VISSI D'ARTE
 

di Reginaldo D'Agostino
 







Sono nato a Spilinga, un paese del Monteporo, nel mese di Luglio del 1939. La mia attività è quella di pittore, scultore, ceramista, suonatore e costruttore di strumenti musicali antichi, nonchè geometra. Mi considero un figlio d'arte visto che mio padre, calzolaio e conciatore di pelli, era un suonatore di clarinetto e mio nonno materno costumista per 30 anni al teatro Colon di Buenos Aires.
Il mio nome di battesimo è Reginaldo e sono l'ultimo di una famiglia povera di 15 figli. Già a sei anni rivelavo una certa predisposizione verso l'arte della scultura, pittura e la lavorazione del ferro. Un artigiano locale, chiamato "Zu Brunu", figura alla quale sono rimasto particolarmente legato, mi ha indirizzato alla passione per gli strumenti musicali ed in particolare la lira.
Negli anni '50 il paese del Poro in cui vivevo cominciava a spopolarsi ulteriormente a causa dell'emigrazione e decisi di trasferirmi a Reggio Calabria, dove studiavo e nello stesso tempo avevo modo di intrecciare rapporti di amicizia con esperti musicisti. Ho frequentato anche l'Istituto Musicale Arcangelo Carelli per il corso di canto. Diversi furono gli incontri, tutti formativi, ognuno dei quali mi trasmise un senso di umiltà e di rispetto per tutti i tipi di artisti. Tali amicizie e conoscenze mi risultarono utili successivamente nel corso della mia carriera.
Finiti gli studi ritornai a Spilinga, luogo in cui maggiormente riuscivo a trovare la mia dimensione e le fonti di ispirazione per le mie creazioni. Avevo anche pensato, così come tanti emigrati, di attraversare l'Oceano ed andare in America, ma un errore burocratico mi trattenne in Italia. Ricordo con commozione quei momenti alla stazione di Napoli insieme a mio fratello, dove dormii sulle panche e mangiai la colazione preparata da mia madre, fatta, del resto, con  gli ingredienti genuini della mia terra. La vista della nave, che mi apparve maestosa, come una macchina "ingoia uomini", mi lascia dei segni, delle emozioni e sensazioni forti che trasferisco poi nelle mie opere. Ci vuole anche una grande sensibilità per riuscire a trasferire tali sensazioni e rappresentarle cariche delle proprie angosce, amarezze, desideri ed impressioni. La nave, che portava via i congiunti, poteva rappresentare l'elemento di disgregazione della famiglia, il dolore causato dall'allontanamento dei propri cari. L'emigrazione è un aspetto che mi tocca molto, forse per questo ho voluto essere caparbiamente radicato alla mia terra.
La possibilità di viaggiare, sia in Italia che all'estero, poi, l'ho avuta comunque, ma questa volta per mostrare la mia arte. Diverse sono le esposizioni a cui ho preso parte e le manifestazioni in cui mi sono esibito come musicista. In Francia, per una serie di concerti tra Calabria e Provenza; in Australia, all'International Arts Festival; a Salonicco, per il Festival "Vivere il Mediterraneo"; a Kaos, per il I° Festival sulla Lira; ad Atene e in Siviglia. La RAI TV mi ha dato la possibilità di esibirmi in un programma musicale con un gruppo da me creato, i "Liristi del Poro". Anche le televisioni straniere si sono interessate alla mia arte: colossi come la Nippon TV in Giappone, la CNN negli Stati Uniti, e la BBC.
La riscoperta di strumenti musicali antichi, di cui curo personalmente il restauro e la costruzione, è diventata la mia passione. Gli strumenti sono vari, da quelli più comuni, come violini e mandolini, a quelli più antichi, come il liuto e la lira. Questi ultimi due hanno anche un riferimento storico e culturale, espressione di ciò che è stato lo splendore della Calabria al tempo dei Greci. La lira, infatti, è uno strumento a corde che i Greci anctichi attribuivano ad una invenzione di Ermete, il quale l'avrebbe costruita con il dorso di una tartaruga, due corna di Ariete ed i nervi dei buoi sottratti ad Apollo. Era costituita da una cassa armonica dalla quale si innalzano due asticelle unite insieme da un'altra asta più piccola. Le corde di nervo di montone sono disposte dalla cassa armonica fino all'asticella più piccola, dalla quale vengono tese. Esse erano prima tre, per arrivare poi fino ad un numero di dodici e vengono suonate con il plettro. Il liuto è, invece, uno strumento Medioevale e Rinascimentale, suonato dai menestrelli per accompagnare il loro canto. La cassa armonica si presenta più grande e convessa con il foro al centro della tavola armonica. Il manico è generalmente d'ebano sul quale sono disposti i tasti di scorrimento, attraverso i quali vengono realizzate le varie note. In cima al manico è disposta la cavigliera per tendere le corde che da sei, nel tempo, sono diventate ventiquattro. Con il mio gruppo, i "Liristi del Poro", armati di tali strumenti, ci esibiamo in giro per l'Europa, cantando canzoni prettamente locali.
Mi piace spaziare in quasi tutti i campi dell'arte, in tutto ciò che mi dà la possibilità di trasmettere una parte delle mie emozioni alla gente. Tutto ciò che è espressione di sensazioni e sentimenti mi attira e ne faccio i "media", (così dice McLuhan), per arrivare agli altri e comunicare tutto ciò che ho dentro. Non sono casuali le sculture che ho realizzato nelle campagne circostanti nel periodo giovanile. Bassorilievi rupestri scolpiti nella pietra arenaria, che raccontano la storia della mia gente, di come vive e soffre. E' un metodo per portare l'arte a questa gente. I contadini che vivono nelle campagne non hanno la possibilità di recarsi in una galleria o un museo per poter apprezzare determinate espressioni artistiche. Questo è un espendiente per far capire che esiste un certo mezzo di espressione, qualcosa che può farti riflettere e nello stesso tempo sognare. E' avvicinandosi a loro che si può far comprendere come può essere fatto il mondo, e non allontanandosi, sperando che siano loro a venirti a cercare e chiedere spiegazioni. Questa gente è assorbita continuamente dai problemi quotidiani e non ha tempo per pensare ai significati dell'arte e che strumento potente può essere per veicolare le emozioni degli uomini. Io cerco di portare i musei in campagna.
Diverse sono le opere importanti da me realizzate, come l'altare di ulivo massello utilizzato da Papa Giovanni Paolo II° per dire la messa a Reggio Calabria, o il dipinto ad olio su tela di metri 7x3 da me donato per il centenario della Federazione Ciclistica Italiana ed esposto nell'Auditorium della sede nazionale del CONI. In quell'occasione, ho ricevuto nella mia baracca la visita dei campioni di ciclismo delle Olimpiadi di Los Angeles. Ho realizzato, inoltre, diversi dipinti e xilografie in cui appare spesso la gente di Calabria, con i suoi problemi e le sue sofferenze. Ho realizzato anche una scultura della testa del fisico Giuliano Toraldo di Francia, preside della facoltà di fisica nucleare dell'Ateneo di Firenze e presidente dei fisici d'Europa, il quale mi dedicò una poesia intitolata proprio "Reginaldo". L'ultima scultura importante è, senz'altro, la fontana di Scrimbia, da me realizzata per la città di Vibo Valentia, in marmo bianco di Carrara. Scrimbia era una Ninfa dei boschi, trasformata dagli dei in fonte, i quali si erano impietositi vedendola struggersi in pianto per un amore non corrisposto. Tale scultura è stata definita dal Sole 24 Ore una delle più belle fontane d'italia fin ad oggi esistenti. E' questione di fortuna.
Diverse sono le personalità che ho incontrato e che hanno parlato di me. Posso ricordare il rapporto di amicizia con il premio Nobel Salvatore Quasimodo e lo scrittore Giuseppe Berto, che mi ha definito come costantemente legato al mondo contadino, con un atteggiamento di rifiuto a tutto ciò che non sia Calabria o Mezzogiorno. Ho conosciuto anche attori quali Raf Vallone ed Enrico Maria Salerno, il giornalista Raffaele Mazzarella  e Ricciotti Lazzero, nonchè professori Universitari come Lombardi Satriani, Diego Carpitella, Ilario principe e Joseph Lopreato, ordinario di sociologia e preside della facoltà di sociologia all'Università del Texas. Questi, di origine calabrese, emigrò in America con la famiglia quando era bambino. Lopreato ha visitato la mia baracca ed è rimasto entusiasmato. "La differenza tra il tuo pubblico ed il mio...", mi diceva Lopreato, "...è che il tuo, nella stragrande maggioranza, ti capisce, mentre il mio, totalmente sofisticato, non mi segue più, non sa discutere di estetica ma comprende cose molto più importanti e serie". Piacevole, e nello stesso tempo commovente, è stato l'incontro con Fortunato Aricò, grande violoncellista del Metropolitan di New York, anch'esso originario della Calabria, proprio di Spilinga, il quale promise al padre morente di suonare per la sua gente quando sarebbe tornato in Italia. Insieme suonammo Bach nella piazza del paese, chiudendo quel cerchio che il bisogno e la necessità avevano interrotto, costringendo all'emigrazione il padre di Aricò.
Il mio "covo" di lavoro è la "baracca", che non ho abbandonato mai e che è rimasta sempre la stessa. E' il mio terreno di lavoro, dove sviluppo creatività e materializzo le mie impressioni e sensazioni. L'argilla modellata, che reperisco nelle falde del Monteporo, prende forma e dimensione attraverso le mie mani e colore e resistenza nel forno ad una temperatura di circa 1200 gradi. Questo spazio in cui lavoro non si presenta di grandi dimensioni, ma in esso mi muovo bene. Minuto come sono, riesco a destreggiarmi ed a produrre con tranquillità. Ci sono oggetti d'arte un pò dappertutto, piccole sculture sperimentali, quadri, statue da restaurare, strumenti musicali, alcuni libri, annunci pubblicitari di spettacoli da me realizzati in Italia ed all'estero. C'è, pertanto, una perfetta simbiosi tra la mia figura di artista ed il contesto in cui mi inserisco, necessaria, del resto, per dare massima espressione alla creatività, per acquisire quello stato d'animo ideale a tirar fuori dalla propria mente le idee migliori e poterle rappresentare nei loro significati più profondi. Credo che non sia necessario andare a vivere al Nord o nei centri più importanti dal punto di vista artistico, per potersi confrontare, magari, con altri scultori e pittori e poter avere così un giudizio più globale e potersi mettere maggiormente in mostra. E' la gente del tuo villaggio che ti deve giudicare, "parla a loro e parlerai al mondo", anche perchè il linguaggio dell'arte è un linguaggio internazionale, che non ha frontiere. Sono loro i primi che devono capirti e divulgare agli altri il significato della tua arte. Le mie prime realizzazioni esistono proprio in funzione dell'esistenza dei personaggi di cui sono circondato, della loro storia, delle loro tradizioni e culture, senza le quali certe esperienze, certe sofferenze, certe sensazioni non sarebbero possibili.
 
 

Di Reginaldo D'Agostino avete visto:

Sculture in legno di ulivo, gelso e olmo
Dipinti ad olio su tela e masonite