La regista Donatella Baglivo

 ...E DOPO CADDE LA NEVE
Una 'True Story Made in Italy'
di Donatella Baglivo
 

di Franco Vallone


All’interno di un pezzo di critica cinematografica, di una recensione di un film, bisognerebbe evitare di utilizzare la parola “bellissimo”. Il problema, se così si può definire, è che il film “…e dopo cadde la neve”, della regista romana Donatella Baglivo, è davvero bellissimo. Sono 90 minuti fitti di simbologie forti, mai casuali, che rimandano continuamente a messaggi mediati da colore, suono, immagine, percezioni semantiche, fotografia.
La sala del cinema Moderno di Pizzo è piena nonostante il tempo inclemente che insegue la serata. La Prima calabrese di questo film con un canovaccio intriso di carica emozionale classica del periodo in cui è ambientato. Sono appena passati gli anni settanta, si varca il ventennio che accoglierà il 2000, momento soglia carico di speranze, voglia di progetto e cambiamento. Siamo a Sud, nell’Irpinia dove tutto è danza, suono, ballo, musica e gioco, tradizioni profonde e percorsi ritualizzati da secoli ma anche apparizioni e miracoli inattesi come si racconta nel film per la Madonna del Castello di Oliveto Citra o per la presenza di SS. Giovanni Paolo II che guarisce con la sua presenza un giovane infermo.
La Baglivo parte con il suo film in modo quasi lento, utilizza una metrica filmica volutamente appesantita da ritmi cronologici scanditi e sottolineati da scritte in sovrimpressione. Mostra spaccati di esperienze riprese dalla vita di tutti i giorni. In queste “finestre” si intravedono sogni, speranze, l’erotismo velato di coppie che si stanno formando, il ludico gioioso di bambini. Tutto scorre nell’eterno quotidiano lento vivere del Sud’Italia. La regista sottolinea strati antropologici e sociali di un meridione in eterna contraddizione per un’attesa di cambiamento che tarda a realizzarsi. Il film si carica di segni che preannunciano qualcosa di forte, l’arancia di “Poeta” che è tonda e rossa come la luna, strana e piena, l’abbaiare nervoso di cani, la ritmica del film si fa incalzante. Poi il “fatto”, l’attimo eterno dove tutto cambia, sovverte, elimina e forse, qualche volta, perdona. È l’azzeramento di cose e di case, di storie  e di uomini, d’amori e di sogni con cui il mezzogiorno d’Italia è da sempre abituato a  convivere. La regista ci confida che girare quelle brevi eterne scene è stato il momento più faticoso e impegnativo, 90 secondi che mettono a nudo le miserie più vere di questo mondo.
Le scene del cataclisma sono veramente forti e realistiche, quasi eterne. Donatella Baglivo ha preferito realizzare queste scene senza l’utilizzo di finzioni di studio, computer grafica e polistirolo. Ha preferito muri veri, pesanti travi, tavole e polvere, ferro e calcinacci. Il risultato è visibile nel film. Questa scena ricorda, per affinità, l’inizio del film “Pompei 79 d.C.” dove il Vesuvio distrugge tutto in un attimo. Da queste scene del terremoto in poi il film della Baglivo cambia in un sapiente gioco di “ricostruzioni” e di “testimonianze” dove le vite recuperabili, quelle non completamente distrutte per sempre, cercano un riscatto, un recupero, un ricollegamento attraverso il filo rosso della tradizione raccontata, dell’identità mai perduta che unisce le generazioni di uomini in questi arcaici luoghi. Donatella Baglivo sente sua la storia, vive le struggenti esperienze di luoghi e persone. Come in una sorta di Sindrome di Stendhal la regista penetra nel film che deve ancora girare, nelle storie narrate, raccontate, gridate e denunciate. Un film forte dicevamo che - come la regista stessa tiene a precisare – ha dato non pochi problemi politici. Tentativi di manipolazione da parte d’istituzioni e mafie per cercare di alleggerire la trama filmica, le forti tracce di inquinamento ambientale ecologico e sociale economico. Il risultato è stato quello di ritorsioni economiche, di vere e proprie minacce personali. Donatella, come si vede nel film, non si è piegata a queste pressioni.
I suoi attori, sono stati anche le auto che compaiono nel film, una 2 cavalli, alcune 600, e tante Fiat 500 che compaiono continuamente nel film. Con i diversi colori della carrozzeria Donatella scandisce anche le cronologie del film con le mode, i costumi e i modi. Sottolinea poi, con una lussuosa Citroen Pallas cabriolet,  la potenza e la raffinatezza del “barone” benefattore. La “fine” che non c’è perché la storia continua nella vita reale di tutti i giorni dell’Irpinia di oggi, rinnovando tempi con canzoni dal sapore napoletano di Gigi D’Alessio, cose e persone sopravvissute e rinnovate. Le attese, le aspettative, le violazioni ma anche un matrimonio dopo anni di attesa conferma che forse la dimenticanza nel rispetto della memoria è l’unica speranza e cura per ricominciare a vivere.  Un successo per Pizzo nell’accogliere questo racconto filmico antropologico ma anche per il Circolo del Cinema Lanterna Magica, per il suo presidente Vera Bilotta, per la Rassegna Cinematografica 2007, per Giuseppe Imineo e per tutto il vibonese.
 



Foto di scena del Film

TRAMA DEL FILM

Un sabato di novembre, nel 1980. La vita, nei vari paesini dell’Irpinia, procede come sempre: un pastore pascola il suo gregge leggendo un libro di poesie; in un bar, ragazzi ed anziani parlano e ridono delle solite cose. Lungo la strada, una coppia si bacia dentro una 500 parcheggiata e, in una sala biliardo, si discute e si scommette. Alcuni tifosi seguono gli allenamenti di una squadra di calcio mentre il sindaco, in municipio, accoglie la figlia da poco laureata. Fra i vari bambini che giocano per le strade, ecco Lucia e il suo amato cane: sette anni, ma sempre pronta a prendere le difese del suo amico Battista, più grande, preso di mira da alcuni gradassi. A casa della bimba, come al solito, il padre litiga con Maria, sorella maggiore di Lucia prossima ai diciotto anni, desiderosa di lasciare il paese insieme a Rocco, il fidanzato. Nel tardo pomeriggio del giorno dopo, domenica 23 novembre, una luna particolarmente rossa s’intravede all’orizzonte, il cane di Lucia viene avvistato da Battista mentre si dirige spaventato verso la valle… La terra inizia a tremare. Le case, il bar, l’ufficio del sindaco e la chiesa crollano. Sulle strade, ampie voragini si aprono verso il nero della tragedia. Urla, grida disperate e morte. Dopo la scossa sismica, questo è quello che rimane. E Battista, salvo per miracolo, dovrà compiere il più doloroso dei gesti: riconoscere, fra le macerie e i defunti, il corpicino senza vita dell’amica Lucia. Nevicherà, nella notte. E i giorni successivi inizieranno ad arrivare i soccorsi: militari, medici ed infermieri, ai quali si uniranno semplici cittadini – tra cui Rocco e Maria – che, volontariamente, daranno sostegno ai più bisognosi. Da quel momento, e per i successivi venticinque anni, la vita di tutti loro non sarà più la stessa. Così come l’Irpinia, tragicamente segnata. Nel “corpo”, e nello spirito.


Foto di scena del Film

TRAILER


 
 


Foto di scena del Film

SCHEDA DEL FILM


Regia
Donatella  Baglivo
 

Cast
Santo  Bellina
Alba  Cuomo
Sara  Franchetti
Francesco  Gabriele
Larissa  Volpentesta
Sandor  Flammia
Anita Zagaria
Anna Ammirati
Marco Basile
Jareck  Cieleckj 
Francesca  De Martini
Tullio Sorrentino
Giovanni  Giacobelli
Gianni  Testa
Guido Roncalli
Ciro  Zangaro


Sceneggiatura
Donatella  Baglivo
Fotografia
Elio Bisignani
Montaggio 
Maurizio Baglivo
Scenografia
Vincenzo  Nitti
Isabella  Carotalo
Costumi 
Donatella  Baglivo
Musica
Alterisio  Paoletti
 Produzione 
CIAK 2000 Srl 
Durata 
105’
Formato 
35mm
Genere
Drammatico
Status
Uscito 23/11/2005