A
colloquio
con
Raf Vallone
 
 

di Giorgio Lazzarini
Da "Oggi Illustrato", Anno XXXII, n.21, 24 maggio 1976


Raf Vallone lascia l'Italia. In autunno si trasferirà negli Stati Uniti dove curerà la regia dell'Adriana Lecouvreur al Metropolitan di New York, interprete Renata Scotto. Ma prima, e fino a settembre, porterà sui palcoscenici parigini Il costruttore Solness, un dramma di Ibsen che quest'anno ha recitato nei maggiori teatri della penisola. Ha cinquantanove anni, è sposato da venticinque con Elena Varzi e da diciannove con il teatro (cominciò nel '57 con Uno sguardo dal ponte e fu un successo), ha interpretato alcuni buoni film e molti ruoli televisivi con alto indice di gradimento. E' anche un padre contestato, pare. Si è detto spesso che i suoi figli (Eleonora, Arabella e Saverio) abbiano più di una volta messo in discussione l'autorità paterna. A casa ora è rimasto solo Saverio: Eleonora ha sposato, giovanissima, Massimo Gualdi, studente in medicina prossimo alla laurea; Arabella vive, senza averlo sposato, con il figlio del regista Nanni Loy e adesso i due sono in Sud America.

Lazzarini: Signor Vallone, parliamo dei suoi figli. Cominciamo da Eleonora, la maggiore.
Raf: E' una moglie felice. Poco più di un anno fa è nato Luca  e sono diventato nonno. Certo, quando Eleonora mi parlò per la prima volta di matrimonio non potevo essere d'accordo. Era troppo giovane, a mio parere. Ma ha accanto un ottimo ragazzo e oggi condivido la sua felicità.

Lazzarini: Arabella, l'altra sua figlia, l'ha spesso accusata di essere un dittatore.
Raf: Non credo proprio di essere un dittatore. Tant'è vero che adesso Arabella è da sei mesi in Sud America con l'uomo che ama. Stanno facendo insieme delle ricerche sulla musica di quei paesi. Non mi sono mai opposto a questo viaggio, nè ho mai criticato il fatto che non siano sposati. Anche perchè, penso, se certe cose non si fanno a vent'anni quando mai si possono fare? Vede, io ho cercato di educare i miei figli alla libertà. Libertà intesa come risultato di un dovere compiuto, di qualcosa che deve essere conquistato giorno dopo giorno. L'unica cosa che ho chiesto ai ragazzi è stato di studiare. Purtroppo i loro studi si sono rivelati una penosa odissea da una scuola all'altra. Certo, io ero diverso alla loro età. Ricordo quando a quattordici anni i dirigenti della squadra di calcio del Torino si presentarono a mio padre per chiedergli il permesso di farmi giocare. Per convincere papà, che non voleva saperne di vedermi calciatore, promisi la promozione, la media alta in tutte le materie. Riuscii a conciliare l'attività sportiva e lo studio, mantenendo la parola data a mio padre. La vera felicità è ciò che si conquista con sacrificio. Forse oggi questi sembrano principi superati, cose d'altri tempi.

Lazzarini: Ma i suoi figli le assomigliano in qualche cosa?
Raf: Arabella è quella che più mi assomiglia nella passione per il nomadismo, per il vagabondaggio e per la musica. Quella della musica è un pò una malattia di famiglia. Mio padre era un musicomane, io amo la lirica al punto che due anni fa ho curato la regia della Norma, sempre con Renata Scotto. Eleonora, invece, sembra una ragazza piovuta sulla terra da un altro pianeta, vive in un mondo tutto suo, ha un carattere lunare. Adesso si sta dedicando alla pittura: mi ha fatto un ritratto davvero molto bello e presto esporrà i suoi quadri in una personale. E' anche una scrittice mancata. Mancata perchè scriveva troppo bene, con uno stile originalissimo, inconfondibile: uno stile che la scuola, naturalmente, le ha fatto perdere. Saverio, infine, è al primo anno di chimica, lavora in un laboratorio di ricerche e guadagna già qualcosa. E' più indolente di me ma si fa voler bene da tutti. E' ancora indeciso tra la scienza e l'arte. Perchè sogna anche di fare l'attore e ha già debuttato in teatro. Teatro underground, quello che si fa negli scantinati, con compagnie sperimentali. L'ho visto nel Miles Gloriosus e sinceramente devo dire che la stoffa c'è. Però non lo influenzerò nelle sue scelte. In fondo, vede, io sono sempre stato uno spettatore dei miei figli. Ho cercato di individuare le loro tendenze.

Lazzarini: Signor Vallone, c'è un'altra donna nella sua famiglia: Elena Varzi. Qual è il segreto di questo matrimonio felice?
Raf: Non credo che si possa parlare di segreto. La felicità è qualcosa che si conquista giorno dopo giorno, con sacrificio. Prima di sposarmi ho vissuto due anni con Elena e in quel periodo le ho presentato la mia immagine peggiore, tutti i lati negativi del mio carattere. E ho capito che mi accettava com'ero, che le andavo bene nonostante i tanti difetti. E pensare che allora ero convinto che non mi sarei mai legato per sempre a una donna. Certo il merito di questa felicità è soprattutto di Elena. Vede, nella vita spesso si dà molto e si riceve poco. Con mia moglie, invece, non accade: l'amore che le do mi viene restituito moltiplicato.
 

Lazzarini: Nessuna crisi in questi venticinque anni?
Raf: No. Nella mia vita mi è capitato di incontrare donne molto pericolose: alcune avrebbero potuto essere soltanto avventure, altre, chissà, avrebbero potuto aiutarmi nella carriera. Eppure non ho mai esitato un attimo a fuggire da quelle donne, non mi ha mai sfiorato il pensiero di poter mettere in ballottaggio la mia felicità con Elena per un'altra.

Lazzarini: E' soddisfatto della sua carriera?
Raf: Credo che dopo tanti anni il bilancio sia positivo. Il lavoro mi ha dato grandi soddisfazioni. L'ultima l'ho avuta in questi ultimi mesi girando l'Italia con Il costruttore Solness. Ho conquistato i giovani. E ho scoperto che, se nelle grandi città esiste un'"avanguardia" da guerriglia urbana, nei piccoli centri dalle Alpi alla Sicilia, dall'Adriatico al Tirreno, esiste una "Retroguardia" di giovani sani, curiosi, preparati culturalmente, aperti ad un dibattito sereno. Sono uscito da questo viaggio fortificato. Ed è un'altra delle cose positive che il teatro mi ha dato. Rimpianti? Due soltanto, forse. Avrei voluto dedicarmi alla regia teatrale ma non ho mai trovato un argomento che mi appassionasse. E poi mi è rimasto il desiderio inappagato di interpretare il ruolo di Amleto. Per un insieme di strane circostanze non ci sono riuscito. E ora, alla mia età, non ho più speranze. Chissà, forse potrebbe farlo un giorno mio figlio, se decidesse veramente di diventare attore. Nella mia carriera credo di avere sempre lavorato con grande onestà professionale. E' un bagaglio, quello dell'onestà, che mi porto addosso dalla giovinezza. Sa perchè ho smesso di fare il calciatore? Perchè scoprii un imbroglio, un grosso imbroglio. Ero nella nazionale studentesca che partecipava ai campionati mondiali di Vienna. Scoprii che una partita era stata venduta ai tedeschi per ragioni politiche. Ecco, non mi sembrò serio che la politica dovesse condizionare, stravolgere un risultato sportivo. Così chiusi con il calcio. Che non era per me soltanto un hobby da adolescente. Ho disputato un intero campionato in prima squadra nel Torino, allora allenato da Herbestein, e ho giocato accanto a Frossi e Olivieri. Però quell'imbroglio di Vienna è stato una delle più grandi delusioni della mia vita.