Fontana S. Agata (Santagasi). Particolare

STATISTICA
DELLE
ACQUE FLUENTI
NEL TERRITORIO CIRCONDARIALE
DI TROPEA

COMPILATA
PER ORDINE DELLA SOCIETA' ECONOMICA
DELLA PROVINCIA DI CALABRIA ULTERIORE SECONDA

DAL CAVALIERE

ALESSANDRO PELLICCIA

SOCIO CORRISPONDENTE DI ESSA, E TRA GLI AFFATICATI DI TROPEA

L'IMPACCIATO

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NAPOLI

DALLA STAMPERIA DI NICOLA MOSCA

Vico S. Gregorio Armeno n. 10
 

1836
 

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CAPITOLO I

DELL'ACQUA E DELLA SUA INFLUENZA
SULLA RICCHEZZA DELLE NAZIONI


L'acqua per l'addietro creduta elemento semplice, dopo l'esperienza del celebre chimico Lavoiser riconosciuta sostanza composta di quindici parti d'idrogeno, e di ottantacinque di ossigeno, ha la proprietà di combinarsi con moltissimi corpi, di penetrarli, di stemperarli: pochissimi metalli, e poche pietre resistono alla sua azione. L'aria la discioglie, la trasporta in forma di vapore con tanta maggiore facilità, quanto n'è più elevata la sua temperatura. Ridotta in vapori occupa secondo Laplace uno spazio ottocento volte circa maggiore del suo primitivo volume; ed è perciò in meccanica la prima forza motrice. Il freddo all'opposto condensa i vapori, e li riduce di bel nuovo in acqua: ed aumentando questo fino sotto al zero del termometro di Reamur, la consolida e la trasforma in ghiaccio: la sua fluidità adunque è accidentale; mentre dalla temperatura dell'atmosfera or alta or bassa proviene quella circolazione continua, che la fa passare dalla terra, e dal mare nell'aria, e da questa nuovamente sulla terra e nel mare, producendosi le nebbie, le rugiade, le brine, le nubi, non che la pioggia, la gragnuola, la neve.
Questi meteorologici fenomeni, queste fisiche e chimiche qualità dell'acqua, nell'atto che formano uno de' principali studii, a' quali deve interamente dedicarsi l'agricoltore, sono l'oggetto non meno interessante delle ricerche e delle indagini dello Statista.
Dappoichè l'acqua la più chiara, la più leggiera, la più pura essendo la potabile sostiene la vita degli animali: le piogge, le brine, le rugiade, le nevi, ed in difetto le irrigazioni nelle piante mantengono la vegetazione: il movimento delle sue fluide particelle anima i mulini da grano, e tutte le macchine idrauliche degli opificj: il corso de' fiumi navigabili, il flusso e riflusso del mare in tutt'i sensi agitato da' venti e il veicolo del commercio: e finalmente ridotta l'acqua in vapori è la forza motrice della navigazione, e di tante macchine alle utili arti inservienti.
Per la qual cosa i popoli delle contrade bagnate dal mare, intersecate da fiumi, irrigate da molti e copiosi ruscelli, e perenni sorgive, fertilizzate da frequenti piogge ed estive rugiade, sono in grado colla loro industria a divenir più ricchi e potenti di coloro che abitano mediterranee contrade, di acque poco abbondanti.
Con farvi costruire a grandi spese que' canali, serbatoj, ed acquedotti tanto dagli storici decantati, gli antichi sovrani dell'Egitto, dell'India, della Grecia resero ricchi e potenti i loro Stati, provvedendo di acqua le più popolate città, e fertilizzando coll'irrigazione le di loro terre.
I Romani, testimoni della fertilità e prosperità in Grecia ed in Egitto diffuse dalla meravigliosa distribuzione delle acque, qpprezzar seppero lavori tanto benefici; ne studiarono il meccanismo; e l'introduzione della pratica dell'irrigazione in Italia riguardata vi fu come uno de' più utili trofei delle loro vittorie.
Tutta piena è la loro storia di descrizioni de' canali e degli aquidotti, che questo popolo conquistatore edificò e nel suo territorio, e nelle Gallie e nelle Spagne.
Il maggior numero di quest'immensi lavori distrutto rinasce in que' secoli di barbarie, che la caduta seguitarono del Romano Impero: la tradizione però de' grandi vantaggi delle irrigazioni si era conservata in Italia nelle opere de' Geoponici, e degli Istorici, e perciò al risorgimento delle lettere, non tardò molto l'italiana agricoltura ad impadronirsi delle sorgenti abbondanti de' fiumi che attraversano il suo territorio, per distribuirne le acque sulle terre durante la stagione ardente del nostro clima, ed a pervenire insensibilmente ad un sistema generale d'irrigazione, la cui perfezione giustamente fu poi celebrata da tutti gli Agronomi viaggiatori.
La Francia, la Svizzera, l'Olanda, l'Inghilterra non trascurarono nemmeno esse un mezzo tanto efficace d'aumentare la fertilità delle terre, ne adottarono l'uso, e ne introdussero la pratica anche nelle loro colonie, onde tutte le parti del mondo ci offrono oggigiorno de' lavori idraulici, atti a procurare vantaggi rilevantissimi da pertutto, ove si ritrovano stabiliti.
Esempi sì numerosi, ed un'opinione sì unanime stabiliscono abbastanza l'utilità delle acque fluenti, e con quanta cura ed industra debbansi agli usi del viver civile e della nazionale ricchezza applicare.
Con savio accorgimento adunque S. E. il Ministro degli affari interni signor Marchese Santangelo ha disposto, che le società economiche del Regno, pria di osccuparsi della compilazione di una universale Statistica, debbano descrivere partitamente le acque fluenti di ciascuna Provincia, Distretto e Circondario, con indicarne la loro sorgente, lo spazio che percorrono, se mettono foce nel mare, o si divaricano in altro fiume o lago; di quali macchine idrauliche per opificj sieno motrici, se molini o gualchiere ec., quanto terreno sia da quelle irrigato; quali sieno i canali di derivazione; quale il sistema d'irrigazione; quanta la mercede della molitura.
Onde io, perchè socio corrispondente della società Economica della seconda Calabria Ulteriore, con circolare del dì 30 luglio corrente anno 1835 incaricato a descrivere le acque fluenti del circondario di Tropea mia patria, permettendo la topografica descrizione del terreno, ed il quadro della popolazione che racchiude, vado brevemente a farle conoscere, indicando in quanta copia scaturiscano nel suolo natio, e con quale industria i miei compaesani sappiano servirsene per gli usi della vita, dell'agricoltura e delle arti, e quali miglioramenti vi si possano apportare.


Fontana Barone
 

CAPITOLO II

DESCRIZIONE GEOLOGICA-TOPOGRAFICA
DEL TERRITORIO CIRCONDARALE DI TROPEA


Le coste marittime di questo territorio, non che il suo monte denominato il Poro hanno per base il granito primordiale, al quale giacciono sovrapposti strati di gneis, e di pietra area secondaria, subordinati ad altri strati di Selenite, e di pietra calce terziaria pregna di spoglie marine, non che a quelli di marna ora silicea, ora calcarea, ora argillosa. Le terre poi dette di alluvione, di transito, di sedimento costituiscono la superficie di quel suolo coltivabile, ricco sempre di particelle di animali, e di vegetali decomposti, e formante il suo terriccio per lo più siliceo, poche volte alluminoso, quasi non mai calcareo.
Il suo lato settentrionale giacente nel golfo di Santa Eufemia è bagnato dal mar Tirreno: dal quale lato il punto estremo verso l'Oriente è tagliato dalla foce della fiumara detta lo Spartimento, due miglia al di là del capo Zambrone. Il corso di questa fiumara divide il territorio di Tropea da quello di Briatico; mentre il corso dell'altra fiumara denominata il Porticello verso l'occidente lo divide dal territorio di Nicotera, discaricandosi nel mare un miglio circa al di là di Capo Vaticano; e finalmente verso mezzogiorno le pubbliche strade intersecate da coste, valloni e burroni lo separano dall'altro di Mileto, e dagli anzidetti due di Briatico, e di Nicotera.
Questo territorio così confinato contiene tomolate 22398 1/2 di terra coltivabile, misura di Calabria di 44100 palmi quadrati di tomolata, per quanto sono state calcolate nelle Matrici del Catasto provvisorio, come dall'annesso quadro statistico n.° 1.°.
Quante volte dall'alto del mare riguardar vogliamo le coste del detto territorio, vedremo a prima vista essere queste formate da colli, gli uni agli altri sovrapposti, formanti quasi un anfiteatro, i cui ordini di scalini sono altrettante pianure, per li quali si acsende fino all'estrema vetta di Monteporo, la cui struttura perchè formata a scalini, con voce svedese appellasi da' geologi Trappense.
Cotesta sua trappense struttura, non che la sua elevazione di un miglio e più dal livello del mare, le sue terre quasi da pertutto sciolte, selciose (dette in Calabria Pille) permeabili alle acque, e coronate verso il mezzodì d'altre più elevate montagne, sovrapposte alla roccia granitica primordiale, che domina verso le sue coste, e costituisce la sua interna massa, sono la causa per la quale l'interno di quel monte sia il serbatojo generale di tante e tante acque, prodotte in quella elevatissima regione da frequenti quasi settimanili piogge, da giornaliere brine, ruggiade e nebbie, da non rare gragnuole, e dalle invernali nevi. Queste acque non potendo aver passaggio nell'impermeabile granito, base di quel monte, veggonsi sgorgar in ruscelli, fronti e rivoli ne' descritti piani, coste e valli di quel territorio.
Nelle pianure a scalini dello stesso, diunita a' suoi ventitrè casali giace la città vescovile di Tropea capo-luogo del circondario, insigne per l'amenità del sito, e per la Nobiltà sempre fedele a' Re suoi Signori, edificata sul ciglione di una rupe, perpenticolare al mare, cinta di mura e di un fossato; a tempo degli Aragonesi una delle piazze forti del Regno; a gradi 38:42 di latitudine settentrionale, e gradi 33:55 di longitudine; esposta a' raggi del dì nascente.
Caldo perciò, ma temperato e dolce è il suo clima nelle marine; freddo ed incostante nelle campagne di Monteporo; mentre da pertutto puro e salubre è l'aere.
La sua popolazione, e quella de' suoi ventitrè casali, calcolata su registri delle amministrazioni comunali per lo caorrente anno 1835 è di 16524 anime, partitamente divisa ne' sei comuni di quel circondario, come osservasi nel quadro statistico n.° 2.°. Quale popolazione, atteso il suo ristrettissimo territorio è più sufficiente per supplire a' bisogni dell'agricoltura, e delle arti, anche di lusso.
Abbonda percò quello di ogni sorta di ortaglie, di fichi, agrumi, frutta, non che di vino, olio, cotone, seta, e sopra tutto di cerali di ogni qualità ed in abbondanza, superiori a' suoi bisogni. Questi prodotti si debbono non solo alla bontà del clima e del suolo, ma anche all'industria de' suoi abitanti, che profittar sanno delle tante acque fluenti, delle quali dovisiosamente è quel territorio fornito.
Queste acque fluenti, per l'incarico datoci, andremo partitamente descrivere; e per serbar chiarezza le divideremo in ruscelli di tal volume e forza da muovere molini da grano e qualunque altra macchina idraulica, che potrebbevisi costruire per gli opificj; ed in fonti e rivoli agli usi della vita, e dell'agricoltura inservienti.
 


Fontana del Borgo
 

CAPITOLO III

DE' RUSCELLI MOTORI DE' MULINI DA GRANO


I ruscelli motori de' mulini da grano, che nelle contrade appellansi volgarmente Fiumare, sono nel numero di sei, colle seguenti denominazioni.

Lo Spartimento.
Il fiume di Parghelia.
La fiumara delle Grazie.
La fiumara di Brummaria.
La fiumara del Capo, detta anche della Ruffa.
Il Porticello.

Tutti questi ruscelli si discaricano nel mare, hanno le loro sorgive come segue, e muovono i seguenti mulini.
Il corso della fiumara detto lo Spartivento, come abbiamo già detto, costituisce l'orientale confine del territorio circondariale. Ha questa la sua sorgiva nelle terre del fu Carlo Pisa, e dell'architetto Melograna verso le coste del casale di Zungri, dette di San Giovanni, lontane dal mare miglia cinque circa; anima quattro mulini da grano sulle sponde del territorio di Zambrone Casale di Tropea, ed altrettanti su quelli di Briatico. I mulini del territorio di Zambrone si appartengono, cioè due a D. Antonio Arena fu Gaetano, il terzo al fu Maggiore D. Antonio de Settis, ed il quarto verso San Giovanni agli eredi dell'Abate Luigi Arena. Si derivano le acque di questa fiumara ne' tempi estivi dopo di aver animato il mulino di de Settis, e si fanno servire per l'irrigazione delle terre superiori al detto villaggio. Il godimento delle dette acque per l'irrigazione è diviso nel periodo di una settimana tra i proprietarii di quelle terre, che sono i signori Melograna, de Settis, Scordamaglia, Ambrosio. E spirato quel settimanile periodo, ne ritorna nell'istess'ordine il godimento a ciascuno di loro. Quaranta tomolate circa da quelle acque sono irrigate.
Il fiume di Parghelia è formato dalle acque che scaturiscono nelle coste dette di Agrilloni sotto i piani di Monteporo. tre miglia circa lontane dal mare. S'incanalano esse nel Vallone così denominato, nel quale sono aumentate dallo scolo di altre sorgive, e da quello della fontana di Fitili, e più sotto della stessa dall'altra acqua detta pesata, che sorge sotto le coste del Casale di Dafinacello, luogo detto Ricozza, proprietà de' signori Pelliccia sito vicino Parghelia. Per l'irrigazione delle terre presso il detto mulino è derivata l'acqua ne' tempi estivi da' coloni degli orti della Mensa Vescovile di Tropea, alla quale si appartiene: ottanta tomolate circa de' detti orti sono innaffiate; ed altre trenta con gli scoli della stessa della contura Pelliccia, in tutto tomolate centodieci, e quindi si discarica nel mare.
La fiumara delle Grazie divide il territorio del comune di Parghelia da quello di Tropea; scaturisce nel luogo detto Focolio su piani di Zaccanopoli, quattro miglia circa lontani dal mare; viene aumentata lungo il suo corso d'altre sorgive delle coste di quel vallone. Muove quattro mulini da grano nelle coste del villaggio di Zaccanopoli, che si appartengono ai proprietarii Bonavina, eredi d'Ambrosio, Mamone, e Mazzitelli; ed altri sette sulle coste del territorio di Parghelia, che si appartengono a' proprietarii, cioè tre a' signori Naso, e gli altri quattro a' signori Scordamaglia, Tranfo, Accorinti, e Granelli, e pria di scaricarsi nel mare annaffia gli orti del detto signor Granelli, e di Paladini siti in quella marina, dell'estensione di tomolate quattro circa. Tanto la fiumara delle Grazie, che quella di Parghelia ne' tempi invernali, e di dirotte piogge divengono due torrentacci, che precipitano da' sovrastanti colli massi enormi di granito, di quarzo, di tufo calcareo, e tale quantità di rena, loto, terriccio, ghiaja, che continuamente ne innalzano il letto, riempiono gli abissi del mare, e ne proteggono la marina; danni tutti derivanti dallo sboscamento di quei colli, e dalla di loro coltura.
La fiumara detta di Brummaria, con irrigazione delle sue acque costituisce la fertilità de' giardini di agrumi, degli orti, e delle terre, che sono all'oriente ed al mezzodì della città di Tropea, dell'estensione di tomolate cento circa. Scaturisce questa nelle campagne di Monteporo, luogo detto Santo Stefano, lontano miglie cinque circa dalla marina di detta città, nella quale ha la sua foce. Scorre luongo il vallone del casale di Drapia, nel quale viene accresciuto d'altre fonti sorgive da quelle coste; anima sotto detto villaggio tre mulini, due de' signori Mottola, e l'altro del signor Ruffa. In passando nell'altro vallone detto di Brummaria viene aumentata nel luogo denominato la Gornella di altra acqua detta la fiumarella, sorgiva nel luogo detto Sant'Agase. Partendo da questo vallone, ove esiste il diruto mulino del Barone Fazzari, e poi l'altro macinante del fu notar Raponsoli, nella parte orientale della città muove altri tre mulini, due de' signori Barone, ed il terzo del signor duca di Rodi, e quindi gettandosi a fianco della strada della marina, in quella costa ne anima altri quattro, che si appartengono al signor Adelardi, a D. Francesco Fazzari, ed i due ultimi a' signori d'Aquino. Sono dunque in tutto numero dodici mulini macinanti per le dette acque.
La fiumara del capo Vaticano, detta anche della Ruffa, ha il maggior volume di acqua di tutte le fiumare del territorio, e potrebbe essere la forza motrice di qualunque macchina idraulica per opificj. Le acque che la costituiscono nel suo intero volume sono le seguenti, cioè due ruscelli che scaturiscono dal luogo detto li pantani di Spilinga, siti sotto il Monteporo, lontani dal mare otto miglia circa. Il primo di questi ruscelli detto fiumara del Poro, e di Spilinga muove tre mulini nel tenimento dello stesso, e che si appartengono a' signori Pontoriero, Galluppi, e Adelardi, e score dritto verso la fiumara grande. Il secondo di minor volume, non atto a muover mulino alcuno, volge verso l'oriente, e tocca l'antico paese d'Aramoni, dove vi è un ponte denominato il Passo murato. Più basso verso l'occidente viene accresciuta da un terzo ruscello che scaturisce dal luogo detto Grotta di Favo, e petti dell'acqua fredda, ed anima sei mulini di proprietà de' signori, cioè due di D. Nicola, e D. Felice Toraldo, il terzo di D. Antonino Naso, il quarto di Michele Pugliese, il quinto di Domenico Giuri, il sesto di D. Giuseppe Cesareo, tutti siti nel territorio di Spilinga, ed in quello di Panaja.
Questi tre ruscelli si uniscono nel luogo detto Vernitica, e formano un solo volume di acqua, denominato fiumara del capo Vaticano, o della Ruffa, la quale fa macinare altri otto mulini, che si appartengono, uno a' signori Caputo, due al signor D. Pietro Tranfo, un quarto a D. Francesco Adesi, il quinto al Duca di Rodi Caracciolo, il sesto al signor D. Nicola Toraldo di Giuseppe, il settimo agli eredi di D. Gaetano Granelli, l'ottavo a D. Domenico Tranfo; tutti siti nel territorio di Ricadi. Attualmente questa annaffia i soli territorii verso la marina, dell'estensione di tomolate cento e più, che si appartengono a' signori D. Giacomo Barone, D. Carlo Tranfo, D. Gaetano Granelli, Anna Pantano ed altri. Si perde quindi nel mare, mentre con appositi canali di derivazione, costrutti superiormente nel territorio di Spilinga, potrebbe irrigare migliaja di tomolate di terre, come vedremo nell'ultimo capitolo.
Il Porticello finalmente costituisce il confine occidentale del territorio. Le sue acque hanno doppia sorgente, ed entrambe scaturiscono da' così detti petti dell'acqua fredda nel territorio di Spilinga, lontani tre miglia e più dal mare. Il primo rivolo scorre sotto le terre del casale di Coccorino, e muove quattro mulini ivi esistenti, che appartengono al territorio di Nicotera. E' di tanta piccola forza questo ruscello, che que' mulini debbono far uso delle vasche per raccogliere le acque in sufficienza a poter macinare, e perciò non sono in tutte le ore macinanti. Il secondo ruscello ha il corso sotto il territorio di Panaja, e dopo un miglio, e mezzo circa si riunisce al prima vallone detto del Porticello, territorio di Ricadi, da dove dopo un altro miglio e mezzo di corso si discarica la fiumara nel mare. Da questa fiumara solo poche terre verso la marina dell'estensione di tomolate due circa sono irrigate, ed appartengono al signor D. Vincenzo Naso.
Sono in tutto i mulini macinanti numero quarantacinque, come dal quadro n° 3.°, oltre altri otto edificati sulle sponde dello Spartimento, e del Porticello, de' quali quattro si appartengono al circondario di Briatico, e gli altri quattro a quello di Nicotera. Di questi anche gli abitanti del circondario di tropea sogliono servirsi per la molitura de' loro cereali.


Fontana Marina
 

CAPITOLO IV

DELLE FONTI, E DE' RIVOLI ALL'USO DELLA VITA,
E DELL'AGRICOLTURA INSERVIENTI


Il territorio circondariale di Tropea è così doviziosamente fornito di fonti, rivoli e sorgive di acqua perenne, che riuscirà impossibile di tutti annotarli, quantunque non abbia tralasciato studio e fatiga per averne contezza da' proprietarii più istruiti di ciascuno comune. Chieggio perciò scusa a' miei concittadini di qualche involontaria omissione. Intanto per descriverli con chiarezza e precisione seguirò l'ordine istesso, col quale ne' quadri statistici n.° 1.° e 2.° rapportati sono i villaggi de' sei comuni di questo circondario, principiando da quello della città di Tropea.
La fonte, che fornisce l'acqua potabile a questa città, scturisce nel luogo detto Sant'Agase, due miglia da essa discosto alle coste del terzo scalino sotto il villaggio di Caria. Spaziosi acquidotti a lamia l'incanalano, ed una bella fontana nella piazza di questa città eretta sotto la casa comunale la fa scaturire dalle bocche di tre delfini di marmo, e versare in altrettante sottoposte marmoree conche. Seggono sul dorso di questi egual numero di Puttini, che veggonsi collocati in tre nicchie de' piloni di quel portico. Entro del quale due cannelle forniscono l'acqua alla vasca interna, costrutta per uso della lavatura de' pannolini di questa popolazione.
L'istesso fonte di Sant'Agase fornisce l'acqua potabile ad altre sei fontane esistenti nel perimetro di detta città e de' suoi sobborghi, e sono, quella della piazza del Vescovado, l'altra della piazzetta di rimpetto il palazzo di D. Gaetano Barone, una terza fuori porta nuova, una quarta fuori porta vaticano, una quinta sulla strada dell'Annunciata a fronte il muro del giardino del signor D. Francesco Fazzari; ed una sesta finalmente all'estremità dello stradone fuori porta nuova, fatta costruire da S. E. il signor marchese D. Vito Nunziante, Tenente generale Ministro Segretario di Stato allorchè Commissario del Re coll'alterego reggeva le tre Calabrie.
Questi stesso somministra parimenti l'acqua potabile a' Monasteri di Santa Chiara, della Pietà, non che a molte cisterne de' particolari; all'altro Monastero di san Giorgio, e all'ospedale civile.
Gli scoli delle acque delle descritte fontane esistenti in Città, raccolti nelle sotterranee cloache della stessa, portano via qualunque sozzura, e vanno ad irrigare i sottoposti orti della marina detta dell'isola dell'estensione di tomolate venticinque circa, di proprietà de' signori Toraldo, Fazzari, Scrugli, e Nomicisio.
Altri due fonti sorgivi di acqua eccellentissima potabile esistono nella marina detta del Vescovado, uno dentro il fabbricato della manifattura de' cuoi, e l'altro più in là sotto le mura del giardino de' signori Barone, inservienti all'uso della navigazione. In detta manifattura rinviensi altro rivolo sorgivo da quelle sovrastanti coste, addetto alla macerazione de' cuoj.
All'oriente della città, luogo detto Sant'Onofrio, superiore alla strada del Carmine scaturisce il fonte della miglior acqua potabile; ed all'occidente sotto il colle S. Angelo sorge il rivolo detto acqua d'Argento, che irriga i giardini, ed il laberinto di agrumi del signor Barone Fazzari: a destra del quale nelle terre ora del signor Mazzitelli evvi altra sorgiva, che fornisce l'acqua potabile al Convento della Santissima Annunciata, ed una pubblica fontana a fianco di quella Chiesa, i cui scoli sono sufficienti per annaffiare il di loro giardino di tomolate quattro circa.
Hanno egualmente acque sorgive ne' proprii fondi, che raccolgonsi da vicini valloni con vasche, all'oggetto costrutte, tutt'i proprietarii delle terre site all'occidente della città, che vengono denominate croce di Fazzari, terre di Piperno, Argane di Granelli, Gornella di Adelardi, Vicci di Scrugli, Santa Venere di Vulcano e di Pelliccia, Centerio di Braghò, Campo d'Aquino, Fontanella di Alia, giardino di Barone, Santa Barbara di Fazzari, Riace di Barone: tutte dell'estensione di tomolate duecento circa.

PARGHELIA. - ha una fontana di acqua potabile con vasca per lavare i pannolini; costrutta nel vallone detto la fontana, quaranta passi circa da quella popolazione lontana; i cui scoli annaffiano due tomolate di terra de' signori Melograna. Per questo istesso vallone con ponte di fabbrica dall'opposta sponda si fa passare il rivolo di acqua del signor duca Tranfo la cui sorgiva è un miglio e più lontana sotto le coste del villaggio di Alafito. Quest'acqua irriga il giardino di agrumi, gli orti di detto duca, e le terre di altri particolari, dell'estensione di tomolate trantacinque circa, site all'occidente di quella popolazione.
Hanno acque sorgive ne' proprii fondi i signori Caputo, Toraldo, e Granelli per annaffiare le proprie terre site alla marina sotto il petto denominato di Sant'Antonio; non che il signor Jerocades nella sua terra, luogo detto la pizzuta; i signori Pelliccia nella marina detta della Contura; ed i signori Romano e Toraldo, nelle di loro terre site nella marina al di là di capo Ciurra, che tutte sono dell'estensione di circa tomolate sessantacinque.

FITILI. - Dalle coste dette abate cinto, proprietà del signor D. Antonio Pelliccia, lontane da questo villaggio venti passi circa, scaturisce sorgente di acqua leggiera, limpida, fresca. Fa pietà il vederla abbandonata nel suo stato di natura, sfornita di ogni accessorio lavoro per renderla utile a quella popolazione, non che agli animali che la bevono. A premura dei signori Pelliccia il signor Intendente della Provincia anni addietro sotto il sindacato del fu D. Carlo Pisa liberati avea ducati quattordici per farla riattare; ma non furono pagati dalla cassa comunale di Parghelia, nonostante che gravosa tassa annuale, detta di ripartizione da' suoi abitanti a questa si corrisponda per sostenere i pubblici pesi, non che le opere pubbliche comunali. Io son dolente che in questo rincontro osservar debba, almeno di passaggio, che in tutt'i villaggi del circondario, ed anche nella istessa Tropea, le opere pubbliche tutte, e specialmente quelle di mantener pure e limpide le acque potabili, per la pessima e trascurata amministrazione, cadono giornalmente in ruina. Quindi è che in questo circondario disgraziatamente l'incivilimento declina in ogni anno verso la barbarie a dispetto de' doni della provvida natura, largamente quivi profusi, e delle previgenti leggi e decreti di S. M. il Re nostro clementissimo signore. Ritorno d'onde partii.
Le terre di questo villaggio, e le superiori della pianura detta Colacotrone, tutte di proprietà de' germani fratelli Pelliccia, dell'estensione di tomolate ottanta sono irrigate da' rivoli detti di Agrilloni, e della Ciaramita, che scaturiscono due miglia circa da quello lontani, e che quando non bisognano per la detta irrigazione accrescono il volume di acqua del fiume di Parghelia di sopra descritto.

ALAFITO. - Questo villaggio quasi distrutto per le frane del suo territorio, che annualmente aumentano, ridotto ad una popolazione di sole ventotto anime, ha un fonte sorgivo superiore, i cui scoli irrigano l'orto del signor Vita di tomolate tre circa.

ZACCANOPOLI - Una fontana a due cannelle, edificata da quel villaggio provede a' bisogno dalla vita, ed i suoi scoli annaffiano quattro tomolate circa delle sottostanti terre di proprietà degli eredi d'Ambrosio, e non ha altra acqua sorgiva.

ZAMBRONE. - L'acqua potabile agli abitanti di questo villaggio è somministrata da due fontane, una ad esso vicina, e l'altra più lungi. Le terre superiori allo stesso, tomolate quaranta abbiamo veduto che sono irrigate dalle acque della fiumara lo Spartivento. Alcune terre site in quella marina denominate Cortese del signor Granelli, Battistone del signor Mazzitelli; la marina di Giacoma Collia, tutte dell'estensione di tomolate venti hanno acque sorgive, che raccolgono per l'irrigazione delle stesse. Le sorgive poi dette Giona, ed il Pantano fluiscono in que' valloni senza aver determinato uso.

DAFINA'. - Non lungi da questo villaggio, due fonti somministrano l'acqua potabile alla popolazione, la quale nel vallone all'occidente gode anche dell'esistenza di un mulino da grano, proprietà del signor Melograna, macinante nel solo inverno con vasca superiore, che raccoglie le acque di Santa Chiara, Scrisà, Lemmis, del Pozzo, le quali ne' tempi estivi sono addette parte all'irrigazione delle terre superiori in tomolate venti, in tutto tomolate quaranta, di proprietà de' signori Pelliccia, Melograna, e Mamone.

SAN GIOVANNI. - Due fonti di acqua potabile ha questo villaggio, il primo detto Milia, sorgiva nel fondo del signor Toraldo, e l'altro nelle coste di quel vallone, ed i scoli di questi si uniscono alle acque dello Spartivento, detto in questo luogo Potame. Ne' così detti Pantani di questo territorio evvi altra acqua sorgiva, che raccogliesi da' signori d'Aquino in una vasca per l'innaffiamento del di loro fondo detto la Cocomorara di tomolate quaranta circa.

DAFINACELLO. - I rivoli detti Franzone, e Lemmis annaffiano tomolate venti delle terre di questo villaggio, il quale non ha altra acqua potabile, che quella detta Pesata, da noi descritta nel villaggio di Parghelia, la quale per essere di difficile accesso ne' tempi di pioggia, que' naturali sogliono bere l'acqua de' Pantani, ond'è che quella popolazione annualmente decresce, ridotta ora a sole anime cinquantotto, laddove nell'anno 1824 ora di anime centoquindici; la vediamo perciò ridotta in un decennio alla metà, senza aver sofferto disgrazia, o contaggio alcuno in detto tempo.

DRAPIA. - L'acqua detta Vardaro, dal vallone ove scaturisce, trenta passi circa da quel villaggio discosto, è la sola che ivi rinviensi: la migliore forse di tutto il territorio cincondariale per la sua leggerezza, e qualità salubri; e perciò le persone agiate di Tropea se ne servono per gli usi della vita. I suoi scoli irrigano il sottoposto territorio di tomolate due circa, di proprietà de' signori Mottola.

GASPONI. - Un fonte sorgivo al mezzodì del villaggio gli fornisce l'acqua potabile; ed annaffia una sessantina di tomolate delle sue terre coll'altra acqua di Sant'Agase, che scaturisce da quelle sovrastanti coste.

BRATTIRO'. - Oltre di un fonte perenne, che somministra l'acqua potabile a questo villaggio, poco dallo stesso discosto, ed i cui scoli annaffiano tomolata una di terra del fondo detto Giardino de' signori Caputo ha numero otto pozzi nell'abitato, ed altri dodici nella campagna per l'istesso oggetto, ed hanno particolari rivoli per l'irrigazione delle terre in tomolate ventotto circa i seguenti fondi rustici denominati San Cosmo, Nardella, ed il Monte del signor Scattaretica, il fondo detto Barone de' signori Cutuli, gli altri denominati Jumante del signor Jerocades, Spartà de' signori Toraldo, Pità del signor Migliarese.

CARIA. - Questo villaggio è fornito di acqua potabile, somministratagli da un fonte discosto un mezzo miglio circa verso levante, e perchè non è di troppo buona qualità, sono obbligati gli abitanti a fare un miglio di strada e più per attingere l'acqua del fonte sant'Agase.

RICADI. - Questa popolazione ha un pozzo pubblico per attingere l'acqua potabile accosto il villaggio. I signori Tranfo, ed altri proprietarii hanno anche de' pozzi per uso proprio. Il fondo detto Agrelia del signor D. Gaetano Tranfo, e l'altro del signor Petracca hanno picciolissimi rivoli, co' quali si annaffiano sei tomolate di terra.

SANTA DOMENICA. - Una pubblica fontana detta Arena a ponente del villaggio gli somministra l'acqua potabile; e perchè questa si scaturisce nel fondo detto Rotondo del signor Migliarese, due miglia al di là del Paese, e nel suo corso non è debitamente custodita, riesce di non perfetta qualità, per la qual cosa quella popolazione suol servirsi della sorgiva nel fondo Bagnaria, non molto lontano. Gli scoli della detta fontana appartengono al signor D. Antonio Toraldo di Giuseppe. che raccogliendoli in una vasca annaffia tomolate sei circa del suo territorio denominato il Trappeto. I fondi detti Bagnaria dei signori Granelli, e Migliarese; Coliseo del signor Galluppi, e Cagliopi del signor Adelardi hanno particolari fonti per l'irrigazione di una parte de' sopradetti fondi, de' quali le terre annaffiate sono tomolate venti circa.

CIARAMITI. - Fontana poco discosta dal villaggio gli fornisce l'acqua potabile; le sue terre non hanno acqua alcuna per l'irrigazione, mentre quella che sorge nel sottoposto vallone, col suo corso va ad irrigare poche tomolate di terra del sopradetto fondo Cagliopi del signor Adelardi, sito in Santa Domenica.

BRIVADI. - La fontana detta Burruele, non molto discosta dall'abitato, somministra l'acqua potabile a questa popolazione; ed i suoi scoli annaffiano tomolate sei circa di terre di proprietà de' signori Aquino, e Scrugli altre tomolate dieci circa di terre de' fondi denominati Barbalunga, la Monaca, e Lampas sono irrigati d'altra particolare sorgiva.

ORSIGLIADI. - Non ha acqua fluente di sorta alcuna; da un pubblico pozzo ne attinge quella popolazione l'acqua per l'uso della vita.

SAN NICOLO'. - Di tutt'i villaggi del circondario, e forse di Tropea istessa è questo territorio di S. Nicolò fornito della maggior quantità di acqua fluente, la quale lo rende umido, e di aere non troppo salubre attesa la natura argillosa delle sue terre, dette volgarmente forti. Due fontane prossime al villaggio gli forniscono l'acqua potabile, e per l'innaffiamento delle terre, un ruscello di volume più che sufficiente ad animar mulino da grano, o macchina qualunque idraulica scaturisce nel fondo detto la Ruffa del sinor D. Giacomo Barone a ponente un miglio dal villaggio discosto, e ne irriga tomolate trenta; nell'atto che altre tomolate dieci sono irrigate dagli scoli delle sopradette due fontane. Altre tomolate centocinquanta circa sono annaffiate da paticolari sorgive di acqua perenne, da apposite vasche raccolte, e queste appartengono a' fondi denominati Magliocco del signor Baldanza, Migliarese del signor Barone, la possessione de' signori Fazzari, e Barone, Giardino di D. Orazio Barone; il Loco, e Jazzolino del signor Scrugli; Laganà del signor Naso, Frezza del signor Adelardi, Fiorina del signor Fazzari.

LAMPAZZONE. - La fontana detta del Ponte, che scturisce nel fondo detto Carlino, lontano da quel villaggio un miglio circa gli somministra l'acqua potabile; ed i cui scoli non annaffiano terra alcuna, perchè immediatamente si perdono nel prossimo vallone.

BARBALACONI. - Ha un solo fonte perenne di acqua, alquanto dal villaggio discosto, per gli usi della vita, i cui scoli non annaffiano terra alcuna, ma si perdono nel contiguo vallone.

SPILINGA. - Tre fonti sorgivi gli somministrano l'acqua potabile, detti la fontana grande, della Race, e Cordonchideni, non molto da questo villaggio discosti; e le sue terre non sono mica annaffiate, perchè gli scoli delle dette fontane fluiscono subito ne' prossimi valloni, ed aumentono le acque della fiumara detta la Ruffa.

CARCIADI. - Il fonte detto le Crete, sorgivo poco discosto dal villaggio nelle sue coste, fornisce a questa popolazione acqua di eccellente qualità, i cui scoli non annaffiano veruna terra, e per luoghi pendinosi scorrendo aumentano la fiumara del Capo.

PANAJA. - Egualmente questa popolazione per gli usi della vita gode del fonte detto Carlino, che scaturisce a settentrione, e prossimo al villaggio; ed i scoli di questo annaffiano sei tomolate circa di terra de' signori Pontoriero, e Barone.
Addizionate le tomolate di terra che godono il beneficio dell'irrigazione sono n.° 1229, come dal quadro n.° 4.°.
 


Fontana Nuova
 

CAPITOLO V

SISTEMA DI IRRIGAZIONE IN QUELLO PRATICATO


L'acqua, ed il calore mantengono la vegetazione. Ond'è che ne' climi meridionali spesso mancando l'estive piogge, fa di mestieri supplire a' bisogno dell'agricoltura con mezzi artificiali, e conseguire quell'umidità necessaria alla conservazione delle piante. L'uomo perciò appena divenuto agricoltore si è impadronito delle sorgenti, de' rivoli, de' ruscelli e de' fiumi stessi, e con de' lavori all'uopo costrutti ha portato quelle acque ad irrigare i campi; e quindi procurarsi i vegetali alla sua sussistenza, ed a quella degli animali domestici opportuni; ed i popoli più rinomati e potenti dell'antichità dimostrarono ai posteri la loro grandezza e beneficenza colla costruzione del lago di Meride, e del canale di Alessandria d'egitto.
Ora l'irrigazione non solo mantiene il suo in tempo delle temperature secche e calde in uno stato sufficiente di umidità, ma apportandovi la belletta di alluvione, e la rena, scioglie le terre argillose; e le sue qualità fertilizzanti si sviluppano con più o meno energia, secondo la temperatura abituale più o meno calda del clima. Ne' paesi meridionali le terre annaffiate degli orti vi presentano alle volte fino a quattro raccolte successive nell'istesso anno, quali sono le così dette paludi della città di Napoli: laddove quelle che partecipi non sono de' beneficj dell'irrigazione regolare, appena vi danno un ricolto di frumento in ogni due anni, come avviene ne' fertilissimi campi della Puglia, non presentando questi dopo la mietitura, direi, che aridi deserti.
I lavori coì quali l'uomo s'impadronisce delle acque fluenti, ne deriva il corso, e le fa servire per fertilizzare i terreni, costituiscono il così detto sistema d'irrigazione. Col mezzo di questo si ricevono a piacimento le acque fluenti per diffonderle su' campi in tempo opportuno, e si rigettano qualora la loro presenza fusse di pregiudizio alla vegetazione; non soffrendo ma le terre danno alcuno da' corsi di acqua, anche nelle più forti inondazioni.
E semplicissimo il sistema d'irrigazione nel territorio circondariale di Tropea; perchè le acque in quello fluenti sono sempre di piccolo volume, ed il loro corso è tra valli e terre, le cui sponde sono altissime da non temere ribocchi, ed i lavori che lo costituiscono sono.

1.° La così detta presa d'acqua.
2.° Un canale di derivazione.
3.° De' rigagnoli maestri e secondarii.
4.° Una vasca per raccogliere le acque: de' quali brevemente ne parleremo.

Presa di acqua. Un fiume, o un ruscello non può derivarsi dal suo corso ordinario, e farlo fluire in canale traverso, che coll'innalzamaneto del suo letto, capace a fargli superare una sponda. Questo innalzamento di letto formasi col lavoro detto presa di acqua. Se trattasi di un debole ruscello favorevolmente collocato per rapporto al terreno, la sua presa di acqua è effettuata da una traversa temporanea di fascine, sostenuta da una macera, che poi viene distrutta quando l'irrigazione è terminata, e che di bel nuovo al bisogno si costitruisce. Ma se questo ruscello in tempo di pioggia diviene impetuoso torrente, e il suo letto debba innalzarsi da dieci a venti palmi per derivare le sue acque, allora la presa si forma con grosse travi di pioppo, lunghe abbastanza per incastrarsi orrizzontalmente nelle sponde della costa, collocandole le une alle altre superiori di cinque in sei palmi, alle quali travi si appoggiano de' pali verticali conficcati nel sottoposto letto, e strettamente legati a quelle con corde di strame in modo, che formano una ben intesa palizzata, di quell'altezza che richiede l'elevazione del terreno d'annaffiarsi. A' detti pali vi si legano in seguito delle frasche e delle fascine, le quali nell'atto che danno libero corso alle acque, vi trattengono le rene in modo, che in pochi giorni la palizzata si ricolma, ed il letto del vallone è innalzato per quanto si desidera.
Di qualunque modo costrutta sia la presa di acqua, non deve esporre mai il terreno circostante ad essere sommerso per causa dell'innalzamento delle acque dal loro naturale livello. Conviene perciò rinvenire nel vallone un punto (il più delle volte assai lontano) elevato abbastanza, e di un livello superiore a quello delle parti le più elevate del terreno da irrigare, nel quale favorendosi lo scolo dell'acqua eccedente nel suo letto inferiore, mercè i lavori della presa si costringa quella quantità di acqua che si desidera a scaricarsi nel così detto.
Canale d'irrigazione. E questo il canale destinato a ricevere le acue deviate o derivate dal corso di un ruscello, o fiume mediante la già descritta presa di acqua. La costruzione di questo canale livellata viene dal punto di questa presa, e da quello del terreno d'annaffiarsi, dando un declivio sufficiente ed uniforme. Quando si ha l'arbitrio di regolarlo, questo declivio non dev'essere troppo forte, nè troppo debole, ma proporzionato al volume delle acque disponibili, ed alla natura del terreno. Troppo forte, le acque vi prenderebbero eccedente ripidità, e potrebbero rovinare il canale: troppo debole lo colmerebbero fluendo lentamente col deposito delle rene, e vi rimarrebbero in istagnazione. Il declivio più vantaggioso è fra i limiti del due al tre per cento, perchè dà alle acque la proporzionata celerità. Ma questo declivio del canale d'irrigazione è per lo più subordinato al declivio generale del terreno per dove passa, ed in tal caso s'impiegano tutte le risorte dell'arte per impedire gl'incovenienti di sopra riferiti.
S'incontrano spesso degli avvallamenti; e questi o si colmano (se fia possibile) o si superano conducendo le acque lungo gli orli di essi, o con costruirvi de' ponti di legno, o di fabbrica, come si pratica per lo passaggio delle vallate.
Le dimensioni di questo canale si formano proporzionate al volume di acqua che deve ricevere: le sue sponde sono stabilite a contro-scarpa, tanto meno ripide, quanto sarà meno consistente il terreno: le terre del suo scavo, e quelle depositate dalle acque nel punto il più elevato del campo da irrigarsi, nel quale suole costruirvisi.
La vasca destinata a raccoglierle, ed a spargerle in seguito su tutt'i punti della superficie di quello. Di somma importanza è l'esistenza di una vasca in tutt'i campi che godono del beneficio dell'irrigazione, e duole il vedere che molti ne sono privi. Dappoichè le acque de' ruscelli ora sono torbide, ora calde, ora fredde, qualità tutte nocue all'irrigazione; la vasca col raccoglirle corrige queste imperfezioni, mentre che col solo riposo depongono le rene delle quali sono pregne, esalano il calorico soverchio, ed esposte a' benefici raggi del sole s'intiepidiscono, e si arricchiscono dei principii fertilizzanti al pari delle acque piovane.
D'altronde il beneficio dell'irrigazione ritondando dall'ingegnosa ed equa distribuzione delle acque fra i limitrofi possidenti, ne segue che sono esse derivate dal loro corso da' proprietarii a' quali appartengono, e somo tra queste divise ad ora in un periodo di stette o dieci giorni, in modo che terminato il primo periodo, coll'istesso ordine di godimento principia il secondo. Ciò importa che ad alcuni proprietarii spetta il dritto di derivar le acque ne' proprii fondi di notte tempo, ad altri nelle ore le più calde del giorno, e tutti son soggetti ad averle in tempi burascosi, ventosi ecc.: lo che riesce di disaggio non solo a' contadini che debbono assistere all'irrigazione, ma anche di pregiudizio alla fertilità de' campi, essendo patente che l'irrigazione dev'effettuarsi al cadere del sole per essere a quelli proficua. Tutti quest'inconvenienti si evitano colla costruzione delle vasche, le quali ricevono le acque in tutte le ore del giorno, ed in qualunque tempo piovoso, e le mettono a disposizione de' contadini, da servirsi a loro bell'agio e quamdo riesce utile l'irrigazione.
E poi indispensabile l'esistenza di una vasca per raccogliere le acque di quei piccoli ruscelli, de' quali il tenue volume non è sufficiente all'irrigazione, e le cui acque raccogliendosi per più giorni possano servire all'uopo. Del pari è indispensabile pei ruscelli molto copiosi di acqua, la quale col suo precipitoso corso ruinerebbe e porterebbe via le terre in luogo di fertilizzarle; conviene allora riceverle nella vasca per disporre a piacere, secondo il bisogno, e moderarne il declivio, ed il volume mediante.
I rigagnoli primarii e secondarii. Il godimento delle acque fluenti, destinate all'irrigazione de' campi appartenendo a molti proprietarii limitrofi, le cui terre non sono sempre sul passaggio del canale di dreivazione, conviene incanalarne in altri canali subordinati al primo, i quali non sono precisamente che prolungamenti di quello, e diconsi rigagnoli primari. Sono questi escavati in un punto di livello superiore alla vasca che li riceve, e al terreno da irrigare. Per via di cataratte, e quasi sempre con una arginazione temporanea di zolle, e terra argillosa si fanno traversare dal canale di derivazione al rigagnolo. Per far uso di questi rigagnoli primarii è necessario acquistare il dritto di passaggio da' proprietarii de' terreni superiori, che debbono attraversare, e spesso questo dritto di servitù per terreno sul quale si accorda è a caro prezzo pagato.
I rigagnoli secondarii servono a distribuire le acque per l'annaffiamento delle terre, e sono questi sempre subordinati e alla vasca, quante volte esiste, ed a' riganoli primarii, non che al canale di derivazione. Sono perciò opportuni fossi a tal effetto praticati, che considerar si debbono quali ramificazioni del rigagnolo principale, e del canale di derivazione;  e sogliono moltiplicarsi quanto è necessario per completare l'irrigazione, e per livellare il declivio che dar sì conviene alle acque in quell'introdotte, affinchè la loro celerità non diventi grande abbastanza per iscondere le terre.
Questi sono i lavori che costituiscono il sistema d'irrigazione del territorio circondariale di Tropea, medianti i quali, allorchè il bisogno lo richiede le acque fluenti dal loro corso deviate si portano a fertilizzare i campi. or questa irrigazione praticarsi di due maniere, o per inondazione, o per inflitrazione.
Per fertilizzare le terre in coltivazone di piante ortensi, di granone, cottone, legumi si fa uso della così detta inondazione, per la quale bisogna un volume piuttosto grande di acqua, perchè conviene inondar quelle e coprirle di acqua in modo che ne siano sufficientemente le radici di tutte le piantoline umettate; lo che si ottiene movendosi colla zappa la terra a quelle prossima, e quindi passando l'acqua da una pianta all'altra. Per questa operazione bisognano almeno due uomini per dirigere in tutt'i sensi l'irrigazione. Dopo due giorni dell'inondazione soglionsi rincanzare le piantoline, e sarchiare le terre, rimondandole dalle erne spontanee, che rigogliose vegitano coll'annaffiamento.
Gli ortolani poi dividono le terre in tante porche, o ajuole di palmi otto quadrati, con sponde rialzate, e solch'interni, formati in modo che l'acqua possa tutti riempirli, ed investire le piantoline al ciglione di quelli esistenti. Annaffiata una ajuola si passa all'altra, sempre dalla superiore scendendo all'inferiore, e così continuando si compie l'inondazione di tutte quelle ajuole.
I giardinieri di agrumi si servono dell'irrigazione per infiltrazione; a quest'oggetto mantengono espurgata una fossa profonda un palmo almeno, e di diametro palmi quattro attorno di ciascun piede di agrume, e con un rigagnolo di comunicazione tolgono l'acqua dalla vasca, e la portano a riempire l'una dopo l'altra le fosse tutte, primcipiando dalla superiore, e terminando secondo la pendenza del terreno all'inferiore.
Le acque fluenti addette all'irrigazione del territorio circondariale di Tropea aèppartengono a' proprietarii de' fondi ne' quali scaturiscono; ma se sono derivate da ruscelli, o fiumare, che nel loro corso animano mulini, allora il dritto di servisene appartiene a pià proprietarii, i quali ne han ripratito il godimento in un periodo settimanale, e questo vien diviso in giorni ed ore, in modo che spirato il primo periodo, coll'istess'ordine succede il godimento nl secondo, ond'è che se un proprietario ha una giornata di acqua, o mezza giornata di acqua, o mezza giornata, o una o più ore nella domenica, in tutte le domeniche dell'anno ha il diritto di prenderla. Dal che ne risulta che i mugnai per la molitura de' cereali possono derivare le acque fluenti allorchè queste non servono per l'irrigazione.
questo dritto e godimento delle acque fluenti per l'annaffiamento dei campi suole vendersi colle terre istess, ed anche separatamente, ed il suo prezzo è proporzionato al volume delle acque del ruscello, ed al godimento più o meno lungo delle stesse nel periodo settimanale. Nel territorio della città di Tropea un'ora di acqua di ciascuna settimana della fiumara detta di Brummaria suol vendersi ducati cento, calcolandosi che dà una rendita di circa ducati otto l'anno; in Parghelia si suol anche vendere il godimento giornaliero dell'acqua del fiume a ragione di grana venti o trenta l'ora, secondo il bisogno e la siccità della stagione.
 


Fontana S. Agata (Santagasi)
 

CAPITOLO VI

DE' MOLINI DA GRANO AD ACQUA IVI ESISTENTI



Semplicissimo, e da per tutto uniforme al territorio circondariale di Tropea è il meccanismo de' mulini ad acqua, i quali vaiano solo nella maggiore, o minore quantità di molitura de' cereali, proporzionata sempre al volume di acqua che gli anima.
L'acque fluenti si derivano dal loro ordinario corso per animare i mulini colla così detta presa d'acqua, nel precedente capitolo descritta, e quindi si costringe a fluire nel canale di derivazione, che per i mulini appellasi gora. E' questa intagliata lungo la costa, ove esiste il mulino, con insensibile inclinazione; ed allorchè non vi è la rocca granitica per formarsi il labbro esterno, suole questo con macera, o terra rivestita di zolle verdi costruirsi; ma approssimandosi alla torre del mulino è sempre formato con muro di pietra e calce, nel quale vedesi praticata una chiavica a portella, detta volgarmente i pettini, per smaltire nel sottoposto vallone le acque alla molitura sovrabbondanti. E superiormente alla presa di acqua, non che prossimi alla detta chiavica soglionsi escavare de' fossi, ove le acque depositano le rene, delle quali vanno pregne; pregiudizievoli sempre alla molitura. Giunte le acque alla torre del mulino ne riempiono la così detta saetta nell'indicata torre esistente. E questo un vano a forma d'imbuto a piano leggermente inclinato, dell'altezza di trenta a quaranta palmi, il cui primo diametro è di palmi tre circa, e l'ultimo di once sei, coprendosi sempre con graticola di ferro la sua estrema parte, onde non sia dalle pietre colmata. De' massi granitici tagliat'in modo, che sopraposti gli uni agli altri combacino perfettamente, e nel di loro mezzo con forma cilindrica e diametro decrescente circolarmente escavati ne formano l'interna parte di detta saetta; ed affinchè le acque non possino trapelare, sono questi con pasta di fontanaro, di cotone ed olio formata, tra loro ingegnosamente connessi, ed all'esterno con solide mura vestiti, i quali costituiscono la così detta torre.
Poggia la descritta saetta su grosso macigno parallelopipedo, anch'esso di granito forato internamente, e perpenticolarmente alla stessa, e che comunica con altro foro all'esterno, nel quale applicasi una cannella di legno a piacere, ma proporzionata sempre alla forza motrice dell'acqua.
Riempiutasi in questo modo quella saetta, e per ragion del volume di acqua, della sua altezza e pressione, non che del piano fortemente inclinato acquista questa tale forza motrice sporgendo dalla cannella, che muove la sottoposta ruota orrizzontale di legno a paletta, del diametro di tre a quattro palmi, la quale col suo asse fisso nel suo centro muove la superiore ruota granitica, presso a poco dell'istesso diametro, e questa col suo moto di rotazione orizzontale tritura i cereali, che lentamente cadono dal superiore imbuto di legno, tra essa e la sottoposta rota fissa, anche di granito, detta cippo; ed affinchè le farine siano con facilità dentro un sacco raccolte, e si abbia il minor calo possibile, sono queste due ruote granitiche all'intorno vestite di una cassa di legno, volgarmente detta il farinaro. Presso detta cassa evvi'l manubrio, col quale a volontà il mugnajo può togliere l'acqua, e non far macinare il mulino.
Sogliono molini, nel descritto modo costrutti, molire dieci a dodici tomoli di cereali al giorno; ed il prezzo della molitura pel frumento è di un carlino a tomolo, e per lo frumentone, orzo, ed avena grana sei, e questo prezzo suole anche pagarsi col genere istesso; nel che consiste il maggior lucro de' mugnai. In questo prezzo vien compreso il dritto di trasporto de' detti cereali al molino, e dopo la molitura nelle case de' propietarii; il che obbliga i mugnai a mantenere de' garzoni, degli asini e de' muli a loro spese per supplire agli anzidetti trasporti.
La manutenzione delle così dette pre di acqua, e delle gore ne' mulini è a carico de' mugnai stessi, quantevolte la spesa non oltrepassi due giorni di lavoro, al di là de' quali è a carico dei proprietarii. Le pietre, le ruote, i ferramenti e gli utensili tutti dal proprietario si somministrano al mugnajo, previo inventario ed apprezzo, coll'obbligo di restituirli dell'istesso valore, e pagarne il minor prezzo, o riceverne il maggiore nella riconsegna.
Il fitto de' mulini è proporzionato alla di loro forza, sito più o meno favorevole e prossimo all'abitato, ed al tempo che possono macinare; mentre alcuni, e tali sono quelli della città di Tropea, macinano nel solo inverno, attesochè in estate, e parte di primavera e di autunno le acque appartengono a' proprietarii delle vicine terre per l'annaffiamento. La pensione locativa dunque di tali mulini invernali è da ventiquattro a venti ducati annui, e dagli altri, che macinano l'intero anno da ducati cinquanta a settantasei l'anno, con alcune prestazioni di polli, uovi e porco a metà, e molitura franca per uso del proprietario.
Il prezzo capitale de' detti mulini è calcolato sulla rendita degli istessi alla ragione dell'otto per cento; cosicchè se la rendita del mulino da vendersi è di ducati ventiquattro annui, il suo capital prezzo sarà di ducati trecento.


Trefontane
 

CAPITOLO VII

DE' MIGLIORAMENTI AL SISTEMA D'IRRIGAZIONE.
E DELLE MACCHINE IDRAULICHE PER OPIFICII,
E DE' FONTANILI DA COSTRUIRVISI


<<Lasciare scorrere una goccia di acqua senza averla prima sparsa nel suolo per fertilizzarlo,
è lo stesso che un volere sciupare cotanto prezioso ingrasso>>
ANDERSON.

Verità patente, e dimostrata abbastanza dalla fisiologia e vegetazione delle piante. Somma dunque dev'essere l'industria, e l'economia onde derivare il corso delle acque per i bisogni dell'agricoltura; e duole il vedere con quale non curanza siano queste custodite nel territorio circondariale di Tropea, essendo ivi difettosi i lavori e della presa di acqua, e de' canali d'irrigazione e de' riganoli, e mancanti spesso i campi delle opportune vasche per raccogliere e rendere stagnanti le acque da irrigare, onde fertilizzarle al pari delle acque piovane, intiepidirle o raffreddarle colla temperatura dell'ambiente atmosfera, e quindi a proprio bell'agio impiegarle per lìannaffiamento.
Le prese di acqua formate da macere, travi e fascine, come costumasi, fanno fluire e perdere nel vallone una grandissima quantità di acqua, che filtrando tra quella mal connessa arginazione non può immettersi nel canale di derivazione. Dovrebbero perciò queste prese formarsi con muro di pietra e calce, bastantemente forti, come dagli idraulici descrivonsi i così detti riversatoj, ond'esser valevoli a resistere alle correnti, ed atte nei tempi dell'irrigazione a derivare tutta l'acqua del ruscello. La spesa della costruzione di questi riversatoj verrebbe in pochi anni ricompensata dal beneficio della maggior quantità di tomolate di terra che verrebbero annaffiate; e divisa questa spesa tra i proprietarii e de' mulini e delle terre, ricaderebbe a cadauno una quota tanto tenue da potersi anche da mano agiati sborsare.
I canali di derivazione, ed i rigagnoli sono sempre costruiti a seconda della pendenza del terreno, e non mai con una esatta livellazione; è quindi il loro declivio ora troppo forte, ora quas'insensibile; o ruina le sponde o colma il vano de' canali; mentre sono quelle sempre formate con terra arenosa, per la quale filtrano e si perdono le acque, e spesso forate dalle talpe, se ne arresta interamente il loro decorso. Una esatta livellazione del due al tre per cento, uniforme sempre in tutta la di loro estensione, dei muretti di fabbrica formanti le loro sponde, il cui vano lastricato con tegole o fabbrica battuta, ne impedirebbero quest'incovenienti, e darebbero alle terre una sempre eguale e costante quantità di acqua, ed il doppio di quella ora somministrano.
D'altronde per indolenza de' proprietarii, molti e molti ruscelli corrono e si perdono nel mare, perchè le di loro acque ne' tempi estivi non sono derivate per l'irrigazione. Sarei nojosamente prolisso se volessi tutti ora annotarli; sono questi bastantemente noti a' rispettivi proprietarii del territorio; onde dirò solo della fiumara di capo Vaticano, detta anche della Ruffa; e ciò per la sua importanza, ed utilità somma.
La contrada la più amena, la più estesa, la più popolata del circondario è quella del Capo-Vaticano. Dieci villaggi tutti di agricoltori, formanti una popolazione (come vedesi nel quadro n.° 2.°) di 3192 anime, coltivano 8819 tomolate (quadro n.°1.°) di terra fertilissima, e per ragion de' suoi componenti e terriccio, e della sua esposizione. La fiumara detta la Ruffa, o del Capo percorre per lo tratto di miglia otto e più tutte queste terre, anima diciassette mulini (quadro n.° 5.°), solo giungendo verso la marina annaffia (quadro n.° 4.°) tomolati 510 di terra, quando potrebbe irrigarne migliaja di quelle aduste campagne ne' tempi estivi, se si eseguisse il progetto di derivazione della stessa, già da più anni formato.
Abbiamo osservato nel capitolo 3.° che questa fiumara da tre differenti ruscelli è animata, de' quali due scaturiscono da' così detti Pantani di Spilinga, e di quest'il primo perchè di maggior volume chiamasi fiumara del Poro e di Spilinga, decorrendo dritto anima tre mulini nel territorio di detto villaggio; ed il secondo di minor volume volge verso l'oriente, tocca l'antico paese di Aramoni, e non riesce di utilità veruna per non esser motore di mulini o macchine idrauliche, e per non impiegarsi all'annaffiamento. Con i descritti lavori idraulici facilissimamente potrebbe derivarsi il suo corso nel luogo detto passo murato, e menarsi le acque lungo la pubblica strada, e quindi congiungersi al primo ruscello nel vallone detto la Vernitica. Riuniti questi due ruscelli, delle loro acque se ne lascerebbe correre in detto vallone colume bastante ad animare i sottoposti tre mulini, ed il rimanente derivandosi per la continuazione di detta pubblica strada si porterebbe ad incontrare il terzo ruscello che scaturisce dal luogo detto Grotta di favo o petti dell'acqua fredda; e facendola correre lungo quel vallone moverebbe come al presente, ma con maggior forza i sei mulini di Spilinga, e di Panaja; e quindi nel sito di detto vallone denominato bosco cesareo, alquanto superiore al mulino de' signori Caputo, ove ritroverebbonsi riunite le acque de' tre ruscelli, di queste se ne lascerebbe correre nel sottoposto vallone quel volume che fusse sufficiente a muovere gli otto mulini del territorio di Ricadi, e si deriverebbero le altre per irrigarsi migliaja di tomolate di terra de' villaggi di Lampazzoni, Barbalaconi, Brivadi, San Nicolò, Ricadi, Orsigliadi. L'esecuzione de' detti lavori, osservandosi le regole dell'arte, non richiede che la spesa di ducati tre mila, pagandosi anche i danni che per gli occorrenti tagli apportar si potrebbero ad alcune terre.
Se per poco vogliasi riflettere alla scaturiggine de' tre di sopra menzionati ruscelli costituenti la fiumara del Capo, ed al di loro attuale uso, vedrassi chiaramente, che nell'esecuzione di questo progetto i mulini attualmente macinanti resterebbero tutti, non ostante la derivazione di parte di quelle acque. Dappoichè è patente che le acque del secondo ruscello non sono ora di utilità alcuna, ed allora aumenterebbero la forza motrice de' sei mulini di Spilinga, e Panaja; che la fiumara detta del Poro muove i tre molini di Spilinga, ed in conseguenza, sola egualmente potrebbe animare gli altri otto di Ricadi; per la qual cosa senza recar pregiudizio alcuno a' detti molini potrebbero riunirsi e derivarsi le acque del primo e terzo ruscello nel luogo detto Bosco cesareo per l'annaffiamento de' campi.
Opere di questa fatta, trattate da singoli particolari abortiscono sempre per l'opposizione de' proprietarii, le cui terre tagliar si debbono per lo passaggio delle acque, e per l'urto de' differenti interessi degl'intraprenditori. degli azionisti formanti società mercantili di commercio richiede una simile intrapresa; dappoichè hanno questi i mezzi necessarii per l'opera, per ottenerne dal Governo il permesso, pagandone l'indennità previo apprezzo pe' danni che si cagionerebbero alle terre, e per la servitù indi risultante, essendo uno e solo il loro interesse, quello cioè di trar profitto dai di loro capitali colla vendita delle acque che si deriverebbero.
Piaccia al Cielo, che anche nelle Provincie venghino ad istituirsi tali mercantili società, mentre nella Città di Napoli se ne contano di già sedici in piena attività. sarebbero nelle Provincie al coverto e dall'eccedente lusso di loro mantenimento, e non mancherebbero di utili lucrative speculazioni. Opere pubbliche da eseguirsi, laghi e pantani da dissseccarsi, terre da coltivarsi, manifatture de' generi grezzi da attivarsi rinverrebbonsi in ciascuna Provincia, Distretto o circondario.
Eseguito allora da queste Società il descritto progetto d'irrigazione delle terre del Cpo-Vaticano, quella contrada acquisterebbe di bel nuovo la sua già perduta fertilità, rimosse quelle cause che sempre più l'isteriliscono.
Imperocchè nella sempre memoranda eposca del decennio per gli accantonamenti militari nelle Calabrie, e per le fortificazioni di quel littorale nel distretto di Tropea, si vide oltremodo aumentato e il prezzo dei cereali, e quello della legna da cotruzione e da fuoco, nell'atto che divenne quasi nullo per la mancanza dell'esterno commercio il prezzo delle sete, e degli olii. In conseguenza le terre seminatorie del Capo-Vaticano, abbenchè per lo momentaneo lucro si spogliassero degli alberi e de' gelsi e degli olivi, e si sterilivano per detto taglio, ne aumentava sempre più la pensione locativa per prezzo ognor crescente de' cereali ne' susseguenti anni 1815, 16, 17 e 18. Onde avvenuti gli sconvolgimenti politici del 1820, e quasi per due terzi ribassato per più anni il prezzo de' cereali, sola ed unica derrata di quelle terre, perchè già spogliati degli alberi, si ritrovarono que' coltivatori gravati di esorbitanti fitti, ai quali non poterono adempiere, che colla vendita de' proprii animali vaccini, e de' loro fondi rustici ed urbani. Ridotti quindi alla miseria abbandonarono la loro patria, ricoverandosi nel sacro asilo delle casette, ora villaggio di San Ferdinando, aperto dalla filantropia di S. E. il tenente generale marchese Nunziante nella marina di Rosarno, ove rinvennero a basso prezzo il fitto delle abitazioni, degli animali e di terre ricche di annoso terriccio per i boschi di fresco abbattuti, ed irrigate da ben intesi canali e rigagnoli.
Le terre dunque di Capo-Vaticano, tanto rinomate un giorno per la loro fertilità, e per l'amenità del sito, son'ora divenute sterili pel taglio degli alberi, per la mancanza delle piogge indi risultante, per l'abbandono di tanti abitanti e per la miseria di quasi tutti coloro che restati vi sono, sprovvisti di animali e di mezzi di coltura: e non possono altrimenti ristorarsi che colla costruzione del sopra descritto canale d'irrigazione, e collo stabilirvisi delle macchine idrauliche mosse da quelle acque, come gualchiere, filande di seta e di cottone; de' quali prodotti agricoli quel territorio abbonda.


Fontana Marina (particolare)

Chiuderò questo capitolo e la Statistica delle acque col proporre lo stabilimento de' Fontanili, da più secoli praticati nel Milanese, e che vanno già ad ontrodursi nel Piamonte a premura di quella scientifica Accademia, la quale ne ha proposto de' modelli per l'esecuzione; ed io non saprei altrimenti descriverli che colle istessa parole del più rinomato degl'Italiani economisti signor melchiorre Gioja nella filosofia della Statistica pag. 49, edizione di napoli 1831.
<<La piccola profondità delle sorgenti in certe situazioni, e la pendenza generale del suolo Milanese dal Nord al Sud, sono l'origine dei Fontanili.
Per fontanili s'intende un luogo scavato più o meno profondamente, secondo che il bisogno il richiede, nel quale si raccoglie l'acqua, che zampillando sorge dal suolo.
Nel terreno scavato, laddove sorge l'acqua, s'intrducono perpenticolarmente alcuni grossi tini proporzionati al numero delle vene, prini di fondo, larghi abbasso, alquanto più stretti in cima, alti cinque in sei piedi, cerchiati di ferro, onde impedire alla sabbia, e alla ghiaja d'otturare le sorgenti in esse racchiuse.
Ciascun tino, divenuto, a così dire, un pozzo, la loro unione forma a livello del loro orlo un laghetto, del quale per agevolare il decorso si fa un piccolo cavo nella parte de' tini rivolto al canale che deve condurre de' tini si chiama testa del fontanile.
onde assicurare la stabilità del piccolo lago si cinge sovente con muro, che ha la forma di un circolo, di un poligono, d'un trapezio e d'altro, secondo che le circostanze richieggiono.
Scavando il canale, talora s'incontrano nuove vene di acqua, e viene loro applicato un tino, talora la vena comparisce a qualche distanza, e questa si conduce al canale primitivo.
Allorchè si fanno scavi per le teste de' fontanili, e si giunge al piano in cui le polle di acqua cominciano a scaturire, sovente si veggono de' fili del fluido scorrere lateralmente dalle partei dello scavo, e talvolta si osservano solo questi fili, senza che sul fondo dello scavo alcuna polla d'acqua apparisca. Il fluido adunque che scorre sotto terra, seguendo la pendenza della superficie, e tra le materie terrose inoltrandosi, o dalle pareti dell'escavazione decorre, o dal di lei fondo zampilla, secondo le circostanze del luogo, cioè il livello del terreno e la natura delle sostanze che permettono all'acqua o negano il passaggio. In questi casi è forza modificare la costruzione delle teste: nel riparo che si forma per sostenere la terra intorno all'escavazione, sia questo riparo di muro o di grosso legname si lasciano alcune aperture, dove si vede scolare l'acqua: e se mai nel fondo non comparissero polle, allora si risparmia la posizione de' tini, e nell'estensione della testa si raccoglie solo l'acqua, che laterarmente decorre ec.
Con lo stabilimento de' descritti fontanili, non solo si potrebbero annaffiare molte terre, che ora nol sono, ma si renderebbero fertili molte altre (dette volgarmente umbre), le quali sono ora sterili perchè pantanose. Questi pantani mercè de' fontanili verrebbero a prosciugarsi col decorso delle acque ivi stagnanti. Le piante acquatiche, come il giunco (Juncus acutus Lin.), il setolone o coda di cavallo (equisetum arvense Lin.), la canna palustre (arundo phrogmites) sono manifesti segni dell'acqua stagnante a piccola profondità del suolo che prosciugar si vuole.