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Tropea dedica a Raf Vallone l'affaccio mozzafiato del Corso ed una strada
Cafè de Paris. L'attore Saverio Vallone, il consigliere comunale Saverio Simonelli e il Presidente della Pro Loco Mario Lorenzo
(S. Libertino) Si sa che il Cafè de Paris è il posto più esclusivo per concludere un affare - e non solo 'di cuore' -.
Alle 1930 del 26 agosto, davanti ad un tavolino malfermo che faceva traballare aperitivi e olive ascolane (colpa del selciato in discesa) è stata concordata tra Amministrazione comunale, rapresentata dal consigliere Saverio Simonelli, e la famiglia di Raf Vallone, rapresentata dal figlio Saverio, con la presenza del Presidente della Pro Loco Mario Lorenzo, l'iniziativa di dedicare (ed era ora!) l'affaccio mozzafiato del corso alla figura di Raf Vallone, nato a Tropea il 16 febbraio
del 1916 e scomparso a Roma il 31 ottobre 2002 all'età di 86 anni, con l'applicazione in una delle locations tropeane più rappresentative, di una targa ricordo che riprende la frase dell'attore del neorealismo sul 'suo' mare: 'A Tropea c'è un mare - era solito dire Raf Vallone - tutto particolare, profondissimo, che arriva fino a riva. E' questo dà una sonorità all'onda che è unica. Una sonorità rimasta da sempre impressa nella mia memoria.'.
La posa della targa avrà luogo in una delle prossime settimane, ma non sarà l'unica iniziativa con la quale Tropea ricorderà uno dei suoi figli più cari che fece grande la cinematografia e il teatro nel mondo. E' in preparazione infatti per il prossimo anniversario della scomparsa la dedica all'attore del neorealismo di una strada (o largo) del centro storico.
La scoperta della targa, che avrà luogo alla presenza delle autorità cittadine, provinciali, e regionali, sarà affiancata dalla proiezione in piazza de 'Il cammino della speranza' di Pietro Germi, il primo film che ha avuto protagonisti Raf Vallone e Elena Varzi che poi è stata la compagna della sua vita.
Durante l'incontro si è parlato anche della realizzazione di una scuola di teatro, antico progetto di cui si era già dimostrato entusiasta lo stesso Raf Vallone nel ruolo di direttore.
Con tali proponimenti la figura di Raf Vallone assume nel territorio una più ampia solidità e acquisisce un alto significato culturale di riferimento nel momento in cui nella seconda edizione del Filmfestival, in corso di svolgimento, è decaduta, rispetto allo scorso anno, l'intitolazione a Raf Vallone del Premio emanato dalla stessa manifestazione.
Raf Vallone
(set 2008)
Il programma della quarta edizione della rievocazione storica dello sbarco, della cattura e della fucilazione di G. Murat
Venerdì 10 Ottobre 2008. Il giorno della preghiera.
Ore 1600: Arrivo di S.A.R. Il Principe Murat con una delegazione del Souvenir Napoléonien della Francia e delle Delegazioni per il Nord e per il Centro-Sud Italia.
Ore 1900: Chiesa di San Giorgio martire. S.S. Messa Solenne in suffragio dell'anima del Re Gioacchino Murat celebrata nella Chiesa Matrice di San Giorgio dall'Arciprete Don Antonio Gaccetta. La S.S. Messa Solenne sarà celebrata in lingua latina. I canti, animati dai soprani Claudia Andolfi ed Etta Pisano, saranno accompagnati dal Maestro Ventura Diego.
Ore 2130: Hotel Marinella. Cena del Re con menù tipico calabrese dell'epoca murattiana.
Sabato 11 Ottobre 2008. Il giorno dei preparativi.
Ore 1000. Sala Congressi dell'Istituto Nautico di Pizzo. Convegno: "1860 L'Italia è unita. 2008 Gli Italiani sono uniti? Luci ed ombre di un RISORGIMENTO senza fine: I contributi di MURAT e dei Calabresi".
Ore 1600. Villaggio Nepeto Loc. Marinella. Inizia la realizzazione di un campo militare napoleonico presso il Villaggio Napeto Club in Pizzo alla Località Marinella. Le visite al campo, libere e gratuite per tutti, saranno coordinate dai soci dall'Associazione Murat.
Ore 1730. Centro Storico e Castello Murat. Grande Parata dei Gruppi Storici partecipanti con itinerario: Piazza San Francesco, Via San Francesco, Corso Garibaldi, Piazza della Repubblica, Castello Murat dove le Autorità cittadine saluteranno i Gruppi Storici partecipanti.
Ore 1900. Centro Storico. Libera uscita delle forze militari e degli ospiti presenti per le vie della Città.
Ore 2200. Castello Murat. "Gran Galà Reale: Canti, balli e danze dell'800 con il Reale Gruppo Storico Gioacchino Murat di Pizzo".
Domenica 12 Ottobre 2008. Il giorno dello sbarco.
Ore 0900. Piazza della Repubblica. Mercatino Storico del Primo Ottocento, con venditori ed artigiani in abiti dell'epoca napoleonica che espongono al pubblico i tipici prodotti agricoli calabresi ed i manufatti delle proprie imprese artigiane.
Ore 0930. Piazza della Repubblica. Estemporanea di pittura realizzata da valenti pittori calabresi con tema gli avvenimenti rievocati nel corso della mattinata.
Ore 1000. Marina di Pizzo. Un veliero a tre alberi proveniente dal mare aperto, getta le ancore nella rada della Marina di Pizzo per sbarcarvi il Re Gioacchino Murat e le sue truppe. Il Re a riva incontra il doganiere Barba della Dogana di Pizzo al quale chiede di condurlo presso il Comandante della guarnigione del Castello. Barba, Murat ed il suo seguito percorrendo la vecchia scalinata della Chiesa di San Ferdinando Re salgono verso il Centro del Paese.
Ore 1100. Piazza della Repubblica. Il re giunge in Piazza della Repubblica. Riconosce Tavella. Pellegrino avverte Nunziante. Murat incontra i Legionari ed i Cannonieri di stanza nella Fortezza del Pizzo che erano schierati per le consuete esercitazioni militari della Domenica mattina invitandoli a seguirlo. Il popolo impaurito si rinchiude nelle case. Murat prosegue per Via delle Grazie fino al Parcheggio della Parrera.
Ore 1130. Parcheggio Papa. Murat dopo una breve sosta viene fermato dagli uomini del Pellegrino e dalle truppe Borboniche con i quali ingaggia un breve scontro a fuoco. Murat decide di ritornare alla nave e ridiscende in Piazza della Repubblica.
Ore 1200. Piazza della Repubblica. Le truppe borboniche di stanza nel Castello, che sono rimaste fedeli al Re Borbone, al comando del Mattei bloccano la fuga del Re. Nel frattempo sopraggiunge il capitano Trentacapilli che procede ufficialmente all'arresto di Murat. Murat ormai prigioniero dei Borboni viene condotto nelle carceri del Castello.
Ore 1230. Castello Murat. Lettura della Sentenza di Morte. Lettera a Carolina e ricordo della famiglia lontana. Confessione con il Canonico Masdea. Doppia fucilazione del Re di Napoli.
Lunedì 13 Ottobre 2008. Il giorno del ricordo.
Ore 1700. Castello Murat. Manifestazione Ufficiale, con l'intervento delle Autorità cittadine, in ricordo dei tragici avvenimenti del 1815. Premiazione dei vincitori della Estemporanea di pittura.
Il Presidente dell'Associazione
Dottore Giuseppe Pagnotta
www.murat.it
(set 2008)
La Campagna di Celestina' opera prima di Maria Rosaria Vallone
(F. Vallone) “La Campagna di Celestina”, opera prima di Maria Rosaria Vallone, è un libro particolare per la tematica trattata e, prima di tutto, per la tipologia di scrittura. Il ricordo, la memoria di quei fantastici, mitici anni Sessanta vissuti in provincia, a Parghelia, in uno dei tanti paesi di mare della Calabria, diventano una chiave per aprire tutti i cassetti delle nostre mille memorie personali.
L’autrice del volume affronta i suoi ricordi in modo fortemente estemporaneo, li apre, li squarcia profondamente mostrando gli aspetti interni più vari e inediti. Maria Rosaria mostra al lettore, senza remore e senza timidezze, uno spaccato antropologico continuamente in tensione, un mondo passato, ma sempre attuale e reale, saturo di quegli elementi di riferimento coerenti con il tempo dell’accadimento. Parlare e trattare il ricordo e la memoria senza cadere in
quella sorta di retorica da “Mulino Bianco”, e non pensare e descrivere a tutti i costi un passato dove tutto era bello, interessante, pulito e candido, non è operazione affatto facile. Maria Rosaria Vallone riesce invece a percepire il tempo andato senza nostalgie e pentimenti di alcun non vissuto, raccontando, descrivendo con l’anima ed il cuore e riuscendo così a scrivere, a distanza di tempo da quel tempo, un diario dove è lo stesso paese a muoversi con i suoi
personaggi dentro, un paese fatto da mille storie che si toccano e si sfiorano più volte e da tanta umanità che scivola con i giorni che passano e sono passati.
Quello che colpisce nel racconto di Maria Rosaria è la tipologia caratteriale della sua scrittura che assomiglia a quella di una sceneggiatura filmica dove ogni racconto, ogni storia può immediatamente essere tradotta in linguaggio cinematografico tanto la particolarità del racconto si fa percepire, riga dopo riga, pagina dopo pagina, attraverso vere e proprie immagini, visioni, particolari illustrati solo dallo scrivere. I titoli dei diversi capitoli, le tracce
delle testatine, sono veri e propri binari che conducono a storie sempre definite e dai contorni vivi: l’albero dei fichi affittato dalla bisnonna, la realtà di una ricchezza solo percepita, la descrizione magica della campagna di Celestina, la borsa contenitore-tesoro del padre e poi l’asilo e la scuola, l’arciprete, la Pasqua, la camera da letto, la festa della Madonna, quella di Sant’Andrea con il lancio delle castagne dal campanile della chiesa, il bar di Pepè
e il momento ludico del gioco. Dal libro escono fuori dalla memoria di quegli anni, figure, personaggi e interpreti della vita, con una loro caratterizzazione sempre forte e prorompente: Santino, zia Mariuzza, Miranda, la signorina Stellina, la vicina di casa, don Mimì e il suo pulmino, zio Pasquale ma anche il tempo speciale delle bottiglie di pomodoro e di quando a Parghelia arrivava il colorato magico mondo del circo Zavatta che per mesi si insediava e si insinuava
tra le pieghe della quotidianità silenziosa di Parghelia. Ed anche qui, quando racconta di personaggi locali, Maria Rosaria Vallone li amplifica nella sua scrittura e li carica attraverso il ricordo di luce speciale, li fa diventare personaggi universali, globali. Un vero e proprio volume diario quasi personale che però recupera ed apre i meandri memorici di ogni singolo lettore e li completa con il ricordo di ognuno, un racconto che si attacca al ricordo madre della
stessa scrittrice. Un lavoro di completamento della ricerca che avviene nei cassetti della memoria delle proprie esperienze personali e collettive di ognuno. A questo punto ogni lettura diviene personalizzazione di ogni singolo volume. Persone e personaggi si affacciano dal passato di Parghelia, si rivitalizzano sul palcoscenico della memoria ed il ricordo diventa, ancora una volta, vita. Maria Rosaria Vallone, nata a Parghelia, vive e lavora da anni a Messina ed è
proprio la lontananza dal suo luogo natio la chiave di lettura per capire questo suo sguardo straordinario sul suo paese, uno sguardo mai banale sempre carico di simbologie profonde incarnate in una scrittura racconto forte come non mai.
Per acquistare il libro (Euro 8):
www.meligranaeditore.com
(set 2008)
'La ragione linguistica - Origine del linguaggio e pluralità delle lingue', l'ultimo lavoro di Rocco Pititto
(S. Libertino) Fra qualche settimana uscirà presso l'editrice Aracne di Roma l'ultimo lavoro di Rocco Pititto 'La ragione linguistica - Origine del linguaggio e pluralità delle lingue'.
Una raccolta di studi, in parte già pubblicati, sulla filosofia del linguaggio tra la fine del Settecento e inizi dell'Ottocento, quando sul tema in Europa si svolse un dibattito, al quale parteciparono diversi pensatori. A favorire lo sviluppo del dibattito fu un gruppo di studiosi legato all'Accadémie royale des sciences et des belles-lettres di Berlino.
Nel contesto di quegli anni, alcuni pensatori fecero oggetto di studio il linguaggio dal punto di vista della antropologia, che si andava elaborando sotto l'influenza della lezione kantiana. Più che rimettere in discussione l'eredità del passato, essi ripresero in gran parte le questioni linguistiche tradizionali, quasi a trarre dalla loro riproposta risposte ai nuovi problemi politici, oltre che culturali e religiosi, della coscienza europea. Di questa stagione,
i tre testimoni più autorevoli furono Johann Georg Hamann (1730-1788), Johann Gottfriend Herder (1744-1803) e Karl Wilhelm von Humboldt (1767-1835).
Rocco Pititto insegna Teorie del linguaggio e della comunicazione e Filosofia della mente nell'università degli Studi di Napoli 'Federico II'. Tra le sue opere più recenti: La fede come passione. Wittgenstein e la religione (Cinisello Balsamo 1997); La comunicazione difficile. Psicopatologie del linguaggio e della comunicazione(Brescia 1997); Dentro il linguaggio. Pratiche linguistiche ed etica della comunicazione (Torino 2003); Ad Auschwitz Dio c'era.
I Credenti e la sfida del male (Roma 2005).
Indice e Premessa del libro
Homepage di Rocco Pititto
(set 2008)
PER NON DIMENTICARE!
(S. Libertino) Negli ultimi tempi non pochi titolari di indirizzo elettronico si vedono arrivare sui propri computers una mail speciale sull'olocausto. Si tratta di una catena che sta facendo il giro del mondo per ricordare i 6 milioni di Ebrei, 20 milioni di Russi, 10 milioni di Cristiani e 1900 preti cattolici, assassinati, massacrati, violentati, bruciati e umiliati.
Questo nel momento in cui il Regno Unito ha rimosso l’Olocausto dai suoi programmi scolastici perché “offensivo” nei confronti della popolazione mussulmana che afferma che l’Olocausto non è esistito e l’Iran (tra gli altri) che sostiene che l’Olocausto è un mito.
Diventa imperativo quindi fare in modo che il mondo non dimentichi. L’intenzione allora è inviare questa mail perchè sia letta dal maggior numero di persone in tutto il mondo.
Non cestinarla. Ci vorrà solo un minuto del tuo tempo per inoltrarla, scrivendo tre parole 'per non dimenticare' e allegando il file di presentazione 'olocausto.pps':
olocausto.pps
(set 2008)
Grand Tour di auto d´epoca
(amantea.net) Da viaggio di istruzione e conoscenza a viaggio di auto d’epoca. Il Grand Tour era un lungo viaggio nell'Europa continentale effettuato dai ricchi giovani dell'aristocrazia britannica a partire dal XVII secolo e destinato a perfezionare la loro educazione con partenza ed arrivo in una medesima città.
Questo viaggio poteva durare dai pochi mesi fino a 8 anni. Le destinazioni principali erano la Francia, l'Olanda, la Germania, ma aveva come obiettivo privilegiato l'Italia e Roma in particolare, e di norma includeva le tappe di Venezia, Firenze, Bologna, Napoli, talvolta Pisa, e poi i Campi Flegrei, i centri vesuviani, Paestum, potendo raggiungere anche la Sicilia. Durante il Tour, i giovani imparavano a conoscere la politica, la cultura, l'arte e le antichità dei paesi europei.
Passavano il loro tempo facendo giri turistici, studiando e facendo acquisti.
L'Italia con la sua eredità della Roma antica, con i suoi monumenti, divenne uno dei posti più popolari da visitare. Oltre alla conoscenza del mondo antico gli Inglesi vennero così a contatto con le opere di Palladio e con il Neoclassicismo. Durante il viaggio i giovani potevano acquistare, secondo le loro possibilità e i mezzi, numerose opere d'arte e d'antiquariato e visitare le rovine di Roma, ma anche di Pompei ed Ercolano che erano state riscoperte recentemente. Allo stesso tempo,
anche gli studenti di arte da tutte le parti di Europa venivano in Italia ad imparare dagli antichi modelli. Una tappa importante del viaggio era Roma. L'espressione Grand Tour, sembra aver fatto la sua comparsa sulla guida An Italian Voyage di Richard Lassels, edita nel 1698. Il successo del libro di Thomas Coryat Coryat's Crudities è spesso considerato come l'inizio della mania per Grand Tour. Al Grand Tour, specie verso l'Italia, non erano estranei i giovani degli altri paesi europei,
come la Germania e la Francia. Anche Johann Wolfgang von Goethe effuttuò il suo Grand Tour in Italia dal 1786 al 1788.
Oggi si fa anche il Grand Tour delle Calabrie. Con le auto d’epoca. Quest’anno da Maratea a Tropea, passando per Amantea. Sembra una poesiola, lunga 200 km.
(set 2008)
Un viaggio dall'Argentina per riportare a casa il passaporto del nonno
Briatico. Francisco Alberto Lopez con la moglie mostra con orgoglio il passaporto del nonno materno Francesco Limardo
(F. Vallone) Lui si chiama Francisco Alberto Lopez ed è un argentino nato a Buenos Aires. Francisco è voluto ritornare a Briatico, nella Calabria e per le strade dei suoi avi, per poter guardare, sentire, odorare, vedere per un attimo i luoghi della memoria che si porta dentro da sempre. Suo nonno materno, Francesco Limardo, contadino, figlio di Raffaele e di Lombardo Maria Rosa, era nato a Briatico il 13 novembre del 1907. Il suo passaporto, rilasciato a Monteleone di Calabria il 24 aprile del 1926,
testimonia anche la partenza senza ritorno dal porto di Genova datata 20 maggio 1926. Francesco Limardo a Buenos Aires si sposa, poi ha una figlia che chiama Maria Rosa come l'anziana madre rimasta a Briatico. Oggi il nipote argentino, Francisco Alberto Lopez Limardo, è voluto venire nella Briatico di suo nonno per riportare indietro, in un simbolico viaggio di ritorno sull'oceano, il vecchio passaporto ingiallito del suo avo, completo di fotografia e i timbri d'imbarco delle visite mediche e del visto consolare argentino.
Francisco a Briatico oggi è arrivato con sua moglie, una signora irlandese dai capelli rossi, testimone di altre culture ed altre antiche emigrazioni, ha effettuato un percorso fatto di strade mai percorse, ha voluto incontrare i Limardo delle nuove generazioni, con loro ha voluto parlare a lungo, ricordare assieme, incrociare rapporti, genealogie e parentele poi Francisco Alberto ha consegnato il documento originale al museo dell'emigrazione calabrese ed ha espresso il desiderio di voler lavorare assieme per poter portare in
Argentina una mostra che possa illustrare ai tantissimi calabresi di Buenos Aires la storia dell'emigrazione calabrese nelle Americhe.
Lui stesso ha spiegato come "a Buenos Aires stia cercando la possibilità da fare qualcosa per la cultura di Calabria e, prima di tutto, per la difesa della ´´Calabresita´´". Poi aggiunge: "a Briatico mia moglie ha scattato una foto. Sono io quando scendo dal treno, l´ha fatto all'improvviso. Da questa piccola stazione ferroviaria nel 1926 mio nonno e partito da Briatico per l'America, e non è mai tornato. Dopo giusto ottantadue anni torno io e chiudo il circolo. Molti anni fa, leggevo che alcuni abitanti dell'Africa pensavano che
le persone che scattavano loro le fotografie rubavano con le immagini anche le anime. Adesso mi sono reso conto che tutto questo è vero, dopo questa foto un pezzo del mio cuore rimane a Briatico assieme a tutti voi, per sempre".
Alcune considerazioni sull'emigrazione tropeana
(set 2008)
Un documento vescovile dell'Ottocento acquistato da un antiquario riconduce alla famiglia patrizia tropeana dei Pelliccia
Il prezioso documento fornito dal Sig. Vittorio Rossin
(S. Libertino) Ci ha scritto il Sig. Vittorio Rossin, allegando copia di un documento vescovile emesso quando la Diocesi di Nicotera e Tropea era retta da Mons. Giovanni Tomasuolo.
'Salve Tropea Magazine, ho trovato questo documento (allegato) presso un antiquario, mi sembra un documento matrimoniale della famiglia nobile Pelliccia Tropeana. Potete farlo vedere ai signori che si occupano di questi documenti. Eventualmente ci sentiamo. Saluti'
Ringraziamo il Sig. Vittorio.
Dal 27 giugno 1818, la Chiesa Episcopale di Nicotera fu unita ed aggregata aeque principaliter a quella di Tropea e Mons. Tomasuolo fu il primo Vescovo a reggerla proprio nel 1818. Napoletano, Parroco e Cappellano Regio, rinunciò al mandato nel 1824 trasferendosi a Napoli dove morì nel 1854.
Per quel che riguarda il documento, si tratta di manoscritto vescovile per dispensa matrimoniale con stemma e sigillo. Questi documenti venivano emessi per sancire che non vi era alcun impedimento alla celebrazione del matrimonio. Nella fattispecie, la persona interessata al matrimonio è Isabella Pelliccia, battezzata l'8 aprile 1800 e figlia di Antonio (nato 2 ott. 1750, morto 16 nov. 1808, matrimonio 3 giu. 1796) e Amalia della Posta. Il certificato è firmato dal Vicario Arciprete Antonio Meligrana.
(set 2008)
E' scomparso Antonio Delfino, cantore della Gente dell'Aspromonte
Antonio Delfino bambino con il suo papà, il mitico Massaru Peppe, nell'altra foto con l'editore Demetrio Guzzardi a Cosenza nel 1999 per la presentazione dei suoi libri alla Biblioteca Nazionale.
(Progetto 2000) Lunedì 22 settembre 2008 è morto a Bovalino (RC) il giornalista e scrittore Antonio Delfino; era nato 74 anni fa a Platì. Collaboratore di vari quotidiani locali e nazionali, tra cui La Gazzetta del sud, Il Quotidiano della Calabria, Il Tempo, Il Giornale, Libero e il settimanale L'Europeo; autore di numerosi libri sulla 'ndrangheta. Era orgogliosamente figlio del famoso Massaro Peppe, maresciallo dei carabinieri nei paesi dell'Aspromonte; Antonio Delfino aveva alternato la sua intensa attività pubblicistica e intellettuale con quella di docente e poi preside a Bovalino nell'Istituto Professionale
di Stato per il Commercio “Corrado Alvaro”, fu lui a voler dedicare al grande scrittore di San Luca la "sua" scuola. Aveva ricoperto anche incarichi politici essendo stato consigliere e assessore alla pubblica istruzione e cultura della Provincia di Reggio Calabria.
Totò, come amava farsi chiamare dai veri amici, si sentiva, ed era, un vero “libertino della penna”; con la casa editrice Progetto 2000 di Cosenza aveva pubblicato: Gente di Calabria (1986, giunto alla settima edizione) e Amo l’Aspromonte (1995, giunto alla terza edizione); inoltre per diversi anni aveva firmato il giornale della Conferenza Episcopale Calabra La Chiesa in Calabria.
Ha ottenuto numerosi riconoscimenti a livello nazionale, ma il più ambito per lui, fu il Premio di giornalismo a Palmi nel 1995, intestato a Domenico Zappone, suo amico, per il libro Gente di Calabria.
In una intervista del 1988 su Il Giornale di Calabria, alla domanda quanto prendevi in Italiano?, Totò Delfino così rispose: «Il voto più alto è stato quattro e mezzo. L’insegnante era molto prevenuta. Una volta, però, non ne ho potuto più ed in un tema ho copiato un’intera pagina della critica di Francesco De Sanctis. Ebbene, quando portò il compito, mi vidi assegnato quattro e mezzo ed il giudizio "povero di idee"!. Da quel giorno ho iniziato a scrivere».
Saverio Strati ha scritto: «Delfino ha la virtù di farsi leggere più come scrittore che come giornalista ligio alla fredda cronaca. In lui la curiosità è sempre più forte che il bisogno di registrare una notizia. E da questa sua dote, la curiosità, scatta la freschezza della scrittura che si fa leggere fino all’ultima parola, anche quando si capisce come il fatto di cronaca va a finire. L’insieme degli articoli ha dei legami invisibili che servono a comporre un corpo abbastanza organico. Tutti insieme rispecchiano da un lato un modo palpabile da cui sono nati e da un altro sono il frutto ideale di un giornalista-scrittore.
Dico giornalista-scrittore per sottolineare che Antonio Delfino non è un giornalista puro, uno che dà solo informazioni su fatti accaduti; in parole povere: non è puro e semplice cronista. Egli talora rivela la sua natura di scrittore ironico, che si diverte e diverte.
L’insieme degli articoli di Delfino è come la tastiera di un pianoforte su cui basta pigiare il dito per sentire una nota musicale; e una nota dopo l’altra nasce una sorta di concerto corale dentro il quale è viva e dominante l’anima di un popolo, nel bene e nel male. La povertà, la nobiltà del sentire, l’arroganza, la stupidità, l’ambiguità, l’ironia, la violenza mafiosa sono tutte queste cose i pregi e i difetti registrati con onesta sincerità da un uomo che crede nei valori della cultura e dell’intelligenza».
(Strati Saverio, Presentazione in Gente di Calabria)
«Antonio – Totò – Delfino non è solo un apprezzato giornalista, infaticabile perlustratore della realtà calabrese che ha spesso contribuito a mettere a nudo nei suoi inquietanti aspetti così come nelle sue mille e particolari contraddizioni. Delfino è anche uno dei maggiori esperti di ’ndrangheta e criminalità organizzata, settore non secondario di questo territorio che, anche per tradizione familiare (il padre era il famoso massaru Peppe, terrore dei malandrini e capobastone), ha imparato a conoscere e a scrutare come pochi. Io conosco di persona Totò Delfino. Venne da me un giorno all’Europeo al tempo in cui dirigevo il
settimanale e cercavo di dargli la forza delle cose sentite dalla nostra gente (intendo dagli italiani). Ed ecco che mi viene incontro Delfino, alto, dalle mani grandi, dai pensieri e dalla voce profumati esattamente alla stessa maniera delle pagine di questo libro (Amo l’Aspromonte). Non lo nego: da inviato del Corriere della sera ero sceso (anzi salito!) in Aspromonte con un animo curioso delle cose di lì, ma nello stesso tempo con l’aria di chi sta un po’ più su, sta al Nord, dove si è più civili, e le vacche non ingombrano le strade. Mi pareva di vedere un deserto di umanità, un territorio senza anima, crudele: in fondo
mi sembravano più misericordiose le bestie dei rari e – a mio avviso – ostili pastori. Incontrando Delfino mi si spalancò un altro mondo. Mi conquistò subito. Mi accorsi che non avevo capito niente del Sud e della Calabria».
(Feltri Vittorio, Presentazione in Amo l’Aspromonte)
Il 26 aprile scorso avevamo proposto su questo Notiziario Culturale un bellissimo articolo di Totò Delfino sul Museo della 'ndrangheta (leggilo).
Alla moglie e ai figli le più sentite condoglianze da parte degli amici cosentini di Progetto 2000.
Cui si associano quelli di TropeaMagazine.
Progetto 2000
(set 2008)
La musica e la filosofia di Francesco Riggio… Fog per gli amici
Il musicista Francesco Riggio
(F. Vallone) Fog, all'anagrafe Francesco Riggio, è un ragazzo con un sacco d'idee che da anni porta avanti grazie al suo talento musicale e alla sua fede. Francesco nasce a Tropea ed oggi vive e lavora a Briatico dove ha cominciato a studiare batteria e successivamente ha formato il gruppo musicale havy metal, denominato "No Code", nel quale è stato batterista. Le cose inizialmente non vanno secondo le aspettative e così Francesco decide così di cavarsela da solo imparando la chitarra, il basso, il piano e naturalmente a cantare. Passa anni a suonare tutti i giorni e a comporre le prime canzoni Rap e Rock. Alla fine ha tra le mani
una trilogia crossover_rap e molte altre canzoni di rock atmosferico (il suo genere preferito). Decide di pubblicare degli album e quindi si dedica per primo al Rap. Oggi Francesco Riggio ha pubblicato già il suo quinto lavoro da solista (Line Out) e si prefigge di andare avanti con questo metodo. Il suo personalissimo obiettivo è quello di liberare la musica dalle catene che la legano al conformismo e al mercato, diffondendo un genere di musica anticonformista e senza fini di lucro.
"Suonare deve essere prima di tutto una passione che va esercitata liberamente permettendo cosi all'artista di esprimere il proprio talento senza alcun vincolo dovuto ad un resoconto economico". Questa è la filosofia di FOG e della Nebbia Records.
Altro obiettivo importante è il Progetto Oasi nel Deserto il quale vuole evangelizzare e diffondere la fede in Cristo, in particolare ai giovani attraverso la musica. Fog è cresciuto in un ambiente in cui l'arte e la cultura in genere, non vengono valorizzati a dovere, sia per la mancanza di investimenti e quindi di strutture idonee, sia per la mentalità della gente, chiusa alle novità. Crescere in un ambiente lacerato dalla mafia e dalla mancanza di stimoli è veramente difficile per un ragazzo, soprattutto se non si conoscono le persone giuste e non si è capaci di auto finanziarsi.
Un po' alla volta Fog crea il suo piccolo studio di registrazione, la scelta del nome (Fog = Nebbia) è un'allusione allo stile Rock Atmosferico e Psichedelico. Per Fog non esiste né un gruppo ideale, né una musica preferita. Essendo in grado di suonare svariati strumenti musicali, crea la musica che più gli piace, ha naturalmente le sue influenze, ma tende ad essere se stesso in modo particolare. Afferma di non prediligere un solo tipo di musica, ma molti generi che vanno: dal Rap al Rock, dal Blues al Folk, dal Jazz all'elettronica, il tutto unito ad un pizzico di Psichedelia, uno stile di Musica Atmosferica tutto personale e inedito.
Per quanto riguarda il Rap, si tratta di una trilogia di album, e il disco JHS rappresenta l'inizio di un nuovo cammino musicale caratterizzato dal Rock Atmosferico.
Fog ci dice di avere tanto da esprimere e di voler mettere alla prova la sua capacità di comporre sperimentando vari stili musicali. La Religione e il rapporto con Dio sono molto importanti per Fog, anche se i testi dei primi due dischi possono far discutere su questo argomento. Ma l'incontro tra Fog e Dio matura nel tempo, JHS è il disco più cristiano.
I testi cambiano man mano che si va avanti e da una situazione iniziale quasi di scetticismo, si va pian piano affermando la fede che col passare del tempo si rafforzerà.
Fog ha moltissimi Hobby e ce ne parla come "un modo per sentirsi vivo in questo mondo morto spiritualmente". Oltre alla passione per la musica ha quella per l'arte, la natura, la preghiera, la storia... Ha un forte dissenso per la televisione che considera ormai solo come "uno strumento di commercio, senza più contenuti educativi, la quale potrebbe essere molto utile per la diffusione della cultura e invece non fa altro che plagiare la mente delle persone con programmi scandalistici e privi di pudore". Fog dedica parecchio tempo ai suoi hobby, tirando fuori idee sempre nuove, tutto ciò lo fa per portare avanti i suoi ideali e i suoi Progetti.
La sua è una corsa controcorrente, in un mondo artistico permeato da materialismo e scetticismo nei confronti di Dio: "si crede solo a ciò che si vede, ma infondo si vede solo ciò che si vuol vedere!". Fog ama questo genere in quanto dà all' artista la possibilità d'esprimersi e di spaziare nel campo della musica alternativa.
Il Crossover di Fog è un mix di generi e di atmosfere, in modo particolare Rap, Rock, Blues, Folk, Elettronica, Psichedelia, Tribal, Reggae, Metal, Progressive...
Lo stile inconfondibile di Fog sta comunque nel creare atmosfere, le canzoni dell'artista sono molto psichedeliche ed avvolgenti, coinvolgono l'ascoltatore e lo immergono in un mondo fatto di melodie e ritmo, voci basse e calde, dolci e allo stesso tempo graffianti. I testi di Fog sono prevalentemente cristiani, trattano di tematiche scottanti e personali, come il dolore, la fede, il male nel mondo, la guerra, l'amore, la ribellione al conformismo e alle mode del peccato... Chiunque ascolta Fog, non può restare indifferente al suo messaggio unico al mondo, si tratta di un cammino che và controcorrente, ovvero che risale il fiume del conformismo
mondano della musica fatta solo per denaro, priva di contenuti e dannosa per gli ascoltatori. Fog mette a disposizione la propria musica gratis in formato mp3, è possibile infatti scaricare i dischi sul computer oppure acquistarli originali a prezzo davvero irrisorio.
Homepage di Fog
(set 2008)
Ravello in Costa d'Amalfi festeggia i SS. Cosma e Damiano
(red.ama per il foglio della costa amalfitana/26 set.) Cosimo e Damiano, noti anche come Santi Medici († Cirro, Siria, 303) sono ritenuti dalla tradizione due gemelli di origine araba, medici in Siria e martiri sotto l'impero di Diocleziano: sono venerati da tutte le Chiese cristiane che ammettono il culto dei santi.
A Ravello il santuario dei SS. Cosma e Damiano rappresenta una delle mete di pellegrinaggi più frequentate della provincia di Salerno. Ogni anno migliaia di fedeli raggiungono la chiesa, costruita nella roccia, per ringraziare i Santi Medici e Martiri per le grazie ottenute e per chiedere guarigioni non tanto dalle infermità corporali ma soprattutto da quelle spirituali scaturite dal peccato.
L'antica chiesa fu inglobata negli anni Sessanta nella costruzione del nuovo edificio in forme moderne. Il primo documento risale al 1397 ed è conservato nella curia metropolitana di Amalfi; è una lettera inviata dal papa Bonifacio IX al vescovo di Tropea Paolo de Grifiis in data 14 settembre. Essa disponeva che il vescovo affidasse al chierico sipontino Antonio de Fusco, la chiesa parrocchiale di Santa Maria a Gradillo e l'altra chiesa senza cura d’anime, dei Santi Cosma e Damiano di Ravello. Nell'Archivio Vescovile di Ravello il primo documento pervenuto risale al 17 maggio 1402, scritto in gotica preumanistica.
Oggi Ravello è in festa e già dal primo mattino avvicinandosi alla chiesa s'odono i canti devozionali, di una festa dal sapore antico e popolare.
(set 2008)
Maierato ha un nuovo centenario: nonno Gregorio
(strill.it) Maierato, piccolo centro dell’entroterra del Vibonese, venerdì 26 settembre ha avuto un nuovo centenario: nonno Gregorio Liberto.
Uomo schietto, sorridente, vitale, tutto d’un pezzo, nella sua vita il nuovo centenario di Maierato ha sempre lavorato nei campi tranne una breve parentesi durata pochi anni in cui si è trasferito al Nord per fare il manovale e mettere da parte i soldi che gli servivano per sposare le quattro figlie femmine avute con le due mogli Rosa Castellano e Rosalia Malta, due con ciascuna delle consorti, la prima delle quali deceduta durante la seconda guerra mondiale e la seconda nel 1991. Oggi la famiglia del signor Liberto come quella di molti calabresi è sparsa in giro per il mondo dal Nord Italia al Canada e l’Australia ed è composta
oltre che dalle quattro figlie da nove nipotini e 4 bisnipoti, alcuni dei quali saranno presenti in occasione del centesimo compleanno. Nonno Gregorio ancora oggi non ha abbandonato la “sua” campagna tant’è che, seppur accompagnato con la macchina, si reca di persona ancora oggi a 100 anni nei campi dove ha lavorato attivamente per tantissimi anni. Tra i tanti aneddoti e le tante storie che il signor Liberto può raccontare anche la sua richiamata alle armi durante la seconda guerra mondiale quando poco più che trentenne, nonostante avesse già assolto l’obbligo delle armi, a causa dell’entrata dell’Italia nella guerra fu chiamato
nella guardia costiera a Tropea, costretto a percorrere rigorosamente a piedi la strada che da Maierato lo portava presso la caserma per un percorso della durata di otto ore. Quando nonno Gregorio seppe dell’armistizio tornò a casa di corsa dalla sua famiglia passando per Vibo Valentia. Per lui come per molti italiani erano anni davvero difficili a maggior ragione per chi viveva in una società contadina come quella di Maierato. Ma la caparbietà, la determinazione lo ha portato a raggiungere la veneranda età di cento anni. Ai tempi della giovinezza di nonno Gregorio l’istruzione scolastica non era per tutti dal momento che i ragazzi
dovevano lavorare sin da piccoli per contribuire alla famiglia tant’è che il signor Liberto, su sollecitazione dei figli, ha imparato a firmare all’età di novanta anni.
La festa per il centesimo compleanno si è tenuta prima nella chiesa matrice del paese, diretta dal parroco don Danilo D’Alessandro, e poi in serata presso “La Trattoria” di Daniele Madeddu, dove parenti ed amici hanno fatto tutti insieme gli auguri di buon compleanno a nonno Gregorio.
(set 2008)
'Puliamo il mondo', la campagna della Sezione di Legambiente di Ricadi
Alcuni momenti della Campagna 'Puliamo il mondo' della Sezione di Legambiente di Ricadi presso il Trekking "Antico Sentiero" di Caria
(Legambiente Ricadi) Ritorna anche quest'anno "Puliamo il Mondo", la campagna di Legambiente dedicata alla pulizia di strade, piazze, parchi, fiumi e aree pubbliche per ripulire il Belpaese dai rifiuti recuperando aree degradate e contribuendo a sensibilizzare tutti i cittadini e le amministrazioni alla cura del territorio. Un territorio bellissimo ma troppo spesso lasciato in balia dell'abbandono.
Quest'anno è prevista la partecipazione di 1.800 comuni e almeno 700.000 volontari che con guanti e ramazze contribuiscono, almeno per un giorno, a rendere più vivibili le nostre città e i nostri paesi.
Come avviene di consueto, anche quest'anno l'attivissimo circolo Legambiente di Ricadi ha programmato, di concerto con vari Comuni della provincia, una serie di iniziative che verranno realizzate ad iniziare da questo fine settimana.
Ma, a differenza degli anni passati, il Circolo di Ricadi, in collaborazione con il Comune di Drapia e con l'associazione di Trekking "Antico Sentiero" di Caria, hanno organizzato, mercoledì scorso, un'anteprima di "Puliamo il Mondo" che è stata l'iniziativa di punta dell'associazione ambientalista in Calabria.
Una bella manifestazione, di grande valenza educativa, che ha visto il coinvolgimento di tanti cittadini, del Corpo Forestale dello Stato, della Capitaneria di Porto, del Consorzio di Bonifica, delle scuole del comune di Drapia e di oltre venti associazioni e istituzioni pubbliche tra cui il Circolo Legambiente Vibo, Legambiente Calabria, il C.S.M. di Tropea, il Comune di Francica, l'Auser di Santa Domenica, le Acli, l'associazione "Oltre il Giardino", i rappresentanti di varie associazioni venatorie e delle squadre di caccia al cinghiale operanti sul territorio, le guardie ittiche venatorie volontarie, l'associazione "Rotta Calabra", il "Diving Center Tropea Sub"
e tanti altri. Tra questi, un ruolo di primo piano è stato svolto dall'associazione "Enotria - Sagra del Vino" di Brattirò, dal comitato "Sagra della Sujaca" di Caria e dal comitato "Sagra del Dolce" di Gasponi che hanno allestito, a fine giornata, un'area per la degustazione delle prelibatezze prodotte nel comune di Drapia. Una piacevole occasione per socializzare ma anche per promuovere l'enogastronomia locale.
L'iniziativa ha avuto inizio di buon mattino e si è svolta su tre aree. Si è iniziato con una lunga e piacevole passeggiata lungo il fondovalle della Fiumara Ruffa partendo da Caria, accompagnati dalle guide dell'associazione "Antico Sentiero" per scoprire le bellezze dei luoghi e ripulirli dai rifiuti. La lunga carovana, dopo aver visitato i ruderi di antichi mulini, la Woodwardia Radicans e le varie altre specie presenti, si è trasferita in località "Torre Galli", dove ad attenderla c'erano le scolaresche del comune ospitante che assieme ai volontari e con l'aiuto del personale dell'Ekoshark hanno ripulito i reliquati stradali della vecchia provinciale
sommersi da rifiuti di ogni genere.
Il gruppo si è poi diretto presso una delle sedi del Consorzio di Bonifica per la sosta pranzo, per poi continuare l'opera di pulizia.
Una manifestazione decisamente riuscita che ha visto la presenza di tantissima gente, nonostante il cattivo tempo e la giornata lavorativa. L'iniziativa, tra l'altro, è stata ripresa dalle telecamere della trasmissione "Ambiente Italia" di Rai Tre e andrà in onda domenica mattina sulla rete nazionale in uno speciale dedicato a "Puliamo il Mondo".
Visibilmente soddisfatto Franco Saragò, della Segreteria Regionale di Legambiente. "Abbiamo voluto dare all'iniziativa un duplice significato - ha dichiarato Saragò - contribuire a sensibilizzare cittadini, amministratori e nuove generazioni affinché le aree pubbliche vengano rispettate e mantenute pulite e quindi rese apprezzabili dai residenti e dai visitatori e contemporaneamente accendere i riflettori su un'area di grande pregio ambientale e di interesse storico che spesso viene dimenticata da chi ha la responsabilità di preservarla e renderla produttiva in modo ecocompatibile. E' stato - ha aggiunto l'esponente di Legambiente - un grande successo che ha premiato
lo sforzo di quanti, cittadini, associazioni ed amministratori hanno collaborato, con spirito di abnegazione e hanno creduto nella validità dell'iniziativa".
Molto soddisfatto dell'esito della manifestazione anche il vice sindaco di Drapia Pino Rombolà, che alla finalità educativa e ambientalista di "Puliamo il Mondo" crede fattivamente da anni. "E' stata veramente una bellissima giornata - ha dichiarato - che ha visto la partecipazione di tanta gente che crede nelle potenzialità di questo territorio spesso mortificato dallo sversamento abusivo di rifiuti. Un problema questo - ha evidenziato ancora Rombolà - che grava sui comuni i quali, pur non avendo responsabilità dirette, hanno l'onere di fare fronte alle spese di bonifica di aree periferiche difficilmente sorvegliabili e di proprietà di altri enti". Lo stesso, inoltre,
ha voluto espressamente ringraziare quanti hanno collaborato e partecipato alla riuscita dell'evento.
La giornata è stata anche l'occasione, così come auspicato da Legambiente, per un confronto tra quanti operano, a vario titolo, nell'area della Fiumara Ruffa affinché si inizi un percorso condiviso di sviluppo e tutela dell'area.
Molte le amministrazioni comunali che hanno aderito alle manifestazioni "Puliamo il Mondo", organizzate dal Circolo Legambiente di Ricadi, che si terranno nei prossimi giorni. Appuntamento, quindi, con le prossime iniziative a Tropea, Joppolo, Limbadi, Nicotera, Zambrone, Ricadi, Francica, San Nicola da Crissa, Polia, Vazzano, Francavilla Angitola, Vibo Valentia.
Legambiente Sezione di Ricadi
Puliamo il mondo
(set 2008)
Po Interreg IV C, domani a Tropea seminario sulla qualità dei progetti con partner italiani
Tropea. Hotel Rocca Nettuno
(Regione Calabria/1ott) “Po Interreg IV C - La qualità dei progetti con partner italiani: prospettive di miglioramento e valorizzazione” è il tema del primo seminario del Comitato nazionale di Interreg IV C che si svolgerà domani all’Hotel Rocca Nettuno di Tropea. La Calabria, che è stata designata nel 2007 dalla Conferenza Stato-Regioni a presiedere il Comitato nazionale, è rappresentata da Vincenzo Falcone, responsabile Affari generali della presidenza della Giunta regionale, e da Marinella Marino, Autorità di gestione del Por 2000-2006. Interreg IV C è il programma di cooperazione territoriale europea 2007-2013 rivolto ai 27 Paesi dell’Unione europea (oltre alla Svizzera
e alla Norvegia) per il finanziamento di progetti di scambio delle buone pratiche nel campo della ricerca e dell’innovazione e della sostenibilità ambientale e prevenzione dei rischi. Il seminario, in particolare, ha la finalità di offrire uno spazio di discussione alle Regioni e alle Autorità nazionali per ragionare sugli esiti del primo bando ed organizzarsi in vista del secondo, il cui avvio è previsto per la fine di ottobre prossimo.
La giornata di lavoro vedrà la partecipazione dei rappresentanti nazionali, regionali e delle Province autonome coinvolti nel processo di attuazione del programma Interreg IV C, con l’obiettivo di discutere proposte migliorative e di rafforzare il ruolo di indirizzo ed orientamento nei confronti dei partner locali.
La partecipazione italiana al primo bando del Po Interreg IV C ha dimostrato il forte interesse degli attori regionali e locali del nostro Paese alle iniziative di cooperazione interregionale. I progetti con Lead partner italiani sono infatti i più numerosi fra quelli presentati, così come i partner italiani che hanno partecipato al bando. Le Regioni italiane avvertono ora l’esigenza di un confronto con l’Autorità di Gestione del “Po”, localizzata a Lille, per promuovere nei prossimi bandi una maggiore qualità dei progetti, un raccordo più evidente con le programmazioni regionali per la coesione ed una più alta efficienza delle procedure.
Operational Programme
The official web page of INTERREG IVC
(ott 2008)
Ancora un ritrovamento archeologico a Vibo Valentia
Alcuni momenti degli scavi e dei ritrovamenti archeologici a Vibo Valentia
(F. Vallone) Ancora un ritrovamento archeologico a Vibo Valentia, uno dei tanti. Viale Affaccio, ore 14.50 di ieri, la zona antistante l'ex autostello è strapiena di gente che fa capannello attorno ad uno scavo appena aperto da una piccola ruspa. Si stanno eseguendo i lavori di scavo per gli impianti di video sorveglianza che, vista l'area di grande rilevanza storica archeologica, sono strettamente e costantemente seguiti da tecnici della sovrintendenza archeologica. Sotto la buca un'archeologa effettua lo scavo e i rilievi con competenza e velocità. È una tomba di epoca magno greca, numerosi frammenti di embrici di copertura in terracotta, uno scheletro parzialmente conservato,
si rileva un femore, una clavicola, il teschio con mandibola e alcuni denti e l'omero di un braccio. Vi è poi, accanto alla testa e vicino a dove si dovevano trovare i piedi, il corredo funerario con vasetti ed altro materiale manufatto in ceramica nera che indica, senza ombra di dubbio, la datazione generica al periodo della Vibo Valentia Magno Greca.
L'archeologa, coadiuvata dai tecnici della stessa Sovrintendenza, continua nello scavo, mentre un tecnico effettua i rilievi grafici e fotografici, poi tutto il materiale recuperato, ossa e reperti, verranno portati al museo archeologico per essere ripuliti, studiati, restaurati e forse esposti. Mentre nella buca, nemmeno tanto profonda, si lavora, la gente attorno fotografa voracemente con i telefonini e prima di tutto commenta il ritrovamento. Si sente di tutto attorno a questo scavo, c'è chi dice: "forse è San Leoluca…, ma non lo avevano già trovato a Santa Ruba San Leoluca?", altri vedendo lo scheletro pensano ad "una lupara bianca ad un morto sotterrato dopo una esecuzione",
altri ancora esternano sepolture di "cavalieri medievali" o di "soldati delle ultime due Guerre"… si sente davvero di tutto e di improbabile attorno alla buca.
Lo scavo prosegue tra giornalisti che prendono appunti, altri che preparano il servizio video per le varie televisioni, direttamente dalla scena del ritrovamento, tra la terra che si vede spalare, dal di sotto direttamente fra i piedi. I numerosi automobilisti che passano vedendo il capannello di gente rallentano, sono tutti incuriositi, pensano ad un incidente, molti abbassano il vetro del finestrino e chiedono preoccupati cosa è successo, chiedono informazioni: qualcuno risponde: "hanno trovato un morto" - ed alla risposta di un automobilista: "e quando u levanu?" non possiamo che pensare che forse nella Vibo Valentia del 2008 non vi è poi tanta sensibilità e rispetto verso la
propria memoria storica di tanti anni fa, e che forse tutti i vibonesi dovrebbero effettuare una visita al loro museo che si trova nel loro castello, sopra la loro città.
(ott 2008)
Il mistero della sagra della castagna che non c'è
Parghelia 29 novembre 2007. Festa di Sant'Andrea. Distribuzione delle castagne 'valori'
(F. Vallone) Qualche giorno fa, lunedì 29 settembre, Parghelia ha visto una numerosa partecipazione di degustatori appassionati per una delle ultime sagre del 2008, quella della Castagna. Tanta, dicevamo, la gente accorsa in paese ma rimasta a bocca asciutta in quanto, per quella data, non era prevista nessuna sagra della castagna. Il mistero è da ricercarsi nell'effetto copia incolla effettuato da alcuni giornali quotidiani e da una miriade di siti internet che hanno amplificato all'origine l'errore di qualcuno. Basta inserire su google la chiave "Sagra della castagna di Parghelia 29 settembre 2008" per vedersi aprire decine di pagine internet di siti che annunciano l'evento.
A dire il vero a più di uno è balenato il dubbio di come si poteva fare una sagra della castagna a Parghelia visto che sul suo territorio non vi sono vasti castagneti. Il secondo dubbio era sulla data, il 29 settembre si trovano ancora poche castagne sul mercato come si può pensare ad una sagra?... il terzo dubbio è arrivato alle ore 17.00 del 29 settembre girando invano per le strade deserte del paese frequentato a quell'ora soltanto da automobilisti, non del posto, in cerca del luogo preciso della sagra, automobilisti che si chiedevano informazioni sull'evento a vicenda, l'uno con l'altro. Alla fine l'arcano mistero delle castagne scomparse è stato svelato da alcune signore del luogo
che hanno riferito "le uniche castagne che si distribuiscono a Parghelia sono quelle lanciate dal campanile della chiesa per la festa di Sant'Andrea che si festeggia alla fine del mese di novembre di ogni anno".
(ott 2008)
Nel 'Teatro Spazio 89'
Via F.lli Zoia, 89 (Zona San Siro) Milano
Mostra a cura di Enzo Taccone
Inaugurazione con esibizione del Gruppo Folk 'Città di Tropea'
20 ottobre 2008 - dalle 1530 alle 1900
21 ottobre 2008 - dalle 1000 alle 1200 e dalle 1430 alle 1830.
Ingresso libero
Locandina
Invito
Volantino
Filmato della Prima Mostra 2007
Catanzaro Università: AIOM, nel Direttivo Regionale, la tropeana Maria Grazia Arena. Tagliaferri Coordinatore.
Il Team al completo 'Oncologia Medica' dell'Ospedale di Tropea, diretto dalla Dr.ssa Maria Grazia Arena
(ASCA/6 ott) Pierosandro Tagliaferri, professore straordinario di Oncologia Medica all'Universita' Magna Graecia di Catanzaro e Responsabile dell'Unita' Operativa di Oncologia Medica del Centro Oncologico di Eccellenza, che opera all'interno della struttura sanitaria del Campus di Germaneto, e' stato eletto, nel corso dell'ultima sessione elettorale della sezione Calabria della Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), coordinatore regionale dell'AIOM.
Un riconoscimento importante, quindi, non solo alle indiscusse qualita' umane e professionali del Professor Tagliaferri, ma anche all'attivita' di rilievo condotta, in questi anni, dall'Oncologia universitaria catanzarese per quanto riguarda la formazione, la ricerca, e l'assistenza che oggi, nell'ambito appunto del Centro oncologico di eccellenza, presta ai pazienti calabresi e non solo.
Nella stessa occasione è stato eletto anche il nuovo Consiglio Direttivo che rimarrà in carica per un biennio a rappresentare le istanze dell'oncologia medica regionale.
Dopo la figura del coordinatore, infatti, sono state elette le nuove cariche relative alla Segreteria, al cui compito e' stata chiamata la Dottoressa Virginia Liguori (Cosenza), e alla Tesoreria, al cui compito è stato chiamato il Dottor Roberto Maisano (Reggio Calabria).
Sono stati eletti membri del Consiglio Direttivo regionale dell'Associazione la Dottoressa Maria Grazia Arena di Tropea, il Dottor Roberto Squillace di Catanzaro, il Dottor Ivano Schito di Castrovillari, il Dottor Roberto Porciello di Chiaravalle e la Dottoressa Irene Cutuli di Siderno. Per l'area AIOM Giovani e' stata designata la Dottoressa Rosa Toscano di Paola.
AIOM
(ott 2008)
Il funambolo che danzò su un filo fra i due tetti delle Torri gemelle. E ora che quei grattacieli sono stati spazzati via, la sua storia diventa film
Philippe Petit durante l'assurda passeggiata da una Torre all'altra al World Trade Center
(Claudia Gorgoglione) Nella storia del costume, l'impresa di Philippe Petit - il funambolo che 34 anni fa mise una corda tra i tetti delle due Torri gemelle, e vi passeggiò sospeso nel vuoto - viene ricordata come il "crimine artistico del XX secolo". Nella storia giudiziaria di New York, fu solo l'arresto di un sospetto malato di mente, autore di un gesto folle e pericoloso. Nella storia dei mass media va considerato un tipico caso da "un quarto d'ora di celebrità" che elettrizzò giornali e tg di mezzo mondo. Ma se guardiamo a un'altra storia, quella con la "S" maiuscola, le emozioni suscitate da questa avventura sono ben più forti: perché vedere, col senno di poi, le immagini di un uomo
in bilico tra i grattacieli del World Trade Center, monumento della modernità spazzato via dai terroristi, non può non far pensare proprio a quell'evento terribile. A una ferita destinata a restare aperta, insanabile.
Adesso, a far rivivere l'epopea di Philippe e la sua impresa senza precedenti - facendo riflettere indirettamente su cosa sia stato, anche simbolicamente, l'11 settembre - arriva un bellissimo documentario, Man on wire, diretto da James Marsh, che dopo una marcia trionfale in giro per il mondo sta per sbarcare - il 24 ottobre - al Festival di Roma. E precisamente nella sezione "L'altro cinema" diretta da Mario Sesti, quella più attenta ai prodotti innovativi e fuori dagli schemi.
Man on wire è una docufiction dalla struttura solida, suggestiva per l'andamento non lineare con cui racconta la storia, per la colonna sonora efficacissima, ma soprattutto per la forza delle immagini originali. In cui vediamo il nostro giovane eroe, il 23enne francese Philippe, realizzare un sogno coltivato per anni, grazie anche a un gruppo di complici affascinati dal suo talento funambolico e dalla sua natura eversiva ("ho la mente di un criminale", dice di se stesso il protagonista).
Alla fine, alle 7.15 del 7 agosto 1974, eccolo lì, Philippe: dalla Torre Sud del Wtc, a circa 480 metri d'altezza, in piedi su quella fune fissata con altre due alla coppia di grattacieli. Eccolo che passeggia nel nulla, tra la nebbia che dall'alba non si è del tutto diradata. E' felice, è concentrato: va avanti e indietro otto volte su quella corda, per tre quarti d'ora; vi si siede, vi si stende sopra; e solo dopo varie passeggiate si fa arrestare dai poliziotti. Mentre dalla strada la sua fidanzata e complice, insieme a tanta gente comune, lo acclama: "Era così bello", ricorda lei, la francese Annie, oltre trent'anni più tardi, senza riuscire a trattenere la commozione...
Ma oltre a mostrare l'impresa, il film di Marsh - mescolando filmati dell'epoca girati dagli amici di Philippe e testimonianze attuali - segue due filoni principali. Il primo riguarda la storia personale del protagonista, l'inquietudine giovanile, la voglia di sfidare i limiti, l'abilità funambolica. Una personalità borderline, molto anni '70, che ancora prima della sua impresa più celebre, quella sulle Torri gemelle, aveva sfidato altre due volte l'altezza, il vuoto, le leggi. Nel giugno 1971, a Parigi, si era esibito su una fune piazzata tra due torri della cattedrale di Notre Dame. Poi, poco dopo, in Australia, aveva passeggiato su una corda piazzata tra i due piloni nord del Sydney Harbour Bridge.
Ma la sua ossessione sono le Twin Towers: dal 1968, quando, nella sala d'attesa di un dentista, vede le foto dei due grattacieli, e ne rimane folgorato.
Il secondo filone seguito dal film riguarda invece la preparazione meticolosa dell'impresa alle Twin Towers. Fingendosi giornalisti, Philippe e i suoi amici studiano per mesi la struttura dei due edifici; poi si procurano dei falsi pass per entrare; poi, il giorno prima dell'ora X, raggiungono un complice interno - che lavora in una società assicurativa - all'ottantaduesimo piano; poi con le pesanti attrezzature percorrono a piedi altri 28 piani, fino al tetto. E, dopo una notte passata nascosti sotto un telone, finalmente, di prima mattina, il sogno si avvera.
Certo, il film parla, anche se molto più in breve, anche delle conseguenze del gesto: Philippe viene arrestato, il giudice lo assolve strappandogli in cambio la promessa di uno spettacolo per bambini a Central Park, l'Autorità portuale gli regala un pass - "valido per sempre", c'e scritto sopra - per entrare gratis al Wtc. E quelle parole, "per sempre", fanno rabbrividire: perché adesso quei due altissimi edifici non ci sono più. Una consapevolezza che allo spettatore procura un nodo in gola. Resa ancora più forte dalla scelta del regista di non far vedere alcuna immagine dell'11 settembre o di Ground Zero. Quasi a voler ricordare le Twin Towers nel loro trionfante splendore, esaltato dall'impresa del funambolo.
Man On Wire Trailer
(ott 2008)
Esposizione a Reggio dei gioielli di Gioacchino Murat
Gioacchino Murat
(S. Libertino) Lunedì 13 ottobre verrà organizata la tredicesima edizione del convegno "Gioacchino Murat: un Re tra storia e leggenda" a cura del Circolo Culturale "L'Agorà", il Centro Studi "Gioacchino e Napoleone", in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura della Provincia e l'Archivio di Stato di Reggio Calabria.
La manifestazione avrà luogo presso l'Archivio di Stato di Reggio Calabria, dove, alle ore 16,00 verrà inaugurata la mostra dei gioielli appartenuti al Re di Napoli Gioacchino Murat che verranno esposti nella Città dello Stretto e nell'intera provincia.
La stessa mostra sarà visitabale da martedi a sabato 18 ottobre dalle 9,30 alle 12,30.
Ritornando alla giornata di studi interverrano il presidente del Circolo Culturale L'Agorà e del Centro Studi "Gioacchino e Napoleone" Gianni Aiello, l'assessore alla Cultura della Provincia di Reggio Calabria Santo Gioffrè, il direttore dell'Archivio di Stato di Reggio Calabria Lia Baldissarro e l'avvocato Francesco Ciriaco.
Circolo Culturale "L'Agorà"
(ott 2008)
Uno scoop firmato Eugenio Scalfari già nell'Ottocento. Briatico: la grande tela di San Nicola dipinta da Thomas De Florius, un bambino di undici anni
Briatico. Chiesa di San Nicola. La tela che raffigura il Santo, dipinta nel 1624 da Tommaso di Florio all'età di 11 anni
(F. Vallone) La notizia è freschissima eppure è datata 15 settembre 1892, a firma del giornalista di "L'Avvenire Vibonese" Eugenio Scalfari, avo del giornalista Eugenio Scalfari, già direttore e fondatore de "la Repubblica". La notizia è tratta dal settimanale che si pubblicava a Monteleone, alla fine dell'Ottocento, e riguarda un antico quadro che si trova nella chiesa parrocchiale di Briatico. Si tratta di una grande tela raffigurante San Nicola di Bari e, secondo le ricerche di Scalfari, sarebbe stata dipinta nel 1624 da un… bambino di undici anni. Ma ecco i fatti: un quadro, raffigurante San Giuseppe, venne trasportato nella chiesa di Sant'Ignazio a Monteleone, "che da teatro, in cui era stata trasformata da dopo
la fuga de' Gesuiti, fu poi ribattezzata a chiesa di San Giuseppe". Il quadro in questione è firmato "Thomas de Florio 1675". Scalfari viene a sapere, in quegli anni, da un certo Antonio De Rito, che un altro quadro dello stesso autore si trovava nelle vicinanze, nella chiesa matrice di Briatico. Ecco come Scalfari racconta: "Amici Briaticoti ed altri, a cui ho chieste notizie in proposito, mi hanno affermato che il s. Nicola, del quale non ricordano il nome dell'autore, è un bellissimo quadro, proveniente da Briatico vecchio. Dopo quest'affermazione è quella del De Rito, andai, come ognun può supporre, pieno d'ansietà a Briatico, e vidi il quadro, ch'è un….. quadraccio. È una gran tela, mal disegnata, peggio colorita e
senza alcuna invenzione, chiusa in una cornice dorata. Come non è facile cosa giudicare d'un quadro; sicché spesso si dice di esso ch'è bello mentre è brutto e viceversa! Facce inespressive, pennelli intinti nella calce, balle di bambagia per nubi, una vera impiastricciatura d'un cattivo pittore, ritratta forse da una pessima stampa, come quelle che fa l'Apicella a Napoli. Restai disilluso, e più che disilluso, sconfortato, poscia ch'ebbi letto la leggenda dell'autore: Thomas De Florius P. 1624.
Quanta differenza tra il quadro di briatico e quello di s. Giuseppe (…) l'autore è il medesimo, e costui avrebbe dipinto il quadro di Briatico a soli undici anni, essendo egli nato, como ho già scoperto, nel 1613. (…) ma a undici anni chi è che può dipingere un quadro di grandi proporzioni per quanto cattivo possa questo essere? Stando Tommaso, artista noto, nell'età di undici anni a studio presso qualche imbrattatele di Monteleone, non essendoci allora in questa città artisti di valore il maestro avrà lasciato lavorare il piccolo e promettente discepolo intorno al quadro commessogli, riserbandosi di ritoccarlo egli all'ultimo: e probabilmente il piccolo discepolo avrà copiato qualcuna di quelle stampe che vanno per le mani
del popolo nella festa del Santo non mancando, nella tela, come nelle stampe di questo genere, tutti gli accessori de' miracoli del Santo operati a scopo d'ingagliardire la fede, come il barile coi tre fanciulli, il libro colle tre palle. Ecc. la niuna espressione delle facce, la tavolozza impiastricciata di calce, gli accessori de' miracoli, l'incertezza del disegno, ecc. indicano chiaramente che l'autore del quadro dovette essere un ragazzo, già capace del resto a quell'età di ritrarre col pennello da una stampa. A questa riflessione mi consolai non poco, avendo sorpreso il di Florio a undici anni attorno a una tela di grandi proporzioni. (…) Cosa curiosa, abbiamo ormai di Tommaso due quadri, che rappresentano la sua
fanciullezza e la sua vecchiaia: undici e sessantadue anni: lo inizio e lo sviluppo completo, cioè, delle sue facoltà pittoriche".
(ott 2008)
SIGUE EL EXITO DE LA REVISTA PEREGRINA CAMINO DE SANTIAGO
(R.P.) A todos nuestros simpatizantes y amigos, les animamos a que se suscriban a la primera Revista Peregrina CAMINO DE SANTIAGO.
Efectivamente, esta foto que se puede ver, es la portada de la primera revista Jacobea de ámbito abierto, que se dirige a todo el mundo en toda la historia de las peregrinaciones.
En formato folio, con 100 ilustradas páginas en papel de gran calidad, e interesantes artículos, se puso a la venta en muchos quioscos de toda la nación el pasado día 22 de septiembre.
Las noticias que nos llegan, no pueden ser más optimistas, pues a pesar de haberse distribuido 15.000 ejemplares, parece que en muchos puntos de venta ya se han agotado.
La empresa editora posee una reserva para suscripciones, con el fin de satisfacer a todos aquellos peregrinos a amantes del Camino que quieran hacerse con un ejemplar.
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(ott 2008)
Un convegno sul tema 'Fede e Ragione'
(S. Libertino) Una nuova interessante serie di conferenze proposta dall'Associazione culturale 'Anthropos' (Presidente Avv. Ottavio Scrugli) con il supporto dell'Istituto Istruzione Superiore (Dirigente I.I.S. Dr.ssa Beatrice Lento) e degli 'Amici della Fondazione Don Mottola' (Presidente Dr. Albino Gorini), prenderà il via prossimamente e si protrarrà con cadenza mensile fino al mese di febbraio 2009.
Questa volta le conferenze saranno incentrate sul tema religioso 'Fede e Ragione' e verranno tenute da illustri studiosi, alcuni dei quali già noti all'auditorium tropeano. Ecco il programma:
Sabato 25 ottobre 2008 0re 1700
'Il messaggio di Gesù di Nazareth e gli intellettuali del suo tempo'
Prof. Giuseppe Luccisano, già Prof. di Latino e Greco al Liceo Classico di Cittanova (RC)
Sabato 29 novembre 2008 ore 1700
'Il ruolo della donna nel dibattito tra fede e ragione'
Prof.ssa Antonella Folino, Sindaco di Sellia Marina (CZ)
Sabato 13 dicembre 2008 ore 1700
'Il percorso di un credente'
Prof. Alberto Beretta Anguissola, Prof. di Letteratura Francese all'Università della Tuscia di Viterbo
Sabato 31 gennaio 2009 ore 1700
'La morte di Dio nel pensiero filosofico del '900'
Prof. Ludovico Fulci, Prof. di Storia e Filosofia al LIceo Classico G. Cesare di Roma
Sabato 28 febbraio 2009 ore 1700
'Il credente e la laicità'
On. Avv. Rosario Chiriano, già Presidente del Consiglio Regionale della Calabria
Prof. Alfredo Di Grazia, Giudice Onorario
Il Convegno si svolgerà nella sala consiliare del Comune di Tropea.
(ott 2008)
I LIBRI PIU' RICHIESTI IN CITTA'
'La Libreria' di Caterina Demaria in via Roma
(a cura di S. Libertino)
INCHIESTA SUL CRISTIANESIMO di Corrado Augias con Remo Cacitti - Mondadori
ANIME NERE di Gioacchino Criaco - Rubbettino
'NDRANGHETA di Francesco Forgione - Baldini Castoldi Dacai
GOMORRA di Roberto Saviano - Mondadori
AMORE 14 di Federico Moccia - Feltrinelli
(ott 2008)
Vuoi vincere cento milioni? I vip ti danno i numeri
(Bergamo News) Anche i vip ci provano. O comunque, anche quelli che non lo fanno hanno i loro numeri del cuore, le loro scaramanzie dall'1 al 90. Stiamo parlando naturalmente di quello che ormai è l'argomento del giorno, i cento milioni in palio al Superenalotto, ancor più agognati in tempi di crisi economica dilagante.
Abbiamo chiesto a personaggi noti di Bergamo e della Bergamasca di dare i numeri, i loro numeri che magari potrebbero essere un suggerimento per chi è ancora indeciso su cosa scommettere. Al "nostro" gioco hanno simpaticamente partecipato: il sindaco di Bergamo Roberto Bruni, l'imprenditore edile Giulio Pandini, il magistrato Carmen Pugliese, il direttore di Confesercenti Giacomo Salvi, il
sindacalista della scuola Loris Colombo, l'organizzatrice teatrale Tiziana Pirola, il napoletanissimo ex assessore Luigi Nappo, il capitano dell'Atalanta Cristiano Doni.
Suona strano, ma proprio i meridionali, quelli che nell'immaginario collettivo sono gli scaramantici per natura sono i più freddi. Ma forse semplicemente non si vogliono sbilanciare, temendo magari di venir copiati. Luigi Nappo sceglie "il 9, 17, 22, 23, 48 e 90. Novanta è il numero della paura e di questi tempi difficili di paura, del futuro soprattutto ce n'è tanta. E il 48 è un omaggio a Totò, il morto che parla del
grande principe De Curtis. Anche se io non gioco mai".
E pure Carmen Pugliese, originaria di Tropea in Calabria, dichiara di non provarci mai a scommettere, però una serie di numeri preferiti ce l'ha anche lei: "Il 2, il 3 (che è il numero perfetto), il 6, il 14, il 19 e il 51".
Chi ci prova, eccome, con una schedina fissa da tre euro e mezzo, è il segretario dello Snals, il sindacato della scuola, settore al centro delle cronache in queste settimane, Loris Colombo: "Raccontare la mia giocata? Eh no, poi tutti sanno che ho vinto! Vabbè, eccola: 1,5, 7, 12, 23, 57. Niente superstar. Il mio numero preferito è il 7, senza un preciso motivo, semplicemente mi piace".
Punta, ogni tanto con gli amici, Giacomo Salvi di Confesercenti, anche lui con la sua associazione protagonista del momento difficile legato al calo dei consumi: "Ecco il mio elenco: 12, 21, 26, 42, 55, 77.
Sono le date di nascia delle persone che mi sono care".
Date di nascita anche per il sindaco di Bergamo Roberto Bruni: "l'1 (sono nato io); 10 (il mio nipotino), 19 (la mia seconda figlia), 24 (la prima figlia) 27 (mia moglie), 49 (l'anno della mia nascita). Non sono scaramantico ma ho la fobia del 17, perciò come Superstar giocherei il 13. E se qualcuno gioca i miei numeri e vince?" Come minimo la voterà, sindaco, magari con l'intera famiglia.
Amante del gioco di scena, svelo e non svelo, per professione e stile, Tiziana Pirola accenna alle date di nascita me non le rivela: indovinatele! "Io gioco il 5, il 14, il 25, il 29, il 56 e il 65. Ho puntato un paio di settimane fa, e adesso volo a ri-giocare".
Il 7 è il numero preferito di Cristiano Doni, capitano dell'Atalanta, come si capisce dalla sua lista di cifre: "7, 10, 17, 27, 72 (il numerod ella mia maglia), 77". L'ex atalantino Luca Ariatti invece punta sui numeri legati alle date: "27, 12 e 78, ovvero la mia data di nascita. Poi 19, il numero di maglia, 21 e 8".
E' invece contrario alle scommesse, ai guadagni legati alla fortuna l'imprenditore edile Giulio Pandini: "I soldi si devono guadagnare con il lavoro, la fatica, non con il gioco. Però anch'io ho i miei numeri, a cominciare da 3 che è il mio preferito. E poi: 7, 10, 13, 25 e 29".
Ancor più drastico il direttore tecnico dell'Atalanta Carlo Osti: "Non credo nella fortuna, non voglio dare numeri per una cifra poi così lontana dalla realtà come cento milioni".
(ott 2008)
Il Maestro del cinema Andrea Frezza aiuto regista di Radiografia di un paese. Il raro documento filmico in 35 mm ritrovato a Vibo Valentia.
Andrea Frezza (a destra) con il collega Ugo Gregoretti
(F. Vallone) Il film documento, a colori e in 35 mm, proprietà dell'archivio filmico di Giuseppe Imineo, si intitola "Radiografia di un paese" e porta la prestigiosa firma del maestro Andrea A. Frezza nella veste di aiuto regista e di autore del commento dell'opera, mentre il regista è Angelo D'Alessandro. Il film, ad osservare bene il taglio delle immagini e delle inquadrature, è una vera e propria opera d'arte satura di modernità se si pensa che è una pellicola del 1961.
Girato a Vibo Valentia, Triparni, Vibo Marina e in tutto l'interland vibonese, il film inizia con una breve didascalia, sempre scritta da Frezza: "poco prima di arrivare a Vibo Marina in Calabria il treno proveniente dal Nord entra in una galleria e rallenta…". Una frase, una buia galleria - soglia, per entrare in un mondo solare e per iniziare una storia fatta da parallelismi e un leggero sfiorarsi di storie diverse, tra il lavoro del cementificio della piana di Vibo Marina, il mercato settimanale di Vibo Valentia che allora si faceva di Domenica, la costruzione dell'asilo e della Snam a Triparni e il circolo del cinema di Vibo.
La fotografia, firmata da Dino De Angeli, e il montaggio di Alba Orti sono veramente particolari con continui primissimi piani dei marchingegni industriali della fabbrica del cemento, con forni e ciminiere fumanti, con ingranaggi, pistoni, stantuffi e veloci movimenti rotatori, sintomo di una vorace industrializzazione che prendeva terra e terreno ai contadini dai ritmi lenti e millenari. Vi è poi l'immagine del grande orologio della stazione che compare improvviso molte volte tra le scene e scandisce, anch'esso voracemente, il passare del tempo che fugge e traccia i ritmi naturali della campagna e quelli industriali dei turni di fabbrica.
Tanta gente in cammino, a piedi, per le strade che portano a Vibo, gente con curuna e cofana in testa, che porta fardelli e mercanzia al secolare mercato della domenica che chiude tutti i negozi compresa la farmacia, il lunedì. Contadini con frutta, ortaggi e altri prodotti della terra, allevatori con mucche e maiali al seguito, campagnoli con conigli, uova, galline, polli e galli, gente carica di tutto e che ritorna a casa, dopo il mercato, con ciò che serve, barattato o comprato.
"Un raro esempio, rimasuglio dell'antica economia chiusa medievale, commenta Andrea Frezza, la campagna dà alla città quello che la città non ha, e viceversa". Le belle e originali musiche sono di Sandro Brugnolini e solcano un ritmo classico per quel tempo e per quel sud del tempo, un suono di scacciapensieri, ritmato e ripetitivo, che ricorda tanto i suoni utilizzati da registi come Luigi Di Gianni, Vittorio De Seta o Virgilio Sabel per i loro film e documentari girati nel meridione d'Italia.
Nel film vi è anche un continuo richiamo alla cultura del luogo, si vede più volte il professore Albanese, prete e studioso della memoria storica vibonese, mentre, dopo aver detto messa, effettua con il suo fotografo delle riprese fotografiche per il suo libro alle chiese vibonesi e alle mura greche di Hipponion e poi c'è il fermento frizzante e intellettuale del circolo del cinema di Vibo Valentia, fondato dallo stesso Andrea Frezza nel 1959.
Nel film si vedono tanti stranieri, francesi, israeliani, brasiliani, americani, svedesi e da ogni altrove arrivati a Triparni per un campo di lavoro e diretti da un certo Samuele, di una associazione assistenziale americana. Seguono veloci tanti piccoli frammenti di vita quotidiana che si incrociano continuamente e costruiscono un prezioso documento, uno spaccato antropologico di quel lontano 1961 a Vibo Valentia.
(ott 2008)
WWW, continua attività di recupero di tartarughe
(AGI) Continua senza soste da parte del Wwf l'attivita' di recupero degli esemplari di Caretta caretta rinvenuti in difficolta' nei mari calabresi, inviati alla riserva marina di Isola di capo Rizzuto e successivamente rimessi in libertà. L'ultimo esemplare rilasciato in mare dopo circa due mesi di "degenza" presso la struttura crotonese, è stata la grossa femmina che era stata recuperata al largo di Capo Vaticano da Claudio Arena e da sua moglie Irene, lo stesso nome che è stato dato alla Tartaruga, insieme a quello di "Fatima", la ragazza portoghese che ha partecipato , con numerosi turisti stranieri, al Diving e a personale della Capitaneria
di Tropea, alla liberazione.
Il bel tempo delle ultime settimane ha favorito gli incontri casuali con alcune Carette che avevano ingerito ami e fili di nylon usati per il palangaro o palamito. Tre gli esemplari recuperati dal WWF e dalla Guardia Costiera di Vibo, nell'arco di poco più di una settimana , rispettivamente da Parghelia, Tropea e Falerna, con dimensioni variabili da 32 cm (un giovane di pochissimi anni) ai quasi 60 dell'individuo di Falerna.
Secondo Pino Paolillo, responsabile del Progetto Tartarughe del WWF per la Calabria, "l''attività del WWF e di tutti gli enti con i quali l'associazione collabora attivamente (Capitanerie di Porto, Guardia di Finanza, Università della Calabria, riserva marina di Capo Rizzuto) riveste un ruolo particolare nella strategia di conservazione della specie Caretta caretta, la cui sopravvivenza è minacciata da numerosi fattori antropici come la scomparsa o il disturbo dei siti idonei per la nidificazione, le collisioni con natanti e determinati sistemi di pesca. Ed è proprio sul coinvolgimento di tutte le parti interessate - aggiunge - che il WWF sta
concentrando sempre di più i suoi sforzi per poter garantire la sopravvivenza delle popolazioni di Tartaruga marina nel Mediterraneo".
(ott 2008)
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San Ferdinando e i Nunziante
(S. Libertino) Nel 1818 re Ferdinando I autorizzò un progetto di bonifica delle terre paludose di Rosarno, proposto dal Generale Vito Nunziante, finanziatore dell'impresa. Dopo che le campagne furono prosciugate e rese adatte alla coltivazione, accorsero in massa dai Casali di Tropea e dai villaggi del Monte Poro i contadini con le proprie famiglie divenendo i primi coloni di quella "Terra Promessa".
Anche questa grossa trasmigrazione contadina fu favorita dal Nunziante, che a quei tempi teneva a Tropea il quartiere generale. Il Generale, che conosceva bene i contadini del luogo, esperti nella coltivazione della canapa, dei cereali, del lino e nell'allevamento del baco da seta, fu molto aiutato nell'intento dalla grave crisi che nel periodo 1815-1820 colpì la popolazione agricola di Tropea e di Capo Vaticano.
A Rosarno, intanto il Nunziante aveva individuato, vicino al mare, la zona di residenza dei primi vanghieri, facendovi costruire 6 "casette". Di lì a poco, non lontano, realizzò per i massari che arrivavano numerosi un lotto di case con la Chiesa e poi un altro ancora.
Altra brillante idea del Generale, che volle incrementare la mano d'opera, è stata quella di potersi servire, con il benestare del Governo borbonico, dell'opera dei condannati al confine nelle isole per delitti comuni o politici.
E così nacque sulle terre risanate di Rosarno un vero e proprio villaggio, una vera e propria comunità. Ci furono i primi matrimoni, le prime nascite. Sorsero negozi e botteghe artigiane, scuole. Col tempo il villaggio diede il posto ad una grossa frazione e finalmente ai primi del novecento la trasformazione a Comune autonomo.
Questa è la storia di San Ferdinando, che Bruno Polimeni nato in quella terra, giornalista e saggista di storia calabrese, ha voluto raccontare nelle varie fasi evolutive nel libro "San Ferdinando e i Nunziante", Calabria Letteraria Editrice, Soveria Mannelli, 1988, parlando dei suoi 'antenati fondatori', i quali di un terreno coperto di laghi, gore e stagni, resero, a prezzo di duri sacrifici, così fertile una vasta pianura che sarà denominata la plaga d'oro per i suoi lussureggianti giardini".
TropeaMagazine ha voluto pubblicare, con il consenso dell'Autore, qualche sezione del libro, ricorrendo all'aiuto di alcuni dei tantissimi documenti fotografici che vi si trovano, per segnalare, a quanti non ne fossero a conoscenza, questo importante segmento di storia patria che accomuna in modo straordinario la comunità di San Ferdinando a quella di Tropea e dei Comuni vicini, luoghi di origine degli antenati di Bruno Polimeni.
E rimarrà profondamente sorpreso di come la storia non vuole essere solo un episodio trascorso o un evento lontano chi avrà voglia di sfogliare le pagine dell'elenco telefonico del Comune di San Ferdinando (RC). Si accorgerà in quale misura i cognomi delle famiglie Sanferdinandesi siano in pratica quelli che vengono riportati sulle pagine di Tropea e dei Comuni vicini. Un documento questo dei tempi nostri che sta a testimoniare come la storia del passato e dei nostri antenati continua ancora nel presente e vive assieme a noi.
Continua
Parghelia. Terremoto del 1905. Ciò che rimane della
Chiesa di Maria SS. di Portosalvo
Terremoto e soccorsi. Breve relazione dei fatti di Calabria
(S. Libertino) Non è dato sapere chi sia l'autore di questa breve relazione pubblicata a Napoli nel 1905 dalla tipografia Vitale e nel 1991 ristampata in anastatica dall'editore Brenner. Nell'OPAC del Polo Bibliotecario della Regione Calabria l'opuscolo viene assegnato erroneamente a Salvatore Quasimodo che in quel periodo poteva avere quattro anni.
Invece si tratta sicuramente dell'articolista Quasimodo (pseudonimo?) citato nel lavoro on line di Michele Aiello "Riviste e giornali pubblicati in Monteleone Calabro (1862 – 1945)" quando si parla a proposito del periodico monteleonese "La Risposta" pubblicato intorno al 1892 e dove si trovano due suoi scritti.
Continua
La regista Donatella Baglivo e una scena del film 'E dopo cadde la neve...'
Al Tropea Film Festival "…e dopo cadde la neve" di Donatella Baglivo
(F. Vallone) Il grande telo bianco, sotto le stelle di Tropea, si muove sinuoso in questo porto della Perla del Tirreno. Non è la dolce brezza marina tropeana a scuoterlo ma le stesse forti, prorompenti immagini del film della regista romana Donatella Baglivo. Il titolo dell'opera presentata al concorso s'intitola "…è dopo cadde la neve, il titolo suggerisce un dopo da "quiete dopo la tempesta" ed i 90 minuti del film sono tempesta fitta di forti simbologie, mai casuali,
che rimandano continuamente a messaggi mediati da suoni, colore, immagine, percezioni semantiche, insieme ad una fotografia ricercata, sapiente e studiata nei minimi particolari.
Un film con una sceneggiatura intrisa di quel periodo in cui è ambientato. Sono passati gli anni settanta, si varca il ventennio che accoglierà un futuro che sembrava non arrivare mai, il 2000, momento soglia carico di voglia di cambiamento. Siamo a Sud, nell'Irpinia dove tutto è meridione, danza popolare, suono, ballo, musica e gioco, tradizioni profonde e percorsi ritualizzati da secoli ma anche apparizioni e miracoli inattesi. Donatella Baglivo parte con il suo film in modo lento. Mostra spaccati di esperienze riprese dalla vita di
tutti i giorni. Ed in queste "finestre" si intravedono sogni, speranze, l'erotismo velato di coppie che si stanno formando, il ludico gioioso di bambini. Tutto scorre nel quotidiano lento vivere del Sud'Italia. La regista sottolinea strati sociali, ambientali ed antropologici di un meridione in eterna contraddizione per un'attesa di cambiamento che tarda a realizzarsi. Il film si carica di segni che preannunciano qualcosa di forte, la ritmica del film si fa incalzante. Poi l'attimo eterno dove tutto cambia, sovverte, elimina e forse,
qualche volta, perdona. È l'azzeramento di cose e di case, di storie e di uomini, d'amori e di sogni con cui il mezzogiorno d'Italia è da sempre abituato a convivere. La regista ci confida che girare quelle brevi eterne scene è stato il momento più faticoso, 90 secondi che mettono a nudo le miserie più vere di questo mondo.
Le scene del cataclisma sono forti e realistiche, quasi eterne. Donatella Baglivo ha preferito realizzare queste scene senza l'utilizzo di finzioni di studio, computer grafica e polistirolo. Ha preferito muri veri, pesanti travi, tavole e polvere, ferro e calcinacci. Il risultato è visibile nel film. Questa scena ricorda, per affinità, l'inizio del film "Pompei 79 d.C." dove il Vesuvio distrugge tutto in un attimo. Da queste scene del terremoto in poi il film cambia in un gioco di "ricostruzioni" e di "testimonianze" dove le vite recuperabili,
quelle non completamente distrutte per sempre, cercano un riscatto, un recupero attraverso il filo rosso della tradizione raccontata, dell'identità mai perduta che unisce le generazioni di uomini in questi arcaici luoghi. Donatella sente sua la storia, vive le struggenti esperienze di luoghi e persone. I suoi attori, sono stati anche le auto che compaiono continuamente nel film. Con i diversi colori della carrozzeria la regista scandisce anche le cronologie del film con le mode, i costumi e i modi.
La "fine" che non c'è perché la storia continua nella vita reale di tutti i giorni dell'Irpinia di oggi, rinnovando tempi con canzoni dal sapore napoletano, cose e persone sopravvissute e rinnovate. Le attese, le aspettative, le violazioni ma anche un matrimonio dopo anni di attesa conferma che forse la dimenticanza nel rispetto della memoria è l'unica speranza e cura per ricominciare a vivere.
Un successo per Tropea Film Festival nell'accogliere tra le opere in concorso questo prezioso racconto filmico antropologico e per tutti coloro che hanno avuto ieri sera l'occasione di poter seguire il film.
Tropea Film Festival
TROPEABLUES: Ecco il programma della terza edizione
Lunedì 15 settembre - Proiezione film
Ore 2130. Largo Galluppi. 'Fratello dove sei'.
Ore 2230. Largo Galluppi. 'Mississipi adventure'
Martedì 16 settembre - Proiezione film
Ore 2100. Largo Galluppi. 'The Blues Brothers'.
Ore 2230. Largo Galluppi. 'Tribute to Stevie Ray Vaughan'
Mercoledì 17 settembre - Concerti
Ore 2130. Piazza Ercole. Joyce Yullie & Mike Sponza (Usa/Italy)
Ore 2300. Piazza Veneto. Kellie Rucker (Los Angeles)
Giovedì 18 settembre - Concerti
Ore 2045. Largo Ruffa. Slow Drags (Matera/Italy)
Ore 2210. Piazza Veneto. Will Tang (UK)
Ore 2330. Piazza Ercole. Davide Panozzo Band (Italy)
Venerdì 19 settembre - Concerti
Ore 2045. Largo Ruffa. Red Onion (Calabria)
Ore 2210. Piazza Ercole. Sophie Kay & The Shotgun (France/Italy)
Ore 2330. Piazza Veneto. Will Roberson and beans'n'rice (NewYork)
Sabato 20 settembre - Concerti
Ore 2130. Piazza Ercole. Simona Padice & Black Cat Bone Blues Band (Italy)
Ore 2330. Piazza Veneto. Larry James Ray (Usa)
Tropeablues
I Soprannomi a Tropea
(S. Libertino) Ora siamo a quota 636 ! Grazie anche agli amici che per ultimi ci hanno contattato suggerendo ancora altri soprannomi. Sono il figlio del 'Polacco' che si è accorto della mancanza sul sito del 'nome' di suo padre e Antonio Vizzone, che dalla Germania dove si trova in vacanza, ci ha scritto per proporre una sfilza di 'nomi' interessanti: Cinanca, U Carbunaru, Upicciulu, Caimanu, Sergenti, Saracinu, Appuntatu, Cersa, Luzzu, Mitraglia, Cairru, Pricopiu. Anna di Cavalli, Vittoria di Barracchi, Peppinu u custureri, Landuni, Ndolla, Mariu Palla, Fusea, Muzzicaugni, Tabernaculu muccu virdi, Ferru vecchiu, Cicia, Tripoli, Sciusciàavvucatu, Avvucaticchiu, U Cameli.
Sicuramente quello che colpisce di più è 'Tabernaculu muccu virdi', sembra il titolo di un lavoro teatrale di eduardiana memoria.
Ringraziamo gli amici sostenitori della Sezione 'I Soprannomi a Tropea' che ha avuto molta fortuna, soprattutto per il caloroso contributo delle stesse famiglie aventi causa.
I Soprannomi a Tropea
Tropea's church and monastery of Santa Maria della Isola sits on top of a limestone rock by the sea.
Tropea: A sweet stop on Italy's southern coast
(By Carol Pucci THE SEATTLE TIMES) Rick Steves' followers have the Cinque Terre, the five cliff-hugging villages along the Northern Italian coast. European jet-setters camp out in villas on the island of Capri. Tour groups favor Sorrento and the gravelly beaches of Positano along the Amalfi coast.
The Calabrian seaside town of Tropea, six hours by train south of Rome, is hardly a secret. Sun-seeking Italian, British and German tourists come by the droves in summer. But compared to the more well-known Italian resort towns, it attracts few Americans, and off-season, being here can feel like wandering into a party waiting to happen.
Perched on a cliff over a sandy beach on the Tyrrhenian Sea, the restored old town is a warren of ivy-covered medieval stone buildings and little alleyways lined with wine bars, restaurants and cafes that sit mostly empty from late fall through early spring. Temperature is the big reason. The beach is the main attraction for European tourists, and when I stopped here with family members on our way to Sicily by train in early April, it was still jacket and sweater weather.
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LO SPAZIO NON E’ NEUTRO
Il successo di un evento rivolto a tutti coloro che credono alla forza dello spazio per il successo delle strategie di impresa
(Lombardiniventidue/PressOffice) Un evento di grande impatto emozionale dal titolo - LO SPAZIO NON E’ NEUTRO - quello che si è tenuto a Milano presso la sede di LOMBARDINI22, trasformata per l’occasione in luogo di cultura, alla presenza di una platea che riuniva i più importanti developer e utilizzatori del mercato italiano.
La serata, nata dall’iniziativa congiunta di DEGW, la più nota società al mondo nella progettazione di spazi di lavoro e di LOMBARDINI22 società di consulenza e progettazione specializzata nei settori retail, ospitalità e terziario è stata resa unica dalla presenza di due dei quattro fondatori di DEGW - Luigi Giffone e John Worthington - (la G e la W del brand). A fare gli onori di casa Franco Guidi, A.D. Lombardini22 e Douglas Brown, Group Managing Director DEGW, per un evento che ha sigillato l’alleanza fra le due compagnie.
Giffone e Worthington sono stati i mattatori della serata, i primi a intravedere, già trent’anni fa, la forte relazione tra il design degli ambienti di lavoro e le performance aziendali e oggi grandi vecchi della progettazione, spiriti liberi in un mondo che viaggia alla velocità della luce, nel quale si trovano molto a proprio agio. E’ sempre emozionante percepire l’entusiasmo e la passione per il proprio lavoro. Quando poi, a trasmetterlo, sono persone ‘vissute’, allora la curiosità prende il sopravvento e viene voglia di capire il segreto di tanta energia.
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Uno 'sguardo' controcorrente. Omaggio a Raf Vallone
(S. Libertino) Si è svolta a Borgio Verezzi (SV) dal 24 al 30 dello scorso agosto presso il Cinema Teatro Gassman la XIX Rassegna Cinematografica Nazionale interamente dedicata quest'anno a Raf Vallone con il titolo significativo "Uno 'sguardo' controcorrente. Omaggio a Raf Vallone".
La Rassegna Cinematografica di Borgio Verezzi, nata nel 1984, ogni estate offre al pubblico una retrospettiva monografica dedicata a singoli attori cinematografici del panorama artistico italiano degli anni Quaranta/Settanta, proponendo una serie di proiezioni di pellicole scelte all’interno della carriera cinematografica del protagonista (a volte inserendo titoli rari e poco noti al grande pubblico) capaci di mostrare uno spaccato della società e cultura italiane dell’epoca.
La scelta artistica per il 2008 è caduta su Raf Vallone, attore di spicco del secondo dopoguerra, noto e amato non solo in Italia, ma anche oltreoceano. Con i suoi numerosi film e la poliedrica e forte personalità (calciatore, partigiano, giornalista, attore teatrale e cinematografico) aiutata dal fisico imponente e prestante, Vallone ha dato origine ad alcuni dei personaggi più caratteristici del cinema italiano neorealista impersonando il prototipo di un personaggio verace e sanguigno, mediterraneo, passionale, autentico. Del mezzo secolo di carriera in Italia e all'estero,
la Rassegna ha messo a fuoco in particolare gli Anni Cinquanta, decennio nel quale l’attore è spesso interprete di film del filone neorealistico popolare, come “Riso amaro”, "Non c'è pace fra gli ulivi", "Il Cammino della speranza", “Anna”, con un’unica incursione negli anni Sessanta per il celebre “Uno sguardo dal ponte”, dove Vallone veste i panni del protagonista Eddie Carbone per il set cinematografico dopo aver ottenuto grande successo a Parigi, a teatro, sotto la regia di Peter Brook.
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L'Inno ai Santissimi Medici Cosma e Damiano (S. Libertino) Fra qualche giorno inizia la Santa Novena che precede i festeggiamenti dei protettori di Brattirò, i Santissimi Cosma e Damiano. Le guide turistiche locali dicono che a Brattirò, ridente villaggio collinare, che confina con i Comuni di Tropea e Ricadi, il 26 e 27 settembre si onorano ogni anno IMMANCABILMENTE nella Chiesa Parrocchiale i Santissimi e
Gloriosi Cosma e Damiano, caduti per mano di Diocleziano nell'era del Martiri, per non aver voluto rinnegare la fede critiana. Non erano prelati ma semplici medici espertissimi nel loro mestiere che ricevettero dal divino Maestro il potere di guarire coi rimedi della medicina gli ammalati incurabili.
Essi cercarono quindi di imitarlo nella sua missione alleviando le sofferenze dei poveri ammalati.
Durante la novena in onore ai Santi la gente brattiroese, che accorre a raccolta nella loro Chiesa da ogni parte del mondo per onorare le reliquie autentiche dei Santi, intona un inno che tocca i più alti livelli di commozione durante la fase finale della processione quando i Santi vengono restituiti al loro altare.
Abbiamo voluto far conoscere il testo integrale dell'inno trascrivendone in queste pagine la lirica appassionata e offrendo la possibilità di assistere in audio e video alla registrazione del 2001.
Continua...
La Festa dei Santi Medici
Io differenzio.....
(addiesse) Louis Siciliano, padre della "musica panmediterranea", che di recente ha ricevuto il premio come migliore colonna sonora per il film "Il Rabdomante" di Fabrizio Cattani al Tropea Film Festival (già vincitore del Nastro D'Argento per " La Febbre " di Alessandro D'Alatri), ha firmato le musiche della campagna televisiva promossa dal Ministero dell'Ambiente per "educare" i cittadini alla raccolta differenziata. La pubblicità ha due testimonial di eccezione, Pino Daniele e Gigi D'Alessio, "Rispetto dell'ambiente, pulizia… Sono attenzioni di cui ogni luogo ha bisogno", recita la voce
fuori campo dello spot preparato per la Tv. "Fare raccolta differenziata è un gesto d'amore per la tua città", rispondono i due celebri cantanti con la voce fuori campo che aggiunge "Io differenzio" mentre le immagini scorrono con un bambino seduto in un prato intento a mettere dei giocattoli di plastica in un secchiello e sono accompagnate da una musica che lo stesso autore definisce "dal sapore pan mediterraneo". Naturalmente, essere scelto come compositore per questa campagna pubblicitaria inorgoglisce non poco il giovane compositore di Cicciano che, nonostante viva ormai a Roma da svariati anni, non dimentica le sue origini napoletane.
Parallelamente alla campagna pubblicitaria, Louis Siciliano ha numerosi lavori in cantiere. Dopo l'enorme successo televisivo de "Il Bambino della domenica" di Maurizio Zaccaro con Beppe Fiorello, Louis Siciliano ritorna al cinema. Ha infatti da poco finito la colonna sonora del film "Principessa Part time" di Giorgio Arcelli (con Morena Salvino, Piera Degli Esposti, Riccardo Lupo, Vanessa Gravina, Luciano De Luca, Carlina Torta, Michele Riondino, Giovanni Battezzato, ndr), prodotto dalla Film-On. Attualmente sta lavorando alle musiche di "Aspettando Godard" di Alessandro Aronadio, prodotto da Anna e Sauro Falchi,
il cui cast si compone delle nuove stelle nascenti del cinema italiano ed internazionale, come Lorenzo Calducci, Jordi Mollà ed Isabella Ragonese e vecchie guardie come Monica Scattini e Rocco Papaleo. La sua musica varcherà anche i confini nazionali con un film sui campi di sterminio prodotto in Inghilterra ed una produzione hollywoodiana per ora top secret.
Lo Spot governativo 'Io differenzio'
A directora da revista Carmen Pugliese e o Coordinador do Consello de Redacción da mesma Mario Clavell
CARMEN PUGLIESE E MARIO CLAVELL PRESENTARON A NOVA REVISTA “CAMINO DE SANTIAGO. REVISTA PEREGRINA”
(Xunta de Galicia) Hoxe mércores 24 de Setembro de 2008 ás 12:00 presentouse en rolda de prensa no CIP, a nova revista “Camino de Santiago. Revista Peregrina”. No acto interviron a directora da revista, Carmen Pugliese, e o Coordinador do Consello de Redacción da mesma, Mario Clavell. A presentación pública da revista será mañá xoves ás 20:15 no Hostal dos Reis Católicos.
O número 1º foi entregado aos periodistas asistentes e distribúese a partir de mañá xoves en quioscos de toda España.
Esta publicación (bimensual, 100 paxs, PVP 4.50 €) é a primeira revista venal de contido xacobeo que se edita en España (as Asociacións de Amigos do Camiño adoitan publicaren un boletín de difusión interna; a Federación Española de Asociacións Xacobeas publica, pola súa banda, a revista ‘Peregrino’, de difusión restrinxida).
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Presentación en YouTube
Prima Line Up dei 'Tropheum': Raimondo Licandro (batteria), Piero Calzona (tastiere), Eugenio Licandro (basso), Pino Bova (chitarra solista)
Ricordando i Tropheum...
(S. Libertino) Un nostalgico amarcord di Piero Calzona, uno dei componenti del gruppo musicale 'Tropheum', che a cavallo degli anni sessanta/settanta segnò una simpatica e significativa presenza nel territorio di Tropea continuando a produrre musica pop dopo il ritiro dalle scene de 'The Freestones' e de 'I Cadetti'. L'Autore, originario di Parghelia, oggi opera nel campo della telefonia mobile in quel di Genova ma è rimasto sempre fedele alle sue tastiere componendo musica e ricercando nuove assonanze in un contesto tra il classico e la new age.
Questo ricordo è tratto dal suo sito "Impressioni soggettive" apparso recentemente sulla Rete, di cui lo slogan di presentazione è 'Alla ricerca di soluzioni comuni per la pace e la libertà nel mondo'. Il contenuto del sito, ancora in via di preparazione, si basa essenzialmente su una corposa raccolta di scatti della fotocamera che Piero trasferisce sapientemente sulle pagine per rendere partecipe il visitatore della propria espressività artistica, prima che dell'alta professionalità fotografica, ma anche degli stati d'animo particolari, che si possono ben decifrare nelle singole sezioni.
Molte pagine sono dedicate alla ricerca musicale con possibilità di scaricare i brani prodotti.
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Raccolta di brani dei 'Tropheum' 1972/75
Sciconi. Alcuni momenti del Primo Raduno dei Giganti
Primo raduno di Giganti e tamburi a Sciconi di Briatico
(F. Vallone) Sciconi di Briatico sembrava proprio essere diventato, all'improvviso, un paese della Spagna. Una sorta di Pamplona o di Barcellona, con decine di giganti processionali che sfilavano per le strade tra tanta gente adulta e una miriade di bambini. Una vera e propria marea umana tra le strette vie principali, tra i vicoli e la piazza del paese. Dieci coppie di grandi, giganteschi simulacri di legno, pezza e cartapesta colorata più un gigante più piccolo costruito per il divertimento di alcuni bambini del luogo che lo accompagnano con due piccoli tamburi.
Tutti hanno sfilato assieme sotto lo stesso frenetico ritmo di tamburi, piatti, grancasse e rullanti, davanti alla giuria presieduta dal sindaco di Briatico, Andrea Niglia, affiancato dalla competenza, in fatto d'arte, del maestro Michele Licata, preside della Scuola d'Arte di Vibo Valentia e di altri giurati.
Al primo raduno di giganti e tamburi, organizzato dall'A.I.C.S. di Sciconi, hanno voluto partecipare tanti giganti, c'erano quelli di Felice Napoleone di Porto Salvo, dei Papandrea di Laureana di Borrello, di Biagio Famà di San Leo di Briatico, dei Lo Preiato di Porto Salvo, dei Giancotta di Polistena e poi ancora quelli di Mesiano, di Cessaniti, di Pannaconi, di Zio Totò di Sciconi, e quelli denominati Sciconidoni, un mix collaborativo tra Sciconi e Conidoni.
Dopo la sfilata generale le coppie sono state chiamate ad esibirsi singolarmente per tre minuti davanti al tavolo dei giurati per dimostrare e per mostrare costumi, ritmo, balli, personalizzazione dei volti, allestimento e coreografia. Dalle 17.00 alle 19.00 due ore di frenetica danza, fino al buio, fino ai fumi profumati della salcicciata in piazza e fino ai fumi pungenti della polvere da sparo incendiata e purificatrice del "camejuzzu i focu" ballato alla fine dell'incontro per chiudere al meglio la grande festa di Sciconi.
Il gigante e la gigantessa anche a Sciconi escono in coppia. Iniziano a rullare i tamburi, le alte e inquietanti figure danzano vorticosamente, in un rituale antichissimo tracciano per le strade di Sciconi un itinerario magico simbolico. La festa è il loro mondo, il ritmo la loro vita, la strada e la piazza il loro libero movimento. I giganti fanno parte di una un'antica tradizione calabrese, sfilano per le strade durante le feste di paese per allietare con i loro balli e per "segnare" di festa il percorso del paese. La strada diviene, così, un luogo rituale ricco di simbolica magia e religiosità. Dalla testa di cartapesta, abiti a fiori e strisce di colori sgargianti
e mani viscide, incutono terrore a tutti, una paura profonda, mista al piacere della sfida. Una forte emozione solca il divertimento dei bambini, esorcizza e supera una paura innata e collettiva. La tradizione dei giganti è molto radicata in Calabria e in molti paesi sono stati costruiti esemplari del gigante e della gigantessa che sono vere e proprie opere d'arte popolare. Molte volte il ballo dei giganti è accompagnato dal ballo del cameju, del cavaju o del ciucciu. Fantocci di cammelli, cavalli o asini, simboli di animali arcaici che nel finale di una festa si esibiscono in un pirotecnico ballo di fuoco purificatore. I tamburi suonano, i giganti e la gigantessa si
corteggiano, si abbracciano e si baciano, ballano e spaventano la gente, i cammelli si infuocano e la tradizione continua.
Alla fine della serata sono stati consegnati i premi: 1° Classificato: i Fratelli Monteleone di Mesiano; 2° Classificato: Famà il re dei giganti di San Leo di Briatico; 3° Classificato Ex aequo: Giancotta di Polistena e i Giganti di Sciconi di Zio Totò Carnevale; 4° Classificato Ex aequo: Guerrera di Pannaconi di Cessaniti e Papandrea di Laureana di Borrello; 5° Classificato: Lopreiato di Porto Salvo; 6° Classificato: Felice Napoleone di Porto Salvo; 7° Classificato: i Giganti "Sciconidoni" di Melluso; 8° Classificato: i Giganti di Mazzitelli di Cessaniti.
'Giganti, Cammelli di fuoco, Ciucci e Cavallucci' di F. Vallone
Tropea. Renato Dulbecco negli anni Settanta visita l'Ospedale di Folco Spoleti
Il Premio Nobel Renato Dulbecco
(S. Libertino) Renato Dulbecco, di origini tropeane per parte della madre Maria Virdia, nasce a Catanzaro nel 1914. A soli sedici anni si iscrive alla facoltà di Medicina dell'Università di Torino, dove incontra due studenti, Salvador Luria e Rita Levi Montalcini "che avranno poi una grande influenza sulla sua vita". Si laurea nel 1936, appena prima di partire per il servizio militare come ufficiale medico fino al 1938. Un anno dopo è richiamato e inviato prima sul fronte francese e quindi in Russia dove rischia di morire nel 1942 e rimane per mesi in ospedale. Rimandato in Italia, quando il paese passa sotto
il controllo dell'esercito tedesco raggiunge le unità partigiane della Resistenza, sempre come medico. Successivamente avvia l'attività di ricerca e contemporaneamente si iscrive alla facoltà di Fisica, che frequenta dal 1945 al 1947, anno in cui lascia l'Italia per gli Stati Uniti.
Viene chiamato a svolgere attività di ricerca alla University of Indiana a Bloomington, e successivamente si trasferisce al California Institute of Technology. Nel 1955 riesce ad isolare il primo mutante del virus della poliomielite, che servirà a Sabin per la preparazione del vaccino.
Nel 1958 comincia ad interessarsi alla ricerca oncologica, studiando virus animali che provocano forme di alterazione nelle cellule. La scoperta più importante è la dimostrazione che il DNA del virus viene incorporato nel materiale genetico cellulare, per cui la cellula subisce un'alterazione permanente. Dal 1972 si trasferisce a Londra, all'Imperial Cancer Research Fund, dove ha la possibilità di lavorare nel campo dell'oncologia umana, e successivamente al Salk Institute di La Jolla (California).
Nel 1964 vince il premio Lasker per la ricerca medica e nel 1975 il Nobel per la Medicina, insieme a David Baltimore e Howard Temin, per ricerche sull'interazione tra i virus tumorali e il materiale genetico della cellula.
Nel 1986 lancia il Progetto Genoma Umano, con l'obiettivo di decifrare il patrimonio genetico dell'uomo. Nel 1993 rientra in Italia e da allora lavora presso l'Istituto di Tecnologie Biomediche del CNR di Milano, oltre a guidare la Commissione Oncologica Nazionale e a ricoprire l'incarico di presidente emerito del Salk Institute.
E' membro di diversi organismi scientifici internazionali, tra cui l'Accademia dei Lincei, la National Academy of Sciences statunitense, la Royal Society britannica e l'IPPNW (International Physicians for the Prevention of Nuclear War).
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La Chiesetta di Santa Maria dell'Isola, icona di Tropea
La Calabria riscoperta. Un vecchio articolo di 'la Repubblica'
(P. Sergi) Com'è strana la Calabria, quest' anno. Si scopre amata dal grande turismo, vede folle di danesi per la prima volta sciamare lungo i litorali, sente l' abbraccio caldo della famiglia-tipo italiana, medio-borghese, clientela privilegiata dell' industria locale delle vacanze. E com'è strana Pizzo, superaffollata, quasi presa d' assalto da gruppi di tedeschi e austriaci interessati alla sua storia e al suo castello murattiano, ma soprattutto impegnati a ingurgitare giganteschi coni con quintali di panna montata, e a tuffarsi in un mare cristallino, e ancora a gustare il tonno all' olio di oliva di Sardanelli,
una vera preziosità, o le cozze al gratin che Pasquale propone alla Medusa.
"Son proprio concentrate qui le regioni di questa gloria che stiamo vivendo", dice Giancarlo Perani, dirigente dell'assessorato regionale al Turismo, "che hanno permesso quest' anno un incremento di almeno il 15% di presenze rispetto all' 84, che fanno della Calabria una realtà turistica che ha i suoi punti di forza nei villaggi residenziali e nelle seconde case, oltre che nella struttura alberghiera".
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Il musicista tropeano Gaetano Cipollini
Lo sdegno e il rammarico di Gaetano Cipollini in una lettera del 1891 per la sua 'Simeta' mai rappresentata
(S. Libertino) Nel 1882 a Monteleone usciva uno dei periodici più antichi calabresi, l''Avvenire Vibonese', settimanale politico amministrativo letterario, fondato e diretto da Eugenio Scalfari, che dopo breve interruzione nel 1889, terminava la sua interessante avventura nel 1894. Fu un'esperienza esaltante per i comuni del territorio le cui notizie, le cronache e le fitte corrispendenze fecero subito capo alla testata vibonese le cui pagine non trascuravano di riportare dallo scenario nazionale notizie e eventi sull'arte, la letteratura, la musica, riconducibili a autori calabresi.
L''Avvenire Vibonese' sicuramente diede impulso a far nascere nel territorio alcune realtà interessanti ai primi anni del Novecento come quelli edite Tropea: 'Il Galluppi' settimanale dal 1903, 'Il Gazzettino di Tropea' settimanale dal 1905 e mano mano gli altri, 'L'efebo' quindicinale a carattere letterario dal 1907, la 'Calabria del popolo' quindicinale dal 1911, 'La sfinge' quindicinale a carattere letterario dal 1920, il 'Giornale di Tropea dal 1920....
Nell'edizione del 12 dicembre 1891 il direttore Eugenio Scalfari volle pubblicare sul suo giornale commentandola una lettera del musicista tropeano Gaetano Cipollini indirizzata a Ugo Valcarenghi, direttore della rivista Cronaca d'Arte di Milano, nelle cui pagine trovò ospitalità. Lettera che esprimeva lo sdegno e il rammarico di un autore perbene a causa delle inadempienze di Casa Ricordi rispetto agli impegni contrattuali intrapresi per la rappresentazione dell'opera lirica 'Simeta'.
Gaetano Cipollini iniziò a comporre, trentenne, 'Simèta', di proporzioni faraoniche, tratta dal II Idillio "Le incantatrici" di Teocrito - come viene indicato dal librettista Antonio, suo fratello, all'inizio del testo.
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Il sogno di 'Simeta'
Localizzato nel cuore della foresta pluviale in Congo una ex colonia calabrese: Nduja-u-tulu
(laRepubblica/Viaggi) LA NOTIZIA è stata resa ufficiale circa un mese fa. Nel cuore della foresta pluviale del Congo esiste un villaggio ex-colonia calabrese. ‘Nduja- u-tulu”, questo è il nome del villaggio scoperto recentemente dall'esploratore tedesco Otto Halsinkeer. Quando il 30 ottobre 1922, l'Italia occupa Jefren, nell'entroterra tripolino, quattro soldati calabresi, incaricati di esplorare zone limitrofe, si perdono e finiscono, non si è ancora capito come, in una zona vergine della Jungla del Congo. Sono i primi bianchi visti dagli indigeni che li divinizzano immediatamente, specialmente Pasquale Rizzato, detto “ Mpurrutu”.
Pasquale è l'unico biondo dei quattro è viene indicato dallo sciamano del villaggio come “Hanka-za-ita” , ovvero il figlio del sole.
La sua imprecazione tipica: “Mannaia ‘a miseria!” diventa il coro cantato dagli indigeni per salutare Hanka-za-ita.
NOI SIAMO i primi italiani a visitare Nduja-u-tulu. La cosa che salta immediatamente all'occhio è l'eredità genetica lasciata dai quattro Coloni. Una considerevole quantità di meticci afro-calabresi ci accolgono ospitali nel loro habitat, esibendosi in un canto percussivo che è un misto di sonorità tribali e “ Calabrisella mia”. Le porte delle capanne, tipicamente africane, sono adornate da cespugli di peperoncini rossissimi che oltre a decorare le case sono parte integrante dell'alimentazione locale. Le donne sono impegnate a preparare la “'Ndujata”: una pappa di radici, frutta e “Nduja”.
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Il Can Can di Enzo
(S. Libertino) Gente che viene, gente che va e gente che resta al Cafè de Paris, che nel cuore dell'estate e del centro storico di Tropea diventa permanentemente quartiere generale di chi rimane a combinarne di tutti i colori. Davanti al solito crodino con le olive ascolane e davanti all'impassibile 'Testa Randi' di Pasquale Galluppi, Enzo mi dice ''Oggi pomeriggio alle cinque all'Affaccio del Cannone mi vesto da ballerina del Moulin Rouge e ballo il Can Can con lo sfondo dell'Isola''. E lui è uno che è rimasto. E' uno di quelli che ne combinano di tutti i colori. Ed è uno che quando lo dice lo fa. Non posso mancare all'appuntamento. Metto sotto carica le pile della telecamera e mi preparo spiritualmente all'evento.
Lo trovo in un larghetto deserto e silenzioso, attiguo all'affaccio, molto appartato tra un groviglio di tavoli e di sedie, che si animerà da lì a poco all'ora di cena. Vicino a lui c'è Lucia, la sua compagna, che l'aiuta a vestirsi. Sembrano essere nel camerino dietro le quinte pronti, in attesa di una chiamata, ad apparire sul palcoscenico. Le calze, le scarpe, la giarrettiera, la gonna coloratissima e vaporosa proprio come quella delle ballerine del Moulin Rouge, la parrucca con una penna sgargiante e appariscente che svetta sopra la testa.. Tutto vero. Beh, il seno è finto, di ovatta abbondante.
Posso rinunciare a filmare la vestizione? Assolutamente no. Appostato dietro un cespuglio ne seguo da lontano la ritualità. Ogni gesto. Ridono anche loro. Un cagnolino all'ultimo piano del palazzo che sovrasta la piazzetta interrompe col suo abbaiare ad intermittenza il silenzio che diviene sempre più inquietante.
Enzo ora è pronto. Ma prima di uscire al largo tra la gente, vuole fare la prova. Imbocca la via dell'abate Sergio, passa davanti al portone della Casa di Carità. Ninetta (dirigente della Casa), nell'androne, si accorge del CANCAN e grida ''Ma che state combinando?...'' Enzo si allontana verso il Monastero della Pietà e incomincia a ballare, a muovere le gambe, a roteare il corpo, come una ballerina del Moulin Rouge, sempre attaccato con le mani ai lembi della gonna che si alza scoprendo maliziosamente le gambe, la giarrettiera e le calze di seta. Lo tengo sempre d'occhio dietro la telecamera.
Enzo si muove senza musica e penso che in sede di doppiaggio del filmato la scelta sarebbe caduta sicuramente sul brano di Jacques Offenbach, il classico CANCAN. Vicino a lui passa una donna che guarda sbalordita l'abbigliamento lascivo e le sue turpi evoluzioni. Lui aprendo le braccia le fa ''Non avevo nient'altro da mettere''.
Dopo questa specie di anteprima, Enzo si dirige verso l'affaccio da dove già si riesce a percepire il vocio della folla. Finalmente si trova al centro della ribalta. Ormai è tardi ai ripensamenti. Con le mani si attacca ai lembi della gonna peccaminosa che si alza sempre di più e comincia a sgambettare lungo le inferriate dell'affaccio. Dietro di lui il mare, l'Isola, la spiaggia, il riverbero del sole, davanti una folla di gente che sorride. Qualcuno si preoccupa e chiama ad alta voce il figlioletto rimasto a cavallo sul cannone, ha paura. Anche in Francia, dove era nato alla fine dell'Ottocento, CANCAN veniva associata alla parola 'scandalo'. Ma credo che il fine ultimo della manfrina di Enzo è proprio quello di far semplicemente sorridere la gente. Anche per quello non ha cercato di fare la spaccata.
E' tutto ciò che vedrete nel filmato. Ciao a tutti.
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Il Pisa Book Festival vi aspetta nella nuova sede EXPO nei giorni
10, 11, 12 ottobre 2008
VENERDI' ORE 15-20
SABATO ORE 10-20
INGRESSO GRATUITO
NAVETTE gratuita dalla Stazione Centrale (dalle 9 alle 2050; frequenza ogni 30 minuti)
RICCHISSIMO PROGRAMMA CULTURALE.
Laboratorio musicale per bambini.
EDUCATIONAL: un percorso per gli insegnanti.
Viaggio nella preistoria per i più piccoli.
Agenti letterari al Business Centre.
Progetto fiera verde: cosa puoi fare tu.
pisabookfestival.it
Folco Spoleti medico e galantuomo
(S. Libertino) L'assitenza sanitaria a Tropea è antichissima come antichissimo è l'Ospedale, al momento l'istituto cittadino più antico ancora operante. Sarebbe sorto prima del 1200 per iniziativa dei nobili Bonsaulis e Benedetto Guoarnes nei pressi della Cattedrale. A seguito dell'ampliamento di questa fu riedificato e collocato fuori le mura nei pressi del sito dell'attuale Convento dei Cappuccini. Ecco perchè l'attuale toponomastica dedica la scesa del Convento all''ospedale civile'. L'area ospedaliera nella prima metà dell'Ottocento era vasta e poteva contenere un grande numero di 'infelici'. Tre erano i saloni destinati agli uomini ed uno alle donne. Un'ala era riservata a ricovero dei poveri vaganti senza tetto. L'Istituto era molto rinomato per la guarigione delle malattie sifilitiche e si riteneva
che ciò potesse accadere grazie al rilevante contributo della salubrità del mare. Nella seconda metà dell'Ottocento è stato riammesso nel centro storico, sempre con affaccio a mare, accorpandolo nell'antico Monastero delle Monache di Santa Chiara, eretto nel 1261, di proprietà del nobile Ignazio Toraldo di Francia, di cui attualmente porta il titolo, avendolo mantenuto anche se negli anni Ottanta è stato ricostruito in un comprensorio moderno ancora nei sobborghi della città.
A Tropea quindi da ben otto secoli l'attività ospedaliera, anche se con ritmo e tono discontinui, è stata sempre assicurata, originariamente sotto il patrocinio della Mensa Vescovile, essendo l'Ospedale ritenuto un luogo pio, e nei tempi moderni delle istituzioni governative locali. Nei suoi ranghi ha annoverato medici insigni, a cominciare dai Guarna, famiglia appartenente alla Scuola Salernitana, nella cui casa, dove anche le donne venivano avviate all'arte di Esculapio, la scienza medica si respirava a pieni polmoni. Tale famiglia nel 1344 si stabilì definitivamente a Tropea, dove continuò ad esercitare la professione per varie generazioni.
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Salomone e i forgiari di Tropea
(S. Libertino) Se chiedete ad un tropeano di indicarvi via Umberto I, ci dovrà pensare parecchio prima di rispondere. Ma se chiedete dove sta la via dei Forgiari ve la indicherà senza alcuna esitazione.
Sicuramente sarebbe stato meglio intitolarla ai Mastri Forgiari quella strada, protagonista della Festa della Croce, ai fabbri ferrai che hanno per secoli lavorato nei bassi dei palazzetti ai bordi della lunga via del Borgo sorto nelle immediate
vicinanze delle antiche mura urbiche, accanto agli antichi arnesi, alla loro forgia alimentata dal mantice del garzone di turno.
Di solito i forgiari abitavano al piano superiore del laboratorio dove il lavoro si tramandava da padre in figlio attraverso varie generazioni. Lavoro che era molto ricercato sia nella Città sia nelle campagne.
Molte le commesse provenienti dai palazzi nobiliari. I ricami in ferro dei cancelli, delle ringhiere dei balconi e degli affacci testimoniano l'arte e la maestria dei mastri capaci anche di produrre ogni tipo di arnese
da lavoro prodotto anche sul posto lontano dalla bottega: vomeri, attrezzi agricoli, chiavi, mandali, chiodi, 'attacci', arnesi artigianali per falegnami, bottai, calzolai... e persino armi sofisticate.
Erano anche 'carrai', specializzati cioè nella costruzione e nella riparazione dei carri e dei calessi, importanti mezzi di locomozione, nelle parti dove i componenti erano di metallo, come le ruote.
Ma erano anche 'maniscalchi' che curavano con colpi precisi la ferratura dei cavalli, dei muli e degli asini, parcheggiati dai proprietari presso le forgie, la domenica, giorno di mercato, per il ricambio dei ferri e
la scolpitura e l'affilatura degli zoccoli.
Intere famiglie, come i De Vita, i Vinci, i Bagnato hanno per secoli perpetuato senza soluzione di continuità questo mestiere che oggi non esiste più. Ormai le botteghe delle forgie hanno lasciato il posto ai
negozi di ceramiche, di coralli, di abbigliamento. Non più quei rumori, ormai consueti per i passanti, provocati dalla mazzetta del sapiente fabbro che batteva ripetutamente il metallo incandescente sull'incudine
per forgiarlo.
Ormai non esiste più traccia di quegli arnesi, di quelle forgie, di quella fatica.. Si sarebbero potute raccogliere per farne un museo, per non disperdere la memoria delle tradizioni.
Si perde nel tempo l'inizio di tale attività artigianale e l'accorpamento di decine e decine di forgie lungo la via del Borgo. Sarebbe il caso di ricordarsi di Giordano Ruffo, nato a Tropea
ai primi del 1200, Maestro dei Cavalieri alla corte di Federico II e autore di vari trattati sulla maniscalcheria e medicina veterinaria.
Qualcuno dice però che bisogna addirittura risalire ancora indietro ai tempi di Salomone re d'Israele (970 a.C. - 930 a.C), protagonista di una novelletta tropeana che circolava al Borgo fino agli anni
Cinquanta, sulla saldatura dei metalli. Il re infatti era l'unico a conoscerne il segreto che fu carpito con l'astuzia dai forgiari tropeani. Il racconto, acquisito dall'etnologo tropeano Giuseppe Chiapparo dalla viva voce
di Antonio Bagnato, forgiaro di Tropea, detto "Schillaro", fu 'passato' al collega Antonino Basile di Palmi, che scrisse un saggio nella Rivista di tradizioni popolari 'Folklore della Calabria' diretta proprio dallo
stesso Basile, riportando i versi in dialetto tropeano composti per l'occasione dal Chiapparo che descrive l'episodio in modo magistrale.
Non ci resta che proporvi quindi questa deliziosa novelletta.
Salomone e i forgiari di Tropea
Viaggio virtuale nella Forgia di Biagio Vinci ultimo Mastro Forgiaro di Tropea
Bizzarro: una vita scellerata
(S. Libertino) La tristissima vicenda di Francesco Moscato di Vazzano, detto il Bizzarro, non potè non attirare l'interesse di artisti e viaggiatori dell'epoca, tanto che lo stesso Bartolomeo Pinelli, nel corso del 1823, immortalò le fasi salienti delle due vite, del brigante e della sua compagna, intrecciate indissolubilmente, attraverso la realizzazione magistrale di numerosissime opere, alcune create con il solo ausilio di matita e penna, su carta, altre, descritte con maggiore dovizia di particolari, con la tecnica dell'acquerello: opere, queste ultime, raccolte in sei splendide tavole, nelle quali si scorge, limpidissimo, l'impegno che il Pinelli profuse - attraverso il mirabile effetto coloristico - per connotare di riflessi tragici 'la vita scellerata' del brigante Bizzarro.
Questa serie di opere era accompagnata, nella originale stesura, da un anonimo manoscritto in lingua inglese, datato 'Roma - 1825', dall'esame del quale si è potuto risalire all'esatto collegamento delle stesse con la vita e le gesta di uno dei più temuti e crudeli briganti dell'Italia meridionale.
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CALABRIA/ARCHEOLOGIA: SEQUESTRATI A TROPEA DA GDF 34 REPERTI
(ASCA) - Vibo Valentia, 16 ott - La Guardia di Finanza - Nucleo Mobile - della Compagnia di Vibo Valentia, nel corso di una perquisizione, ha sequestro 34 pezzi di notevole interesse archeologico, illecitamente detenuti. Il sequestro e' avvenuto in un'abitazione del centro storico di Tropea, la cittadina turistica sulla costa vibonese. Denunciato un uomo di 69 anni. Il materiale archeologico sequestrato e' stato sottoposto a perizia dalla dott.ssa Maria Teresa Iannelli, Direttrice del Museo Archeologico Statale ''Vito Capialbi'' di Vibo Valentia. Si tratta di vari frammenti di testine femminili, coppette, brocchette, un piede e vasi, recanti in alcuni casi segni di antiche iscrizioni, che sono risultati prodotti con la caratteristica terracotta, nel cui impasto, l'esperta, ha rinvenuto tracce in grande quantita' di microceramica.
Evidenziata un'omogeneita' sia relativamente alla manifattura, attribuibile all'area della Magna Grecia, che relativamente alla cronologia, databile ad epoca risalente tra il V ed il IV a.C. Quanto rinvenuto, secondo gli esperti, e' da considerarsi di notevole pregio ed interesse storico. La maggior parte del materiale potrebbe essere proveniente da scavi clandestini.
La citta' di Vibo Valentia e' ricca di tracce che, unitamente alle antiche vestigia gia' fruibili dal pubblico, ne attestano l'importanza ed il grado di civilta' , vi era una colonia greca, denominata ''Hipponium''. Cio' e' dimostrato anche dai numerosi ritrovamenti, verificatisi nel tempo, di tracce ed elementi appartenenti al periodo della magna-grecia, quali ville, necropoli, mura, reperti che, troppo spesso, sono stati oggetto di sottrazione ad opera dei ''tombaroli', che hanno alimentato i fiorenti traffici di collezionisti privati e mercanti d'arte. L'attivita' di contrasto a tali fenomeni ed il materiale rinvenuto in questi ultimi anni, ha consentito di allestire nel museo cittadino - Vito Capialbi - un'intera area dedicata ai ritrovamenti operati dalle Fiamme Gialle.
Dossier Beni Recuperati 2007
Le donne di Pizzo dedicano alla Madonna di Romania un inno in dialetto napitino
(S. Libertino) E' cosa risaputa che lungo i secoli l'antico culto della Madonna di Romania fino a qualche quarantennio fa varcava regolarmente i confini della Città di Tropea.
Attestati di venerazione verso la Madonna Nera, ora patrona dell'intera Diocesi, provenivano da fedeli di ogni parte della Calabria, di cui non poche chiese tuttora dedicano al suo nome l'altare maggiore, e addirittura della Sicilia, dove a Messina era veneratissima con il nome di 'Romanilla'.
Durante i festeggiamenti, che ormai da tanto tempo si sono ostinatamente e inspiegabilmente interrotti, del 27 marzo e, in occasione dell'anniversario dell'incoronazione, del 9 settembre, Tropea veniva letteralmente invasa dai fedeli che dimoravano in città almeno per i tre giorni della festa, ospiti a pagamento delle abitazioni private che durante la stagione estiva offrivano le camere ai vacanzieri.
Da tale tradizione non si sottraevano gli abitanti della vicina Pizzo spinti da una secolare devozione per la miracolosa effige della Madonna tropeana, che aveva protetto e preservato la sua città dagli effetti devastanti di terremoti, pestilenze e carestie, aggressioni e incursioni piratesche, bombardamenti.
Il 9 settembre 2008, nella Cattedrale, qualche ora prima della processione, durante il rito della vestizione della sacra icona degli ori, che si svolge a porte chiuse nei locali della sacrestia, un centinaio di donne di Pizzo hanno voluto onorare la Vergine bruna intonando un inno in dialetto napitino.
Ciò è avvenuto inaspettatamente coinvolgendo emotivamente i fedeli tropeani raccolti nella preghiera ma che hanno subito prestato ascolto e attenzione alla accattivante melodia e alle parole recitate con fervida devozione.
Il canto, arricchito dall'armoniosa cadenza dialettale, si è protratto fino all'uscita del sacro Quadro dalla sacrestia 'vestito' degli ori delle corone della Madonna e del suo Bambino e degli ex voto donati dalla popolazione devotissima. Pronto quindi ad essere ricollocato ai piedi dell'altare nella teca d'argento e di lì a poco a sfilare in processione per le vie del paese.
Era da molto tempo che non si assisteva ad una ritualità popolare spontanea del genere, che ha dato vita ad una vera pagina di antropologia culturale religiosa.
Una cerimonia di rituale votivo davvero intensa di cui da moltissimi anni si erano perse le tracce. Sono eventi questi che nei tempi andati, quelli dei Corso, dei Chiapparo, dei Basile, avvenivano 'in diretta' per volontà del popolo, senza strilli editoriali, locandine e biglietti d'invito. Erano altri tempi.
L'inno, che viene cantato dalle donne di Pizzo ogni anno durante i riti della settimana santa, in particolare durante la processione del venerdì santo, è stato offerto eccezionalmente il 9 settembre alla Madonna di Romania, protettrice della Città di Tropea.
Abbiamo avuto la fortuna di poterlo registrare e farvelo rivivere.
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"Riso amaro" torna con un aborto scandalo. Nel film restaurato c'è la sequenza tagliata nel '49. Raf Vallone: quella storia divise anche la Sinistra. "Prima" a Vercelli della pellicola che rivelò la Mangano, con i 50 metri spariti. Una delle vere mondine del cast "La gravidanza li' diventava una sciagura"
(Giuseppina Manin/29 aprile 1999, per il Corriere) "Riso amaro" torna con un aborto scandalo Nel film restaurato c'è la sequenza tagliata nel '49. Raf Vallone: quella storia divise anche la Sinistra. "Prima" a Vercelli della pellicola che rivelò la Mangano, con i 50 metri spariti. Una delle vere mondine del cast "La gravidanza lì diventava una sciagura". Quella sua maglietta fina, tanto stretta al punto che s'immaginava tutto... Una maglietta, quella di Silvana Mangano in "Riso amaro", destinata ben prima dell'altra, cantata da Baglioni, a entrare nell'archivio dell'immaginario collettivo. Quella blusa, quelle braghette a scoprire gambe di spudorata bellezza promossero la bruna Silvana da ragazza della porta accanto a diva di prima grandezza, prototipo di tutte le maggiorate d' Italia.
Un mito dello schermo che, complice il film del '49 di Giuseppe De Santis e interpretato anche da Vittorio Gassman, Raf Vallone, Doris Dowling, ha colpito al cuore generazioni di spettatori. Sedotti come il pubblico che ieri, al cine - teatro Viotti di Vercelli, ha visto rinascere sullo schermo quel capolavoro girato 50 anni prima nelle campagne e nelle risaie intorno. Una proiezione speciale (ma il film da oggi sarà nelle sale) che ha proposto in tutto il suo fulgore visivo e sonoro (musiche di Goffredo Petrassi e Armando Trovajoli) la copia originale, restaurata dalla Scuola Nazionale di Cinema col contributo finanziario della Provincia di Vercelli e integrata di 50 metri, tagliati ai tempi in modo improprio su una scena di un aborto in risaia. Una serata - evento, condotta da Mollica, a cui hanno preso parte la vedova del regista
(scomparso un anno fa), Carlo Lizzani, che ne fu co-sceneggiatore, Mauro Musumeci, responsabile della sezione conservazione e restauro della Scuola di Cinema, il presidente della Provincia Valeri, l'assessore alla Cultura Orsolano. E molta, moltissima, gente del luogo. Tanti di loro coinvolti, in quella rovente estate del '48, in un film il cui set fu frequentato da Pavese, Lajolo, Calvino, Gianni Agnelli, Robert Capa. Emozionate e curiose sono così arrivate le mondine di allora, e come allora hanno intonato i loro canti di lavoro.
Continua
Trailer 'Riso amaro'
Ed ecco a voi I CADETTI !
(F. Blasa) "I Cadetti" nascono a Tropea nel lontano 1963, in contemporanea con "The Freestones", quando la febbre della musica rock americana incominciava a contagiare i musicofili nella nostra penisola, sostituendosi radicalmente allo stile melodico e mieloso del dopoguerra.
In quegli anni, dovunque spuntarono nuovi artisti alcuni dei quali divennero presto famosi e punti di riferimento per molti giovani musicisti.
Mentre "The Freestones" si rifecero ai mitici "The Beatles" di cui subirono totalmente il fascino mutuandone, per certi versi, la timbrica strumentale e la sezione vocale (fatta eccezione per il cantante solista, Mario Lorenzo, che preferiva indiscutibilmente rifarsi al rock del grande Elvis Presley), "I Cadetti" intesero seguire la scuola della c. d. "ordinary people songs", cioè la musica della gente comune, interpretando ogni sorta di genere musicale e mirando a soddisfare oltre alle proprie personali esigenze, anche quelle di una piccola comunità calabrese, quella di Tropea, ridente cittadina del Tirreno, che proprio allora imboccava la strada della vocazione turistica ma dove, in alcuni momenti, la noia e la monotonia delle giornate assolate, veniva rotta e rivitalizzata proprio dalla presenza e dal temperamento musicale dei due menzionati gruppi.
Non vi furono mai dissapori tra i due complessi, giacchè i loro componenti furono sempre legati da saldi vincoli d'amicizia.
Non così, però, musicalmente. Infatti intervenne fin da subito un sano antagonismo che, in un certo qual modo, contribuì a migliorarne l'impegno e lo stile musicale, con grande soddisfazione dei medesimi e anche dei teenagers locali che li seguivano con appassionato tifo.
LINE UP ORIGINARIA
da sinistra a destra, nella prima foto di presentazione:
Umberto Giancani, chitarra ritmica
Carletto Romano, batteria
Franco Migliaccio, voce
Ninì Pandullo, basso
Franco Blasa, chitarra solista
ELEMENTI SUCCESSIVI (vedi seconda foto)
Pietro Migliaccio (in primo piano), tastiere
Natino Blasa, basso
Peppe Russo, voce
Gruppi musicali
'Pugni Chiusi' dei Cadetti
Una scena del film e la regista Ella Pugliese
'I GIGANTARI' DI ELLA PUGLIESE AL ROMA FILM FESTIVAL Ugo Gregoretti: "…la singolare ricostruzione degli antichissimi riti popolari correlati alla leggenda della "gigantesca" coppia primordiale"
(F. Vallone) Nel film di Ella Pugliese c'è anche una scena dove la testata "Calabria Ora" compare in primissimo piano tra le mani dell'artista Reginaldo D'Agostino sdraiato su un divano, poi ci sono un gigante e una gigantessa, tantissima gente e tanti luoghi che vivono in Calabria e raccontano continuamente vita e memoria. Il film di Ella si intitola "I Gigantari" e domenica prossima, 26 ottobre, verrà presentato a Roma, all'interno del Roma Film Festival, nella rassegna "Extra d'essai" che raccoglie la migliore produzione documentaria indipendente degli ultimi due anni. Tra l'altro Ugo Gregoretti, presidente della giuria della 15a rassegna del documentario "Premio Libero Bizzarri", ha voluto premiare il film con una menzione speciale e con la seguente motivazione: "Per l'alto livello della ricerca formale che ha aiutato, in maniera altamente sofisticata, la singolare
ricostruzione degli antichissimi riti popolari correlati alla leggenda della "gigantesca" coppia primordiale".
I Gigantari, il bellissimo film di Ella, racconta prima di tutto di un re e una regina. Sono loro i personaggi centrali e gli attori principali, alti simulacri di cartapesta, dai tratti orientali e dai colori scuri. Potrebbero essere di qui o venire da molto lontano, il gigante e la gigantessa ballano al suono minaccioso e ripetitivo dei tamburi, dei rullanti e della grancassa, sulle spiagge e nelle piazze di paese attraendo e mettendo in fuga adulti e bambini. A memoria di anziano non c'è festa che si apre senza giganti in questo lembo di terra calabrese propizio agli sbarchi di popolazioni amiche e barbari invasori. I Giganti rappresentano il legame con la tradizione, ballati dai 'gigantari' di professione, costruiti dalle mani sapienti di artigiani e artisti locali, ricostruiti per gioco e per sfida dai bambini. La vita della gente scorre parallela, tra gesti e
abitudini millenari che scandiscono lo scorrere lento del tempo, vecchie e nuove strategie di sopravvivenza ed esercizi di memoria. E poi c'è tanto lavoro in questo spaccato, c'è un sorprendente rigoglio di arte e artigianato in questa Calabria che si racconta con dignità e umore.
Intanto, in uno scantinato buio o nel sottoscala umido di un garage, i giganti sonnecchiano aspettando il prossimo ballo, la prossima vita. Il film racconta, con raffinatezza non comune e senza traccia di retorica, attraversando le strade del vibonese come in una sorta di viaggio, tra memoria e realtà attuale, con molti incroci, soglie e fermate effettuate con il supporto della preziosa e silenziosa collaborazione dell'artista Pino Pontoriero che ha fornito molti suoi schizzi ed ha disegnato alcune scene per la realizzazione delle animazioni. La regista, donna con una ricchissima interiorità, per questo lavoro è stata affiancata da una meravigliosa e appassionata collaborazione di tutti i ragazzi della troupe, sia sul set che durante la lunga e laboriosa fase di post produzione. La troupe, durante la lavorazione di I Gigantari, ha parlato italiano e tedesco ma ha
interagito con personaggi che parlavano il dialetto calabrese ma anche l'arabo, il francese o l'inglese, dietro la videocamera Luca Bellino e Jens Joester, di Berlino, assistente alla regia e fonico, Michele Russo, montatore, Andrea Ciacci, che, al di là del lavoro di montaggio, è stato anche sempre pronto ad occuparsi di ogni nuovo problema tecnico che si presentava sul set.
Ella Pugliese è nata a Roma nel 1974 da madre siciliana e padre calabrese originario di Lampazone di Ricadi, in provincia di Vibo Valentia. Ella si è trasferita giovanissima in Germania, a Berlino, dove ha effettuato studi specialistici nel campo della germanistica e della letteratura tedesca, con laurea in lingue e specializzazione in antropologia della migrazione ma la sua formazione si è ampliata nel contempo anche nel resto d'Europa e nel Sud-Est del mondo. Dopo qualche corso di sceneggiatura e montaggio ha iniziato a lavorare sul campo con la produzione di interessanti documentari.
Roma Cinema Festival
Premio Libero Bizzarri
Fondazione Libero Bizzarri
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