Arrivano
gli Stones
con
qualche ricordo
di Freestonesmania...
di Salvatore Libertino
E' cominciata la marcia
d'avvicinamento degli inossidabili Rolling Stones all'Olimpico di Roma
dove terranno l'unico concerto italiano il prossimo 6 luglio alle ore 2100.
Il Tour 'A Bigger Bang'
era partito da Boston nel lontano 21 agosto del 2005. L'appendice europea
ha avuto inizio il 5 giugno 2007 a Bruxelles. Da due anni gli Stones girano
il mondo suonando e cantando su di un palco davanti a milioni di fans:
alla voce e armonica: Michael Philip Jagger (classe 1943), alla batteria:
Charles Robert Watts (classe 1941), alla chitarra ritmica: Ron Wood (classe
1947), alla chitarra solista: Keith Richards (classe 1943), alla chitarra
basso: William George Perks/Bill Wyman (classe 1936), il quale qualche
anno fa si è ritirato a vita privata per raggiunti limiti d'età.
Roma
- Stadio Flaminio. Keith Richard durante il Concerto del 1990 (foto S.Libertino)
Dai testi delle loro canzoni
è uscita fuori una miriade di assassini, prostitute, tossicomani,
psicopatici, delinquenti. Personaggi dissoluti di bassa lega e indiavolati
come lo erano loro stessi e i loro concerti dove nei primi anni della lunga
carriera ci scappava regolarmente il morto ammazzato. Censurati da molte
nazioni sono stati considerati, nell'immaginario collettivo, gli antagonisti
dei Beatles, baronetti vestiti bene e bravi ragazzi dalla faccia pulita
i cui personaggi incarnavano più o meno la vita normale della società
anglosassone degli anni sessanta.
Anche l'Italia censurò
per anni le loro canzoni che venivano sistematicamente fatte sparire dal
giro dei jukebox. Nemmeno le mitiche macchinette mangiasoldi (50 lire una
canzone, 100 lire tre canzoni) della Ditta Rotolo dislocate nei bar e nei
Lidi tropeani si sottraevano a questa censura. Cercava di evitare gli Stones
finanche la libera Radio Lussemburgo, le cui novità discografiche
del momento venivano captate dal mio enorme apparato radio a valvole, pronte
per essere convogliate nel Gelosino. E allora per acquistare e poter sentire
i brani della Band inglese occorreva, almeno durante i primi anni sessanta,
arrivare fino a Napoli, al negozio del Signor Di Biase che ricordo con
tanto affetto.
Roma
- Stadio Flaminio. Mick Jagger durante il Concerto del 1990 (foto S.Libertino)
Quella era una musica coinvolgente,
imbottita del Rock di Barry, Elvis e Richard ma anche del RB della Motown
di Detroit, che ha saputo coinvolgere i 'Freestones', il primo gruppo musicale
tropeano che in quei tempi aveva spodestato per sempre l'orchestra Monizza
dalla piazza di Tropea. Quando portavo a casa gli LP degli Stones da Napoli
o da Milano era una festa tra i componenti del gruppo impazienti di assoporare
le novità che si facevano girare e girare centinaia di volte sul
piatto Lesa per capire meglio l'architettura dei brani di quelli che apparivano
interessanti e fattibili. Si faceva girare a 45 giri l'LP per evidenziare
le posizioni del basso. E si decideva poi di fare finalmente i pezzi, di
provarli e di includerli nella lista dei nuovi brani da proporre alla prima
serata utile, magari alla 'Pineta', al 'San Leonardo' o alle 'Sabbie Bianche'.
Erano tanti i pezzi degli
Stones che eseguivamo, ma 'I
Can't Get No Satisfaction' era il brano che ha avuto un successo enorme
durante le 'uscite' dei Freestones. Il numero di regola veniva eseguito
in seconda serata. Dopo le numerose lente arrivava la sveglia. Alle prime
note, tutti si alzavano di scatto precipitandosi sulla pista per partecipare
al rito, lasciando un vero deserto tra i tavoli. Tutti sapevano cosa li
aspettava. Sudore, resistenza, agitazione, annullamento automatico del
trucco, stanchezza, sfinimento, inevitabile scompigliatura, isterismo.
Avvocati, bancari, farmacisti, professionisti, imprenditori, commercianti,
muratori, operai, negozianti..... Era arrivato il momento della libertà,
della liberazione, della gioia nella sofferenza. Il brano liberatorio di
quei musicisti inglesi mascalzoni, dissoluti e assatanati si faceva durare
30 minuti. Dopo i primi dieci dalla pista della Pineta, costruita da poco,
si alzava una fitta polvere di cemento che ogni volta richiedeva l'intervento
degli addetti pronti ad allagare letteralmente l'asfalto con secchi pieni
d'acqua. Poi si riprendeva a suonare fino alla fine del brano.
Mi piace ricordare anche
che quando veniva eseguita 'I Can't Get No' - sono molti ancora a chiamarla
affettuosamente, in dialetto, 'U Fanchettu' (lo sgabello), ma solo per
assonanza linguistica - si formavano sulla spiaggia, cui si poteva accedere
liberamente e senza pagare, file impressionanti di persone che cercavano
di avvicinarsi il più possibile alla pista, circondandola alla fine,
per vedere e potersi gustare meglio lo spettacolo che era veramente garantito.
Era scoppiata la 'Freestonesmania'.
Ed alla Pineta è
successo un episodio indimenticabile legato agli Stones e cioè alla
scomparsa di Brian Jones, il fondatore del gruppo. Il 3 luglio del 1969
nelle radio circolava la notizia che era stato trovato morto nella piscina
della sua villa affondato da una massiccia dose di morfina. La sera stessa
durante il concerto, mentre cantavo 'You Can Make It If You Try', un blues
di Jarrett, ma anche uno dei primi pezzi dei Rolling Stones, senza alcun
preavviso neanche tra i componenti del gruppo, ho voluto dare la notizia
della morte di Brian Jones invitando tutti i presenti, ai tavoli e in pista,
a tributare a Brian un 'minuto di silenzio' che fu rispettato in un irreale
e assoluto ammutimento generale al suono solo di una chitarra, quella del
solista Ennio Gentile, che non sapendo cosa fare, cominciò con lo
strumento ad arpeggiare un giro di DO. E quello è stato un momento
molto commovente che ha fatto epoca e che ancora qualcuno ricorda con nostalgia.
Il 6 luglio andremo al concerto.
Al cospetto di quei mascalzoni dalla faccia sporca e dal canto liberatorio.
Qualcuno giungerà da Tropea, qualche componente dei Freestones.
Forse sarà l'ultimo concerto degli Stones. Oppure no. Non si può
mai sapere. Nel 1990 ci furono due concerti a Roma, al Flaminio, e anche
allora si disse che era l'ultima volta. Quella sera allo stadio ci precipitammo
io e il batterista del Freestones, Peppe Apriceno. Eravamo riusciti ad
arrivare a quindici metri dal palco. Avevamo conquistato il mondo e anche
respirato i fumi pungenti di spinello che ammorbavano l'aria proprio in
quella zona. Quando ritornò a Tropea Peppe disse ai suoi clienti
che notarono la sua assenza per due interi giorni 'Sono andato a Roma al
Policlinico Gemelli per un intervento chirurgico'. Chissà cosa inventerà
Peppe fra qualche settimana ai suoi clienti, dopo che Mick Jagger darà
inizio ai bagordi con 'Start
Me Up'...
E intanto, tra un concerto
e l'altro, le fila dei fans dei Bad Boys del Rock si ingrossano sempre
di più. Ormai sono tre le generazioni coinvolte che chiedono loro
gioia e liberazione come si faceva ai tempi degli dei inseguendo il magico
flauto di Pan.
Roma
- Stadio Flaminio. Peppe e sullo sfondo Mick Jagger al Concerto del 1990
(foto S. Libertino)
'Walking The Dog' è
uno dei primi pezzi eseguiti dai Rolling
Stones. Il compositore è il rispettabile Rufus
Thomas. Ci siamo innamorati subito del brano. Conservo nel reliquiario
la prova 'unpluggin' eseguita da Amedeo Giroldini (ritmica), Ennio Gentile,
che non c'è più (solista) e dal sottoscritto (voce). La state
ascoltando in una vecchia clip anni sessanta, rigorosamente in bianco e
nero. Nella clip forse è importante distinguere Masino Ostone (camicia
bianca e cravatta), fondatore dei 'Freestones', il sottoscritto (che raccoglie
fichi e si butta dalla finestra), Mimmo Bova (che fa apparire e scomparire
un bambino). Il trio ZOMBI: Russo, Mazzara, Idone. Un brevissimo passaggio
sulla spiaggia del porto di Gaetano Vallone, Antonio Sposaro e Romano Fiumara
in compagnia del cane di Vallone. E poi Antonio Vizzone e di sfuggita negli
ultimi fotogrammi Mario Lorenzo, cantante dei Freestones.
Eravamo proprio dei mascalzoni.
Volevamo essere como loro.
The
Freestones
'Walking
The Dog'
(R.
Thomas)
©TropeaMagazine
THE
FREESTONES
E' stata la prima
formazione Rock tropeana ad esibirsi in pubblico intorno al 1963, anche
se la primogenitura è da assegnare ad un gruppo che in quel periodo
era in fase di organizzazione e che successivamente iniziò la carriera
musicale con il nome de "I Cadetti".
I Freestones si
fecero subito notare per lo stile particolarmante raffinato che si ispirava
al Merseybeat di Liverpool (Beatles, Searchers, Swinging Blue Jeans, Big
Three.....) basato sul concorso dei singoli apporti vocali e sull'eleganza
timbrica degli arrangiamenti strumentali.
Con le esibizioni
ai Lidi "S. Leonardo", "La Pineta", nei concerti di piazza e al Teatro
Eliseo il gruppo ottenne una grandissima popolarità ed un grosso
seguito di pubblico. La notorietà de "The Freestones" si allargò
ben presto nel resto del vibonese attraverso le performances nei posti
più esclusivi del litorale: "Sabbie Bianche", "Roller Club", "Madameo".
Il complesso partecipò
con grande successo a competizioni regionali e a importanti manifestazioni
musicali, tra cui la "Palma d'oro" di Daniele Piombi al Teatro Valentini
di Vibo Valentia accanto a Little Tony e al Teatro Comunale di Catanzaro,
accanto a Patty Pravo.
L'attività
de "The Freestones" ebbe termine ufficialmente nel 1968, anche se c'è
stata in tempi successivi qualche esibizione di alcuni degli elementi,
di cui la più importante è stata sicuramente quella, negli
anni '70, quando il gruppo accompagnò Mal dei Primitives durante
un concerto all'"Eliseo".
Componenti
da sinistra, nella
foto di presentazione:
Mario Lorenzo,
voce;
Ennio Gentile,
chitarra solista;
Amedeo Giroldini,
chitarra ritmica e voce;
Masino Ostone,
chitarra e voce, fino al 1965;
Reno Ostone, batteria
e voce, fino al 1965;
Ninì Pandullo,
basso e voce;
Elementi successivi
Peppe Apriceno,
batteria e voce, dal 1965;
Mario Naso, tastiere,
dal 1967.
Manager:
Giovanni Giroldini dal 1966.
Voce Outsider:
Kid Libertino
FREESTONESMANIA
Piazza Ercole 1967. La sera
del Primo Maggio.
Ecco cosa vedono gli occhi
dei "Freestones" schierati
sul palco durante il concerto
attraverso l'obiettivo di
Placido Arcidiacono.
Non vogliamo aggiungere nulla
al valore affettivo e artistico
di questo bianco e nero/seppia
in carta Agfa, se non
la piena consapevolezza
di aver saputo cogliere
uno dei momenti magici vissuti
dai "ragazzi" tropeani.
E poterlo ancora rivivere
ed accarezzare è bello.....
©TropeaMagazine