Il dipinto sull'Altare Maggiore della Chiesa di San Nicola della Marina in Tropea che rappresenta
San Nicola, Santa Domenica e la Madonna di Romania nell'atto di proteggere la città di Tropea ed il suo porto.

IL CULTO DI SAN NICOLA
E IL DIPINTO DELLA CHIESA
DI SAN NICOLA DELLA MARINA
IN TROPEA
 
 

di Salvatore Libertino
 
 









Pochi giorni ancora e avrà inizio la Santa Novena in onore di San Nicola, che si festeggerà in tutto il mondo il 6 dicembre, ma non a Tropea dove in passato, fino a qualche tempo fa, era uno dei santi più venerati.
Di Nicola di Mira non si hanno per certi nè il luogo nè l'anno di nascita. Gli agiografi per quanto riguarda il paese natale propendono per Pàtara di Licia, mentre la data di nascita viene collocata tra il 260 ed il 280. Pare sia stato uno dei 318 partecipanti del Concilio che si tenne a Nicea nel 325. E' certo invece che la morte lo abbia colto a Mira il 6 dicembre dell'anno 343. Per il forte zelo con il quale diffondeva la fede cristiana Diocleziano lo fece imprigionare ed esiliare. Nel 313 Costantino lo restituì alla libertà. Il culto si diffuse dapprima in Asia Minore. Continui erano i pellegrinaggi dei devoti che si recavano in qualsiasi periodo dell'anno presso la sua tomba, posta fuori dell’abitato di Mira. Numerosi codici greci e latini ne fecero progressivamente diffondere la venerazione in Occidente attraverso il mondo bizantino, a partire da Roma e dal Meridione d'Italia, allora soggetto a Bisanzio.
La diffusione del culto nel mondo occidentale prese le mosse nel 1087, sotto il dominio normanno, con la spedizione navale partita dalla città di Bari con lo scopo di impadronirsi delle spoglie del Santo che nel 1089 vennero poste nella cripta della Basilica eretta in suo onore. Nell'impresa i marinai baresi anticiparono quelli veneziani, anche loro interessati alle ossa di Nicola. Una volta ritornati a Bari, posero la prima pietra della Basilica nel luogo dove i buoi che trainavano il carico dalla nave si fermarono irrevocabilmente. Gli animali sono ricordati nella decorazione della Basilica, nelle statue che li rappresentano ai lati del portale maggiore. Ai 62 marinai è invece dedicata una strada nella città vecchia.
Secondo la tradizione, Nicola aiutò tre ragazze, il cui padre non potendo sposarle per mancanza di dote, aveva deciso di mandarle a prostituirsi. Per tre notti gettò dalla finestra nella loro stanza sacchetti di denaro che costituirono le doti delle fanciulle, salvandone la purezza.
In Italia lo venerano i marinai (aveva salvato una nave da una terribile tempesta), i commercianti (la sua effigie la troviamo nello stemma della Camera di Commercio di Bari), i contadini che a lui si raccomandano per il raccolto e che, alla loro volta, lo invocano protettore degli animali, in particolare degli armenti, le ragazze e le donne nubili e poi i bambini che appendono sul balcone gli stivali vuoti per ritrovarli la mattina della festa ricolmi di leccornie e giochini.
Quando il culto si sparse in Europa, divenne ben presto uno dei santi più popolari del cristianesimo e protagonista di molte leggende riguardanti miracoli a favore dei bisognosi. Il suo emblema nell'iconografia tradizionale è il grande mantello, il pastorale vescovile e tre sacchetti di monete (o anche tre palle d'oro). Fu portato nel continente americano, a New York, dai coloni olandesi (è protettore della città di Amsterdam), sotto il nome di Santa Klaaus. Oltre che di Bari, il santo è oggi patrono, per volere della gente, di una miriade di città o di loro frazioni, dislocate in tutto il territorio nazionale. Secondo la tradizione, viene festeggiato il 6 dicembre, data della sua scomparsa, durante la quale appunto si offrono i doni (la strenna) ai bambini buoni. In alcuni paesi dell'Europa orientale, la tradizione vuole che porti una verga ai bambini non meritevoli, con cui i genitori possano punirli. A Bari il culto è molto sentito, e la prima domenica di maggio il Santo viene festeggiato con una lunga festa/sagra che fa rivivere con interessanti rappresentazioni l'evento della traslazione del suo corpo nella città levantina con il passaggio di una caravella sul lungomare.

A Tropea e nel territorio circostante molte sono le vestigia rimaste del culto per San Nicola. Iniziamo col dire che dentro le mura della città diverse sono state le chiese vocate al Santo a cominciare dall'originaria cattedrale, eretta sulla rupe al tempo di Papa Leone III e cioè dopo l'assedio dei saraceni dell'anno 840, nello stesso luogo dove si sviluppò successivamente l'insediamento dei Gesuiti. L'antica chiesa si chiamò Cattolica, perchè la Calabria fu costretta dagli imperatori bizantini a seguire il rito greco e in seguito fu intitolata a San Nicola e col tempo chiamata S. Nicola della Cattolica ed ebbe anche funzione di parrocchia. Altre chiese intitolate al Santo furono quella di San Nicola della Piazza, anch'essa parrocchia, sorta nell'attuale Largo Barone, e l'altra, piccola ma non meno importante alla Marina, denominata San Nicola della Marina, che addirittura costituiva prebenda di uno dei diciotto canonici facenti parte del Capitolo Cattedrale. Anticamente con il nome di San Nicola fu eretta l'importante confraternita, tuttora operante, 'Congregazione Nobile dei Bianchi di S. Nicola sotto il titolo della SS. Vergine di Romania'.
Dopo i danni provocati dallo sconvolgente terremoto del 1783, Tropea subì una radicale rivoluzione urbanistica voluta dal governo centrale e dalla stessa amministrazione comunale. Furono tagliati e fatti sparire i piani superiori dei palazzi nobiliari, rasi al suolo interi edifici, anche religiosi, per dare posto agli slarghi, che avrebbero avuto la funzione tecnica di sfoghi in caso di sisma, create arterie come Corso Vittorio e le quattro vie trasversali, Via Roma, Via Indipendenza, Via Garibaldi, Via Vianeo, facendo assumere al centro della città la pianta a croce greca. Tale rivoluzione sconvolse in gran parte l'organizzazione ecclesiastica cittadina e col tempo anche il culto legato ai vari santi venerati nel passato, come quello di San Nicola.
Nel circondario il culto fu più o meno mantenuto come nei tempi andati. A Nicola di Mira infatti sono state dedicate chiese a Dafinacello, a Caria, a S. Nicolò di Ricadi ed anche a Brivadi dove uno storico locale, un certo C. C. non meglio identificato, attraverso le pagine del Gazzettino di Tropea del 1908, ci tramanda che durante la solennità del Santo venivano distribuiti ai poveri dei piccoli pani 'i panettei di S. Nicola'.
Altre vestigia sono costituite da alcuni dipinti settecenteschi del tropeano Gaetano Bagnati raffiguranti l'Immacolata tra San Nicola e San Gaetano da Thiene, in mostra presso il locale Museo Diocesano, e l'Immacolata tra San Nicola e San Giuseppe, appeso alla parete dell'ingresso del Collegio dei Gesuiti.
Oggi il culto per il Santo è praticamente scomparso. Nel 1940 l'etnologo tropeano Giuseppe Chiapparo pubblicò un saggio sui 'Canti popolari della Calabria', di cui molti appartengono alla tradizione tropeana, ma di San Nicola non c'è proprio nulla.
Pochi sanno però che alla Marina del Vescovado esiste una chiesetta, quella appena sopracennata, a lui dedicata dove regolarmente ogni domenica alle 1030 viene officiata la S. Messa per la comunità dei marinoti da parte di don Francesco Muscia, parroco della chiesa di San Francesco di Paola. Ormai la chiesetta è stata inglobata dalle costruzioni sorte nelle immediate vicinanze e addossate alle sue pareti fino a farla passare anche ai più attenti inosservata, anche se talvolta si fa sentire in lontananza il suono della sua piccola campana. Qualcuno del posto ricorda la piccola festa che fino ad una cinquantina d'anni fa veniva riservata al Santo dei marinai dai fedeli che intonavano i mottetti durante la Santa Novena, che ancora oggi continuano ad essere stampati, a cura della Congrega del Carmine, nello stesso opuscolo dedicato al culto della Madonna del Carmine e di Santa Maria Maddalena. In passato infatti era il parroco della chiesa del Carmine ad aver adottato quella di San Nicola della Marina nelle funzioni religiose. Sono ancora vive nel ricordo di Romana Gentile, custode della chiesetta, le figure di don Francesco Godano o in tempi più recenti dell'abate 'Nofrio, don Onofrio Godano, quando scendevano direttamente dal Carmine alla Marina percorrendo un piccolo e scosceso sentiero per le falde del costone. Quando da sotto veniva avvistato in lontananza il nero della zimarra dell'abate 'Nofrio, che per la polvere si andava sempre facendo più bianca, si suonava la campana per chiamare a raccolta i fedeli nell'imminente inizio della funzione religiosa. La tradizione richiedeva che durante la notte del 5 dicembre venisse bollito un certo quantitativo di granone di cui per devozione l'indomani si sarebbe degustata una piccola manciata. Il giorno della festa il granone era quindi ancora umido e si diceva a gran voce essere stato bagnato/pisciato da San Nicola.


Particolare del dipinto sull'Altare Maggiore della Chiesa di San Nicola della Marina in Tropea, raffigurante
lo specchio d'acqua di mare sotto la rupe di levante, antico porto della Città e sede del valoroso arsenale del Lumia.

Sull'altare maggiore della chiesetta, nella cui alzatina della facciata dove è collocata la piccola campana compare la scritta 1791, è appeso un quadro votivo che rappresenta San Nicola, Santa Domenica e la Madonna di Romania nell'atto di proteggere la città di cui si intravede lo scorcio dello specchio d'acqua di mare, sotto la rupe di levante, l'antico porto dove anticamente sorgeva il valoroso Arsenale della Lumia. E' un dipinto, che misura 1 metro per 1 metro e 45, che col passare del tempo è come se avessse avuto il ruolo di deumidificatore del piccolo locale, di cui ha assorbito tutte le umidità possibili, che hanno fatto sparire la tempera originaria nei bordi e nella parte centrale, lungo una cucitura che divide in due la tela. Negli ultimi decenni l'edificio religioso è stato come abbandonato dagli enti ecclesiastici responsabili e più volte la famiglia Gentile si è sentita in dovere di intervenire a proprie spese per sistemare sia l'ambiente murario interno, divenuto col tempo fatiscente, sia la copertura che, sconnessa in vari punti, faceva penetrare dentro l'acqua piovana allagando il locale. Ma nonostante le ripetute grida d'allarme del dr. Antonio Gentile alle istituzioni competenti, nessuno si è mai occupato del dipinto, di cui non si conosce nè autore nè epoca di esecuzione. Tuttavia gli ori indossati dall'effige della Madonna di Romania, come da quella del Bambino, sembrerebbero simili a quelli che attualmente è dato vedere durante la processione e ciò farebbe ritenere che il periodo di esecuzione dell'opera sia posteriore a quello dell'incoronazione della Madonna avvenuta il 9 settembre 1877 con diploma del Capitolo Vaticano del 24 marzo dello stesso anno.



Differenze e identità dei particolari tra i due dipinti della Madonna di Romania
.

Sulla parte destra in basso, impresso nella tela ormai priva della tempera, si può leggere, con la dovuta attenzione, il nome 'Mazzitelli' che potrebbe essere il committente del dipinto. Ricordiamo che un certo Mazzitelli fu l'imprenditore tropeano che realizzò proprio nella zona dove si trova la chiesetta due concerie, di cui per la prima fabbrica nel 1825 fu costruito l'edificio che ora ospita la Casa di Carità di don Francesco Mottola.
Si trattava di una voluminosa e articolata industria per concia di cuoio e pelli alimentata dalle acque della Bulmaria e Lumia che fu attiva per almeno trenta anni. Il Mazzitelli si avvalse di maestranze francesi ed assunse un direttore, un capo operaio e quattro cuoiai, tutti marsigliesi. Nella prima concia chiamata "Riviera" i cuoi venivano puliti con soluzioni di calce, mentre nella seconda, chiamata "Correderia" venivano poi seccati, compressi e colorati. La fabbrica dava lavoro ad almeno 80 operai. Le esportazioni dei prodotti avvenivano soprattutto nel Regno, a Trieste, Marsiglia ed Olanda ed ottennero premi e riconoscimenti in mostre e fiere nazionali.


Il dipinto della chiesa di San Nicola della Marina in Tropea che raffigura San Nicola,
Santa Domenica e la Madonna di Romania.

Ritornando al nostro vecchio dipinto, occorre dire che, come si vede nella foto, versa in precarie condizioni e quindi ha bisogno urgente di essere restaurato. Anche se abbiamo a che fare con una bottega d'autore non troppo blasonata, l'opera ci piace molto e ci affascina. Essa appartiene a quell'umile arte locale capace di esprimere i veri sentimenti popolari della fede religiosa rappresentando, tra l'altro, la vera effigie della Madonna di Romania, prima del restauro, e cioè l'originaria, e la veduta dell'antico porto, che ci ricorda il valore e la capacità della marineria tropeana devota a quel Santo venuto dall'Oriente. Tutte queste caratteristiche fanno sì che dal punto di vista documentale la tela presenta dei pregi notevolissimi e delle motivazioni validi ad invocare e giustificare un restauro conservativo, un vero recupero della memoria quindi, perchè possa continare ad emozionare ed evocare alle nuove generazioni i miti e la storia dei luoghi e delle genti. Quegli stessi sentimenti appartenuti da secoli e che tuttora vivono nell'animo della comunità tropeana del Rione Marina.
Al riguardo, don Francesco Muscia, attuale parroco officiante, ha voluto fare un appello alla sensibilità degli organi competenti in materia di conservazione dei beni culturali, alla benevolenza degli operatori del settore della zona e a quella dell'opinione pubblica in generale. E' ovvio che a tale appello si associa tutta la Comunità della Marina e il dr. Antonio Gentile, la cui famiglia è ormai da secoli custode del luogo di culto.


L'appello di don Francesco Muscia

  ©TropeaMagazine

A completamento di quanto detto in precendenza si trascrivono di seguito le strofette che i fedeli tropeani erano soliti cantare durante la Novena in onore a S. Nicola, stampate a Tropea il 2 giugno del 1905 con Imprimatur del Vescovo Domenico Taccone Gallucci. In essi, come si noterà, sono condensati gli echi delle imprese del Santo, dei miracoli, dei digiuni, dell'elezione a pastore della città di Mira, dello zelo di propagare la santa fede che gli costò l'allontanamento in terre remote, nonchè della sua morte.

Deh cantiamo le imprese stupende
Di Nicola, Prelato di Mira
Per le preci già nasce, già spira
L'aure dolci di belle virtù.

Bambinello si avvezza al digiuno,
Giovinetto rimase pupillo;
Non si turba, ma lieto, tranquillo
Col mendico si stringe vieppiù.

A tre figlie ritrova tre sposi,
E le salva di un empio consiglio
Prega il cielo, e dal grave periglio
Del mar salva la nave, e il nocchier.

Già di Cristo la urna e la tomba
Vede, e torna, e di Maria è Pastore;
Qui difende la vita, e l'onore
A tre duci del campo guerrier.

Fra gli applausi, fra gl'inni di gloria
Ei rimonta di Mira sul soglio;
Fuga d'Ario l'ardire, l'orgoglio,
Al suo Prence, al suo Nume fedel.

Se prudente, se giusto, se forte,
Se propaga di Cristo la fede;
Accusato, respinto si vede
In prigione lontana, e crudel!

Di Nicolò qui furono l'imprese,
Il vangelo è il suo libro assai grato,
E con questo il suo gregge ha guidato
Fra Beati, ove il giusto salvò.
 

Già dei giorni si annunzia l'estremo
E, morendo, egli esclama. gran Dio!
Io ti rendo lo spirito, ch'è mio,
Ma fido di eterna bontà.

Su sui canti la gloria del Padre
Su si canti la gloria del Figlio;
E risuoni del Santo Consiglio
In eterno la gloria e l'onor.