BIOGRAFIA
di Giuseppe Tedesco
Melo Tedesco è nato a Tropea il 18 aprile 1926. Nell'immediato dopoguerra lascia la sua terra natia e intraprende il suo viaggio sul mondo per dare una svolta diversa alla sua esistenza caratterizzata da una grigia quotidianità. E in ogni tappa lascia frammento di se, del suo ecletismo artistico. The Pike (Royal Academy No. D7494) Dopo una breve sosta a Parigi, raggiunge Londra dove inizia la sua esperienza artistica occupandosi soprattutto di scultura. copiose e apprezzate le sue statue in pietra e in bronzo (una sua opera viene premiata dall'Accademia Reale di Londra). A Londra riceve l'invito del Governo Australiano a recarsi ad Adelaide per dare un contributo allo sviluppo artistico del paese, in questa città vive e lavora per alcuni anni e continua ad occuparsi di scultura e pittura.
Fra le opere di questo periodo assume particolare rilievo il Crocefisso in bronzo, realizzato su commissione del Governo, che occupa la navata centrale della Cattedrale di Porto Augusta (l'originale configurazione del volto di Cristo con gli occhi aperti suscita una singolare disputa fra critici e studiosi di arte sacra con vasto eco sulla stampa). Ma Melo non si integra nell'ambiente che gli diventa sempre più estraneo. Allora rifà il suo zaino e parte per il mitico oriente che gli offre subito esaltanti stimoli e sensazioni che trasferisce nella modulazione creativa della pennellata, tutta giocata a catturare e incorporare nella tela il misterioso fascino che si sprigiona da quel crogiolo di antichissime civiltà. E si stabilisce a Taipei, che resta una tappa importante della sua evoluzione artistica. Dove, fra l'altro, scolpisce Chang-Kai Shek (una statua in bronzo di rilevanti dimensioni). Dopo una sosta negli Stati Uniti ospite di tante rinomate gallerie, la sua perenne irrequietezza lo riporta in oriente. Esplorato l'arcipelago indonesiano, si ferma a Bali dove crea un sodalizio con gli altri artisti apolidi. E nell'incanto della "Isola degli dei" dà sfogo alla sua vena pittorica che si esalta di colori solari e immagini esotiche attinte nella variegata etnia locale.
Nell'autunno del 1990 il viaggiatore solitario torna a Tropea per immergersi e rigenerarsi alle sue fonti primigenie. Forte della sua capacità fabulatoria dell'immagine - così ridondante di echi, risonanze e suggestioni - tenta di ritrarre fra souvenir e ricordi del suo paese natio, restituendo col pennello agli spazi antichi i tempi antichi. E il risultato di questo suo progetto della memoria influenzato da un forte impatto emotivo, si rileva con un tentativo - certamente fantastico e provocatorio ma non privo di suggestioni - di cancellare i guasti della dissennata politica urbanistica del dopoguerra che hanno compromesso l'identità storica di un paese le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Le sue tele, che sfiorano la cartolina illustrata, ci propongono "vinee", piazzette con l'acciottolato animati da tipici personaggi della storia di ierivetusti palazzi impreziositi da portali in granito e la Cattedrale normanna. E accanto alla rupe degradata da colate di cemento, che regge l'antico contesto urbano, Melo ci ripropone la Chiesa dell'isola, assurta a simbolo della ridente cittadina su cui indugia il sole al tramonto o si cristallizano i raggi della luna. E la visibilità evolve in visione perchè quel che si vede coinvolge la nostra interiorità.