Tropea. Una suggestiva immagine ottobrina di Santa Maria dell'Isola. Sullo sfondo, all'orizzone, si staglia la figura dello Stromboli.
Santa Maria di Tropea, possedimento millenario di Montecassino
di Salvatore Libertino
Tre sono le porte bronzee che permettono l'accesso alla Basilica Cattedrale situata all'interno dell'Abbazia di Montecassino. Quelle laterali, eseguite dallo scultore Pietro Canonica nel 1954, sono state donate al Monastero dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi e rappresentano, ambedue, episodi di vita di S. Benedetto. La porta centrale a due battenti risale - in parte - al tempo di Desiderio (1058-1087), abate storico dell'antica badia, eletto Papa nel 1087 col nome di Vittore III. Essa è costituita da una serie di formelle - 36 unità - recanti un nutrito elenco di iscrizioni, dai caratteri ageminati in argento, riferiti ai possedimenti e alle chiese dipendenti pro tempore da Montecassino, una delle più grandi signorie ecclesiastiche del medioevo.
La porta centrale della cattedrale dell'Abbazia di Montecassino sulla quale è impresso il nome di Santa Maria di Tropea
Una formella chiarificatrice, di grande valore storico, in basso a destra, fra due croci, ci attesta appunto che i battenti furono eseguiti, sotto l'abbaziato di Desiderio, nel 1066 a Costantinopoli per munificenza dell'amalfitano Mauro, figlio di Pantalone. Tuttavia, poichè negli elenchi sono citati siti acquisiti in epoche successive al 1066, occorre precisare che dopo tale anno la porta fu ristrutturata ed ingrandita più volte fino ad avere nel 1123 con l'abate Oderisio, arricchita di ulteriori nuove incisioni, il definitivo ed attuale assetto.
Particolare dela formella che attesta che la porta centrale della basilica cattedrale di Montecassino risale al 1066.
Nella ventesima formella che ricade sul battente sinistro (per chi guarda) o semplicemente nell'undicesima del battente di sinistra, contando dall'alto, è citato il nome della città di Tropea quando esso viene associato al possedimento di Santa Maria dell'Isola con l'inciso:<<Santa Maria de Tropea cum omnibus pertinentiis suis>>.
La formella che attesta l'appartenenza a Montecassino di Santa Maria di Tropea.
L'anno però della cessione di Santa Maria di Tropea è successivo a quello della fabbricazione della porta, dal momento che il sito tropeano è stato acquisito da Montecassino nell'agosto del 1090. Ciò si rileva dal diploma/privilegio di quell'anno, conservato in abbazia, con il quale il Duca Ruggero, primogenito di Roberto il Guiscardo e di Sichelgaita, offriva e concedeva al monastero benedettino il diritto di "pescagione" della "tonnaria" nella località "Bordella" del territorio di Tropea e dieci uomini della stessa località con tutte le loro famiglie, nonchè la chiesa di S. Maria di Tropea "avanti la porta vaticana". Nell'ottobre 1114 Guglielmo, Duca di Calabria e di Puglia, menzionerà la chiesa con le stesse parole del diploma del padre. E' la più antica testimonianza comprovante l'esistenza certa nel 1090 di 'Santa Maria di Tropea' che da quell'anno diviene proprietà di Montecassino. Il titolo del possedimento è stato più volte confermato dai governanti di turno nei secoli successivi ed è l'unico tra quelli indicati sull'antichissima porta ad avere tuttora la validità giuridica originaria. Da tale vincolo discende un vero e proprio patto di gemellaggio tra la comunità di Tropea e quella di Montecassino, che continua, attraverso un tempo quasi millenario (sono 916 gli anni!), ad operare ancora oggi, tanto ne è prova la presenza in città, il 9 settembre, durante la festa della Madonna di Romania, patrona di Tropea e della locale diocesi, dell'Abate nonchè Vescovo della diocesi di Montecassino (53 parrocchie) Mons. Bernardo D’Onorio al fianco del Vescovo di quella di Mileto - Nicotera - Tropea, Mons. Tarcisio Cortese. Peraltro, sarà Mons. D'Onorio il committente dei prossimi lavori di ritrutturazione del Santuario della Madonna dell'Isola, adempiendo al ruolo giuridico di titolare della pertinenza tropeana.
Tropea. Mons. Tarcisio Cortese, Vescovo della diocesi di Mileto - Nicotera - Tropea, il Cardinale Mons. Claudio Hummes e Mons. Bernardo D'Onorio abate e vescovo della diocesi di Montecassino durante la Processione della Madonna di Romania.
Dopo il 1040 in Calabria si era consolidato il dominio dei normanni, provenienti dalla lontana Danimarca e dalle penisole scandinave. Tale dominio, dopo la separazione tra la Chiesa d'Oriente e quella d'Occidente avvenuta nel 1054, fu riconosciuto dal Papa in cambio della diffusione - da parte della dinastia normanna - del cattolicesimo nei territori di conquista per contrastare la cultura araba imperante in Sicilia e sottrarre all'Ortodossia bizantina le diocesi greche delle regioni meridionali. Fu avviato quindi un massiccio processo di latinizzazione, attraverso la riorganizzazione della chiesa calabro-greca. Dalle cronache di quel periodo risultano molto fitte le relazioni tra i governanti normanni con la Chiesa tropeana. Numerosi sono i privilegi e le conferme di possedimenti firmati da Roberto il Guiscardo a favore della Chiesa calabrese ed in particolare dell'ultimo vescovo tropeano di rito greco Calociro che - a quanto racconta Goffredo Malaterra (Uxor vero, viduationem suspicata, Tropeam aufugit) - accolse nel 1062 con grande ospitalità e solenni onoranze la duchessa Sichelgaita (16 aprile 1640 - 27 luglio 1090), seconda moglie di Roberto rifugiatasi a Tropea in seguito alla notizia (falsa) dell'assassinio a Mileto del proprio consorte. Calociro seppe così bene accattivarsi la riconoscenza del Guiscardo, tanto che questi, con diploma del gennaio 1066, rogato da tal Giovanni, regalis clericus, confermò ed accrebbe i domini posseduti dal Vescovado di Tropea e i diritti sopra i villani della Chiesa, nominandolo Protosincello imperiale, posto più illustre fra i Sincelli e loro capo e fu in quell'occasione che la stessa Sichelgaita, riconoscente, fece dono al suo ospite benefattore del prezioso pastorale, il pezzo più pregiato, d'alta e raffinata oreficeria normanna, del tesoro custodito nella Cattedrale tropeana. Di lì a breve, l'alto prelato sarà nominato da Roberto suo Consigliere. Non vogliamo ora addentrarci nella querelle sull'origine normanna del pastorale avanzata dal Toraldo nel 1916 e smontata nel 1934 e ancora nel 1935 sulle pagine di Brutium da Angelo Lipinsky, unico a tutt'oggi che ne abbia voluto parlare, facendo risalire il bacolo di Tropea, come quello di Reggio di similare fattura e ritenuto anch'esso normanno, al massimo alla prima metà del 1400. Però il buon Toraldo aveva avanzato l'ipotesi che sì l'origine poteva essere normanna, ma solo nella parte superiore del manufatto e precisamente nelle due lamine che partono dal corpo centrale del pregiato bastone fino ad arrivare al tondo del manico, evidenziando lungo il percorso varie figure floreali di filigrana su campo smaltato in diversi colori. Ed era logico sostenere da parte dello storico tropeano che dopo secoli di impiego e uso continuato da parte di una ventina di vescovi, i componenti del bastone si siano deteriorati e quindi siano stati più volte ripresi e rifatti chissà da quante mani e scuole d'arte, depistando qualsiasi autorevole critico che si sia accinto ad una sia pure scrupolosa perizia.
Roberto il Guiscardo riceve il titolo di duca da papa Nicolò II - L'abate Desiderio e San Benedetto (Da antichi codici miniati dell'Archivio di Montecassino)
Scambio di favori - si diceva - quindi, largamente praticato anche in quel tempo lontano, come quello del Duca Ruggero, detto Borsa per la sua abitudine di contare e ricontare il denaro, che con diploma del dicembre 1094, accrebbe le donazioni fatte da suo padre al primo Vescovo di Tropea di rito latino, Tristano (o Tristeno), il cui nome risulta frequentemente storpiato in Iustego o Giustino, unendovi la sedia di Amantea, allora soppressa, e l'altro poi di Guglielmo il Malvagio, che, trovandosi a Messina, ne estese ampia conferma nel gennaio del 1155. E vediamo che lo stesso Tristano, con il quale venne realizzato con successo e in brevissimo tempo, almeno nell'esteso comprensorio della diocesi tropeana, il progetto politico-religioso di latinizzazione avviato nel 1054 da Roberto, sottoscrisse nel 1094 un atto del duca Ruggero Borsa, relativo alla consacrazione nei pressi di Stilo, in Calabria, di una chiesa dedicata alla Theotokos, insieme ai vescovi di Mileto, Nicastro, Catania e Squillace, mentre nel febbraio del 1099 risulta tra i firmatari - Ego Tristenus tropeanus episcopus subscripsi - di una donazione dello stesso Ruggero al monastero di S. Maria della Torre di alcuni villani di Squillace, di S. Severina e di Tropea. Ormai il territorio di Tropea appariva controllato politicamente dagli Altavilla anche sul piano amministrativo. E' in quest'epoca che risale la costruzione della Cattedrale e che la Città diviene un nevralgico e familiare punto di ritrovo normanno di teste coronate nonchè di autorevoli principi della chiesa. Vi troviamo nel 1138 la presenza di Maximilla, la sorella di Ruggero II, attestata da un atto rogato nell'aprile di quell'anno dal notaio Giovanni e sottoscritto dalla stessa Maximilla in latino, dove si rammenta tra l'altro che, essendo Ruggero in Calabria e accingendosi ad assediare Salerno, Maximilla, che risiedeva a Oppido, si recò a Tropea per incontrarlo. Come anche quella di papa Callisto II, il quale nel 1120 soggiornò a Tropea per consacrare, in pompa magna, la chiesa di Santa Maria de Latinis prima di recarsi a Panaia e fare la stessa cosa di quella dedicata alla Madonna dei Cento Ferri, così denominata poichè il pontefice nell'occasione era accompagnato da 100 cavalieri vestiti di armi ferree (<<associabatur a centum equitibus ferreis armis vestitis>> [cfr. Sergio, pag. 67 v.]). Per dare impulso e vigore alla riforma di occidentalizzazione succedeva sovente che l'amministrazione normanna si servisse oltre che di vescovi vicini alla politica imperiale, di monaci esperti per rifondare o trasformare le chiese bizantine e i monasteri basiliani che, disattendendo alle dottrine imposte dalla Santa Sede, continuavano ad impartire a interi territori, laddove l'opera di latinizzazione procedeva a rilento, quella cultura greco-orientale che la Chiesa di Roma aveva messo al bando. In tale quadro non meno importante si inserisce l'opera svolta dalla stessa Sichelgaita che intrattenne buoni rapporti con la Chiesa: in continuo contatto con il Vescovo di Salerno Alfano I e con l'Abate di Montecassino, suoi grandi amici, elargiva grandi donazioni ai monasteri di Cava e Montecassino.
L'ultimo vescovo tropeano di rito greco Calociro, la Duchessa Sichelgaita e il primo vescovo tropeano di rito latino Tristano. Le immagini dei vescovi sono tratte da antiche tavole visibili nei locali della sagrestia della Cattedrale di Tropea, dove Tristano è chiamato Giustino. Quella di Sichelgaita è un particolare di un dipinto che si trova nel salone di rappresentanza della Provincia di Salerno il cui autore è Giovanni de Mattia.
Come attesta il privilegio del 1090, qualche anno dopo la morte dell'abate Desiderio, Ruggero Borsa concesse - lo abbiamo visto - al Monastero la <<Tonnaria in territorio Tropeae loco qui Bordella vocatur>> e la chiesa di Santa Maria dell'Isola. E non è un caso che la titolare della "Tonnaria" fosse la Duchessa Sichelgaita, morta proprio nell'anno 1090, il 27 luglio. Ciò lascia supporre che tale concessione aderisse agli intendimenti della Duchessa che in vita era stata assidua benefattrice dell'Abbazia, cui tra l'altro la legava il vincolo di parentela con l'abate Desiderio, tanto è vero che il suo corpo fu sepolto, secondo le sue precise volontà, nel Monastero di Montecassino. C'è da notare che il testo del suddetto privilegio riguardante la cessione di Santa Maria dell'Isola
"insuper et ecclesiam S. Mariae, quae constructa esse videtur ante portam civitatis Tropeae, quae porta vaticana nuncupatur, cum duabus partibus de omnibus, quae pertinuerunt Bernardo, qui eandem ecclesiam construxit"
ci fa conoscere la figura di un certo Bernardo - non si sa chi sia questo signore (religioso, vescovo?) e quando sia vissuto! - che viene citato quale costruttore della chiesa. Conoscere il tempo in cui sia vissuto tale Bernardo è della massima importanza poichè ciò rivelerebbe senza ombra di dubbio la data della costruzione della chiesetta dell'Isola. Il fatto che nell'atto notarile sia stato citato il nome dell'ultimo proprietario del terreno, entro il quale fu edificata la chiesa, lascia supporre che Bernardo fosse una figura non solo nota in quel tempo ma che fosse vissuto a Tropea non molto lontano dal 1090 o addirittura sia stato vivente al momento della firma dello strumento notarile. Con altro diploma firmato - anche questo - nel 1090, il duca Ruggero "per la redenzione del suo genitore e della sua genitrice Sykelgaita e per la remissione di tutti i suoi peccati" concedeva all'Abbazia nelle mani di Oderisio il "monasterium S. Anastasiae, cum omnibus suis pertinentiis, in territorio Follocastri", la cui incisione sulla porta della basilica abbaziale è ricordata nella stessa formella che contiene il nome di Santa Maria di Tropea. Altra fonte nota, molto più circostanziata dello storico diploma del 1090, relativa al passaggio delle pertinenze tropeane, si rivela l'atto pubblico in data 13 ottobre 1685 (ricerca: Antonio Tripodi) per notaro Antonio De Bonati, operante a Tropea dal 1675 al 1702, che attesta la visita alla chiesa di 'Santa Maria di Tropea' del "Rettore del Citraro" Padre Geronimo Dentice dell'Ordine di Montecassino, durante la quale rileva delle mancanze, per la verità non gravi, e ordina attraverso tale atto una serie di correttivi o riparazioni. Il documento non solo da conferma, a distanza di sei secoli, dell'avvenuto passaggio della proprietà ma evidenzia anche la presenza a Tropea del rettore cetrarese che testimonia come 'Santa Maria' facesse parte di una serie di possedimenti benedettini in Calabria che erano accentrati nell'amministrazione cassinese di Cetraro. E ciò ci porta ad altro storico scenario - quello appunto di Cetraro -, non molto distante da quello già esaminato nel territorio di Tropea, che conduce puntualmente a luoghi, personaggi e situazioni a noi ormai familiari: Montecassino, l'abate longobardo Desiderio, Roberto d'Altavilla e l'ultima principessa longobarda Sichelgaita, figlia di Guaimaro V e sorella di Gisulfo II, principe di Salerno, nonchè consorte del più grande degli Altavilla, Roberto il Guiscardo. Fu infatti lo stesso Roberto che, in occasione del matrimonio con Sichelgaita celebrato a Melfi nel 1058, volle fare del borgo grazioso dono dotale alla moglie perché sapeva che le acque termali che qui sgorgano le avrebbero conferito quella fecondità necessaria a produrre una grande prole. Sichelgaita, un anno dopo la morte del marito, nell'anno 1086, sottoscrisse in Salerno un diploma, con cui la località detta "Cetraro con tutto 1 suo porto e con tutte le sue pertinenze" veniva offerta con il consenso del figlio, il duca Ruggero Borsa, all'Abbazia di S. Benedetto di Montecassino nelle mani dell'Abate Desiderio, eletto papa il 23 maggio dello stesso anno, per ingraziarlo dei buoni uffici prestati da quest'ultimo a Melfi, allorché i Normanni si riconciliarono con il papa Leone IX. Detta donazione nel 1090 fu confermata da parte del Duca Ruggero. Questo paese così divenne un possedimento dell'Abbazia di Montecassino per almeno 724 anni fino al 1810. Anche Fella, castello limitrofo a Cetraro, nel 1184, mediante permuta passò a Montecassino e l'appartenenza allo stesso priorato, per quattro secoli, portò ad una vera e propria unificazione dei territori dei due castri. A Cetraro, come in ogni altro castello, il monastero cassinese aveva la sua "Curia Minor" composta dal rettore, da baiuli, da buoni uomini e dal notaio. I componenti della curia minore gestivano il patrimonio, riscuotevano le tasse ed amministravano la giustizia. Il porto, i monasteri, i boschi, i pascoli, le acque e i mulini siti entro il territorio di Cetraro appartenevano al demanio del monastero di Montecassino, che aveva sul territorio di Cetraro ogni diritto e quindi la giurisdizione spirituale e quella temporale per le cause criminali e civili. La città per impedire una eccessiva potenza del capitano eleggeva periodicamente, in pubbliche riunioni, alla presenza del priore o del capitano stesso, i suoi Sindaci, Eletti, inviati speciali. I sindaci, dopo la loro elezione, si recavano a Montecassino sia per trattare con l'abate gli affari della comunità sia per prestare il consueto giuramento di fedeltà. In tale quadro, frequentissimi si consolidarono nel tempo i rapporti tra i siti calabresi posseduti da Montecassino, vuoi per la loro interdipendenza amministrativa vuoi per quella giuridica i cui percorsi portavano sempre al rendiconto e alle decisioni spettanti all'abate dell'Abbazia. Rapporti che coinvolgevano non solo i siti interessati ma anche le comunità dei vari centri cittadini dove erano allocati i possedimenti. Tali relazioni si svilupparono nei secoli a venire, in particolar modo nel Cinquecento, come quelle tra le città di Cetraro e Tropea. Un episodio per tutti accaduto nel 1588 è la concessione in affitto, da parte del magnifico Girolamo De Branca, procuratore dell'abate e del monastero di Montecassino, per due anni al nobile Luciano Mazzitello de Precalia (Parghelia) da Tropea, di un palo di tonnara nella terra di Cetraro. La concessione riguardava un ampio tratto di spiaggia e di mare tra la "petra di S. Maria di mare e il fiumicello per anco corre (segna il confine) la giurisdizione di detto sacro monastero". Il contratto vietava ai Cetraresi di "calare sciabache nè ponere altre sorte di ricze et fune de crine" inanzi al detto tratto di mare riservato alla tonnara, tuttavia obbligava il Mazzitello a vendere la quarta parte del tonno pescato "all'università e homini del Citraro" "alla Ragione (prezzo) di grana setti a rotulo". Il Mazzitelli e i "marinai" che avrebbero portato con sè per servizio di detta tonnara sarebbero stati esentati da ogni gabella, però i detti lavoratori, in eventuali cause per liti e ferimenti, sarebbero stati "trattati come cittadini di Citraro" e pertanto, oltre ad essere sottoposti al Capitano locale, avrebbero goduto degli stessi diritti della popolazione della città che li ospitava (cfr. L. Iozzi I marimai pescatori tra storia e tradizioni - Cetraro e dintorni).
Da un disegno dell'archivio di Montecassino: la chiesa di Santa Maria de Latinis in Tropea nel 1723.
Non mi resta che aggiungere, prima di concludere questo breve contributo, che nel già citato atto notarile 13/10/1685 viene menzionata un'altra chiesa tropeana, anch'essa possedimento dell'Abbazia di Montecassino e in quella occasione oggetto della visita del Rettore di Cetraro, Padre Dentice: la succitata Santa Maria de Latinis, dislocata fuori la cinta muraria della città nei pressi dell'attuale Calvario. La chiesa - come ci tramanda Francesco Sergio - era stata consacrata nel 1120 da Callisto II (1119 - 1124), quando venne a comporre Ruggero e Guglielmo. La chiesa in origine aveva annesso un monastero che fu soppresso, perchè piccolo, nel 1251. Concludendo, abbiamo assistito ad una serie di concessioni e donazioni di vario genere a favore del vescovato tropeano e dell'abbazia di Montecassino che i governanti normanni hanno voluto attuare, per la maggior parte dei casi, su espressa volontà di Sichelgaita, la quale, oltre ad essere "nobile, bella e saggia" a detta di Amato di Montecassino e "onesta, pudica, virile nell'animo e provvida di saggi consigli" secondo Romualdo, arcivescovo e storico salernitano, si è dimostrata essenzialmente sensibile e generosa benefattrice. Mi piace allora supporre che sia stata la stessa Sichelgaita a voler concedere 'Santa Maria di Tropea' all'Abbazia di Montecassino affinchè abate Desiderio, suo cugino, realizzasse la latinizzazione dell'antico cenobio basiliano intitolato originariamente a S. Pietro de Menna. Io sono del tutto convinto di non poterlo escludere. Anzi è una possibilità che trova ampia attendibilità nel contesto appena esaminato, visto anche che il passaggio di 'Santa Maria di Tropea' era stato formalizzato con lo stesso strumento con il quale veniva concessa la "Tonnaria" di Bordella in quel di Parghelia, di proprietà di Sichelgaita, nell'anno della morte della principessa longobarda di cui il figlio Ruggero raccoglieva le ultime volontà di essere seppellita nella quiete della casa benedettina di Montecassino, rifiutando di stare accanto al Guiscardo che si era fatto tumulare nella SS. Trinità di Venosa, nel sacrario dei duchi normanni, dove, più tardi Boemondo fece tumulare anche sua madre Alberada. E non credo sia un caso che nello stesso istante l'Abbazia di Montecassino accogliesse nella propria quiete millenaria il sonno eterno di Sichelgaita e il suono della dolce e rasserenante risacca del mare di Santa Maria dell'Isola di Tropea.
NOTE BIBLIOGRAFICHE Erasmo Gattola, Ad Historiam Abbatiae Cassinensis accessiones, quibus non solum de jurisdictione ...,Coleti, Venezia, 1734. G. Malaterra, De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae Comitis et Roberti Guiscardi Ducis fratris eius, a cura di E. Pontieri, Bologna 1928 (aprire o scaricare, e vedere cap. XXVII). Giovanni Crisostomo Scarfo Seniore, manoscritto citato da Michele Paladini in Notizie storiche sulla città di Tropea, Rizzo, Catania, 1930. Un'edizione anastatica è stata pubblicata a cura del Comune di Drapia con introduzione e nuovi documenti a cura di Saverio Di Bella, Sagraf, Napoli. Angelo Lipinsky, La datazione di lavori di argenteria quattrocentesca di scuola napoletana e Lo salto filogranato ed i pastorali di Reggio e Tropea, in Brutium rispettivamente 1934 e 1935. Leonardo Iozzi, Cetraro, Notizie storiche, MIT, Cosenza, 1973. Francesco Pugliese, Tropea e la sua terra, Grafica Calabrese, Vibo Valentia, 1974. Luigi Fabiani, Fine del dominio temporale dell'Abbazia di Montecassino, Badia di Montecassino, 1980. Leonardo Iozzi, Possedimenti e chiese cassinesi in Calabria - Cetraro e altre località, tipografia XX secolo, Roma, 1981. Francesco Sergio, Chronologica collectanea sive Chronicorum de Civitate Tropea, eiusque Territorio libri Tres Ab urbe nostra condita usque ad annum MDCCXX. Un'edizione anastatica è stata pubblicata a cura di Pasquale Russo, Athena, Napoli, 1988. Antonio Tripodi, In Calabria tra Cinquecento e Ottocento, Jason Editrice, Reggio Calabria, 1994. Michele Scozia, Sichelgaita Signora del Mezzogiorno, Guida, Napoli, 1994. Leonardo Iozzi, I marinai pescatori tra storia e tradizioni - Cetraro e dintorni, Pellegrini, Cosenza, 1995. Antonio Sposaro, "Santa Maria de Insula de Tropea", Romano, Tropea 1995. Santo Lucà, Giorgio Taurozes copista e protopapa di Tropea, in 'Bollettino della Badia Greca di Grottafferrata', Vol. LIII - 1999 - Gennaio-Dicembre. Giovanni Napolitano, Sichelgaita, principessa longobarda e duchessa normanna, Salerno. Abbazia di Montecassino, Pubblicazioni Cassinesi, Montecassino, 2005. Leonardo Iozzi, Il Monastero di Sant'Anastasia in Motta Filocastro, 2005