OSSERVAZIONI SULLE NOBILTA' CIVICHE DEL REGNO DI NAPOLI E SUI REQUISITI DELLE PIAZZE CHIUSE
di Antonio Toraldo (1975)
Il recente articolo del nob. Umberto Ferrari sulle civiche nobiltà nelle ex province napolitane con particolare riguardo alla Calabria (1) che l'Autore sperava potesse interessare qualcuno, ha forse trovato in me il suo naturale destinatario risvegliando la mia curiosità per questo genere di ricerche. Essendo d'accordo sulla <<summa divisio>> tra città feudali e città demaniali, passo senz'altro a considerare i vari atti sovrani che regolano la materia. E' vero che il Dispaccio del 25 gennaio 1756 non faceva differenza fra le varie città demaniali mentre l'Editto del 25 aprile 1800 stabiliva che il Tribunale Conservatore della Nobiltà dovesse tenere, fra gli altri, un Registro <<di tutti i nobili ascritti ai Sedili chiusi delle città del Regno che formano la nobiltà>>, poi chiamato appunto Registro delle Piazze Chiuse. Non direi però che quest'ultima norma fu discriminatoria e che riconobbe la civica nobiltà alle sole città di piazza chiusa, poichè l'Editto del 1800 non fece altro che prevedere un Registro per queste ultime e tacque delle altre città che pur avevano un Sedile nobile (c.d. piazze aperte) per cui non previde un apposito Registro. In quanto alla ministeriale del 20 maggio 1851 (che non è un Editto, perchè non è firmata dal Re, nè un Rescritto perchè non è una comunicazione della volontà sovrana, ma è una semplice circolare come si chiamerebbe oggi) enunciava il principio che le famiglie state <<ascritte ai Sedili del Regno>> (chiusi o aperti che fossero) erano di generosa nobiltà anche senza il decorso di 200 anni. Mi pare pertanto - contrariamente all'opinione del Mistruzzi (2) - che tele ministeriale (come pure il Rescritto del 17 agosto 1851) non abrogò proprio nulla e tanto meno l'Editto del 1800, e lasciò le cose come prima e cioè come le aveva già viste sul piano dottrinario Gian Donato Rogadeo (<<Del ricevimento dei Cavalieri>>, 1765, pag. 257). Di quest'avviso fu pure la Commissione Araldica Napolitana che così si esprimeva nel Verbale del 1° luglio 1893 (3): <<che a mettere poi sempre più in rilievo siffatti specifici requisiti delle Piazze Chiuse, egli è bene contrapporvi, rievocandone la memoria, la definizione delle Piazze aperte, ma di vera separazione, anche esse nobilitanti, ma in diverso genere e forse perciò non considerate dalla legge del 1800 nella formazione dei Registri della Nobiltà del Regno. E poichè trattandosi di cose già passate nel dominio della storia è sempre utile alle proprie parole preferir quelle dei contemporanei, certamente meglio di noi edotti delle leggi e costumanze del tempo, così è bene adottare senz'altro la definizione rimastane dal Rogadeo nella sua autorevolissima opera, <<Del Ricevimento dei Cav. dell'O.G.>> (Nap., 1785), dove a pag. 257, dopo avere lungamente parlato delle Piazze Chiuse soggiunge: <<La seconda specie di Governo è quella di semplice separazione in cui i nobili di determinate famiglie hanno per parte dei nobili il suffragio, i loro uffizi e precedenze come nelle Piazze Chiuse si costuma. L'unica diversità dunque è riposta in ciò che nelle semplici separazioni, se un cittadino in quella città in cui concorrono i requisiti di nobiltà non è volontariamente ammesso alle onoranze dei nobili, può giudizialmente (4), dimostrando la sua nobiltà, pretendere ed ottenere l'aggregazione>>.
Tropea. Sedile di Portercole. Arme delle Famiglie Nobili Tropeane (Affresco del Maestro Mario Lorenzo)
Pertanto alla fine del Regno di Napoli la situazione era questa: i nobili delle città di Piazza chiusa potevano essere iscritti nell'apposito Registro stabilito dall'Editto del 1800 (e quelli di Pozzuoli ottennero il riconoscimento solo nel 1858), mentre i nobili delle città di Piazza aperta ma di vera separazione erano di nobiltà generosa (sebbene senza Registro) sia per il Dispaccio del 1756 che per la ministeriale del 20 maggio 1851 interpretativa del primo. Dopo l'unità d'Italia fu stabilito dalla Consulta Araldica che dovesse riconoscersi ai nobili delle città di Piazza chiusa il titolo di Patrizio delle città medesime (Massimario per C.A., artt. 76, 80, 81, 82) e a quelli delle città di Piazza aperta ma di vera separazione il titolo di nobile della città che vi dette origine (Massimario, art. 84). Gli elementi differenziali fra le piazze chiuse e quelle aperte ma di vera separazione sono: 1) l'aver potuto le prime procedere liberamente e privatamente alle novelle aggregazioni senza che altri, in suo dissenso, avesse potuto ciò ottenere per giustizia; 2) avere la piazza chiusa il diritto di veder roborate da regio assenso le novelle aggregazioni e le reintegrazioni; 3) potersi radunare la nobiltà della stessa senza intervento del regio ministro. (Massimario, art. 85) (5). Il Ferrari esamina brevemente questi tre elementi ed accetta senz'altro il primo mentre sugli altri due esprime alcuni dubbi. Tali dubbi non sono fondati, almeno per il secondo requisito. Il già citato Verbale della Commissione Napolitana così si esprime: <<altri (requisiti) occorrevano per aversi la vera Piazza Chiusa, e fra questi primissimo, quello di un esplicito Assenso Regio sulle aggregazioni, che quantunque fatte con piena ed assoluta libertà dalla Piazza, e senza nessuna ingerenza dell'autorità o del magistrato, pure non avevano valore senza la Regia approvazione, per la quale, avuto riguardo ai tempi, era pur prescritto il non discreto diritto fiscale in origine di ducati mille, ridotto poi a ducati seicento. Leggesi infatti in una memoria legale per la Nobiltà di Bari, edita in Napoli senza nome di autore nell'aprile 1761 che: <<Negli stessi Sedili Chiusi non gli aggreganti, ma il Re conferisce la Nobiltà. Nella prima istituzione di tali Colleghi, o nei tempi successivi il Principe, così volendo, versò sopra di essi la sua grazia nobilitante, dopo di che non già gli atti dell'aggregazione costituiscono nobili i nuovi aggregati, ma quella prima, ed originaria volontà del Principe, il quale nel momento della fondazione creò nobili le persone tutte, che dovevano formare il Collegio. E da questo principio è nata la stabile osservanza che le aggregazioni ai Sedili chiusi si devono per la loro validità roborare di Regio Assenso, perciocchè il re, unico e primo autore di quella dignità ed onore, deve vedere, se il novello aggregato ne sia degno>>. Ed anche prima e più chiaramente la R. Camera chiamata per Real Dispaccio 10 agosto 1750 a dar parere sulla domanda del Regio Assenso preteso da un aggregato alla Nobiltà della città di X... riferiva nello stesso senso: <<Che in X: non vi era nobiltà chiusa o sia "Sedile come in Napoli, Sorrento, Trani e Salerno; e perciò facendosi aggregazione, giammai si era domandato il Reale permesso; siccome neppure si era domandato dalle altre città del Regno, in cui non vi erano Sedili Chiusi"... Che se poi a siffatte teoretiche autorità e disposizioni si aggiunge, trovarsi nel fatto fra le scritture del nostro archivi di Stato non pochi Reali Dispacci importanti approvazione di aggregazione alle varie città di Piazza Chiusa, si può ben concludere aversi a ritenere come altro indispensabile requisito delle Piazze Chiuse la necessità della Reale approvazione alle aggregazioni, approvazione che faceva sì che la nobiltà da locale, e a così dir privata, diveniva nobiltà generale dello Stato e proveniente direttamente dal Sovrano, ciò che rende ragione delle disposizioni della legge del 25 aprile 1800, che nel costituire mercè analoghi registri il Corpo della Nobiltà del Regno, delle varie nobiltà cittadine chiamò a farne parte le sole Nobiltà delle città di Piazza Chusa>> (6). Ma se le vere Piazze chiuse avevano il diritto di veder roborato di R. Assenso le aggregazioni e le reintegrazioni, è anche vero che il nuovo aggregato o reintegrato poteva in pratica omettere di richiedere tale formalità, cui però aveva diritto, anche per non pagare la relativa tassa di diploma; e il Bonazzi (nell'<<Araldo>> del 1887, pagg. 259 e 262) riporta appunto due casi in cui il Re interviene a dare solo tardivamente il Suo assenso. Si deve anche notare che, sull'esempio dei seggi di Napoli (7), in alcune Piazze chiuse, come a Tropea, non poteva <<convocarsi Piazza per aggregazione di nuova famiglia, senza Real permesso>> e <<per le reintegre da farsi si è concluso ancora di pratticarsi li medesimi solenni usati... con precedere il Real permesso>>. In tal casi il R. Assenso occorreva anche prima perchè il Seggio potesse riunirsi per l'aggregazione o reintegra; quindi la volontà sovrana non poteva mai mancare e, in sede di permesso alla Piazza chiusa, aveva modo di verificare se l'aspirante ne fosse degno. Ottenuto il Real permesso il candidato era scrutinato dai componenti del Seggio e, se otteneva la prescritta maggioranza dei voti, vi era ammesso ed aveva il diritto di chiedere e ottenere un formale R. Diploma (anche se in pratica, alle volte tale richiesta fu omessa). Per esempio un R. Rescritto dell'8 settembre 1798 così si esprime: <<il Regio Percettore... ricusa di adempire della sua firma il Privilegio spedito in seguito al Reg. Assenzo sulla reintegrazione della... Famiglia al Sedile Chiuso di Cosenza proposta dai Deputati del Sedile, e seguita colla piena uniformità de' loro voti... Molto più le Famiglie reintegrate... sono tenute a pagare il dritto stabilito, o tassato, quanto per simili reintegrazioni si han fatto spedire il Diploma, come han pratticato li mentovati Fratelli Parise.>>. Nelle Piazze aperte invece non c'era bisogno del R. Assenso, e ciò si evince chiaramente dall'opinione della Real Camera del 1752: <<non era necessario il chiesto R. assenso stante in Crotone non vi era Sedile chiuso, richiedendosi solamente l'assenso nelle Piazze Chiuse>>; onde il Re con Dispaccio del 18 dicembre 1752 ordinò: <<che facciano intendere al supplicante D. Oduardo d'Ippolito che per la detta aggregazione accudisca nella stessa Città di Cotrone, presso coloro a chi spetta, per averne il compimento ed il possesso non essendo bisogno di Reale assenso>>.
Tropea. Sedile Portercole. Arme delle Famiglie Nobili Tropeane (Affresco del Maestro Mario Lorenzo)
A Tropea la chiusura del Seggio data dal 1567 (8) (il Ferrari nel suo <<Armorista Calabrese>> riporta la data del 1703 che è invece quella della terza ed ultima capitolazione; la prima fu invece quella del 12 agosto 1567 autorizzata con R. Assenso del 31 gennaio 1567); e poi del 1624 si stimò necessario, previo Rescritto del Vicerè Duca d'Alba del 24 giugno 1623 (9), procedere ad una nuova enumerazione delle famiglie patrizie; e da allora le antiche regole furono fedelmente eseguite fino all'abolizione del Sedile. Orbene, nell'unica aggregazione avvenuta dopo il 1624, relativa alla famiglia Cosentino, fu presentata una Real Cedola in data 18 ottobre 1671: <<teniendo per bien de dar por esta ves tan solamiente mi Real permission y licencia come en virtud de la p.nte la doy y concedo, paraque el Conceso de los Nobles de la ciudad de Tropea... pueda aggregar a su Nobleza la familia...>>. E nel parlamento del 4 marzo 1672 la famiglia Cosentino fu ammessa <<nemine discrepante>>, come era prescritto; e sembra anche che ne ottenne il R. Assenso poichè l'avv. Avati Carbone nella sua <<Difesa del Sedile chiuso di Portercole, presso il Tribunale Conservatore>> (Napoli, 1803) così come si esprime: <<i due casi avvenuti (Cosentino e Frezza) amendui si perfeziorono con precedente Real permesso, conclusione del Collegio de' Nobili, e susseguente approvazione con Real Cedola>> (Supplemento, pag. 8). La procedura usata nel Seggio di Tropea era analoga a quella dei Sedili di Napoli, dove i patrizi chiesero ed ottennero nel 1581 che nessuna ammissione o reintegra si effettuasse senza prima ottenere la cedola reale (10). Anche per le reintegre dovevano <<precedere le dovute provvisioni del Reg. Coll. Cons.>> ed infatti la famiglia Frezza fu reintegrata con questa formalissima procedura: 1) provvisioni spedite a richiesta di D. Andrea Frezza il 6 maggio 1699 dal Vicerè e suo Collateral Consiglio con le quali si concedè <<licenza ai nobili di Tropea di potersi congregare per concludere e determinare quello che parrà conveniente e di quanto sarà concluso ne avessero inviato valevole copia a S.E. ad finem providendi>>; 2) conclusioni della Piazza del 30 maggio 1699 dove <<fu determinato e concluso che il detto sig. D. Andrea Frezza e suoi discendenti si reintegrassero nella nobiltà di Tropea>>; 3) Reale Cedola del 12 luglio 1699 spedita dal Vicerè e Coll. Consiglio con la quale autorizzò la suddetta reintegra; 4) conclusioni della Piazza del 16 luglio 1699 con le quali fu data esecuzione alla R. Cedola. Anche la reintegra dei fratelli Taccone di Sitizzano nel 1797 seguì questa procedura: lettera della Real Camera del 14 gennaio 1797, conclusioni della Piazza senza intervento di Reg. Ministro del 23 gennaio, Consulta di S.M. del 9 marzo 1797 <<avendo dati gli ordini per la spedizione del solito Diploma>> (Avati Carboni, pagg. da 47 a 49). Si può quindi concludere che il requisito del R. Assenso nelle aggregazioni e reintegre sia veramente necessario a qualificare un Sedile come chiuso. Passiamo ora al terzo requisito delle Piazze Chiuse che <<era il diritto nella Nobiltà di congregarsi, in omaggio della propria indipendenza, senza intervento di Regio Ministro>>. Però la Commissione Araldica Napolitana non porta a sostegno della necessità di tal requisito alcun valido argomento se non <<i molti documenti e le molte autorità che... potrebbero allegarsi>>. E' facile ribattere che nella realtà non si riscontrano nè molti documenti nè molte autorità, anzi il Rogadeo, tante volte citato dalla stessa Commissione e nello stesso verbale, è decisamente contrario (<<Del ricevimento dei Cav.>>, pag. 257). Tuttavia il Tribunale Conservatore della Nobiltà del Regno richiedeva quest'ultimo requisito per dichiarare una Piazza come Chiusa, e perciò la Commissione Napolitana non credette opportuno derogarvi. Occorre però intendersi sul non-intervento del R. Ministro, e scendere nei particolari sistemi usati nelle varie città e nelle varie epoche. A Tropea, ad esempio, il R. Ministro era presente quando si procedeva all'elezione dei governanti della Città, ma <<fuori di questo caso, la Piazza di Portercole si è sempre congregata senza intervento di Regio Ministro, I per l'elezione degl'Eccellentiss. Signori Cinque della Piazza, II per le aggregazioni, e reintegre, III per l'elezione del Cavaliere, che deve portare lo Stendardo ne' giorni della Vergine di Romania, e S. Domenica, e IV finalmente per tutte le ordinarie, ed estraordinari affari di Nobiltà, Deputazioni, Commissioni, o altro>>. (Avati Carboni, <<Difesa>>, cit. pag. 60. E questo avvocato così conclude: <<Ma se mai si volesse aver di mira, che ad onta della perfetta separazione tra la Nobiltà, ed il Popolo, e della facoltà di aggregare e reintegrare con Reg. Assenso che sono le fondamentali basi di Sedile chiuso, l'intervento del Regio Ministro in taluni atti della Piazza nobile, fusse di ostacolo alla prerogativa di esser ella chiusa, allora par che si volesse ripugnare a quella autorità, e per assenso di cui la Piazza medesima, si rende sussistente, legittima, e lecita. Non vi è motivo dunque da imputarsi il menomo pregiudizio alle Piazze chiuse, quando i suoi Nobili Componenti, per serbare il buon ordine, avessero permesso, o implorato della Sovran'Autorità l'intervento del Regio Ministro, che finalmente altra ingerenza non ha negli affari, che si trattano nella Piazza istessa, che nella sua semplice e nuda presenza>>. D'altronde la Decisione del Tribunale Conservatore dell'11 giugno 1803, relativa alla Piazza di Tropea, recita testualmente: <<visto... le conclusioni per gli affari di Nobiltà senza intervento di verun R° Ministro>>; e in quella del 5 giugno 1805, relativa a Bari, è rilevato: <<che nelle unioni dei Nobili per affari di Nobiltà e nelle loro conclusioni alcun Regio Ministro interviene>> (11). Si dovrebbe perciò avere come massima che il R. Ministro nelle Piazze chiuse non dovesse intervenire solamente in affari di nobiltà e nelle loro conclusioni interne. Il ferrari riporta però degli esempi di presenza di R. Ministro anche in talune aggregazioni, di Trani e di Cosenza; e così pure (per Cosenza) il Padiglione (12). In ogni modo la Delibera della Commissione Napolitana richiedeva perchè una Piazza fosse Chiusa <<il diritto... di riunirsi, e deliberare negli affari attinenti alla Nobiltà ed alla elezione agli uffici senza intervento di Regio Ministro>> (13). Invece la massima approvata in seguito dalla Consulta Araldica fu più breve ma non del tutto esatta poichè parla di <<prerogativa... di potersi radunare senza intervento di Regio Ministro>>. Si può concludere che questo terzo requisito delle Piazze Chiuse deve essere visto ed interpretato alla luce di quanto sopra esposto e specie delle considerazioni e delibere della Commissione Napolitana. In quanto all'auspicio formulato dal Ferrari di revisione dell'intricata questione dell'attribuzione del titolo di Patrizio anche ai nobili di Taverna, rilevo che la questione è ben più generale e si deve porre in termini diversi. L'Ordine di Malta (cui mostra di rivolgersi il Ferrari), in sede di ricezione dei suoi Cavalieri nobili ricerca, e, quindi approva, la nobiltà generosa di questi, ma non fa distinzione tra particolari titoli, mentre, per quanto riguarda la titolatura dei propri membri appartenenti alla Lingua d'Italia, rinvia, ai sensi del decreto Consiliare n. 13445 del 6 luglio 1793, agli Elenchi della Consulta Araldica e del Corpo della Nobiltà Italiana.
NOTE
(1) In Rivista Araldica, maggio - giugno 1974, pag. 112 e segg. (2) V. <<Trattato di diritto nobiliare>>, 1961, vol. II, pag. 484, dove il così detto Editto del maggio 1851 non è riportato nel testo completo; cf. invece MICH. PARRILLI (<Collezione>>) pag. 110. Il Trattato del Mistruzzi può essere utile perchè raccoglie tanti documenti, anche antichi, non facilmente reperibili, molte sentenze ed altro materiale interessante, ma poichè l'Autore difende troppo spesso delle tesi erronee o teorie sorpassate va usato <<cum grano salis>>. L'opinione del Mistruzzi trova un precedente nel TAFURI (<<Della nobiltà>>, pag. 67) che cita a sostegno sia la suddetta ministeriale (chiamata rescritto) del 20 maggio 1851 sia il Rescritto (o Dispaccio) del 17 ago. 1851, che invece soltanto dispone: <<il decorso di 200 anni... non è applicabile a coloro che si trovassero ascritti ai Sedili per dirsi ora rivestiti di nobiltà generosa>>; cf. MARESCA in Riv. Ar. 1967, pag. 114 e DE GIORGIO F., <<Delle cerimonie>>, 1854, pag. 114. (3) Riportato dal Bonazzi in <<Araldo>> Almanacco nobiliare, 1895, pag. 265; v. anche TAFURI, op. cit., da pag. 33 apag. 43. (4) Invece <<nei sedili chiusi era precluso l'adito ad aggregazioni contestate: ma sì unicamente potevano ottenersi pel consenso delle famiglie del sedile, e salvo il beneplacito del Re: onde non si faceva luogo a litigi>>. (TAFURI VINC., <<Della nobiltà>>, op. cit., pag. 177). (5) Il Massimario citato è il più recente, cioè quello del 1915. V. anche MARESCA in Riv. Ar. 1958, pag. 257 e seg. Il Maresca pone anche in rilievo che nelle Piazze Chiuse si mettevano in votazione dai nobili del Sedile gli ordini (ma direi meglio i desideri) del Re. Nei sedili aperti la tassa di Diploma era di soli ducati 300. V. CANDITA - GONZAGA B., <<Memorie>>, vol. IV, pag. 118. (6) BONAZZI in <<Araldo>> 1895, pagg 262, 263 e 264. (7) MARESCA in Riv. Ar. 1958, pagg. 260 e 261 e 1961, pag. 151; e CARACCIOLO A., in Riv. Ar. 1959, pag. 325. (8) TORALDO FELICE: <<Il Sedile e la Nob. di Tropea>>, 1898, pag. 15 e pagg. da 147 a 161; SCRUGLI NICOLA: <<Notizie storiche di Tropea>>, Napoli, 1891, pagg. da 66 a 72; BONAZZI in <<Araldo>> del 1895, pag. 265 in nota; RIVERA GIUS. in Riv. Ar. 1908, pag. 590; MARESCA in Riv. Ar. 1958, pag. 268. (9) SCRUGLI, op. cit., pagg. da 86 a 89; TORALDO FEL., op. cit., pag. 15 e pagg. da 162 a 168 e pag. 197; RICCA ERASMO: <<La Nobiltà delle Due Sicilie e Storia de' Feudi>>, vol. III, pag. 535 e seg. (10) MARESCA in Riv. Ar. 1958, pag. 261. Le conclusioni del Seggio di Portercole di Tropea dell'8 marzo 1704 furono: <<opus sit di supplicarsi S.M. che Dio guardi a dar l'ordini convenienti che aggreg.ne a questa Nobiltà di nessuna maniera possa farsi se non con il R. Beneplacito e licenza con osservarsi in questo l'istesso che si stila ed osserva nell'Ill.mi Seggi della fedeliss.ma Città di Napoli, contentandosi con q.sta conclusione di ponersi nelle mani del Re nostro Signore che Dio guardi questa Piazza e d.a licenza atteso che questa Nobiltà è serrata da immemorabil tempo>>. (TORALDO F., <<Il Sedile>>, op. cit., pag. 198). (11) V. per Tropea: RIVERA, cit., in Riv. Ar. 1908, pag. 590; e BONAZZI in <<Araldo>> 1895, pag. 265 in nota; per Bari: BONAZZI in <<Araldo>> 1895, pag. 265. (12) Calendario d'Oro 1897, pag. 163 e 1898 pag. 112. In verità il requisito del non intervento di R. Ministro sembra un poco forzato. Oltre il classico Rogadeo (<<Del ricev.>>, pag. 257), anche il moderno Maresca non si dimostra favorevole (Riv. Ar. 1958, pag. 268). (13) BONAZZI in <<Araldo>> 1895, pagg. 267 e 271.
La NOBILTA' di TROPEA
INDICE
| 'Presentazione della 48^ Tornata' di Salvatore Libertino | | 'Il Sedile di Portercole e i Casati di Tropea' di Antonio Vizzone | | 'Blasonario delle Piazze Chiuse della Calabria: Catanzaro, Cosenza e Tropea' di Luciano Moricca Caputo | | 'Osservazioni sulle nobiltà civiche del Regno di Napoli e sui requisiti delle Piazze Chiuse' di Antonio Toraldo | | 'La Nobiltà di Tropea. Alcune osservazioni sul ceto civile nel Regno di Napoli e dei riflessi sulla vita attuale' di Giovanni Maresca | | 'Costruire la Casa. Memoria, investimenti, erudizione di una famiglia tropeana tra XVIII e XIX secolo' di Francesco Campennì | | 'Il sedile di Tropea e alcune considerazioni sul riconoscimento e trattamento dei Patriziati nel Napoletano' di Antonio Toraldo | | 'Per lo sedile denominato Porto Ercole della Città di Tropea. Nel Supremo Tribunale Conservatore della Nobiltà di questa Capitale, e Regno' di Ferdinando di Francia | | 'La Famiglia Caputo' di Salvatore Ferdinando Antonio Caputo | | 'Notizie delle Famiglie Nobili di Tropea desunte dalla Cronaca di P. Francesco Sergio' di Antonio Toraldo | | 'Divagazioni araldiche sullo stemma di casa di Tocco' di Antonio Toraldo | | 'La Famiglia Fazzari' di Bernardo Candida Gonzaga | | 'Le Famiglie Galluppi di Tropea, di Sicilia e di Aix in Provenza' di Goffredo di Crollalanza | | 'Brevi considerazioni sulla nobile famiglia Paparatti' di Umberto Paparatti | | 'La Famiglia Transo e Tranfo' di Candida Gonzaga | | 'La Confraternita dei Bianchi di San Nicola' di Felice Toraldo | | 'I Sindaci di Tropea' di Felice Toraldo |