Raffaele Lombardi Satriani (1873 - 1966)
LA FIGURA E L'OPERA DI
RAFFAELE LOMBARDI SATRIANI
di Fortunato Vallenzise
Si ritiene necessario premettere, nel tratteggiare in questo medaglione la figura di Raffaele Lombardi Satriani, che si è ben lontani da una trattazione esaustiva e soprattutto specialistica in particolare alla luce degli studi più recenti e in rapporto ad eventuali nuovi strumenti di indagine critica.
Intendiamo solamente ricordare per i nostri lettori le linee essenziali della vita e dell’opera di un uomo che, in mezzo secolo di ricerche, ha ricostruito lo storico sviluppo della cultura popolare calabrese e del gruppo che l’ha prodotta, recuperando così, un immenso patrimonio, sintesi di un millenario passato.
Il barone Raffaele Lombardi Satriani nacque a San Costantino di Briatico nel vibonese, già provincia di Catanzaro oggi di Vibo Valentia, il 20 agosto del 1873. La sua formazione e i suoi studi furono di stampo umanistico come del resto lo confermano alcuni scritti di carattere letteraria come <<Appunti su F. Petrarca>>, ME., La Peloritana, del 1894, <<L’eterno femminino>> ME., La Peloritana, 1895; <<Da Cassiodoro a Galluppi>>, Monteleone, tip. Raho, 1896; nel 1901 per i tipi di Passafaro di Monteleone pubblicò una raccolta di versi ed infine, a testimonianza di interessi anche nel campo degli studi storici, pubblicò nel 1910, tip. Raho di Monteleone, <<La bontà di un Re e la sventura di un popolo>>. Nel 1899 aveva comunque dato indizio di quello che sarebbe stato il tema animatore di tutta la sua esistenza, cioè il folklore, pubblicando il piccolo volume <<Canti popolari di San Costantino di Briatico>> seguito a un secondo volume del 1910 e due anni dopo da una raccolta breve ma significativa di <<Novelline popolari di San Costantino di Briatico>>1. Questi primi tentativo rafforzarono in lui la convinzione circa la strada da percorrere, alimentata fra l’altro dal consenso del grande maestro Giuseppe Pitrè espresso con recensione pubblicata in <<Archivio per lo studio delle tradizioni popolari>>2.
Intorno al 1913, l’attenzione del Nostro è attratta dai <<proverbi>> che raccoglie con estrema cura e pubblica mensilmente sulla rivista <<Folklore Calabrese>> da lui fondata e diretta fino al 1920. Nel gennaio del 1921 la rivista assume cadenza trimestrale e la testata: <<Folklore>> volendo far comprendere l’estensione dell’interesse anche alle tradizioni popolari di altre regioni. Arriva, frattanto, l’ostracismo fascista ai termini stranieri e ciò costringe Lombardi Satriani a modificare ancora una volta, nel 1933, la testata della rivista: <<Il Retaggio>> e cesserà le pubblicazioni nel 1934. L’attività di paremiologo a livello scientifico continua e i proverbi, circa un migliaio, costituiranno le basi dell’idea di una biblioteca dedicata al corpus folkloristico della Calabria3. In questa prospettiva cominciò ad operare una sistematica raccolta sulla falsariga del Pitrè che avviò sin dal 1958 elaborando lo schema della <<Biblioteca delle tradizioni popolari calabresi>> illustrato unitamente a <<Le mie considerazioni sui canti popolari>>, al congresso di etnografia a Napoli nel 1952. Così lo ricorda l’autore, il quale dopo aver lamentato l’assenza di un’opera complessa come la <<biblioteca delle tradizioni popolari siciliane>>, così continua: <<A colmare la grave lacuna mi sono accinto, con le mie forze disponendo un piano di lavoro nella seguente maniera, abbracciando la Famiglia, il Matrimonio, il Concepimento e la gravidanza, il Parto e l’Allattamento, i Figli e le figlie, la Casa e l’economia domestica, le Malattie e la Morte e i funerali; la Psicologia del contadino, i Pregiudizi, le Superstizioni, i Giuochi, le Danze, i Canti, la Musica, le Imprecazioni, le Maledizioni, le Benedizioni, i Sentimenti, le Occupazioni e i mestieri, l’Indole e la natura, gli Amuleti e le credenze etc.; oltre la vita materiale del contadino, il Nutrimento, l’Abitazione, i Vestimenti, gli Utensili e gli Strumenti, le Armi, l’Idioti con del popolo, l’Atlante etnografico. Tutto ciò, facendo appello ad amici e conoscenti delle tre province calabresi, perché agevolassero le mie ricerche, raccogliendo nei loro rispettivi paesi manipoli di proverbi, di indovinelli, di canti, di favole, di credenze, di usi e costumi>>4. L’opera prevista in venti volumi se ne avvalse solo di undici cioè:
1928: Canti Popolari Calabresi, volume 1°, tip. Il Progresso, Laureana di Borrello
1931: Canti Popolari Calabresi, volume 2°, De Simone, Napoli
1932: Canti Popolari Calabresi, volume 3°, De Simone, Napoli
1933: Canti Popolari Calabresi, volume 4°, De Simone, Napoli
1934: Canti Popolari Calabresi, volume 5°, De Simone, Napoli
1940. Canti Popolari Calabresi, volume 6°, De Simone, Napoli
1951: Credenze Popolari Calabresi vol. I, De Simone, Napoli
1953: Racconti Popolari Calabresi vol. I, De Simone, Napoli
1953: Racconti Popolari Calabresi vol. II, Tip. La Modernissima Vibo V. Marina
1953: Racconti Popolari Calabresi vol. III, Tip. La Modernissima Vibo V. Marina
1963: Racconti Popolari Calabresi vol. IV, Tip. Brenner, Cosenza
Nel 1997, essendo divenuto assai raro, il nipote Luigi Lombardi Satriani, curò la ristampa di <<Credenze Popolari Calabresi>> in un elegante volume di Giuseppe Falzea Editore5. A questa monumentale opera anche se incompiuta, bisogna aggiungere innumerevoli saggi raccolti nelle riviste dal Nostro dirette ed in altre. Nella sua vita fu stimato ed accolto con simpatia nelle varie associazioni ed enti, era infatti membro della Società Romana di Antropologia; socio di storia patria, del Circolo Numismatico napoletano etc.
Raffaele Lombardi Satriani morì nel Suo paese natio, San Costantino di Briatico il 21 Giugno del 1966 unanimamente compianto ed ecco quanto scrisse di Lui Giovanni Tucci:
<<Nel Suo nome si conglobano gli slanci perseveranti e il fervore paziente ed amorevole che stimolarono, facilitarono e conclusero gli studi e le ricerche di folklore in Calabria. Questa nobile figura è emblematica nello sfondo e nella realizzazione delle indagini tradizionali della Sua Terra, alla quale si sentiva così affettuosamente legato, considerando sempre poca cosa il permanente impegno di una ricerca minuta e vorremmo dire caratterizzante di un programma davvero tenace>>. Aggiungeva che <<si potrebbe addirittura parlare a proposito della caratterizzazione della Sua maniera di condurre le indagini popolari, di una osservazione partecipante, se questa espressione non fosse una delle definizioni metodologiche della più recente antropologia culturale, in quanto Egli trascriveva canti, novelline e così via dopo averle ascoltate dalla viva voce del popolo nel corso di un colloquio a seguito di pacate conversazioni con contadini e genti umili del contado di San Costantino di Briatico>>6.
L’uomo e l’opera
Appartenente ad un’aristocratica famiglia che ha contribuito in maniera notevole a tracciare gran parte dell’ordito della storia culturale della Calabria, il barone Raffaele Lombardi Satriani fu un gentiluomo per ovvi motivi di lignaggio, ed anche per carattere generoso ed aperto particolarmente verso il mondo subalterno e contadino col quale aveva instaurato rispettosi piani di comunicazione e di fiducia che gli permisero una sistematica raccolta di documenti e testimonianze etnografiche catalogate incessantemente e trascritte con estrema fedeltà e cura. Certamente il Nostro capiva quale somma di sensibilità affiorava dalla vasta raccolta: dalla tempra della razza, alla musicalità del dialetto; da una sorta di primordiale misticismo ad una profonda religiosità; da un’ancestrale visione magica, ad un uso convinto di costumi e di tradizioni. Era tutto un mondo complesso che occorreva raccogliere e fissare affinché non ne divenisse fioca memoria, poiché il tempo con la sua infinita onnipotenza ed ambiguità appare come il dominatore della vita, scandisce inesorabile nascite, matrimoni e morte che poi copre con la coltre del silenzio e dell’oblio.
Ritornando alla sua formazione letteraria, ci piace riportare quanto Vincenzo Paladino scrisse intorno allo studio sulle radici della ricerca antropologica del Nostro, disegnate da Gianvito Resta: <<Raffaele Lombardi Satriani lesse certamente il “Saggio sopra gli errori popolari degli antichi” del diciassettenne Giacomo Leopardi, i “Canti” e forse alcuni lacerti dello “Zibaldone” e delle “Operette”. Gianvito Resta non manca di segnalare - prosegue Paladino – tale fonte Leopardiana tra i testi di classica erudizione (Erasmo, Manuzio, Della Porta, Muratori e, appunto, Leopardi), utilmente assimilati dalla formazione umanistica del demologo di San Costantino di Briatico nel suo documentato ed esaustivo saggio. Accertamento indubbiamente propedeutico che, però, si traduce esemplarmente (anche nel senso della conversazione del dato filologico in quello critico) ed immediatamente nella notazione critica: e se questo fitto tessuto di riferimenti, di riscontri e di confronti - rileva simultaneamente Resta – attesta la varia e solida cultura del Lombardi Satriani, tende pure a dimostrare e documentare… con percorsi sincronici e diacronici, la continuità delle credenze presso ogni popolo, Recintato tale humus originario, in una con le accensioni integrative e qualificanti (Pitrè dichiaratamente esemplare, non solo per la struttura della “Biblioteca” delle tradizioni popolari calabresi, il Corso, e, quindi, Tylor, Lang, Frazer, i garanti della sua maturata sprovincializzazione) Resta, - continua Paladino – viene tracciando l’itinerario programmatico, metodologico, culturale della ricerca folkloristica del Lombardi Satriani. I termini di tale processo di promozione sincrona, sintonica e parallela, indicati nelle categorie surrogatorie, direi romanticamente più comprensive di “popolo” che ostracizza il “popolino” della raccolta, “Credenze Popolari Calabresi”, nell’iniziale censimento ed assaporamento fenomenologico-folkloristico, assorbito nella più scaltrita e consapevole metodologia ed ermeneutica comparatistiche. E ciò fin dalle prime raccolte, ricapitolate intorno al microcosmo, leggendario, di San Costantino di Briatico (i “Canti popolari”, le “Novelle popolari”, i “proverbi”, ogni volta con vari supplementi), al piano organico sistematico e raffinato (dal Pitrè) della “Biblioteca delle Tradizioni Popolari Calabresi”, di cui egli è riuscito a pubblicare undici volumi dei venti e più previsti. Un processo di allineamento e di omologazione plenoiure, delle nostre tradizioni popolari alla Volkskunde, via via perseguito esorcizzando la pregiudiziale umanistica ormai superata della lezione vichiana, rousseauviana, romantica con la coscienza che tale accreditamento era addirittura genetico secondo la comparatistica romantica del Fauriel, Grimm, Tommaseo, D’Ancona, corroborata dalle teorie evoluzionistiche di Tylor e Frazer. E qui il recanatese giunge a rinterzare il suo discorso, sollecitando al riascolto: “… poeti non erano se non gli antichi, e non sono ora se non i fanciulli – egli annotava in una celebre pagina dello “Zibaldone”, in quel suo fatidico 1819 – e “giovanetti”>>7.
L’attività paremiologica, primitivo stimolo ad avviare la raccolta, parte da San Costantino di Briatico e sono un migliaio circa i proverbi che abbracciano anche località limitrofe per estendersi poi lungo l’ambito della regione. Questi proverbi costituiscono già il segnale di una attenzione di molti studiosi che ne apprezzano la catalogazione sistematicamente elaborata in rapporto alla provenienza, all’argomento e soprattutto per la mancanza assoluta, con rigore quasi scientifico, di manipolazioni, interferenze ed abbellimenti. La raccolta e la pubblicazione definitiva dei <<Proverbi di San Costantino di Briatico>> del 1913 suscitò molti consensi testimoniati da tante calorose lettere che ancora si conservano8. In tali lettere, ad esempio, Giuseppe Pitrè afferma: <<un libro come il suo non si legge; si studia al bisogno e si mette a profitto: e questo io farò>> ed aggiunge: <<consenta egr. sig. Lombardi, che io le esprima la mia gratitudine, e mi rallegri con lei della sua costante e sapiente operosità>>. Né meno entusiasta è il giudizio di Raffaele Corso, che scrive all’autore: <<sfogliando il volume dei proverbi ho ammirato il grande amore e la squisita sapienza con cui coltiva gli studi folklorici, e con quanta cura attende alla collezione delle tradizioni del loco natio>>. E Tommaso Cannizzaro, infine, esprime <<le ampie e sincere congratulazioni per l’opera Sua che illustra il folklore della Sua interessante e poetica provincia>>9.
Come abbiamo precedentemente accennato, i primi sei volumi della Biblioteca furono dedicati ai canti popolari calabresi e pubblicati dal 1928 al 1940 con buon ritmo. Si tratta di testimonianze che specchiano il sentimento dell’anima popolare colto nelle varie vicende, liete, travagliate, drammatiche dello svolgersi della vita, canti d’amore, di sdegno, di odio, di dolore, di nostalgia e di rimpianto espressi con forza, coloritura e soprattutto intensità. Sono canti raccolti con meticoloso rigore e chiariti con note per permetterne l’accesso alla comprensione anche per i non calabresi.
Il ciclone della Seconda Guerra mondiale abbattutosi sull’Europa blocca le pubblicazioni ma, non appena riappare un cenno di ordine, e superati i duri sacrifici della ricostruzione, il barone Raffaele Lombardi Satriani si mette di nuovo al lavoro e pubblica nel 1951 il sorprendente settimo volume dedicato alle <<credenze popolari calabresi>>. Il volume è accolto con giudizi di vivissima approvazione ma lasciamo spazio a quello di Raffaele Corso che, tra l’altro, scrive: <<Tra i paragrafi più interessanti sono quelli sui tesori, alcuni liberi ed altri legati, come dice la tradizione; alcuni in dominio del diavolo, ed altri in custodia dei draghi e di altri esseri favolosi: sul folletto, conosciuto con nomi vari e con attributi diversi, narrano ampiamente le leggende diffuse di villaggio in villaggio; sul malocchio, distinto in occhio di chiesa ed occhio di strada, l’uno e l’altro avvolti in un groviglio di pratiche e di scongiuri che comportano l’opera di maliarde e di stregoni; sugli amuleti di varie forme, materia e sostanza, diversi per funzione e finalità a seconda che servano a combattere o a prevenire i supposti mali e malefici. Il lavoro, pur proponendosi di essere espositivo oltre alla ricchezza di informazioni, contiene varietà di raffronti desunti da opere diverse di scienza e di letteratura, di storia e di medicina, di archeologia, onde più attraente si dimostra la trattazione. Nel presentare il libro, che contiene un inestimabile tesoro di particolari informazioni precise e coscienziose, attinte alle genuine fonti dalla vita locale, l’insigne studioso spiega la ragione del titolo […]. E spiega anche il concetto della classificazione della complessa materia, da lui razionalmente distinta in due parti, una per gli esseri animati e l’altra per quelli inanimati, e quindi suddivisi secondo gli argomenti speciali. Interessanti sono le considerazioni sul principio o fondamento delle credenze in parte di natura animistica con la distinzione che mentre le credenze ed i pregiudizi formano il patrimonio dei singoli, le pratiche magiche appartengono alle streghe ed agli stregoni. Non meno interessanti sono le osservazioni sul variare delle credenze da luogo a luogo, anche in piccoli settori demografici, come avviene nella Calabria, dove uno stesso pregiudizio muta significato da un villaggio all’altro persino nella medesima circoscrizione provinciale. Mentre in Acri l’aggirarsi per la casa del “porcellino di Sant’Antonio” (insetto alato) è buon segno in Malvito annuncia il cattivo tempo>>.
<<Animato dall’idea che tanto la differenza quanto l’analogia dei fatti giovano all’interpretazione, il Lombardi Satriani, con lodevole criterio scientifico, ha curato di mettere in rilievo l’una e l’altra nel corso delle sue indagini, indicando di volta in volta i paesi che presentano uguali credenze o differiscono nell’esplicazione dei concetti superstiziosi. Nel complesso si tratta di un’opera meritevole, che raramente accade di trovare ai nostri giorni tra le pubblicazioni di tradizioni popolari, per la ricchezza degli elementi e per la maniera ond’essi sono ricercati, vagliati e presentati>>10.
Ed ecco anche un giudizio di Massimo Scaligero, che dopo aver esaltato il solitario sacrificio di incessante ricerca, così scrive: <<ora abbiamo del Lombardi Satriani il settimo volume della sua opera dedicata alle credenze popolari calabresi: in esse è notevole il fluire, sia pure alterato attraverso il tempo, di intuizioni, conoscenze, miti, riguardo all’uomo ed alla natura, la cui forma originaria si può ritrovare come contenuto comune di una cultura remota mediterraneo-ellenistica. E’ evidente, sia pure nell’assimilazione popolaresca, il permanere di una coscienza ben diversa da quella in cui è tessuto il moderno sapere razionalistico: si tratta di una conoscenza che può chiamarsi “diretta” in quanto fondata su una intuizione immediata dei valori delle cose, degli esseri, degli eventi, quindi dovuta più a capacità di visione per via di immagini che non a speculazione e ad astrazione: il senso intimo della vita è qui in atto>>11.
Il volume delle credenze è ancora oggi attuale ed indispensabile strumento di studio al punto che il professor Luigi Lombardi Satriani, nipote di Raffaele, valoroso docente universitario e degno continuatore dell’opera dello zio, ne ha curato una nuova edizione dalla quale riportiamo, sempre del nipote, la parte finale dell’introduzione: <<una percezione sicura della essenza dell’oggetto è il fondamento del significato di queste credenze: Raffaele Lombardi Satriani le ha raccolte nella loro forma genuina e ne ha ordinate alfabeticamente le voci ripartendole in sei gruppi. Nella freschezza di talune di esse sembra sentire il limpido scorrere di una poesia antichissima che mai ha cessato di scaturire: la forza dell’immagine e le sicurezza dei valori occulti delle cose animate, questa sorta di mitologia racchiusa in un dialetto che è tra i più sintetici ed immaginosi del nostro Mezzogiorno>>.
<<Così sappiamo del senso delle stelle, del serpe nero, della pioggia, del fulmine, del tuono, degli orecchini, del malocchio, del salasso; di ciò che essi significano nel sogno, nella loro permanente simbologia e del loro intangibile valore in proverbi, detti, adagi, sentenze: sappiamo inoltre del permanere di una tradizione plutonica – dei tesori nascosti – eco evidente dell’antica tradizione plutonica, demetrico-tellurica, e di un ripullulare di forme della magia operativa, esorcista e terapeutica; dalle ceneri di un’arcaica cultura mitico-simbolica vediamo risorgere un mondo dotato di vita attuale, con una sostanza immutata, che oscilla tra la concretezza ed il mistero, dandoci nello spazio la vita di ciò che dovrebbe essere involto nel tempo>>.
<<Quest’opera costituisce ancora oggi uno strumento essenziale per la conoscenza della società calabrese, del suo retroterra culturale, dei suoi universi simbolici, delle modalità attraverso le quali si è dispiegato un plurisecolare processo di domesticazione teso a realizzare il mondo come casa dell’uomo>>12.
Nel 1953, dopo un lungo lavoro preparatorio, Raffaele Lombardi Satriani iniziò la pubblicazione dei previsti quattro volumi di racconti popolari calabresi e nell’ambito dell’anno riuscì a pubblicarne tre, rispettivamente: il primo di quarantasei racconti, il secondo di cinquantasette, il terzo di ottanta, mentre il quarto, per la ricchezza del materiale (i racconti sono centocinquantasette) e per una sistemazione più organica, vide la luce circa dieci anni dopo, e cioè nel 1963. La massima parte dei racconti è stata trascritta in dialetto con fedele linguaggio del narratore che viene così individuato nel nome, nel paese d’origine, nell’estrazione sociale e, infine, nel suo alfabetismo, prove tutte queste evidenti di scientificità del lavoro e purezza documentale.
L’area informativa, spesso, si allarga per gli emigranti, i lavoratori stagionali, e per occasionali presenze, interessante è anche la prevalenza delle donne per la vivacità dei loro racconti e non manca pure il contributo di proprietari, insegnanti ed intellettuali che nelle varie zone raccoglieranno materiale determinando così la provenienza per allargare l’area regionale. Precisiamo infine che il Lombardi Satriani si avvaleva del sistema ortofonico, preferendolo a quello fonetico che riteneva più adatto ai dialettologi e glottologi. Ci serviamo di un commento di Domenico Scarfoglio a proposito delle note esplicative che il Lombardi Satriani soleva aggiungere a piè pagina: <<La fedeltà al dettato popolare non era immune da inconvenienti, ammiccamenti, e riferimenti rapidi ed ellittici a fatti e cose facilmente intelligibili per un pubblico culturalmente omogeneo al narratore, locuzioni e metafore connesse ad usi e costumi locali, abitudini linguistiche legate alla forma dell’oralità diventavano opachi ed enigmatici una volta che venivano sottratti al contesto della situazione, trasferiti nella scrittura e destinati ad un pubblico diverso teoreticamente illimitato nel tempo e nello spazio. Rifiutandosi di manipolare i racconti per adattarli più di quanto fosse inevitabile alla comunicazione scritta ed all’universo culturale di lettori diversi dagli originali narratori, Raffaele Lombardi Satriani corredò i testi popolari di note a piè pagina per rendere più trasparenti le parti che potevano riuscire oscure o essere intese solo superficialmente da un lettore che non avesse una conoscenza approfondita della cultura popolare calabrese>>13.
Concludendo la prefazione del quarto volume dei racconti Popolari Calabresi, Raffaele Lombardi Satriani esprimeva la speranza <<che dalla conoscenza dei racconti popolari si sia sollecitati ad avvicinarsi alla Calabria con comprensione ed amore>>14.
Nel commentare questa speranza il nipote Luigi Lombardi Satriani così conclude: <<Non possiamo, certo, misurare qui a pieno se e fino a che punto si sia realizzata tale speranza; ma è certo che principalmente attraverso l’intelligente, lunga fatica di Raffaele Lombardi Satriani la voce delle classi subalterne calabresi, con la loro cultura, è stata registrata e trasmessa. Ed è ancora utile, se non, forse, necessario, che i documenti di tale cultura siano reimmessi in un discorso culturale che va, anche se lentamente, scoprendo l’urgenza di una coscienza operativa del mondo folklorico>>15.
Dopo il convegno <<Lo sguardo da vicino: cultura folklorica, società aristocratica e vicenda regionale nell’opera di Raffaele Lombardi Satriani>>, svoltosi nell’autunno del 198616, organizzato dall’Università della Calabria in occasione del ventennale della morte, l’ombra dell’oblio sembra di nuovo calata su questo straordinario personaggio, eppure ricordiamo il fermento, l’entusiasmo, l’impegno soprattutto le personalità più significative, gli specialisti che in quei giorni formularono la promessa di mantenerne sempre vivo il ricordo. Di quel convegno possediamo degli appunti sparsi e ci piace riecheggiarne alcuni per rinnovare un ricordo ancora più attuale dell’illustre etnologo: della professoressa Maria Minicucci dell’Università di Messina ricordiamo <<un’attenzione rivolta alla casa di Lombardi Satriani, casa che si pone come contenitore di memoria, laboratorio di esperienza, di trasmissione di un sapere che ha radici dotte e contenuti nuovi ed in cui si è esercitato il magistero dello studioso attraverso l’uso della memoria e la pratica del silenzio e dell’ascolto>>17.
Sull’intervento del professor Vito Teti riportiamo qualche passo. <<Nel momento in cui il paese calabrese esplode e si frantuma, esce fuori da se stesso Raffaele Lombardi Satriani. Per oltre un sessantennio osserva, ascolta, trascrive la cultura di un mondo che si avvia inesorabilmente alla fine. Se Alvaro descrive un popolo in fuga, Lombardi Satriani da voce ad un popolo “fermo” che tenta di custodire la propria identità in periodi di grandi trasformazioni. Tornare criticamente all’opera di Raffaele Lombardi Satriani – ha concluso Vito Teti – significa esplorare la storia di un indissolubile legame con la Calabria, ma porsi anche il problema di ascoltare diversamente una nuova cultura calabrese>>18.
Ricordiamo ancora l’intervento del professore Antonio Piromalli, che formulò allora un tentativo di schema letterario dell’opera di Lombardi Satriani, e l’intervento del professor Gianvito Resta di cui è stato fatto cenno nel corso di questo lavoro. Tra queste annotazioni abbiamo anche rinvenuto due spunti del discorso che l’allora vicepresidente del Consiglio regionale, Quirino Ledda, pronunciò allo scoprimento della lapide nella casa del demologo a San Costantino di Bratico e che riportiamo qui perché significativi: <<Raffaele Lombardi Satriani ha custodito la memoria di un popolo, ne ha indagato i diversi aspetti e in questo modo, come altri hanno sottolineato, ha dato voce ai “muti nella storia”, ha dato parola a coloro che per secoli erano stati costretti al silenzio. Nel momento in cui un mondo scompariva, Raffaele Lombardi Satriani ha dato opportunità ai vinti di spiegare le loro ragioni, di mostrare la grandezza e la dignità di una cultura. Egli, con la sua scrittura rispettosa del punto di vista degli altri, raccoglie in maniera sistematica l’intera cultura di un popolo e getta le basi per una storiografia popolare. La sua opera è unica, la società e la cultura di una regione vengono filtrate su una carta scritta ed in tal modo viene raccolto, custodito, affidato alla memoria di tutti noi un patrimonio che altrimenti sarebbe andato perduto. Raffaele Lombardi Satriani, pur appartenendo ad una classe che storicamente ha sfruttato i contadini, si accosta con profonda umanità e rispetto al mondo popolare. Quest’atteggiamento è certo frutto di un suo carattere mite e buono, ma è anche frutto di una scelta culturale. Il suo silenzio significa non prevaricazione delle ragioni della gente, attenzione del mondo, in definitiva presa di distanza dell’atteggiamento delle classi dominanti. Quando borghesi e aristocratici diversamente difendevano antichi privilegi, Raffaele Lombardi Satriani sceglie di ascoltare, registrare, trascrivere, dare testimonianza>>.19
Chiediamo venia agli amici lettori per questo frammentario collage nato senza presunzione e col solo scopo di ricordare una così nobilissima figura che ha permesso, col suo appassionato lavoro, la conservazione della cultura e dell’identità popolare di tutta la Calabria che il sensibile studioso ha affidato alla memoria collettiva.
NOTE
1 RAFFAELE LOMBARDI SATRIANI, Novelline popolari di San Costantino di Biatrico, tipo Raho, 1896.
2 ARCHIVIO PER LO STUDIO DELLE TRADIZIONI POPOLARI, vol. XIX, 1900, fasc. 1.
3 RAFFAELE LOMBARDI SATRIANI, Consuetudini giuridiche calabresi – I: usi pastorizi, libreria Tirelli di Guaiatolini, Catania, 1932.
4 Atti del Congresso di Etnografia, R. Pironti & Figli, Napoli, 1952.
5 RAFFAELE LOMBARDI SATRIANI, Credenze popolari calabresi a cura di Luigi Lombardi Satriani, ed. Falzea, Reggio Calabria, 1997.
6 G. TUCCI, in Rivista di Enografia, a. XX, 1966.
7 V. PALADINO, terza pagina, Gazzetta del Sud, a. XLIII, 25-3-94.
8 ARCHIVIO PRIVATO di Casa Lombardi Satriani in San Costantino di Briatico.
9 Ibidem.
10 R.C. Folklore, a. VI fasc. III-IV, ott. ‘951 marzo, ‘952, pp. 72, 72.
11 MASSIMO SCALIGERO, da Chi ha voce, di E. Bertonelli, Luigi Lombardi Satriani, Gangemi editore, 1985, pp. 24, 25.
12 RAFFAELE LOMBARDI SATRIANI, Credenze popolari calabresi, op. cit.
13 DOMENICO SCARFOGLIO, Chi ha voce, op. cit., p. 39.
14 RAFFAELE LOMBARDI SATRIANI, Racconti popolari calabresi, Vol. IV, Brenner, Cosenza 1963.
15 LUIGI MARIA LOMBARDI SATRIANI, Il silenzio, la memoria e lo sguardo, Sellerio Edit., Palermo, 1980, p. 203.
16 Convegno di studi promosso dall’Università della Calabria, <<Lo sguardo da vicino: cultura folklorica, società aristocratica e vicenda regionale nell’opera di Raffaele Lombardi Satriani>>, Arcavata (Cosenza), 2.5 ottobre 1986.
17 F. VALENZISE, Appunti del convegno, ARCHIVIO PERSONALE.
18 Ibidem.
19 Ibidem.