IL MONUMENTO TORALDO CALIMERA NELLA CHIESA DELL'ANNUNZIATA DI TROPEA Contributo alla conoscenza dei marmi napoletani in Calabria
di Mario Panarello ('Daidalos' lug-set 2002)
Città ricca e potente, non infeudata, Tropea rappresenta uno dei pochi centri della regione in cui lo status nobiliare si esprime non solo attraverso i palazzi, molti dei quali oggi in stato di degrado, ma anche tramite la volontà di affermarsi pure dopo la morte con la rappresentazione della propria immagine in lapidi e monumenti. E' esemplare, infatti, se confrontata con altri centri della regione, la concentrazione di lapidi e monumenti sepolcrali di diverse epoche, per i quali erano spese ingenti somme. Se l'attenzione degli studiosi si è prevalentemente concentrata sull'attribuzione della cinquecentesca tomba Cazetta, una delle più importanti nella regione, i numerosi monumenti barocchi, alcuni dei quali di un certo interesse, hanno trovato solo qualche menzione nelle guide locali1. Fra le opere importanti rimane ancora da identificare l'autore del seicentesco monumento di Caterina Scattaretica nella cattedrale, da individuare in ambito napoletano, mentre le ricerche d'archivio hanno restituito ad Antonino Amato il busto di Carlo Scattaretica nell'ex chiesa dei Gesuiti2. Di grande qualità il monumento funebre ad Alfonso Toraldo Calimera, che, dopo un'importante scoperta documentaria, si pone come opera rilevante per la storia della scultura napoletana del Settecento.
Tropea, chiesa dell'Annunziata, monumento Toraldo Calimera, particolare.
In relazione a questo monumento, precedenti studi3 hanno messo in rilievo la firma del marmoraro Andrea Raguzzino, apposta in un angolo sul basamento4. L'anno di realizzazione è deducibile dall'iscrizione, dalla quale si apprende che il fratello Bernardo fece realizzare l'opera a seguito della prematura morte di Alfonso avvenuta nel 1719 all'età di 46 anni.
Tropea, chiesa dell'Annunziata, monumento Toraldo Calimera, Angeli.
Un alto e composito basamento, convesso nella parte centrale, sul qual è steso il drappo con l'iscrizione, fa da base all'urna sostenuta da due leoni accovacciati che richiamano antichi prototipi medioevali. Il ritratto di Alfonso è contenuto entro una cornice ovale, poggiante sul fastigio del sarcofago e sotenuta da due angioletti seduti su volute. Ai lati dell'urna sono altri due angioletti in atteggiamento riflessivo; evidenti simboli del tempo 'finito' e della vita spenta, esplicitati dai rispettivi contrassegni della clessidra e della candela. Data la qualità, è evidente che i brani scultorei non possono essere opera di Andrea Raguzzino, peraltro noto solo come marmoraro. In un precedente studio avanzai l'attribuzione a Matteo Bottigliero, confrontando in particolar modo il ritratto con quello di Francesco Saverio Gurgo nella chiesa napoletana di S. Teresa agli Studi5, ma un documento edito di recente, cita Francesco Pagano quale autore delle summenzionate sculture6. Si tratta ad ogni modo di scultori (sia il Pagano che il Bottigliero), che, formatisi entrambi alla scuola di Lorenzo e Domenico Antonio Vaccaro, spesso collaborarono e si distinsero in ambito napoletano realizzando opere di gran rilievo, come vedremo, alcune delle quali dirette da Domenico Antonio Vaccaro. Il documento, edito da Vincenzo Rizzo, nel volume su Lorenzo e Domenico Antonio Vaccaro, rinvenuto nei banchi napoletani, non fa menzione del luogo cui le sculture erano destinate, ma le indicazioni fornite circa la composizione dell'opera, la presenza di Andrea Raguzzino quale marmoraro e la data, 1720, non lasciano dubbi che si tratti proprio del monumento tropeano7. Lo studioso fa giustamente notare come l'importanza del documento consista nel fatto che segnali uno dei primi interventi scultorei di Francesco Pagano come ritrattista, poichè le prime opere sinora note del genere, i ritratti di Irene Marescalla e Pompeo Colonna nella cappella di Sant'Oronzo in San Pietro a Maiella, realizzati su disegno di Domenico Antonio Vaccaro8, risalgono solo al 1728. Nel ritratto di Alfonso Toraldo "il volto sofferente si volge, come di consueto, verso l'altare e la figura, con le braccia tagliate dalla cornice, appare costretta entro lo spazio ellittico del medaglione marmoreo, che si configura così come una finestra che permette la comunicazione tra lo spazio della chiesa e quello ultraterreno, da dove il defunto, fissato nella contemplazione eterna di Dio, non potrà più ritornare. Il volto del personaggio, inoltre, comunica una certa tensione, un'inquietudine, che lo annoverano non fra gli esempi canonici, ma tra quelli più particolari della produzione napoletana, limitandoci nello stesso tempo nell'istituire rapporti con la pittura, quasi sempre palesi in questo campo, poichè l'opera rivendica una sua autonomia legata alle potenzialità espressive proprie della scultura"9. Permangono le assonanze con il ritratto di Francesco Saverio Gurgo in Santa Teresa agli Studi a Napoli del 1715 di Matteo Bottigiero, ma bisogna dare adito al fatto, che, nonostante le assonanze fra le due culture, dovute alla giovane età dei due personaggi e all'espressione turbata dalla percezione di una prematura morte, la scultura del Pagano riesca ad esprimere un maggiore turbamento dello spirito rispetto alla più mondana rappresentazione del Bottigliero. Del resto, la critica concorda nel considerare il Pagano tra i migliori ritrattisti del Settecento napoletano. Alle fattezze fisionomicamente connotate del ritratto si contrappongono quelle idealizzate dei quattro putti, scolpiti con grande accortezza e studiati nelle pose e nelle espressioni. Tuttavia, malgrado l'idealizzazione, la caratterizzazione dei volti con la fronte alta e protuberante, le arcate sopracciliari alte, la capigliatura fluente e resa con grosse e compatte ciocche, precisano lo stile di Francesco Pagano in quegli anni.
Tropea, chiesa dell'Annunziata, monumento Toraldo Calimera, ritratto
Le sculture ricordano alcuni angeli in altari di Giuseppe Bastelli, e in special modo quelli che affiancano l'icona Vetere nella cattedrale di Foggia, forse del Pagano, il cui dossale è stato realizzato nel 1730 da Giuseppe Pucci, marmoraro che, guarda caso, aveva eseguito il rivestimento marmoreo della soprannominata cappella di Sant'Oronzo nella chiesa di San Pietro a Maiella, juspatronato della famiglia Marescalla di Lecce10. Le sculture di Tropea, eseguite da Francesco Pagano, aprono uno spiraglio, come auspicava Vincenzo Rizzo, sull'attività giovanile dell'artista i cui estremi cronologicamente sono recentemente stati ampliati dallo studioso, che sposta al 1994 l'inizio dell'attività dello scultore11, fino alla già nota data di morte nel 1764.
Tropea, chiesa del Rosario, reliquario marmoreo di Santa Virginia.
Tropea, cattedrale, altare della cappella di Santa Domenica, particolare.
Il ritratto di Alfonso Toraldo Calimera del 1720 si pone quindi, al momento, all'inizio dell'attività dello scultore come ritrattista di cui ricordiamo, nelle chiese napoletane, oltre ai già citati ritratti Marescalla-Colonna, la statua di Gaetano Argento (morto nel 1730) in San Giovanni a Carbonara, su disegno di Ferdinando Sanfelice, i busti di Michele e Andrea Giovine del 1734 nella chiesa della Nunziatella, il monumento funebre di Ettore Carafa della Spina del 1737-38 in San Domenico Maggiore, anno in cui porta pure a compimento il monumento funebre di Gennaro Acampora in Santa Maria dell'Aiuto12. Ma l'attività del Pagano, come si sa, non si limita alla realizzazione di soli monumenti funebri. Sempre a Napoli, l'artista prende parte alle più importanti imprese scultoree di metà secolo; basti ricordare la guglia dell'Immacolata, dove lavora pure Matteo Bottigliero. Insieme, i due scultori realizzano pure angeloni e vari angioletti per l'altare della chiesa del Gesù Nuovo. Una delle più importanti imprese decorative e scultoree si svolge, inoltre, proprio in Calabria: si tratta dell'altare maggiore della chiesa di San Domenico a Soriano, purtroppo perduto, ma ampiamente documentato, e rappresentato da alcuni frammenti superstiti al sisma del 1783 che hanno distrutto l'intero complesso conventuale. All'opera intervengono, fra il 1751 ed il 1753, il Pagano ed il Bottigliero accanto al marmoraro Francesco Raguzzino, che già da qualche tempo seguiva l'impresa. Per questa gli scultori eseguono numerose opere fra allegorie, angeli, angeloni e bassorilievi, oltre ad una statua di San Tommaso d'Aquino, recentemente individuata dallo scrivente come opera del Pagano, distinta dal San Vincenzo Ferrer assegnata al Bottigliero13. Apprezzabile nel monumento Toraldo Calimera è anche la realizzazione della parte decorativa che investe la struttura, la quale potrebbe essere stata ideata dallo stesso Andrea Raguzzino che, come si è detto, firma l'opera. I dettagli decorativi si distinguono per la definizione netta che caratterizza specialmente il blasone posto sul sarcofago e i folti racemi che lo affiancano. I leoncini invece, come riporta il documento, sono opera del Raguzzini guidato dal Pagano. Alla qualità decorativa del monumento Toraldo Calimera si accostano diverse opere marmoree esistenti in Tropea, da me assegnati allo stesso marmoraro14. Si tratta dell'altare, purtroppo mal rimontato, di Santa Domenica, nell'omonima cappella della cattedrale, e del simile reliquiario marmoreo di Santa Virginia nella chiesa del Rosario15. Pure allo stesso marmoraro si potrebbe ascrivere il tabernacolo nell'Annunziata, dove trova posto il monumento Toraldo. Gli altari-reliquiario si caratterizzano soprattutto per la parte centrale, che accoglie lo sportello bronzeo; gruppi di testine alate circondano l'apertura, mentre fastosi racemi incorniciano in modo diverso i due reliquiari. Due angeli, seduti su vorticose spirali marmoree, chiudono ai lati il reliquiario quasi come perenni custodi. Fra questi, spicca in particolare la qualità scultorea di quelli che affiancano l'urna di Santa Domenica, di chiaro sapore vaccariano, sostanzialmente diversi da quelli del monumento Toraldo Calimera, ed ancora diversi dagli angeli che affiancano il reliquiario di Santa Virginia. Questi ultini, in particolare, presentano le braccia protese verso l'alto, facendo supporre che sostenessero qualche elemento, proprio come gli angeli bronzei fanzaghiani del ciborio di Serra San Bruno. E' evidente che a realizzarli siano stati diversi scultori, e forse per gli ultimi menzionati potrebbe essere intervenuto anche lo stesso Raguzzini.
NOTE 1 Sulla problematica specifica dei monumenti funebri calabresi vedi M. Panarello, Monumenti sepolcrali tardobarocchi in Calabria: prime note per una catalogazione regionale, in "1734-1861, I Borbone e la Calabria, temi d'arte, architettura e urbanistica, a cura di R. M. Cagliostro, Roma 2000, pp. 123-138. 2 A. Tripodi, In Calabria tra Cinquecento e Ottocento, ricerche d'archivio, Reggio Calabria 1994, pp. 156-257. 3 M. Panarello, Novità su San Domenico in Soriano, studi e proposte di ricerca, in "Rogerius", anno I, n. 1, gennaio-giugno 1998, p. 37; idem, Monumenti... cit. 4 Idem, Novità...cit. 5 Ibidem. 6 V. Rizzo, Lorenzo e Domenico Antonio Vaccaro, apoteosi di un binomio, Napoli 2001, p. 242. 7 Ibidem. Riportiamo di seguito il documento rinvenuto da Rizzo: A.S.B.N., Banco dei Poveri, giornali copiapolizze, matr. 983, 6 marzo 1720: "A don Carlo Destito, ducati 10 e per esso ad Andrea Reguzzino, per altritanti, e per esso a Francesco Pagano in conto di 95 ducati quali pagamenti sono per la costruzione e manifattura di quattro bottini, due di essi dovranno essere all'impiedo di palmi 4 l'uno e di altezza, con i suoi geroglifici, in mano, et anco nelli suoi piedi, e gli altri due dovranno essere seduti di grandezza palmi 21/4 l'uno senza geroglifici in essi due, ed un ritratto di palmi tre vestito e tutte due figure dovranno essere servata la forma dei modelli di creta fatti dal detto Francesco Pagano, con l'obbedienza di ritoccare ed assistere con la sua dettatura la costruzione di due leoni per servizio di detta opera, quali ducati 95 se li promettono corrispondeli in conformità dell'avanzamento di dette due fatiche, di come gradualmente avanzerà detto lavoro, gli si darà il danaro...". 8 Su queste opere vedi V. Rizzo, Notizie su Gaspare Traversi ed altri artisti napoletani del '700, in "Napoli Nobilissima", vol XX, gennaio-aprile 1981, fasc. I-II, pp. 19-38. 9 M. Panarello, Monumenti... cit. 10 Sulla cappella vedi tra gli altri lo studio di M. Pasculli Ferrara, Arte napoletana in Puglia dal XVI al XVIII secolo, Fasano 1983, pp. 30-35. 11 V. Rizzo, Lorenzo... cit., p. 207. 12 Su questi monumenti e per una biografia dell'artista vedi T. Fittipaldi, Scultura napoletana del Settecento, Napoli 1980, pp. 106-107. 13 per questa problematica e relativi riferimenti bibliografici e documentari vedi M. Panarello, La "Santa Casa" di San Domenico in Soriano Calabro, vicende costruttive di un grande complesso barocco, Soveria Mannelli 2001. 14 M. Panarello, I protagonisti della decorazione: mastri marmorari e professori di stucco, in Atlante del Barocco in Italia: Calabria, a cura di R. M. Cagliostro, Roma 2002, pp. 138, 431-433. 15 L'opera è stata oggetto di interesse nello scritto di A. Preiti, Distruzioni ed assemblaggi dei monumenti barocchi a Tropea, in Atlante del Barocco in Italia: Calabria, pp. 576-578.