APPUNTI PER UNA RICERCA
DI STORIA DEMOGRAFICA SOCIALE
ED ECONOMICA
SU TROPEA E IL SUO TERRITORIO
NEL SETTECENTO
di Pasquale Russo
Società e vita religiosa
La numerazione dei fuochi dell'anno 16411 evidenzia uno stato di generale decadimento in Tropea e nei casali: una inversione di tendenza in campo economico aveva riportato nelle mani della nobiltà tropeana la maggior parte del patrimonio fondiario del contado; un nucleo consistente di borghesi, ai quali i traffici avevano concesso di accumulare credito e capitale, acquistava titoli nobiliari con la stessa audacia con cui imponeva l'andamento dei prezzi sul mercato. I villici si trovano man mano espropriati di quanto avevano potuto acquistare con dure fatiche, specialmente nel corso del secolo XVI: gli abitanti di Parghelia, che vivono soprattutto di attività marinara, sono protagonisti della coraggiosa rivolta dei tempi di Masaniello2, gli abitanti di Ricadi, che portando i loro prodotti con capienti tartane nei porti della Sicilia avevano raggiunto una floridezza economica che li aveva resi proprietari di terre e di torri3, stentano a conservare fazzoletti di terra e la proprietà della casa4.
Strutture economiche della chiesa tropeana
L'istituzione ecclesiastica esercitò
una funzione preponderante nel determinare l'assetto patrimoniale nel territorio
di Tropea. La sua azione si inserì nel tessuto economico-sociale
in disgregazione con finalità assistenziali e con motivazione ufficiali
di protezione verso i ceti meno difesi, perchè non venissero espropriati
dei miseri avanzi di proprietà che ancora in misura quantitativamente
irrilevante possedevano. Fu questo lo scopo fondamentale del Monte di
pietà, istituito dal vescovo Tommaso Calvo e dal nobile Scipione
Galluppi nel 1585, e del Monte Frumentario5.
Le motivazioni erano anche moralistiche:
la lotta contro l'usura praticata dagli Ebrei (ma soltanto da loro?).
Il Vescovo Calvo fondò altri quattro
Monti nella diocesi inferiore (Amantea, Ajello C., Fiumefreddo, Nocera).
Egli valuta il risultato dell'attività dei Monti come un
successo su piano pastorale, e scrive con evidente soddisfazione: <<...
usurae cessare ceperunt non sine maximo pauperum subsidio>>6,
ma non sembra che i poveri abbiano tratto quel vantaggio che il vescovo
vorrebbe lasciare intendere.
Il Monte aveva in comune con l'Ospedale
la cassa e gli amministratori: anche l'ospedale aveva finalità assistenziali
connesse con quelle del Monte, ed è appunto dall'esame dei prestiti
di questi enti (censi bollari) realizzati tra il 1594 e il 1760
che ci pare di dover pervenire ad una conclusione molto diversa di quella
compiaciuta del vescovo Calvo. Dalla tabella dei prestiti risulta infatti
che a beneficiare realmente del Monte (che parte con un capitale
di 1.500 ducati - 1.000 donati dal Calvo e 500 lasciati dal Galluppi -
arriva a 6.900 ducati nel 1697 e a ben 9.000 nel 1700) furono soltanto
ecclesiastici, nobili e benestanti che usufruirono di forti prestiti a
basso interesse (tra il 3 e il 10%) e poterono così comprare case
e terre dai contadini afflitti dai debiti7.
La guerra dei trent'anni faceva sentire
anche in queste zone le sue tristi conseguenze: le numerazioni dei fuochi
e gli stati delle anime di questo periodo riportano diversi casi di persone
<<alla guerra>>; vengono notati casi di emigrazione in Sicilia
(in particolare Palermo e Messina) per pagarsi i debiti. Le platee delle
parrocchie registrano terre beneficiali molto spesso limitanti con 'terra
mia propria' del parroco che l'ha acquistata col sistema del prestito:
e il suo nome difatti figura nell'elenco dei creditori del Monte8.
Il vescovo di Tropea il 20 dicenbre 1623
scriveva al vicerè per informarlo della grave situazione in cui
versavano i casali:
... se bene questa città con i sui casali sta numerata per fuochi tremila cinquecento ventiquattro, nulla di meno non abitano per la metà avendo pertanto questo peso dal 1596 che se serrò l'ultima numerazione et pagando più di novemila ducati, et questo intendo V.E. delli fiscali solamente, oltre tante altre imposizioni estraordinarie che si sono poste et si vanno ponendo a la giornata de la Regia Corte, tassate per l'istesso numero di fuochi. E questo come fondamento principale tira con sè tutte l'altre rovine appresso, ridotte a segno tale che da ventiquattro vasali si può dire che ormai ci sono rimaste le sole mura delle case perchè ogni giorno mancano, et il peso di quelle s'impone sopra la città et quelli altri casali che restano et con l'uno se ne va dietro l'altro, e non è un mese che è mancato uno che era tenuto delli migliori che fussero, detto Ricadi, che non ha potuto corrispondere nemmeno alli fiscali, nè li sindaci di questa città hanno trovato cosa in esso di poter eseguire, onde l'è stato necessario pagare del proprio standosi in questi termini et nella tanta strettazza di denari quanta è già nota a tutti; che in queste parti in paticolare per cava un carlino bisogna cavar sangue9.
P.
Antonio Minasi: "Il prospetto della città di Tropea tra i promontori
Sabrono e Vaticano".
Incisioni
pubblicate intorno al 1777.
TABELLA DEI PRESTITI (CENSI
BOLLARI)
EFFETTUATI DALL'OSPEDALE
A CITTADINI DI TROPEA E DINTORNI
E DEI RELATIVI INTERESSI
f. | Data dell'operazione | Titolo del debitore o sua provenienza | Debitore | Capitale | Interesse | Tasso di interesse | Notaio | Affrancazione
Data e Notaio |
4r | 28/4/1594 | . | Sanulia Curosi | Duc. 24 | Duc. 2. 2.0 | 10% | A. F. Scrugli | |
4r | 5/5/1610 | Cas. S. Joanne | Domenico Cricelli | " 44 | " 4. 2.0 | 10% | G.B. Calello | 16.9.1663 Alessandro? |
4v | 8/4/1612 | " Spilinga | Casparo Liverio | " 25 | " 2.2 10 | 10% | P. D'amaro | . |
4v | 5/1620 | Nobile | Lonardo Campenni | " 25 | " 2. 0 0 | 8% | " | 2.1663 Sava |
4v | 1/1/1621 | " | Anibale Scattaretica | " 52 | " 5. 1 0 | 10% | G.A. Calello | 1648 |
4r | 5/1/1624 | Cas. Panaia | Vittoria Morello | " 60 | " 6. 0 0 | 10% | S. Cimino | 14.9.1662 S. Cimino |
1r | 1630 | " Carciadi | Fabrizio Zaffino | " 30 | " 3. 0 0 | 10% | P. Addisi | |
1r | 16/3/1637 | Nobile | Aloisio Barone | " 100 | " | . | . | 17.2.1664 A. di Fazio |
7v | 16/1/1650 | Cas. Alafito | Francesco Loiacono | " 20 | " 2. 0 0 | 10% | Sava | . |
7v | 26/1/1650 | " " | Giuseppe Mamone | . | . | . | . | . |
8r | 2/1656 | . | G. e F. Scordamaglia | . | . | . | . | . |
. | . | Nobile | Carlo Scattaretica | . | . | . | . | . |
. | . | " | Portia Signoretto | " 70 | " 6. 1 10 | 9% | G.B. Cimino | 13.5.1667 S. Comino |
8r | 25/3/1656 | Subdiacono | N. e P. Mamone | " 35 | " 3. 2 10 | 10% | G.B. Massara | 11.10.1656 " |
8v | 25/12/1656 | Nobile | Leonardo Scattaretica | " 30 | " 2. 0 10 | 7% | A. di Fazio | |
8v | 25/1/1657 | " | G. e D. Massara | " 50 | " 4. 0 0 | 8% | " | 7.1658 |
9r | 18/2/1660 | " | G.B. e G. Fazzali | " 50 | " 4. 0 0 | 8% | G.B. Massara | . |
9r | 24/6/1662 | " | G.B. D'Angelo | " 50 | " 4. 2 10 | 9% | " | 24.11683 Bonati |
9r | 30/3/1664 | " | Jacopo Nomicisio | " 200 | " 12. 0 0 | 6% | A. Di Fazio | 31.3.1664 A. Di Fazio |
9r | 21/5/1664 | " | Casandra Caputo | " 30 | " 2. 0 10 | 7% | Massara | 16.2.1721 F. Taponzolo |
9r | 25/5/1664 | " | F. e. G. Caputo | " 80 | " 44. 0 0 | 6% | " | 22.6.1686 Bonati |
9v | 1/6/1664 | " | Alfonso Adisi | " 30 | " 14. 0 0 | 6% | " | . |
9v | 22/6/1664 | " | Leonardo Ineneo | " 100 | " 6. 0 0 | 6% | " | 1704 |
9v | 24/6/1664 | " | Isabella Toraldo e i figli A. e P. Paparatto | " 442 | " 26. 2 12 | 6% | " | 15.11.1667 Cimino |
9v | 27/8/1664 | Cas. Drapia | Leo e Dom. Mari | " 55 | " 3. 1 10 | 6% | Cimino | 1.2.1696 |
10r | 25/11/1664 | Nobile | Francesco Giovane | " 65 | " 3. 4 10 | 6% | " | 15.11.1666 Tripodi |
10r | 23/8/1665 | . | Marco e Cost. Brosio | " 120 | " 8. 2 0 | 6% | " | 29.10.1676 Cimino |
10r | 23/8/1665 | " | Onofrio Mazzara | " 100 | " 7. 0 0 | 7% | " | Si possiede la terra |
10r | 20/9/1665 | " | Leo e Lutio Fazzari | " 50 | " 3. 2 10 | 7% | " | 9.1683 |
10v | 18/1/1667 | Casale Gasponi | Giandonato Casuscelli | " 40 | " 3. 1 0 | 8% | " | . |
10v | 22/1/1668 | Nobile | P. Brazzo e L. Galluppi | " 100 | " 6. 0 0 | 6% | G. Sarace | . |
10v | 22/1/1668 | " | Casandra Caputo | " 100 | " 6. 0 0 | 6% | " | . |
11r | 3/1668 | " | A. e F. Tropiano | " 150 | " 9. 0 0 | 6% | Cimino | 31.3.1668 Cimino |
11r | 22/10/1668 | Cas. Lamazone | Alessandro D'Ajello | " 65 | " 5. 1 0 | 8% | " | 9.12.1671 |
TABELLA DEI PRESTITI (CENSI
BOLLARI)
EFFETTUATI DALL'OSPEDALE
A CITTADINI DI TROPEA E DINTORNI
E DEI RELATIVI INTERESSI
f. | Data dell'operazione | Titolo del debitore o sua provenienza | Debitore | Capitale | Interesse | Tasso di interesse | Notaio | Affrancazione
Data e Notaio |
11r | 12/2/1669 | Nobile | Alfonso Adisi | Duc. 250 | Duc. 16. 1. 5 | 6,5% | Cimino | 20.3.1671 Saiace |
11r | 24/10/1669 | Cas. Barbalace | Antonio Marcellino | " 100 | " 6. 2. 10 | 6.5% | " | 1672 Bonati |
11v | 16/6/1671 | Nobile | Paulo Brazzo | " 300 | " 30. 0. 0 | 10% | " | 29.3.1678 Cimino |
11v | 19/8/1671 | " | Maria Tripodi | " 40 | " 2. 4. 0 | 7% | " | 29.10.1683 " |
11v | 12/11/1671 | ? | ? ? | " 100 | " 6. 0. 0 | 6% | . | 26.11.1673 |
14r | 6/5/1674 | Nobile | Onofrio Tranfo | " 50 | " 3. 2. 10 | 7% | " | 13.9.1680 " |
14v | 3/9/1676 | " | Francesco Adisi | " 115 | " 8. 0. 5 | 7% | " | 8.4.1702 |
14v | 7/12/1676 | " | Onofrio Mazara | " 50 | " 3. 2. 10 | 7% | " | . |
14v | 15/11/1678 | " | Giacomo Nomicisio | " 200 | " 12. 0. 0 | 6% | " | Delega poi a Tib.Tor. |
14v | 31/8/1683 | " | Tiberio Toraldo | " 200 | " 12. 0. 0 | 6% | Polia | 3.10.1683 |
14v | 18/8/1679 | ? | Diego D'Amalfi | " 50 | " 3. 2. 10 | 7% | . | 15.10.1684 Bonati |
12r | 21/8/1679 | Nobile | Gios. e Gian. Adisi | " 100 | . | . | ||
15v | 21/8/1679 | " | " " " | " 410 | " 26. 3. 10 | 7% | Cimino | 24.8.1686 |
15v | 4/10/1680 | Cas. Zambrone | Francesco Varone | " 100 | " 7. 0. 0 | 7% | " | 22.12.1688 |
15v | 7/10/1680 | ? | Leonardo Montanaro | " 30 | " 0. 9. 0 | 6% | " | 30.6.1682 Cimino |
16r | 8/11/1682 | ? | Antonio Raffa | " 30 | " 2. 0. 10 | 7% | " | . |
16v | 17/4/1683 | Nobile | G.B.,Gio. e C. Tocco | " 50 | " 3. 2. 10 | 7% | " | . |
16v | 3/10/1683 | " | Girolimo Fazzali | " 100 | " 6. 0. 0 | 6% | " | . |
15r | 10/11/1683 | " | Antonia Galzarano | " 100 | " 6. 0. 0 | 6% | " | . |
12r | 1/9/1684 | Cas. Ricadi | Antonio Lazzaro | " 40 | " 2. 4. 0 | 7% | " | . |
10r | 9/9/1684 | Nobile | Gioseppe Barone | " 50 | . | " | . | |
16r | 24/8/1686 | " | " Adisi | " 100 | " 6. 0. 0 | 6% | " | . |
16r | 20/12/1686 | Cas. Spilinga | Portia Barbalaci | " 85 | . | . | " | . |
16r | 21/12/1688 | Nobile | Aloisio Adisi | " 285 | . | . | " | . |
16r | 22/12/1688 | Cas. Barbalaci | Diego D'Avena | " 46 | . | . | " | . |
21v | 5/9/1692 | Onorato Nobile | Nicola Di Vita e Giovanne Punturieri | " 30 | " 2. 3. 10 | 9% | F. Polito | 15.8.1708 |
21v | 23/11/1693 | Cas. Zaccanopoli | C. Cerasi e A. Porcelli | " 20 | " 1. 3. 0 | 8% | " | 16.2.1730 G. Pietropaolo |
21v | 21 | " Ricadi | Marco e Gian. Lo Torto | " 200 | " 6. 2. 10 | 3,2% | . | . |
22v | 27/3/1696 | " Drapia | Gius. e Fran. Vagnato | " 200 | " 10. 0. 0 | 5% | " | . |
23v | 16/6/1696 | Nobile | Francesco Barone | " 30 | " 2. 2. 0 | 8% | " | 6.3.1760 Polito |
23v | 30/8/1696 | " Onorato | Ant. Carpentieri e Sava | " 20 | " 1. 3. 0 | 8% | . | 24.10.1712 |
23v | 29/1/1697 | " | Francesco Soriano | " 50 | " 4. 0. 0 | 8% | " | 2.9.1701 |
24v | 7/9/1687 | Onorato | Domenico Naso | " 30 | " 2. 0. 10 | 7% | F. Miligandi | 1.10.1738 A. Campisi |
24v | 19/1/1698 | ? | Gasparo Maiolo | " 46 | " 3. 3. 8 | 8% | F. Polito | 7.12.1749 F. Polito |
26v | . | Nobile | Martino Martorano | " 50 | " 3. 0. 0 | 6% | " | 14.5.1703 |
22r | 28/10/1708 | ? | Nic., Pi. e Gio. Colace | " 31 | " 2. 2. 8 | 8% | G. Grasso | . |
Sebbene nel 1641-42 la situazione appaia
leggermente diversa10, è pur vero che nei primi decenni
del 1600 l'espropriazione dei contadini raggiunse livelli di drammaticità
che nella notazione fiscale del vescovo di Tropea stenta ad avere il peso
di una denuncia e resta una amarissima constatazione: <<per cavare
un carlino bisogna cavar sangue>>.
Il clero diocesano cresceva notevolmente
di numero e soprattutto si infittiva la schiera dei diaconi selvaggi
attorno alle chiese parrocchiali e agli enti beneficiali11.
A Tropea vengono creati due conventi
(uno dei Cappuccini e uno degli Agostiniani scalzi) in aggiunta a quelli
dei Domenicani, Conventuali, Riformati, Paoli, Gesuiti, e a quattro monasteri:
S. Maria della Pietà, S. Chiara, S. Domenica, S. Giorgio. A questa
serie di conventi e monasteri di Tropea è da aggiungersi il convento
di S. Giacomo sorto a circa un chilometro da Ricadi e che apparteneva ai
Carmelitani calzati. Il seminario diocesano, deciso nel 1562 ed eretto
nel 1615 dal vescovo Fabrizio Caracciolo, ospitava nove chierici.
Il patrimonio ecclesiastico non ha dimensioni
eccessivamente vaste, ma la quantità dei privilegi e delle esenzioni
rende ambito lo stato ecclesiastico: nel 1699 Tropea conta 2.616 abitanti
e, assieme ai casali, 9.512, con una evidente diminuzione della popolazione
rispetto al periodo precedente; invece il numero degli ecclesiastici aumenta.
La tabella seguente evidenzia questo fenomeno: la rilevazione dei dati,
desunti dalle visite ad limina, pur con notevoli lacune, ci consente
di stabilire le strette relazioni che intercorrono tra l'andamento demografico
da una parte e la struttura patrimoniale del territorio dall'altra. La
ricostruzione parziale del patrimonio ecclesiastico, che riportiamo in
appendice, è solo un appunto per una ricerca più vasta
che abbiamo in corso sulla evoluzione della proprietà fondiaria
nel territorio di Tropea.
Veduta
di Tropea.
Disegno
di Henry Swinburne, tratto da
"Travels
in Two Sicilies 1777-1780", 1783. Incisione di Peter Mazel.
TABELLA SULLA CONSISTENZA DEL CLERO DIOCESANO
TROPEA | 1699 | 1702 | 1705 | 1711 | 1717 | 1720 | 1735 | 1740 |
sacerdoti | ||||||||
semplici | 10 | 20 | - | 36 | 10 | 16 | 39 | 39 |
chierici | 68 | 77 | - | 115 | 40 | 69 | 56 | 32 |
benefici | ||||||||
di jus pa | 103 | 105 | - | 105 | 107 | 109 | 109 | 109 |
onere messe | 9430 | 9636 | - | 10242 | 9786 | 9884 | 9884 | 9884 |
legati | 7816 | 7816 | - | 7416 | 7816 | 7850 | 6975 | 6975 |
anime: | ||||||||
capaci di c. | 1950 | 1885 | - | 1956 | 1879 | 1895 | - | - |
non capaci | 666 | 711 | - | 608 | 720 | 732 | - | - |
totale anime | 2616 | 2596 | - | 2629 | 2599 | 2927 | - | - |
alunni sem. | 9 | 9 | - | 9 | - | 13 | 10 | 14 |
confraternite | 2 | 2 | - | 2 | - | 4 | - | 4 |
capitolo catt. | ||||||||
sacerdoti | 60 | 60 | - | 60 | - | - | - | - |
. | ||||||||
CASALI | ||||||||
sacerdoti | ||||||||
semplici | 29 | 20 | 20 | 24 | 49 | 30 | - | 26 |
chierici | 37 | 27 | 27 | 36 | 52 | 43 | - | - |
benefici | ||||||||
di jus p. | 20 | 20 | 20 | 21 | 20 | 20 | - | - |
onere messe | 2761 | - | - | 2773 | 2716 | 2761 | - | - |
legati | 3533 | 3533 | 3533 | 3533 | 3533 | 3533 | - | - |
anime: | ||||||||
capaci di c. | 4837 | 4126 | 4126 | 4106 | 4921 | 4960 | - | - |
non capaci | 2059 | 2196 | 2196 | 2190 | 2469 | 2458 | - | - |
totale anime | 6896 | 6322 | 6322 | 6296 | 7390 | 7418 | - | - |
confraternite | 12 | 17 | 17 | 17 | 12 | 12 | - | - |
Tendenze demografiche
La popolazione di Ricadi nel 1641 risulta molto composita: un numero considerevole di artigiani e di marinai riesce ad equilibrare il dislivello tra gli operarii da una parte e color che vivono del suo o nobilmente dall'altra, ma sono già evidenti i segni di una disgregazione economica che andrà acuendo i conflitti tra le classi e determinerà un assetto che sarà definitivo un secolo dopo.
Popolazione di Ricadi dal 1641 al 1800
1641 1670
1699 1743 1783 1788
1789 1790 1800
413
430 450 480
510 535 542
544 500
Tabella percentuale della popolazione attiva
. | 1641 | 1670 |
Bracccianti | 43,71 | 30,00 |
Massari | 7,81 | 3,33 |
Marinari | 14,06 | 10,00 |
Artigiani | 15,62 | 20,00 |
Molinari | 1,56 | 6,06 |
Bordonari | 7,81 | 10,00 |
Servi | 7,81 | 16,06 |
Mulattieri | 1,59 | - |
Altri | - | 3,05 |
Riportiamo il quadro complessivo della
popolazione di Ricadi nel 1641 per farne un confronto con i dati del 1743
e 1800.
QUADRO COMPLESSIVO DELLA POPOLAZIONE DI RICADI NEL 1641
CATEGORIE | Unità lavorative | Fuochi | Componenti fuochi | % sulla popolazione attiva | % sul totale popolazione |
Braccianti | 28 | 28 | 117 | 43,74 | 28,33 |
Massari | 5 | 5 | 23 | 7,81 | 5,56 |
Artigiani | 9 | 8 | 37 | 15,62 | 8,95 |
Marinai | 10 | 10 | 35 | 14,06 | 8,47 |
Molinari | 1 | 1 | 6 | 1,56 | 1,45 |
Mulattieri | 1 | 1 | 5 | 1,56 | 1,21 |
Bordonari | 5 | 2 | 7 | 7,81 | 1.69 |
Servi | 5 | 1 | 6 | 7,81 | 1,45 |
Sacerdoti e chierici | - | 6 | 6 | - | 1,45 |
Vari (soldati, carcerati) | - | 3 | 12 | - | 2,90 |
Vivono del suo | - | 19 | 81 | - | 19,61 |
Vivono nobilmente | - | 8 | 24 | - | 5,81 |
Vedove e vergini | - | 21 | 35 | - | 8,47 |
Senza indicaz. | - | 4 | 10 | - | 2,42 |
Donne libere | - | 2 | 4 | - | 0,96 |
Forestieri | - | 2 | 4 | - | 0.96 |
Poveri | - | 1 | 1 | - | 0,24 |
TOTALE | 64 | 116 | 413 | 100 | 100 |
TABELLA PERCENTUALE SULL'INTERA POPOLAZIONE
. | 1641 | 1743 | 1800 |
Braccianti | 28,33 | 70,00 | 66,00 |
Massari | 5,56 | 9,00 | 14,00 |
Artigiani | 8,95 | 8,00 | 10,00 |
Marinari | 8,47 | - | - |
Molinari | 1,45 | - | 2,00 |
Bordonari | 1,69 | - | - |
Servi | 1,45 | - | - |
Sacerdoti e chierici | 1,45 | 2,00 | 2,00 |
Vari | 1,97 | 2,00 | 2,00 |
Vivono del suo | 19,61 | 2,00 | 2,00 |
Vivono nobilmente | 5,81 | - | - |
Vedove e vergini | 8,47 | 7,00 | - |
Senza indicazione | 2,42 | - | - |
Donne libere | 0,96 | - | - |
Forestieri | 0,96 | - | - |
Poveri | 0,24 | - | - |
TOTALE | 109 | 100 | 100 |
Totale della popolazione | 413 | 480 | 500 |
A Ricadi, a differenza di tutti gli altri
casali, esistono due parrocchie e due chiese parrocchiali; le due parrocchie
non sono divise territorialmente ma per famiglie12. Non possediamo
dati anteriori al 1568, ma abbiamo documentata una sempre più chiara
connotazione artigiano-borghese della parrocchia di S. Zaccaria e una prevalenza
contadina nella parrocchia di S. Pietro13. Questa diversità
di composizione sociale è all'origine di vivaci contrasti tra le
due parrocchie, tanto che si richiese più volte l'intervento del
vescovo diocesano per mediare le liti e concordare la prassi culturale
devozionale14.
La vita religiosa del popolo
La parrocchia era l'unico elemento di
aggregazione in due momenti che assorbivano ed esaurivano ogni tipo di
rapporto sociale:
1° Il momento culturale (i
sacramenti, le devozioni) accomunava tutti i filiani nella dipendenza
dal parroco, la cui autorità in sacris derivava dal vescovo,
ma che esercitava un reale controllo su tutte le manifestazioni della vita15;
2° Il momento operativo (le
confraternite) rappresentava il massimo dell'organizzazione dei laici
in ordine alla formazione religiosa e all'incidenza sociale ed economica
dell'istituzione ecclesiastica16.
Un altro elemento di aggregazione, che
però riguarda i sacerdoti non rettori di chiese (sempre in percentuale
elevata), è costituito dalle cappellanie laicali: esse esprimono,
più che la devozione religiosa delle classi agiate, la loro disposizione
e volontà di invadere il campo ecclesiastico e di esercitarvi un
utile dominio17. Sempre che fu possibile, della cappellania
beneficiò un prete della stessa famiglia dei fondatori, altrimenti
il cespite patrimoniale andava erodendosi, l'altare si impoveriva e le
rendite non erano più sufficienti a coprire gli oneri di messe legati
dai fondatori18.
Esistevano numerosi benefici di patronato19:
il clero, assai numeroso, viveva con la celebrazione di messe. Le entrate
patrimoniali, anche per i rettori di chiese, erano molto modeste: la consistenza
patrimoniale delle due parrocchie di Ricadi in circa due secoli e mezzo
ha avuto la seguente evoluzione20 (i numeri indicano tomolate
di terreno):
. | 1648 | 1670 | 1787/97 | 1831 | 1888 |
S. PIETRO | 40 | 41 | 64 | 53 | 48 |
S. ZACCARIA | 28 | 29 | 32 | 40 | 40 |
Una visione d'assieme sulle entrate patrimoniali del clero dei casali ci è data dal seguente quadro desunto dalle visite pastorali del vescovo Ibanez (1696-1725):
CASALE | PARROCCHIA | PARROCO | REDDITO |
S. Domenica | S. Domenica | Fr. Mazzitelli | 80 ducati |
Ciaramiti | S. Paolo Ap. | Ant. Messina | 50 ducati |
S. Nicola | S. Nicola | Fr. Petracca | 50 ducati |
Ricadi | S. Zaccaria | D.co Campisi | 45 ducati |
. | S. Pietro | M.A. Campisi | 60 ducati |
Lampazzoni | S. Michele A. | Diego Aquilano | 70 ducati |
Barbalaconi | S. Lucia | Nicola Miano | 30 ducati |
Orsigliadi | S. Martino | Joachim Gaetano | 60 ducati |
Panaia | S. Maria de' 100 ferri | Placido Falduti | 50 ducati |
Spilinga | S. Giov. Battista | Joachim Gaetano | 100 ducati |
Carciado | Presentazione B.V. | Nicola Barbalace | 50 ducati |
Caria | SS. Salvatore | Crisostomo Limarto | 70 ducati |
Brattirò | S. Pietro | Fr. Barletta | 100 ducati |
Gasponi | S. Chindino | Leo Accorinti | - |
Drapia | Immacolata | Gio.B. Ruffa | - |
Alafito | Immacolata C. | Ant. Petropaolo | 40 ducati |
Zaccanopoli | S. Maria ad Nives | Sabatino De Luca | 100 ducati |
Fitili | S. Girolamo | Fr. Calzona | 40 ducati |
Daffinà min. | S. Nicola | Scipione Quaranta | 30 ducati |
Daffinà magg. | S. Nicoldemo | Ant: Caprino | 60 ducati |
S. Giovanni | S. Marina | Pietro Staropoli | 50 ducati |
Zambrone | S. Carlo Borr. | Giacomo Messina | 100 ducati |
Parghelia | S. Andrea | Fr. Romano | 200 ducati |
Nell'ambito del casale vi sono molti beni
appartenenti al clero tropeano e ai conventi di Tropea (case, stalle, torri,
filande)21.
Don Claudio Montanaro, rettore della
chiesa di S. Zaccaria, è originario del casale di Drapia; suo padre
è un artigiano (solachianelle) trasferitosi a Ricadi col
figlio prete; i suoi fratelli, pure dimoranti a Ricadi, sono censiti come
operarii.
Però il parroco che gli succede nella stessa parrocchia, don Giuseppe
Antonio Montanaro, suo nipote, negli stati d'anime da lui redatti nel 1670
e nel 1699 rivela la notevole emancipazione della sua famiglia: sua madre
appartiene a una delle famiglie benestanti del luogo; un suo fratello,
sposato con una donna ricca, è indicato col titolo di Magnifico;
un altro suo fratello si imparenta con una famiglia di ascendenze nobiliari.
In tal modo il clero, pur essendo di estrazione popolare, assume un ruolo
che lo allinea alla classe dominante della quale peraltro cerca e realizza
le parentele riuscendo, nel giro di pochissime generazioni, a inserire
il proprio parentado a livelli sociali eminenti. Ciò tuttavia dipende
anche dal grado di cultura dei singoli chierici. La maggioranza di essi
nel corso del secolo XVII non sono uomini di cultura: le note dei loro
libri sono per lo più esigue e contengono qualche compendio di morale
e di pratica pastorale, ma soprattutto libri di devozioni. La presenza
di qualche classico latino è sufficiente a farci capire che quel
prete non era all'ultimo gradino nella moltitudine dei ministri dell'altare.
Non manca tuttavia di vedere delle note nelle quali appaiono testi spagnoli
(molti vescovi di Tropea furono spagnoli tra il 1633 e il 1725), testi
di filosofia, ma abbondano i predicabili e i libri di devozioni22.
Un clero non eccessivamente colto, ma
con molte protezioni e privilegi, costituiva a Ricadi, come negli altri
casali, una classe a sè che, con le sue mire borghesi e con i vincoli
di parentela che stabilisce anche con nobili, assume i comportamenti tipici
della classe che è al potere: l'esazione delle rendite e delle decime
lo rende fiscale; le esanzioni di cui gode per il suo stato gliene fanno
desiderare altre anche per i suoi parenti, e aspira e chiede altri privilegi
in virtù del ruolo che lo costituisce custode e vindice della moralità
pubblica. Nella sua casa c'è la famula come nelle case dei
benestanti (a Tropea presso gli ecclesiastici nello stesso periodo si trovano
schiavi
e
schiave).
Questi elementi rendevano molto difficile l'inserimento del prete nella
vita del popolo: la sua azione era sempre una costrizione morale e a volte
penale; il suo compito era fortemente contradditorio. La risposta dei filiani
era per lo più una obbedienza formale, espressa in quel particolare
modo di manifestare la religiosità che è il devozionismo
e che rivela da una parte il dominio e la fede gestita come potere, dall'altra
il rifiuto di una adesione piena e profonda ai contenuti della fede, mediante
la superficialità e fino all'iposcrisia.
La vita familiare e la società
stessa non sono così fedeli come le relazioni ufficiali dei
parroci vorrebbero lasciar creder23.
Alle loro dichiarazioni sulla pubblica
moralità fa riscontro una situazione ampiamente lacunosa: gli illegittimi,
che pure non vengono censiti negli stati delle anime, si trovano notati
nel libro dei battesimi e in quello dei morti. E' vero che la loro consistenza
è molto limitata nei casali, mentre a Tropea assume proporzioni
che uguagliano e a volte superano le nascite dei figli legittimi, tuttavia
il fenomeno esiste, ma i parroci vogliono salvare la faccia.
La numerazione dei fuochi del 1641 elenca
a Ricadi anche due donne che dichiarono di essere donne libere,
e ognuna di esse ha con sè un figlio24. Anche questo
fenomeno dai parroci non viene rilevato, o molto raramente e con enorme
circospezione25.
A Tropea il meretricio costituisce l'attività
fondamentale nel mondo dei poveri. Gli esposti invece sono un segno della
prodigalità dei ricchi, assieme ai donativi e ai lasciti alle chiese
che servono da copertura su questa terra e da caparra per il paradiso.
Il parroco che a Tropea accoglie la bambina
esposta per darle il battesimo, registrando l'atto il giorno 2/3/1629,
appare consapevole di una prassi molto diffusa ed anche molto rispettabile:
Domenica Getatella senza sapere il padre e la madre... Mi fu posta dentro la fascia una lichetta nella quale mi dicea che si desse battesimo e che si tenga cara perchè figlia di homo Ecc.mo e li pose nome Domenica....
Gli esposti e gli illegittimi, fenomeni tipici della nobiltà e dei ceti agiati, sono connessi anche alla pratica della schiavitù presso gli stessi ceti. Nei casali famule, servi e schiavi si trovano nelle famiglie benestanti provenienti da Tropea e presso ecclesiastici. A Tropea presso ecclesiastici si trova molto spesso lo schiavo o la schiava. Dal libro dei defunti riportiamo una breve esemplificazione:
20 maggio 1625 Giovanni schiavo dell'Abb.
decano Carpensano.
22 febbraio 1627 Giorgio schiavo delli
Tranfo.
18 febbraio 1632 Domenico Galati schiavo
di Giuseppe Galati.
9 febbraio 1632 Marino Domenico naturale
di Caterina schiava dell'Abb. Orazio Carpensano. Il padre si chiama Nicolò
di Sardegna spagnolo che allora si ritrovava qui di presidio nella compagnia
spagnola.
Quando il parroco Gio. Antonio Montanaro della parrocchia di S. Zaccaria di Ricadi nello stato d'anime da lui redatto nel 1699 nota le famule e i servi della sua parrocchia (in numero maggiore rispetto a quelli censiti nella numerazione dei fuochi del 1641), evidenzia la persistenza del fenomeno e l'accentuarsi della crisi economica che alla fine del secolo XVII conquistava alla miseria piccoli proprietari, marinai e tutti quelli che vivevano dell'arte della seta e quindi principalmente le donne, per la massima parte filatrici e tessitrici. Il parroco di S. Pietro di Ricadi, nella sua relazione al vescovo, ricorda le difficoltà dei parrocchiani di pagare le decime e le quote dovute alla confraternita composta da villani. La crisi economica traspare dalla recrudescenza degli omicidi: a Carciadi il parroco trascrive nel libro dei defunti dieci casi di mala morte negli ultimi tre lustri del secolo XVII; uno riguarda l'uccisione di un prete. Lo stesso parroco dà la dimensione della miseria in cui versavano i casali stendendo il seguente atto di morte:
A di sedici ottobre mille settecento e sette. Santo Cricelli del casale di Brattirò habitante più anni in questo casale d'anni 30 in circa persona miserabile, e tanto miserabile che per sostenere la sua vita andava cercando la limosina non potendo procacciarsela con sua fatica essendo offeso d'una gamba, che per camminare alquanto camminava con il setto in terra, privo d'ogni haver se ne morì con ricevere prima tutti sagramenti necessarii e per sottrarsi fu mistere ottenere il rilascio del Jus protopapa et il Jus del vescovo et io rettore rilasciava per carità quel che a me spettava, e fu seppellito nella chiesa parrocchiale del casale di Carciadi, et in fede io Leonardo Gaetano rettore manu propria.
I parroci tuttavia già da tempo mostrano, nelle loro relazioni al vescovo, di non avvertire la drammaticità di un momento in cui il territorio produceva più briganti che seta e riportano una visione del tutto pacifica delle loro popolazioni:
Anche si fa fede per me Leonardo Gaetano
Rettore come nella mia parrocchia di Carciadi per quanto costa a me non
vi sono heretici ne persone sospette d'heresia, non malefici, non publici
bestemiatori, non usurarii ne mariti e mogli che vivono separatamente e
ne altre persone sospette.
Salamente in detta parrocchia vi è
D. Antonio Lazzaro scommunicato publico, come e ben noto a questa corte
et in fede... Come anche in detta mia parrocchia vi è una donna
meretrice chiamata Ciccia, la quale non sa chi sia stato suo padre ne sua
madre, e vive in detto casale senza scandalo per quanto costa a me. Se
poi segretamente fa male io non lo so, lo sa la medesma, et in fede...
Come a Carciadi, così a Ricadi, i parroci non vedono problemi:
... non vi sono heretici, ne malefici, ne sospetti d'heresia, ne publici bestemiatori, ne malefici, ne usurarii, o vero concubinarii, adulteri, ne notati d'altri gravi delitti; ne maritati che vivono separati, ne publici e scommunicati, interdetti, e che tenessero libri proibiti...
Nella mia parocchia non vi sono persone eretici ne scomunicati ne mariti e mogli che vivono separatamente ne persone scandalosi...
Al vescovo probabilmente non sfugge la gravità della situazione e la necessità di trovare energie che permettano al clero di assolvere con competenza al suo compito pastorale. Perciò indice il sinodo diocesano26. F. Lorenzo Ibanez dimostra intraprendenza e coraggio: dispone dei colti padri gesuiti del collegio di Tropea e di un clero cittadino che dà garanzie per la cultura teologica, giuridica, umanistica, e anche per spiritualità.
Il Sinodo diocesano
Il 2 febbraio 1702 il vescovo Francesco
Lorenzo Ibanez indice il Sinodo diocesano <<ut ad virtutem omnem,
dei mandatorum ad observantiam, traditas nobis oves, hortari debeamus>>27.
Il vescovo si rivolge non solo agli ecclesiastici,
ma <<etiam laicis, et universitatum Magistratibus (si sua putaverint
interesse) ut notior, et illustrior noster sit animus>>28.
Il Sinodo dovrà legiferare <<quae
ad cleri disciplinam, plebisque salutem ac Divini cultus incrementum necessaria
sunt, et opportuna>>29.
Il vescovo appare
certo consapevole dei profondi mali sociali che travagliano il suo
gregge; pensa però che i rimedi debbano ricercarsi nell'ordine spirituale
e morale da recuperare con opportuna istruzione catechistica. Questa non
solo è considerata il dovere fondamentale dei parroci (la trasgressione
costituisce peccato mortale e, se abituale, può essere punita anche
con il carcere oltre che con altre pene ad arbitrio del vescovo), ma è
il fondamentale dovere che dei genitori, dei padroni e di tutti coloro
cui spetta per il proprio ruolo, sotto pena di peccato grave.
Tutte le domeniche dopo i vespri o di
mattina dopo la messa nelle parrocchie si dà il segno con la campana
maggiore: l'istruzione viene impartita in chiesa, dove ragazzi, donne,
lavoratori convengono, richiamati da un ragazzo che gira per il paese suonando
una campanella.
Il vescovo prescrive che l'istruzione
religiosa venga impartita <<vernaculo idiomate>>, perchè i
ragazzi, ignari della lingua latina, corrompono le parole.
Il Sinodo riporta in appendice le preghiere
principali in italiano e prescrive che siano fatte recitare dai maestri
prima della lezione30.
Nel tempo di avvento e di quaresima l'istruzione
deve essere impartita ogni giorno, e la chiesa parrocchiale esercita in
tal modo la sua funzione di centro culturale, ma anche morale e sociale
di una collettività.
E nella chiesa parrocchiale che la gente
si raduna volentieri, perchè, specialmente d'inverno, nelle loro
povere abitazioni non ci si può riparare dal freddo e forse neppure
dalla pioggia: tanta gente assieme di riscalda e trova anche gratificazione
ai propri bisogni sociali oltre che l'appagamento delle istanze religiose
devozionali. E lì che si sentono cristiani, perchè
nelle loro abitazioni (spesso un solo basso, qualche volta casa solarata)
dividono lo spazio con gli animali (galline, capre, asini e in alcuni casi
anche la vacca e il maiale).
L'edificio di culto è anche il
luogo che può servire da asilo ad uomini scellerati: cosa non infrequente
in un tempo in cui l'immunità ecclesiastica era l'unico modo per
sfuggire al potere politico e giudiziario dello stato. Oltre tutto pare
che i banditi preferissero rifugiarsi nelle chiese o nei luoghi pii dove
potevano avere una certa assistenza. Così fu, per esempio, del convento
di S. Giacomo presso Ricadi, nel territorio di Capo Vaticano.
Il Sinodo prescrive che le chiese si
chiudano al crepuscolo e si aprano all'aurora. Non è lecito dormire
in esse nè pernottare, nè introdurre armi, neppure da caccia.
Ai parroci si ordina di impedire che, caso mai uomini scellerati si siano
rifugiati dentro la chiesa, vi siano delle donne sospette che vadano a
parlare con essi; impediscano pure che nelle chiese si accenda il fuoco
e si cucini31.
I poveri e i mendicanti che vanno questuando
per se stessi o per un luogo pio non possono fare la questua nella chiesa,
ma soltanto davanti alle porte dell'edificio (di poveri mendicanti doveva
piuttosto abbondare la zona, come rivelano le note dei parroci negli stati
delle anime).
La domenica e nei giorni di precetto
la parrocchia vive una sua atmosfera mistica, di completa dedizione agli
interessi spirituali: non si possono fare contratti; gli atti giudiziari
sono nulli. Ma è soprattutto proibito ogni spettacolo profano e
ogni distrazione mondana. Persino i generi alimentari è proibito
vendere, se non a porte chiuse, ma durante la messa e le prediche quaresimali
è assolutamente vietato32.
I contadini dei casali hanno da compiere
dei lavori che non è possibile interrompere: la vendemmia, la
mietitura, la nutricata del serico (i tre settori produttivi dell'economia
del contado) si possono compiere amche nei giorni di festa, con la dispensa
dal riposo, ma non dalla messa. I giorni di festa, d'altra parte, sono
tanti, e così pure i giorni di digiuno, che l'aspetto della parrocchia
rassomiglia più a quello di un convento che a quello di un ambiente
dove la vita è grama anche con l'assiduo lavoro. Il tempo di quaresima
è tempo di digiuno, eccetto le domeniche; dal mercoledì delle
ceneri al sabato santo, e in numerosi altri giorni di viglia durante
l'anno, i villani hanno un valido motivo per ritenere sacra la loro fame.
Ma anche in tutti i mercoledì e i sabati dell'anno il digiuno fa
pensare di meno la povertà33.
Nel casale la vita è tutta regolata
dalle vicende culturali e l'anno liturgico regola i comportamenti personali
e sociali con una forza morale superiore a ogni legge e a ogni bisogno.
L'enorme importanza
che assume il rito battesimale è dovuta al fatto che mediante esso
la potestas sacra amplifica il suo raggio. Perciò i bambini
vanno battezzati subito appena nati, e comunque non oltre il decimo giorno.
Gli sposi devono essere battezzati sub conditione se non portano
la cedola in cui si attesta il loro battesimo34.
Le madri, non appena è loro fisicamente
possibile, vadano in chiesa a ricevere (gratis!) la benedizione
del sacerdote35.
Il Sindaco ricorda che è consuetudine
presso alcuni giovani, vedove recenti, donne in lutto, non andare a messa
nei giorni festivi: il loro gesto, considerato immotivato, viene condannato
come grave peccato36.
La confessione e la comunione pasquale
è obbligatoria per tutti quelli che hanno l'uso di ragione: quelli
che adempiono al precetto vengono annotati su un apposito registro e ricevono
un attestato. Quelli che non adempiono al precetto pasquale fino alla domenica
in albis devono essere denunziati al vescovo, il quale procederà
a norma dei sacri canoni37.
Oltre a questo controllo minuzioso verso
coloro che non si sottomettono alla legge della chiesa, i parroci sono
tenuti a controllare la pubblica moralità e, entro la II domenica
di quaresima, devono consegnare al vescovo un elenco degli uomini di cattiva
e scandalosa fama che vivono nelle loro parrocchie, e soprattutto devono
informare il vescovo sul delitto di cui sono infamati38.
La chiesa difende se stessa e i suoi
interessi comminando la scomunica contro coloro che ne intaccano in qualsiasi
modo i diritti o i privilegi o le immunità39.
I parroci, specialmente quelli dei casali,
vivono una vita non agiata: per una messa ricevono un carlino e le parrocchie
non hanno redditi elevati. Il Sinodo prescrive che i chierici che vengono
ordinati a titolo patrimonii sui devono disporre di un reddito annuo
non inferiore a 25 ducati, il minimo necessario per una vita appena decente40.
Tuttavia il numero del clero andò
aumentando smisuratamente fino al 1741, l'anno del concordato e delle restrizioni
imoposte nel Regno di Napoli per limitare il numero dei chierici che sottraevano
allo stato un cespite fiscale rilevante e immobilizzavano le strutture
civili. Si può del resto intendere come, se la vita dei preti nei
casali era stentata, quella dei popolani fosse impossibile.
Al numero esorbitante dei chierici il
vescovo Ibanez non pensa per niente di porre dei limiti: si tratta infatti
di una forza, anche economica, contro lo stato in disfacimento. Il vescovo
anzi favorisce più di ogni altro suo predecessore e difende i diaconi
selvaggi, che costituiscono un utile strumento nelle mani della chiesa
impegnata nelle lotte giurisdizionali. D'altra parte il vescovo, mentre
esalta la dignità dello stato sacerdotale, deve tutelarne anche
l'aspetto esteriore. Il Sinodo perciò, pur facendo rilevare la condizione
di miseria di parte del clero, vuole che questo non sia privo di ciò
che è dignitoso al suo stato.
Il Sinodo mostra una preoccupazione per
lo stato economico almeno pari a quella per lo stato culturale dei chierici.
Già si sta costituendo un numero
consistente di preti eruditi: il collegio dei Gesuiti ha una influenza
notevole sulla formazione culturale del clero diocesano. Al Sinodo sono
presenti i padri gesuiti del locale collegio e, tra gli officiali del Sinodo,
dei preti di vasta cultura: Ignazio di Francia, Antonio Pelliccia e il
parroco di Spilinga, Leonardo Montanaro. Sono presenti ancora Francesco
Sergio e Giuseppe Scrugli, in qualità di maestri delle cerimonie:
sono tra i sacerdoti più dotti del clero tropeano di tutto il secolo.
Ma al tempo del Sinodo la cultura religiosa, scarsa nel clero dei casali,
era scarsissima nel popolo. Agli sposi si richiede che conoscano i rudimenti
della fede: Pater, Ave, Credo, Decalogo. Il Sinodo lamenta l'ignoranza
anche di queste nozioni elementari41.
E' per questo motivo che il Sinodo insiste
sull'obbligo del catechismo e della predicazione.
Ai chierici si prescrive, in virtù
del loro stato, una vita di pietà e l'abbandono di ogni mondanità42;
essi devono procurarsi una valida cultura e mantenersi aggiornati: a loro
si consigliano dei libri di teologia dommatica, di morale, di pastorale,
di ascetica sacerdotale43.
Ma i parroci dei casali non hanno da
lottare solo contro la fame: il Sinodo ricorda gli sbarchi dei saraceni,
avvenuti anche di recente, a danno soprattutto degli abitanti del contado,
e per tale motivo concede ai chierici di poter tenere in casa delle armi
per difendersi contro gli invasori, ma non per portarle addosso44.
Il Sinodo non cessa di insistere sull'opera
catechetica, che pone a fondamento di ogni modificazione della società:
i predicatori, e prima di tutti i Rettori delle chiese, devono <<iuxta
audientium captum fidelibus verbum Dei ministrare>>; essi vengono scelti
dal vescovo a questo ufficio, perchè a lui solo compete il ministero
della parola, perciò:
in primis curent dictis facta dissimilia non habere, frequentem hominum conversationem vitent, cum foeminis, etiamo raram, excusent, eorum modestia omnibus nota sit... Evangelium annuntient... gloriantes, quod Christum Dominum praedicant, et hunc Crucifixum; ad doctas fabulas se convertere, fictitias, atque apocriphas historias narrare, medullam sanae doctrinae spernere, vana dumtaxat verba, affectataque... Nos vero Sanctum Verbum Domini prophanare nequaquam consentiemus, quando vero de vitiis alloquantur, utriusque potestatis ecclesiasticae et saecularis manifestam exusent repreaehensionem...45.
Pertanto la predicazione non può
tentare minimamente di turbare le coscienze: tutto va bene se ci si attiene
alle cose spirituali. Bisogna anzi ricondurre questo primato dello spirituale
in tutti i momenti della vita sociale: la condotta e il portamento dei
chierici, la fedeltà del popolo che digiuna e va a messa sono certo
segni di questo predominio dello spirituale. Ma un popolo rozzo, gli emarginati,
gli uomini travagliati dalla fame, come potranno intendere l'ascetismo?
Quando si prescrive ai parroci di far cessare durante i funerali <<ineptos
foeminarum ululatus, lacerationes vultuum, capillarum truncationes, voci
ferationese ad defunctum per viam, quod si cesare noluerint, relinquant
domi defunctum et non sepeliant>>46 si è consapevoli
forse che la visione cristiana della morte è piena di speranza nella
immortalità, ma non si è certo convinti che il comportamento
che si chiede nasce solo dalla fede che quel popolo non ha, che in ogni
caso è diversa da quella predicata dal clero. Allo stesso modo voler
insegnare il senso del pudore ai marginali di Tropea o ai villani dei casali
in condizioni di promiscuità e senza far nulla, o facendo molto
poco perchè quelle condizioni (coabitazione, meretricio, superstizione)
vengano modificate, non ha veramente nessun significato dal punto di vista
religioso. Se la religione non compie una azione di incivilimento o, come
si preferisce dire oggi, di liberazione, non ha alcun senso.
C'è una ambiguità fondamentale
nella religiosità tropeana: si valuta la sottomissione come salvezza
e l'ubbidienza come virtù santificatrice e in tal modo si costituisce
un valido piedistallo al potere civile che tuttavia viene osteggiato sul
piano giurisdizionale. Anzi l'acquiescenza politica rappresenta l'ordine
morale e materiale e perciò non si concede spazio a rivendicazioni
di nessuna sorta. A tale atteggiamento concorre la pratica della beneficenza,
che a livello sociale serve a sopire istanze di rivolta, e il devozionismo,
che a livello spirituale sopisce le coscienze. Avendo poggiato su queste
basi la struttura religiosa, questa non può che essere alleata del
potere politico. Il mantenimento dello status quo è garantito
dalla pietas per il disperato, perchè viene così evitata
ogni modificazione e ogni incidenza nella storia dell'assoluta maggioranza
del popolo.
Non mancarono a Tropea e nel contado
le reazioni alle diverse strutture amministrative: la ripresa culturale
aveva sollecitato a cercare dei cambiamenti e si trovarono anche tra il
clero elementi come Antonio Jerocades di Parghelia, che accolse le idee
illuministe e aderì alla frammassoneria diventandone anche il promotore
nella zona.
La spiritualità del popolo era
caratterizzata dal devozionismo al quale il clero e il vescovo stesso davano
nutrimento. Vito Capialbi47 ricorda come anche Ibanez dotò
la chiesa di molte reliquie ed anche di due corpi di santi. Ma l'opera
educativa tra il popolo fu svolta dalle confraternite: le indulgenze costituivano
il polo attorno a cui si facevano ruotare non solo le pratiche di pietà,
ma anche tutta l'attività sociale del casale. Le regole della confraternita
di Carciadi, riportate in appendice, mostrano tra l'altro come le confraternite
costituissero l'ambito specifico in cui il parroco esercitava la sua completa
autorità e dove avvenivano gli scontri più vivaci tra laici
e clero.
Un ambito in cui il clero esercitava
un vero dominio sulle coscienze era costituito dal foro della coscienza,
al quale veramente erano ricondotte tutte le manifestazioni della vita.
Ma è lì che avveniva anche la trasmissione più elaborata
della fede.
Di che tipo fosse a Tropea la spiritualità
delle anime che ad essa si dedicavano più specificamente è
dato rilevarlo dal seguente documento: una lettera indirizzata al padre
spirituale in merito a particolari condizioni dello spirito. La lettera,
trovata nelle carte del canonico Giuseppe Scrugli, uno dei partecipanti
più qualificati al Sinodo Ibanez, porta la data del 1721.
Padre mio caro io domenica fevi la novena di Santa Domenica io tutti i nove giorne o fotto sempre uno orazione di quello modo che me scrivestovo io tutte i nove giorne sono stata sempre allegra e comforma io consideravo i Suoi Dolori che essa pateva per madenerse fedele allo Suo Sposo Giesù allora senteva nel mio corpo i dolori questo solo o auto in questa novena di Santa Domenica la vigilia cercai lo fuoco e non lebe io mi pose appiangere e disse Signore io voglio sapere che novita e questa che io non patisco più come primo io voglio sapere la causa e non mai mi coietero io mentre disse queste parole sentie ridere e poi sentie una voce e mi disse che non piangesse più ca me diceva la cavosa perche non me dava piu li foco io sentendo quella voce che da tanto tempo non laveva sentita più mi nescie lo pianto e lui piu se ne rideva e me diceva che lui redeve e io piangeva io poi disse Signore mio caro come non voglio piangere se da tanto tempo che non vi o sentito e non vi o veduto come voglio stare allegra quando io non vi vede se io vi vedesse come primo io non piangeria a questo parole mo rispose e disse sposa mia sappia che tu non me hai fatto niente il fino perche io non te do li fuoce non ne per tua manganza perche tu non me hai fatto niente sappia che e mia volunta e non ne tua manganza io gia so la tua volunta che tu sempre voi patire ma io non volgio che patisce piu foce per mo perche haerai altre patimente che sarando più dolorose deglie fuoco quando finisseno queste altre patimente haverai una altra volta li fuoco pero serve allegramente e porte perche haverai una altra croce assai grossa piu di quella che hai patita dette queste parole si parti e io rimasi tutta rasignata alla divina volunta e gia stavo aspettando li patimente siano la benvenuta sempre che vengono io padre mio caro voglio abbracciare ogni croce per dare vosto allo mio Signore io padre mio caro da tre giorni stavo alletto a stavo con febre e dolori per tutto il corpo perche li nemici mercodì annotto mi diedeno cente mazate e me crescie la febre e questa e la mia infemita e puro mi sono mettuta a scrivere anco alla signora Olimpia...
La lettera continua ancora per un po'
raccontando di alcuni malintesi e pettegolezzi.
Questo tipo di religiosità era
riservato alle monache e alle nobildonne che restavano zitelle. Accanto
a queste donne devote però c'erano sorelle e nipoti che praticavano
una libertà di costumi nel concubinaggio: la loro educazione nei
monasteri non aveva certo conseguito risultati positivi. I loro fratelli
e mariti si distinguevano maggiormente per le angherie che usavano contro
i villani, per le ingiustizie e le estorsioni di cui erano autori e per
lo sfruttamento sistematico dei lavoratori ai quali negavano la giusta
mercede. Per questo la mattina del 6 agosto 1722 scoppia a Spilinga la
rivolta contro Tropea: è l'episodio più clamoroso che spezza
il precario equilibrio tra il contado e la città e coinvolge tutti
gli abitanti dei casali in una battaglia nella quale saranno ancora perdenti.
Ai contadini che si erano rivoltati contro Tropea perchè voleva
far gravare sul contado un ulteriore gravame fiscale in connessione con
le guerre di successione e che al contado non spettava pagare vengono mandati
i padri agostiniani per convincere all'obbedienza; dopo che quei religiosi
ebbero fatto inutilmente svariati tentativi per dissuadere i rivoltosi
dallo stato d'assedio che avevano posto alla città, le autorità
ricevono la comunicazione che stanno per sopraggiungere rinforzi: si comanda
pertanto ai villani di deporre le armi sotto pena di morte; questi chiedono
l'intervento del vescovo Ibanez, che si trovava a Drapia, un casale a quattro
chilometri da Tropea, il quale ottiene che i rivoltosi desistano dalle
ostilità in cambio delle concessioni, già prima pattuite
e rifiutate, e di un decreto assolutorio. Ma le truppe che erano venute
in aiuto danno la caccia ai capi della rivolta e condannano Antonio Gaetano
e Giuseppe Zerfino alla impiccaggione e Sergio Gatto, minorenne, alle galere:
non erano loro i capi (quelli si erano dileguati), ma cittadini di Spilinga
e Carciadi che avevano preso parte alla sollevazione.
I loro corpi, dopo l'impiccaggione, furono
barbaramente squartati. Nessuna protesta si levò contro la brutale
sopraffazione: si lamentò invece l'infiltrazione di autentici banditi
in mezzo ai villaci insorti per protestare contro il perpetrarsi delle
ingiustizie48.
L'ottica moralistica del clero non riuscì
neppure in quella occasione a cogliere nella sua reale dimensione la validità
di un gesto non gradito al potere.
Il vescovo Ibanez da parte sua non trascura
di mettere in luce la piena convinzione del valore assoluto dei beni spirituali
e della assoluta preminenza della potestà religiosa.
Quello di Ibanez fu un episcopato lungo
e di grande importanza nella storia religiosa e civile del territorio di
Tropea. La sua accanita difesa dei diaconi selvaggi è certamente
molto significativa nel contesto delle lotte giurisdizionaliste, così
come è significativa la cura che egli ebbe in genere del clero:
della sua formazione, ma anche dei suoi privilegi e delle sue immunità.
Pertanto il suo intervento nella rivolta del 1722 non è disgiunto
da una tacita soddisfazione di vedere fortemente attaccato il potere civile49.
Questo vescovo mostrò di avere
fiducia nell'organizzazione ecclesiastica alla quale intese riferire tutte
le manifestazioni della vita del popolo, giungendo persino a ignorare il
potere laico.
Dal punto di vista della sua funzione
di vescovo bisogna riconoscere che Ibanez fu una figura eminente che seppe
ripristinare la disciplina tra il clero e stimolare la vita religiosa dei
fedeli promuovendone la cultura in connessione con quella del clero e le
forme associative, le confraternite, che costituirono lo spazio specifico
degli interessi non solo religiosi, ma anche economici e sociali dei fedeli.
L'azione pastorale di Ibanez, intesa
a consolidare il potere della istituzione ecclesiastica, non si rivolge
solo al clero e alle strutture religiose, ma coinvolge fortemente le strutture
produttive del territorio. La mensa vescovile, sotto la sua amministrazione,
aumentò il suo patrimonio, ma soprattutto aumentò il reddito,
grazie al suo impegno nel migliorare le colture di fondi. Edifici nelle
campagne e mulini nei terreni della Mensa furono fatti costruire dall'operoso
vescovo50.
Il Candeloro51, riferendosi
all'anno 1734, fa notare come la distribuzione della proprietà all'interno
del Regno di Napoli era tale da rendere lo Stato in condizioni di assoluta
inferiorità ed inefficienza rispetto ai proprietari ecclesiastici
e ai privati (baroni). Le entrate ecclesiastiche infatti erano il doppio
delle entrate dello Stato, e i beni dei baroni erano ancora di più
di quelli degli enti ecclesiastici. Queste le entrate:
CHIESA 6.500.00 ducati (di cui i soli conventi 4.000.00) STATO 2.900.000 FEUDATARI 4.000.000 .
Quantunque il patrimonio ecclesiastico
non subisca delle modifiche notevoli nel territorio di Tropea (non cresce
o cresce poco), tuttavia la chiesa interviene con censi e con altri iussi
sulla stragrande maggioranza del territorio52. La Mensa vescovile
possiede una vasta azienda cerealicola nel territorio di Carciadi, detta
il Castagneto e un'altra azienda nel territorio di Lampazzone, detta
Coltura
grande, più le Terre de Pantani nel territorio di Brivadi,
gli Orti di Parghelia e moltissime altre terre negli altri casali.
Il vescovo di Tropea godeva di diritti
feudali su sei famiglie (un diritto concesso dal Duca Ruggero a Colochirio
nel 1066 e a Giustino nel 1094, e per cui l'Università ebbe controversie
giurisdizionali prima col vescovo Pappacoda nel 1526 poi con il vescovo
Caracciolo nel 1610). Ibanez difese i diritti feudali della chiesa di Tropea
e l'imperatore Carlo V, per mezzo del vicerè di Napoli, Daun, riconobbe
tali diritti, con decreto del 171653.
Non solo per rivendicare diritti per
la Mensa vescovile lottò il vescovo Ibanez, ma per affermare l'autorità,
il potere e il prestigio del clero, come si è più avanti
detto54. I concorsi per le parrocchie, oltre a significare una
eccellenza di manodopera, costituivano anche un mezzo per selezionare i
preti più capaci.
Quella di Ibanez fu una politica accentratrice
che certamente diede la vita nelle sue varie manifestazioni nella prassi
cultuale e paracultuale, mediante l'uso censorio dei sacramenti e le associazioni
laicali (le confraternite) che riciclavano in termini sacrali (le indulgenze)
l'attività economica dei fedeli.
Ai parroci, luogotenenti del vescovo,
spettava il compito di mantenere i legami di autorità con le corte
vescovile: pertanto essi esigevano le decime come un diritto sacro che
consacrava appunto la loro autorità partecipata, legata alla loro
persona, ed esigevano i diritti di stola in virtù del loro ministero
e come segno di riconoscimento della superiorità del sacro. In tal
modo la potestas sacra della gente di chiesa veniva sancita dal plebiscitario
riconoscimento di fatto e non temeva gli attacchi del potere civile che
riteneva di avere competenza esclusiva nelle cose materiali.
E' per questo che i parroci, quando riportano
i loro diritti ministeriali e le decime dei fedeli non sono minimamente
sorvolati dal dubbio che quei diritti possano essere manomessi o comunque
modificati e nella loro ottica sacrale esiste solo la minaccia di scomunica
che il Sinodo aveva comminato contro chi osasse non pagare o evitare che
altri pagasse. Quando il Marchese di Fuscaldo provvederà a riformare
le decime non sarà certo per recare un danno alla chiesa, ma perchè
la gente era talmente povera che non aveva neppure il necessario per sfamarsi55.
Il Regno
Il clima internazionale determinatosi
dopo la guerra di successione (1700-1714) e il mutamento che portò
Carlo di Borbone a diventare Re di Napoli favorirono una certa ripresa,
ottenuta oltrecchè dall'attività riformista del sovrano,
anche da un quadro sociale diverso: l'emigrazione, l'esilio, le condanne
a morte avevano estirpato dal territorio ogni fomite di insubordinazione.
La borghesia tropeana, già dal
1703 aveva costituito un sedile - il sedile Africano - a fianco
di quello di Portercole, dei nobili. La nobiltà, finora molto
numerosi, aveva creato molti poveri; ora il loro numero si riduce a vantaggio
della borghesia.
All'opera riformatrice del vescovo Ibanez
si affianca, su piano culturale, quella svolta dalla due Accademie letterarie
di Tropea: quella degli Affaticati e quella degli Amorosi.
Il seminario veniva assunto notevole importanza per gli studi di filosofia
e di teologia. Anche nei casali la cultura si diffuse mediante soprattutto
i nobili e i borghesi tropeani che vi si recavano per passare l'estate
o che vi dimoravano per tutto l'anno. A Ricadi Giuseppe Antonio Ruffa viene
istruito da due maestri di scienza e diviene uno degli studiosi più
ammirati e venerati: svolgerà la sua opera di ricercatore e il suo
insegnamento prima a Tropea (scoprì i felspati di Fitili) e poi
a Napoli dove fu grandemente stimato.
L'attività culturale a Tropea
fu molto intesa: da questo ambiente proviene pasquale Galluppi, il filosofo
tropeano che è anche la personalità più illustre di
questa terra.
Gli anni che vanno dal 1634 al 1783,
apparentemente calmi, costituiscono invece un periodo carico di tensioni
tra lo stato e la chiesa. I cinquant'anni che vi intercorrono sono avari
di documenti ecclesiastici: non si celebrano più sinodi (non se
ne celebreranno fino al 1887); non si trovano relazioni di parroci (le
annotazioni nei libri parrocchiali sono solo piccole tracce); si ha però
una maggiore frequenza delle visite pastorali dei vescovi56.
La borghesia va acquistando maggiore
spazio e la proprietà fondiaria si frantuma a suo vantaggio, ma
anche a vantaggio di popolani, soprattutto artigiani, che acquistano piccole
quantità di terra.
La cronaca di Francesco Sergio registra
la progressiva decadenza dei casali: l'economia va precisandosi sempre
più come una economia di sussistenza. Il Grimaldi fa notare la possibilità
per la zona di una agricoltura fiorente, ma nello stesso tempo evidenzia
le gravi carenze dei sistemi di coltura.
Perdura la sericultura, ancora vastamente
praticata; la pastorizia nei casali di Zaccanopoli e S. Giovanni; la cerealicoltura
a Spilinga, Carciadi e Panaia. L'agricoltura intensiva dei casali compresi
tra Ricadi e Tropea entra in crisi, così come crolla progressivamente
la struttura dell'economia napoletana, la quale non era in grado di affrontare
i problemi posti dalla 'rivoluzione commerciale'. Pertanto, quando finisce
l'isolamento che nel '700 aveva potuto conservarle un precario equilibrio,
l'economia napoletana crolla in modo irrecuperabile57.
Fu hrazie a questo precario equilibrio
delle strutture economiche del Regno che la popolazione andò crescendo,
pur non avendo un sostegno valido su cui poggiare, e pertanto senza prospettive
di inserire i propri prodotti sul mercato internazionale. Anche i tessuti
di seta, un tempo rinomati, ora non escono più dal territorio. I
numerosi telai del territorio di Tropea ancora esistenti vanno riducendosi
sempre più ad usi locali e domestici. Lo stesso avviene per gli
altri prodotti della terra: cereali e vino (la cui produzione ora è
limitata rispetto al passato, perchè molte vigne sono state disfatte
per piantare gelsi).
La vita del clero nelle campagne non
è prosperosa: l'esazione in natura è indicativa della scarsa
circolazione monetaria degli anni ultimi del viceregno. Il parroco di S.
Zaccaria, di Ricadi lascia questa nota riferita al 1720:
Stagli e censi in grano bianco un anno
per l'altro tumula 22
che a computo di carlini 8 il tumulo
importano docati 17.3.0
Vino salme cinque in circa che a carlini
8 la salma
importano docati 4
Olio cannate duodeci in circa che
a carlini 4 la cannata importano docati
4.4
Vino pese sette che a carlini tre
e mezzo la pesa
importano docati 2.2.05
Grano d'India tumula tre incirca che
a carlini 4 il tumulo importano docati
1.1.0
Fichi tumula uno a carlini otto
importano docati 0.4.0
Ghianda tumula tre a carlini due il
tumulo
importano docati 0.3.0
Tutte le decime e censi tanto exigibili
quanto inexigibili,
certi et incerti sono in tutto
docati 28.4.10
_____________
Quali rendite e frutti e censi e decime
computati in
60.1.15
tutto sono docati sessanta e grana
trenta cinque.
PESI
docati 32.1.10
Onde rimane docati ventotto e grana
cinque
28.0.5
Ricadi 10 aprile 1720
D. Domenico Campisi parroco di S.
Zaccaria.
Dalla precedente nota appare come il clero
dei casali (negli altri casali la situazione è per lo più
simile e molte volte peggiore) dalle decime traeva il maggiore introito,
assieme alle entrate di stola bianca e nera; l'onere di mantenere i ministri
del culto cadeva perciò doppiamente sui contadini, ai quali portavano
spese non solo l'eventuale possesso di un fazzoletto di terre o la misera
abitazione, ma anche la vita stessa e la morte mediante gli atti di religione
obbligatori (battesimo, esequie) o relativamente di libera scelta (matrimonio).
Le guerre che nel passato avevano sconvolto
la vita anche agli abitanti di Tropea e dei casali (la guerra dei trent'anni,
ma particolarmente la guerra di successione spagnola) erano calamità
che si aggiungevano alle altre pur frequenti delle pesti, dei terremoti
e delle carestie. Il danno patito dai contadini era certamente senza confronti;
ma i terremoti, così frequenti, costituivano oltre che un danno
imponderabile e imprevedibile, motivo di panico generale: erano la disgrazia
in senso assoluto. La loro frequenza e distuttività ne spiega la
ragione:
1638 terremoto
1659 >>
1687 >>
1693 >>
1720 >>
1535 >>
1783 >>
1791 >>.
Ma anche le pesti e le carestie erano
di casa.
Una serie di circostanze favorevoli a
un moderato sviluppo concorse a determinare circa trenta anni di vita tranquilla
nelle popolazioni del Regno tra il 1735 (terremoto) e il 1764 (carestia).
Vi concorsero particolarmente l'azione
di ferdinando IV, principe illuminato, e del suo ministro, il tanucci,
rivolta a ottenere la felicità dei sudditi, e riconquistando in
tal modo la fiducia nello stato che ora andava rivendicando con sempre
maggior energia la propria autonomia e la propria autorità. Vi concorse
pure il pontificato di Benedetto XIV (1740-1758), eminente canonista, il
più erudito di tutti i papi, che certamente fu utile a promuovere
uno spirito di intesa o quanto meno di non belligeranza col Regno. Questo
papa, che promosse con grande ardore gli studi scientifici, e fu in relazione
con i dotti più insigni del suo tempo, seppe tener conto delle mutate
condizioni dei tempi e godette di unanime considerazione. Tra i tanti concordati
conclusi con gli stati nel 1741, ne concluse uno col Regno di Napoli e
Sicilia con cui si facevano delle concessioni piuttosto larghe. Sotto il
suo successore, Clemente XII (1758-1769) il declino del prestigio politico
e dell'autorità religiosa della curia raggiunsero livelli molto
bassi. Il fenomeno si sviluppa per tutto il secolo con le punte più
alte segnate dalle vicende connesse alla soppressione della Compagnia di
Gesù e dal periodo napoleonico. I Gesuiti furono espulsi dal Regno
di Napoli dal Tanucci nel 1767. Anche a Tropea la comunità composta
da 4 padri, 1 maestro e 3 fratelli coadiutori una notte del novembre 1767
ricevette l'intimazione a partire dal governatore della città, abbandonando
il collegio che era stato aperto nel 1597. Fu questo un atto carico di
conseguenze per la vita religiosa. è deplorevole che restassero
pressocchè illesi ordini religiosi e conventi traboccanti di immoralità
e invece si permise che un ordine che dava alla chiesa grande prestigio
morale e politico, e anche economico, subisse una tal drammatica vicenda.
Questo episodio si sovrappose con presagi
funesti alla carestia che colpì il territorio nel 1764. Essa è
l'ultima che si ricordi e detrminò l'inizio di un periodo caratterizzato
da enorme miseria in tutto il Regno (il 90% della popolazione alla fine
del secolo risultava miserabile)58.
Il terremoto del 1783
Ciò che detrminò il crollo
delle deboli speranze che si erano venute alimentando dall'inizio del Regno
fu il disastroso terremoto del 1783, le cui spaventose dimensioni è
possibile cogliere nelle pagine di diario che ci ha lasciato il card. Despuig59.
La narrazione del crd. Despuig è
quella di un testimone oculare: i toni drammatici della relazione vogliono
essere attutiti dal sentimento religioso che perdura molto forte tra le
povere popolazioni pur tra le numerose calamità, gli scandali e
le ingiustizie. Ma si tratta di una religiosità fatalista, rassegnata,
priva di solide basi: la paura e la disperazione generano un senso di colpa
che si vuol superare con gli atti di religione (la confessione e la comunione)
come in un rituale pagano. Non manca certo la solidarietà con i
più disgraziati, ma anche questa è vista più secondo
un'ottica negativa, quella della colpa (peccato) da espiare, anzicchè
secondo le reali capacità di ripresa e secondo le prospettive di
soluzione. Ma non era possibile un'ottica diversa, perchè la società
non dava spazio ad altre possibilità al di fuori dell'evasione religiosa.
In tal modo si precludeva ogni sbocco efficace a tutte le istanze riformiste
che il secolo dei lumi aveva avanzato anche nello stato napolitano. Mentre
a certi livelli si andava assottigliando il dominio dell'irrazionale a
vantaggio di un protagonismo sempre più consapevole sia nel mondo
del lavoro che nel mondo della politica, il popolo, nella quasi totalità.
rimaneva profondamente ignorante e distante dalle grandi modificazioni
che contrassegnarono l'assetto politico e sociale dell'Europa nella età
moderna: la rivoluzione borghese, l'impero napoleonico, il nostro
risorgimento non ebbero il popolo come protagonista, e neppure la rivoluzione
industriale, fino a quando l'educazione a una coscienza di classe non farà
nascere la possibilità di un cambiamento radicale in cui il ruolo
egemone è assunto dalla classe operaia protagonista della nuova
società.
La rivolta del '99
Significativa dal punto di vista della
partecipazione popolare al cambiamento delle strutture della società
è la rivolta che i casali operarono contro Tropea nel 1799. La guerra
sanfedista recepì certo le istanze dei contadini, ma le canalizzò
secondo delle prospettive reazionarie e non giovò a mutare la loro
condizione, ma creò una involuzione nei termini del problema della
terra e nei rapporti di produzione.
I contadini di Ricadi e degli altri casali
che assediano Tropea accusando la nobiltà di vessazioni tributarie
e di costringimento allo stato di miseria in quella fine di secolo avevavo
ricevuto una eco dei rivolgimenti francesi e di quelli napoletani60.
L'ultimo scorcio del secolo XVIII registra
in tutti i casali una enorme miseria, un abbritimento del tenore di vita,
il ricorso facile alle armi per regolare i dissidi tra privati e nei riguardi
delle strutture (omicidi, bantitismo), disordine politico e amministrativo,
assenza anche della istituzione ecclesiastica che ha perduto prestigio
e non ha la forza di coesione che aveva dimostrato fino alla prima metà
del secolo.
I fedeli non possono pagare le decime:
la riduzione fatta dal Marchese di Fuscaldo non risolve certo il problema
della miseria. Il reddito non corrisponde ai livelli minimi di sussistenza,
come può desumersi dallo stato delle anime redatto dal parroco di
drapia, Francesco mazzitelli, nel 1803. La popolazione del casale viene
censita dal punto di vista dell'attività in questo modo:
Abitanti.
maschi 366
femmine 359
TOTALE 725
Tessitrici e filatrici
286
Mulattieri
50
Zappatori
35
Negozianti
5
Massari di buoi
40
Limosinanti
4
Lignari
40
Mulinari
14
Scarpari
4
Studenti
6
Muratori
15
Sarti
8
Manipoli
25
Garzoni
10
Vignari
9
Altri (non specificati)
174
_______
TOTALE
725
L'alto numero delle filatrici e tessitrici
è dovuto al fatto che anche le ragazze vengono tutte censite come
filatrici, così come i ragazzi nella maggior parte vengono censiti
come lignari.
Ma quello che evidenzia lo stato economico
della popolazione di Drapia è l'annotazione marginale del parroco.
per 27 persone, e molte sono capifamiglie, si dice esplicitamente che vivono
miseramente; 146 vivono di fatica, 11 di giornata; 12 vivono con un reddito
compreso tra 8 e 30 ducati, 1, il parroco ha 100 ducati di reddito e dice
che la sua vita è molto parca, 2 vivono d'industria e 1 di furti.
Questa situazione è generale nel
territorio di Tropea alla fine del secolo XVIII, e avvalora le descrizioni
dei viaggiatori stranieri che mettono in risalto l'estrema miseria delle
popolazioni calabresi e lo stato primitivo in cui esse vivono.
Della situazione di povertà in
cui versano i casali sono testimonianza anche le visite pastorali nelle
quali si riporta la povertà dei luoghi di culto, l'impossibilità
per i fratelli e le sorelle delle confraternite di pagare le quote associative,
l'impossibilità per i fedeli di pagare le decime, i tentativi della
cassa sacra e il fallimento della stessa, la distribuzione di beneficenza
registrata dai vescovi di Tropea in questo perido.
I vescovi di Tropea che successero a
Francesco Lorenzo Ibanez61 si distinsero per la loro condotta
conciliante verso le autorità civili e per un accordo con la nobiltà
dovuta anche alle loro personali ascendenze dinastiche. Gennaro Guglielmini
(1731-1750) si distinse per aver migliorato la proprietà della Mensa
vescovile e per la prodigalità verso i poveri; Felice Paù
(1751-1784) chiamò Andrea Serrao come rettore del seminario e difese
la giurisdizione ecclesiastica contro la città di Tropea: preferiva
la conversazione dei nobili e dei letterati e il fasto delle cerimonie;
Giovan Vincenzo Monteforte 81786-1798) accolse i padri Redentoristi che
arrivarono a Tropea il 4/4/1790 e vi aprirono un collegio, e visse molto
legato ai nobili con i quali si intratteneva spesso anche in laute cene.
Il suo successore, gerardo Gregorio Mele (1798-1817) fu l'ultimo vescovo
della sola diocesi di Tropea: col concordato del 1818 venivano unite aeque
principaliter le sedi vescovili di Nicotera e Tropea nella persona
dell'unico vescovo Giovanni Tomasuolo.
L'episcopato del Mele fu molto difficile
ed egli evitò ogni tipo di azione a vantaggio delle popolazioni.
Si mostrò legato al potere civile del Re, e perciò durante
il decennio risulta assente o presente solo nella zona di Amantea (diocesi
inferiore), e si rivolge al potere civile al quale chiede aiuto contro
il clero disobbediente62.
La devozione verso la nobiltà
era praticata anche dal clero dei casali, come appare da questo atto di
morte che è il panegirico di un nobile morto a Lampazzone:
Anno Domini Millesimo setingesimo nonagesimo quarto die vero decima sexta mensia novembris - Lampazone - Ill.mus Excellentissimus D.nus D. Oratius Giffone, Dominae D. Catharinae Bravo legitimus vir, bonitatis eximiae decoratus, aetatis suae an. fere sexaginta sex circiter, animam cum omnibus S.ae Ecclesiae munitam sacramentis suo Creatori placide restituit. Cuius cadaver in hac Archipresbiterali Ecclesia oppidi Lampazone sub titulo Sancti Michaelis Arcangeli in sepulchro proprio, in comitatu suorum antecessorum, more catholico, et cultu plurimorum Deo sacrificiorum offerentium, humatum est.
Il vescovo Pau ricorda nelle sue relazioni
ad
limina le molte elemosine che ha distribuito nelle visite pastorali
'in quei luoghi assai poveri', dove la gente è assai rozza,
non incline alla pietà, facile alla vendetta; il giudizio sulla
moralità dei nobili è di ben altro tono: nella relazione
del 1766 dice che nella città (Tropea) vi è molta corruzione;
denuncia l'uso illecito del matrimonio e il concubinaggio come mali molto
diffusi; lamenta anche la sfrenata libertà dei regolari e gli abusi
delle oblate che ad essi sono legate.
Il vescovo Mele accusa molto duramente
l'immoralità di tutti i ceti sociali.
ma gli interessi economici spingevano
la chiesa ad appoggiarsi ai padroni che davano maggiore affidamento. In
questo quadro si inserisce la memoria lasciata dal parroco Melidoni, della
parrocchia di S. Pietro di Ricadi, al ritorno della sua latitanza, nel
libro dei battezzati del 1816:
Anno D.ni Mill.o octong. o sexto, mense 7bris dicti anni, propter bellum magnum Gallorum contra universum mundum, ego in carceribus per menses duos positus fui a Gubernatione Gallorum. Deinde post menses duos Angli, et calabri pugnam dederunt contra Gallos in ripa maris et fluminis Sanctae Eufemiae in Calabria ulteriori, (proelium in S.a Eufemia fuit die 4 m.s iulii supra dicti anni), et quia Angli, et Calabri convaluerunt contra Gallos, Britanni in Civitatem Tropea venerunt, et me, qui in poena capitis et fucilationis damnatum eram (sic) e carceribus liberaverunt; et ego, cum magna laetitia cordis mei, ad curam animarum huius Ecclesiae Sancti petri Apostoli statim redii: at post mensum unum audivi, quod iterum Galli in Calabria, accensi ira, redeunt, statim ego timore magno valde captus, illico tempore nocturno, in Siciliam transii, et annos quinque in civitate Missanae commoravi, deinde in civitatem Panormi transivi, ete ibi annis quatuor moram feci, Denique fugatis Gallis a Calabria, et Regno Neapolis, post novem annos, Rex Ferdinandus denuo ad solium Neapolis ascendit, ideoque ego hodie vigesima quinta mensis Augusti, anni Mill.i octong.i decimi quinti (1815) gratia Dei et beneficio D.ae M.ae V.s de Romania a Sicilia ad hanc meam Parochiam redii, et iterum curam animarum exercere incipio, adiuvante D.no No. J. Ch.o, qui cum P.re et Sp. S. vivit, et regnat, per omnia saecula saeculorum. Amen.
Mentre il potere riannoda i vincoli dell'autoritarismo
e sta per concludersi il concordato del 1818 la chiesa tropeana tocca forse
il livello più basso della sua evoluzione: disorganizzazione amministrativa
a causa di un vescovo compromesso col potere civile; assoluta mancanza
di incidenza dell'opera del vescovo nei riguardi del clero e del popolo;
abbrutimento dei costumi in tutte le categorie sociali. La morte del vescovo
di Tropea nel 1817 coincide con quella del vescovo di Nicotera: le due
diocesi vengono riunite aeque principaliter e in tal modo si aggiungono
ai mali morali e sociali le lotte campalinistiche tra le due città.
I vescovi che verranno, se vorranno essere
dei pastori, dovranno dedicare le loro energie a un'opera pastorale intensa
e animata da spirito di abnegazione rivolta a cercare su quali basi incontrare
un popolo cui le secolari umiliazioni, le sopraffazioni, la miseria hanno
tolto persino i residui di una umanità degradata.
Quest'opera difficile in un tempo carico
di difficoltà e afflitto da problemi che riguardano l'assetto fondamentale
della società porta già forse il segno di una assenza storica
che si rivelerà perniciosa fino ai nostri giorni.
NOTE
1 Archivio di Stato di
Napoli, Sommaria, Numerazione dei fuochi, f.; 174, 175, 122, 123.
Le fonti archivistiche successive verranno
citate con le seguenti abbreviazioni:
A.S.N.: Archivio di Stato di Napoli;
A.V.: Archivio Vaticano;
A.V.T.. Archivio Vescovile di Tropea;
A.T.F.: Archivio Toraldo di Francia,
Tropea (archivio privato).
Gli archivi parrocchiali a volte anche
lacunosi per il cattivo stato di conservazione e nella gran parte non anteriori
alla seconda metà del settecento.
2 Cfr. N. SCRUGLI, Notizie
archeologiche e storiche di Portercole e Tropea, Napoli, 1891.
3 La floridezza del
casale è attestata con parole esaltanti da F. SERGIO, Cronologica
collectanea de civitate Tropeae eusque territorio (manoscritto del
1720).
4 Il parroco della parrocchia
di S. Zaccaria di Ricadi, D. Leonardo Montanaro, nello stato d'anime redatto
nell'anno 1699 annota con particolare diligenza la situazione logistica
delle famiglie della sua parrocchia e il possesso o meno della casa che
abitano.
Il documento è conservato in A.V.T.,
Visita
pastorale e parrocchie suburbane di Tropea.
Sul possesso della terra da parte dei
ricadesi riferisce il già citato Sergio.
5 A.T.F., Monte dei
Pegni, copie documenti fondazione, testamento del Magnifico Scipione
Galluppi, scritto dal notaio Francesco Scrugli il primo marzo 1585, fasc.
n. 21.
6 A.V., Relazione ad
limina del vescovo Tommaso Calvo (anno 1600).
7 A.T.F. Il documento
è riportato nel testo.
8 Si può notare
nella citata tabella riportata nel testo come tra i debitori del Monte
di Pietà figuri Leonardo Montanaro, parroco di Spilinga, in data
7/10/1680 ottiene un prestito di 30 ducati al 6% di interesse e che estingue
in data 30/10/1682; lo stesso parroco, in una platea dei beni parrocchiali
dell'anno 1689, annota per ben sei diversi apprezzamenti di terreno della
parrocchia i confini con <<terra mia propria>>. E' da notare che
i Montanaro provenivano dal casale di Drapia, da famiglia di modesti artigiani
(calzolai), ma che contavano una lunga serie di preti (parroci a Ricadi
e a Spilinga); Leonardo Montanaro è inoltre l'unico parroco dei
casali che figura tra gli officiali del Sinodo Ibanez del 1702; dalle note
dei suoi libri (in A.V.T.) rivela una vasta cultura teologica e umanistica.
9 A.S.N., Sommaria,
Dispacci, vol. 5, f.80 r-v.
10 Cfr. tabella relativa all'anno
1641 riportata nel testo.
11 Valga come esempio la situazione
del casale di Carciadi: il parroco D. Leonardo Gaetano, nella relazione
sullo stato della parrocchia (conservata in A.V.T.) in data 8 settembre
1672, dichiara che nella sua parrocchia ci sono i seguenti chierici:
Leonardo Gaetano - Rettore
Paulo Calello - semplice sacerdote
Andrea Di Luca - chierico celibe
Questi chierici seu diaconi selvaggi:
Luciano Seva - selvaggio di detta parrocchia
Lorenzo Barbalari - per secondo diacono
della medesma
Salvatore di Vita - selvaggio della terra
della Mensa
Domenico Vizzuni - selvaggio di essa
Mensa
Jacopo e Matteo Pontoriero - selvaggi
Analogamente dichiara il parroco di S.
Pietro in Ricadi nello stesso anno 1672: <<...in detta chiesa parrocchiale
vi sono due sacerdoti semplici vd. D. Francesco Vallone, e D. Antonio Lazzaro,
e il Ch.co selvaggio Domenico Scrugli...>>, oltre allo stesso parroco D.
Pietro Vallone.
Il parroco della parrocchia di S. Zaccaria,
pure in Ricadi, dichiara ancora nel 1672: <<In detta chiesa parte
vi sono li infrascritti Ch.i videlicet li Ch.i Francesco e Giuseppe Montanaro,
Ch.co Alessandro di Reggio e Diacono Selvaggio di detta chiesa è
oggi Francesco Borello>>, il rettore è D. Gio. Ant. Montanaro.
E' da tener presente che la popolazione
di ciascun casale è di circa 400 anime nello stesso periodo.
La documentazione riferita si trova in
A.V.T., Visita pastorale... cit.
12 le due parrocchie di Ricadi
vengono menzionate in tutti gli atti vescovili da noi esaminati (visite
ad limina, Visite pastorali, Sinodi diocesani). nell'ambito delle due
parrocchie vi sono, oltre alle due chiese parrocchiali, altre tre chiese
filiali: S. Maria della Misericordia, S. Sebastiano, S.
Maria del Monte Carmelo, di questi edifici di culto non si farà
più menzione nei documenti posteriori al terremoto del 1783, mentre
viene ricordata, sia prima che dopo un'altra chiesa nel territorio del
casale: S. Maria dello Reto, detta pure di Galilea, posta
sulla riva del mare, la cui cura è affidata al Capitolo della Cattedrale
di Tropea.
La relazione del parroco D. Gio. Ant.
Montanaro 'redatta l'anno 1688 per ordine di Mons. Sig. Nostro Ill.mo e
Rev.mo fra Luigi De Morales vescovo di Tropea' testimonia sulla divisione
personale delle due parrocchie: <<Detta parrocchia circa la cura
dellle Anime non tiene confini separati con la parrocchia di S. Pietro
di detto casale, essendo detta cura di anime divisa tra dette parrocchie
per via di famiglie>>.
13 A.V.T., Relazione del parroco
Carlo D'Aversia, parroco di S. Pietro in data 3 marzo 1777: <<Nella
medesima arcipretale chiesa vi è la cappella sotto il titolo della
Beatissima Vergine della Romania, nella quale vi è una congregazione
di Villani senza insegne e viene govarnata dal Procuratore Giacomo Melidoni,
eletto dalli fratelli Villani di detta Congregazione>>.
14 A.V.T., Acta Visitationis
pastoralis: nella visita del vescovo Ibanez del 1725 è annotato:
<<Fuit mandatum is Parochis sub poenis arbitrio Ill.mi et Rev.mi
D.ni infligendis quatenus per sex menses continuos videlicet a mense maji
per totum mensem octobris celebrare habeant missam matutinalem alternatim
videlicet unus die festivi vel dominica alter in altero. Parochus qui dicere
debet missam pro commoditate populi>>. ;olti altri interventi del vescovo
sono documentati dai decreti custoditi nell'archivio parrocchiale di S.
Zaccaria.
15 Cfr. le dichiarazioni dei
parroci sulla pubblica moralità, riportate più avanti nel
testo.
16 Cfr. in Appendice le regole
della Confraternita del casale di Carciadi.
17 Cfr. la tabella sulla quantità
del clero, nel testo.
18 A.V.T.: sono molti i documenti
che riguardano la diminuizione o la risoluzione degli oneri di messe, per
l'insufficienza o la carenza delle rendite.
19 Cfr. tabella sulla quantità
del clero, nel testo.
20 I dati sono ricavati dalle
platee delle due parrocchie, tuttavia i riferimenti patrimoniali per tutti
gli enti ecclesiastici della diocesi di Tropea sono rilevati dalla platea
compilata da D. Gio. B.sta Petrinelli nel 1787, custodia in A.V.T.
21 Ciò è possibile
riscontrarlo sia nelle numerazioni dei fuochi citate, sia nelle platee
delle varie parrocchie ed enti ecclesiastici i cui beni spesso sono descritti
come confinanti con quelli dell'ospedale, dei conventi o monasteri o di
ecclesiastici tropeani.
22 Le note dei libri dei parroci
di questo periodo sono oggetto di una nostra ricerca sulla cultura del
clero tropeano che sarà prossimamente pubblicata.
23 Cfr. le relazioni dei parroci
sulla moralità riportate sul testo.
24 Queste citazioni sono desunte
dai libri parrocchiali di Tropea.
Il fenomeno degli illegittimi, come quello
della schiavitù, appaiono così vastamente diffusi da lasciar
credere a una prassi normale.
25 A.V.T.: Le relazioni dei
parroci sono comprese nel fascicolo Visita Pastorale e parrocchie suburbane
di Tropea.
26 Pochi anni prima, nel 1687,
il vescovo Figueroa aveva celebrato un sinodo.
27 Synodus Tropeiensis
ab illustissimo et reverendissimo Domino F. laurentio Ibanez de Atys et
Arilla natione hispano, Ordinis Eremitarum Sancti Augustini, Lectore iubilato,
atque S. T. Doctore, et in Universitate Oscensi, Sacrae Paginae Interprete,
et in Metropolitana Caesaaugustae Diocesi, Examinatore Synodali, Dei, et
Apostolicae Sedis gratis Tropeano Episcopo, Regioque Consiliario.
Ubi plures Praedecessorum suorum constitutiones,
iam promulgatae, declarationibus confirmantur, novaque non pauca decreta,
atque addita valde utilia, paesenti Ecclesiae statui congruentia superaddita
sunt: in Cathedrali Tropeae celebrate, Die 13 Marti J.D.ni anno 1702.
MESS. Typis Cam. Vincentij de Amico
1702.
28 Ibidem, Promulgazione del
Sinodo.
29 Ibidem.
30 Ibidem, Pars prima, Institutio
secunda, 2.3.4.
31 Ibidem, Institutio quaranta,
11.14.
32 Ibidem, Institutio quinta,
10.
33 Ibidem, Institutio quinta,
12; Institutio sexta, 1.4.
34 Ibidem, Institutio octava,
6.
35 Ibidem, Institutio octava,
9.
36 Ibidem, Institutio quinta,
6.
37 Ibidem, Institutio nona,
7.8.
38 Ibidem, Institutio nona,
12.
39 Ibidem, Institutio decima,
Casus Episcopo reservati, quibus non est annexa excommunicatio, 6. Viene
invece comminata (Bulla caena Domini), in usurpantes iurisdictiones, fructus,
redditus, et proventus ecclesiasticos, sine livcentia Papae: Excommunicationes
in Bulla Caenae Domini, 17.
40 Ibidem, Institutio decima
quarta, 3.
41 Ibidem, Institutio decima
quinta, 5.
42 Ibidem, pars secunda, Unstitutio
prima, 2.4.6.9.12.
43 Ibidem, 5.
44 Ibidem, 17.
45 Ibidem, Institutio secunda,
1.3.
46 Ibidem, Institutio decima
secunda, 10, Pars tertia, Istitutio decima quinta, 13.14.15.
47 V. CAPIALBI, Memorie
per servire alla storia della santa chiesa tropeana, Napoli, 1852.
48 Una lunga e minuziosa narrazione
dell'episodio da un'ottica paternalistica e nobiliare è riportata
da N. SCRUGLI, op. cit.
49 Per i diaconi selvaggi
cfr. Sinodo Ibanez, Pars Tertia, Institutio tertia, 1.2.3.4.
50 Per quanto riguarda la
consistenza patrimoniale della Mensa vescovile di Tropea si veda A. PLACANICA,
Il
patrimonio ecclesiastico calabrese nell'età moderna, Frama S.,
Chiaravalle, 1972.
51 G. CANDELORO, Storia
dell'Italia moderna, Milano, Feltrinelli, 1956.
52 Per quanto riguarda più
specificamente gli aspetti economici del territorio nel periodo che stiamo
trattando si veda la comunicazione di PASQUALE D'AGOSTINO al VI Congresso
storico calabrese riportata in questa stessa miscellanea.
53 Cfr. Sinodo Ibanez, Pars
Tertia, Insitutio decima prima.
54 Ibidem, Pars tertia, istitutio
septima.
55 Una attestazione, che risulta
anche drammatica, sulla povertà, ci è data già dal
Sinodo Ibanez, Pars Tertia, Istitutio decima quinta, 3.
Per la riforma delle decime fatta dal
Marchese di Fuscaldo si veda la rispettiva documentazione in Appendice.
56 Cfr. in Appendice l'elenco
delle visite pastorali nel 1700.
57 Cfr. A. LEPRE, La rivoluzione
napoletana del 1820-1821, Editori Riuniti, Roma, 1967.
58 Cfr. La Relazione di P.
Villani al VI congresso storico calabrese contenuta in questa miscellanea.
59 Antonio Despuig y Dameto,
nato a Palma di Maiorca il 30 marzo 1745, morì a Lucca il 2 maggio
1813. Ci ha lasciato una delle migliori relazioni sul terremoto del 1783
in 15 pagine manoscritte, opera di qualche suo copista, dal titolo Varias
observaciones hechas en el terremoto acaecido en la Calabria ulteriore,
ano de 1783, che viene riportata in Appensice per la parte che ci riguarda.
60 Cfr. G. CINGARI, Giacobini
e sanfedisti in Calabria, Messina - Firenze, 1957.
61 Cfr. in Appendice l'elenco
dei vescovi di Tropea nel 1700.
62 A.V. Visita ad limina dell'anno
1808.
Una lettera circolare del vescovo Mele
in data 23 giugno 1813 con la quale annuncia la visita <<A molto
Rev.i Arcip.ti, Parrochi, Economi Curati della Diocesi Inf.re>> dimostra
quanto fossero allentati i vincoli della disciplina ecclesiastica che si
cerca di ripristinare inutilmente con le minacce. Il vescovo, dopo aver
detto che è <<questo (la visita pastorale) l'unico
mezzo che può metterci a giorno della condotta, e disciplina del
nostro diletto clero>>, precisa: <<Noi nell'esecuzione di
questo sagro dovere ci vestiamo del carattere di Padre; ove troveremo casa
da riprendere, useremo le paterne ammonizioni, ma dove troveremo riluttanza,
e poca disposizione a camminare per lo retto sentiero, ci avvaleremo dei
mezzi, che la Legge ci accorda, e la Polizia di questo Regno ci prescrive,
anzi se il bisogno lo richiese non mancheremo farne rapporto a S.E. il
Gran Giudice Ministro della Giustizia, del Culto per le analoghe disposizioni>>.
L'Appendice sarà
pubblicata
nelle prossime tornate