DRAPIA, PARGHELIA, RICADI,
SPILINGA
ZACCANOPOLI, ZAMBRONE
da
IL REGNO DELLE DUE SICILIE
Distretto di Monteleone
di Calabria
Napoli, 1859
a cura di Filippo Cirelli
P. Antonio Minasi.
"La veduta della nobile città di Tropea e dell'antico villaggio
di Paralia".
Incisione del 1780.
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PARGHELIA
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di Domenico Braghò
Parghelia. Comune
di terza classe nel Circondario di Tropea, Distretto di Monteleone, Provincia
della seconda Calabria ulteriore, comprende nella sua amministrazione i
villaggi di Fitili, Zaccanopoli e Alafito, i quali sorgono a poca distanza
sulle colline circostanti.
Dipende dal Giudicato Regio di
Tropea, dai Tribunali civile e criminale e dalla G. C. civile di Catanzaro;
e per lo spirituale dalla Curia di Tropea, alla cui Diocesi appartiene.
Confina verso oriente e greco
coi Comuni di Zambrone e di Zungri, dai quali dista rispettivamente miglia
sei circa e miglia quattro circa: verso mezzogiorno e libeccio con Drapia
e Tropea, distando dal primo di questi Comuni miglia sette circa, e dal
secondo, miglia sei circa.
Dista poi dal Capoluogo del Distretto
miglia 13 da quello della provincia miglia 53 e dalla Capitale miglia 298.
Aspetto fisico del paese, orizzonte, clima e meteore. Parghelia o Paralia, come suonava il suo antico nome, si eleva in mezzo a piccola pianura bagnata dal mare a tramontana e a ponente, ed è chiusa ad oriente e mezzogiorno da una cerchia di piccole colline. Il suo territorio comunale si vede variamente configurato; ed offre in alcuni siti degli accidenti rimarchevoli per fisica bellezza e amenità di orizzonte; il quale è tutto marittimo, e nella sua vasta prospettiva offre alla vista da una parte la sinuosa costa di Amantea, e dall'altra il vago aspetto delle isole Eolie, di cui l'ultima si perde nell'estremo confine dell'orizzonte medesimo. - Il clima temperato ed asciutto non esibisce che raramente rapide e violente vicissitudini atmosferiche. - Rarissime sono i geli e le nevi, meno rare la gragnuola e le nebbie.
Origine, archeologia, storia.
Ecco quanto dice il Barrio sull'etimologia di Paralia - <<Juxta urbem
(Tropea) parte laeva est Paralia, quasi maritima, quod secus litus sit>>.
Antonio Jerocades, uno degli scrittori
paraliensi, discorre nei seguenti termini sulla etimologia e fecondazione
della sua patria:
<<PARALA, e si crede colonia
degli antichi Focesi. Su di ciò la filologia ci ha dato finora questi
lumi. 1. Il Meursio nella descrizione di Atene dice: che un rione di quella
città era detto Paralia, o perchè era vicino al mare, o perchè
era il quartiere de' pescatori, situato appresso a uno de' porti, significando
l'una e l'altra cosa la voce Paralia; 2. Nella storia ecclesiastica
di Fleury si legge, che al Concilio di Calcedonia andò ancora un
Vescovo di Paralia, città forse dell'Asia minore; 3. In Erodoto
lib. 1. si riferisce, che nella spedizione di Ciro, i Focesi si posero
in fuga, e andarono a ritrovarsi la sede in varie spiagge del Mediterraneo,
come in Corsica, dove avevano venti anni addietro fondato Alalia,
e in Gallia, ove fondarono Massalia, oggi Marsiglia. Forse un branco
di quei pescatori fuggitivi, che poi da Corsica ripassarono a Reggio per
salvarsi dai Tirreni, si fermò in quel litorale della Magna Grecia,
ove ora è Paralia, detta poi Parjelia, che vale a dire lo stesso.
Chi è mediocremente versato nella storia antica, e sa la disposizione
dei popoli, e il modo and'è popolata la terra, non crede del tutto
favolose queste congetture. In una tanta antichità poi il trarre
documenti da uomini antichi o fenici o greci, è stato il costume
degli eruditi, e specialmente del Bochart, del Mazzocchio e del Martorelli;
4. Vi è chi crede che Paralia è detto da Parelio, cioè
in faccia al sole, come altrove Eliopoli, la città del sole; e altri
crede esser detto così quello villaggio da quel famoso Argalia,
di cui parla la storia d'Italia, o da quell'Argantonio, di cui fa menzione
Erodoto 1. c., e che perciò s'abbia a dire Parghelia secondo il
nome volgare. Se non c'inganna l'amor della patria, noi crediamo, che Paralia
sia colonia degli antichi Focesi, emuli de' Fenicj, intorno alla cui fuga
vi è la bella ode 10 di Orazio nell'Epodo. Ne danno poi una gran
prova gli abitanti di questo villaggio, uomini di grande ingegno e di sommo
ardimento: vi sono gran pescatori sparsi per tutta l'Italia, gran naviganti
che sono andati quasi per tutta la terra; gran mercanti, che senza molte
cognizioni di lingue e di arti fanno il commercio per molte piazze d'Europa,
e di loro alcuni si sono situati in America ecc.32>>. (Caliede
al Rogo - Epistola a S. E. il Sig. D. Ant. Pelliccia di Tropea).
Ecco poi l'etimologia che il Barrio registra
intorno agli altri villaggi.
Philatis... plantam, hortum que arboribus
consitum significat.
Zachanopolis quasi utilis civitas.
Aliphitum a bonitate olei dictum.
Archeologia. Nessuno
avanzo di antichità, seppure non voglia tenersi per tale un grosso
elmo di acciaio, che si vede appeso, come un trofeo, ad uno de' pilastri
che sostengono l'orchestra di S. M. di Portosalvo. La tradizione lo attribuisce
ad un Saraceno, che con molta mano de' suoi, avendo fatta irruzione nel
paese, fu respinto da' naturali assistiti da visibile e miracoloso ajuto
della S. Vergine.
Alla distanza di circa un miglio da Parghelia
verso Oriente, in una proprietà particolare, giace distesa nel suolo
una magnifica colonna di granito lunga palmi 42, e della circonferenza
di palmi 9. Ed altre pur se ne veggono, ma di molto minor dimensione, dalla
parte di Tramontana, e propriamente in direzione della Chiesa di Porto
Salvo, giù presso il lido del mare. In questo luogo medesimo si
veggono in varii punti massi della stessa pietra, e fra tutti primeggia
quello che trovasi nella proprietà della Mensa Vescovile di Tropea,
detto S. Barbara. Delle cennate colonne non si conosce nè l'epoca
in cui furon lavorate, nè lo scopo di tal lavoro. Si vuole però,
per comune tradizione, che furon tagliate in tempi remotissimi per essere
di là trasportate in Sicilia33.
Parghelia 1910. Processsione
Maria SS. Portosalvo
(archivio Parghelia85.net)
ABITATO
Prospetto edilizio. Le case in maggior numero non sono molto vaste, ma comode e di pulita apparenza; molte son guarnite di balconi, altre di terrazze, tutte ricoperte di tegole di terra cotta, che non solo le serbano asciutte, ma danno al paese, veduto da lontano, un aspetto uniforme e decente. Ciascuna casa ha gli abbaini e i fumajuoli sul tetto; a molte mancano i cessi, perciò (cosa indegna) si rinvengono numerosi chiassuoli, chiusi sulle pubbliche vie da muricciuli, che se tolgono alla vista lo schifo, non impediscono che si comunichi all'aria perenne alimento di contaminazione. Per la poca elevazione delle case le strade interne appariscono larghe ed ariose, e tutto il paese offre un aspetto aprico e ridente.
Fontane. Fra' quattro villaggi che compongono il Comune, Parghelia è quello che ha la sua pubblica fontana più povera di acqua, la quale in està diviene tanto scarsa che quasi il paese ne soffre penuria, e deve supplire a' suoi bisogni per mezzo delle acque di cinque pozzi, che sono in diverse case private. Non si fa menzioni di altre piccole vene, che scorrono in vari sensi sulla superficie della privata proprietà.
Comodità pubbliche. Nessuna.
Chiese e fondazione di esse.
Delle cinque chiese esistenti in Parghelia, la Parrocchiale è intitolata
a S. Andrea Apostolo; delle soccorsoli una a Maria SS. di Portsalvo, che
è la maggiore e la più ricca tra esse, l'altra a S. Antonio
di Padova; la terza al SS. Sagramento, od in questa officia una Congregazione
di spirito che prende il nome della Chiesa; la quarta infine s'intitola
a S. Anna, nella quale havvi un monte sussidiario fondato prima del 1736
di pescatori e negozianti, i soli che abbiano sempre goduto il privilegio
di ascrivervisi, e fruire delle sovvenzioni mensili in caso di necessità,
come pure dell'esequie allorchè vengono a morire. Le figlie nubili
dei fratelli defunti, passando a matrimonio, godono una dotazione di ducati
venticinque. La chiesa di Portosalvo deve la sua fondazione e i suoi incrementi
alla divozione degli abitanti, i quali mano mano l'hanno ornata di una
Cappella e di un pergamo di marmo, nonchè d'un absida anche di marmo,
e di molti arredi preziosi. L'epoca precisa delle fondazione di dette chiese
non si trova registrata.
Gli altri tre villaggi non hanno che
le chiese parrocchiali, e sono intitolate in Fitili a S. Girolamo, in Zaccanopoli
a S. M. delle Nevi, e in Alafito alla Vergine SS. Immacolata. In Zaccanopoli
si vede inoltre un'altra piccola chiesa quasi diruta detta di S. Maria,
nella quale non si può officiare.
Oggetti di belle arti.
Sebbene
non via abbia oggetto di belle arti, che per assoluta eccellenza
possa degnamente figurare in questa categoria, pure, avendo riguardo alle
condizioni di un piccolo villaggio, si può fare menzione di due
dipinti ad olio che si veggono nella Cappella maggiore di Santa Maria di
Portosalvo. Essi rappresentano uno l'Annunziazione, e l'altro la Sacra
Famiglia: sono ambedue lavoro di buon pennello napolitano del passato secolo,
ed opera pregevole, secondo alcuni, del Solimene. Comechè non del
tutto finiti, in essi sono rimarchevoli la bellezza della composizione
e la verità della espressione. In quello dell'Annunziazione tocca
l'ideale più bello il sentimento d'umiltà misto a quello
di vereconda perturbazione, che produssero nel cuore dell'Ancella del Signore
le parole dell'Angelo Gabriello. Non meno sublime si è il concetto
dell'artista nell'aver messo il divino messaggiero a una rispettosa distanza
e nello stesso livello della santa Vergine, volendo con questo esprimere
la venerazione dovuta a quella, cui l'Altissimo sceglieva fra tutte le
creature a Madre del suo divino Figliuolo. Cogli occhi velati di santa
modestia la Vergine riceve l'alto annunzio, e cogli occhi velati di pari
modestia l'angelo lo porge. Attenuano il sublime di questa scena, che cuopre
uno de' più alti misteri della nostra Santa Fede, e che sì
bellamente viene espresso nelle due principali figure, i numerosi accessori,
che ingombrano la cella della Vergine, dove l'occhio dell'osservatore desiderebbe
vedere una più severa semplicità. In effetti l'attenzione
di chi guarda è stranamente divagata dalla vista di un angioletto,
che fa l'atto di spiccare un fiore da un cespo che cresce in una testa,
e da quella di due cori di altri angioletti, che chiusi in una nube vaporosa
e lucente fanno corona allo Spirito Santo, che sotto forma di colomba apparisce
nella sommità della scena. Questo concetto puramente teologico,
malgrado le relazioni che esso ha colla idea principale, non viene essenzialmente
richiesto dalla natura della rappresentazione, quando si consideri, che
l'artista, senza produrlo sotto forme sensibili, nelle quali si esinanisce
e diviene triviale, dovrebbe farlo nascere nell'animo dell'osservatore
cristiano dalla idea principale da lui rappresentata.
Nel quadro della Sacra Famiglia la mediocrità
del concetto è grandemente compensata dall'eccellenza del magistero
dell'arte, la quale seppe disporre con lodevole economia in piccolo spazio
i numerosi personaggi che formano la scena. Il lusso de' panneggiamenti
e l'accalcarsi di tutti intorno al Cristo bambino, non toglie che tu possa
con precisione intendere la movenza di ciascun personaggio; movenza, che
ognuno di essi esegue senza sforzo e con ingenua disinvoltura: anzi tu
puoi immaginare in quelle figure altre movenze successive, senza che abbi
ad allargare il campo del quadro, o che s'ingeneri nel tuo animo l'idea
dell'inviluppo e della confusione. Nell'osservare questo quadro, ti senti
solo nell'animo il desiderio di scorgere sul volto del bambino qualche
nota della divinità, o almeno sul volto di quelli che lo circondano
qualche cosa che per riflesso ti rimembri la celeste origine di quello.
Senza questo sentimento, la rappresentazione rientra nell'ordine di una
comune scena di famiglia. Riguardo all'esecuzione, questa tavola è
più finita di quella dell'Annunziazione.
L'ingegno disposto per l'esercizio delle
arti belle non è raro in Parghelia, ed è colpa di fortuna
se molti dotati di specialissima tendenza alla pittura non siano venuti
in eccelenza. Basta qui dire di slancio che tale ingegno si fa scorgere
al presente anche nel sesso femminile; e ne dà onorevolissima pruova
l'egregia giovinetta Rosina Grillo, che senza aver fatto analogo
studio con maestro alcuno, si fa da tutti ammirare pe' suoi dipinti.
Festività principali. Sebbene il protettore di Parghelia sia l'Apostolo S. Andrea, pure la maggiore festività è quella che si celebra in onore di Maria SS. di Portosalvo in ogni seconda domenica di Agosto. Alla celebrazione di questa festività concorrono da tutte le parti gli abitanti del villaggio, lasciando per pochi giorni la cura de' loro traffichi e de' loro negozi. Ne' villaggi le festività principali sono quelle che si celebrano in onore de' protettori.
SUOLO
Nelle pianure marittime il suolo è silicio, sabbioso, nelle alture è leggiero: generalmente però, atteso anche la dolcezza del clima, è atto alla coltura di molteplici derrate.
Idrografia. Il mare
si è detto nel primo paragrafo, bagna a ponente e tramontana il
territorio del Comune. Il suo lido ha l'estenzione di circa tre miglia.
Molti sono i rivolti perenni che nascono
in fondi particolari, e scorrono in seno del Comune, ove muovo mulini da
grano, e quindi irrigano numerosi terreni, opportunamente derivati per
mezzo di pescaje, e condotti per canali e cunicoli. Il maggiore fra essi,
denominato la Grazia, divide il territorio di Parghelia da quelli di Drapia
e Tropea, e nel suo lungo corso muove sulla sola sponda del Comune sette
mulini da grano, ed irriga i pochi terreni posti fra l'uno e l'altro di
essi. La copia delle sue acque è tale, che potrebbe dar luogo a
molte lucrose speculazioni; potendosi derivare in molti siti ed adibirsi
all'innaffiamento di larghe superficie di terreno; o a muovere altre macchine
idrauliche.
Pel volume delle acque è considerabile
in secondo luogo il rivolo detto il Fiume, che scorre fra 'l Comune
di Parghelia e quello di Zambrone. Questo ruscello muove nel suo corso
due mulini da grano, ed irriga poche moggia legali di terreno.
Fra questi due maggiori è notabili
un altro ruscello, che risulta da una copiosa fonte detta Agrilloni,
e da una privata scaturigine. Anche quest'acqua irriga molti terreni nel
piano di Fitili. Ottime sono le qualità dell'acqua di Agrilloni,
nella quale si dissetano i viandanti e gli armenti, e lavano la biancheria
i naturali di Zaccanopoli.
PRODUZIONI SPONTANEE
Mineralogiche. Il quarzo trovasi
in molte miniere alla collina di Fitili nello stato arenoso, bianco, lucido
con miscugli accidentali di feldspato. Tra le lamine di quarzo si trovano
foglie sottilissime di talco indurito, il quale in alcuni punti delle cave
si vede formare una specie d'involucro ai filoni del primo. L'arena quarzosa
è di duplice specie, cioè dura e tenera; la prima si adibisce
alla fabbricazione de' vetri e della terraglia, e l'altra a formare lo
smalto di questa ultima e della faenza. - Il granito trovasi in gran copia
nel territorio di Parghelia, e l'elemento che sembra più predominante
nella sua composizione è ora il quarzo, ora il feldspato.
Botaniche. occorrerebbe un lungo
e paziente lavoro per prender nota di tutte le piante che spontaneamente
produce il suolo di questo Comune; le quali per altro difficilmente presenterebbero
qualche specialità propria del luogo. Ad evitare quindi superflua
ripetizione, rimandiamo il lettore alla Flora generale della provincia.
Ittiologiche. Dalla piccola sardella
al tonno, il mare di Perghelia offre una grande varietà di pesci,
e tutti quasi in gran copia. Si pescano la sarda, l'acciuga, la triglia,
la seppia, il totano, il polipo, l'ombrina, la scorpena, la ragana, molte
varietà di raje, lo scombro, il grongo, la palamita, il cefalo,
la salpa, la raja oculata, il rombo, il pesce topo, (di vaga figura e di
squisito sapore), la lucerta, il dentice, la murena, la rana pescatrice,
la torpedine, la rondine marina, il merluzzo, ec. ec.
Fra' molti crostacei, che vengono a completo
sviluppamento, si osserva anche la cozza nera di Taranto, ma così
piccola, che uguaglia appena la grandezza di una acino di lupino. - De'
zoofiti si veggono la corallina e la spugna. - La gran copia delle ghiande
marine, che cresce in seno del mare del Comune, in ogni maggio richiama
i tonni, che quivi, non sono molti anni, si pescavano com'ora in Vibona
e Pizzo. Anticamente colle palamite (palamitarie) si facea anche
la pesca del pesce-spada, come ora a Villa S. Giovanni.
Estenzione del suolo. L'estensione de' terreni seminatorii di tutto il Comune si calcola approssimativamente a moggia legali 6679, ripartite, in ragion delle culture cui si addicono, nel modo seguente:
Per grani duri...........................................................995
-grani teneri...........................................................1380
-segala.................................................................
432
-granone...............................................................1120
-orzo..................................................................
200
-avena.................................................................
470
-fave..................................................................
84
-favette...............................................................
98
-fagiuoli...............................................................
225
-ceci...................................................................
160
-lenticchie..............................................................
95
-cicerchie...............................................................
70
-piselli.................................................................
110
-lupini..................................................................
230
-patate................................................................
10
_____
6679
Il rimanente territorio, che comprende colline, giogaje, burroni, si adibisce alla cultura delle viti e di ogni specie di alberi.
Stato dell'agricoltura.
Il sistema di coltivazione, sebbene lentamente, va migliorando da venti
anni in qua. L'arte degli innesti, la potatura delle viti e di altri alberi
è molto ben conosciuta dalla maggior parte de' contadini; ma la
concimazione si riduce solamente a quella di letami risultanti dalla macerazione
di materie vegetabili.
Nella alture, ove i terreni sono frigidi,
il debbio è uno de' mezzi di concimazione. L'aratro, come ai tempi
di Trittolemo, la zappa, il rastrello, la falce, la ronca, la mezzaronga,
il vaglio, la scure, la trebbia ec. in tutta la loro veneranda semplicità
sono i soli strumenti agrari conosciuti.
Nella vendemmia i grappoli non vengono
ripuliti con cura da tutti gli acini guasti, e, pigiate le uve, il succo
si riunisce co' raspi, affinchè prendesse da quelli un colorito
più fosco.
Finalmente riuniti i raspi e le vinacce
si premono nello strettoio, e il succo che se ne ricava si mischia al primo.
I fiocini acidi e asciutti si danno per
pascolo ai porci e i vinacciuoli, segregati da quelli, ai polli.
La coltivazione delle fave, de' piselli
e delle lattughe è tanto ben conosciuta, che questi prodotti si
hanno sempre intempestivamente. Ne' terreni di Parghelia la semina del
grano si avvicenda con quella del cotone, e sulle alture con quella del
granone.
Prodotti di essa. La produzione considerata in generale sta molto al di sotto del consumo, se si eccettui quella del vino, dei lupini, delle fave, delle favette, dei piselli, de' fichi e degli ortaggi, che esuberano.
POPOLAZIONE
Il numero complessivo della popolazione nel 1856 era di anime 4069 così ripartita per villaggi.
Parchelia...............................................................2227
Zaccanopoli.............................................................1536
Fitili.....................................................................272
Alafito...................................................................
34
_____
Totale ...................................................... 4069
Condizioni naturali
Celibi Maschi.............................676
Parghelia
Coniugati Femine............................ 772
Maschi............................. 65
Vedovi
Femine............................. 93
_____
Totale ..........................
2227
Maschi.......................... 548
Celibi
Femine.......................... 363
Zaccanopoli
Coniugati..................................... 361
Maschi........................... 25
Vedovi
Femine........................... 39
_____
Totale
........................1536
Maschi.......................... 82
Celibi
Femine........................ 63
Fitili
Coniugati.................................... 102
Maschi.......................... 5
Vedovi
Femine.......................... 20
_____
Totale
........................ 272
Maschi.......................... 6
Celibi
Femine......................... 13
Alafito
Coniugati....................................... 10
Maschi.......................... 0
Vedovi
Femine.......................... 5
____
Totale
........................ 34
Condizioni civili, considerate egualmente in tutto il Comune
Possidenti
........................... 393
Esercenti arti liberali
........................... 7
Preti
.......................... 10
Frati
............................ 0
Monache
............................. 0
Contadini
............................ 940
Artigiani e domestici
............................ 43
Pescatori
............................ 112
Maschi .............................
64
Mendici
Femine .............................
78
Incremento e decremento
della popolazione
In tutti i Villaggi che compongono il
Comune nacquero nell'anno 1856
Maschi
............................. 79
Femmine
............................. 72
____
Totale .............................
151
Aggiunta i nuovi domiciliati.
Maschi
............................. 02
Femmine
............................ 02
____
Totale ............................
155
Morirono in detto anno.
Maschi
............................. 72
Femine
............................. 74
____
Totale ............................
146
Emigrarono.
Maschi
............................. 04
Femmine
............................. 06
____
Totale .............................156
Differenza in meno 1.
Malattie dominanti. Sono le febbri periodiche, al cui sviluppamento, massime in autunno, concorre come precipua cagione lo svolgimento del miasma. Il tipo più comune è il terzano or doppio, or semplice, e vengono in secondo luogo il quotidiano e il quartano. Altri tipi si veggono raramente. I contadini che vivono alla campagna, sono, a preferenza di ogni altra classe, i più travagliati da queste febbri. La tollerata macerazione de' lini in qualche anno ha dato luogo allo sviluppamento di febbri di cattivogenio. - Dopo queste febbri le più frequenti sono le gastriche e le reumatiche. La gotta è una diatesi comune a molte famiglie di Parghelia, nelle quali ora pei mutati costumi e per la temperenza, si vede lodevolmente attenuata.
Fisiologia, fisonomia, statura,
indole degli abitatori. Presso a poco tutti gli abitanti del Comune
sono di valida costituzione, il che li rende atti ai più laboriosi
mestioeri. Il temperamento organico che in essi più predomina, è
il bilioso-sanguigno. La deformità o l'incompiuto sviluppamento
del corpo sono fenomeni rarissimi in Parghelia.
Si osserva statura mezzana in generale,
e in non pochi vantaggiosa; fisonomia mareata e vivace; occhi pieni di
espressione; fronte alta, capelli e barba di color castagno scuro o nero
- Per indole i Pargheliesi sono laboriosi, industri, amici del buon governo
familiare. Le donne sono piuttosto venuste che belle, specialmente in Parghelia
e Zaccanopoli.
Qualità religiose. Se altre pruove mancassero, si potrebbe tenere come segno irrefragabile delle lodevoli qualità religiose dei naturali di Parghelia la somma devozione che hanno verso la S. Vergine di Portosalvo, nonchè la progettata istituzione di una novella Congregazione di spirito nella chiesa a Lei consagrata; e lo scorpo eminentemente caritatevole e religioso del monte sussidiario.
Qualità morali - Ospitalità. La modestia e la religiosa divozione sono i cardini della morale delle donne, virtù che in molte di esse non vanno sempre scevre di qualche tinta di ruvidezza e di superstizione. La donna di mal costume, dalla quale sia scomparso affatto ogni sentimento di rossore, non solo è rara, ma trova nel disprezzo e nell'avversione delle altre il suo più amaro castigo. Non si osservano concubinari, e l'adulterio anzichè raro, è rarissimo, essendo la fedeltà coniugale una virtù quasi ingenita nel cuore delle donne di Parghelia, e il più dolce compenso de' mariti, i quali pe' bisogni della mercatura vivono la maggior parte dell'anno assenti dalle famiglie34. Questa penosa condizione, che diviene peraltro bella sorgente di riserbatezza o morigeratezza, di fedeltà coniugale e di onesto desiderio dello sposo lontano, fa sì che esse siano le sole padrone della casa, l'unica guida de loro figliuoli; e infine si sviluppi nel loro animo in modo singolare il nobile sentimento de' doveri materni. Ma d'altra parte questa medesima condizione dell'assenza de' mariti le rende molto difficili ad accordare ospitalità, massime in tempo di notte, e spesse fiate le rende egoisticamente riserbate. Gli uomini poi, perchè girovaghi e spesso costretti a domandarla altrui, usano l'ospitalità con animo liberale. Non deve tacersi che avviene, sebbene di rado, che nelle lunghe assenze alcuni son presi da peccaminosa obblivione delle mogli fedeli. Tutti poi sono abborrenti dalle opere servili, e danno spesso in vanità e in orgoglio.
Antonio Jerocades (1.9.1738 -18.11.1805), Giuseppe Melograni (29.7.1750 - 21.121827) e Paolo Collia (5.3.1684 - 27.7.1735)
Uomini illustri.
Per ragione di antecedenza e del carattere di cui 4furono rivestiti, si
fa prima di tutti menzione del Cardinale Vincenzo de Lauro, il quale trovossi
al Concilio Tridentino, di Annibale Pietropaolo, e di Silvestro Stanà,
dei quali il primo fu Vescovo di Castellammare nel 1684, e il secondo di
Minori nel 1722, e infine del Padre Gregorio de' PP. Riformati, che fu
Provinciale nel 1681, e poi Guardiano in Gerusalemme. I tempi più
recenti permettono che si dessero più precise notizie di Antonio
Jerocades e di Giuseppe Melograni, i quali vennero in eccellenza, il primo
negli studii filologici, e il secondo in quello della minerologia, avendo
ambedue lasciato pregevoli opere.
Antonio Jerocades ebbe i natali nel settembre
del 1738, e giovinetto ancora ebbe fama di erudito per la copia delle conoscenze
filologiche, e pei numerosi componimenti ai quali diè opera nell'idioma
greco, latino e italiano. La sua conoscenza delle cose filosofiche gli
procacciò in seguito rinomanza di elevato ingegno, e la onorifica
corrispondenza epistolare dell'Abate Genovesi, del quale in progresso di
tempo si guadagnò la più cordiale amicizia. Per le stesse
ragioni l'ebbero caro e venerato Longano, Cavallaro, Pagano, Conforti e
Cirillo, per tacere di altri moltissimi. In mezzo alle continue vicissitudini
della sua vita, egli si tenne sempre applicato ai suoi diletti studii e
non cessò mai dal comporre e dall'istruire. Dopo varie sofferenze,
ei venne chiuso nella sua età senile nella casa de' PP. Liguorini
di Tropea, ove lentamente infermando, passò di questa dolorosa vita
a dì 18 novembre 1805. Il suo corpo riposa in Parghelia. Chi fosse
vago di più minute notizie della sua vita potrà leggere quanto
di lui scrisse il Martuscelli35.
Giuseppe Melograni nacque a 29 luglio
1750 da Michele e Olimpia Costanza. Vestì l'abito chericale nel
Seminario vescovile di Tropea, e vi apprese le lettere umane, le cose filosofiche,
matematiche e teologiche, nelle quali discipline divenne tanto eccellente,
che destò meraviglià di sè nell'animo del suo illustre
compatriota Jerocades. Asceso al sacerdozio, si condussa in Napoli a studiare
il diritto civile e canonico, ma ivi fu preso da grande amore per le scienze
naturali, a cui era per natura inclinato, e tanto in esse si distinse,
che il Governo del Regno, nel 1789, lo elesse tra que' dotti giovani che
spedì in Germania e Inghilterra nell'utile scopo di apprendere in
quelle regioni la geologia, la metallurgia e la scienza silvana. Fra i
suoi consorti Savarese, Ramondini, Foichio, Lippi e Tondi si distinse per
la nobiltà del suo ingegno. Nelle montanistiche Accademie di Schemnitz
e Frusberg apparò con solerte diligenza la metallurgia, la mineralogia
e la scienza silvana.
Ritornato nel Regno,
fu colmo di distintissimi onori, non solo pel suo ingegno, ma eziandio
per la bontà del suo animo e in ogni incarico si condusse sempre
con somma probità e intelligenza. Lasciando di discorrere de' minori
incarichi avuti, diremo solo, come egli fosse stato scelto ad ordinare
scientificamente il grande tesoro di minerali, che aveano ammassato e spedito
al Governo i suoi Colleghi nelle loro scientifiche peregrinazioni e come
egli abbia maestrevolmente condotto a fine la sua opera. Così per
suo aiuto venne istallato il nostro Museo minerologico, degnamente ammirato.
Con dispaccio del 2 gennaio 1805 egli in compagnia de' suoi colleghi fu
spedito ad attivare i lavori della ferriera di Mongiana, a regolare il
taglio de' boschi, a studiare la natura e qualità fisiche delle
altre regioni di Aspromonte.
Egli scrisse nel 1809 e diè alle
stampe il suo Manuale geologico.
Nel Reale Istituto d'incoraggiamento
lesse molte memorie; e prima fu una Dissertazione sull'origine e formazione
de' vulcani; la seconda sulla grafite di Olivadi di Calabria. Egli nel
1823 riprodusse in un sol corpo queste tre dissertazioni ampliate e precedute
da una descrizione geologica e statistica di Aspromonte. Fa d'uopo aggiungere
alle due cennate opere un'altra intitolata: Istruzione sui boschi.
Nel 1827 giubilato in qualità
d'Ispettore Generale delle acque e foreste cui godeva sin dal 1820, si
condusse in patria già patito nella vista e nelle forze. Non potendo
tollerare più le profonde applicazioni, si volse agli ameni studii
della poesia, passando i suoi giorni in Zambrone, ove la sua famiglia possedeva
molti beni rustici, ed ivi cessò di vivere a 21 dicembre 1827. Il
suo corpo tradotto in Parghelia riposa nella chiesa di S. M. di Portosalvo.
Uno de' suoi nipoti, Colonnello Raffaele Melograni, è l'attuale
Comandante dello Stabilimento di Mongiana, ove ad ogni passo può
trovare le care tracce dell'ingegno di suo Zio.
Dopo i due illustri testè menzionati,
fa duopo porre Andrea Mazzitelli, pilota della Real Marina di Napoli. Poichè
le notizie della sua vita sono pocho note, si trascrivono le seguenti parole,
estratte dal Discorso preliminare, che precede la sua opera intitolata
- Corso Teorico-pratico di Nautica - delle quali si rileva l'intento da
esso avuto nello scriverla, e qualche cenno su i suoi viaggi.
<<Or io riflettendo che nessuno
de' sudditi di S. M. Siciliana avea sinora scritto su tal materia, come
se i popoli di questi Regni giacessero nell'obblio della navigazione, e
profittando dell'ozio in questa Capitale della mia patria, mentre stava
senza destino di servizio, pensai, per rendermi utile allo Stato, d'intraprendere
a tessere queste lezioni, frutto dell'esperienza de' miei viaggi nell'Indie
occidentali, nell'Isole del golfo del Messico, nella Zona torrida e nel
Mediterraneo, secondo gl'insegnamenti de' più rispettabili autori.
Ma siccome fin dalla mia fanciullezza appresi nella Regia Scuola di Marsiglia
l'arte nautica dal professore M. Poittevin, Regio idrografo di quel dipartimento,
così debbo essere scusato se imbevuto della maniera di scrivere
di quell'Accademia e della lettera degli autori esteri, che ho consultato,
abbia avanzato qualche espressione, che non ben si conviene o alla dolcezza
o allo spirito della nostra lingua>>.
Egli nacque nel 1753 da Francesco e Vincenza
Jerocades, e morì nel 1799 in Napoli.
Molti altri rammentar si possono che
se non hanno lasciato a' posteri lavori di mente, sono stati però
riconosciuti da tutti ed ammirati quali uomini distinti per dottrina, nonchè
per cariche cospicue laudevolmente occupate. E' tra questi, come non ricordare
l'Arcidiacono della Chiesa Cattedrale di Tropea Antonio Meligrana, dottore
di ambe le leggi, Vicario generale sotto diversi illustri Prelati, e più
volte anche Capitolare di Tropea, e giudice pure un tempo delle cause matrimoniali
nella Curia Arcivescovile di Napoli?... Di lui il nostro giornale non mancava
a dare lodevolissima Necrologia sotto la data del 28 dicembre 1842, n.283,
ed invitava i lettori ad ammirare le sue virtù più a lungo
descritte in un elogio funebre, e come utile e bea particolareggiato comento
di tal discorso, in altra necrologia, che con vari epigrafi e versi latini
di diversi ingegni si erano dati insieme alla luce in un volume.
Degni di grata memoria sono anche stati
gli Arcipreti dello stesso Parghelia Sabatino Deluca, Antonio Taccone,
il cui nome si profferisce ancora con somma venerazione, e i fratelli del
Taccone Tommaso e Lodovico, Religiosi Riformati morti dopo lunghi travagli
apostolici, e dopo tante e tante cure praticate a prò della loro
stessa Religione, inodore di santità.
E dobbiam fare onorata menzione del Sacerdote
Antonio Naso perito assai anche in medicina; del Canonico Domenico Mazzei
maestro pregevolissimo di belle lettere nel Seminario di Tropea; del Canonico
Vincenzo Lambiase maestro di filosofia e Rettore dello stesso Seminario,
oltre parecchi altri fra gli Ecclesiastici. E fra i gentiluomini secolari
ognuno conosce quanto fu perito nelle leggi un Antonio d'Ambrosio, e quanto
addentro sentisse negli studii ameni e ne' legali l'egregio di lui unico
figlio Mariano tolto da immatura morte alle speranze della famiglia e della
patria.
Memorabili assai sono ancora fra i dottori
fisici un Giuseppe Antonio Costa, che si distinse pure per amena letteratura
e principalmente pel genio alla poesia; un Saverio Zappone; un Marcello
Accorinti, tolti non ha guari con rimpianto generale dal numero dei viventi.
Del Zappone evvi però il figlio Francesco Antonio in cui sembra
traffusa la virtù del padre, mentre esercita con tanto buon risultato
e fama la professione medesima.
Onorano il villaggio di Zaccanopoli i
natali di Fra Mansueto, Religioso di S. Francesco di Paola, che visse e
morì in odore di Santità, e di Paolo Collia che fu teologo
del Cardinale Althan, Vicerè del regno, e poi Vescovo di Larino,
e finalmente di Nicotera.
Il piccolo villaggio d'Alafito rammenta
anch'esso con onore il suo compaesano Paolo, che fu provinciale de' Riformati
nel 1707 e 1716.
Usi, costumi, dialetto,
idiotismi, proverbii, e canzoni popolari. La ragione de' tempi ha
tolto agli usi e costumi del popolo quella speciale tinta di originalità,
che li rendeva altra volta rimarchevoli, e solo appo essi si è conservata
qualche singolarità nelle cerimonie della fidanza, del matrimonio
e de' mortorii.
Nella fidanza. Il giovinetto che
agogna alla mano di una donzella, non tollerandolo l'uso e la morigeratezza
delle donne, non fa lo spasimante in veruno di quei modi che soglionsi
osservare nelle città, e limita tutte le sue amorose manifestazioni
a qualche sguardo furtivo. Tuttavia la consuetudine gli consente un mezzo
romantico e grazioso di manifestare il suo amoroso fuoco. Di notte tempo,
al suono di una chitarra, o di uno strumento tricorde, detto volgarmente
lira, che si costruisce dai contadini del paese, egli sfoga col canto la
sua amorosa passione sotto le finestre della desiata giovinetta, e tante
fiate ripete questi piacevoli sperimenti, fino a che avrà ottenuto
o
l'adesione o la negativa de' parenti di lei. Se la donzella diviene fidanzata,
può portare l'anello, che suole essere il primo dono del fidanzato,
e sin da quel punto intreccia i suoi capelli con un nastro di seta rossa,
smettendo il verde che è il colore distintivo della zitella. Solo
a questi due segni puoi distinguere tra le altre la donna promessa36.
Ne' matrimonii. La celebrazione
del matrimonio non offre alcuna cosa di singolare, se ne togli le affettuose
benedizioni, che dopo quelle del sacerdote i rispettivi genitori danno
agli sposi.
Ne' funerali. Nella morte di qualche
caro parente soleano per lo passato tutte le donne della famiglia scarmigliarsi,
percuotersi, lacerarsi la vestimenta, mandare sossopra le suppellettili
della casa, battere contro le nura gli scuri delle finestre, e in fine
mandare spaventevoli ululati. Talora facea mestieri di lungo e doloroso
contrasto per strappare dalle braccia convulse de' parenti il cadavere,
per essere trasportato alla chiesa. In quel momento dell'ultimo commiato,
le donne dilaniandosi i capelli a ciocche, li offerivano al defunto come
un'arra di ricordo, e seguendo il suo feretro in lagrime, assistevano prostrate
per terra a tutti gli estremi ufficii della Religione. Più la ragione
de' tempi che l'intiepidire de' domestici affetti ha sensibilmente attenuato
il carattere troppo tetro di queste costumanze. Il bruno si porta per lunghi
anni, anzi le vedove non mai lo depongono, e solo nel caso di seconde nozze
ne scemano l'asprezza. Gli uomini si lasciano crescere per molti mesi i
capelli e la barba, e fra' contadini qualcuno non muta la camicia per lunghissimo
tempo, dando luogo al sudiciume che la consumasse prima d'indossare la
nuova37.
Dialetto. L'elemento
principale e quasi esclusivo, dal quale deriva il dialetto, è l'italiano
o toscano che si voglia dire. Gli altri elementi, come sono il greco, l'ispanico,
e il francese appariscono siffattamente refratti, che appena si possono
scorgere in alcuni vocaboli. Il francese, come il più recente perchè
trasfuso nell'ultima occupazione militare, è più sensibile
del greco e dell'iberico. Nell'eufonia predomina l'elemento orale, e prendono
poca parte il gutturale e il nasale: nella costruzione alfabetica delle
parole è più sensibile l'elemento vocale. Fra le vocali occorrono
spessissimo l'a, l'i e l'u, venendo l'e convertita
in i, e l'o in u nella massima parte delle parole,
che hanno quelle vocali nella loro composizione. E quando una parola italiana
non offre nella sua composizione che una o più delle tre prime vocali,
il dialetto la serba intera, come casa, carta, cìma,
virtù,
linea
ec., che nel dialetto suonano come nella madre lingua. Le vocali che quasi
sempre si alterano, sono, come si è detto, l'e e l'o,
per la qual cosa la parola mente si pronunzia menti ec. se
poi avviene che in una parola si trovi ripetuta la stessa vocale, se ne
suole alterare una sola, e ciò ne' vocaboli dissillabi, come
coro
si pronunzia coru, mele si dice meli ec. Dal tramutare
l'e in i nasce che tutti i plurali femminili divengono maschili,
così p. e. Le donne, pronunciano li donni ec. La sintassi
del dialetto è piana e semplice, e fra i modi di dire è da
notarsi, che l'infinito de' verbi quasi sempre si scioglie per mezzo delle
particelle mu o pemmu, che equivalgono a che. I gradi
di comparazione, gli accrescitivi, i diminuitivi, i modi avverbiali e gli
avverbi sono come nell'italiano.
Pochi sono, gli idiotismi da potersi
notare. Singolare è il seguente che si ode in bocca a tutti, cioè
il preporre la particella comparativa cchiù, che equivale
a più, innanzi ai nomi sostantivi. Così in vece di
dire - la più bella cosa si dice - la cchiù cosa
bella - Altri usano l'avverbio in luogo dell'aggettivo, e dicono -
la mia vita è regularmenti in vece di dire - la mia vita
è regulari.
Frà proverbi menzioneremo solo
i seguenti -La vucca è ninna, ma nci capi la navì cu tutta
la ntinna - Queste parole suonano in italiano come segue: la bocca
è piccola, ma può capire una nave con tutte le sue antenne
- Con questo proverbio si vuole significare, che il vizio della gola può
dar fondo alle più grandi fortune, le quali in Parghelia naturalmente
riferiscono al commercio, di cui la nave è uno de' principali mezzi.
- A casa ninna, patruna destra, cioè: A piccola casa,
donna massaia ec. Il senso di questo proverbio è chiaro.
Il dialetto di Parghelia avendo la facoltà
di un numeroso ritmo a guisa della madre lingua, e abbondevoli essendo
le espressioni figurate, si presta esso mirabilmente alla versificazione
di ogni maniera, sebbene i popolani adottino nelle loro canzoni quasi esclusivamente
il verso endecasillabo, e la sola forma dell'ottava, i cui ultimi due versi,
come nell'antica ottava italiana, rimano cogli antecedenti, e non fra loro.
I canti popolari non offrono sempre la
rima consonante, vedendosi molto spesso la rima assonante, come osservasi
in alcune romanze della poesia spagnuola. Il bisticcio è
uno de' difetti de' canti popolari. E' poi maravigliosa la facilezza colla
quale alcuni, specialmente contadini, compongono le loro canzoni per ogni
occasione. Veramente il perpetuo argomento de' loro canti è l'amore,
di cui esprimono ne' loro versi tutte le gradazioni, e le altre passioni
alle quali esso dà luogo, se infelice. Il verso endecasillabo, che
da tutti sembra più difficilmente prestarsi ai numeri musicali,
in ogni paesello delle Calabrie ha pure le sue particolari note. Queste
ne' paesi montuosi sono fortemente vibrate, piane e lungamente tenute ne'
paesi di larghe pianure o di marittimo orizzonte, come in Parghelia un
tal colorito musicale suole essere la più fedele espressione dell'aspetto
fisico e del clima di ciascun paese. E' da osservarsi, che la frase fondamentale
di quasi tutti i motivi popolari è lugubre e passionato, e pare
che la gioia sia un elemento estraneo alle canzoni del popolo.
Nella stessa squisita dolcezza dell'amore,
e nella serenità di un clima beato, i nostri romanzatori non sanno
cogliere che lugubri e malinconiche aspirazioni. A prescindere dalle cagioni
morali, è forse l'uso di cantare i loro versi in tempo di notte
e nella solitudine de' campi, che dà a' loro cantici un mesto colorito.
Eccone qualche esempio:
1.
Su generusu amanti a lu patiri,
Pirchi su virgugnusu allu circari,
Stu ardenti focu meu ti vorria diri,
Ma la virgogna cunto mi fa stari;
Tu mo chi bidi st'aspri mei martiri
Armenu mi duvissi cumpurtari;
Ch'allura si fa duppiu lu piaciri
Quandu sirvutu si senza parrari.
Interpretazione.
2.
Lu svinturatu cervu quandu mori
Versu cu lu firìu china la testa,
E dici a lu crudili cacciaturi:
<<Ahi, di la vita mia pocu mi resta!>>
E poi martirizzatu di duluri:
<<Fammi finiri, l'atru corpu allesta!
Cussì chista arma mia da tia firita
Si vota versu tia, cara mia vita.
Interpretazione.
3.
Murtu tempu na rosa curtivai
Cu grandissimu stentu e cu suduri;
Di lagrimi e di sangu la vagnai,
E cu studj fidili a tutti l'uri.
Nu jornu (oh Dio non fussi statu mai!)
Andai pir assaggiari li soi aduri,
Cogghiuta, amuru mia! la ritruvai,
E a mia restau la spina ntra lu cori.
Interpretazione.
Arti donnesche. Quando il commercio del paese si estendeva al di là de' limiti del regno, le donne davano opera ai lavori di telajo, facendo coperte da letto di ogni foggia e dimenzione, e in pari tempo tanto pregevoli da esser ricercate e vendute in Italia, Francia e Austria, dove i negozianti di Parghelia recavano le loro merci. Era questo un lucroso ramo d'industria, dappoichè la materia prima, il cotone, è uno de' prodotti del suolo. Mutate ora le condizioni del commercio, il quale si va man mano concentrando in poche provincie del regno, l'arte del telajo andò quasi perduta, esercitandola al presente poche persone in lavori assai meno pregevoli. Alla massima parte delle donne non resta che filare quel cotone che prima si tesseva sul luogo, ed ora si vende per uso di calze e altri lavori di maglia. Le donne di famiglia agiate spendono il loro tempo de' lavori di ago, e non poche nella pregevole arte del ricamo.
Industria e Commercio. Fra le molte industrie cadute o cadenti, il commercio è stato sempre quello che ha influito a far prosperare le condizioni di Parghelia come l'agricoltura, specialmente de' frumenti e de' lupini, forma la base delle condizioni economiche degli altri villaggi. L'industria serica, sconosciuta per lo passato, pare che voglia da qualche anno introdursi in quasi tutto il Comune. A Fitili appartiene la singolare economia minerologica delle arene quarzose, e del feldspato per la fabbricazione di vetri, cristalli, faenze e terraglie, inviandosi queste materie prime non solo in Napoli, ma anche all'Estero: le migliori miniere sono della Signora D. Isabella d'Ambrosio.
Ornamenti e foggia di vestire.
Le donne di Parghelia, la cui bellezza fisica da cinquant'anni degrada
insensibilmente, hanno snaturato quel primitivo costume, nel quale apparvero
tanto belle agli occhi di uomini dotati di senso artistico. Co' capelli
affrenati in una rete di seta verde o rossa, alla quale si soprapponeva
un bianco e sottilissimo lino ripiegato in modo da dare al capo una bella
disinvoltura, lasciando scoperto tutto il viso; adorna il tondo e bianco
collo di un rosario di coralli e di oro, le orecchie di larghi pendenti,
le dita di numerose anella; cinta di una gonna di seta verde accollata
alle spalle ove si allaccia, e stretta sul petto ove la mancanza di pieghe
rivela tutta la nativa bellezza delle forme; coperta il seno di un grembiale
colr latte; e infine calzata di scarpe di velluto, era pur bella la donna
di Parghelia! Questo bel costume oggi si vede raramente. Si è sostituito
al bianco lino in tullo, alla rete una cuffia di pessimo gusto,
e il taglio della gonna si è molto modificato, allontanandolo dal
suo tipo.
I contadini portano calzoni corti (brache)
stretti ai fianchi da una lunga e larga fascia (cintola), un giuberello
corto, e lungo berretto (berrettone). Nell'inverno si cuoprono con gabbano
di lana, e in està usano il cappello di paglia. I marinai usano
calzoni lunghi e berretto color pinocchio. Molti uomini portano alle orecchie,
come un talismano contro il mal degli occhi e la cecità, cerchietti
di oro.
Avvenire di Parghelia.
Poichè l'uso del commercio che veniva esercitato in una larga sfera,
fu precipua cagione dello sviluppamento materiale e morale di Parghelia,
il villaggio uscì dalle misere condizioni nelle quali si trovava,
elevandosi al di sopra di tutti i villaggi circostanti. Le famiglie divenute
agiate o ricche, dierono opera a ingentilirsi, facendo applicare qualcuno
de' loro componenti allo studio delle cose ecclesiastiche, o fisiche, e
legali; e costruendosi delle comode e decenti abitazioni, che adornavano
spesso di belle suppellettili. D'altra parte la crescente popolazione e
i crescenti bisogni furono cagione di progresso nella cultura de' campi,
e nell'esercizio delle arti manuali, come di falegnami, muratori, fabbri
ferrai, sarti, calzolai, tessitrici ec. Tutto questo movimento progressivo,
se da una parte prendeva origine dal cresciuto numero della popolazione
e de' bisogni, si appoggiava dall'altro alla stabilità della stessa
popolazione, la quale, se usciva dalle sue case per le bisogne del commercio,
rientrava poi per godere gran parte dell'anno i frutti delle sue fatiche
nel riposo domestico.
Ora mutata la direzione del commercio,
quel movimento progressivo si paralizzò non solo, ma si fece regressivo.
Avendo i negozianti, che sono gran parte della popolazione, i loro fondachi
stabili e permanenti chi in un luogo, chi in un altro, vi fanno anch'essi
stabile dimora, chiamando intorno a sè i figli, e spesso l'intera
famiglia. In tal modo si verifica una continua emigrazione, la quale spoglia
il Comune della gente operosa e più agiata, rende rari i matrimoni
con persone del proprio paese, e fa si che tutti i capitali e grandi e
piccoli circolino e fruttifichino sempre al di fuori della sfera d'azione
del Villaggio. Ancora il concorso di parte delle popolazioni circostanti,
che mancano di ogni cosa, fa vivere in Parghelia qualche mestiere; ma la
vicinanza di Tropea, alla quale si può accorrere per ogni bisogno,
va togliendo al villaggio di mano in mano questa povera risorsa.
Da quanto si è detto si deduce,
che gli elementi di sviluppo furono in gran parte rimossi, e vanno pur
sempre decrescendo; perciò la futura prospettiva del paese non offre
veruna lusinghiera apparenza, e questo triste presentimento, operando occultamente
negli animi di tutti, persuade continuamente ad emigrare.
NOTE
32 E' indubitato, che
Parghelia sia colonia jonica della Focea nell'Asia Minore, piantata nel
536 a. C. dai Focesi fuggiaschi; e perciò è omonima di un'altra
Paralia, la quale allora si trovava nella Ellade asiatica. Quali fossero
i costumi, le istituzioni e le sorti di quei coloni, il narra ampiamente
e leggiadramente Erdoto con quella scienza greca, che è immortale.
L.
Pagano.
33 Un'altra colonna
greggia di durissimo e bellissimo granito egizio, della circonferenza di
palmi 15 e della lunghezza di palmi 36, giaceva in Parghelia presso la
cava granitica del Granitello; e si credette, che ella fosse del tempo
dei Foceessi di Parghelia di Alalia e di Massilia (Fata Morgana 1838, p.
104).
34 Sì nel 30
scriveva nel 1. 49 della sua storia continuata d'Italia il Botta: <<Meno
ancora restò offeso (dal tremuoto dell'83) il greco lontano
villaggio di Parghelia, villaggio singolare, non per grandezza nè
per ricchezza di edifizii, ma per industria dei terrazzani, troppo diversa
dalla rilassatezza che in non poche parti della Calabria regnava. I Pargheliani
non se ne stavano ad aspettare oziando che chi lavorava provvedesse a chi
non lavorava, nè andavano per le selve coll'archibuso in mano ad
ammazzar fiere, alcuni a far peggio; ma datisi ad operosa vita ed al commercio,
se ne andavano viaggiando per la Lombardia, la Francia, la Spagna, la Germania.
Ogni anno partivano quando la stagione rideva, ogni anno tornavano quando
ella si contristava. Portavano vendendo essenze sete, coperte lavorate
con isquisito artifizio, riportavano merci utili di cui la Calabria non
aveva il provento, o acconciature di lusso, che anche già in quella
remota e silvestre regione si andava insinuando. Le ricolte della natia
terra erano a cura dei vecchi e delle donne; le donne poi bellissime erano
e bianchissime, con occhi grandi ed azzurri che muovevano ad affetto ed
a tenerezza. La bellezza della Pargheliana era in voce per tutto il Regno:
anche il filosofo Dolamieu le adocchiò>>.
35 Un lungo catalogo
delle sue Opere edite ed inedite trovasi nelle Memorie storiche della Santa
Chiesa di Tropea, del Conte Vito Capialbi.
36 Certe specialità
del descritto costume rivivono tuttavia tra gl'Ionii Foceesi di Buonvicino
e di Belvedere Marittimo, sicchè si conferma maggiormente la opinione
della loro comune origine etnografica. E colà presso trovasi il
Villaggio di Ionadi, opera degli Ioni.
37 La ultima parte della costumanza
era tutto di usata, per eccesso tradizionale di risparmio, dai Tedeschi
e dai Croati, che nel 24, viaggiando nel Regno, attesero a darci la prima
carta triangolata dell'Italia meridionale, come la chiama il tedesco Bredow.
Non sarebbe questo un indizio della comune origine indogermanica o pelasgica
dei Tedeschi e degli Italiani?
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