente le ragioni che crearono l'urgenza della chirurgia rinoplastica nella particolare area geografica dell'Italia meridionale. La legge bizantina, che ivi era in vigore fino a Rinascimento inoltrato, comminava l'ablazione del naso ad adulteri e stupratori colti in flagrante delitto8. Quanto alle motivazioni per tale scelta, bisognerà riandare ad una lunga tradizione dalle radici antropologiche non sempre facilmente definibili9. Nel passato, tale mutilazione era stata effettuata esclusivamente per vendetta politica: si usava segnare in questo modo, crudelmente, i re sconfitti. Persino alcuni principi bizantini, rovesciati dal trono, non ne erano andati immuni: così, secondo il Gibbon, Eracleone, Giustiniano II e Leonzio erano "rhinotmeti" (dal naso mozzato)10. Per restare nell'area geografica che ci interessa, la leggenda narra che la prima invasione araba della Sicilia (827) fu diretta dal generale bizantino Eufemio da Messina, che aveva abbandonato la patria in esilio volontario, proprio dopo aver subito questa infamante punizione. Anche alla donna tale punizione veniva assegnata dalle leggi normanne e sveve in vigore in Sicilia, quando essa fosse stata trovata colpevole di adulterio o del delitto di aver prostituito la figlia11. Ovviamente, lo sviluppo di tecniche di chirurgia rinoplastica limitato quasi esclusivamente all'area sicula-calabra fa supporre in tale regione una incidenza relativamente alta di questo tipo di infrazione e di punizione, unita probabilmente ad un numero non indifferente di ferite da duello, nonchè di disfunzioni da sifilide o da lebbra. Ma la notorietà e il successo della cura attirerà in seguito, come si vedrà, un numero elevato di pazienti da altre regioni. Fin dal Quattrocento, il chirurgo catanese Gustavo Branca Minuti (+1449) si era occupato di rinoplastica, ricostruendo le parti mancanti con prelievi di tessuti dalla guancia e dalla fronte12, servendosi di una tecnica già usata secoli in antecedenza da medici indiani13 e mediata, molto probabilmente, da chirurghi arabi14, dato che le opere di medicina di Alcmeone, Ippocrate ed Erasistrato tacciono su questo punto15. Il figlio di Gustavo Branca, Antonio, continuatore dell'arte paterna, aveva modificato radicalmente questa tecnica con il prelevamento di tessuti dalla faccia interna del braccio16. Gli storici coevi non cessano di elogiare i Branca. Pietro Ranzano (1428-1492) chiama Gustavo Branca "chirurgorum omnium qui toto orbe sunt praestantissimus", e aggiunge che il figlio Antonio "pulcherrimo patris invento non parum adjecit. Quippe non solum nares, sed labia et aures mutilatae quaemadmodum resarcirentur exogitavit"17. Etienne Gourmelen definisce Antonio Branca. "Chirurgus quoque paucis comparandus, aurium, narium et labiorum si quae recisa fuerint restitutor18, mentre Bartolomeo Fazio aggiunge, due secoli dopo, che questa terapia, della durata di quindici o venti giorni, ricreava il tessuto mancante del naso "tanto artificio ut vix discerni oculis iuncta posset" la differenza tra i due tessuti19. Tale tecnica venne in seguito incorporata nei manuali quattro-cinquecenteschi ad uso dei chirurghi, come il Buch der Bundth-Ertzney20 e il testo Anatomice, sive Historia corporis humani: ejusdem collectiones medicinales seu aforismi di Alessandro Benedetti21. L'interesse per il procedimento chirurgico usato da Antonio Branca appare già in una lettera del poeta napoletano Eliseo Calenzo (1450-1503), il quale, testimone oculare dell'operazione miracolosa, consigliava all'amico Orpiano di "volare" in Sicilia per farsi rifare dal Branca il naso mutilato22. Mentre, alla morte di Antonio Branca (all'inizio del Cinquecento), un suo allievo Baldassarre Pavone, continuava in Sicilia l'attività del maestro23, Vincenzo Vianeo si trasferiva in Calabria, esercitando la professione di chirurgo a Maida, non lontano da Catanzaro24. A Vincenzo Vianeo25, morto nel 1520, successe il figlio Bernardino26, il quale si stabilì a Tropea, dove i suoi figli, Pietro e Paolo, iniziarono un'attività che ben presto dette alla cittadinanza reputazione internazionale, attirando nella regione medici e pazienti, nonchè gran numero di curiosi. Attorno al 1571 Pietro Vianeo esercitava ancora a Tropea, secondo il Barri27.
Il chirurgo Ambroise Paré (1509-1590)
La fama internazionale dell'attività chirurgica sviluppata dai Vianeo a Tropea è forse indebitata anche verso Ambroise Paré, che la documentò, a partire dal 1561, in alcuni suoi celebri lavori sulla chirurgia28, descrivendo con particolari molto precisi l'operazione di questo "maistre refaiseur de nez perdus":
Il s'est trouvé en Italie un chiurgien qui par son artifice refaisoit des nez de chair en ceste maniere. C'est qu'il coupoit entierement les bords calleux ou cicatrisez du nez perdu comme l'on fait aux becs de lievre: puis faisoit une incision tant grande et profonde qu'il estoit necessaire au milieu du muscle dit biceps, qui est l'un de ceux qui flechist le bras; puis subit faisoit poser le nez en ladite incision et bandoit si bien la teste avec le bras qu'il ne pouvoit vaciller cà ne là; et certains jours après, qui est ordinairement sur le quarantiesme iour, cognoissant l'agglutination du nez avec la chair dudit muscle, en coupoit tant qu'il en falloit pour la portion du nez qui manquoit: en après la faconnoit de sorte qu'il rendoit le nez en figure, grandeur et grosseur qu'il estoit requis, et traittoit ce pendant la playe du bras comme les autres, lors qu'il y a deperdition de substance. Et durant lesdits quarante iours faisoit user à son mallade des panades, pressis et autres viandes faciles à transgloutit, et quant aux remedes desquels il usoit, estoyent de quelques baumes agglutinatifs. Nous avons de ce tesmoignage d'un gentil-homme nommé le Cadet de Sainct Thoan, lequel ayant perdu le nez et porté long temps un d'argent, se fascha pour la remarque, qui n'estoit sans une risée, lors qu'il estoit en compagnie. Et ayant ouy dire qu'il y avoit en italie un maistre refaiseur de nez perdus, s'en alla le trouver, qui le luy refaconna en la manière que dessus, comme une infinité de gens l'ont veu depuis, non sans grande admiration de ceux qui l'avoyent cogneu auparavant avec un nez d'argent. Telle chose n'est impossible, toute fois me semble fort difficile et onereuse au maladee, tant pour le peine de tenir la teste liée long temps avec le bras que pour la douleur des incisions faites aux parties saines, coupant et eslevant portion de la chair du bras pour former le nez; ionct aussi qu'icelle chair n'est de telle temperature ny semblable à celle du nez, et pareillement estant agglutinée et reprise ne peut iamais estre de telle figure et couleur que celle qui estoit auparavant à la portion du nez perdue: aussi les creux des narines ne peuvent estre comme ils estoyent premierement29.
Contemporaneamente al Paré, Andrea Vesalio ricordava la medesima tecnica operatoria nella sua Chirurgia magna, senza tuttavia ricordare le fonti da cui avrebbe potuto essere influenzato, celandosi dietro un "nos" che sembra suggerire una pratica comune presso i colleghi30. Pochi anni dopo, Gerolamo Mercuriale, medico veneziano, non poteva evitare di ricordare i Branca con Tagliacozzi, il quale sembra avesse a portata di mano un certo numero di ex-pazienti, ovviamente ristabiliti in modo perfetto, da esibire ai colleghi di passaggio a Bologna:
Nam in Calabria certum est reperiri qui reficiant nares. Est etiam Bononiae excell. Tagliacotius, qui dum essem Bononiae nuper mihi indicavit duos quibus refecerat nares. Certe res non est usque adeo similis ut non dignoscatur error, at certe multum est. Et spero fore ut in dies ad maiorem perfectionem haec operatio progrediatur31.
Il testo del Mercuriale è tanto più importante in quanto precede una breve descrizione della tecnica usata per rifare il naso:
Modus autem faciendi, ut breviter dicam, est. Scarificant partem naris amputatae et auferunt pelliculam et etiam modicum carnis ex musculo brachii; atque nares ita sacrificatas ponunt arctissime intra illud foramen brachij, atque tam diu in ibi conservandum curant donec et nares et caro brachii sint unitae et conglutinatae, quod ubi factum est, acutissimo gladiolo circuncidunt carmem atque ex ea parte auferunt ablatas nares. Postmodum, gladiolis concinnant et in figuram amissam narium efformant. Demum cannula plumbea aut argentea (ni fallor) nares obtegunt, atque ita curant ut caro illa dura evadat, et veluti cutem faciat. Hanc operationem dicebat Fallopius esse nimis dolorosam, atque praestare habere amputatas nares quam huiusmodi tormentum subire. At ego contra sentio maxime quia res sit abesque periculo et, ut mihi. Tagliacotius retulit, non etiam multorum dierum spatio. Ni fallor, enim dixit sese opus perfecisse minus triginta diebus32.
E per quanto riguarda l'area spagnola, il chirurgo Dionisio Daza Chacòn affermava di aver udito parlare della presenza in Calabria di un "cirujano que restauraba las narices perdidas", poco prima di salpare per Lepanto (7 ottobre 1571) con la flotta di don Giovanni d'Austria33. Quanto ai testimoni oculari dell'operazione, ci soccorre quanto scrive nel suo volume scientifico-autobiografico, Il tesoro della vita umana, Leonardo Fioravanti, medico e viaggiatore bolognese, che era passato in Calabria nel 1548. Là Pietro e Paolo Vianeo, "huomini nobili et facoltosi [...] et cirugici dignissimi, [...] facevano il naso a coloro che per qualche accidente l'havevano perduto":
Ritrovandomi in Turpia benissimo a cavallo et e con un servitore, andai alla casa di questi dui medici, dicendoli che io era gentil'huomo bolognese, et che era andato là a parlar con loro, perchè io havea un parente che alla rotta di Saravalle in Lombardia gli era stato tagliato il naso, combattendo coi nemici, et che desiderava sapere se doveva venir sì o no. Et perchè a Bologna vi era un figliuolo di un Senatore che si chiamava messer Cornelio Albergati, che in tal luoco gli era stato tagliato il naso d'un Stradioto, et costoro già ne havevano havuto nuova per lettere, et così io dissi volerlo aspettare, et ogni giorno andava alla casa di costoro che ne havevano cinque da farli i nasi, et quando volean fare quelle operationi mi chiamavano a vedere, e io fingendo di non poter veder tal cosa, mi voltava con la faccia a dietro, ma gli occhi vedeano benissimo. Et così viddi tutto il secreto, da capo a piedi, et lo imparai. Et l'ordine è questo, cioè la prima cosa che costoro facevano ad uno quando li volevano fare tale operatione lo facevano purgare, et poi nel braccio sinistro tra la spalla et il gombito nel mezo pigliavano quella pelle con una tanaglia, et con una lancetta grande passavano tra la tanaglia et la carne del muscolo, et vi passavano una lenzetta o stricca di tella, e le medicavano fin tanto che quella pelle diventava grossissima. Et come pareva a loro che fosse grossa a bastanza, tagliavano il naso tutto pare, et tagliavano quella pelle ad una banda et la cusivano al naso et lo ligavano con tanto artificio e destrezza, che non si poteva muovere in modo alcuno fintanto che la detta pelle non era saldata insieme col naso. Et saldata che era, la tagliavano a l'altra banda, et scorticavano il labro della bocca, et vi cusivano la detta pelle del braccio, et la medicavano fin tanto che fosse saldata insieme col labro, et poi vi mettevano una forma fatta di metallo, nella quale il naso cresceva a proportione e restava formato, ma alquanto più bianco della faccia, et questo è l'ordine che questi tali tenevano nel fare i nasi. Et io lo imparai tanto bene quanto loro istessi. Et così volendo lo saprei fare, et è una bellissima prattica et grande esperienza34.
Non si mancherà di sottolineare quest'ultimo aspetto di mimesi dell'intervento chirurgico da parte di un testimone, a provare come la diffusione della tecnica non richieda particolare conoscenza in materia: nonostante una certa esagerazione, Fioravanti conosce ora la tecnica della rinoplastica "calabrese" quanto gli stessi chirurghi. Altro testimone oculare di questa operazione delicata, un paziente, Camillo Porzio, che un marito oltraggiato aveva mutilato, in una lettera del 5 luglio 1561 scrive al cardinal Seriprando:
ci ho patiti grandissimi travagli, essendo stato bisogno che si tagliasse nel braccio sinistro duplicata carne della persa, dove si è curata per più di un mese, e poi me l'ha cucita al naso, col quale mi è convenuto tenere attaccato quindici dì il predetto braccio; [...] questa è un'opera incognita degli antichi, ma di tanta eccellenza e tanto meravigliosa che è gran vituperio del presente secolo che per beneficio universale non si pubblichi e non s'impari da tutti i cerusici, essendo che oggi sia ristretta in un solo uomo, il quale [...] fa quel medesimo che l'istessa natura35.
Attorno alla metà del Cinquecento Tropea diventa meta di pellegrinaggio da parte di medici e di pazienti. Si ricorderà almeno Giulio Cesare Aranzio (1530-1589), professore di chirurgia e di anatomia a Bologna e nipote di Bartolomeo Maggi, archiatra di Giulio II. Aranzio passò la tecnica al medico polacco Wojciech Oczko (1537-1599), che era venuto a Bologna da Cracovia nel 1565 per compiervi studi di medicina. Nel suo volume sulla sifilide Oczko ricorda le tecniche di rinoplastica apprese dall'Aranzio, le quali sono molto simili a quelle usate dai Vianeo36. Alle testimonianze di viaggiatori, medici e curiosi, venuti da tutta l'Europa, vorrei aggiungere la testimonianza, finora ignota, almeno in Italia37, di un viaggiatore tedesco, Samuel Kiechel von Kiechelsberg (1513-1619) che si fermò a visitare Tropea tra il 5 e il 6 magio 1587, diretto verso l'Oriente. Ecco la traduzione di quanto scrive Samuel Kiechel, il quale, fermatosi a Parigi per cinque mesi, aveva forse avuto la possibilità di leggere il testo del Paré. In sostanza, non si scosta gran che da quanto avevano scritto pazienti e medici che l'avevano preceduto:
In una piccola città [Tropea] vive un fabbricatore di nasi. Se ad uno viene tagliato il naso in modo che debba rimanere privo per sempre, lui gliene può fare un altro, nuovo di zecca, preso dalla sua stessa carne e formato secondo la forma dell'originale. Non solo ha tentato questo procedimento, ma ha avuto grande successo. Ho sentito che fa un'incisione nel braccio di colui che non ha più il suo naso, fa sanguinare l'area attorno al naso, poi lega il naso al braccio in modo tale che l'uno si attacchi all'altro, il che avviene in circa venti giorni o poco più. Infine forma il naso. Pensate quanto deve soffrire il paziente durante questa operazione. Che Dio preservi a ciascuno il proprio naso!38
Questa ultima testimonianza ci può almeno rendere certi della presenza dell'ultimo Vianeo nel 1587: la sua morte deve quindi situarsi tra il passaggio a Tropea del Kiechel (5-6 maggio 1587) e quello dell'anonimo viaggiatore francese dei Discours viatiques citati, il quale afferma ai primi di maggio del 1589 che l'ultimo chirurgo di Tropea era morto "depuis peu de temps" e che "sa femme qui faisoit la mesme profession [...] n'estoit si habile que son deffunct mary" (p. 164). Tale terminus a quo è confermato da uno studente di Tagliacozzi, Giovanni Battista Cortesi, che recandosi nel 1599 a Messina dove era stato eletto professore e passando da Tropea, sosteneva che l'arte di rifare i nasi era ormai del tutto dimenticata nella regione:
Dum Turpiam transiremus, intelleximus Petrum Boianum et suos obiisse, vidimusque illam forcipem qua utebantur in hac peragenda actione ex una tantum parte perforatam, unde coacti erant sctionem hanc bis repetere. Sed hi, tamquam primi inventores imaturaque forte morte praeventi non potuerunt ad perfectionem hoc inventum perducere, quod postea Taliacotius ad hanc formam commodiorem et elegantiorem redegit39.
Lo scienziato inglese John Ray
Pochi anni dopo, uno scienziato inglese, John Ray, fermatosi a Tropea, vi raccoglieva solo esemplari rari di flora locale, la memoria dei Vianeo essendo completamente svanita40. Ma è anche probabile che a quest'epoca la prassi punitiva dell'adulterio fosse stata ridotta, ufficialmente, a metodi meno brutali. Il ricordo dei chirurghi tropeensi continuerà nei testi di medicina. Gabriele Falloppio scrive alla fine del Cinquecento:"Sunt tamen quidem in Calabria qui solent efformare nares amputatas", e offrirà una volta di più la descrizione del metodo usato, descrizione che non si allontana di molto da quelle già lette, se non nella conclusione negativa. Si tratta di un processo alquanto lungo, afferma Falloppio ("negotium hoc est aliquando trium mensium, aliquando sex, aliquando anni integri"), e di un'operazione tanto dolorosa che, per quanto lo riguarda, lo scienziato italiano preferirebbe vivere senza naso o con un naso posticcio:"ego teneo quod maximus est cruciatus et vellem totum ammittere nasum potius quan hunc subire laborem. Moneo ut potius utatur fictitio naso quam isthaec subire tormenta"41.
Finalmente, tra gli ultimi scrittori dell'epoca che trattarono di questo tema, Tommaso Campanella, parenteticamente ed ex absurdo, descrive le conseguenze di una inverosimile operazione, in cui alla morte di uno schiavo che aveva donato al padrone il proprio naso in cambio della libertà, il naso dell'ex-padrone finisce pure per morire. Il filosofo napoletano definisce l'operazione "magia tropiensium", in un passaggio del De sensu rerum et magia che val la pena ricordare, nonostante l'idea del "donatore" di un organo fosse all'epoca ancora un sogno irrealizzabile42:
Vir neapolitanus cui amputatus fuerat nasus emit mancipium promittendo illi libertatem, si sineret nasum refici ex carne brachii illius secundum magiam Calabrorum Tropiensium quae in 40 diebus hoc opus explet. Refectus est nasus, liberatus servus, sed post tres [annos], mortuus est morbo consueto, et simul particula nasi in hero coepit languere, et mortua est et computruit eodem tempore et ordine, quo servus. Quaerit ad me amicus cujusnam, anima vivebat nasi particula, servine an domini? Si domini, quare mortua est, mortuo servo? Si servi, quare vivebat ab eo separatim? Cum quaecumque recisa membra intereant?
E' questa del Campanella, forse l'ultima testimonianza cinquecentesca della magica operazione dei chirurghi di Tropea, tanto più importante quanto da lui personalmente osservata, se è lecito credere a quanto scrive nei Medicinalia: "Quorum refectos [dai calabresi] vidi multos, ex proprii brachii interiori musculo, non alieni; quando enim illi moritur, moritur et particula nasi ex ejus carne refecta, ut diximus in 4 lib. De sensu rerum"43. Quando Gaspare Tagliacozzi pubblicherà il De curtorum chirurgia per insitionem44, lo studio definitivo sulla rinoplastica cinquecentesca, indirizzandosi agli addetti ai lavori nella lingua usata dagli uomini di scienza dell'epoca, affermerà di aver avuto l'idea di questa operazione "ex agrorum cultura", dagli innesti, cioè, operati in agricoltura. Si sbarazzerà con una certa insolenza dei Vianeo, senza nemmeno nominarli, poichè si trattava di chirurghi di second'ordine, del tutto privi della preparazione universitaria che lui, Tagliacozzi, possedeva: "quosdam in Calabria, qui usu potius anormi et fortuito, quam ratione confirmato, hanc artem, si tam ars dicenda est". Più grave, tuttavia, sembra l'aver taciuto il suo debito verso Giulio Cesare Aranzio, suo maestro e predecessore a Bologna. Sembra certa, inoltre, la mediazione di Leonardo Fioravanti, che aveva comunicato al Tagliacozzi quanto era venuto a conoscere delle tecniche usate dai Vianeo, empiriche finchè si vuole, ma certo efficaci45. Nonostante permanga tra alcuni studiosi un certo senso di disagio riguardo al modo con cui Tagliacozzi si era sbarazzato del suo debito verso i predecessori46, si deve al chirurgo bolognese il merito di avere lasciato una documentazione metodologicamente precisa, fatta con impeccabile terminologia medica e arricchita da numerose illustrazioni, sulla tecnica della chirurgia rinoplastica che, altrimenti, sarebbe forse andata irrimediabilmente perduta. A questo punto, per restare in tema odeporico, non sarebbe privo di interesse notare come i viaggiatori di passaggio a Bologna ripetano di aver avuto la fortuna di osservare de visu la tecnica della rinoplastica sviluppata dal celebre Tagliacozzi. Basterà il nome di Johann Heinrich von Pflaumern: "In alia videas monumentum Gaspari Taliacotio viventi honoris ergo positum. Inaudita is vir medendi ratione praestabat: labra, nares, aures hominibus quibus deessent, reponebat adeo solerter, ut proxime miraculum ars esset47." Ancora una volta, è in una guida al viaggiatore che troviamo il nome del medico famoso, onorato con una statua che commemora per i posteri la "miracolosa" tecnica operatoria che lo ha reso celebre in tutto il mondo, nonostante l'appropriazione indebita di quanto già i Vianeo avevano offerto ai contemporanei: "non [...] sine evidenti auxilio Turpiensium medicorum, ex Boiana familia natorum, opere est executus", come affermava Giovanni Battista Cortesi (p. 83). D'ora innanzi il Tagliacozzi sarà considerato, per usare l'espressione del medico tedesco Wilhelm von Hilde, "hujus operationis et curationis primus inventor", proprio perchè "operationem hance et curationem chirurgicam nobilissimam [...] primus scriptis posteritati reliquit"48. Ma è con van Hilde che è possibile verificare la funzione del medico-viagiatore che riferisce quanto ha osservato ad altri chirurghi: a loro volta, essi saranno tentati di sperimentare sui loro pazienti la possibilità di operare tale miracolo. Von Hilde narra come a Losanna Jean Griffon nel 1592 abbia praticato con successo questa operazione su una fanciulla il cui viso era stato deturpato da un gruppo di soldati brutali: "Dominus Griffonius vero ex cujusdam peregrini Itali Lausannam transeuntis et a Domino Casparo Taliacotio curati relatione, nonnulla primordia habuerat, reliqua sua industria, etiamsi talibus operationibus numquam interfuisset, nec scripta Dn. Taliacotii hac de operatione exstitisse perfecit". Così continua quest'altro compito dell'odeporica rinascimentale, forse meno noto agli stessi specialisti: testo scritto (diario o lettera che sia) e racconto orale rivestono nella storia della medicina del Cinque e Seicento una funzione, si direbbe, di pubblicità e di autopropaganda, ma anche e soprattutto di diffusione di nuove tecniche chirurgiche, funzione paragonabile a quella delle odierne riviste scientifiche. In un'epoca in cui la scienza moderna muove i primi passi, il colporteur de nouvelles che si autoracconta non è più ridotto ad essere esclusivamente narratore affascinante di cose e persone lontane, ma al tempo stesso si rivela precursore del giornalista/volgarizzatore scientifico e anche dell'uomo di scienza contemporaneo che presenta i suoi esperimenti ai colleghi su una rivista specializzata o di alta divulgazione: funzioni, queste, lo si dovrà ammettere, del tutto inaspettate persino da parte degli stessi cultori dell'odeporica.
NOTE 1 Discours viatiques de Paris à Rome et de Rome à Naples et Sicile (Genève: Slatkine, 1983), "Biblioteca del Viaggio in Italia", n. 15, si vedano soprattutto le pp. 163-164 e 266-268. 2 Per restare nell'area dell'Italia meridionale, basterà ricordare i gabinetti di storia naturale dei fratelli Della Porta e di Ferrante Imperato, che costituirono una tappa obbligata per il turista intelligente del Cinque e Seicento di passaggio a Napoli: Nicolas Peiresc, per esempio, li visitò entrambi. A questo proposito, l'indagine delle varianti che appaiono nei successivi testi odeporici che si riferiscono a queste istituzioni private è estremamente utile per analizzare la storia del gusto estetico e dell'interesse per le mirabilia naturali raccolte (ma spesso fabbricate ad arte) dai dotti amatori di curiosità: se ne vedrà un abbozzo nelle note dei miei succitati Discours viatiques, pp. 239-240. 3 Journal de voyage en Italie, éd. Ch. Dédéyan (Parigi: Les Belles Lettres, 1946), p. 365. 4 Kalendarium, ed. E. S. de Beer (Oxford: Clarendon Press, 1955), p.475. 5 Op. cit., p. 476. 6 Oeuvres, facsimile dell'edizione del 1585 (Parigi: G. Buon), riedita a Lione dalle Editions du Fleuve, s. d.. 7 Si vedano qui sotto, rispettivamente a p. 383 e 387, i testi in questione, senza dimenticare, naturalmente, che la segretezza di cui in genere amavano circondarsi molti chirurghi può aver vieppiù diminuito il numero dei testi arrivati fino a noi (tale reticenza si noterà, parenteticamente, anche nel testo del Fioravanti citato più avanti). 8 La pena di morte, prevista originalmente dalle costituzioni di Giustiniano, veniva spesso sostituita con punizioni meno drastiche, come mutilazioni di membra o rimozione forzata degli adulteri in un convento. La disposizione sull'adulterio che interessa il nostro caso è contenuta nell'Egloga XVII, 27, la quale stabilisce che ad ambedue i colpevoli di adulterio sia comminata la pena dell'ablazione del naso (si vedano, tra i numerosi saggi sull'argomento, Fausto Gloria, Studi sul matrimonio dell'adultera nel diritto costituzionale giustinianeo e bizantino. Torino: Giappichelli, 1975, pp. 28-30, 153-174, 201-210; Bernhard Sinogowitz, Studien zum Strafrecht des Ekloge. Atene: Demosieumata Akademias Athenon, 1956, pp. 79-81). 9 La "nasalità" solleva questioni e pone problemi filologici, non solamente fisiologici. Antica quanto il mondo è la relazione (ipotizzata a livello folkloristico) esistente tra la lunghezza del naso e quella del pene. Tale relazione non è fondata, come si sarebbe tentati di credere, su influenze risalenti ai Physiognomonikà dello pseudo-Aristotele (già lo aveva creduto Edith C. Evans, "Physiognomics in the Ancient World", Transactions of the American Philosophical Society, LIV [1969], 54); infatti il testo dello pseudo-Aristotele parte dal principio che "i caratteri psicologici (dianoiai) dipendono dalle caratteristiche somatiche (somata)" dell'individuo (I, 1). Del resto, tutti i testi antichi, greci, latini e persino arabi (il Physiognomonikon di Polemone è noto solo attraverso una versione araba, poi tradotta in latino) non parlano direttamente di una relazione o proporzione tra le diverse parti del corpo, limitandosi a collegare le caratteristiche anatomiche con il carattere psicologico e morale dell'individuo: per Polemone, come per lo pseudo-Aristotele (VI, 4), anzi, è il naso camuso a significare frenetica attività sessuale ("nasus... simus scortationem et rei venereae amorem prodit"", cap. 26, si vedrà il passaggio nell'edizione di G. Hoffmann contenuta nei due volumi di Scriptores physiognomonici graeci et latini, curati da Richard Foerster. Lipsia: B. G. Teubner, 1893, I, 228). Gli scritti pseudoaristotelici conosciuti nel medioevo definiscono "nobilissimus nasorum" quello "longus, sed non nimis longus...: hoc est signum intellectus et prudentiae" (Physiognomoniae secreti secretorum pseudoaristotelici in Scriptores, cit., II, 204). Parrebbe, quindi, che la relazione anatomica di cui stiamo trattando in questa sede sia di derivazione più tardiva, facente parte del folklore bizantino e medievale. In effetti, tra i precetti della Scuola Salernitana si dichiarava "Ad formam nasi dignoscitur hasta Priapi" (Flos medicinae schole Salerni in Salvatore De Renzi, Collectio Salernitana [Napoli: Filiatre-Sebesio, 1859], V, 51). In sede letteraria, evitando cioè di sceverare tra la messe abbondantissima di intertestualità della letteratura internazionale, per limitarci alle letterature più note, si dovrà partire dal testo di Catullo (13: "Cenabis bene"), il quale parrebbe proprio sottolineare tale relazione, almeno secondo taluni critici (R. J. Littman, "The Unguent of Venus: Catullus 13 "Latomus 36 [1977], 123-128; J. P. Hallett, "Divine Unction: Some Further Thoughts on Catullus 13, "Latomus 37 [1978], 747-748), si approderà infine, per restare nell'area rinascimentale, alla ben nota citazione di Rabelais: "Ad formam nasi cognoscitur ad te levavi" (Gargantua, cap xl). Questi non fa che ripetere, con una variante eufemistica, il detto succitato dai salernitani; alla formula rabelaisiana si dovrà aggiungere quella dell'umanista Ludovico Ricchieri, più noto sotto lo pseudonimo di Celio Rodigino: "Dicuntur nasati viriliores, ac belle mutationati" (Antiquae lectiones, Milano, 1516, XIV, 60). Quanto all'ablazione del naso come metafora della castrazione vera e propria, si vedano Virgilio (Eneide, VI, 497) e Marziale (II, 83), ma si tratta, soprattutto nel caso di quest'ultimo, di mutilazione di adultero operata da mariti traditi, al di fuori delle norme legislative dell'epoca. Il tema del nasuto/virile aveva già goduto un discreto successo nella farsa medievale francese ("J'ay ouy dire à maistre Mengin / Q'il avoit le plus bel engin / Que jamais enfant peult porter: / Il ne s'en fault que rapporter / A son nez, voylà qui l'enseigne", Farce de maistre Mimin in Ancien théatre francais. Paris: Jeannet, 1854, II, 339). Nella letteratura scientifica rinascimentale, il simbolismo fallico è ampiamente trattato da Giovanni Battista Della Porta nel suo Physiognomonia del 1586. Questi è il primo ad asserire con sicurezza scientifica: "Nasus correspondet praeputio: nam quibus longus et crassus, eadem mutonis forma, sic si acutus, vel crassus, vel brevis. Sic narium qualitas respondet testiculis. Nasati apud Lampridium viriliores ac belle mutationati censentur. Unde paroemia de nasatorum peculio vulgo trita: nasi magnitudine mutonis concipi qualitatem" (cito dall'edizione di Francoforte [apud N. Hoffmannum, 1618, II. ix, p. 110]; se ne veda una traduzione moderna, Della fisionomia dell'uomo, presentata da M. Cicognani [Milano, Longanesi: 1971]). Il detto "il naso risponde alla verga" assume con il Della Porta importanza e valore nettamente scientifici. Qualche anno prima della pubblicazione del testo del Della Porta, tuttavia, Laurent Joubert aveva decisamente negato ogni relazione proporzionale tra elementi anatomici nel "campo" maschile come in quello femminile (Erreurs populaires et propos vulgaires touchant la médecine: "la proportion des membres n'est observée en tous, plusieurs ont une belle trompe de nez qui sont camus du reste et plusieurs camus du nez sont bien apointés du membre principal" (Bordeaux, 1578, V, iv). Nella letteratura inglese, dopo gli esempi di Chaucer ("Wife of Bath" III, 619-620, "Reeve's Tale" I, 3973-3974), si potrà analizzare un certo numero di testi di Shakespeare, il quale pure usa il naso in funzione eufemistica (Anthony and Cleopatra, I, ii, 56-59; Macbeth, III, iii, 27-28), senza tuttavia dimenticare Laurence Sterne che si servirà di questo topos nel Tristram Shandy (III, 33). E, per finire, non si potrà dimenticare l'analogia creata recentemente dall'attore cinematografico Steve Martin nel film Roxanne, in cui, facendo il verso al ben più celebre monologo del Cyrano de Bergerac (1897) di Edmond Rostand, concludeva: "With that nose you can satisfy two women at the same time." Un'analisi generale, soprattutto degli aspetti iconografici di questo problema, si trova nello studio di Alfred David, "An Iconography of Noses: Directions in the History of a Physical Stereotype" in Jane Chance and R. O. Wells, Mapping the Cosmos (Houston: Rice University Press, 1985), pp. 76-97. A questo rigurado non si dovrà dimentivare l'esistenza di graffiti di epoca romana che davano al naso del soggetto caricaturato un'apparenza decisamente fallica (Corpus inscriptionum latinarum, IV, 7248, Graffiti del Palatino, a cura di V. Vaananen, Helsinki, 1966, II, n° 36, p. 128). 10 Edward Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, cap. 48. La punizione dell'ablazione nella storia umana del naso è antica quanto l'umanità stessa: ne parlano già Marco Giuniano Giustino nel De historiis philippicis (lib. XV) e Diodoro Siculo nella Bibliotheca Historica(I, 60). Per quest'ultimo la punizione che Actisane, re degli Etiopi, aveva istitito dopo la conquista dell'Egitto, impediva il reinserimento nella società dei colpevoli di vari delitti. La mancanza del naso è considerata "irregularitas ex defectu" dal Diritto Canonico medievale. Visigoti, Longobardi e altre popolazioni barbare consideravano l'ablazione del naso una tra le più efferate punizioni da infliggere. Heinrich Haeser cita come causa prossima dell'incremento della chirurgia plastica nel Cinquecento una legge promulgata da Sisto V che decretava non più il marchio, ma l'ablazione del naso ai colpevoli di furto (Lehrbuch der Geschichte der Medizin. Jena: Mauke, 1853, p.493): secondo il Corradi, tuttavia, la cosa sembra poco probabile (art. cit., p. 252, n. 6). Tra i personaggi che persero il naso in un duello non si dimenticherà l'astronomo danese Tycho Brahe (1546-1601), il quale, piuttosto che farselo rifare, preferì sostituirlo con un naso artificiale fabbricato con una lega di rame. 11 Si vedano i testi delle costituzioni sicule, raccolti nel lungo saggio di Alfonso Corradi, "Dell'antica autoplastica italiana", in Memorie del Reale Istituto lombardo di scienze e lettere. Classe di scienze matematiche e naturali, ser. III, vol. XIII (1877), p. 263, n. 3. 12 V. Piazza Martini, "Gustavo e Antonio Branca de Minutis da Catania e la chirurgia plastica in Sicilia", Bollettino dell'Istituto Storico italiano di Arte Sanitaria, n. 2 (1929), Santi Correnti, Cultura siciliana di ieri e di oggi (Catania: Muglia, 1974), p. 50. 13 Anche nell'area del subcontinente indiano l'ablazione del naso era la punizione tipica comminata agli adulteri. Per le tecniche chirurgiche escogitate dagli indiani, si veda Manava-dharma-Sestra, "Lois de Manou", in Les Livres sacrés de l'òrient, trad. du sanscrit par A. Loiseleur Deslongchamps (Parigi: Société du Panthéon littéraire, 1842), pp. 331ss e il Susruta samhita, ed. Kunja Lal Bishagratna (Calcutta, 1906), I, 147. 14 Cfr. Pietro Capparoni in Profili bio-bibliografici di medici e naturalisti italiani celebri dal sec. XV al sec. XVIII (Roma: Istituto nazionale medico farmacologico "Serono", 1926), s. v. "Tagliacozzi", I, 51. 15 Tra i medici latini, Celso (De medicina, VII, 9 e 25) e Galeno (Methodus medendi, XIV, 16) suggeriscono di riportare il tessuto della guancia per creare il naso mancante. 16Si rimanda ancora una volta al lavoro fondamentale sulla storia della rinoplastica (chiamata "autoplastica", in quanto donatore e recipiente sono la stessa persona), il saggio già citato di Alfonso Corradi, "Dell'antica autoplastica italiana", in Memorie del Reale Istituto lombardo di scienze e lettere. Classe di scienze matematiche e naturali, ser. III, vol. XIII (1877), 225-273. Chi ha trattato questo tema nel Novecento si è in genere servito abbondantemente del materiale pazientemente raccolto dal Corradi, talvolta senza citare la fonte originale, spesso anzi travisando nomi e citazioni. Il saggio più accessibile resta tuttora quello di Martha Teach Gnudi e Jerome Pierce Webster, The Life and Times of Gaspare Tagliacozzi (Milano: Hoepli, New York: H. Reichner, 1950). Per quanto riguarda la storia della rinoplastica, si veda anche: A. Castiglioni, Storia della medicina, Milano, Mondadori, 1949 e il trattamento di Arpad Fischer, "Rapporti tecnico-chirurgici in rinoplatica", Collana di pagine di storia della medicina (1969), 79-90. Il saggio di Augusto Gallassi, "La storia della rinoplastica dai Branca ai Vianeo e a Gaspare Tagliacozzi", Minerva chirurgica, X (1955), 1000-1005, benchè ricco di informazioni, manca spesso di accuratezza, soprattutto nelle citazioni e nella bibliografia. Breve, ma ben fatto, è lo studio di L. Calzolari, "The Italian Plastic Surgery of the 14th Century", Panminerva medica, II (1969), 1-3; si veda anche D. Tripodi, "Sull'arte di acconciare i nasi: I Vianeo e la Magia Tropaeensium", Valsalva, XLIV (1968), 54-56. 17 Il passaggio del Ranzano, tratto dai suoi fantomatici Annales mundi (ad annum 1442), è noto da una citazione di Alfonso Corradi, nel saggio citato "Dell'antica autoplastica italiana". Ne parla anche Antonino Mungitore nella sua prefazione ("Divertimenti geniali, osservazioni e giunte") al volume di Vincenzo Auria, Sicilia inventrice (Palermo, Felice Marino, 1704), cap. vi. Sono grato all'amico Rosario Trovato dell'Università di Catania per aver corretto alcuni degli errori in cui sono incorsi gli storici della rinoplastica, tra i quali l'attribuzione all'Auria del testo del Mungitore e il fatto che gli Annales mundi sono forse gli Annales omnium temporum del Ranzano (spesso chiamato anche Ransano), conservati fino al 1881 nel convento dei Domenicani di Palermo, ma in seguito dispersi. 18 Chirurgicae artis ex Hippocratis et aliorum veterum medicorum decretis ad rationis normam redactae libri tres (Parigi, Gillius, 1580), I, 73. 19 De viris illustribus (ediz. 1795), p. 38. La citazione è nota attraverso la Storia della letteratura italiana di Gerolamo Tiraboschi (Modena: F. Moucke, 1780, XVI, 75-76), il quale così la riporta: "Singulari quoque memoria dignos putavi, et in hunc numerum [dei medici famosi] referendos Brancam patrem et filium, siculos chirurgicos egregios, quonam modo defectos mutilatosque nasos reformaret, suppleretque quae omnia mira arte componebat. Ceterum Antonius eius filius pulcherrimo patris invento non parum adiecit. Nam praeter nares, quo nam modo labia et aures mutilatae resarcirentur excogitavit. Praeterea quod carnis pater secabat pro sufficiendo naso ex illius ore qui mutilatus esset ipse ex eiusdem lacerto detruncabat, ita ut nulla oris deformitas sequeretur, in secto lacerto et in eo vulnure infixis mutilati nasi reliquiis usque arctissime adeo, ne mutilato commovendi quopiam capitis potestas esset, post quintum decimum, interdum vicessimum diem carnunculam quae naso cohaeserat desectam paulatim, postea cultro circumcisam in nares reformabat tanto artificio ut vix discerni oculis iunctam posset, omni oris deformitate penitus sublata. Multa vulnera sanavit quae nulla arte out ope medica sanari posse videbantur". 20 Compilato attorno al 1460 ed edito da H. Haeser e A. Middledorpf (Berlino: Reimer, 1868). Una breve citazione sembrerebbe chiarire le relazioni tra questo manuale e la rinoplastica siciliana: "Ein wall hath mich das gelemth, der garvil leuten do mith geholffen hath, und vil geldes do mith verdieneth" ("un italiano mi ha insegnato ciò, uno che ha in questo modo aiutato molte persone e ha così guadagnato molto denaro", p. 31. 21 Aetate nostra narium deformitatem cohonestari docuere ingenia, carunculam e brachi suo concisam ad narium formam conseri addique trunco naso saepe visum est. Summam enim cutem brachii novacula excidunt, facto vulnere, abrasis si opus est, naribus vel noviter abscissis capiti brachium deligant ut vulnus vulneri cohaereat conglutinatis vulneribus e brachio tantum cultello demunt quantum instaurari conveniat [...]. Id additamentum hyemis vehementiam vix sustinet et curationis initio nasum ne prehendant, moneo ne sequatur" (Parigi: H. Estienne, 1514, pp. 51 r-v). 22 "Orpiane, si tibi nasum restitui vis, ad me veni. Profecto res est apud homines mira. Branca siculus, ingenio vir egregio, didicit nares inserere, quas vel de brachio reficit vel de servis mutuatas impingit. Hoc ubi vidi, decrevi ad te scribere, nihil existimans charius esse posse. Quod si veneris, scito te domum cum grandi quantumvis naso rediturum. Vola" ("Epistola ad Orpianum" in Opuscula Elisii Calentii poetae clarissimi [Roma, 1503], lettera 62, f Bv). Il testo appare anche nel volume citato di Etienne Gourmelen, p. 75. 23 Gerolamo Renda-Ragusa, Siciliae Bibliotheca vetus (Roma. T. Bernabò, 1700), cap. Lxii. 24 Gabriello Barri nel De antiquitate et situ Calabriae (Roma: De Angelis, 1571) descrive il Vianeo come "medicus chirurgus qui praeter coetera, minus labia et nasos mutilos integritate restituit". Il testo appare anche nel volume Italiae illustratae, seu rerum urbiumque italicarum scriptores varii, notae melioris (Francoforte: A. Schott, 1600, col. 1066). 25 Il patronimico subisce nel corso dei secoli parecchie alterazioni, di cui Vianei, Voiani, Boiano, Foiano sembrano essere le varianti più note. Così, nel 1736 Alessandro Campese parlerà di "Roberto Voiano" e del fratello Pietro" (citato in Michele Paladini, Notizie sulla città di Tropea. Catania: L. Rizzo, 1930). 26 Non solo il cognome dei Vianeo presenta varianti importanti, ma anche i nomi dei discendenti di Vincenzo appaiono talvolta confusi nei documenti degli storici calabresi. 27 Op. cit.: "Vivit modo hujus urbis civis, Petrus Vianeus, medicus chirurgus, qui praeter caetera, labia et nasos mutilos integritate restituit". Ferdinando Ughelli scrive: "Hinc [da Tropea] nuper fuit Petrus ioneus chirurgus, qui labia et nasos mutilos integritate donavit" (Italia sacra. Roma: V. Mascardi, 1662, IX, 626). 28 Cito dall'edizione delle Oeuvres del 1585 (Parigi: G. Buon), riedita in facsimile a Lione dalle Editions du Fleuve (s. d.). La prima parte del testo qui sotto citato del Paré appare già nel Traicté des playes de la teste del 1561, mentre l'episodio del "cadet de Saint-Thoan" è nella prima edizione (1575) delle Oeuvres. Poichè Gaspare Tagliacozzi non poteva essere chiamato "maistre" chirurgo prima del 1575, sembra probabile che il Paré abbia voluto riferirsi a Pietro Vianeo. 29 Oeuvres complètes, ed. cit., p. 908. 30 Venetiis, ex officina Valgrisiana, 1568, pp. 166v-168r. 31 De morbis cutaneis et de omnibus corporis humani excrementis [...] quibus accessit [...] pulcherrimus tractatus De decoratione (Venezia: P. Meietto, 1585), p. 23 del "De decoratione" (paginato separatamente). 32 Op. cit., pp. 23-24. 33 Pràctica y teòrica de cirujia en romance y en latin (Madrid: Martin, 1626), II, 278. 34 Venezia: Melchior Sessa, 1582, II, xxvii. Più avanti, lo stesso Fioravanti narra di aver attaccato lui stesso ad Andres Gutiero il naso reciso da un fendente e caduto a terra. "io...che havea in mano il naso reciso tutto pieno di arena, li pisciai suso, et lavato col piscio gli lo attaccai, et lo coscì benissimo, et lo medicai col balsamo, et lo infasciai, et lo feci stare così otto giorni, credendo che si dovesse marcire: nondimeno quando lo sligai, trovai che era attaccato benissimo,... e fu sano e libero, che tutto Napoli ne restò maravigliato; et questo fu pur verità, et il S. Andres lo può raccontare, perchè è ancor vivo e sano" (Ibid.). 35 L'historia d'Italia nell'anno MDXLVII e la descrizione del regno di Napoli (rist. Napoli: Tramater, 1839). 36 Non si è certi che l'Aranzio si fosse mai recato in Calabria: in ogni caso, sui legami tra l'Aranzio e il Fioravanti, si veda il succitato studio di Arpad Fischer, "Rapporti tecnico-chirurgici in rinoplastica". Il lavoro di Wojciech Oczko è Przymiot i Cieplice (Cracovia, 1581 [repr. Varsavia: Nakladem Towarzistwa lekarskiego warsawskiego, 1881], pp. 193-194). Cfr. anche E. Dall'Osso, "Giulio Cesare Aranzio e la rinoplastica", Annali di medicina navale e tropicale, LXI (1956), 617-627. 37 Sono grato della segnalazione alla collega Beate Riedle Stock, che ne scrisse nella sua tesi "Untersuchungen zur Kunst Neapels in Reiseberichten von 1550 zu 1750" sostenuta all'università di Monaco nel 1977. 38 In gemelten stattlin wohnet ein nasenmacher; do einem due nasenn abgehauen, das er derselbigen jahr und tag enthrathen musen, kan er ime ein andere, frische oder neye nasen von seinem selbsteignen fleisch machen und, als sich gebuert, ihrer gestalt nach formiren, wolches er an iren vilen nicht allein probirt, sondem auch in werckh volviert. Als ich dovon habe sagen heren, schneude er demjhenigen, so kein nasen, ein wunden in dessen arm, stummelt ime due nasen, bus frusch blut hernach geth, als dann bunde er due nasen auf dem arm, solle eines des ander annehmenn, wolches ottlich und swanzig tag lanng wehret, bus er due nasen formiert, dobey abzunemmen, was der patient fur ein schmerzen un leiden due zeutt ober austohn musse. Gott bewahre yedem seine nassenn!" (Die Reisen des Samuel Kiechel, herausgegeben von Dr. K. D. Haszler. Stuttgart: "Litteraricher Verein", 1866). Ringrazio l'amico Hans-Joachim Schultz per avermi aiutato a destreggiarmi nel linguaggio antiquato e disadorno del Kiechel. 39 G. B. Cortesi, Miscellaneorum medicinalium decades denae (Messina: P. Brea, 1625, p. 85). Lo stesso scrittore, nell'introduzione "Ad lectorem", descrivendo l'operazione da lui eseguita sul palermitano don Federico Ventimiglia, afferma di aver visto, altra volta, a Tropea, la stessa operazione: "ea enim quae Tropienses hujus artis instauratores usurpabant, mihi olim Tropiam transeunti, valde rudia visa sunt". Del Cortesi si veda pure il Tractatus de vulneribus capitis (Messina, 1639), II, 4. Il Cortesi, che aveva studiato a Bologna sotto il Tagliacozzi, tenne per molti anni la cattedra di anatomia all'università di Messina, finendo la carriera universitaria proprio a Bologna, sostituendo l'antico maestro. 40 John Ray, che viaggiò in Italia tra il 1663 e il 1666, scrive. "We departed from Messina, taking a feluca for Naples. The first night we lodged a Tropia, a small town in Calabria about 60 miles distant from Messina. Heer we observed growing on the rocks near the town Ziziphus sive Jujuba sulv. (NdE: sono le giuggiole, 'zinzuli' in dialetto tropeano) Park, Conyza minor vera, Ger., Androsaemum foetidum. Park, i. e. Tragium, besides many others which we had before found in Sicily" (Observations topographical, moral, and geographical made in a journey through part of the Low-Countries, Germany, Italy, and France. Londra: John Martin, 1673, p. 318). 41 Gabriele Falloppio, Opera genuina (Venezia. A e J. De Franciscis, 1606), III, 119v ("De decoratione", cap. X); l'autore ne parla anche nel "De vulneribus". "Sunt aliqui in Calabria qui solent efformare nares amputatas" (II, 368-369). 42 Parigi: D. Bechet, 1637, IV, cap. xi, p. 180. Un'eco di questa disputa si troverà nel poema Hudibras di Samuel Butler: "So learned Taliacotius from / The brawny part of porter's bum / Cut supplemental noses, which / Would last as long as parent breech: / But when the date of Nock was out, / Off drop the sympatheric snout" (Londra: F. G. for Richard Marriot, 1663, canto I, vv. 281-286). si veda anche la commedia The Tatler, or The Lucubrations di Isaac Bickerstaffe (1735-1812). 43 Medicinalia juxta propria principia in Opera, cit., VI, viii, v. 44 Venezia, R. Meietto, 1597, l'anno seguente il trattato del Tagliacozzi veniva pubblicato in Germania, a Francoforte, con il titolo Chirurgia nova de narium, aurium, labiorumque defecta per insitionem cutis ex humero, arcte hactens omnibus ignota, sarciendo. 45 G. B. Cortesi afferma che il Tagliacozzi "ars curtorum reficiendorum a Petro Boiani summum principium traxit, a cujus familia successa temporis ad manus Tagliacotii viri doctissimi atque famosissimi translata est" (Miscellaneorum medicinalium decades duae, cit., p. 25). 46 Tra i vari contatti che si possono ipotizzare tra Bologna e Tropea nel corso del Cinquecento, non sarà fuori luogo ricordare anche la presenza nella città calabra, dal 1556 al 1558, di un vescovo, Giovanni Matteo Lucchi, di origine bolognese (F. Ughelli, Italia sacra, cit., IX, 661). 47 Mercurius italicus, hospiti fidus per Italiae praecipuas regiones et urbes dux, indicans, explicans quaecumque in iis sunt visu ac scitu digna (Lione: P. Anard, 1628), p. 110. 48 Guilhelmus Fabricius Hildanus, Opera quae extant omnia (Francoforte: J. L. Dufour, 1682, observ. xxxi, p. 214).