di Carmelo Labate
La Calabria, in ogni suo angolo, conserva valori inestimabili in tutta la vasta gamma dei suoi aspetti: dall’incantevole e ancora primitivo paesaggio ai beni archeologici, dai contenuti di una cultura che la sintesi dinamica di civiltà diverse per luoghi di origine e generazioni, a uomini che, illustri o poco noti, di quella sintesi sono gli artefici. Don Giosuè Macrì, musicista, è uno di quegli uomini che già da molto tempo rimangono nel silenzio. Nacque il 5 agosto 1883 a Limbadi, un piccolo cemtro agricolo alle falde di Monte Poro nella Provincia di Catanzaro. Durante gli anni della sua formazione teologica la musica gli fu tanto familiare da divenire, ancora giovane, secondo organista del vetusto organo del Duomo di Tropea. Ordinato sacerdote emigrò in Argentina per motivi familiari. Qui, da buon maestro quale si era formato, aprì il <<LICEO MUSICAL MACRI'>>, dalla cui scuola vennero fuori uomini che ancora oggi a Buenos Aires ricoprono nel campo musicale posti di rilievo. Tale scuola gli fu tanto cara da occuparlo senza sosta. Così, persa la già precaria salute, ritornò in Italia e a Tropea ricoprì il posto di primo organista. Negli anni cinquanta fece ritorno al suo amato 'paesello' e fu ospite della Casa di Carità. Qui io, ancora adolescente, lo conobbi. Ricordo la sua estetica figura seduta dietro un grosso armonium ad effondere per tutta la Casa inconfondibili ed originali melodie. In questo periodo curò la pubblicazione delle sue composizioni. Morì il 19 dicembre 1964. Esiste un <<Catalogo tematico delle composizioni musicali sacre ed accademiche>> pubblicate dall’Autore fino al 1963: - LA MESSA LETTA, a una voce, con Organo (7 canti per la Messa; Adoro Te devote; O salutaris Hostia; 2 Tantum ergo; Dio sia benedetto; Ninna Nanna; Ave Maria; 3 Litanie Lauretane; o dolce nome). - Messa popolare <<SALVE SANCTA PARENS>>, ad una voce media, con o senza accompagnamento. - Messa in onore di S. FRANCESCO DI PAOLA, a due voci uguali con accompagnamento d'organo. - MESSA DA REQUIEM, per coro ad una voce media con accompagnamento d'organo. - MARCIA FUNEBRE per organo. - AVE MARIA, per soli e coro a due voci pari con organo. - XVI LITANIE LAURETANE, a due voci pari con accompagnamento d'organo. - LA VIA CRUCIS, per coro a due voci pari virili o femminili; con l'aggiunta di tre canti popolari a una voce media ed un Canto polifonico a tre voci pari. - L'AGONIA DI GESU', otto canti per soli e coro a due voci pari con accompagnamento d'organo. - TANTUM ERGO E GENITORI, per coro a due voci pari con accompagnamento d'organo. - INNO, preghiera a S. Antonio di Padova, canto popolare ad una voce. - CANTO DI GIUBILO, per soli e coro a due voci pari con accompagnamento di pianoforte. - AD UNA RONDINELLA, canto lirico per soprano o tenore con accompagnamento di pianoforte. - BACIAMI IN FRONTE, O DOLCE PRIMAVERA, canto lirico per mezzo-soprano o baritono con accompagnamento di pianoforte. - O MAMMA. TORNA !..., melodia nostalgica per canto o accompagnamento di pianoforte. - IL PESCATORE, barcarola per coro a due voci pari con accompagnamento di pianoforte. - SERENATA AUGURALE, per coro a due voci pari con accompagnamento di pianoforte.
Parte della sua produzione musicale rimane inedita. Ma già, a distanza di pochi anni dalla scomparsa dell'Autore, non si sa dove cercarla. Pare addirittura che qualcuno - a Tropea - sia in possesso di una sua <<Sinfonia>> manoscritta. Nel tentativo di un primo abbozzo critico della figura artistica del Macrì va fatta innanzitutto la premessa che Don Giosuè si è così umilmente proposto da correre il rischio (già per troppo tempo corso) di passare sotto silenzio. Eppure egli fa parte di quella schiera di compositori italiani che - nati intorno al 1880 - furono artefici dell'aggiornamento del linguaggio musicale del nostro secolo. Il Macrì non si schierò nè per una posizione conservatrice, nè per una d'avanguardia. La sua composizione sgorga spontanea perchè rivissuta con personale schiettezza di sentire. Fu artista di formazione isolata e quindi indipendente da ogni influsso che può esercitare la scuola. Purtroppo - senza scuola - gli mancò il normale trampolino di lancio. Per questo motivo i suoi inizi furono abbastanza grigi, e, trovandosi in Argentina, si dovette dare all'insegnamento. La fortuna che ebbe là come maestro di pianoforte e di composizione non lo stimolò a curare subito la pubblicazione della sua produzione. Le opere accademiche, composte con molta probabilità in Argentina, sono opere di meditazione sociale (cfr. La Barcarola): opere il cui canto effonde il profumo inconfondibile di melodie paesane. Questo stesso tesorizzare il patrimonio etnofonico è stato indicato per Stravinski come un <<bagno di naturalezza, di spontaneità e di forza elementare>>, come un voler <<uscire dal vicolo cieco della imitazione>> per <<rinnovare il proprio linguaggio in armonia alle esigenze della sensibilità moderna >> (Mila). Macrì non ebbe la risonanza di Stravinski, ma l'uso della espressività musicale popolare rigenerata da una personale meditazione è lo stesso elemento artistico che caratterizza anche l'originale linguaggio del nostro Artista. Non c'è nelle sue composizioni un fiume che travolge con una sola 'aria' impetuosa. Da esse il discorso musicale traspare frammentario, come un pullulare di idee melodiche, come un seguito di canzoni. La sua originalità si rivela anche nel costante utilizzo della voce. E benchè il Macrì non si fosse mai provato in opere teatrali le sue composizioni corali sono impregnate del dramma sociale e spirituale dell'uomo: sociale perchè vive il problema della disuguaglianza economica, della emigrazione, del guadagnarsi con stenti di vita; spirituale nel senso di quotidiana lotta tra le tumultuose passioni umane e un intenso amore capace di valicare i confini dello spazio e del tempo. Le sue liriche da camera sono ricche di aperture verso il paesaggio, quasi un tutto col pensiero in quel calmo mare verde smeraldo di Tropea o nel mesto mormorio dei castagni del Poro o nella festosa policronia dei fiori della campagna che lo vide bambino o nell'allegro trepido andirivieni di una rondinella appena arrivata che prepara il suo nido sotto la grondaia di casa. Purtroppo il testo letterario offertogli spegne spesso l'invenzione melodica. La nota, infine, che fa del Macrì un artista originale e precursore è il costante attingere al gregoriano. Lui, organista di grido e prete, sapeva bene che il ritorno alle origini poteva significare sia omaggio alla tradizione, sia apertura di una strada sicura al futuro linguaggio musicale. Così in ogni compiacimento gregoriano della sua produzione - soprattutto di quella sacra - traspare la volontà di trasformare il semplice vocalizzo in una plastica espressione di autentica emozione religiosa. Con l'uso del gregoriano il Macrì sembra temporaneamente non più soggetto alla lotta tra la <<distanza di volar senz'ali>> e l'espressione tiranna del <<guadagnarsi il pane con il sudore della fronte>>; anzi con una contabilità ampiamente distesa si eleva come in uno stato di rapimento spirituale. Come ogni musicista anche il Macrì appartiene ad una precisa situazione storica: nel primo Novecento la tendenza era di allontanarsi dal sinfonismo romantico e del melodramma senza indulgere a volgarità di bassa lega, ma creando premesse valide per gli ulteriori sviluppi cui sarebbe andato incontro il linguaggio musicale. Del travaglio artistico che questa epoca vive, Don Giosuè ci pare il musicista più rappresentativo.
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