Il professore Leonardo Iozzi
TROPEAMAGAZINE INTERVISTA IL PROF. LEONARDO IOZZI storico di riferimento dei possedimenti calabresi di Montecassino.
di Salvatore Libertino
Professore Iozzi, Lei è ritenuto lo storico per eccellenza non solo di Cetraro ma di tutti i possedimenti calabresi dell'Abbazia di Montecassino. Durante le Sue ricerche, quante volte si è imbattuto nel nome della città di Tropea?
I documenti riguardanti la Calabria, soprattutto del versante tirrenico, parlano quasi sempre di Tropea, Nicotera, Pizzo, Amantea, Cetraro e Scalea, cioè dei paesi marittimi per eccellenza. Ho consultato centinaia di libri relativi al medio evo ed ho sempre trovato documenti riguardanti Tropea. Anzi c'è ne uno che mi ha colpito in modo particolare e che mi ha spinto a conoscere meglio la storia di Tropea. Si tratta di un episodio di cui parla Capecelatro, uno storico che ha trattato il periodo relativo al passaggio del regno di Sicilia, dalla dinastia dei Normanni a quella degli Svevi. C'è stato un periodo, attorno al 1195, in cui il castello di Malvito, ceduto a Montecassino successivamente viene da un certo Federico il tedesco o Alemanno sottratto all'Abbazia tanto che l'abate Roffredo e Costanza d'Altavilla inviano a Malvito il Conte di Tropea Anfuso Roto o de Roti, con il compito di ripristinare la precedente situazione. Federico tedesco infatti si era impossessato del castro e non voleva cederlo agli svevi. Anfuso assedia il paese e colui che lo deteneva gli promette la disponibilità di pervenire ad un accordo per una possibile restituzione ma nel momento in cui si reca all'interno del borgo, Anfuso e gli altri calabresi vengono fatti prigionieri. Quindi il castello continua a rimanere nelle mani del tedesco Federico. Anfuso si rivela un personaggio di spessore nel periodo svevo perchè si ribella a Federico II. Egli voleva essere considerato un re e quindi tratta alla pari con colui che sarà poi l'imperatore ma verrà costretto a piegarsi alla forza di Federico II. Si schiera poi con gli svevi, da cui si allontana ben presto perchè gli è negata l'ambita carica di ammiraglio. La storia di Anfuso, conte di Tropea, che accorre al castello di Malvito per riportarlo sotto l'egida di Montecassino, va approfondita. Ho seguito la storia degli Angioini e degli Aragonesi ed ho trovato centinaia di volte il nome di Tropea in particolar modo nelle marinerie e nella fornitura delle galee. Tropea era sicuramente una delle città marinare più importanti della Calabria. Con il suo villaggio Parghelia, ha rappresentato per secoli nel mondo la vita marinara calabrese. Nel suo territorio troviamo arsenali, tonnare, marinai che trafficano e commerciano in tutta Italia e perfino in Francia.
Quanto Tropea era ritenuta importante, nel primo periodo storico della cessione della chiesa di Santa Maria dell'Isola a Montecassino?
Per quanto riguarda questo primo periodo va detto che i documenti non sono tanti. Occorre quindi forzare i testi per ricavare degli elementi utili ad un discorso chiaro e preciso. Tropea sicuramente risente di una situazione in cui vede i Bizantini da un lato ed i Normanni dall'altro. Sullo scenario di quel periodo tale importante frattura si avverte in ogni momento della vita giornaliera. Il fatto che la chiesa di Santa Maria dell'Isola sia stata ceduta a Montecassino, ha un significato connesso non solo al bisogno da parte dei normanni e della moglie di Roberto il Guiscardo, di avvicinarsi alla chiesa di Roma e promuovere quindi la latinizzazione di quella zona. Santa Maria assume un connotato particolare nella storia di Tropea per i continui contatti con le città calabresi marittime, con la stessa città di Cetraro e con i suoi vicari citati persino nei registri delle decime del Vendola ed in molti altri documenti. Per potenziare la religiosità in quell'Isola e per favorire il pellegrinaggio, la chiesa di Santa Maria ottiene un particolare privilegio per le indulgenze. Questo non lo si farebbe in una zona abbandonata o deserta e quindi meno importante ma lo si fa in un centro affermato, meta di gente evoluta, e quindi in un centro che veniva considerato della massima importanza strategica.
Il sito benedettino di Tropea è l'unico di quelli indicati sulla porta di bronzo dell'Abbazia che ancora oggi è alle dipendenze di Montecassino. Quale può essere la ragione di questa lunghissima dipendenza millenaria che solo avrebbe senso in un'epoca feudale?
Probabilmente gli ecclesiastici del luogo, fin dall'origine della cessione, sono stati rispettosi di uno statuto e di alcune norme riguardanti la gestione ecclesiale della chiesa che veniva considerata fuori dalla diocesi. Mentre Cetraro nel 1807 viene sottratta ai monaci di Montecassino e vi rimane sotto la giurisdizione spirituale fino al 1834, il sito di Tropea sotto tali date rimane sempre ancorata a Montecassino, costituendo ad oggi l'unico possedimento medievale che Montecassino conserva con gli stessi effetti iniziali. Certo, l'Isola aveva perso col tempo la sua importanza e ogni caratteristica che ben si inseriva nello scenario medievale, anche perchè la Chiesa nell'Ottocento dimostra di avere meno potere, anzi di non averlo più poichè alla mercè di principi e baroni. Cetraro, Fella sono stati sotto Montecassino fino al 1834. Però non si trattava di un'isoletta ma di un paese con della popolazione e quindi, finita la feudalità, Cetraro non poteva che confluire allo Stato, nella giurisdizione regia. Per l'Isola invece è stato più facile conservare la dipendenza poichè non era abitata. Si trattava solo di una chiesa. E poi la lungimiranza del clero ha saputo fare il resto, conservando a Montecassino questo bene che è un ricordo e un motivo di commozione per noi perchè ci ricorda il lato buono di un passato che non c'è più.
I siti calabresi alle dipendenti da Montecassino tra di loro avevano - in un disegno gerarchico - una interdipendenza amministrativa, che frequentemente coinvolgeva la vita delle stesse comunità di appartenenza. Ci vuole parlare di tale coinvolgimento delle città di Tropea e Cetraro?
Furono molti i vicari o i preti di Cetraro che ebbero affidata la chiesa di Santa Maria dell'Isola. Vorrei parlare solo di uno dei tanti cetraresi che rispondeva al nome di Matteo Abramante, detto anche Bramonte. Egli viene chiamato abate proprio perchè la chiesa dell'Isola costituiva una Abbazia. Nel 1535 questo abate è chiamato a relazionare e a rendere conto di alcune questioni relative alla chiesa di Tropea. Era però ammalato e non potè recarsi a Montecassino, dove si conserva ancora il certificato medico che attesta la sua malattia. Proprio per questi continui contatti tra il vicario di Cetraro e Montecassino si ha motivo di capire le relazioni frequenti tra Cetraro e Tropea. Ho ricordato più volte nei miei libri il fatto che il sindaco di Cetraro, il magnifico Gerolamo De Branca, mio antenato, tenesse rapporti con Tropea e per ciò riceve l'incarico da parte di Montecassino di stipulare un accordo con il nobile Mazzitelli di Tropea perchè alcuni pescatori si trasferissero a Cetraro per impiantare il palo della tonnara. C'è tutto un capitolo riguardante tali contratti perchè i cittadini di Tropea, o meglio di Parghelia, nel trasferirsi a Cetraro venivano considerati come cittadini di Cetraro e godevano degli stessi diritti e obblighi, con alcune esenzioni però. Pertanto abbiamo motivo di ritenere che questi rapporti confermano esattamente la bontà delle relazioni tra le due città di Cetraro e Tropea. Rapporti che varrebbe la pena di approfondire perchè questo permetterebbe una maggiore conoscenza delle relazioni fra le marinerie tenuto conto che i contatti si estesero ad altre città come Pizzo.
Tra i personaggi storici appartenenti al dominio normanno calabrese spicca la figura forte di Sichelgaita moglie di Roberto il Guiscardo. Che sensazione prova quando incontra questo personaggio femminile che ha ispirato poi la cessione di Cetraro a Montecassino e che si rivela in molte occasioni il collante che tiene assieme la città di Cetraro a quella di Tropea?
Si dice che Sichelgaita abbia soggiornato a lungo nelle due cittadine. Cetraro viene menzionata nel periodo delle nozze celebrate a Melfi tra Roberto e Sichelgaita perchè in questa occasione la duchessa riceve dal marito quale dono nuziale il borgo di Cetraro con tutte le pertinenze, compreso il porto. Conseguentemente, ciò spingeva le due città ad avere sempre più contatti e rapporti, perchè Cetraro e Tropea erano importanti marinerie, di cui Sichelgaita si serviva spesso per il controllo delle proprie pertinenze sia nell'uno sia nell'altro territorio. E questo a noi calabresi di due cittadine diverse ci porta a trovare e scoprire quei vincoli che andrebbero messi meglio in evidenza. Sichelgaita era una donna di una grande nobiltà d'animo, anche se qualche storico, come il Vitale, ha usato senza fondamento affermare che avrebbe ucciso con il veleno il marito. Era una donna troppo pia, onesta che voleva un gran bene a Roberto che lo volle seguire nella conquista di Bisanzio. La duchessa, con la donazione di Cetraro e di altri siti e sicuramente con l'influenza che aveva esercitato sul figlio per quel suo spirito religioso contribuì in modo determinante alla realizzazione del progetto di latinizzazione voluto dai Normanni.
I possedimenti di Montecassino hanno avuto un forte incremento con il dominio normanno nel meridione. E' stata scritta la storia dei possedimenti o c'è ancora da sapere dell'altro su questo argomento?
Io con orgoglio dico che sono stato il primo nel fare un tentativo di uno studio organico sui possedimenti e chiese di Montecassino in Calabria. Già mi ero interessato nel 1973 ma poi nel 1980 ho discusso la mia tesi di laurea su questo argomento in un periodo in cui non esistevano precedenti. Ho dovuto sfogliare le pagine del Gattola ed altri testi per trovare notizie che ho cercato di raggruppare per estrarre un discorso che permettesse di avere idee meno confuse di quanto ne avessi all'inizio. I miei lavori in parte sono stati seguiti pedissequamente da altri studiosi. Ciò mi fa piacere perchè significa che avevo scelto un argomento meritevole di essere approfondito e di essere portato avanti. Dico che al settanta per cento il lavoro sui possedimenti cassinesi è fatto. Ma le lacune possono essere colmate, qualche distrazione può essere riveduta. Nella storia non si può dire mai 'abbiamo detto tutto'. Nella storia c'è sempre da scoprire qualcosa. Uscirà una monografia curata dalla Pro Loco di Vibo Marina che sicuramente porterà un ulteriore contributo. A questo lavoro, in via di pubblicazione, ho collaborato e ho dato il massimo impegno. Nello studio sui possedimenti le lacune più palesi che si potrebbero notare sono preminentemente legate al fatto che sappiamo le date delle donazioni ma non sappiamo il momento in cui sono cessate le signorie sui territori o il patrocinio su determinate chiese.
Qual è la giornata tipo di un ricercatore dell'Alto Medioevo.
La giornata più bella di un ricercatore è quella di imbattersi in delle notizie di cui prima non si era sentito nessun cenno. Nello sfogliare alcuni manoscritti poco conosciuti che restano ancora non tradotti e che avrebbero bisogno di traduzione e commento critico adeguato si possono fare delle scoperte meravigliosee. E lo studioso che sa di aver portato alla ribalta notizie inedite rimane sicuramente sorridente e soddisfatto nell'annunciare ai suoi lettori "ecco vi faccio conoscere una novità". Ripetere delle cose già note o riprendere pedissequamente la ricerca altrui non giova a nessuno nè alla storia nè allo studioso che ripete scimmiottando notizie già dette e conosciute. Questo non significa che le notizie già note non debbano essere rielaborate, rivedute, aggiornate, migliorate.
Lei vive a Roma da molto tempo. Quali sono i legami che La tengono vicino alla terra calabrese e al territorio di Cetraro?
In una delle mie poesiole ho scritto "Cetraro, i tuoi monti, la selvaggia scogliera, le strette viuzze, le case cadenti sono nel cuore scolpite per sempre". Ho amato la Calabria e questo amore per me è stato spontaneo, naturale. Proprio questo sentimento mi ha portato a cercare i documenti, la storia del mio paese. Prima di me Cetraro conosceva pochissimi documenti. Io ho dato un contributo notevole. Ma ciò non significa che ho completato la storia di Cetraro. C'è ancora molto da scrivere. A Montecassino giacciono centinaia di registri e di pergamene mai sfogliate da alcuno. Proprio l'amore verso il paese spinge a scrivere. Non è il successo che ne può derivare dalla scrittura di un libro o dalla compilazione di un quaderno. E' proprio nell'appagamento morale, interiore che va trovata la spinta alla ricerca.
Quale sarà la prossima Sua pubblicazione?
Io difficilmente pubblicherò lavori di una certa consistenza. Ho già detto nella presentazione del mio ultimo lavoro 'Cetraro un occhio sul passato' che ho smesso di fare ricerche. Tuttavia devo precisare che in circa quarant'anni di studio ho acquisito una grande mole di materiale, e non è escluso di poter scrivere nel tempo qualche pagina su Cetraro e sulla Calabria. Un mio prossimo lavoro sarà un saggio di una ventina di pagine che riguarderà Guardia, Fuscaldo e Paola: "Spigolando su Guardia, Fuscaldo e Paola". Non intendo con questo lavoro scivolare in un discorso molto ampio o complesso. Intendo come dice il verbo "spigolare", raccogliere qualche documento, sfuggito ad altri, e renderlo noto agli studiosi calabresi, anche in considerazione del fatto che in questi ultimi tempi sono in tanti che scrivono sul tirreno cosentino e non sempre questi giovani studiosi o meno giovani ma esordienti sono all'altezza. Perchè alcuni sanno distruggere, demolire. Lo storico deve costruire, conoscere i documenti, con tutti i suoi limiti che una ricerca presuppone perchè spesso si può cadere in delle inesattezze, anche perchè chi fa vere ricerche ricorre a manoscritti che non sono sempre chiari e leggibili.