I VIANEO E GASPARE TAGLIACOZZI Lo sviluppo della Rinoplastica nel XVI Secolo
di Silvia Marinozzi (1999)
Nel capitolo L'arte della rinoplastica nell'Italia del Rinascimento1 A. Tedesco e R. La Rosa ripercorrono brevemente la storia della rinoplastica a partire dai chirurghi indiani del 1300-1200 a. C., che eseguivano interventi di chirurgia ricostruttiva del naso, tagliato per le feroci punizioni inflitte a coloro che si erano macchiati del reato di adulterio, sino alle moderne tecniche diagnostiche e chirurgiche. Gli autori delineano, inoltre, un quadro completo dell'anatomia, della fisiologia e delle patologie ed inestetismi del naso. Se in India i chirurghi, già nel XIII secolo a. C., praticavano la ricostruzione del naso utilizzando il sitena del prelievo di tessuto dalla fronte o dalle guance, in Occidente troviamo cenni sulla chirurgia plastica facciale nei testi di medicina romana: A. Cornelio Celso (I sec. d. C.) nel De Medicina (VII, 9) descrive l'intervento per rimediare sia ai difetti che alle ferite del volto:
.... Le mutilazione dunque in questi tre organi, se ce ne sono di piccole, possono esser curate; se di troppo grandi o non ammettono l'intervento, oppure dall'intervento sono così deformate al punto che erano brutte prima. E certamente nell'orecchio e nel naso può esser tenuta la sola deformità (...). Il modo di operare è questo: includere ciò che è stato amputato in un quadrato; a partire dagli angoli interni di esso, tracciare delle incisioni lineari che si incrocino in modo che separino completamente la parte interna da quella esterna; di poi riunire le parti che abbiamo separato. Se le parti non si uniscono a sufficienza, aldilà delle linee tracciate in precedenza, farne altre due lunate e rivolte verso le incisioni, grazie alle quali sia possibile dilatare solo la cute superficiale. Ne deriva che la parte accostata può seguire più facilmente. La parte non deve essere forzata, ma accostata così che segua senza difficoltà e, una volta lasciata, non ritorni indietro molto. Talora tuttavia la cute, sebbene non tirata al massimo dall'altra parte di tale luogo va incisa, l'altra va lasciata intatta. Perciò non tenteremo di tirare nulla dalla parte inferiore dell'orecchio, nè da quella mediana del naso, nè dalle estremità delle narici, nè dagli angoli delle labbra; ma prenderemo da entrambe le parti se mancherà qualche cosa nella parte superiore o inferiore degli orecchi, se nel centro del naso o nel setto delle narici o nel mezzo delle labbra. Questi organi talora sono mutilati anche in due punti: ma il modo di operare è lo stesso. Se nella parte incisa sporge la cartilagine, questa va tagliata (...). Una volta accostati i margini, questi sono da suturare dopo aver agganciato la pelle da entrambi i lati, e lungo la zona delle prime incisioni anche lì sono da applicare dei punti di sutura (...)2.
Il metodo celsiano viene poi ripreso e riproposto nel III sec. d. C. da Antillo, delle cui opere ci sono pervenuti frammenti riportati da altri autori, tra i quali Oribasio (IV sec. d. C.). Antillo descrive con precisione gli interventi di riparazione delle varie lesioni del volto nell'ambito della cosmesi del viso. Circa dieci secoli dopo si hanno nuovamente notizie di carattere medico sulla chirurgia plastica facciale. Maestro Rolando Capezzuti da Parma, appartenente alla Schola Salernitana, nella sua opera chirurgica La Rolandina, accenna ad alcuni accorgimenti per la cura e la suturazione delle ferite del volto, senza però precisare i metodi utilizzati nella pratica della chirurgia ricostruttiva3. Accenni sul trattamento riparativo della forma e della funzione nasale si trovano anche nell'opera di Enrico di Mondeville4, chirurgo del Re Filippo IV detto "il Bello". Nella sua Chirurgia descrive, infatti, le incisioni da praticare nella regione vicina alla ferita affinchè venga ricoperta per mezzo della trazione dei due lembi di pelle così ricavati5. Fino al XIV secolo la plastica nasale fa comunque parte della chirurgia generale, e più precisamente dei sistemi di cura e di riparazione delle mutilazioni e delle ferite; essa segue per lo più il metodo celsiano. E' solo nel XV secolo che la rinoplastica diviene una tecnica chirurgica, i cui segreti sono custoditi e tramandati da padre a figlio. I primi a dedicarsi alla rinoplastica, intesa come particolare specialità chirurgica, sono i Branca di Catania6, della cui fama hanno ampliamente riferito gli storici dell'epoca7. Mentre Gustavo provvede alla ricostruzione del naso o di una sua parte, ritagliando e trainando parti di pelle delle guance, il figlio Antonio8 si adopera, per evitare deturpazioni sul volto, a prelevare lembi cutanei dalla zona interna del braccio per rivestire le lesioni e per ricostruire le narici. L'arte della ricostruzione plastica del naso sembra essere abbandonata con la morte di Antonio Branca (1450); ricompare, in Calabria, solo nei primi del XVI secolo con la famiglia Vianeo9. Il primo Vianeo, medico chirurgo, di cui si hanno notizie certe relative alla pratica della plastica nasale, è Vincenzo10, che trasmette poi l'arte al nipote Bernardino11. Ma i Vianeo più famosi in questo campo sono Paolo e Pietro, figli di Bernardino, che esercitano la loro arte a Tropea tra il 1540 e il 1565 riproponendo la stessa tecnica utilizzata da Antonio Branca. La notizia di una tecnica di rinoplastica basata sul prelievo della pelle dal braccio comincia a diffondersi all'inizio del XVI secolo, come testimonia il medico-chirurgo, illustre anatomista, Alessandro Benedetti (1452-1512), che Gaspare Tagliacozzi ricorda come "eloquentissimo medico". Benedetti nell'opera Historia Corporis Humani sive Anatomice (Venezia, 1502)12 descrive la tecnica utilizzata per la ricostruzione del naso:
..Di questi tempi alcune menti ingegnose hanno mostrato come correggere le deformità del naso: si è visto più volte che dopo aver tagliato un pezzetto di carne dal braccio del paziente, lo cucivano a foggia di narici e lo attaccavano al naso mozzato. Separano infatti la pelle superficiale dal braccio con un rasoio, e dopo aver praticato l'incisione, raschiano se necessario le narici oppure le tagliano di nuovo, poi legano la testa al braccio in modo che le due ferite aderiscano l'una all'altra. Quando le ferite si sono saldate, tagliano infine dal braccio, con un coltellino, solo quanto è necessario per ricostruire il naso: infatti le piccole vene del naso forniscono nutrimento al pezzetto di carne loro affine, Infine la pelle viene adattata sopra il naso (...) (IV, 39)13.
Non ci sono, però, documenti e testimonianze storiche ad avvalorare l'ipotesi di una diffusione e trasmissione del segreto dei Branca ad altri medici, nè è possibile che Vincenzo Vianeo, che ha esercitato la professione chirurgica tra la fine del '400 e i primi del '500, abbia potuto assistere ai loro interventi per apprenderne l'arte. Una descrizione esauriente della tecnica usata da Paolo e Pietro Vianeo ci è stata fornita da Leonardo Fioravanti14, che riferisce di aver assistito ad un ntervento eseguito pubblicamente dai due medici:
...la prima cosa che costoro facevano ad uno quando li volevano fare tale operazione, lo facevano purgare, et poi nel braccio sinistro, tra la spalla e il gomito, nel mezzo pigliavano questa pelle con una tovaglia, et con una lancetta grande passavano tra la tanaglia et la carne del muscolo (...), et la medicavano sin tanto che questa pelle diventava grossissima, et come pareva a loro che fosse grossa a bastanza, tagliavano il naso tutto pare, et tragliavano questa pelle ad una banda et la cusivano al naso et la ligavano con tanto artificio et destrezza che non si poteva muovere in modo alcuno sin tanto che la detta pella non era saldata insieme col naso... ("Il Tesoro della Vita Humana")15.
Si può ritenere che Leonardo Fioravanti16 segni il passaggio dall'arte empirica dei Vianeo alla chirurgia accademica di Gaspare Tagliacozzi (1546-1599). Appresa la chirurgia plastica facciale dal suo maestro Giulio Cesare Aranzio, Tagliacozzi ha forse arricchito e completato la sua preparazione attingendo all'esperienza acquisita a Tropea da Fioravanti, al rientro di questo a Bologna17. Nonostante che nel De Curtorum Chirurgia18 Tagliacozzi riferisca di esersi ispirato all'innesto delle piante per la creazione e lo sviluppo della tecnica dell'autoplastica19, la pratica chirurgica della ricostruzione del naso mediante l'autotrapianto e/o il prelievo di lembi cutanei di altri individui era andata affermandosi e divulgandosi nella prima metà del '500 in diverse zone del territorio italiano. A lui si deve il merito di aver conferito ad un'arte sino ad allora legata alla pratica empirica una dignità accademica nell'ambito della chirurgia, dandole un proprio corpus di dottrine e tecniche. La conseguenza della pratica estesa della rinoplastica porta, da parte di Tagliacozzi, ad un perfezionamento del metodo e dello strumento, com'è testimoniato dal suo De Curtorum Chirurgia. Il Museo di Storia della Medicina dell'Università di Roma "La Sapienza" conserva alcune riproduzioni dei ferri chirurgici utilizzati per la chirurgia nasale da Gaspare Tagliacozzi. La collezione comprende una serie di strumenti tratti dalle rappresentazioni presenti nel De Curtorum Chirurgia...: una fotoriproduzione di un certificato autografo di G. Tagliacozzi con vidimazione notarile20; tre pinze chirurgiche per plastica, una delle quali fenestrata, con relativo fermo per la presa per ablazione di lembi cutanei; tre coltelli, di cui due grandi con manico curvo, usati per la chirurgia plastica e il terzo con lama piccola a foglia di olivo e manico panciuto; tre piccoli coltelli di varia forma, di cui uno a foglia acuminata a due tagli, uno panciuto su un lungo tallone di ferro, l'altro con lama retta ed aguzza ad un taglio; tre taglienti per la chirurgia plastica, di cui due con lama a foglia d'ulivo ed uno retto (figg. 1 e 2);
Se a Tagliacozzi è attribuito il merito di aver fondato scientificamente la chirurgia rinoplastica, nonostante questa fosse già precedentemente praticata a livello empirico da validi chirurghi, contro di lui sono state rivolte accuse da parte di illustri colleghi del suo tempo sia per il procedimento, considerato troppo doloroso, sia per i risultati non sempre esteticamente soddisfacenti. Dopo la morte di Tagliacozzi, la pratica della rinoplastica, arte specialistica e di difficile applicazione, viene abbandonata per circa due secoli; essa è ostacolata da una parte dai pregiudizi religiosi, che attribuiscono alle operazioni di plastica e trapianto una valenza più magica che scientifica, dall'altra dalla questione filosofica, che sorge intorno alle modalità di scambio e lagame tra l'anima dell'offerente e quella del ricevente21. Nel 1742 la Facoltà di Parigi ne vieta l'esecuzione. E' solo nel 1816 che Giuseppe Costantino Carpue22 riprende e ripristina sul piano scientifico l'intervento chirurgico della rinoplastica, rifacendosi al metodo indiano. Da questo momento in poi si avvia un processo di riabilitazione della chirurgia ricostruttiva del naso sia in Italia che all'estero, sino a farla divenire una branca ufficiale ed onorata della chirurgia, ed una sub-specialità collocata tra chirurgia maxillo-facciale, otorinolaringoiatra e chirurgia plastica.
BIBLIOGRAFIA E NOTE 1. LA ROSA R., TEDESCO A., L'arte della Rinoplastica nell'Italia del Rinascimento. In: LA ROSA R., FIBBI A., STAFFIERI A. (a cura di), Chirurgia funzionale ed estetica del naso. Bologna, Planning Congressi, 1999. Il volume è stato presentato in occasione del Convegno L'insegnamento della Chirurgia maxillo-facciale, tenutosi lo scorso 18 dicembre presso l'Ospedale Santo Spirito di Roma. 2. MAZZINI I., (Testo, traduzione e commento a cura di), A. Cornelio Celso, La Chirurgia, (Libri VII e VIII del De Medicina). Macerata, Istituti editoriali e poligrafici internazionali, 1999. 3. Maestro Rolando dei Capezzuti, detto Rolando da Parma, fu chirurgo celebre del XIII secolo. Scrisse La Chirurgia, solo in seguito chiamata Rolandina. 4. Sebbene francese e allievo della Scuola di Parigi e di Montpellier, venuto in Italia divenne allievo di Teodorico da Lucca, da cui apprese l'arte chirurgica. Tornato in Francia divenne Chirurgo del Re nel 1301. 5. NICAISE E. (ed.), Chirurgie de Maitre Henri de Mondeville. Paris, 1893: Così, allorchè una piccola parte del naso è distrutta, si fanno delle incisioni nella regione vicina, di modo che esse possano per mezzo di una forte trazione riavvicinarsi fino a che attecchiscano su la detta perdita di sostanza, la ricoprano e, in un certo modo, la restaurino (Dottrina I, cap. 1). 6. Le prime notizie relative all'attività medico-chirurgica dei Branca risalgono ai primi del '400, periodo in cui Gustavo aveva già raggiunto una considerevole fama nel campo della ricostruzione nasale. Non sappiamo se prima di lui vi fossero stati altri Branca medici-chirurghi esperti nella chirurgia ricostruttiva del naso. 7. Secondo alcuni storici i Branca avrebbero appreso il segreto di questa operazione da qualche chirurgo arabo, mentre secondo altri, come O. Salinas, il loro metodo non sarebbe stato ripreso nè dalla medicina araba nè da Celso. Per la somiglianza della loro tecnica con quella dei chirurghi indiani, si è supposto anche che vi fosse stata una divulgazione di testi di medicina indiana in Sicilia, ma non vi sono riscontri reali che possano avvalorare l'una o l'altra ipotesi. E' probabile che le sanzioni penali comminate dalla costituzione del Regno di Sicilia per il reato di adulterio, che prevedevano il taglio del naso, possono aver determinato la necessità di un atto chirurgico di ricostruzione della parte lesa. 8. Di lui si conserva un manoscritto relativo alla ricostruzione del naso di un individuo da lui stesso praticata (In: Annali del mondo, vol. I, Biblioteca Domenicana di Palermo). 9. Sembra che all'origine il nome della famiglia fosse Boiano o Boiani ma che, per una questione di forma dialettale, la B divenne nel tempo V, trasformando così il cognome da Voianeo in Vianeo per facilità di pronuncia. "Questa trasformazione del cognome - riportano R. La Rosa e A. Tedesco - avvenuta all'incirca nel periodo di un secolo e cioè dal 1450 al 1550, ha dato origine ad errori, ritenendosi, anche da scrittori di valore, che Boiano e Vianeo fossero due famiglie diverse". 10. Esercitò a Maida dai primi del '500 al 1520, anno della sua morte. 11. Lasciò Maida, cittadina troppo piccola per lui, e si trasferì a Tropea probabilmente nei primi anni del '500, dove riprese ad esercitare la sua professione medica. 12. BENEDETTI A., Historia Corporis Humani sive Anatomice. Venezia, Bernardino Guerralda, 1502. 13. FERRARI G. (Introduzione, traduzione a cura di), Alessandro Benedetti, Historia Corporis Humani sive Anatomice, Firenze, Giunti, 1998. 14. Non si hanno notizie certe sulla data di nascita e di morte, ma è certo che tra il 1548 ed il 1555 ha viaggiato tra l'Italia meridionale e l'Africa. 15. FIORAVANTI L. Il Tesoro della vita humana. Diviso in libri quattro, Venezia, 1568, (LII. c. 27). 16. Nella stessa opera riferisce di aver assistito ad un combattimento, in Africa, nel corso del quale un gentiluomo perdette il naso e che, lavatolo e ricucito, lo riattaccò perfettamente. Op. cit. nota 13. LII, cap. 45. 17. Secondo A. Tedesco e R. La Rosa "non v'e dubbio che sia proprio Leonardo Fioravanti il vero trait d'union fra l'arte dei Vianeo ed il grande accademico bolognese". Op. cit. nota 1, cap. I, pag. 33. 18. TAGLIACOZZI G., De Curtorum chirurgia per insitionem, additis instrumentorum omnium et delegationum iconibus, et tebulis libri duo. Venetia, Bindoni, 1597. 19. ... questi interventi sulle parti mutilate hanno avuto la loro ispirazione dalla agricoltura ed hanno avuto i loro inizi dall'innesto e si studiano di imitare la propagazione artificiale delle piante. Op. cit. nota 16, L. I, 12. 20. Il certificato attesta che un tal Sigismondo Boniano deve esser sottoposto per altri due mesi alle cure del Tagliacozzi, poichè la gran quantità di umori caldi accumulati nella parte destra del viso ha impedito l'attaccamento del naso. (Archivio di Stato di Milano. Carteggio. 219. fasc. 3; edito da N. Latronico). 21. Con Tagliacozzi si era infatti ufficializzato il costume di un trapianto di un lembo cutaneo non solo da una parte all'altra del corpo, ma anche da individuo all'altro in una prospettiva religiosa e filosofica in cui alla frammentarietà del vivente si congiunge l'unità dell'anima, sorse il problema di definire a quale anima appartenesse il pezzo di pelle prelevato ed esportato e quale conseguenza organica e spirituale vi fosse in seguito alla morte del donatore o del ricevente. 22. CARPUE C. G., An Accaunt of two Successful Operations for restoring the Nose, from the Integuments of the Forehead. London, 1816.