I segni dipinti sul manto della Madonna di Romania venivano trascritti e costituivano oggetto di studio (Collezione privata)
Dell'imagine di S. M. da Romania
Dopo l'incoronazione dell'icona avvenuta il 9 settembre 1877 a seguito di specifico decreto del capitolo vaticano, si accrebbe l'interesse intorno al dipinto non solo da parte dei fedeli ma anche dei critici d'arte, degli storici e di semplici curiosi. Si vollero approfondire le origini del quadro e ne vennero fuori anche curiosità correlate alle scritte che la Madonna porta dipinte ai bordi terminali del manto. Si sparsero voci che davano tali scritte come caratteri di uno speciale alfabeto che, se decifrato, avrebbero dovuto dare ai tropeani e al mondo un importante messaggio segreto. Non si sottrasse a tale curiosità nemmeno l'autorità del vescovo di Tropea, allora Mons. Taccone Gallucci, che al riguardo formulò allo storico G. Cozza Luzzi un quesito. Molti erano quindi gli studiosi o i curiosi che trascrivevano i segni per poterli agevolmente analizzare per poter trarre i misteriosi segnali trasmessi dall'autore del dipinto. Ecco la lettera di risposta a Mons. Taccone Gallucci che attesta l'interesse ai particolari e misteriosi segni.
Bolsena 16 ottobre 1891. A S. Ec. M.r vescovo Taccone Gallucci.
La bontà dell'E. V. ha voluto interessarmi per l'esame del loro venerato quadro detto della vergine della Romania. L'esemplare fotografico addimostra una figura certamente non inquisita per l'arte, ma che però nelle marcate forme ha molta espressione. Questo si rileva specialmente in quell'affettuoso slancio, con cui il figlio si va a stringersi al collo della madre; la quale pure con ambe le braccia lo sostiene sul proprio petto. Dirne dell'epoca dalle sole forme non è agevol cosa; ma i quattro angeletti che volano nel campo vuoto in alto del quadro, nelle loro forme polpute si rassomigliano ai puttini, i quali si riscontrano non di rado nelle pitture e sculture del secolo XV. Ciò forse fa credere che le due figure principali siano più antiche; ma però quel che V. E. mi dice che il quadro è dipinto sulla tela piutosto che sulla tavola viene a far credere l'opera non molto anteriore a quel secolo. Non istò ad esaminare le momorie riferite dal Fiore, autore non sempre sicuro, non che da altri. Certamente che sul luogo tutto sottoponendo ad un giusto esame, specialmente per la tecnica del dipinto, si potrebbe portare qual più preciso giudizio. L'E. V. per meglio studiarne ogni cosa fece trarre un lucido accurato dalle fimbrie che adornano le vesti della Vergine. Qualcuno pensò che quei cosiffasti segni messi sopra quelle fimbrie fossero vere scritture, e ci parlassero le notizie del quadro; però è ben noto come nei lavori artistici dei secoli XIV e XV specialmente, si adoperasero dei segni capricciosi e talora simili a caratteri per gli orli dei tessuti; e che questi non fossero segni convenzionali di una qualche scrittura, ma soltanto meandri ornamentali. Sembra che un tal uso sia invalso dopo veduti i drappi orientali con siffatti figure, le quali ebbero perciò il nome di arabeschi e che altro non sono se non ghirigori della fantasia degli artisti. Citerò sull'argomento una statua in plastica della Vergine nella chiesa della badia di Grottaferrata, ed anche un bel trittico in tavola del XV secolo qui a Bolsena. In entrambe le figure gli abiti si veggono adorni da quei meandri negli orli senza veruna convenzionalità di caratteri. Di simili lavori non mancano esemplari molteplici in molti luoghi d'Italia e fuori. Dopo ciò bisogna aver altri documenti e tecnici ed istorici per accettare le notizie del suo quadro. Mi auguro che l'erudizione delle persone di costà, e specialmente dell'E. V., che ce ne diè non pochi saggi, possano pienamente soddisfare ai quesiti relativi ad una tale opera di arte. Dopo ciò con ispeciale stima ed ossequio mi dichiaro dell' E. V. R. Devotissimo servo G. Cozza Luzi