15 agosto 2005


Sperlonga. La grotta di Tiberio.

SPERLONGA, UNA MAGA PER RAF

I luoghi dell’estate/ Se ne innamorò girando un film con Lucia Bosè.
Poi, Vallone vi si stabilì per sempre ospitando Albert Camus, Arthur Miller.
E star come BB e Marlene Dietrich, che cercò di sedurlo
 


di COSTANZO COSTANTINI


ERA stato Raf Vallone a scoprire fra i primi, nel dopoguerra, la bellezza di Sperlonga, la cittadina laziale che si è come formata da sé, è cioè il frutto d’una sorta di architettura spontanea fatta tutta di pietra bianca, casa su casa, visibilmente asimmetrica ma proprio per questo singolare e affascinante, inimitabile dalla mano dei costruttori professionali. Nel 1949 Vallone, che aveva esordito come attore di teatro, era stato uno degli interpreti principali di Riso amaro , il film con il quale Giuseppe De Santis, il regista nativo di Fondi, aveva lanciato Silvana Mangano. nel 1950 Giuseppe De Santis lo aveva richiamato per Non c’è pace fra gli ulivi , il film nel quale gli aveva affiancato Lucia Bosè e che era stato ambientato tra Fondi e Sperlonga. Vallone si era talmente innamorato di Sperlonga, che vi aveva acquistato dapprima una casa verso l’alto e poi una seconda casa in basso, nelle quali passava le estati con la famiglia la moglie Elena Varzi e i figli Saverio, Eleonora e Arabella ed invitava gli amici. Nel 1959 Raf Vallone, che nel frattempo aveva interpretato vari altri film, era esploso come un attore teatrale di grande scalpore. Aveva interpretato a Parigi, recitando in francese, Uno sguardo dal ponte , il dramma di Arthur Miller che era stato messo in scena da Peter Brook al teatro Antoine. All’anteprima era presente addirittura De Gaulle, accompagnato dal fior fiore dell’intellettualità parigina: Albert Camus, Jean Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Eugène Ionesco, Jean Anouilh, Jacquez Chirac, Coco Chanel, Christian Dior. Lo spettacolo era rimasto in cartellone per circa due anni, fra gli elogi sperticati della critica e l’entusiasmo crescente del pubblico. Un successo memorabile. E’ alla fine degli anni Cinquanta che Raf Vallone incomincia ad invitare a Sperlonga i suoi amici. Uno dei primi è Albert Camus, il mitico autore di Lo straniero , Il mito di Sisifo , Caligola , Premio Nobel per la letteratura. Camus ne resta incantato, anche perché Sperlonga gli ricorda la natia Algeri con le sue case bianche, lungo le quali si arrampicano le rose. L’attore e lo scrittore hanno, fra l’altro, qualcosa in comune: il giornalismo. Negli anni del dopoguerra Vallone curava la terza pagina de L’Unità di Torino, Camus scriveva veementi editoriali su Combat . Sebbene incarnasse, insieme a Jean Paul Sartre, la coscienza morale della Francia, Camus era un uomo molto spiritoso, ironico e divertente, pur se tendente alla malinconia e alla depressione. Nella lunga intervista concessa a settant’anni a Michal Contat, Sartre diceva, con scherzosa affettuosità, che Camus era un ”teppista algerino”, amante delle belle donne e del football, e che si dilettava a raccontare barzellette lascive, che la moglie e Simone de Beauvoir fingevano di non capire. Poi i rapporti fra i due scrittori si erano interrotti, ma nel 1960, quando Camus morì in un incidente automobilistico, Sartre scrisse che non c’era stato avvenimento in Francia o altrove in occasione del quale non si fosse chiesto che cosa ne avrebbe l'autore della Peste . Vallone, come molti altri in Italia, ebbe uno choc alla notizia della morte del grande scrittore.

                
A sinistra: Albert Camus fu uno dei primi straordinari ospiti di Vallone a Sperlonga negli anni Cinquanta.
A destra: Arthur Miller fu ospite di Raf Vallone a Sperlonga dopo il fallimento con Matylin Monroe.

Dopo Camus, Vallone ospitò a Sperlonga Arthur Miller, che era con moglie e la figlia. Erano ormai lontani i ricordi del suo tempestoso matrimonio con Marilyn Monroe e il drammaturgo soleva fare lunghe passeggiate lungo le strade della cittadina ammirandone la bellezza e gustando i prodotti tipici locali. Nei giorni scorsi è stato reso noto il diario dello psichiatra che aveva avuto in cura la Monroe. L’attrice gli aveva confidato che si era sbagliata nello sposare Arthur Miller, perché il drammaturgo non la considerava intelligente, la escludeva dalla sua vita intellettuale e s'intendeva così poco di cinema che The Misfits , il film che aveva scritto per lei, era stato un fallimento. Ma la realtà è alquanto diversa. Il regista di The Misfits , John Huston, mi disse, in una intervista che mi concesse a Roma, che il film era fallito perché la Monroe arrivava sul set sempre in ritardo e in condizioni penose. La cosa mi fu confermata dallo stesso Miller in un colloquio che ebbi con lui nel 1970 a New York. Negli anni Sessanta Vallone ospitò a Sperlonga anche Brigitte Bardot, l’attrice più clamorosa del momento, l’interprete di Et Dieu créa la femme, che Jean Cocteau aveva salutato come una dea in un mondo ormai privo di dei. Nel 1962 la Bardot era stata a Roma per il lancio del Disprezzo , il film che Jean-Luc Godard trasse dal romanzo omonimo di Moravia. Era ancora scalpitante, ma mostrava già i segni della nevrosi che l’avrebbe travolta spingendosi a tentare di uccidersi.

     
A sinistra: Vallone con Marlene Dietrich che gli fece una corte serrata negli anni Sessanta.
A destra: Lucia Bosè in una scena di 'Non cìè pace tra gli ulivi' (1950) ambientato tra Fondi e Sperlonga.

Ma la presenza a Sperlonga di Brigitte Bardot, che pure aveva lasciato fra le ragazze della cittadina il ricordo della sua immagine abbagliante, fu surclassata decisamente dal soggiorno d’una diva internazionale di suprema grandezza: Marlene Dietrich. Il soggiorno della memorabile interprete dell’ Angelo azzurro ha bisogno di un preambolo. Quando Vallone recitava in uno Sguardo dal ponte al teatro Antoine, Marlene, che si esibiva all’Etoile, aveva concepito per l’attore italiano una passione struggente. Nel tentativo di incontrarlo e di sedurlo, si era trasferita nello stesso albergo, dove, con la complicità dei camerieri, gli dava una caccia accanita. Ma non aveva ottenuto altro che un mazzo di rose. In seguito Raf e Marlene si erano incontrati ad una cena in casa di Jean Pierre Aumont e Marisa Pavan. L’attrice ne era rimasta folgorata, ma l’attore aveva continuato a resisterle. Era nata però fra loro una grande amicizia e successivamente Vallone l’aveva ospitata a Roma e a Sperlonga. Durante il suo soggiorno romano, Vallone mi aveva invitato ad un tè nella sua casa ai Parioli. La Dietrich aveva superato i sessant’anni ma aveva ancora delle bellissime gambe, se non anche il fascino ambiguo e inquietante di quando era più giovane. Mi disse, fra l’altro, che si divertiva a immaginarsi i propri funerali, ai quali Jean Gabin sarebbe accorso per primo, mentre Eric Maria Remarque, l’autore di All’Ovest niente di nuovo , sarebbe andato in una chiesa sbagliata e a un funerale sbagliato. A Sperlonga la Dietrich soleva recarsi al mercatino del centro storico per acquistare gli alimenti con i quali preparava dei manicaretti a suo dire squisiti ma in realtà immangiabili. Nel 1992, quando l’attrice si spense a Parigi all’età di 90 anni, Vallone diede a Il Messaggero l’articolo che la Dietrich aveva scritto su di lui nel 1959 per un giornale francese ma del quale l’attore, per pudore, aveva fatto rinviare la pubblicazione. Diceva, fra l’altro, quell’articolo: «Raf Vallone possiede quella personalità che nel mondo del cinema si suole definire come crevant
l’écran, cioè che buca lo schermo. Al Teatro Antoine egli crevait la scéne , gli occhi del pubblico non lo abbandonavano mai».