MEMORIA
di
Raf Vallone
di TropeaMagazine
(Ricerca
iconografica a cura di TropeaMagazine)
E' dallo scorso mese di
marzo che negli scaffali delle librerie si è aggiunto un nuovo libro:
"Alfabeto della memoria", scritto da Raf Vallone. L'Editore è Gremese.
La prefazione è di Carlo Lizzani. Il curatore è Franco Sepe.
Il libro porta la dedica "a mia moglie".
Un
"quaderno autobiografico" di appunti elaborati e raccolti "disordinatamente"
dall'Autore ottantaquattrenne durante i presumibili e ricorrenti "viaggi"
della memoria nei fitti ed imprevedibili sentieri della lunghissima e rispettabile
carriera che lo vide, e non solo in campo nazionale, attore, regista, autore
di primo piano e di alto spessore sia nel cinema che nel teatro. Gli appunti
trovano un valido schema d'ordine in un'originale stesura editoriale, che,
anche se non tiene alcun conto della cronologia dei fatti narrati, coinvolge
in modo intrigante il lettore in una sorta di zapping tra le varie fasi
della vita. Vallone infatti ricorre alle lettere dell'alfabeto ciascuna
delle quali offre lo spunto per titolare l'evento di turno trattato. Un
centinaio di pagine fitto di appassionati ricordi, di racconti, di puntigliose
descrizioni, di aneddoti o di casuali passaggi pindarici rivisitando il
proprio vissuto dall'infanzia agli inizi della carriera cinematografica
e teatrale fino all'abbandono definitivo dell'attività artistica
avvenuto nel 1995. Si susseguono gli incontri con le persone che furono
determinanti per i percorsi artistici, registi, scrittori, produttori,
poi i vari periodi trascorsi in Italia, in America e in Europa, ancora
gli amori delle sue donne quelli confessati e quelli da sconfessare, i
cinquantanni vissuti accanto all'attrice Elena Varzi, donna e moglie eccezionale,
che gli ha dato tre splendidi figli, la famiglia di origine, la madre tropeana
"molto ambiziosa" ed accanita giocatrice di poker, il padre piemontese
(e non calabrese), avvocato di Torino, gli amici come Pavese, Malaparte,
Miller, Sinatra, la direzione della "terza pagina" dell'"Unità",
il grande "Torino", la casa di Sperlonga....Una splendida vita vissuta
intensamente, quella di Raf, tutta d'un fiato, forse in modo irrepetibile.
Appena avuto il libro,
siamo andati a curiosare alla lettera "T". Erano cinque i titoli sotto
la lettera "T". "Tassista": l'incontro a New York dell'attore John Coe
rincontrato casualmente a distanza di tempo quando si era messo a fare
il tassita. "Telefono": un aneddoto sul periodo vissuto in Ciociaria durante
le riprese del film Non c'è pace fra gli ulivi. "Terza Pagina":
i calorosi ricordi dell'entusiasmo giovanile dell'impegno politico. "Traduzione":
quella dell'opera americana Uno sguardo dal Ponte. "Trapezio": l'ossessione
per il trapezio in uno dei primi film con Michèle Morgan. "Tronco":
il lato sconosciuto di Antony Quinn, scultore del legno. E basta. Per la
verità ci apettavamo un omaggio a Tropea, la città natale
di Vallone. Sembrava scontato, ma non è stato così. Una vera
delusione.
Nell'"Alfabeto
della memoria" il nome di Tropea è appena citato solo un paio di
volte: nella lettera "M": "Marchese" e nella "N": "Natura".
Si vede che questa città
non occupa e non ha mai occupato spazi importanti nell'anima dell'Autore.
Un particolarissimo rapporto quello di Raf Vallone con Tropea, di "amore
e odio", tenuto conto che nella città natale Vallone ha vissuto
non pochi periodi della sua vita, essendo tra l'altro titolare di un bellissimo
appartamento sulla rupe a picco su di un mare unico che Raf ama da impazzire.
Uno strano rapporto che ebbe inizio fin dai primi anni della carriera,
negli anni cinquanta, quando nella popolarissima trasmissione de "Il Musichiere"
Raf ammise inaspettatamente e spudoratamente di essere nato a Reggio Calabria:
lui che qualche anno prima si era personalmente prodigato affinchè
il film Il cammino della speranza venisse proiettato (quasi in anteprima
mondiale) nella sua "vera" città natale per regalare ai concittadini
l'opportunità di apprezzare uno dei più grandi capolavori
del neorealismo su un telone montato per l'occasione in uno dei pochi spiazzi
che il centro storico offre. I giornali dell'epoca riportarono per anni
la notizia "falsa" della nascita a Reggio Calabria dell'attore, con grande
rammarico dei tropeani.
L'"Alfabeto della memoria"
finisce con la pubblicazione di un "Racconto" di Raf Vallone "Il volo di
New York", soggetto per un film con Marcello Mastroianni mai realizzato,
e quattro poesie di Catullo tradotte dall'Autore ai tempi del Liceo. Che
questa predilezione per Catullo abbia influenzato Raf in quello che sarebbe
stato in futuro il sofferto rapporto con il proprio Paese natale?
Se così fosse, allora,
come Lesbia, Tropea aspetta ancora "i mille baci.." promessi dal suo Raf.
In
questa stessa pagina riportiamo, con il consenso dell'Autore,
un
piccolo stralcio del libro nelle parti riguardanti le lettere "M" e "N".
MARCHESE.
Mia madre apparteneva a una famiglia nobile di Tropea che aveva quattro
quarti di nobiltà. Con mio padre, venuto giù per una causa
a Reggio Calabria, si erano conosciuti in quel di Tropea ed era nato subito
l'amore. Ma quando si trattò di sposarsi, ci fu un congresso di
famiglia da parte dei fratelli di mia madre. Per cui furono delle nozze
abbastanza burrascose. Mio padre era un ottimo avvocato di Torino, aveva
tutti i requisiti per essere un buon partito, in quanto aveva ricevuto
l'eredità di uno zio che lo rendeva assolutamente indipendente dal
punto di vista finanziario. E' vero che lui buttò a mare tutto il
suo patrimonio prestando soldi a destra e a sinistra. Tuttavia il matrimonio
con mia madre fu un matrimonio felice.
Nessuno dei quattro fratelli
di mia madre ebbe figli. Allora ci fu un'altra riunione di famiglia con
cui si stabilì che io potevo essere l'erede del titolo di marchese.
Vennero a Torino con la decisione di adottarmi, dovevo cambiare nome, dovevo
chiamarmi Raffaele Mottola D'Amato, eccetera, eccetera. Mia madre invece,
con un atto d'amore nei riguardi di mio padre, rifiutò decisamente
questo cambiamento di nome, per cui non ebbi mai quel titolo di marchese,
cui non tenevo affatto.
Mia madre era una donna
ambiziosa. Per lei gli studi erano un fatto di importanza enorme, una cosa
sulla quale era abbastanza intransigente. Era una donna di una enorme sensibiltà
e intelligenza. E di un enorme orgoglio ereditato dalla famiglia. Fu di
mia madre la decisione che io studiassi giurisprudenza, e mio padre, dal
canto suo, era d'accordo che anch'io abbracciassi la professione di avvocato.
Dopo la laurea, la prima
causa fu alla pretura di Ciriè, un paesino vicino a Torino. Avrei
dovuto fare una causa contro delle persone, ma secondo me avevano ragione
loro, e la mia coscienza mi impedì di metterli in torto. Per cui
tornai a casa e dissi: <<Ho perso la causa>>. Mio padre capì
subito che non ero nato per fare l'avvocato (..............).
NATURA.
Sono di madre calabrese, ma in Calabria rimasi pochi mesi, perchè
mio padre voleva che io vivessi nella sua città, che era Torino.
Quando tornavo a Tropea, nella casa di mio zio, che si trovava su una rupe,
vedevo ogni tanto passare i delfini a frotte addirittura: era uno spettacolo
stupendo e assai frequente. In Calabria c'è un mare tutto particolare,
profondissimo, che arriva fino a riva. E' questo dà una sonorità
all'onda che è unica. Una sonorità rimasta da sempre impressa
nella mia memoria. L'ultima volta che sono stato ad Amantea, tramite quella
sonorità ho rivissuto parte della mia infazia. Ed è curiosa
in me una doppia natura: una natura contemplativa al massimo, e una natura
fatta di dinamismo interno, di lotta che porta a difendermi dalla natura.
Chissà se un giorno non morirò annegato. Chè la contemplazione
del mare è tale, che dimenticherò la forza dell'onda. Oppure
mi salverò, il che vorrà dire che prevale in me il senso
della lotta. I pescatori mi chiamavano 'u smaniu, lo smanioso, perchè,
quando il mare era molto mosso, io usavo prendermi 'u guzzu, cioè
la piccola imbarcazione, e sfidarlo. Così si è formato il
mio rapporto con la natura (.......).
Raf
e Elena con il Vescovo di Tropea Mons. Felice Cribellati