Pasquale Galluppi

La Biografia








 
 

di Giuseppe Locane






Luigi Settembrini che del Galluppi non fu di certo il solo celebre alunno, ricorda con quale festa i giovani andavano ad ascoltare "le lezioni che egli appollaiato su la cattedra dettava con l'accento tagliente del suo dialetto". I maldicenti dicevano che "egli era mezzo barbaro nel parlare; ma in quel parlare era una forza di verità nuove, ma l'ingegno era grande, e il cuore quanto l'ingegno. Che buon vecchio! Quanto amava i giovani!" (L. Settembrini, RIMEMBRANZE DELLA MIA VITA, Vol. 1°, II ediz., Napoli, Morano, 1879, 74).
L'immagine quasi stilizzata rilasciatane dal Settembrini rende da sola la grandezza socratica del maestro, mentre i suoi biografi ce lo rappresentano dotato d'un innato amore del sapere, meditabondo sempre e talvolta tanto assorto nell'interiore dialogo con se stesso da avviarsi ad un luogo e riuscire invece ad un altro, errando, immemore delle cose, intere giornate per campagne solitarie.
Pasquale Galluppi nacque a Tropea il 2 aprile del 1770 dal barone D. Vincenzo Galluppi e da Donna Lucrezia Galluppi, tutte e due della stessa famiglia Galluppi, una delle antiche famiglie patrizie della stessa città.
Un Teofilo Galluppi fu Vescovo di Oppido Mamertina e partecipò al Concilio di Trento, facendosi apprezzare per i suoi interventi in merito alle riforme disciplinari.
La grandezza del più illustre dei Galluppi, Pasquale, è dovuta oltre che al suo genio, anche alle felici condizioni culturali di cui godeva la sua città natale.
Questa cittadina tirrenica, in cui al filosofo toccò trascorrere la maggior parte della propria vita, nel corso della sua più che millenaria storia rivela una distintiva vocazione all'universale, mentre la sua condizione di città demaniale, libera da dominio feudale, costituisce uno dei principali elementi della sua identità storica.
Galluppi deve anche alla particolare ubicazione della sua città natale, assurta a snodo marittimo di notevole importanza, la possibilità di tenersi aggiornato circa le pubblicazioni a carattere filosofico del resto d'Italia e dell'Europa. I marinai di Parghelia, infatti, dietro suo incarico, gli recavano le novità presenti sul mercato librario di Napoli e di Marsiglia.
Il suo appuntamento col pensiero europeo fu anche favorito dalle ben fornite biblioteche esistenti presso le numerose Comunità religiose e alcune famiglie di Tropea.
La biblioteca del Paladini era ricca di tutte le opere classiche ed ancora delle più recenti, tanto da essere oggetto di consultazione pure da parte di studiosi provenienti da lontano. Vi erano membri del clero molto eruditi, come lo stesso possessore di questa biblioteca, Decano del duomo, conoscitore di lingue orientali. Attesta F. Ruffa che tale condizione culturale valse a Tropea la denominazione di piccola Atene, da parte di un illustre esule della rivoluzione francese, il conte di Narbona, il quale vi dimorò a lungo, ospite della famiglia Pelliccia.
Per completare il quadro delle condizioni culturali dell'ambiente in cui il Galluppi avrebbe ricevuto la sua formazione, bisogna far menzione di Antonio Jerocades che nel 1759 aprì nella vicina Parghelia "una fiorente scuola, cui portò il lume delle più belle letterarie e scientifiche cognizioni, insegnando, oltre il latino e l'italiano, anche il francese, il greco e l'ebreo, ed il più metodico corso di filosofia e di matematica" (Martuscelli, in BIOGRAFIA DEGLI UOMINI ILLUSTRI DEL REGNO DI NAPOLI, t. IV, Napoli, Gervasi, 1817, cit. in Luigi M. satriani, LO SGUARDO DELL'ANGELO, Rende, 1992, p.33).
A ulteriore riprova del diffuso interesse per la matematica e la filosofia di un amico del Jerocades, il P. Polotto Francesco Mario Saragò da Drapia, apprendiamo essere stato "intendente di Matematica e di Filosofia" (M. Paladini, NOTIZIE STORICHE SULLA CITTA' DI TROPEA, Arti Grafiche Lorenzo Rizzo, Catania, 1930, p.139).
Meritevole di particolare menzione sono ancora i pargheliesi Giuseppe Melograni ed il suo cugino canonico Antonio. Il primo "attento geologo e mineralogista, ebbe modo di acquisire all'estero una serie di nozioni che utilizzò operando nella sua terra" (L. M. satriani, Op. cit., p.33). Il secondo, che sappiamo essere stato compagno di studi di Pasquale a Tropea e a Napoli, fu animato da grande fiducia nella scienza.
La prima formazione del Galluppi è da collegare a tale ambiente. Egli stesso nelle sue note autobiografiche del 1822, così scrive a tal proposito: "Dopo lo studio della lingua latina, secondo il metodo di quel tempo in Tropea, nell'età di anni tredici andai ad apprendere gli elementi della filosofia e della matematica alla scuola di D. Giuseppe Antonio Ruffa, che in quel tempo insegnava con successo queste scienze in Tropea. Quest'abile maestro mi pose in mano la LOGICA italiana dell'abate Genovesi, e gli elementi di GEOMETRIA di Euclide; egli seppe imprimere nell'animo mio la più forte passione per le filosofiche e matematiche discipline, in modo che vedendo io ancor oggi i due libri, dai quali principiò il mio corso di studi, provo una certa commozione. Compii in seguito il corso elementare di filosofia e di matemetica".
Il fatto che alcuni discepoli del Ruffa avevano adottato il sistema di Leibnitz, lo indusse a leggere la TEODICEA di questo filosofo, ricavandone alta stima. Si applicò quindi alla lettura delle Opere di Wolf. Tutto ciò lo spinse ad intraprendere anche lo studio della Teologia.
All'età di diciotto anni fu mandato in Napoli perchè studiasse giurisprudenza. Ma nella città partenopea perduravano i motivi che, come già era successo al Gravina e al Vico, creavano negli spiriti più sensibili un certo disdegno per questa disciplina, per la cattiva reputazione in cui l'avevano fatta cadere la categoria degli avvocati, preoccupati più del successo e del guadagno che del trionfo della giustizia. Galluppi, deludendo le attese paterne, non si sentì di abbracciare la pur lucrosa professione dei "paglietta", come con voce popolare spregiativa, dovuta forse al loro uso di portare cappelli di paglia neri, venivano chiamati nella città partenopea gli avvocati.
A Napoli rimase sei anni. All'Università ascoltò le lezioni di storia e di teologia di Francesco Conforti, il quale esercitò sul giovane un influsso in senso liberale.
Studiò la Bibbia, la storia antica, la storia della Chiesa e i Padri dei primi secoli, attaccandosi, come egli si esprime nell'AUTOBIOGRAFIA, "specialmente a S. Agostino".
Dopo sei anni di permanenza nella città, l'autorità paterna lo distolse dai suoi studi preferiti, ed egli nel 1794 dovette fare ritorno a Tropea, invitato a pensare al matrimonio e al reggimento domestico. Il 6 dicembre dello stesso anno si unì in matrimonio con la Baronessa Barbara d'Aquino, donna d'illibati costumi, lodata per cortesia di modi e per la nobiltà del casato, la quale diede al Galluppi quattordici figli. In quella felice circostanza egli non smentendo la sua proverbiale distrazione, ma sarebbe più esatto dire, il suo irresistibile amore del sapere, "si fece attendere lunga pezza dalla sposa", perchè "impegnato in una teologica questione col Mazzucca, famoso teologo di questa nostra maggior Chiesa" di Casenza (M. Greco, Atti Accad. Cos., vol. IV, p.304).
La sua vocazione di pensatore non rimase affatto pregiudicata dallo stato di matrimonio perchè tale era la sua concentrazione nello studio, che riusciva a meditare tranquillamente, nonostante i giuochi, i pianti e gli strilli dei pargoli.
Egli usava fare una sintesi di quanto andava leggendo, sostava nei passi dubbi, fino a scioglierne le difficoltà, o almeno fino a convincersi della loro astrusità annotandone le contraddizioni.
Ma a turbare il sereno corso delle sue meditazioni filosofiche, intervenne una controversia con membri del clero locale. Il filosofo in una dissertazione letta nella R. Accademia degli Affaticati aveva sostenuto che le supposte virtù dei pagani erano da considerarsi invece peccati, perchè mancanti della vera carità, in conseguenza del fatto che la legge primitiva ed essenziale della natura umana è quella d'indirizzare a Dio tutte le elezioni, come a sommo bene e ultimo fine.
Il Tropeano, accusato di eresia, in data 26 aprile 1795 scrive al vescovo di Anemuria e abate di S. Lucia del Mela, Santacolomba, sottoponendo al suo giudizio una sua MEMORIA APOLOGETICA sulla tesi sostenuta di fronte ai soci dell'Accademia degli Affaticati. Il vescovo Santacolomba risponde in data 4 maggio 1795, riconoscendo la perfetta ortodossia della tesi sostenuta dal giovane pensatore.
A S. Lucia del Mele era nato il padre del filosofo, Vincenzo, il quale vi si recava spesso per trovare conforto nella figlia Lucrezia, ivi sposata. Il padre Vincenzo volle mandarvi anche Pasquale tredicenne, dopo gli studi compiti a Tropea con Antonio Ruffa. Il giovinetto in terra siciliana potè avvantaggiarsi dell'insegnamento che veniva impartito nel Seminario di S. Lucia, "alto sul colle e sul mare lontano. Il canonico Ragno scriveva a Tropea che egli <<studia ed è serio, ma incline a letture disordinate e quel che è peggio (...) attratto più dalla matematica che dalla teologia>>" (Angelo Sofia, GALLUPPI E PANCALDO, Edizioni Dr. Antonio Sfameni, Messina, 1988, p.12).
Ad altra disavventura il Galluppi doveva andare incontro alcuni anni dopo quella che aveva portato alla pubblicazione della sua MEMORIA APOLOGETICA. Infatti a quattro anni di distanza, entrato in Napoli con le sue truppe vittoriose il generale francese Championnet, ove venne proclamata la Repubblica partenopea (23 gennaio 1799), il Galluppi, non resistendo al suo bisogno di professare un sia pur moderato liberalismo, accettò di occuparsi "a dar traduzioni" forse di fogli di propaganda, come lascia intendere il vescovo di Tropea, Mele, dando parere sfavorevole alla concessione del passaporto per la Sicilia (A. MOTTOLA; GALLUPPI E LE LIBERTA' POLITICHE, in STUDI GALLUPPIANI, Tropea, 1979, pag.73-74). Il filosofo scontò il suo entusiasmo giovanile per le libertà, con la prigionia di alcuni mesi a Pizzo, essendo stato compreso tra gli ostaggi richiesti dal cardinale Ruffo che a capo dell'"armata sanfedista" risaliva dalla Calabria per liberare Napoli. La Repubblica partenopea fu invano difesa dai patrioti (giugno 1799), i quali in numero di 120, tra cui il maestro del Galluppi, il Conforti, subiranno poi la condanna capitale, dando così inizio al martirologio del nostro Risorgimento. Tornati i francesi a Napoli, da parte di Giuseppe Bonaparte, Galluppi venne chiamato a ricoprire la carica di "controllore delle contribuzioni dirette", che conservò per diciassette anni, anche, perciò, sotto il restaurato governo borbonico.
Il Tropeano ritornò quindi ai suoi studi di filosofia e di matematica, guardando al rinnovamento culturale dell'Italia e, si può dire, dell'Europa. Verso il 1800 lesse le opere dell'abate De Condillac, la conoscenza delle quali determinò una svolta nella direzione dei suoi studi. In merito a questa svolta egli così si esprime nella sua AUTOBIOGRAFIA: "...io compresi che prima di affermare qualcosa su l'uomo, su Dio e su l'universo, bisognava esaminare i motivi legittimi dei nostri giudizi e porre una base solida alla filosofia; che bisognava perciò risalire all'origine delle nostre conoscenze, a rifare in una parola il proprio intendimento". Diede principio a "quest'ardua impresa", studiando il SAGGIO FILOSOFICO di Locke sull'intendimento umano. Nel 1807 pubblicò l'opuscolo SU L'ANALISI E LA SINTESI, quando non aveva ancora preso contatto con la filosofia di Kant, la cui successiva conoscenza "non cambiò punto la direzione dei suoi studi", pur profittando "molto delle fatiche del filosofo di Koenisberg" (AUTOBIOGRAFIA).
Nell'opuscolo del 1807 veniva esposta una vera e propria teoria della scoperta scientifica, come pure veniva fatto un esame filosofico delle quantità negative in matematica e della relatività del tempo, delineando, come verrà detto più diffusamente più avanti, una vera e propria "filosofia della matematica".
Da ricordare anche il suo discorso tenuto nel 1816 nella chiesa dei Redentoristi di Tropea, in occasione della beatificazione di S. Alfomso Maria de' Liguori. Anzi egli era un assiduo frequentatore di questa chiesa, ove molto spesso ebbe modo di assistere alla S. Messa celebrata dal p. Vito Michele Di Netta, morto in concetto di santità e che lui stesso soleva servire all'altare.
L'anno precedente aveva il Galluppi pubblicato la prefazione al SAGGIO FILOSOFICO SULLA CRITICA DELLA CONOSCENZA, i cui primi due dei sei volumi di cui sarebbe stato composto, videro la luce a Napoli nel 1819.
Frattanto una grave tragedia funestò la famiglia di Pasquale Galluppi: il figlio Teofilo, "anima virtuosa, ed eroica (...), giovanetto amabile, che visse nella innocenza, che non offese mai alcuno, che fu adorno di tutte le sociali virtù, e che nell'età di anni 18 chiuse il cerchio della sua vita co' tratti del più sublime religioso eroismo", viene ucciso da "una mano omicida", e barbara", secondo le espressioni usate nell'elogio funebre scritto dal padre, conformemente a quello che allora era considerato un pietoso costume (Eugenio Di Carlo, L'ELOGIO FUNEBRE DI PASQUALE GALLUPPI PER IL FIGLIO TEOFILO, Società Editrice Vita e Pensiero, Milano, 1930, p.3).
Il giovane Teofilo portava il nome del nonno del Filosofo, del ramo di Tropea, morto "carco di sapere e di virtù" all'età di 47 anni. La nonna Anna Pelliccia versò lacrime di gioia sul pronipote che le ricordava il consorte scomparso prematuramente. Ella, poi, vicina a morire, raccomandò il pronipote alla figlia, madre di Pasquale, la quale "le giurò un costante amore per Teofilo: ella - dice Pasquale Galluppi nello stesso elogio funebre - "le giurò un costante amore per Teofilo". Vicina al termine dei suoi giorni la madre del Filosofo trasmette al vecchio padre di questi la raccomandazione di amare il caro Teofilo, quasi presaga di quanto gli sarebbe accaduto. Il Galluppi aveva dettato per il figlio Teofilo un breve trattato di logica che egli apprese con rapidità e profitto, applicandolo con successo alle matematiche. Per preservarlo dal contagio dell'incredulità gli aveva fatto conoscere "alcune analisi metafisiche", ottenendone il più felice risultato. Nell'elogio funebre il Galluppi si rivela padre tenero, volto alla più attenta educazione dei figli. Potè attribuire al figlio Teofilo una fine segnata dai tratti del più sublime eroismo, perchè il giovane morì perdonando con espressioni di benedizioni e di amore.
La produzione filosofica del Tropeano proseguì con la pubblicazione del III e IV volume del SAGGIO nel 1822; il V e il VI venne pubblicato nel 1832. Tra il 1820 e il 1827 apparvero in sei volumi gli ELEMENTI DI FILOSOFIA.
Resasi vacante la cattedra di logica e metafisica dell'Università di Napoli gli amici lo consigliarono e "la sua coscienza lo persuase" a chiederla. Il Calabrese "venne a Napoli - riferisce il Settembrini per aver appreso il modo della nomina dalla stessa voce del Filosofo - andò dal Ministro dell'Interno, gli presentò il libro", il SAGGIO FILOSOFICO SULLA CRITICA DELLA CONOSCENZA, e chiese la cattedra. Il Ministro non conoscendolo, rispose: Bene: vi cimenterete all'esame. Ed egli: E cu c'è a Napoli che po' esaminari Pasquale Galluppi?" (L. Settembrini, Op. cit., cap. VII). Il 31 ottobre 1831 il Re per consiglio del Marchese di Pietralata, Giuseppe Ceva Grimaldi, presidente della Consulta generale del Regno, lo chiamò ad insegnare nell'Università di Napoli la Logica e la Metafisica da quella cattedra che era già stata occupata dal Genovesi. Nel novembre dello stesso anno il Filosofo vi tenne la prolusione. Nel 1832 videro la luce i primi volumi delle LEZIONI DI LOGICA E METAFISICA, frutto dell'insegnamento universitario, mentre gli altri volumi saranno pubblicati entro il 1836. La FILOSOFIA DELLA VOLONTA', in tre volumi, compare tra il 1832 e il 1841.
Il giorno 8 luglio del 1834 muore la moglie Barbara d'Aquino. Nel dicembre del 1835 è nominato socio corrispondente dell'Accademia dell'Istituto di Francia, nella classe delle scienze morali e l'anno successivo invia alla stessa Accademia la dissertazione sull'IDEALISMO TRASCENDENTALE E IL RAZIONALISMO ASSOLUTO. Su proposta del Ministro Guizot, nel 1841 è decorato da Luigi Filippo della Croce di Cavaliere della Legione d'Onore. L'esempio fu seguito da Ferdinando II, che lo iscrisse tra i Cavalieri dell'Ordine di Francesco I e da molte altre Accademie, tra cui la Cosentina che lo vollero loro socio. Il 20 novembre 1836 scrive ai figli proponendo loro i rimedi morali contro il pericolo del colera.
Nel 1842 pubblica il primo volume d'una STORIA DELLA FILOSOFIA, che avrebbe dovuto comprendere 12 volumi, ma l'uccisione del figlio Vincenzo a Cosenza, il 15 marzo 1844, lo prostra a tal punto da non fargli desiderare che di apparecchiarsi a scendere nella tomba.
Il figlio Don Vincenzo era Capitano della Gendarmeria. Accorso alla testa di un distaccamento di dodici gendarmi a cavallo nella Piazza dell'Intendenza da via dei Mercati, per fronteggiare una cinquantina di rivoltosi inalberanti il tricolore, dopo aver rifiutato, fedele al suo Re, l'esortazione del notaio Francesco Salfi a unirsi a loro, fu colpito a morte da una schioppettata sparatagli alla testa da un certo Tavolaro, appostato nel giardino di S. Chiara (Cfr. Roberto Mascia, FERDINANDO II E LA CRISI SOCIO-ECONOMICA DELLA CALABRIA NEL 1848, Luigi Regina, Napoli, 1973, pp.29-31).
Il filosofo apprese la tragica notizia alla bottega del caffè da un giornale, nonostante i suoi amici cercassero di tenergliela nascosta.
La morte coglie il Filosofo calabrese il 13 dicembre 1846.
"Pochi in vero hanno potuto scendere al sepolcro circondati da più sincere ed universale amicizia: pochi hanno potuto godere i mortuari fiori di una eloquenza estemporanea più maschia: ma fu dato a pochissimi di essere deposti sulla funebre bara, e tratti sulle spalle nel Tempio da uno stuolo di giovani uomini, colti, generosi, interpreti sinceri della Calabria loro patria precipuamente interessata alla gravissima perdita" (CENNI SULLA VITA E SULLE OPERE DEL BARONE PASQUALE GALLUPPI, recitati da Luigi Maria Greco, segretario perpetuo dell'Accademia Cosentina, nella sessione necrologica della medesima del 10 gennaio 1847, in ATTI DELL'ACCADEMIA COSENTINA, vol. IV, Cosenza, Tip. di Gius. Migliaccio, 1848, p.313).
A Galluppi rimane il non piccolo merito di aver dato agl'Italiani una coscienza filosofica. Le varie edizioni delle sue opere, stampate tra l'altro, a Napoli, Messina, Firenze, Torino, Milano, Livorno, invasero l'Italia, contribuendo notevolmente alla formazione d'una coscienza unitaria, a partire dal piano culturale.