Castelgandolfo, 15 settembre 2001.
Don Pantano offre al Santo Padre il medaglione dorato in ricordo del Cantenario.

L'ANNO MOTTOLIANO
 

di Domenico Pantano
 


PREMESSA
Mi sembra opportuno ricordare su <<Calabria Letteraria>>, nella ricorrenza del I Centenario della nascita, il Servo di Dio don Francesco Mottola (3 gennaio 1901-2001) che ebbe come alunno il direttore di questa rivista, il prof. Emilio Frangella.
Il Servo di Dio, rettore e docente di lettere del Seminario Vescovile di Tropea, nella sua sensibilità educativa e culturale, avviò i suoi alunni all'esperienza giornalistica, con la pubblicazione di <<Cor Cordium>>, un giornalino manoscritto, la cui direzione affidò al giovane studente Emilio Frangella (Cfr, Domenico Pantano, <<Cultura, letteratura, e poesia in Don Francesco Mottola>> in <<Calabria Letteraria>>, Luglio-Agosto-Settembre 1984, pp.112-115.
Questa benemerita, gloriosa e vetusta rivista, che non conosce l'usura del tempo, ha, perciò, le sue 'radici', nell'humus ubertoso della mente e del cuore di don Mottola.
Egli fu aperto alla 'Cultura' intesa nel senso più nobile, come pienezza di 'Umanesimo integrale', che mira alla crescita dell'uomo nella totalità delle sue qualità spirituali, intellettuali e biopsichiche.


Tropea, 3 gennaio 2001. Cinema Eliseo.
I Vescovi Mons. Cortese, Mons Rimedio, il Sindaco di Tropea Prof. Vallone,
il Senatore Bevilacqua e l'Avv. Porcelli presidente del Consiglio provinciale.

L'ANNO MOTTOLIANO
Il 2001 - proclamato <<Anno Mottoliano>> dai figli spirituali del Servo di Dio, dalla diocesi e dalla cittadina che gli diede i natali (Tropea 3 gennaio 1901-29 giugno 1969) è stato animato da diverse iniziative, che hanno avuto l'obiettivo primario di <<fare memoria>>, cioè rendere vivi e presenti gli insegnamenti, le opere e, in particolare, la figura e gli esempi dell'uomo di Dio.
'Fare memoria', perciò, significa, per quanti vogliono dare un senso alla vita secondo il suo carisma, risentire la sua voce e rivivere i suoi esempi nella realtà concreta del nostro tempo: pensare, valutare, decidere e agire secondo quello, che egli definiva lo 'stile oblato'.
E' lo 'spirito oblato', che informò e animò la sua vita, che egli definiva 'oblazione', cioè 'dono totale', che riguarda e prende la totalità dell'essere e dell'agire.
E' lo <<ECCOMI! ECCOMI TUTTO!>>, che pronunciò e scrisse con lettere di sangue, nel suo Diario il 27 maggio del 1942, poche ore prima che fosse colpito dalla paresi, quasi lo presagisse, e ripetè nei 27 anni di vita 'crucisignata' fino alla morte (29 giugno 1969).
E' lo <<ECCOMI, ECCOMI QUI>>, che agonizzante proclamò, in un ultimo, supremo sforzo, sollevandosi leggermente sui gomiti, con gli occhi ardenti fissi verso il cielo, prima di emettere l'ultimo respiro, come testamento e suggello, per presentarsi purificato all'Eterno.
 
 


Tropea, 3 gennaio 2001. Casa Don Mottola.
Mons. Cortese accende la lampada della Casa Natale di Don Mottola.



INIZIATIVE PER L'<<ANNO MOTTOLIANO>>
L'anniversario della nascita (3 gennaio 2001), in cui è stato celebrato il giubileo della famiglia oblata, con la partecipazione di diverse centinaia di persone provenienti da tutta l'Italia. Per l'occasione è stata riaperta la casa natale del Servo di Dio, vero museo sacro e civile per il valore spirituale di quanto gli appartenne, per la vetustà dell'edificio e per l'interesse artistico dell'arredamento d'epoca.
Come atto simbolico il vescovo della diocesi Mons. Domenico Cortese - insieme a Mons. Girolamo Grillo Vescovo di Civitavecchia-Tarquinia, il sindaco di Tropea Gaetano Vallone e, in rappresentanza della famiglia oblata, don Domenico Pantano, Lucia Amato e Giuseppe Lo Cane ha acceso una lampada, posta all'ingresso principale, come ricordo dell'immagine familiare a don Mottola, che l'aveva mutuato da Giovanni Pascoli, poeta a lui carissimo.
Nel pomeriggio del 3 gennaio è stata tenuta al Cinema Eliseo una tavola rotonda sul <<Pensiero, la figura e l'opera>> del prete tropeano alla quale hanno partecipato Mons. Girolamo Grillo come moderatore, Mons. Ignazio Schinella rettore del Seminario Teologico di Catanzaro e il prof. Giacinto Namia Preside del Liceo Classico di Vibo Valentia.
Don Domenico Pantano, a nome della famiglia oblata, ha dichiarato aperto l'<<Anno Mottoliano>> e ne ha indicato le motivazioni e gli obiettivi.
L'anniversario dell'ordinazione sacerdotale (5 aprile) è stato commemorato, con una concelebrazione nella Casa Natale di don Mottola presieduta da Don Pantano.
E' seguito un incontro, durante il quale sono stati illustrati i criteri della distribuzione di quanto appartenne al Servo di Dio nelle varie stanze. Esse sono come capitoli vari, che narrano l'avventura di una vita donata a Dio e agli altri.
E' stato anche costituito un comitato di oblate, di oblati e di signore, i quali a turno assicurano l'apertura della Casa e forniscono le informazioni per capire il messaggio e gustarne i contenuti spirituali e culturali di quanto in essa è custodito.


Tropea, 28 aprile 2001. Cinema Eliseo. Premio Don Mottola.
Il Prof. Lo Cane, Don Di Bella e Mons. Cortese che consegna il premio
a Padre Danza.

La XIII edizione del Premio don Mottola (28 aprile), che è stato assegnato a Padre Bonaventura Danza Minore Conventuale, Direttore della Biblioteca Teologica Internazionale del Seraphicum di Roma, come riconoscimento del prezioso contributo, che ha dato, con il riordino dell'Archivio e la schedatura della biblioteca di don Mottola.
Padre Danza ha tenuto un'interessante relazione sulla 'stupefacente scoperta' di questo 'gioiello' di santità, di cultura e arte, fatta per caso, in una sua vacanza a Tropea.
Recital <<Il Viandante dell'Assoluto>>, nel quale con quadri plastici e brani tratti dai suoi scritti viene descritta la meravigliosa avventura dell'uomo insaziabile ricercatore di Dio.
La rappresentazione del Recital è stata ripetuta anche a Vibo suscitando interesse ed entusiastici apprezzamenti, in particolare per la danza mimetica dei bambini e delle vergini con le lampade accese.


Tropea, 29 giugno 2001.
Premiazione degli alunni della scuola media di 1° e 2° grado.
La prima classificata per la scuola media Graziella Veneziano (Rossono),
per la scuola media superiore Santina De Patto (Liceo Classico Corigliano Calabro)
con Mons. Cortese, il Sindaco Vallone e l'Assessore Macrì.

Il XXXII anniversario della morte (29 giugno) ha avuto particolare rilievo con una concelebrazione presieduta dal vescovo Mons. Domenico Cortese e con l'assegnazione dei premi ai vincitori del Concorso Don Mottola per gli alunni delle Scuole Medie e delle Scuole Superiori. Vari sono stati i partecipanti che hanno trattato con preferenza l'appassionato impegno di Don Mottola in favore dei sofferenti e degli ultimi.


Tropea, 9 settembre 2001.
Il Cardinale Saraiva, Mons. Cortese, Mons. Pantano
nella processione sella Madonna della Romania.

La celebrazione ufficiale del I centenario della nascita (8 settembre) con la significativa presenza di Sua Eminenza il Cardinale Josè Saraiva Mastins Prefetto della Congregazione delle Cause dei santi, delle Autorità religiose e civili e di molti fedeli. Mons. Saraiva ha tenuto un'interessante omelia su Don Mottola, mettendone in luce il suo contributo sotto l'aspetto antropologico, civile, ecclesiale, ascetico e mistico, attualizzando il messaggio per l'uomo del nostro tempo.
Fra l'altro ha definito don Mottola 'gigante' della santità e si è augurato che la Chiesa possa al più presto proporlo agli onori degli altari (Registro Casa Mottola).
 


Castelgandolfo, 15 settembre 2001.
Lucia Amato Sorella Maggiore delle Oblate offre
al Santo Padre un artistico indumento liturgico 
ricamato a mano da un'oblata, che riproduce
lo stemma pontificio.

Castelgandolfo, 15 settembre 2001.
Giuseppe Lo Cane, Fratello Maggiore degli Oblati
offre al Santo Padre i primi quattro volumi
dell'Opera Omnia pubblicata dall'Editore Rubbettino.

Udienza particolare del Santo Padre per la famiglia oblata (15 settembre): è da considerare come il 'centro' e il 'culmine' dell'<<Anno Mottoliano>>. La paterna accoglienza di Giovanni Paolo II nell'aula delle udienze di Castel Gandolfo a un folto numero di rappresentanti della famiglia oblata provenienti da tutta Italia, il saluto del Vescovo Mons. Domenico Cortese, il messaggio del Santo Padre, le foto-ricordo, restano come pietra miliare nella storia della famiglia oblata. Mons. Cortese ha presentato don Mottola come <<il dono più bello della nostra Chiesa... Anima sacerdotale autentica, ardente di carità, il quale brilla quale faro di vivida luce evangelica nella nostra terra>>. Il Santo Padre ha richiamato l'attualità del messaggio di don Mottola <<Sacerdote generoso e illuminato della nostra cara diocesi, il quale ha lasciato una traccia profonda nella vita ecclesiale e nel contesto culturale e sociale in cui visse, diffondendo l'influsso della sua azione apostolica ben oltre i confini della Calabria>>.
Ha, quindi, raccomandato ai sacerdoti oblati, alle oblate, agli oblati laici e alle Consacrate del Sacro Cuore, di approfondire e rendere sempre più attuale e vitale il carisma del Fondatore.
A nome della famiglia oblata don Pantano ha offerto al Santo Padre una busta con un'offerta per la carità del Papa, e un artistico medaglione dorato, opera del maestro G. Paulli, che rappresenta, da una parte, don Mottola con alcuni ragazzi disabili, con la scritta <<Eccomi>> e, dall'altra, don Mottola che accompagna una persona con nello sfondo il panorama di Tropea.
Lucia Amato Sorella Maggiore delle Oblate ha offerto un artistico paramento per la Santa Messa ricamato a mano, che riproduce lo stemma pontificio e simboli eucaristici.
Giuseppe Lo Cane Fratello Maggiore degli Oblati Laici ha offerto i primi quattro volumi dell'Opera Omnia, pubblicata dall'Editore Rubbettino.

INIZIATIVE PROGRAMMATE
La solenne chiusura dell'<<Anno Mottoliano>> (3 gennaio 2002);
Il Congresso scientifico sulla <<Spiritualità meridionale e don Mottola>> (3-5 gennaio 2002);
La premiazione delle migliori tesi di laurea per gli alunni delle Università Statali, non Statali, Università Teologiche e Istituti Superiori di Scienze Religiose, con premi distinti per ogni categoria di istituto (29 giugno 2002).

COMPLESSITA' DELLA FIGURA UMANA E SACERDOTALE
A distanza di cento anni dalla nascita (3 gennaio 1901-3 gennaio 2001) e a quasi trentadue dalla morte (29 giugno 1969), il giudizio, che meglio coglie la figura di quest'umile servitore di Dio e dell'uomo, è quello incisivo, lapidario ed altamente significativo, espresso da un altro santo, legato al prete tropeano da fraterna amicizia, l'On. Giorgio La Pira, il 'Sindaco Santo' di Firenze e 'Ambasciatore di Pace' nel mondo, il quale, nell'apprendere la notizia della morte, fra l'altro, così scriveva: <<... ricorrerò a Lui come ad un grande santo, di grande intercessione presso il Signore! Don Mottola era davvero senza retorica, fonte mediatrice di acqua viva, zampillante sino alla vita eterna: era uomo di preghiera profonda, tempio di Dio, purezza senza ombra, sofferenza crocifissa!... Seppi della Sua morte ad Assisi il 15 agosto (1969); mi dissero:E' morto un santo, Don Motola. Un'anima certosina nel mondo: sacerdotale, autentica, piena di carità, piena di luce, piena di speranza! Ora Egli intercede presso la Madonna per tutti noi>>.
La complessa figura del servo di Dio è delineata nella ricchezza delle sue sfaccettature, che non è facile cogliere in una formula sintetica.
E' il senso del mistero, che si avverte, quando l'umano e il divino si intrecciano, in modo così ineffabile da creare quello che don Mottola definiva il 'capolavoro', l''opera d'arte' di Dio, nella realizzazione piena dell'essere, il santo.
In lui era viva l'esigenza di unificazione di se stesso e dell'uomo in Dio: <<Essere uni nell'Unico>> ripeteva.
Con una certa benevola ironia soleva anche dire: <<Delle volte ho sorriso quando ho letto questa affermazione <<Dio solo>>, Dio solo, sì, ma a patto di essere <<Dio completo>>, di trovare Dio in tutte le cose, anche nella natura, anche nelle pietre della strada e negli angeli del cielo... non amare nessuno, ma a patto di amare tutti>>.

UNA VITA DONATA
Dall'ordinazione sacerdotale (5 aprile 1924) al giugno del 1942, è il periodo, che, in modo improprio alcuni definiscono 'attivo', per distinguerlo dai ventisette anni seguenti di vita 'crucisignata' per una paresi che stroncò il suo apostolato nel momento culminante della sua attività sacerdotale.
In modo vivo, così descrisse questa esaltanta avventura: <<Da Brattirò a Reggio, a Belmonte, a Longobardi, ad Amantea: e il mio itinerario continua, col desiderio vivo di spargere fiamme nel mio povero cammino. Avanti! Ora non mi guarderò più indietro...>> (Diario dello Spirito, 1 maggio 1937). Ed ancora: <<Da Reggio a Tropea, da Tropea a Firenze, prima di Reggio a Salerno, a Catania, ho peregrinato da anima ad anima. Ma sento tremendo il vuoto di una conquista che non sia conquista interiore di Dio>> (Ivi, 25 settembre 1941).
La <<conquista interiore di Dio>> si realizzerà in modo più pieno nel secondo periodo della Sua vita (1942-1969), apparentemente 'inattivo', secondo una visuale umana.
Per la paresi, rimase condizionato nei movimenti per la gamba destra paralizzata e potè esprimersi con difficoltà con suoni inarticolati e non sempre comprensibili.
Fu questa la penitenza più grande per uno come lui, che era richiesto in tutta Italia per corsi di formazione e di aggiornamento all'Azione Cattolica, conferenze, esercizi spirituali, ritiri, ecc..
Ma nei piani della Provvidenza - come Lui stesso riconosceva - è stato il periodo più fecondo, per le tante anime di ogni ceto sociale che ricorrevamo a Lui.
Le oltre settemila lettere, che ci rimangono, e le opere e le iniziative che fiorirono sono un segno della fecondità della sua vita crocifissa, come la definiva La Pira.
La sua presenza silenziosa, sofferente e raccolta ai corsi da lui promossi, era più di una predica. Reso sempre più conforme a Cristo Crocifisso, seminò serenità e pace, inquietando le coscienze alla ricerca di Dio, attraverso la direzione spirituale e con i suoi scritti.
Poneva il sigillo ad una vita vissuta come 'oblazione totale', cioè, <<offerta, consacrazione e immolazione>> e come <<buon pane per essere mangiato fino all'ultima briciola>>, con l'espressione scandita chiaramente, con il volto e l'occhio raggiante di luce, in un supremo sforzo di staccarsi dal letto di morente: <<Eccomi tutto! Eccomi qui>> (29 giugno 1969),

ATTUALITA' DEL SUO MESSAGGIO E LA CRISI DEL NOSTRO TEMPO
La testimonianza di vita, le opere e il messaggio, che Egli ci lascia, rivelano la sorprendente attualità per la capacità di individuare i problemi alla luce della fede e dello studio, che curò con passione fino agli ultimi giorni.
Riconoscibili sono i vari contributi religiosi, letterari, filosofici e sociali, anche di scrittori stranieri, in particolare francesi. Maritain, Mounier, Marcel, Mauriac, Berrnanos, De Lubac e di riviste specializzate, che alimentarono la sua mente e lo aprirono ai fermenti di novità, facendolo un <<pastore secondo il cuore di Dio>> (Mons. Cantisani Presidente della Conferenza Episcopale Calabra Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace), un 'precone' del Vaticano II (Mons. Agostino Arcivescovo Metropolita di Cosenza), un 'profeta dei nuovi tempi' (Mons. Rimedio Vescovo di Lamezia Terme).
Egli non è il puro contemplativo, che si estranea dal mondo, ma avverte e si fa carico delle contraddizioni del suo tempo.
Risalta spesso nei suoi scritti l'attenzione all'<<ora triste che volge>> e <<al buio ciclone di sangue, che ci percuote>> (Lettera ai Sacerdoti Oblati, 5 giugno 1940), data dell'entrata in guerra dell'Italia, Ed. Rubbettino).
Così anche la sensibilità e il realismo con cui segue le vicende della Chiesa del Concilio Vaticano II, quando annota: <<Siamo in un momento triste per tutti, un momento di transizione - come dopo tutti i Concili Ecumenici>> (Ivi, 20 agosto 1968).
Nello stesso tempo ricorda le intime relazioni fra ciò che è dentro di noi e le realtà esteriori: <<La pace esterna non può essere che il rifiorire della pace interiore dello spirito>> (Ivi, 13 giugno 1940). Il suo occhio aperto alle vicende umane, così piene di contraddizioni, non si ferma alle apparenze, ma sulla scia dei grandi pensatori come Agostino, Vico e Pascal, penetra e ricerca le cause intime del divenire storico.
Il vuoto morale e spirituale dell'Occidente e, in particolare, le pretese dell'Illuminismo e della ragione di costruire una società senza Dio e senza Cristo fu <<un attentato... tanto più pericoloso, in quanto... trasse seco necessariamente l'idolatrizzazione degli scopi e degli orientamenti naturali>>.
Avviene così la <<apostasia in massa da Cristo, che caratterizza lo spirito d'Occidente>> (Itinerarium Mentis, Ed. Rubbettino, 59-60).
Sono le radici della civiltà europea, il cui sradicamento è così vivamente oggi avvertito nello scontro delle culture del mondo della globalizzazione, che è alla base della crisi di questo tormentato inizio del terzo millennio.

CRISI DI PENSIERO
Egli individuò le cause dei mali che affliggono la società in una duplice crisi: 'crisi di pensiero' e 'crisi di santità'.
Le considerazioni da lui fatte dagli anni Trenta agli anni Sessanta, possiamo ritenerle ancora validissime per conoscere il nostro tempo e per un orientamento pastorale, culturale e spirituale nel terzo millennio.
Gli uomini - ribadisce - <<presi da tante quisquilie non pensano più>> e <<più che mai chiusi ad ogni rigore di logica, sono incapaci di ragionare>>.
E', in altri termini, quello che fu definito 'il pensiero debole' ('Vattimo') del nostro tempo, che porta inevitabilmente al 'Relativismo' e al 'Nichilismo'.
Dinanzi alla tragedia del '900, sconvolto da due guerre mondiali, egli vide nelle ideologie aberranti, in particolare del Nazismo, del Razzismo e del Comunismo, la genesi di tutti i mali, che avrebbero portato ineluttabilmente alla guerra. <<'Vivere sibi' (Vivere per sè): ecco l'origine di ogni male, ecco la posizione arbitraria che gli uomini anche dopo la morte di Cristo, hanno assunta>>.
E con profetica e realistica intuizione non ebbe paura di scrivere in pieno clima fascista nel 1938: <<Nazismo e comunismo: son le posizioni estreme (che si toccano) di questo contrasto umano, che conduce necessariamente alla guerra... Vivere sibi: spiega tutte le deviazioni di pensiero e di vita nell'individuo, nella famiglia, nella società, nell'anima, che è il germe di tutto>>. E con realismo aggiungeva: <<Paganesimo, ateismo, materialismo, Fascismo, Liberalismo, miscela di nazionalismo e di socialismo più o meno ibrido della croce uncinata, opposta alla croce di Cristo>> (Diario 23 marzo 1938).
Per questo motivo, convinto che solo una fede radicata nei veri ed autentici valori realizza la persona nella sua pienezza di 'Umanesimo integrale', si fece promotore della formazione dei laici, in particolare della donna, e dei sacerdoti, attraverso iniziative varie di carattere culturale e sociale, come le 'Settimane di Studi Cristiani', i 'Seminari di Cultura', le 'Settimane Campestri' per il mondo rurale e gli operai, Corsi di aggiornamento e la pubblicazione della rivista <<Parva Favilla>> e di opere di carattere spirituale, educativo, morale, teologico e storico-letterario.

CRISI DI SANTITA'
Con convinzione affermò che la <<santità salverà il mondo>> e, da uomo concreto, ne chiariva la natura: <<Una santità personale, che si irradia in opere di carità sociale, ecco l'apologia più efficace di tutti i tempi>>.
Con forza la sua convinzione si esprimeva in accorata preghiera: <<Signore, mandaci dei santi.. Nelle grandi crisi storiche è così che ti sei reso presente in mezzo a noi: con la polenica (polemica è combattimento), con l'apologia (apologia è glorificazione) della Santità... Mai come ora si sente, come nelle ore cruciali della storia, la necessità dei santi>> (<<Faville della Lampada>>, 51-52, Editore Rubbettino).
Per questo motivo ebbe come impegno primario la santificazione del clero e dei laici. Già negli anni Venti affermò il dovere di educare anche i fedeli alla contemplazione, in particolare quelli che si dedicano all'apostolato. Nella sintesi di 'Azione-contemplazione' vissuta nel mondo pose le basi di quella che sarà chiamata 'spiritualità oblata'.
Anche i laici coniugati, secondo i doveri del proprio stato, sono chiamati come battezzati a portare il lievito del Vangelo nel mondo. Infatti l'uomo, con l'inserzione di Cristo nella storia umana, non è più 'l'animale razionale' del filosofo, ma 'l'animale razionale cristificato', che 'nella pienezza di Cristo trova la sua compiutezza' e deve essere il 'plagiario', l'opera d'arte del volto di Cristo nel mondo.
L'Istituto Secolare delle Oblate fondato insieme ad Irma dei Conti Scrugli, grande anima mistica, la 'Chiara Tropeana' (Mons. Cortese), i Sacerdoti e gli Oblati laici del Sacro Cuore, furono la intuizione più profetica del Servo di Dio. Fu il primo in Italia a parlare della vita consacrata vissuta nel mondo per i suoi figli spirituali, idea, che avrebbe trovato poi la configurazione giuridica di istituto secolare, con la 'Provvida Mater Ecclesia' (1947).
Il Prefetto della Congregazione dei Santi Mons. Josè Seraiva Martins, nel XXX della morte del Servo di Dio, così delineava la sua spiritualità: <<Nella sua vita tesa ad un'imitazione di Cristo, sempre più perfetta, spicca l'identificazione con il Crocifisso, specchio dell'amore infinito del Padre per l'umanità. La spiritualità del Servo di Dio è, in effetti, essenzialmente 'cristocentrica'>>. Egli con una certa soddisfazione ne indicava l'originalità: <<Ci distinguiamo essenzialmente da tutte le altre famiglie di oblati con le quali <<'convenimus nomine, non re', 'vivere nel secolo l'ideale di vita religiosa'>>. Gli oblati hanno come 'cella' il segreto del loro cuore, come 'chiostro' le vie del mondo, per le quali 'pellegrini' dell'infinito, camminano come 'certosini' e 'carmelitane' della strada.
E con afflato poetico concludeva: <<Fino al 1933 i contemplativi erano nel chiostro. La nostra novità è l'aver portato i contemplativi sulla strada... Non abbiamo abito religioso, ma esso è la carità splendente, illuminante, che riscalda in questo inverno triste. Un pò di fuoco per le vie del mondo è tanto bello>>.

METODOLOGIA PASTORALE
Fu assillato dalla ricerca delle forme adatte per far giungere il messaggio evangelico all'uomo del suo tempo. Per questo raccomandava: <<Non ti dico di estraniarti dalla storia: apri il tuo cuore a tutte le vicende storiche per sentirne il palpito doloroso, per farti tutto a tutti>>.
Con occhio di amore guardò il tempo in cui visse e con ottimismo scriveva: <<Bisognava vivere in contatto con il mondo... esso è uno svolgimento del piano divino, il cui centro è il Cristo>>.
La storia - ripeteva - è il terreno su cui si svolge il piano divino e noi dobbiamo agevolarne il cammino con mezzi idonei ed efficaci.
Rendeva più comprensibile il concetto con questa immagine come il suolo porta alla fiamma con le legna il suo contributo, così ogni generazione, secondo i tempi in cui vive, deve alimentare l'amore e la fede in Cristo Signore. La nostra - scriveva - porta la 'dinamicità', la 'totalità', il 'massimalismo' e la 'intensità' del '900. E con forza affermava: <<Vogliamo vivere nel nostro tempo pienamente, con la croce, seguire tutto lo stile del nostro secolo anche nella pietà... nella concretezza dinamica del '900, con la passione ardente del nostro cuore calabrese, perchè il vangelo è eterno, ma se non si colorasse di noi, non sarebbe eternamente vivo>>.
Favorì per questo l'uso dei mezzi di comunicazione ed ascoltò in ginocchio il primo discorso alla radio di Pio XI, e pose le strutture delle sue Case della Carità - in quel tempo uniche in tutta la regione - a disposizione dell'Azione Cattolica e dei gruppi ecclesiali per corsi di aggiornamento e di formazione.
Richiamava, però, il prerequisito primario e insostituibile del binomio 'Azione-Contemplazione' se non si vuole 'scimmiottare' Cristo ed essere 'pericolosamente distributori di sacramenti'.
Infatti concludeva <<Imita Cristo! Questo è il migliore aggiornamento, poichè le mode passano e solo Cristo, che è eterno, resta>>.

LA CALABRIA 'MADRE' 'CENERENTOLA' DEI POPOLI E 'TERRA CROCIFISSA'
Il santo prete tropeano affiancò le opere di carità e di impegno per l'elevazione culturale, sociale e spirituale della gente di Calabria con un'intensa attività... letteraria, che onora la Chiesa e la cultura non solo calabrese, ma anche nazionale.
La Fondazione <<Don Mottola>> ha iniziato la pubblicazione dell'<<Opera Omnia>>, che prevede una serie di circa dodici volumi, il cui contenuto spazia dalle opere di spiritualità... al genere epistolare, al saggio teologico-mistico e allo storico-poetico letterario.
Dall'Editore Rubbettino sono stati pubblicati i primi quattro volumi: le <<Lettere Circolari>>, <<Faville della Lampada>>, <<L'Arciprete di Parghelia>>, <<Itinerarium Mentis>> e sono di prossima pubblicazione <<Gli editoriali>>. Il compianto scrittore Francesco Grisi fece un'analisi interessante della presenza culturale di Don Mottola nella letteratura Meridionale.
<<Certo - egli scrive - è fuori della cultura di Corrado Alvaro, che in fondo era suo contemporaneo e fuori pure dello stesso Padula... In lui prevale un senso di tipo di cultura collegato prevalentemente ad una visione, diciamo alla Tommaso Campanella... c'è sempre un grado di utopia nelle cose che dice... la sua cultura risponde a questo versante che è uno di quei versanti che penetra violentemente nella narrativa, ma soprattutto nella filosofia meridionale>> (Saggio critico dattiloscritto, p. 5 sulla biografia <<Eccomi!...>> di Mons. G. Grillo, Edizioni Pro Sanctitate, Roma, 1977).
Dai primi tentativi letterari negli anni venti, traspare già la sua attenzione ai problemi sociali ed economici della Calabria.
Fondò, infatti, il Circolo di Cultura <<Carmelo Pujia>>, che fu affiancato da un giornale scritto a mano <<Fiamma Bruzia>>.
Significative sono le considerazioni da lui fatte sul patrimonio del passato e i valori ai quali deve ispirarsi uno sviluppo, che non mortifichi lo spirito regionale: <<noi non indaghiamo il passato per piagnucolarvi sopra, nè, per gonfiarci con inutili necrologie, a base di bolsa retorica. Non siamo gnomi, nè, pigmei raspatori di tombe mefitiche, in cerca di supposti tesori>>.
Con sorprendente originalità indicò anche i criteri per un autentico progresso: <<siamo giovani... cercheremo la verità con mente serena e imparziale, interrogheremo il nostro passato e mostreremo i documenti della nostra gloria... Come cristiani, convinti che la perfezione non distrugge, ma nobilita il carattere regionale, cercheremo coloro che il carattere calabrese coronarono di santità..., per ricevere conforto nella nostra ascensione, nelle ascensioni del popolo nostro ad una civiltà... che non sia fatta soltanto di macchine e di commercio>> (Archivio Casa Mottola, EP, 15, B/F.T.).
L'allusione ad una civiltà, che non sia fatta soltanto 'di macchine e di commercio', per un recupero dei valori culturali, coglie con sorprendente intuito quello che sarebbe stato il dramma della società post-industriale e post-moderna: la società della 'globalizzazione', che ha visto la disintegrazione e la disumanizzazione dell'uomo.
Giovane sacerdote fondò il 'Seminario di Cultura', che riunì per la prima volta in Calabria in un Convegno a Tropea (1940) e a Reggio (1941) gli intellettuali calabresi.
Possiamo dire che in buona parte dei suoi scritti ebbe di mira la situazione della Calabria, che gli suggerisce pagine di intensa passione umana e civile.
<<Storia che par leggenda>> è il titolo di un brano, in cui la coscienza della nobiltà della storia della Calabria si unisce anche alla amara consapevolezza della sua decadenza.
La Calabria <<all'Italia diede il nome sentì il sole di Grecia e il canto di Ibico>>.
E, quasi con una punta di orgoglio, indica la missione della Calabria nei secoli: <<essere seme di fiamma in tutti i secoli>> ed unire Occidente ed Oriente <<nel cuore di S. Nilo in abbracciamento cattolico, tutto diede e non ricevette mai nulla cenerentola dei popoli>>.
La Calabria nei secoli ha un destino singolarissimo, che può sembrare 'leggenda' ma è 'storia': <<E' come madre, che tutto dà ai suoi figli, perchè la maternità è nel dono. Ma si tratta di maternità universale e i popoli non muoiono>> (<<Faville della Lampada>>, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 1994, p. 114).
Molte pagine della sua immensa produzione letteraria si elevano a dignità poetica, in particolare, quando il suo sguardo si posa su questa <<aiuola che ci fa tanto feroci>> e nella profondità del cuore vivive le piaghe doloranti della sua gente di Calabria.
Ricordiamo il brano <<Via Crucis>>, un vero poemetto, che potrebbe ben figurare fra le pagine più alte della letteratura religiosa del sentimento di fede e di abbandono alla Provvidenza, però, non si adagiò in un inerte pietismo o passivo vittimismo.
Si fece, infatti, pionere di iniziative diverse, con gli scritti e le opere di carattere sociale e culturale, come con autorevolezza ha riconosciuto il Santo Padre Giovanni Paolo II.
Nell'Udienza alla famiglia oblata (15 settembre 2001) ha ricordato la <<sintesi armonica tra contemplazione e azione, inscindibili tra di loro>>. <<Egli additò>> ribadisce il Santo Padre <<ai suoi Oblati questa perfetta integrazione come una vera e propria 'santità sociale', forma di apostolato efficace per i nostri tempi>>.
E giustamente in tre convegni su <<Santità... e Azione Sociale>> presso l'Università di Messina (22 maggio 1995), di Napoli e presso l'Università Cattolica di Milano, il suo nome fu inserito fra quelle figure, che hanno onorato il Meridione, come Annibale Maria di Francia, Salvatore Aldisio e Brigida Pastorino, sulla scia dei grandi santi come Giuseppe Cottolengo, Giovanni Bosco e Don Orione.