di Don Domenico Pantano
La figura di D. Francesco
Mottola non intressa solo la Chiesa o la diocesi, cui appartenne, ma per
le iniziative di carattere culturale, per gli scritti pervasi da un'autentica
vena poetica e per le opere realizzate, come gli istituti per il recupero
degli handiccappati, per i bambini e i vecchi abbandonati, ha una grande
rilevanza anche civile, sociale e letteraria.
La Chiesa ha dato il primo
riconoscimento all'eroicità delle sue virtù autorizzando,
in data 15 ottobre 1981, l'introduzione della Causa di Beatificazione ed
è stato subito dopo, costituito a Tropea il Tribunale per la raccolta
delle testimonianze e del materiale, come prevede il Diritto Canonico.
E' doveroso, però,
ed utile per una più approfondita conoscenza anche della storia
calabrese, ricercare gli aspetti di carattere culturale e letterario e
l'opera di promozione umana, sociale e civile che egli svolse.
In queste note tentiamo
un approccio con gli elementi di carattere culturale, letterario e poetico,
augurandoci di spingere altri a una più approfondita ricerca.
Cenni biografici
D. Mottola nacque a Tropea
il 3 gennaio 1901. Curò la sua formazione culturale e sacerdotale
nel Seminario Vescovile della sua città natia e, poi, nel Seminario
Pontificio <<Pio X>> di Catanzaro.
Il suo ingegno precoce
e vivace trovò un ambiente adatto, ricco di stimoli culturali ed
aperto ai problemi sociali e civili, oltre che religiosi della Calabria.
Il sodalizio con personalità
di alto livello spirituale e culturale, come Mons. Mennini, poi vescovo,
con Mons. Tinello e Romeo, che avrebbero occupato posti delicatissimi ed
importanti nella Curia Vaticana, matura i suoi interessi e affina i suoi
gusti letterari.
Fonda, ancora ventenne,
il <<Circolo di Cultura Calabrese>> con relativo giornale in gran
parte curato da lui.
Nel programma, così
scrive il giovane Mottola: <<Ai giovani calabresi, a tutti coloro
che si sentono fieri di essere figli della terra bruzia rivolgiamo il nostro
appello fraterno di unirsi a noi allo scopo di alimentare nei nostri giovani
cuori calabresi la carità del natio loco, di tener sempre accesa
la fiaccola della carità, di richiamare alla mente le antiche glorie
e prepararci alle nuove>>.
Si lascia trascinare dal
suo giovanile entusiasmo e avverte il fascino delle voci della storia passata
alla quale si avvicina con venerazione: <<..interrogheremo il nostro
passato e mostreremo i documenti della nostra gloria>>. In particolare
la <<memoria storica>> dovrà servire per la ricerca di una
civiltà <<che non sia fatta soltanto di macchine e di commercio>>.
Ordinato sacerdote il
5 aprile 1924, si mise subito in luce nelle varie attività che la
fiducia del Vescovo Mons. felice Cribellati gli andò affidando:
insegnante di lettere in Seminario, poi rettore. Penitenziere del Capitolo
Cattedrale, Assistente di azione cattolica.
La sua fama di sacerdote
colto e santo oltrepassò ben presto i confini della Calabria tanto
da essere chiamato a tenere corsi di cultura religiosa in convegni a livello
nazionale a Roma e a Firenze.
I testi di quelle conferenze
mettono in luce la sensibilità e l'apertura ai problemi educativi
e culturali del nostro tempo.
Intraprese anche una fervida
attività per dare una casa agli emarginati e un affetto ai bambini
e ai vecchi abbandonati con le <<Case della Carità>>, che
sorsero a Tropea, in Calabria e in varie parti di Italia.
Nel maggio del 1942 fu
colpito da una paresi, che lo lascò menomato nella parte destra
del corpo; da allora, privato del dono della parola, si espresse con suoni
comprensibili con una certa difficoltà, e riuscì a camminare
solo per forza di volontà, trascinando il peso della sua gamba paralizzata.
Pur costretto all'inattività
esterna, con il consiglio, con gli scritti e le opere di carità
realizzate e con gli Istituti delle Oblate e degli Oblati del Sacro Cuore,
il raggio della sua influenza si estese oltre i confini della Calabria,
incidendo in profondità nelle coscienze e lasciando un patrimonio
spirituale e ideale ancora fecondo di frutti.
Moriva a Tropea il 29 giugno
1969.
Attività culturali
Sensibile ai problemi della
Calabria comprese l'importanza del recupero dei genuini valori calabresi
e, perciò, fondò il <<Seminario di Cultura>>, che si
proponeva di coinvolgere gli intellettuali nello studio e nel piano operativo
a favore della nostra regione.
Promosse, perciò,
dei convegni, in cui per la prima volta sacerdoti ed uomini di cultura
di tutta la Calabria si ritrovarono insieme.
Ebbe in ciò il conforto
e l'incoraggiamento di Mons. Enrico Montalbetti, Arcivescovo di Reggio
Calabria, che insiemee com Mons. Antonio Lanza, che sarebbe, poi, succeduto
alla sede metropolitana di Reggio, fu tra i relatori del primo convegno
tenutosi a Tropea nell'agosto del 1940.
Di tale evento resta testimone
una significativa fotografia:
Consapevole dell'importanza
della stampa, quando era rettore del Seminario tropeano, ispira, nel 1930,
la pubblicazione di <<Cor Cordium>>, un giornaletto curato dai seminaristi
e che ebbe come direttore l'adolescente Emilio Frangella, l'attuale emerito
direttore di <<Calabria Letteraria>>, che faceva così la sua
prima esperienza giornalistica.
Nel 1933 fonda <<Parva
Favilla>>, la rivista mensile, su cui dibatterà, fino alla morte,
i problemi più vivi di carattere, non solo pastorale ed ecclesiale,
ma anche culturale e sociale.
<<Il Seminario di
Cultura>> - egli scrive - e <<Parva Favilla>> si occuperanno di storia
della nostra storia. Le sacre tradizioni del nostro popolo e la conoscenza
dell'anima dei Calabresi daranna concretezza e, quindi, praticità
al nostro apostolato. Ci sono in Calabria dei filoni d'oro non ancora valorizzati,
nelle nostre pietre di Reggio, di Catanzaro, di Cosenza. Sono tanti e tanti
i semi di fiamma che tutti formerebbero un rogo>>.
Aperto ai fermenti culturali
del suo tempo, fu lettore attento di scrittori come Kierkegaard, Marcel,
Mounier, e si aprì al concetto del personalismo cristiano e dell'umanesimo
integrale di Maritain.
Gusto e concetto dell'Arte
Ebbe un'anima sensibilissima,
che vibrava alle svariate forme della bellezza, della poesia e dell'arte.
I suoi alunni rievocano
con profonda emozione i suoi commenti estetici degli scrittori della letteratura
italiana, la capacità di gustare e di far godere agli altri le finezze
e le suggestioni della poesia, anche quando, in scrittori come il D'Annunzio,
non poteva condividere il concetto della vita.
Non nascondeva che nei
suoi scritti non escludeva l'espressione artistica. Riferendosi all'impostazione
di <<Parva Favilla>>, chiariva il concetto che egli aveva dell'arte,
che non è puro estetismo, ma evasione verso l'assoluto:
<<E io vi chiedo
perdono se vi dico che 'Parva Favilla' vuole essere anche espressione d'arte.
Ho dell'arte un'intellezione mistica e, perciò, cristologica, che
farà sorridere i più o meno puri, intuizionisti crociani
e gli esteti desanctisiani e gli storicisti carducciani, ma io sono, dopo
tanti secoli, nel pieno novecento che amo perchè è il mio
secolo, con Dante e penso con lui (l'espressione è brutta ma l'idea
è bella) 'all'arte quasi a Dio nepote', all'arte - e qui son più
moderno - come rivolta contro la contingenza, come evasione verso l'Assoluto:
l'in sè che l'espressione esprimendo imprigiona: è qui il
tormento dell'artista, è nei bagliori di una dura guerra la vera
arte>>.
(Rip. da G. Grillo, <<Eccomi>>,
Roma, 1977, p. 216).
A chi avanzava riserve su
<<Parva Favilla>> perchè indulgeva a una certa <<poesia>>,
rispondeva:
<<'Troppa poesia'...Chi
vi ha detto che la poesia sia un male? E confondete questa combustione
d'anima che è primo elemento d'arte con il fraseggiare vuoto del
romanticismo decadente e dell'Arcadia? o, peggio, con l'entusiasmo a freddo
di troppi giornali e giornaletti, e giornalini ripieni, a volte, - troppe
volte - di melense untuosità sacre? E' difficile, purtroppo, che
il soprannaturale penetri talmente di sè il cuore (pensiero, volontà,
carne, sangue) da diventare arte; ma quando questo, almeno in parte avviene,
non vi scandalizzate, o candide oche del Palatino! Ho per gli artisti una
predilezione, perchè tra Santità e Arte ho visto sempre una
meravigliosa analogia, che mi fa tremare lo spirito>>.
(Faville della Lampada,
Ed. Paoline, 1955, p. 137).
Frequenti sono i riferimenti
che fa alle relazioni che intercorrono fra la santità e l'arte,
in particolare alla loro natura personale, in quanto espressione originale
e irrepetibile dell'individuo:
<<La spiritualità
- scrive - è religione in concreto, nella nostra concretezza storica;
è stile cioè carattere, arte. Se l'arte - sintesi di idea
e di storia - non è personale non è arte. Ma pur nelle differenze
individuali, ci sono delle inconfondibili correnti artistiche: perchè
le idee trascinano le persone e creano il clima storico. E così
anche nell'arte divina, che ha per divino modello Cristo, splendore del
Padre che si fece carne. La storia è quella che scrivono i santi:
è per il plagio di Cristo che Cristo entra nell'umanità e
l'uomo attinge il fine>>.
(Rip. da B.M. Danza, Francesco
Mottola Servo di Dio, Roma 1982, pp. 43-44).
Manifesta un sicuro gusto
dell'arte ed esprime con spontaneità giudizi in cui coglie gli aspetti
più rilevanti.
Riportiamo, a proposito,
una lettera diretta al pittore tropeano Albino Lorenzo, in cui lo ringrazia
per il dono di un quadro:
<<Carissimo amico,
stamattina ò avuto il tuo quadro. Bellissimo. Anche per il motivo:
una donna e una bambina che pregano innanzi a una icona della Madonna Santa.
La preghiera per me è tutto. E' il finito che s'innalza all'Infinito.
Ammiro la tua arte, sempre l'ò ammirata, come espressione della
tua personalità. Della tua personalità storica. In cerca
sempre del bello. La bellezza è intuizione d'anima sempre ricercante.
Ti sono grato del dono che mi hai fatto. Ti auguro una sempre maggiore
ascesa. Ti assicuro della mia preghiera per te e la tua famiglia. Ti prego
gradire la mia benidizione sacerdotale>>.
Tropea 26 di agosto 1967,
Sac. Francesco Mottolaa O.S.C.
Valore poetico e letterario
Ma dove più risalta
l'anima poetica e, vorremmo dire, <<musicale>>, di D. Mottola è
nei suoi scritti.
Egli non si pone finalità
poetiche e tantomeno letterarie, ma ebbe il gusto della parola che si esprime
con nativa naturalezza e proprietà, in un ritmo a volte musicale,
da assumere nelle immagini e nel sentimento che la anima un andamento originale
di una prosa che può essere definita poetica.
I più alti concetti
filosofici e teologici, le tensioni mistiche e gli slanci appassionati
del suo cuore si calano in una forma originalissima che non ha nulla da
invidiare a tanti nostri scrittori.
Non possiamo qui riportare
lunghi brani per fare gustare al lettore la suggestione che emana dai suoi
transalimenti mistici e spirituali.
Egli parla con il linguaggio
del cuore, attraverso cui filtra verità astratte, e con la voce
della natura: il mare, le albe, i tramonti, il trillo e il volo degli uccelli,
l'acqua delle valli, i fiori, chiariscono, con le immagini, i concetti,
e conferiscono spesso un tono altamente poetico alla sua prosa.
Leggiamo questa pagina
che ha il titolo <<Canto di mare>>:
<<Lo ascoltavo
così, come canto, lo sbatter dell'onda sul lido, quando andavo bambino
sul mare. Erano aurore e tramonti, eran meriggi ardenti, e mare e luce
erano una cosa sola, erano un solo canto luminoso. Canto di speranza al
mattino, pienezza meridiana di luce, al tramonto nostalgia di infinito,
nell'attesa che il Signore parlasse.
Un giorno il Signore
parlò, e non vidi più il mare, ma tutte le sue voci, si raccolsero
nel mio cuore, sempre in attesa. Poi risentii il suo canto, ed ora era
preghiera, preghiera sempre, anche quando ruggiva, con rimbrotto feroce,
la tempesta.
Preghiera uguale e serena,
nel ritmo armonioso che orlava di spuma bianca la riva: ogni attimo una
composizione nuova di bellezza e di suono. Preghiera ansiosa nel flutto
che percuoteva ogni sera la scogliera lucida, preghiera, sollecitante preghiera,
col rimbalzo di perle sotto il sole, del meriggio...Quando ascolto il mare,
io sento la voce di tutti e tutte le voci delle creature: purchè
non esiste che un canto solo, un canto di implorazione della creatura che
geme al creatore.
Ecco perchè la
Casa della Carità sorge sul mare, ecco perchè la profanazione
del mare a me pare un sacrilegio>>.
(Faville della Lampada,
Ed. Paoline, 1955, pp. 27-28).
Suggestive le pagine della
<<Leggenda aurea>> su S. Francesco da Paola, della quadruplice morte
del grano <<prima di diventare Eucarestia, divino fermento di vita
soprannaturale>>, della <<Storia del viandante>>, della rondine,
della allodola, dell'aquilotto.
D. Mottola non scrisse
poesie, ma la sua prosa ritmica spesso ha l'andamento dell'endecasillabo
e del settenario ed assume una particolare musicalità che non ha
nulla di ricercato o di verboso estetismo.
Per lui possiamo far nostro
il concetto che ha il Giuliotti della <<poetica cristiana>>: egli
identifica pesia e religione poichè i mistici sono gli unici veri
poeti>>.
In questo senso D. Mottola
è un vero poeta: il suo spirito vibra e canta sotto l'impeto di
quel sentimento che ispirò il poverello di Assisi e che dà
voce alle cose e un cuore agli esseri che sono la lode del Dio vivente
e dell'uomo sua immagine.