Il primo sonetto si trova in Rime et versi in lode della ill.ma et ecc.ma d.na Giovanna Castriota Carr. Duchessa di Nocera, et marchesa di Civita S. Angelo scritti in lingua toscana, latina, et spagnuola da diversi huomini illust. in varij, & diversi tempi, et raccolti da don Scipione de Monti, Giuseppe Cacchi, 1585, a pag. 68, in cui confluiscono le composizioni di vari intellettuali del tempo, preminentemente appartenenti all'Accademia dei Piacevoli di Venosa, cui faceva parte lo stesso autore e raccoglitore Scipione de Monti, Capitano della Cavalleria Reale, i quali si dilettavano nella scrittura di versi in volgare a imitazione di Petrarca.
Nell'indice degli autori, alla fine del testo, al nome di Gaspare Toraldo viene associata, a mò di promozione, l'identica definizione adottata da Nicolò Toppi (1603-1681) in Biblioteca Napoletana, Napoli, 1678 e cioè << Don Gasparro Toralto del Seggio di Nido fra i Soldati è Soldato, e fra i Poeti è Poeta, e fra i Philosophi è Philosopho, e fra i Sig. è Signore, e tratta ogni cosa con molta destrezza, e con molta sottilità di ingegno. >>. La scoperta del sonetto è stata casuale durante la ricerca di quello di Cesare Tomeo. la cui fonte era stata indicata dal Capialbi. E' veramente fatto significativo che i sonetti dei due tropeani, Toraldo e Tomeo, si trovino nello stesso volume. Ed è stata una grande gioia averlo potuto scoprire.
 
 


ALLA SIG. DUCHESSA DI NOCERA

DI DON GASPARRO TORALTO

DONNA, se dir mi lice
De' celesti honor tuoi, de' sommi pregi,
Come nata da Regi
In grembo à l'honestate tua notrice
Apri il Ciel freni Amor, dai leggi al Mondo.
Tu l'aura spira al mio sdruscito legno;
Che senza arte, od ingegno,
Come si ricca merce, si gran pondo
Potrà à condurre à riva,
Se non gli vien da te terrena Diva?
Interamente il cielo
Far volle lieta questa nostra etade,
Quando la Maestade
Colma d'alto valor, di santo zelo,
A' rubelli nemica amica à fidi,
Ne trasse te novella Aurora à noi,
Et dè i bei raggi tuoi
Il Sol, c'hor apre il giorno à nostri lidi,
Invaghì poi cotanto,
Ch'appo te sorse, e hor ti splende à canto.

Avventurosa parte,
Che Brutia horrida tien, bagna il Thirreno,
Cui il bel viso sereno
Vagheggiar sola lice à parte à parte;
Ombrose selve, che tra quercia, e abete
Ne i sacri horror casto voler serbate,
A' costei vi inclinate,
A' costei pregi d'alto honor porgete;
A' costei la corona
Cede la casta figlia di Latona

Quando l'honesto riso
Scopre le perle, e i due rubin vagheggia,
Tal dolcezza ivi ondeggia,
Che s'apre il cielo, e mostra il Paradiso;
Et se i chiari zeffiri vibra, ò morte,
O' il biondo crin commette à l'aura in grembo,
Ecco di gratie un nembo,
Che dolcemente da begli occhi piove.
Spiegate ò cigni il volo,
Cantando lei da l'uno à l'altro polo.

Serio fallace ardore
Folle desio di sua beltade ingombra,
Tosto qual polve, ed ombra,
Sparir si vede, ond'ella frena amore.
Indi basso desire al ciel sublima
Con saldi vanni à via più nobil speme;
Così da lei si viene
A' conoscer quell'alta cagion prima,
Che per tanta beltade
Ci diè pegno quà giù di Eternitade.

Se il bel stellante ciglio,
Che severo talhor, dolcezza porge,
Lunge mover si scorge,
Tosto il Mondo ubedir prende consiglio:
Et qual di riverenza degno Nume
De' suoi santi pensier fa legge à cori;
E i pargoletti Amori
Prendon norma da lei, gratia, e costume
Ergete dunque à lei
Tempij, altar, mete, fiate, archi, e trofei.

A che non taci homai
Canzon, se in picciol vetro chiuder tenti
L'acqua del Mar? rispose
Talhor affetto humil gran pregio ascose.







Il secondo sonetto si trova in In Morte di Madonna Mirtia, Gio Maria Scotto, Napoli, 1564. Raccolta di sonetti indirizzati per la maggior parte a Lodovico Paterno, poeta minore cinquecentesco, nato nel 1533 a Pierdinotte d'Alife (Caserta), da autori diversi, e sue risposte. Si tratta di ristampa, ampliata, dell'opera già pubblicata nel 1560 con i tipi di Bevilacqua in Venezia e dedicata a Filippo II. Per una serie di circostanze il volumetto, nella prima edizione, uscì con il titolo pretenzioso "Nuovo Petrarca", e ciò scatenò una serie di proteste in vari ambienti letterari. Sembra tuttavia che la responsabilità fosse del finanziatore dell'opera, tal Valvassori, che applicò un'operazione di marketing librario ante-litteram. Il libro fu ristampato ancora una volta nel 1568 a Palermo per Gio. Mattheo Maida,  raccogliendo le liriche a compimento della precedente. Nelle varie edizioni dell'opera, le liriche d'amore erano indirizzate all'irraggiungibile Mirzia, pseudonimo scelto petrarchescamente in relazione alla pianta del mirto sacra ad Afrodite. Quando fu pubblicata l'edizione napoletana contenente il sonetto, don Gaspare Toraldo aveva ventiquattro anni.
 
 

IL SONETTO
AL MOMENTO
NON E' DISPONIBILE