di Giuseppe Locane
La dimostrazione galluppiana dell'esistenza di Dio suppone un rigoroso esame critico del pensiero moderno, che gli consente di far proprie le classiche argomentazioni in merito, tenendo insieme presenti le obiezioni avanzate dalle nuove dottrine filosofiche. La rilettura del pensiero classico, a partire del superamento delle varie forme d'imanentismo, fanno di quella galluppiana una filosofia aperta al futuro. Il filosofo tropeano inaugurando nel 1831 il suo insegnamento dalla cattedra di Logica e Metafisica dell'Università di Napoli, dichiarava di aver consacrato fin dai primi anni la propria vita alla Filosofia: "Augusta Filosofia! - egli afferma - se a te io consacrai, sin dai miei primi anni la mia vita, se nel mio cuore io ti promisi, di non far che la mensogna giammai profanasse i miei labbri, io ti rinnovo oggi alla presenza di questa rispettabile udienza, ed in questo augusto tempio del sapere, la stessa sacra promessa". E come ispirato, così prosegue: "Sì, io procurerò con tutte le mie forze d'insegnare da questa Cattedra consacrata alla verità, una logica retta: io svelerò le cagioni di quegli errori, che arrestano il progresso del sapere, che fanno cadere sul genere umano un diluvio di mali" (P. Galluppi, LEZIONI DI LOGICA E METAFISICA, vol. 1°, Napoli, 1837, p.XV). Egli dimostra l'inconsistenza del materialismo e più ancora del "razionalismo assoluto alemanno", in un momento in cui una "numerosa gioventù pendeva dalla bocca di Fichte". Nella prolusione al corso accademico nell'Università di Napoli rilevava che "il mondo materiale non conosce se stesso; esso non è, relativamente a se stesso, nè il soggetto che conosce, nè l'oggetto conosciuto; riguardo poi allo spirito, il mondo materiale non è mica il soggetto che conosce, nè lo spirito è dalla materia conosciuto" (Op. cit., p.XIII). Il che equivale a dire che se tutto fosse materia, non vi sarebbe il pensiero della materia. Criticando il materialismo presente nel SISTEMA DELLA NATURA (1770) di d'Holbach, ne rileva le assurdità. "L'Autore del Sistema della Natura scrive colla sua solita franchezza: -La materia è esterna e necessaria, ma le sue determinazioni e le sue forme son passeggere, e contingenti, e l'uomo è egli altra cosa, che della materia combinata, di cui la forma varia a ciascun istante?-." (P.G., IL SISTEMA DELLA NATURA E' ASSURDO, in Carlo Toraldo Tranfo, SAGGIO SULLA FILOSOFIA DEL GALLUPPI, Napoli, 1902, p.211). Galluppi osserva che se le determinazioni della materia non sono ad essa essenziali e sono contingenti, "che val quanto dire non hanno la ragion sufficiente nella sua essenza, siegue evidentemente, o che siffatte combinazioni e forme esistono senza una ragion sufficiente, il che è assurdo; o pure che bisogna fissare la ragion prima della loro esistenza in un essere al di fuori della materia, il che distrugge irreparabilmente il sistema della natura" (Op. cit., p.212). Cioè, potremmo dire, se nella natura vi è anche una sola foglia contingente, la materia non può più essere ritenuta necessaria, come supposto nel materialismo. Nè si può nella successione dei fenomeni risalire dall'uno all'altro indefinitamente: in tal caso avremmo una serie - non importa se finita o infinita - di effetti, senza una causa. Ma "una serie infinita di cose contingenti senza che alcuna sia necessaria, è intrinsecamente impossibile, sia che queste si riguardino come sostanze, sia che si riguardino come modificazioni, poichè avremo sempre una serie infinita di effetti senza causa" (Op. cit., p.229-230). Neanche si può sostenere che l'attuale ordine dell'universo sia nato a caso da una delle indefinite possibilità di combinazione degli atomi: affinchè questa possibilità si attui, occorre l'intervento d'una intelligenza esterna. Così "un pezzo di legno è suscettibile di essere lavorato in mille modi differenti: ma esso non avrà niuna delle figure artificiali, senza che intervenga l'opera d'un artefice; noi non cerchiamo la ragione della possibilità intrinseca dell'Universo, ma sì bene della sua esistenza; la proposta cavillazione è dunque insussistente" (Op. cit., p.254). La dimostrazione galluppiana dell'esistenza di Dio è quella d'un filosofo che accetta il metodo della modernità, partendo dalla coscienza, che rivela l'esistenza del me modificato da un fuori di me, quale verità primitiva di fatto. Invece Kant e Fichte negano ogni sussistenza al soggetto pensante, riducendo l'io ad un pensare puro, senza oggetto. Afferma Galluppi che "ogni pensiero, ed ogni modo dello spirito, quale che siasi, è essenzialmente relativo ad un oggetto. Un pensiero senza oggetto è un universo di logica, che non può esistere" (P. G., CONSIDERAZIONI FILOSOFICHE SU L'IDEALISMO TRASCENDENTALE E SUL RAZIONALISMO ASSOLUTO, in LETTERE FILOSOFICHE, a cura di Bonafede, Editori Stampatori Associati, Palermo, 1974, p.348). "Nella coscienza del me - afferma Galluppi - l'oggettività ideale dell'io coincide con la sua esistenza reale." L'io è un'esistenza variabile e limitata, cioè dipendente da altro e in definitiva da un Assoluto. Il condizionale è un effetto che in quanto tale suppone in definitiva una causa prima, non potendoci essere effetto senza causa. La creazione è "l'azione o la causalità di un primo principio che dona esistenza agli esseri contenuti idealmente nella sua intelligenza" (P. G., ELEMENTI DI FILOSOFIA, vol. VI, Napoli , 1937, p.8). La creazione non comporta mutamento in Dio, perchè il suo atto è eterno, ed il mondo creato incominciando ad esistere nel tempo e col tempo. Al termine della sua MEMORIA presentata all'Istituto Reale di Francia, il Galluppi rivolgendosi ai filosofi francesi, ne esaltava la missione di arrestare la funesta direzione che aveva preso il "razionalismo assoluto alemanno" e a rimanere fermi nella filosofia dell'esperienza, tanto più che tra di essi già due grandi verità filosofiche erano stabilite: partire dalla Psicologia per giungere all'Ontologia, perfezionando la filosofia dell'esperienza col porre in armonia la sua parte razionale con la sua parte empirica: "Sostituiamo dunque con una critica severa a questi traviamenti (della filosofia trascendentale) la vera filosofia dell'esperienza".