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 I barbieri hanno adottato 'Il Calendario di Enzo 2010', come si faceva nel passato con i calendarietti profumati




'Il Calendario di Enzo 2010'
e Enzo Taccone nelle vesti di co-fondatore dei volontari della Protezione Civile di Tropea


(Enzo Taccone) Ero un ragazzino quando verso Natale, tagliandomi i capelli, mentre stavo in piedi avvolto in un mantello bianco, il mio “varveri” consegnava ai clienti una busta profumata con un calendarietto che, nella maggior parte dei casi, faceva vedere delle donnine piuttosto svestite.
Lo scopo sicuramente era di scambiarsi gli auguri per le feste di Natale e del Nuovo Anno ma soprattutto per ottenere una mancia speciale.
Ovviamente a quel tempo i calendarietti erano riservati agli adulti ma si cresce ed ho fatto in tempo ad averne qualcuno anche io. Lo si metteva nel portafoglio ed il profumo si riversava anche sulle banconote, poche per la verità.
Poi col passar del tempo si è persa la tradizione perché la moda cambia. Ora questi opuscoletti sono divenuti ‘Cult’ per appassionati e istradati nel collezionismo dove vanno davvero forte anche se ormai hanno ovviamente perso quella fragranza profumata che li caratterizzava.
Nel casuale percorso de ‘Il Calendario di Enzo 2010’ che sto vivendo direttamente come una ‘cosa bella’ che non finisce di darmi grandi emozioni, mi accorgo che i barbieri di Tropea l’hanno adottato ufficialmente. Ed è significativo che questo sia avvenuto durante il periodo natalizio come accadeva per i calendarietti di una volta.  
Fino ad ora sono otto i parrucchieri della città che in una gara straordinaria di solidarietà hanno inteso distribuire il Calendario sul proprio posto di lavoro ai clienti in cambio di 6 euro da destinare interamente ai volontari della Protezione Civile di Tropea, non tutti dotati ancora di divisa e assicurazione.
Colgo l’occasione di ricordare che ‘Il Calendario di Enzo’, realizzato con l’aiuto fondamentale del Colonnello Salvatore Libertino, non è stato realizzato per scopi di lucro ma dallo scorso agosto è stato messo in vendita nelle edicole e librerie unitamente al DVD del backstage alla cifra di 6 euro per beneficenza.
La novità è che invece di fotografare delle belle donne (figurarsi poi quale casino avremmo scatenato ! ) abbiamo optato per i travestimenti del sottoscritto col solo scopo di divertirci e di far sorridere quelli che con lo spirito giusto possono apprezzare questo tipo di iniziativa. Un’altra novità è che nelle 12 pagine dell’anno manca l’ultima settimana di ogni mese perché abbiamo ritenuto 'provocatoriamente' che fosse inutile per coloro che non arrivano a fine mese. Il calendario infatti è a loro 'affettuosamente' dedicato.
Recentemente, ormai lo sapete, è stata per me una grande sorpresa essere stato contattato dalla gentilissima Annarosa Macrì di RAI3 Regione che mi ha intervistato nella mia abitazione e per l’occasione mi sono esibito con l’abito del Can Can. La registrazione, vista in diretta da moltissimi tropeani che mi hanno fatto i complimenti, è andata in onda la mattina del 17 novembre scorso a ‘Buongiorno Regione’. La potrete rivedere in questo sito.
Auguri a tutti per le prossime festività natalizie e per un felice Anno Nuovo. Vi invito ad aiutare la Protezione Civile di Tropea della quale faccio parte. Grazie.
Un grazie di cuore ai barbieri che hanno aderito all'iniziativa che sono:......

Continua...

Dic. 2009

Cervello, mente, linguaggio. L’uomo è un essere “speciale”?
Copertina del libro 'Cervello, mente, linguaggio. L'uomo è un essere 'speciale'? (S. L.) Perché affermare che l’uomo è un essere “speciale”, posto al vertice del mondo animale e non, invece, un essere “qualsiasi”, anche se più evoluto, uno tra i tanti altri esseri animali, che popolano il mondo, come da alcuni si è ipotizzato sempre più frequentemente e con maggiore convinzione? L’uomo è realmente un essere “speciale”? Come rispondere a questo interrogativo? Su quali basi documentali e con quali osservazioni e argomenti? A quale conclusione sull’essere dell’uomo, si potrà arrivare, se la risposta all’interrogativo è positiva, o, se, al contrario, è negativa? Infine, cambia qualcosa sul modo di concepire l’uomo e il suo destino nel mondo, se a prevalere sia la risposta, che, nega la “specialità” dell’uomo, a favore di una concezione indifferenziata del mondo animale, dove le distanze tra gli esseri animali sono così labili, da essere, infine, inconsistenti? Mente e linguaggio segnano il perimetro dell’umanità. Tutti gli esseri, animati o inanimati, sono parte del mondo, ma soltanto l’uomo, la creatura dotata della mente e del linguaggio, fa parte del mondo, lo possiede nello stesso tempo e ne è consapevole. Il semplice fatto di essere parte del mondo non significa di per sé possedere il mondo. Perché è, soprattutto, attraverso il dono del linguaggio, la risorsa che lo caratterizza in via esclusiva come essere umano, che l’uomo possiede il mondo, creandolo e ricreandolo, ponendo domande ed esigendo risposte. Nessun altro essere può rivendicare di far parte del mondo, di possederlo, anche se solo simbolicamente, e di ricrearlo, adattandolo di continuo ai suoi “bisogni” e dando ad esso delle finalità. Rispondere alla domanda sul come sia possibile per l’uomo, tramite l’attività della mente e l’attività del linguaggio, possedere il mondo, ricrearlo ed esserne, nello stesso tempo, consapevole, è il filo conduttore di questo lavoro, la ragione ultima di una ricerca “appassionata” sull’uomo e sul suo destino.

L’AUTORE

Rocco Pititto è professore di Filosofia del Linguaggio e di Filosofia della Mente nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Studioso del linguaggio e della comunicazione, ricostruisce nella sua ricerca i nuovi spazi di umanità che si aprono alla riflessione sull’uomo nel mondo, dopo la fine delle certezze e la crisi della ragione, quando l’uomo, “gettato” nella terra di nessuno, vive l’esperienza dell’incertezza e della solitudine, Tra le sue pubblicazioni ricordiamo:
Linguaggio ed esperienza religiosa (Bulzoni, Roma 1980); John Locke. Mondo linguistico e interpretazione (Edizioni Athena, Napoli 1984); Comunità, comunicazione ed emancipazione (ivi, 1988); Dalla lingua alla parola. Modelli linguistici e ricerca educativa (ivi, 1993); La fede come passione. Wittgenstein e la religione (S. Paolo, Cinisello Balsamo 1997); La comunicazione difficile. Psicopatologie del linguaggio e della comunicazione (La Scuola, Brescia 2001); Dentro il linguaggio. Pratiche linguistiche ed etica della comunicazione (UTET, Torino 2003); Ad Auschwitz Dio c’era. I credenti e la sfida del male (Studium, Roma 2005); La ragione linguistica. Origine del linguaggio e pluralità delle lingue (Aracne, Roma 2008).





SCHEDA DEL LIBRO

Titolo: Cervello, mente, linguaggio. Un’introduzione alle scienze cognitive
Autore: Rocco Pititto
Genere: scienze umane
Editore:Cartman Edizioni
Anno: 2009
Lingua: italiano
Prezzo: € 18,00

Indice dell'opera

L'Autore

(Gen. 2010)

Il mistero della Luna di Badolato
Salvatore Mongiardo (S. Mongiardo) Scrivo questo racconto come cartolina di auguri e lo dedico particolarmente agli Amici del Sissizio, che dal 1995 mi hanno fatto compagnia in questa bella avventura. Quando, nel sissizio dell’agosto 2009, il professor Vincenzo Squillacioti è arrivato madido di sudore con il Bue di Pane, la signora Franca Carnuccio esclamò: 'A vaccarerha e pana!' La vacchetta di pane! Scoprimmo così che a Badolato, con la prima infornata di pane fatto col grano nuovo, le donne facevano una vacchetta di pane che davano ai bimbi. Questa scoperta ci riporta indietro di venticinque secoli all’offerta del Bue di Pane fatta da Pitagora, uso sopravvissuto miracolosamente a Badolato fin quando noi, senza saperlo, l’abbiamo ripreso.
In seguito, riflettendo a come Badolato mi aveva fatto scoprire la vacchetta di pane, mi sono ricordato di quest’altra storia che mio padre raccontava.
Era il 1922 quando mio nonno Salvatore, il fabbro, morì lasciando la moglie e otto figli piccoli. Mio nonno morì per una polmonite contratta nella prima guerra mondiale sul Monte Grappa. Non era voluto andare all’ospedale di Catanzaro per farsi riconoscere la malattia, la famiglia rimase perciò senza pensione e mio padre dovette imparare in fretta il mestiere di fabbro. Un giorno arrivò un uomo che gli chiese una grata di ferro per la finestra. Mio padre non la sapeva fare perché la grata, in Calabria, ha il segreto che consiste nel rendere impossibile sfilare le sbarre di ferro da sopra o da sotto o da destra o da sinistra.
Mio padre pensò di rivolgersi a mastro Pietro, intagliatore e falegname ma figlio di un fabbro che gli aveva tramandato il segreto. Mastro Pietro però giudicò che mio padre era troppo giovane, quattordici anni appena, e gli disse che glielo avrebbe spiegato quando sarebbe cresciuto. Per adesso lo avrebbe aiutato montando lui stesso la grata: mio padre, mastro Vincenzino, come cominciavano a chiamarlo i clienti, doveva portargli le sbarre di ferro dopo aver fatto i fori che lui gli indicava.
Con questi pensieri in testa mio padre, che suonava la tromba, si avviò a piedi assieme agli altri musicanti per il viottolo che portava da Sant’Andrea a Badolato, dove dovevano suonare per una festa. A Badolato i bandisti passarono la notte alloggiati dalle famiglie; a mio padre toccò una famiglia numerosa dove c’erano ventisei letti e gli fu dato un letto nel mezzanino che aveva una finestra con la grata. Stanco del viaggio prese subito sonno, ma di notte si svegliò, guardò alla finestra e vide la luna attraverso la grata. Notò allora che ogni sbarra di ferro trapassava un’altra sbarra ma era trapassata da un’altra ancora incrociandosi. C’era solo un riquadro tra le sbarre, quello del segreto, che permetteva di assemblare le sbarre verso il centro. Mio padre, appena tornato a Sant’Andrea, scaldò le sbarre di ferro, le bucò, unì la grata e la portò a mastro Pietro che la guardò ed esclamò: 'Mi devi dire chi ti ha svelato il segreto!' 'Mio padre rispose: La luna di Badolato!'
Buon Natale e Felice 2010
Salvatore Mongiardo

(Gen. 2010)



Messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano


 Diaz, l'incrociatore scomparso. Pescatore fa scoprire il relitto. Fotografata la nave che custodisce i resti di 464 marinai



L'ncrociatore 'Armando Diaz' silurato dagli inglesi il 25 feb. 1941


(Di Feo Gianluca x Corrieredellasera/11nov2004) Doveva scortare la spedizione della riscossa, quei mercantili con l'avanguardia dell' Afrika Korps destinata a risollevare le speranze italiane nella guerra di Libia. Per l'incrociatore Armando Diaz era una missione di routine ma ad altissimo rischio: gli inglesi erano sempre in agguato nel Canale di Sicilia. Notte e giorno si scrutava l'orizzonte, temendo i sottomarini o gli aerei nemici. Che agivano a colpo sicuro: i nostri ammiragli non sapevano che Londra decifrava le comunicazioni della marina tedesca e quindi anticipava ogni mossa dell'Asse nel Mediterraneo. Fu così che la Diaz arrivò all'appuntamento con il destino nelle primissime ore del 25 febbraio 1941: un sommergibile britannico era in attesa a largo della Tunisia. Una salva di siluri nel buio, due dei quali squarciano la fiancata e fanno esplodere i depositi di munizioni. In soli sei minuti il mare inghiotte l' incrociatore e 464 uomini.
Da allora di quella nave non si è più saputo nulla, come di altre decine di unità colate a picco nei viaggi tra Italia e Nord Africa. Un mistero lungo 63 anni. Finché nello scorso luglio un team di subacquei della spedizione «Mizar 4» è riuscito a individuare i resti dell'Armando Diaz.
Un'esplorazione difficile, tra improvvise tempeste e correnti minacciose, raccontata in esclusiva sul mensile Focus da Pietro Faggioli.
A fornire le indicazioni giuste è stato un pescatore di Lampedusa, Turiddu: quei resti monumentali infatti sono un pericolo costante per le reti. Lungo 160 metri e largo 15, il grande scafo d' acciaio spesso ha creato problemi ai pescherecci dell' isoletta che l' hanno ribattezzato «il condominio». Ma nessuno si era preoccupato di identificarlo. Invece la spedizione Mizar 4 è riuscita a fotografarlo, riscoprendo la «A» di Diaz rimasta sulla fiancata, le torri d'acciaio, i cannoni puntati troppo tardi verso l' ultima minaccia.
L'unica cosa che il tempo e il mare non sono riusciti a cancellare sono le ferite delle terribili esplosioni, quegli squarci nella fiancata. Trenta metri di nave sono stati polverizzati: la prua si è staccata dal resto dello scafo, giace a 400 metri con i pezzi binati da 152 millimetri sparpagliati nei fondali. «Vi fu una prima esplosione - raccontò un ufficiale dell'incrociatore Bande Nere, ammiraglia della stessa missione -, poi una seconda grande simile a un'alta fontana luminosa, dalla quale si innalzarono rottami voluminosi. Il bagliore era simile a quello prodotto dalla combustione delle polveri. Poi per quattro minuti è rimasto ancora un fuoco di colore vivo, simile a una colata d'acciaio. Infine è scomparso tutto». Vennero salvati 147 marinai, alcuni si erano aggrappati sull' idrovolante di bordo, gettato in mare dagli scoppi. Quei naufraghi furono gli ultimi a vedere la Diaz prima dei sommozzatori della «Mizar 4».
«Ci siamo immersi all'imbrunire - raccontano i sub - e siamo scesi sulla poppa. Poi abbiamo visto il timone insabbiato, di foggia inconfondibile. Lo scafo era poggiato sul fondo, con un'inclinazione di 60 gradi verso sinistra. L'ancora era saltata via, le torri dei cannoni con i portelli corazzati sbarrati. Anche la plancia di direzione del tiro era chiusa, con vari vetri blindati al loro posto: alcuni corpi dei marinai sono ancora lì, in questa bara metallica. Per questo nell' ultima delle venti immersioni abbiamo appoggiato ai resti una targa metallica: "Gli italiani non vi hanno dimenticato"».
In quell'angolo della Sirte c'è uno sterminato cimitero di navi. Ben 277 vennero colate a picco nei tre anni della guerra d'Africa. La spedizione «Mizar 4» ne ha esplorate molte altre. La più suggestiva forse è la Reichenfels, con la stiva ancora colma di autoblindo, camion e equipaggiamenti diretti alle trincee di El Alamein. Ci sono poi - tra quelle descritte nel numero di Focus in edicola oggi - la petroliera Brarena, la motonave Marin Sanudo, il piroscafo Nita. Vittime d'acciaio sacrificate nel tentativo di difendere il sogno coloniale dell' Italia fascista.

Continua --> Articolo in Archivio del Corriere

Tra i resti dei Marinai scomparsi vi sono quelli del tropeano Marò Fuochista Romeo Pietro n. 6.12.1915 e morto il 25.2.1941 nel Mare Mediterraneo Centrale.

www.tropeamagazine.it/eroi/tropea40

Gen. 2010

 Lettere di attori all’ex re



(Fulvio Cammarano) «Una mia lettera al re?». Raf Vallone, l’attore, ci pensa un po’ su. E poi: «No, no me la ricordo». Eppure, il documento c’è. È saltato fuori ieri dalle carte consegnate da casa Savoia all’Archivio di Stato di Torino. Quattordici casse, 101 cartelle: un patrimonio povero di novità storiche sui primi 45 anni del secolo, ma zeppo di curiosità. Come questa, appunto.
Vallone – siamo negli Anni Sessanta – ha avuto un incidente d’auto e risponde dal suo letto d’ospedale a un biglietto di auguri che Umberto II gli ha fatto pervenire dall’esilio portoghese di Cascais. Lettera protocollata e inserita in questa busta dove sono raccolte tutte le lettere inviate da artisti italiani all’ultimo re. Fra gli altri, Edoardo De Filippo, Anna Magnani, Lea Padovani, Elsa Merlini e Emma Gramatica.
Vallone, possibile che non si ricordi? «Possibile, sì. Del resto, non s’è trattato di un episodio isolato. I miei contatti con il re erano quasi familiari, e questo nonostante io non sia mai stato di simpatie monarchiche. Il nostro punto di contatto era rappresentato dai miei zii, ufficiali con lui nello stesso reggimento». E il re non si è mai dimenticato di lei.
«Un modo per sentirsi legato al suo Paese. Ricordo quella volta che mi trovavo in Spagna per girare un film. Ero all’Escorial, nei pressi di Madrid, e avevo fatto l’alba saltando da un locale all’altro. Al mio rientro, il portiere di notte mi annunciò una visita “Sua Maestà il re d’Italia, signore”».
E Umberto era lì? «Sì. Ma pensai a uno scherzo dell’aiuto regista». E dopo? «Parlammo un po’. Aveva modi gentili, il re. Quando mia moglie fu operata le mandò dei fiori. Non mi stupisce quella mia lettera nel suo archivio. Anzi, mi fa piacere sapere che l’ha conservata: il nostro è sempre stato un rapporto di correttezza e simpatia reciproche».
Conservava tutto, Umberto II. Lettere, bigliettini, inviti, partecipazioni di nozze. Ma da queste casse che Maria Gabriella ha gelosamente custodito fino a due giorni fa, adesso mancano i documenti più importanti, quelli che potrebbero fare luce sui tanti buchi neri della nostra storia recente e che il direttore generale dei beni archivistici del ministero dei Beni culturali, Salvatore Mastruzzi, ha cercato per mezza Europa prima di arrendersi e firmare il verbale di consegna con gli eredi. Che fine hanno fatto? Circolano mille voci. C’è chi dice che siano stati distrutti dagli stessi Savoia. E chi giura che almeno una parte (comprendente i diari di Vittorio Emanuele III sulla seconda guerra mondiale) sia invece al sicuro, depositata presso una banca di Ostia. Un giallo. Destinato con tutta probabilità a non essere mai risolto.
«Anche se un giorno dovessimo trovare materiale del re – spiega Isabella Massabò Ricci, direttrice dell’Archivio di Stato – non riusciremmo mai a dimostrare che apparteneva all’archivio. Sarebbe una battaglia persa in partenza. Dobbiamo accontentarci dei documenti tornati in Italia, e cercare attraverso quelli di ricostruire il nostro passato».
E se, caso strano, si arrivasse a una soluzione del mistero? «Lo Stato perseguirà, anche per via giudiziaria, chi non gliele ha consegnati», assicura Mastruzzi. Polemiche a parte, da oggi comincerà l’esame dei documenti giunti dalla Svizzera. A parte le lettere degli attori e le partecipazioni di nozze di copie dell’alta borghesia, quei faldoni sono una miniera per gli storici della fine dell’800 italiano. Ci sono documenti sui moti rivoluzionari, la condanna a morte pronunciata per Garibaldi e per Mazzini, storie di pentitismo e delazioni sui presunti sovvertitori dello Stato, il fitto carteggio tra Carlo Alberto e l’amante. E poi una lettera di tre pagine che già divide gli storici. Nel documento, la «Giovine Italia» riassume le sue condizioni per il Risorgimento d’Italia. «Il Papa si faccia tosto partire e le sue sostanze siano confiscate; i cardinali siano aboliti e obbligati a vita privata senza soldi; i tiranni d’Italia siano imprigionati e bruciati vivi sull’Aventino, a Roma; i debiti dei governi con i banchieri italiani ed esteri non siano riconosciuti; i ministri e i “cagnotti” del re siano gettati in carcere durissimo, le loro sostanze confiscate e le loro famiglie vadano esuli fuori Italia».
Un originale o un falso della polizia per screditare i ribelli? Il dibattito fra storici è aperto.

www.tropeamagazine.it/rafvallone

Gen. 2010

 L'affascinate giacchetta nera conduce il sondaggio di StadioRadio



(Virgilio Minniti x Stadioradio.it) Bella e brava. E' lei, Antonella Carrera, nata a Tropea il 30 ottobre del 1979, prima assoluta sinora del sondaggio di Stadioradio con 63 preferenze. Ventinove primavere da poco compiute, una laurea in ingegneria meccanica, la Carrera è tra i fischietti più promettenti dello scenario regionale e si distingue per la sua professionalità e competenza. Appartiene alla sezione di Vibo, nonostante viva da un pò di tempo a Cosenza, per il legame forte alle sue origini e alla sezione che in definitiva l'ha lanciata.
Da tre anni nel giro del massimo campionato dilettantistico regionale, Antonella Carrera è considerata arbitro di spessore e a lei vengono spesso affidati match difficili che necessitano della bravura necessaria e del piglio giusto per essere diretti senza problemi. Abbiamo voluto capire i motivi che l'hanno indotta a scegliere questa strada e lei con la consueta cordialità ci ha concesso un pò di tempo per un'intervista.
D: Come mai ha deciso di vestire gli abiti, a volte scomodi, di arbitro. In sostanza come è nata la passione? R: La passione per il calcio mi ha contagiata sin da piccola. L'assenza di squadre, abbinata al fatto che nessuna ragazza praticava questo sport, mi hanno indotto a intraprendere questa strada, l'unica all'epoca che mi permetteva di avvicinarmi ad un rettangolo di gioco. Passione che con il trascorrere degli anni è cresciuta sino a superare i limiti di un semplice hobby.
D: L'ambiente nutre pregiudizi nei confronti di un arbitro donna? R: Non nascondo che inizialmente ho faticato non poco, ciò anche come conseguenza di una mentalità un pò ristretta o forse per carenza di cultura, tuttavia oggi, dopo 12 anni, mi sono abituata e le società e gli addetti ai lavori in genere accettano l'arbitro donna e la persona.
D: Passiamo alla fase pratica, in campo com'è il rapporto con i giocatori? R: E' la parte più bella, l'aspetto che mi piace sottolineare perchè i calciatori mi hanno sempre giudicato per il mio compito in campo. Il rapporto che ho con loro ha facilitato il mio operato.
D: Il fatto di essere anche una bella donna ha rappresentato la marcia in più? R: Mi ha aiutato molto il sorriso. Sdrammatizzare una situazione sorridendo e con la giusta dose di umiltà affermando candidamente "io ho visto così" è il modo migliore per giudicare in tutta serenità.
D: Rileva differenza tra lo scorso campionato e quello attuale? R: Quest'anno regna l'equilibrio, la qualità di tante squadre è migliorato e questo rende ancora più bello e avvincente l'Eccellenza. Il divario netto, invece, lo noto tra questo campionato e quello di Promozione.
D: Quali le ambizioni di Antonella Carrera? R: Ogni anno si parte con un obiettivo che può essere quello di approdare in categoria superiore o fare il maggior numero di partite possibili. La mia ambizione è quella di arrivare presto ad un campionato nazionale".
E noi siamo sicuri che questo traguardo sarà tagliato. Continua così e in bocca al lupo Antonella!

Gen. 2010

'I segreti del bosco di Nino' di Carlo Simonelli
Copertina del libro 'I segreti del bosco di Nino' di Carlo Simonelli (S. L.) Nino è un bambino che ama giocare in un bosco vicino casa nella periferia di un paesino dell'Italia del sud. Vive con i genitori e i suoi animali che deve accudire. Egli è un bambino chiuso e taciturno ma è un gran sognatore. Il luogo dove sente di essere se stesso è il bosco dove si trova Pino, l'albero che ha scelto come suo amico, e dove si svolgono tutti i suoi giochi. Essendo molto solitario evita gli altri bambini e si crea un mondo suo dove si diverte a inventare storie avventurose. Tra un compito e l'altro, molto spesso di nascosto, Nino si reca nel bosco dove inventa giochi per evadere da una realtà che non gli piace. Non gli piace nemmeno l'ira del padre manesco che deve punirlo spesso per qualche mancanza. Nino vive in un mondo suo, parallelo a quello degli adulti e del quale non solo non ne capisce le regole ma lo interpreta in modo goffo e ingenuo. Ed è nel mondo degli adulti che Nino, nonostante tutto, si dovrà recare per portare a termine una missione affidatagli dal padre prima che quest'ultimo venga ritrovato privo di vita insieme alla madre in un appezzamento di terreno poco distante dal paese. I genitori sono morti di morte violenta ma è stato un incidente o un omicidio volontario? Nonostante la riluttanza a seguire gli ammonimenti del padre, Nino si decide a portare a termine la missione affidatagli da quest'ultimo anche se ciò significa entrare in qualcosa più grande di lui dalla riuscita più che incerta e che lo strapperà via del mondo dove si trovava più a suo agio e mettendo a repentaglio addirittura la propria vita per portare a termine la volontà del padre defunto.

L’AUTORE

Carlo Simonelli è nato a Tropea agli inizi degli anni Settanta. Dopo avere frequentato il Liceo Classico e l'ISEF di Bologna, si è trasferito in Svizzera conseguendo una laurea in Scienze Motorie e un'altra in Italiano all'Università di Berna. Ha scritto diversi racconti tra cui Nausicaa, del quale è stata fatta una riduzione radiofonica da parte dell'emittente nazionale svizzera RTSI. Ha collaborato con diverse riviste in lingua tedesca ("Fitness Tribune", "Fit for Life", "Inform", "GYMlive"), scrivendo numerosi articoli per sportivi di élite. Attualmente insegna in un liceo e in una scuola media della capitale svizzera.

SCHEDA DEL LIBRO

Titolo: I segreti del bosco di Nino
Autore: Carlo Simonelli
Genere: Giallo, Thriller
Editore: Gruppo Albatros Il Filo
Collana: Nuove Voci Anno: 2008
Lingua: italiano
Pag.: 84
Prezzo: € 13,00

Carlo Simonelli

(Gen. 2010)





CIAO ARGO!!!!



 Il presepe vivente nel racconto ricordo dell'assessore comunale alla Cultura Agostino Vallone



(F. Vallone) San Costantino di Briatico il 30 dicembre è stata protagonista del presepe vivente, un allestimento popolare che non si rappresentava in paese da molti anni. L'evento è stato il frutto di un faticoso lavoro per dare dignità a quella parte di paese divenuta una vera e propria discarica a cielo aperto.
I giovani dell'associazione Eleutheria, guidati da Stefania Aprile, e la comunità parrocchiale, presieduta da don Giuseppe Vitaliano, hanno accolto il numeroso pubblico accorso per l'occasione. La parte storica di San Costantino, quella intorno alla Chiesa Madre e intorno al Palazzo Lombardi Satriani, ha creato una suggestiva cornice scenografica per la riscoperta delle antiche tradizioni culturali.
"Le postazioni, come ci racconta l'assessore alla Cultura, Agostino Vallone, riproducevano dei "fermo immagine" di arti e mestieri che la modernità ha fagocitato da tempo. L'annuncio a Maria mentre nei dintorni aleggiava un intenso profumo di pane caldo appena sfornato e riposto nelle ceste. Poi l'orecchio viene attratto dal rumore del martello che batte sull'incudine, rumore che si disperde nel buio della valle del Potàme. L'ammu era lì davanti ai miei occhi, era vivo come una volta e le immagini dei ricordi si sono riaccese: le lavandaie chine sul lavatoio, tra un pettegolezzo e una canzone, massara Mica che aveva terminato il bucato, con la cofana in testa rientrava per stendere i panni; Mastru Ciccio il falegname piallava un pezzo di legno... Non capivo e non sentivo più nulla, continua l'assessore Agostino Vallone, estasiato venivo rapito dai ricordi e seguivo con la mente quella strada che scende giù a valle in località Machineja fino a vedere scorrere il fiume le cui acque muovevano le pale dei mulini. Gli spintoni della folla e la voce della mia nipotina mi riportarono al presente, ma nessuna resistenza ho potuto opporre alla corrente di quella fiumana di persone che mi trascinava come una barchetta di carta facendomi approdare in una stanza sull'ingresso della quale c'era scritto 'u tilaru. Finalmente padrone di me stesso assistevo al miracolo della tessitura. Il veloce e preciso movimento vermicolare delle dita della signora Maria, l'altalena dei piedi come in due staffe addomesticavano un vecchio telaio che prendeva vita come una marionetta svegliatasi da un lungo letargo. Di fronte al telaio la scena della filatura. Non pago ancora, ho continuato il mio viaggio per giungere al trappito. Poi ancora la preparazione delle caldarroste, la mescita del vino e l'impasto del pane. Ma sono stato calamitato ad un angolo dove ho assistito ad un altro miracolo: le mani di cummari Tina hanno fatto fiorire dal fondo della caddara una soffice tuma ed una deliziosa ricotta appagando i sensi di chi ha avuto la fortuna di assaggiarla nei contenitori di grujiu. Le nuvole si dissolvevano inchinandosi alla luna piena che nel massimo del suo splendore squarciava l'inchiostro del cielo ed illuminava la via a tre cavalieri che andavano alla ricerca di un Re. Essi non si erano fermati in piazza Raffaele Lombardi Satriani dove la gente si era radunata per darsi alle libagioni e al consumo smodato di curujicchi, i nacatuli, i ravioli, il pane caldo caldo con i ziringuli, le ricotte fresche, le caldarroste ed il vino locale. La luna aveva indicato quella parte della città semplice, onesta, povera e laboriosa: l'Ammu uno spaccato di roccia arenaria nel cui ventre si erano ricavate delle grotte che servivano in passato come riparo per le bestie. Quelle grotte erano diventate un tempio perché nell'antro di una di esse un Bambino era stato adagiato in una mangiatoia al freddo e al gelo. Il Natale, poi tutto si è concluso, tra l'applauso della folla, la soddisfazione dell'antropologo Luigi M. Lombardi Satriani e la benedizione finale col Bambinello di Don Giuseppe Vitaliano".

Gen. 2010

'Tubiolo', tratto dal libro di Osvaldo Gagliani 'Il mare dall'alto'
Tubiolo (Osvaldo Gagliani) 'Mamma, ti prego posso andare a Tropea?'
'A che fare?' chiedeva Rosa, girando per casa. E il fanciullo dietro a petulare.
'Così, una corsa da Alfredo, qui dai Filardi e poi se non c'è, da papà, al bancolotto'
'Va', va' da tuo padre, a vedere che fa, se lo trovi, ma bada alla strada'.
A Tropea si andava dalle borgate e la strada era il corso: qui scivolava la gente, dal ponte della ferrovia alla villetta.
Ma gli uomini in canottiera e il canto delle donne e i bambini scalzi, mocciosi erano al Pizzio e nei vicoli, pronti con i sassi in mano a inseguire i gatti fra l'odore di piscio sui muri e di cavolo cotto nei seminterrati.
Qui, sotto un unico raggio di sole, la Ninna col pettine stretto li spidocchiava i suoi dieci figli senza padre, all'aperto, seduta su una cassetta, a gambe larghe.
E qui abitava Tubiolo, il nome rimane un mistero. Al mattino accostava la porta e andava al Borgo. Guardava nello spicchio di cielo sopra le case, poi si avviava, parlando da solo.
'Tubiolu, fammi a carità, veni ccà', gli gridavano i pescatori ciarlando a crocchio'.
'Leva di mezzo quella nuvola nera; fai in fretta, che dobbiamo andare a pescare'.
E Tubiolo serio, lungo e secco, si accostava. Guardava il cielo e misurava il vento, cicalando dei numeri.
Poi dalla giacca consunta, ma pulita, tirava fuori fra le tante una cannuccia. Non una a caso, ma la più adatta al tipo e all'ampiezza della scomoda intrusa. La puntava al bordo della nuvola che oziava in cima all'Isola, e vi soffiava fino a enfiare le gote.
E la nuvola di malavoglia si spostava.
'Bravu Tubiolu', gli diceva Levapisci, ' ti guadagnasti a jurnata' e con le braccia e con le mani grandi e forti, quel dio del mare levava dalla coffa gocciolante una colata d'argento: le sarde. Tubiolo allargava le labbra e mostrava le gengive stinte, esitando tra il timore e la vergogna.
'Piglia, piglia, ccà, apri a camicia', urlava quel gigante tagliato nella roccia, 'cà' finu a chi campa Levapisci stu mari e sta ricchizza sono pure di povirei. Ora va' a casa, il cielo è limpido e sereno e i pisci mangiateli fritti chu l'agghiata e nu biccheri i vinu'. Il Borgo e l'Isola erano dei pescatori e qui la vita stessa sbocciava dalla linfa delle stagioni. Ma l'accesso al Borgo era dei forgiari.
All'aperto ferravano i muli impazienti. E i cavalli s'adombravano allo sfrigolare del ferro rovente sullo zoccolo e la ciaula beccheggiava nera d'invidia sull'arto zoppo, legata alla catena.
'U mari è puru di povirei', diceva Livapisci, ma il fanciullo sapeva che il mare universo dominava a Tropea, regnando su tutti.
Dalla punta di Zambrone allo scoglio di Riace sulla sabbia bianca lo zibibbo indorava; e i cucumbiri e la cipolla rossa ingrassavano, succhiandolo quel mare. E la pioggia cadeva pregna di salso; dilavando puliva la terra; cantando il mare, scorreva nelle canalette e inondava i giardini e infine al mare si univa, gioendo.
A primavera l'asse del mondo ruotava a un cenno del mare e le stagioni altissime nel cielo, entravano danzando cedendo al grido della terra.
'Livapisci u tempo cangia?', chiedeva il rigattiere per attaccar bottone, livido e maligno come una murena.
'U mari u sapi', rispondeva appena sistemando la nassa, 'ma leviti di ccà, ca mi fai umbra, gira al largo'.
A maggio venivano le bagnarote a coppia come due regine; le gonne a fiori larghe ai fianchi sopra tre sottane, il busto eretto e le mani alla vita; e sulla testa la corona di panno attorcigliata e su, le coffe.
Rilucevano al sole le spadole ritorte.
La festa veniva alle Tre Croci, col 'Camiu' e il Vascello sospesi in aria come due chimere, a piè del Borgo, lì nella salita. E la gente a guardare. Ruotava la girandola, sbuffando scintillava.
E la notte stupiva alle faville; nel lampo bruciavano i meticci del passato. E la terra girava sotto il cielo coi fuochi che sfidavano le stelle.
Il pappagallo col becco sfilava la fortuna nei fogliettini verdi e il libro della sorte la zingara leggeva china sulle righe di una mano aperta.




'IL MARE DALL'ALTO' di Osvaldo Gagliani

Copertina del libro 'Il mare dall'alto' di Osvaldo Gagliani (S. L.) Il tempo non ha cittadinanza: "sempre e mai" sono l'attimo, l'emozione, la bellezza... questo impara "il bambino in una notte stellata". Il libro non vuol essere un percorso nella memoria, bensì un "salto", un tuffo nella memoria: nascita e fanciullezza in un paradiso che si temeva fosse irrimediabilmente perduto. La memoria coi suoi ricordi ossessivi è l'"esca", il richiamo all'origine, ad una realtà decantata e pura che riemerge intatta e trasparente negli "occhi verdi di un bambino". I personaggi sono veramente esistiti nella loro realtà di eroi semplici e popolari: esistenze fugaci seppur vive, tinteggiate, appena, ad acquarello.
Ma la protagonista in assoluto è Tropea, con l'incanto dei suoi paesaggi, il celeste trasparente del cielo, i richiami notturni del glicine e del gelsomino, l'Isola, il Borgo, l'ombra del convento dei Cappuccini, tutti partecipi delle vicende umane. Nel ritorno è l'approdo, il punto fermo da cui ripartire. E così dalla parola scritta la vita rinasce e affiora nel mito della fanciullezza fra favola e poesia. "Ricordi professore, tutto ciò che finisce è per ricominciare".

L'INDICE DEL LIBRO

SELINUNTE - JARAZADE - IL VOLO - IL PESCO - IL SORIANO DI CASA - MIA MADRE - BRATTIRO' - LA SERVA DI DON PEPPINO - UNA BUONA NOTIZIA - L'ASILO - LA CACCIA - LE SUORE - I FILARDI - LA COSCIENZA - DONNA ELVIRA - IL MORELLO - DON FERDINANDO - NUMERI AL LOTTO - IL NATALE - IL RAGNO - IL PRESEPE - IL 'MUGNOLO' - VINCENTE U MUNGARUSU - TUBIOLO - SABEA - LA STRADA - SCORRIBANDE IN BARCA - IL PROGRESSO - LE AGUGLIE - IL RITORNO.

L’AUTORE

Osvaldo Gagliani nasce a Tropea il 22 gennaio del 1943. All'età di sette anni il padre gli mette tra le mani il Robinson Crusoe di Defoe. da allora la letteratura e la narrativa non lo abbandoneranno mai più.
nel '53 si trasferisce a Messina dove frequenta il Liceo Classico e poi l'Università degli Studi conseguendo la laurea in Filosofia.
A Bergamo inizia la carriera di docente di materie letterarie negli Istituti di Istruzione Secondaria, mettendo in pratica esperienze e metodi di 'didattica sperimentale', alcune delle quali costituiranno il nerbo del rinnovamento scolastico sul piano nazionale sul finire degli 'anni di piombo'. Nell'80 si trasferisce a Milano. Da preside dirige numerosi Istituti della provincia di Messina e in qualità di formatore collabora con l'Irrsae-Sicilia, contribuendo alla formazione dei docenti di sostegno, sul piano regionale, in numerosi corsi da lui diretti. Attualmente vive a Milazzo e si dedica ai viaggi e alla scrittura.

SCHEDA DEL LIBRO

Titolo: Il mare dall'alto
Autore: Osvaldo Gagliani
Genere: Memorie autobiografiche
Editore: Calabria Letteraria Editrice
Anno: 2009
Lingua: italiano
Pag.: 138
Prezzo: € 12,00

(Gen. 2010)






PETER SCHREINER E ANTONIO COTRONEO SU 'ARABIAN TIMES'

French actres Lea Seydoux (left) and Swiss actor Bruno Todeschini arrive for the screening
of 'Lourdes' at the Venice Film festival on Sept 4. 'Lourdes' is competing for the Golden Lion at
the 66th Mostra Internationale d'Arte Cinematografica, the venice film festival.
(Inset): Austrian director Peter Schreiner (right) and protagonist Antonio Cotroneo pose
during the protocall of 'Toto' at the Venice Film Festival on Sept 5. 'Toto' is competing in the
Orizzonti section of the 66th Mostra Internationale d'Arte Cinematografica, the Venice Film festival. (AFP)


The 'Arabian Times' 6 settembre 2009 - pag. 26


Rosarno, tra gli immigrati che "se ne devono andare"
(R. Galullo x Ilsole24ore) Ha appena lanciato via il bastone per compiere le sue scorribande a Rosarno lungo via Nazionale, con altri 5 nordafricani piccoli come lui. Senza paura ti affronta e ti chiede se sei un giornalista. Vede il taccuino e comincia a parlare senza attendere la risposta.
Il nome non lo dice e in un italiano stentato cerca di spiegarti, con il sorriso disastrato dalle carie, che cosa sta succedendo. Intanto gli altri si mettono in cerchio con il giornalista in mezzo. Non si sa mai: dovesse scappare per andare chissà dove.
"Solo a Rosarno succedono queste cose – spiega – mentre altrove non c'è nessun problema. A San Ferdinando, a Gioia Tauro no problema".
No problema ma intanto qualcuno ha osato ribellarsi e adesso saranno dolori per tutti: immigrati e agricoltori che per 6 centesimi al chilo ricevuti dal produttore, mandano al massacro 2mila persone irregolari. "No problema – continua la cantilena - ce ne andremo da qui e poi vediamo cosa faranno". E si avvia giù per il Paese: l'appuntamento è con altri africani che si muovono scegliendo e cambiando di continuo i luoghi di incontro.
In altra zone della regione, calabresi e immigrati convivono da anni, chiamandosi vicendevolmente "cugini". Ma ciò che questo extracomunitario non ha capito – è la prima volta, dichiara, che raggiunge Rosarno per la stagione della raccolta delle arance – che nella Piana di Gioia Tauro lui e gli altri non decidono nulla. Qualcuno decide per lui e su di lui ha potere di vita, lavoro e morte.
Risalendo via Nazionale, circa due chilometri e mezzo più su, verso la collina che ospita il Municipio, un gruppetto di 12 lavoratori extracomunitari siede all'interno di un giardino in una casa presso il bivio per Nicotera. Si affaccia Aziz. E' un marocchino di 36 anni, nato 70 chilometri a sud di Casablanca, che da 11 anni bazzica l'Italia. "Sono stato anche a Cuneo – spiega in un buon italiano – per lavorare nei campi. Mi sono trovato bene, lo scriva".
Cuneo dista 1.259 chilometri da qui. E' un altro mondo e Aziz lo sa. "Mi spezzo la schiena per 20 euro – racconta – ma 5 devo darli al caporale. E' sempre un immigrato, di colore, come noi. La rivolta non è finita, stia certo. Ancora non abbiamo capito bene cosa sia successo. Qualcuno ha sparato. Ma qui senza di noi non possono fare nulla, siamo noi che garantiamo la raccolta".
Mentre Aziz parla, conduce il giornalista all'interno del giardino che ospita tende nauseabonde ricoperte di cartoni e plastica. Li vivono i più disperati e gli ultimi arrivati, mentre i più fortunati (si fa per dire), vivono in un caseggiato dove il rischio che le mura ti crollino addosso è una costante.
Mentre l'intervista si svolge all'interno del giardino, le vedette delle cosche hanno già avvertito il proprietario di quella struttura fatiscente. Alle presentazioni, fa scena muta. "Piacere, Galullo, Sole 24 Ore, con chi ho il piacere di parlare?". "Sono un socio" è la risposta. Un socio di cosa? Di chi? Non si saprà mai, ma intanto il messaggio che lancia è chiaro. "Questi sono bravi ragazzi, sono marocchini e qualche egiziano ma stanno per andarsene". Aziz conferma. "Tra un mese ce ne andremo". L'occhiata del "socio" è esplicita e la frase che l'accompagna è chiara: "Stanno andando via".
E chi raccoglierà i mandarini e le arance? "Non si raccoglieranno. Sa quanto guadagna l'agricoltore? Nel migliore di casi 6 centesimi al chilo". Aziz, con i fratelli di disgrazia intorno a lui, sfida la cultura del posto. Lo saprà? "Qui detta legge la ‘ndrangheta e i nostri soldi a loro finiscono", dice. Anche quelli per l'affitto nelle topaie che li ospitano? "Non pagano un centesimo, c'è la crisi". Parola di "socio".

(Gen. 2010)

Delusi dal presente... confortiamoci con un sindaco del passato!
Santa Venera (comuneportosantavenere.blogspot.com) Per distrarci dalle quotidiane evidenze del vuoto di governo che sovrasta le nostre teste, mettendo a rischio la nostra esistenza, scriviamo d'altro e volgendo lo sguardo al passato, diamo conto dei passi mossi in questi giorni alla ricerca di Santa Venera.
Dobbiamo al Conte Vito Capialbi, l'importante studioso e storico montelonese, ed alle sue "Memorie per servire alla storia della santa chiesa tropeana", pubblicate nel lontato 1852, il rinvenimento di una utile traccia per legare la storia di Santa Venera con la chiesa tropeana.
La nostra storia con quella di Tropea. Ricordiamo il quesito postoci dopo aver identificato nell'attuale mostra del Museo Diocesano Tropeano un prezioso busto reliquiario di Santa Venera:
come può essere giunto quel reliquiario nella città di Tropea?
Seppur fosse facile immaginare costanti contatti tra i centri costieri siamo andati a caccia di documenti che ne testimoniassero la frequenza o quanto meno una traccia di contatto.
Ed il testo scritto dal Capialbi nei primi anni dell'ottocento si rivela prezioso!
Lo storico montelonese - ricordiamo che nel periodo napoleonico, prima di "esiliarsi" nella ricerca storico-archeologica, il Capialbi fu Sindaco di Monteleone (carica che poi rifiutò sdegnatamente negli anni borbonici)! - pubblica in appendice un interessante documento del 1600 che conservava nella propria biblioteca, in copia del 1740, in cui il vescovo THOMAS CALVUS nomina alcuni canonici nelle chiese tropeane.
In tale atto compare, tra le decine di reverendi citati, il "Rev. Don Giovanni Battista Migliarese absens obtinet, et alium sub Sancti Petri, et (s.ta) Vennerae, qui ad praesens"! (XIX, p. 88).
Dunque un canonico tropeano, nel 1600, ottiene l'assenso vescovile per sostituirne un'altro, nelle chiese di San Pietro e di Santa Venera.
Dunque esisteva a Tropea nel 600 una chiesa sotto il titolo di Santa Venera.
E se invece con l'atto non si intendeva far riferimento a delle chiese tropeane ma ai nostri borghi costieri San Pietro e Santa Venera?
La ricerca si basa sulle domande e noi abbiamo una traccia documentaria da seguire testardamente!




Su Santa Venera

Caput unis ex XI millibus virginum

Santa Venara ritornerà presto tra noi!

(Gen. 2010)

 L'opera del Conte Vito Capialbi sulla Rete

Il Conte Vito Capialbi

(S. Libertino) Le opere del Conte Vito Capialbi (1790-1853), appassionato studioso di storia e archeologia, sono ancora oggi fonte inesauribile tra i ricercatori di storia patria del Territorio di Monteleone. Gli storici venuti dopo di lui hanno fatto e fanno tesoro dei suoi scritti e delle sue indicazioni bibliografiche.
Alcune sue opere sono state interamente trascritte in digitale, a cura di Maurizio Paoletti, e possono essere facilmente consultate nella Rete e addirittura acquisite. La pregevole iniziativa è del sito "Sistema Bibliotecario Vibonese on line". Esse sono:
Vito Capialbi (1790-1853) e le antichità di Vibo Valentia;
Opere di Vito Capialbi - Bibliografia - Note di Commento; Avvertenza per il lettore;
Cenno sulle mura di Ipponio (1832), pp. 157-194 e tavv. IV-V;
Da memorie per servire alla storia della Santa Chiesa Miletese (1835), pp. LII-LIX e tav. I.;
Da opuscoli varii (1840):
- Sulla Mamerto Brezia;
- Sul sarcofago della contessa Elemburga;
- Esposizione dell'incisione di un raro e pregevole Niccolo;
- Investigazione intorno al senso di alcune iscrizioni veline
.
Inscriptionum Vibonensium specimen (1845);
Di un'ara dedicata alla Giunone Lacinia (1846);
Mesma, e Medama furon due, o una città dell'antica Italia;
Epistola. ... [seguono] I nuovi motivi comprovanti la dualità della medesime (1848). (IV edizione);
Da Epistole, riviste, illustrazioni e descrizioni (1849):
- 'Rivista', VI
- 'Epistole' ...

segue [Appendice]:
Da Antonio CAPIALBI, Ruine di Locri del duca di Luynes voltate in italiano, con aggiunta di brevi note e delle iscrizioni locresi (1849), 1-36 e tav.
A completamento di quanto sopra, ci sarebbero ancora da consultare/scaricare da Google Libri i 'piatti forti':
Documenti inediti della voluta ribellione di Tommaso Campanella (1845);
Memorie per servire alla storia della Chiesa Miletese (1835);
Memorie delle Tipografie Calabresi (1835);
Sanctae Tropaeensis Ecclesiae diplotata expensa mendis purgata, notisque illustrata (1840);
Memorie per servire alla storia della Santa Chiesa Tropeana (1852).
Buona ricerca!

Gen. 2010

 Rivolta di Rosarno: a Castelvolturno protesta contenuta ma 6 morti

Rivolta di Rosarno

(Casertasette) Le immagini dei tg mostrano gli scontri di Rosarno, ma sembra Castel Volturno un anno fa. Uguale il copione, con gli immigrati in strada, bastoni in mano, a frantumare le vetrine dei negozi, a rovesciare auto e a tirare sassi contro la polizia. Allora, a far scoppiare la rivolta, fu l'eccidio di sei nordafricani giustiziati dal gruppo di fuoco dei Casalesi, oggi - dicono gli immigrati del centro casertano - dietro la protesta c'é un malessere profondo rispetto al quale la sparatoria di ieri è solo il pretesto.
"La sparatoria di Rosarno è stata soltanto la scintilla che ha fatto divampare una fiamma alimentata da anni di sfruttamento nelle campagne di Rosarno, Gioia Tauro, Cassibile, Foggia, Tropea, Villa Literno, Casal di Principe - dice oggi Gianpaolo Mosca, del centro sociale ex Canapificio di Caserta, da anni un punto di riferimento per migliaia di immigrati africani -.
In quei luoghi sono migliaia le persone, molte delle quali richiedenti asilo o rifugiati, costrette a lavorare in condizioni disumane per 12-13 ore al giorno guadagnando non più di 20-25 euro, senza diritti, senza garanzie di sicurezza sul lavoro, ma nonostante tutto portando avanti sulla loro pelle un settore importante come l'agricoltura". "Il paragone Rosarno come Castel Volturno nel settembre del 2008, c'é tutto. Anche allora come oggi - osserva - fu organizzata una manifestazione spontanea da parte dei familiari delle vittime".
Quella rivolta spontanea, per Mamnadou Sy, presidente dell'associazione Senegalesi del Casertano, ebbe il merito di far scoprire il mondo fino ad allora sconosciuto degli immigrati della provincia di Caserta. Ma non solo: per effetto di quel moto di sdegno gli esecutori materiali di quella strage sono stati arrestati e molte istituzioni ed associazioni antirazziste si sono costituite parte civile assieme ai familiari delle vittime. Eppure per quanto riguarda le condizioni degli immigrati si è ancora all'anno zero.
Mamadou e Doe Prosper, rappresentante del movimento Casertano dei migranti e rifugiati, spiegano infatti che le condizioni degli immigrati da allora non siano cambiate: "Permangono - sostengono - molti problemi con la commissione per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Caserta sulle percentuali di accoglimento delle domande e molti problemi con la questura di Caserta per il rilascio dei permessi di soggiorno, i rinnovi e gli appuntamenti per chi chiede asilo".
"Ciò che accomuna le due proteste degenerate in forma di violenza - sottolinea Gianluca Castaldi, della Caritas Diocesana di Caserta - è il retroscena, il loro background, e i soggetti che le hanno inscenate. Castel Volturno e Rosarno sono territori dove si consumano quotidianamente sfruttamento, ricatti, negazioni di diritti, umiliazioni, contro persone immigrate che hanno l'unica colpa di sopravvivere arrangiandosi lavorando in nero senza permesso di soggiorno a causa dei tantissimi ostacoli burocratici che le leggi in materia di immigrazione ed asilo pongono. La mancanza di regolare permesso di soggiorno rende queste persone perennemente sotto ricatto, come schiavi".
Di qui l'auspicio che i riflettori accesi su Rosarno possano portare risultati concreti. Due le richieste al governo: la riapertura della regolarizzazione estesa a tutte le categorie di lavoratori, in particolar modo ai braccianti, e il recepimento della direttiva europea che dà la possibilità a un immigrato irregolare di denunciare il suo sfruttatore e di ottenere il permesso di soggiorno.

(Gen. 2010)

Ritorno a Tropea
Franco Aquilino, storico, poeta e scrittore (F. Aquilino) Arrivo a sera avanzata e non c'è nessuno ad attendermi alla stazione. Nella discesa verso casa, l'unico saluto che ricevo mi lascia dapprima perplesso e un pò preocupato, ma poi mi ricordo di averlo già sentito tanti anni fa e ne sorrido divertito. Via, è un allegro e puntuale 'bentornato!' che l'amico cuculo (u cuccu) mi manda da uno dei rari alberi sfuggiti alla furia antiecologica abbattutasi anche qui, a quel che vedo. Nella vecchia casa ad attendermi la mamma. Faccio il giro delle stanze e lei dietro a domandarmi affettuosamente
del viaggio e a dirmi che il letto me l'ha preparato, ma prima vorrò mangiare qualcosa, no? Guardo in silenzio la stanza di papà; c'è la sua scrivania tenuta in ordine perfetto, con la chiave che pende dal cassetto centrale, come la teneva lui, come se lui fosse fuori sul corso con gli amici e di lì a poco bussasse alla porta il suo unico colpo. Sono un pò emozionato e quasi me ne irrito con me stesso, quasi mi pento di essere ancora una volta tornato. La mamma forse intuisce e mi dice che ora è come se lei avesse perduto l'equilibrio per sempre, dopo cinquant'anni di matrimonio le sembrava di vivere all'ombra di lui, di esistere perchè lui esisteva.
All'indomani i primi passi nel paese sono quelli incerti e maldestri di chi si ritrova in un mondo in gran parte sconosciuto. Bisogna superare il mare di cemento, selvaggio e spietato che da lontano scherma la vista dell'altro mare, su cui da millenni si affaccia Tropea. M'imbatto nei primi conoscenti, che mi rivolgono la solita giaculatoria di domande, dopo avermi scambiato nell'ordine per l'uno e l'altro dei fratelli. Una volta identificato, uno su due mi chiedono, ruotando il pollice con l'indice: 'Nenti?', volendo dire: 'Niente figli?'. 'Nenti', e si allontanano delusi e sconsolati.
Eccomi al Borgo, una sfilza di casupole in discesa, l'una a ridosso dell'altra, appena fuori della cinta muraria ora ridotta solo al tratto di mura merlate del VI secolo, attribuite al generale Belisario. Gli abitanti del Borgo venivano dal contado ed esercitavano tradizionalmente il mestiere di fabbri, 'forgiari' (termine che il Rohlfs, infaticabile studioso dei nostri dialetti, riconduce al francese forge, e 'forgia' è appunto la fucina).
Oggi non è rimasto un solo 'forgiaru': fino a pochi anni fa era tutto un picchiare ritmato di martelli sul ferro incandescente e un'iradiddio di scintille. Mi piace pensare che proprio qui sia stato 'forgiato' il proverbio: 'Quandu si 'ncuina statti / e quandu si marteu batti!' (Quando sei incudine ricevi / e quando sei martello batti).
Ora il Borgo è sede di mostre di artisti locali, anche particolarmente dotati: visito quella dello scultore e pittore R. D'Agostino. Suggestivo il quadro della 'vedova bianca', stupenda la terracotta della donna curva sulla madia. Un ingegnere torinese, pieno di ammirazione per l'arte, un giorno avrebbe pagato delle sculture con un assegno in bianco (evviva i bogianen!): già la...'leggenda aurea' si sovrappone alla realtà.
Stupende anche le sculture eseguite in diversi materiali (ferro, alluminio, legno) dall'ex forgiaru Micu Caraia, rappresentanti per lo più tipi locali ormai scomparsi, con i nomi incisi in dialetto e soprattutto un estro e un sapore di cose d'arte che lascia piacevolmente sorpresi.
Proseguo nel mio viaggio di riscoperta e comincio a prenderci gusto. Ecco più oltre 'u Coralluni', un grumo di vecchissime casupole appollaiate sulla roccia, in vista del mare.
Ora mi inoltro nei vicoli (vinee) del centro storico, attraverso i larghi e la piazza principale, ricontemplo la cattedrale normanna e le tipiche chiese settecentesche e il tempo mi sembra davvero essersi fermato.
I palazzi nobiliari mi sembrano profilarsi come enormi gusci vuoti; alcuni sono fatiscenti, sbrecciati, come fossero addirittura disabtati, altri serbano nel portale in granito ben conservato e negli scaloni esterni un'atmosfera ovattata d'altri tempi, in cui immagini di sentire da un momento all'altro un minuetto, la traccia impalpabile ma presente di un'antica grandezza. C'è ancora qualche stemma con motto altisonante: ecco quello superbo dei Toraldo, da fare invidia a Francesco I di Francia (Illaesus superest honor), quello... evangelico dei Tranfo, ex cavalieri di Malta (Sicut oliva in Domo Domini). Taluni stemmi hanno forma di mascheroni, per scongiuro pare, perchè c'è sempre a Tropea chi getta 'l'occhiu puju', insomma in un menagrano puoi sempre incappare.

Continua...

PAGINE SUGGERITE

Presentazione del libro di F. Aquilino 'Nu Paisi'

La Poesia di F. Aquilino

(Gen. 2010)

Missini e Comunisti in un assolato ferragosto tropeano del '73
L'On Antonino Tripodi (1911 - 1988) (S. L.) TRIPODI ANTONINO E VALENSISE. -
Al Ministro dell'interno. - Per sapere - in ordine ai gravi incidenti accaduti nei giorni scorsi nell'importante centro turistico di Tropea (Catanzaro) e durante i quali il giovane missino Renato De Vita ha riportato ferite che, per due giorni, hanno costretto i medici a mantenere la prognosi riservata, a seguito di aggressione da parte di estremisti di sinistra - se gli risultino le seguenti modalità dei suddetti incidenti:
1) la fascia costiera di Tropea e comuni limitrofi, sino a Capo Vaticano, è stata quest' anno letteralmente invasa da campings di estremisti di sinistra che da essi partono per consumare atti di intimidazione quando non del tutto di terrorismo a carico non solo di avversari politici, ma anche di pacifici cittadini; i massicci insediamenti di siffatti teppisti mascherati da turisti rivelano l'esistenza di un preordinato piano inteso a organizzare azioni di rappresaglia politica in una zona tradizionalmente simpatizzante per gli schieramenti di destra e avversa alle sinistre che vi rastrellano scarsissime percentuali di voti;
2) nell'articolazione di questo piano si è svolto domenica 12 agosto 1973 un comizio comunista apertosi con calorose espressioni di solidarietà del PCI a tutti gli extraparlamentari di sinistra affluiti in piazza dai campeggi vicini; nel corso del comizio Giuseppe Muscia e Massimo Pontoriero sono stati aggrediti e picchiati sol perché individuati come iscritti al MSI-destra nazionale;
3) il giorno dopo, lunedì 13 agosto, estremisti di sinistra, tornati in Tropea dai vicini campeggi, raggiungevano e nuovamente picchiavano, insieme col padre, il Muscia, terrorizzando cittadini e turisti che passeggiavano in quelle ore pomeridiane nella centralissima piazzetta cittadina; per la spontanea reazione della popolazione, gli aggressori si chiudevano dentro un negozio, mentre qualcuno di essi si allontanava per fare scattare la seconda parte dell'operazione; questa avveniva circa due ore dopo quando un successivo commando di una trentina di estremisti rossi, scendendo da macchine che li avevano portati nella parte alta dell'abitato, invadevano furiosamente la piazza di Tropea urlando slogans comunisti e brandendo spranghe di ferro ed altri corpi contundenti; dall' inattesa aggressione riusciva a sottrarsi il consigliere provinciale missino professor Gaetano Vallone cercato e fatto oggetto primario della violenza rossa, ma non il segretario del locale Fronte della gioventù Renato De Vita che, individuato e colpito selvaggiamente, stramazzava al suolo ferito alla testa e alle braccia con ripetuti colpi di spranghe di ferro, e, alla bocca, con una chiave inglese;
4) il commando, eseguita la fulminea operazione, si dileguava, inseguito dai carabinieri e dalla popolazione esasperata; le prime indagini hanno consentito di assicurare alla giustizia alcuni responsabili, sintomaticamente tutti di sinistra e di anagrafe milanese o toscana, il che dimostra la loro appartenenza ai commandos operativi localizzati nella zona dalla manovra comunista. Considerate tali inequivocabili responsabilità, gli interroganti chiedono di sapere per quali motivi le autorità governative abbiano tollerato e permesso che nella fasci a costiera tra Vibo Valentia e Capo Vaticano si siano potuti così ostentatamente insediare formazioni estremistiche comuniste con veri e propri commandos armati ed equipaggiati, le cui sortite hanno effettuato quotidiane azioni di disturbo della massa dei turisti e di provocazione incessante della Destra nazionale, poi degenerate nei gravi fatti di sangue accennati e che hanno ridotto in fin di vita un incolpevole giovane missino di Tropea.
Atti Parlamentari della Camera dei Deputati - Seduta del 25 settembre 1973 (4-06496).

Interrogazione Parlamentare (4-06496) degli On. Tripodi e Valenzise

(Gen. 2010)

Le origini dell'arcidiocesi di Crotone e Santa Severina e del culto della Madonna di Capocolonna
Patrono della Città di Cotrone, ricorre il 9 ottobre. Durante la Festa del patrono San Dionigi l'Aereopagita, ritenuto il primo vescovo della città, si procede alla benedizione delle sementi, propizio per un ricco raccolto. (Francesco Rizza x arealocale.com) Era il 4 aprile del 1979 quando papa Giovanni Paolo II firmava il decreto “Quo aptus” dal quale sarebbe nata l’arcidiocesi di Crotone e Santa Severina che, nella forma attuale, fu canonicamente eretta dalla Congregazione dei Vescovi il 30 settembre 1986. Esecutore del processo di unificazione fu mons. Giuseppe Agostino che il 12 marzo 1987 redasse l’atto relativo alla nuova arcidiocesi divenendo, di fatto, il primo arcivescovo di Crotone e Santa Severina.
Della nuova arcidiocesi facevano parte l’Arcidiocesi metropolitana di Santa Severina, alcuni comuni della diocesi di Cariati che allora si trovano nella provincia di Cosenza e la diocesi di Crotone.
Della nuova Arcidiocesi fa parte un territorio poco più grande dell'attuale provincia di Crotone inglobando le cittadine Botricello, Andali, Cerva e Petronà.
Per quanto riguarda la storia della Diocesi di Crotone questa fin dalla propria fondazione sembra essere stata suffraganea della Metropolia di Reggio Calabria da cui oltre a quella crotonese dipendevano le suffraganee di Bova, Cassano, Catanzaro, Gerace, Oppido, Nicastro, Nicotera, Tropea e Squillace.
Mentre l’origine leggendaria della Diocesi crotonese si collega all’età apostolica e a san Dionigi l’areopagita convertito da san Paolo, i primi dati certi e, probabilmente, la sua fondazione risalgono al V secolo d.C. in piena età bizantina, come sottolinea padre Ferdinando Ughelli nella sua “Italia Sacra” datata 1721.
“L’episcopato crotonese – osserva il dotto Cistercense, pur ricordando la leggendaria fondazione da parte di Dionigi – è antichissimo e collegato agli stessi tempi apostolici ed ebbe dei suoi vescovi, ma tuttavia ciò non risulta nulla su di loro prima dell’anno 537. Fu, infatti, in quell’anno che Giovanni vescovo di Crotone prosperò al tempo di papa Vigilio.
Nel 680 al tempo di papa Agatone Pietro partecipò al sesto Concilio di Costantinopoli ed allo stesso modo Teofimo vescovo crotonese era presente al Sinodo niceano al tempo di papa Adriano. Quindi – aggiunge l’Ughelli – possediamo poche notizie di vescovi di questa diocesi sino all’anno Mille quando era collegata alla suffraganea della Chiesa di Reggio”.
Se si guarda al “Regesto Vaticano per la Calabria” di padre Francesco Russo il primo dato registrato per la diocesi crotonese si ha al tempo della dominazione bizantina quando, nel luglio 592, essendo sommo pontefice Gregorio Magno, “Giovanni vescovo di Scilla da’ mandato affinché sia visitata la diocesi di Crotone e se ne curi l’elezione del Vescovo”.
Lo stesso p. Francesco Russo, descrivendo la partecipazione dei vescovi calabro greci ai concili svoltosi fra il VI ed il XIV ricordando la partecipazione di Giovanni vescovo crotonese al concilio di papa Vigilio (dove firmò la condanna di Teodoro di Cesarea di Capadocia) ritiene che lo stesso prelato sia di origine gotica ma ciò nonostante ed amico di Cassiodoro.
Per quando riguarda, invece, il vescovo Pietro che prese parte al sesto Concilio di Costantinopoli, padre Russo nota che proprio in questo Concilio si sancisce per la prima volta denominazione di Calabria per la nostra Regione. “I vescovi di Locri, Torri, Tauriano, Tropea e Vibona – osserva lo Storico francescano – si dichiarano dell’ Eparchia o Provincia di Calabria, mentre quelli di Cosenza, Crotone, Squillace e Temsa sottoscrivono come rappresentanti della Provincia del Brutium. Se si considera la posizione dei due gruppi di Diocesi appare chiaro che la regione era divisa in due zone distinte: la Calabria a sud e il Brutium a nord dell’istmo di Catanzaro”.
Tornando alla descrizione che p. Ferdinando Ughelli fa della Diocesi crotonese nella sua “Italia Sacra”, lo stesso storico ricorda la presenza nella cattedrale crotonese di un “dipinto miracoloso della Madonna chiamata di Capocolonna che da Dionigi l’aeropagita fu portato dall’Oriente e dipinto dall’evangelista san Luca”.
Al tempo del Frate cistercense i sacerdoti che celebravano nella stessa cattedrale appartenevano alle seguenti dignità: arcidiaconato, diaconato, cantorato, arcipretrato, tesorierato e primiceriato. Totalmente, nel XVI si contavano nella diocesi di Crotone 20 sacerdoti compresi i canonici della cattedrale e delle 12 parrocchie che vi erano esistite precedentemente ne erano rimaste in vita cinque. Fuori dalle mura cittadine, sempre al tempo dell’Ughelli, l’unico centro abitato della diocesi citato è Papanice dove a sua detta celebravano due sacerdoti: uno di rito greco ed uno di rito latino”.
Alla leggendaria storia di san Dionigi l’areopagita è collegata quella del dipinto della Madonna di Capocolonna che rappresenta, senza ombra di dubbio, il simbolo della fede crotonese. Un’antica tradizione vorrebbe, infatti, che il dipinto mariano fosse opera di san Luca evangelista che lo avrebbe donato allo stesso san Dionigi. Il dipinto della Madonna di Capocolonna è, invece, un dipinto ascrivibile alla fattura bizantina e lo storico crotonese Angelo Vaccaro evidenzia come lo stesso dipinto “debba andar distinto in due fatture diverse e specifiche: dalla testa fino al sommo del petto, col volto del Bambino e l’insieme della sua sagoma, è esplicito fare di un’arte bizantina tardiva. Il resto è forma evidentissima di susseguente rifacimento”.
Secondo vari storici a donare alla città di Crotone il dipinto della Madonna di Capocolonna potrebbe essere stato Luca da Melicuccà (1035 - 1115), primo vescovo di Isola Capo Rizzuto e già abate del monastero benedettino su cui, fra il X e l' XI secolo, fu costruito il Duomo cittadino. Ciò spiegerebbe anche il fatto che lo stesso duomo non era posto nel centro cittadino, ma in una zona periferica.
A rinforzare l’attribuzione del dipinto a tale Presule, come evidenzia il Vaccaro il fatto che “il suo biografo, chiamato Daniele, ci conferma che egli aveva particolare devozione per il culto della Vergine, Madre di Dio, il che consentirebbe la espressa nostra supposizione. Ed è ancora più strano che tutte le Madonne assegnate a costui sono state attribuite poi a S. Luca Evangelista, come si disse anche di quella di Bologna (Opus Lucae Cancellarii), o quella del Libano di Luca l’Eremita”.

(Gen. 2010)

Atti di vandalismo in tre stazioni ferroviarie sulla costa tirrenica
Stazione di Tropea (Adnkronos/14gen/1648) Danni in tre stazioni ferroviarie sulla costa tirrenica sono stati causati da vandali in Calabria. A Vibo Pizzo sono stati smontati e rubati tutti gli accessori dei servizi igienici riservati alle donne. A Campora sono state imbrattate con graffiti le pareti lato mare. A Tropea, infine, infranti i vetri dell'ingresso e della porta che dà sul primo marciapiede. I danni sono stati stimati in mille euro. Le stazioni della linea tirrenica già altre volte sono state prese di mira nel 2009.
Per la stazione di Tropea, ricordano le Ferrovie dello Stato, sono stati investiti 158mila euro per interventi di ristrutturazione dell'impianto e per attività di manutenzione ordinaria, a fronte dei continui atti di vandalismo. Per la ristrutturazione della stazione di Campora, invece, l'investimento è stato di 129mila euro. Infine, i bagni della stazione di Vibo Pizzo erano stati recentemente riammodernati, per un investimento di 20mila euro.










(Gen. 2010)

 La febbre del caro estinto. Aggiudicati 29 sepolcri per 6 milioni di euro

La Cappella al Verano della famiglia Toraldo di Francia

(S. Libertino) L'estate scorsa, il 15 giugno '09, l'Ama Roma SpA, società che gestisce 12 cimiteri nel Comune e nella Provincia di Roma aveva promosso gara pubblica "Bando di prequalifica per l'assegnazione della concessione in uso settantacinquennale, rinnovabile alla scadenza" con scadenza 27 luglio '09, per l'assegnazione in uso settantacinquennale di 34 sepolcri monumentali: 8 al Verano, 24 al Flaminio e 2 a Maccarese.
Le varie fasi dell'asta e relative modalità si sono svolte in analogia a quanto viene praticato da eBay: rigorosamente su web, con rilanci a colpi di click e con a portata di monitor di mappe, situazione, notizie e foto raffiguranti tombe e cappelle oggetto dell'asta, come se fossero quadri, francobolli o cartoline da collezionismo.
Ma strada facendo, quando i rilanci hanno preso una piega più che generosa da parte dei partecipanti, gli organizzatori non credevano ai loro occhi dell'idea geniale che avevano avuto e dell'affare che si andavano procacciando. Tanto per capire, si sono visti aggiudicare a 900 mila euro una tomba messa in vendita solo a 150 mila, e cioè sei volte il valore d'asta. Alla fine, su un ricavo stimato di circa 2,5 milioni di euro, l'incasso reale - considerato che si è conclusa solo una parte dell'asta - dovrebbe sfiorare i 10 milioni di euro.
La notizia è stata riportata dalla stampa e da tutti i telegiornali durante la giornata del 15 gennaio che hanno fatto vedere le immagini delle tombe in vendita. Sulla porta di una cappella era sorprendentemente riportata la scritta del nome di una famiglia nobile di alto lignaggio 'Toraldo di Francia', di cui - dal sito dell'AMA - possiamo esamimare le caratteristiche:
UBICAZIONE
Riq. 143, Arciconfraternita - Area n. 122
TIPOLOGIA MANUFATTO
Cappella
SUPERFICIE AREA
Mq. 8,00 (massima capacità posti salma: 16)
DESCRIZIONE
Il manufatto, che attualmente ospita 9 posti salma (5 nella parte in elevato e 4 nella camera sepolcrale), è rivestito con elementi in travertino romano bocciardato. Sul fronte principale è collocato un portoncino d'ingresso in listelli realizzato su disegno. La copertura è a tetto, cuspidata, a quattro spioventi con rivestimento in lastre di pietra e marmo grezzo, e presenta, alla sua sommità, una croce di bronzo. All'interno è presente un piccolo altare in travertino con colonnine di supporto laterali. L'accesso alla camera sepolcrale è chiuso da una lastra di vetro che risulta danneggiata.
PREZZO A BASE D'ASTA
€ 230.008,15
Si applica l'IVA al 20% al prezzo finale di aggiudicazione, al netto del valore della concessione dell'area
CAUZIONE 2%
€ 4.600,00

'Eterno Riposo' quindi per i nuovi proprietari. 'Eterno' si fa per dire… perché dopo 75 anni i loculi saranno nuovamente di proprietà del Comune di Roma…

(Gen. 2010)

Sicurezza, sono sei i progetti finanziati dal ministero dell'Interno. Saranno illustrati domani dal sottosegretario Francesco Nitto Palma
Il Sottosegretario all'Interno Sen. Francesco Nitto Palma (Lino Fresca x gazzettadelsud.it/17.1) La sicurezza sul territorio vibonese rappresenta una vera e propria emergenza sociale. Lo testimoniano le numerose intimidazioni che negli ultimi mesi hanno colpito amministratori, imprenditori, operatori commerciali e professionisti. Per frenare questa recrudescenza mafiosa i sindaci vibonesi hanno redatto alcuni progetti tendenti a migliorare la qualità della vita nelle loro comunità e a potenziare la sicurezza urbana e l'ordine pubblico.
Domani mattina, nel Museo diocesano di Tropea, verranno illustrati i progetti che hanno ottenuto dal ministero dell'Interno il finanziamento straordinario previsto dalla legge 133/2008. All'incontro, parteciperanno, fra gli altri, il sottosegretario all'Interno sen. Francesco Nitto Palma, i prefetti Francesco Paolo Tronca (Capo del Dipartimento dei vigili del fuoco), Giuseppe Amoroso (Capo del Dipartimento per le politiche del personale), Luisa Latella e i sindaci vibonesi.
I progetti finanziati sono sei. Le somme erogate superano i 2 milioni di euro. Comuni interessati: Tropea, Nicotera, Soriano, Parghelia, Ricadi, e Arena. A Tropea con gli oltre 400mila euro ottenuti verrà recuperato e messo in sicurezza il centro storico. Con i 341mila 820 euro erogati, il comune di Nicotera, riqualificherà alcune strade principali. La Giunta di Soriano, invece, con gli oltre 490 mila euro incassati, rimetterà a nuovo le aree degradate del centro storico. A Parghelia, gli amministratori, con i 450mila euro ottenuti realizzeranno un servizio di videosorveglianza. Anche il comune di Ricadi, con i 168mila euro stanziati dal ministero dell'Interno, installerà le telecamere di vigilanza nelle zone "calde" della cittadina. Il comune di Arena, infine, utilizzerà i 189mila euro per riqualificare il centro storico.
L'incontro di domani mattina, sarà anche l'occasione per fare il punto sulla situazione e incentivare la partecipazione ad altre iniziative simili, prime fra tutte quelle offerte dal Pon sicurezza, che distribuirà ancora importanti risorse ai comuni del Mezzogiorno d'Italia fino al 2013. Prima dell'incontro di Tropea, il sottosegretario, sen. Francesco Nitto Palma e i Capi dipartimento Francesco Paolo Tronca e Giuseppe Amoroso, visiteranno la Prefettura di Vibo Valentia.



Il rebus di palazzo Gagliardi. Il Comune di Vibo deciso a offrirlo alla Prefettura. Ieri a sorpresa sopralluogo di Nitto Palma


Vibo Valentia. Palazzo Gagliardi (Nicola Lopreiato x gazzettadelsud.it/18.1) «Palazzo Gagliardi una destinazione d'uso ce l'ha già, ed è quella di sede del Politecnico delle Scienze e delle Arti». A ricordarlo nel momento in cui da più parti viene dato per certo il trasferimento della Prefettura all'interno del prestigioso palazzo, è l'ex parlamentare Michele Ranieli che scrive al sindaco Franco Sammarco, al prefetto Luisa Latella e allo stesso sottosegretario all'Interno, Francesco Nitto Palma. E proprio quest'ultimo, ieri pomeriggio, appena arrivato da Roma per presenziare stamane ad un incontro con i sindaci dell'hinterland di Tropea sui finanziamenti concessi dal ministero per la videosorveglianza, ha voluto vedere di persona palazzo Gagliardi, inaugurato dal sindaco Franco Sammarco e dal prefetto Luisa Latella il 22 dicembre scorso. Un sopralluogo tecnico che potrebbe aver dato il via libera all'operazione di trasferimento della Prefettura.
Ma, in ogni caso, l'iter non sarà semplice perché la pratica deve superare prima l'esame della Giunta e, successivamente, del Consiglio comunale. Ma i contenuti della lettera dell'ex parlamentare dell'Udc non lasciano immaginare che il trasferimento della Prefettura a palazzo Gagliardi possa filare liscio come l'olio. Alcune questioni che Ranieli pone, infatti, invitano a riflettere. «Durante il mio mandato – scrive l'ex parlamentare – in qualità di componente e capogruppo della Commissione parlamentare istruzione e cultura della Camera dei Deputati, nel corso dell'esame della proposta di legge "Interventi in materia di finanziamenti per i beni, le attività culturali, lo sport e la ricerca", su mia proposta, è stato assegnato al Comune un finanziamento di due milioni di euro per l'acquisto, la ristrutturazione o adeguamento strutturale e l'arredo della sede del Politecnico delle Scienze e delle Arti».
Il finanziamento, secondo quanto spiega Ranieli, è stato ripartito in tre annualità e, precisamente 500mila euro per il 2003, 500mila per il 2004 e un milione di euro per 2005. «Con tale somma l'Amministrazione comunale – ricorda l'ex parlamentare – in qualità di soggetto attuatore e gestore del finanziamento assegnato, d'intesa (ossia con apposito atto) con il legale rappresentante del Politecnico Internazionale Scientia et Ars di Vibo Valentia doveva provvedere a garantire allo stesso una sede adeguata ed anche arredata».
Sulla base di quanto evidenzia Ranieli, l'Amministrazione comunale precedente e quella in essere, con atti amministrativi, «hanno provveduto alla spesa del contributo assegnato, decidendo di procedere con appalto pubblico alla ristrutturazione parziale di palazzo Gagliardi, destinando il secondo piano a sede dell'Università (Politecnico Scienze e Arti) e, con ulteriore somma derivante dai fondi strutturali e regionali, hanno provveduto al completamento della ristrutturazione destinando i rimanenti spazi ad attività socio-culturali».
Ranieli rileva «che, purtroppo, i lavori non hanno interessato le parti strutturali per adeguare l'edificio alla nuova e più rigorosa legge antisismica, come emerge dallo studio degli indici di pericolosità e vulnerabilità sismica elaborati dagli addetti del Ministero dei beni Culturali. Pertanto, l'mmobile in oggetto resta considerato, tra i palazzi storici, quello a più alto rischio sismico».
Facendo riferimento alle indiscrezioni riportate dai giornali in questi giorni relativamente al trasferimento della Prefettura a palazzo Gagliardi e alle proposte riguardanti la collocazione del Museo all'interno dello stesso immobile, Ranieli aggiunge: «Auspico che tali notizie non trovino fondamento nella realtà e siano frutto di singole aspirazioni personali o anche istituzionali da parte di chi non è a conoscenza che palazzo Gagliardi ha già una sua destinazione d'uso, decisa dall'Amministrazione comunale con appositi atti assunti prima di dare inizio ai lavori di riqualificazione, altrimenti – avverte l'ex parlamentare – risponderebbe di distrazione di quei fondi finalizzati dalla legge n. 291/2003 cui certamente sono a conoscenza il Sindaco e l'Amministrazione comunale, che farebbero bene ad informare di ciò la cittadinanza onde evitare fuorvianti notizie stampa».

(Gen. 2010)

Giuseppe Casalinuovo, un poeta da ricordare
Il disegno di Giuseppe Casalinuovo è di Tito Solendo (S. Libertino) Giuseppe Casalinuovo nacque il 16 agosto 1885 a San Vito Jonio (CZ) da Vito e da Eleonora Nisticò. Dopo aver completato le scuole elementari, si trasferì a Catanzaro per frequentare il Ginnasio e poi il Liceo "Pasquale Galluppi" dove nel 1905 conseguì la maturità classica, sotto gli insegnamenti del professore d'italiano Vincenzo Vivaldi, umanista e studioso di fama nonchè fondatore di una Associazione progressista che si opponeva agli esponenti della Destra locale. E alla figura del Vivaldi, professore, letterato e operatore culturale, il Casalinuavo rimarrà per il resto della vita influenzato e riconoscente. A Catanzaro, durante gli anni adolescenziali furono date alle stampe le prime raccolte di versi: nel 1900 Prima luce e nel 1903 Tra due fosse. Nel 1909 si laureò in giurisprudenza all'Università di Roma da dove preferì ritornare a Catanzaro per esercitarvi la professione di avvocato penalista, divenendo ben presto punto di riferimento nell'area socialista tra gli intellettuali emergenti, ostili contro la vecchia classe dirigente, espressione degli interessi dei grandi proprietari terrieri e delle forze clericali.
Nel 1903 pubblicò sulla Giostra una analisi sulle condizioni della Calabria, e nel 1905 dedicò a Giolitti Anno di Sangue, dove condannò gli eccidi di Cerignola, Buggerru e Castelluzzo, propendendo a favore dei lavoratori per una formula di lavoro più umanizzato. Nelle elezioni del 1904 sostenne il filosofo A. Asturaro nelle liste dei socialisti e lo stesso fece nelle successive elezioni del 1909 contro Giolitti. In quelle del 1913 appoggiò, sempre nelle file socialiste, Enrico Mastracchi, schierandosi contro i giolittiani ed i cattolici conservatori. Durante il periodo della grande guerra, Casalinuovo fu combattuto da un lato tra il pacifismo di ispirazione socialista e la condanna cristiana della guerra e dall'altro il patriottismo tipico di tanta piccola borghesia. Nel dopoguerra gli interessi professionali presero il sopravvento su quelli politici fino al definitivo ritirò dalla vita pubblica, continuando un'azione moderata di impegno culturale. D'altra parte il suo socialismo poggiava su un fondo di umanitarismo e di evangelismo in cui si perdevano le reali dimensioni della lotta politica.
Nel 1919 fu eletto presidente del Circolo di cultura catanzarese che diresse con notevole competenza. E anche se tale istituto fu in genere dichiarato lontano dagli ambienti politici, le autorità fasciste si dovettero ben presto accorgersi delle correnti antifasciste manifestate da parte delle nuove leve ed il Circolo fu disciolto. Nello stesso anno fondò "Calabria giudiziaria", rivista di dottrina e di giurisprudenza, che diresse con passione fino alla sua morte avvenuta nella sua Catanzaro il 25 ottobre 1942. Le autorità fasciste cercarono inutilmente di evitare che si formasse un corteo durante la cerimonia funebre.
In Prima luce, la sua prima raccolta di poesie dedicate alle persone care, alla madre e alla nonna defunte, alla sorella, ci sono tutti i motivi di ispirazione che accompagneranno la sua opera poetica. Gli affetti familiari, l'evasione georgica, i casti e teneri amori, le delusioni e le tristezze giovanili. Il linguaggio e la forma poetica rinviano alle poesie ottocentesche di un Carducci minore. Nella raccolta successiva, Dall'ombra, pubblicata a Torino nel 1907, il linguaggio si fa più vivo e meno letterario, rifacendosi a Pascoli con influssi dei crepuscolari Corazzini e Gozzano.
L'opera che diede al Poeta una forte cassa di risonanza in campo nazionale e quindi una forte notorietà fu sicuramente la Lampada del poeta, data alle stampe nel 1929 a Bologna presso l'editore Zanichelli, che, dopo soli tre mesi, fu costretto a ristampare una nuova edizione. Qui la vena petica si fa molto più sincera per quell'aria di provincia che si avverte nei versi e per un linguaggio, questa volta, semplice e chiaro che da all'opera una impronta serena di pacatezza. Troviamo motivazioni autobiografiche come l'insofferenza di un'esistenza tra l'esercizio a malincuore di una professione e il grigiore di una città di provincia. Ormai gli echi patriottici sono lontani. Il suo modello ora si rifa al Pascoli delle Myricae e dei Canti di Castelvecchio, al gusto delle cose piccole e semplici, all'amore per la povera gente, all'invito alla bontà ed alla fratellanza, all'idillio agreste, al senso fortissimo del nido familiare, alla rievocazione dei propri morti, al gusto del dolore e delle lacrime tristi.
Di Giuseppe Casalinuovo abbiamo voluto scegliere due delle sue liriche più belle che ne rappresentano a pieno la vocazione poetica. Le proponiamo di seguito ai nostri lettori. Sono "Annamaria" e "Il bucato", tratte dalla sezione "Le paesane" della raccolta La lampada del poeta. In ambedue i componimenti la poesia diventa narrativa e nel contempo con linguaggio chiaro e semplice, scorrevolissimo, illustra in graziosi bozzetti scenette di vita spontanea. Infine abbiamo pensato anche di elaborare una piccola sezione bibliografica della sua opera per coloro che ne vorranno approfondire i contenuti.

Continua...

(Gen. 2010)

Ricette per sesso felice. La libido si risveglia a tavola
(Claudia Logoluso X La Voce d'Italia) Che la buona tavola sia un'arma efficace per garantire una lunga notte di sesso, non è cosa nuova ma forse bisognerebbe conoscere non solo gli alimenti che stimolano la "libido" ma anche la loro preparazione e cottura per mantenere intatte le caratteristiche erotiche dei cibi.
La fragola, il frutto che anche in questa stagione possiamo trovare nei mercati o supermercati, è un ottimo rimedio contro l’impotenza, maschile e femminile, per effetto dello zinco che contiene e ha il potere di accrescere sensibilmente il desiderio sessuale, tanto da farla considerare un valido sostituto delle pillole di "viagra".Prima di una lunga notte di sesso, sarebbe bene consumarla con della panna o crema di panna acida magari offrendola al proprio partner direttamente con le mani.
La cipolla, in particolare quella di Tropea, ha un particolare effetto stimolante grazie all'ossido nitroso che contiene infatti nell'antico egitto si preparavano decotti di cipolla per stimolare la libido. Ottima è l'aragosta alla catalana per garantire una notte di passione resa ancora più stuzzicante dalla cipolla rossa di tropea.E per attutire quel forte sapore tipico di questo ortaggio, basta sgranocchiare qualche chiodo di garofano e i nostri baci torneranno "dolci".
Sicuramente peperoncino, crostacei, tartufi, noce moscata, aceto balsamico, e cioccolata sono dei “preliminari di gola” che rinverdiscono il desiderio e quindi non potranno mai mancare in dispensa proprio come non potrà mai mancare una lingerie seducente nel nostro guardaroba.
“Mangiare bene, e bere ancor meglio, rilassa gli sfinteri dell’anima, sconvolge i punti cardinali della cultura repressiva e prepara alla comparsa di una comunicabilità che non va sprecata.” (Manuel Vàzquez Montalbàn)......e comunicare nel letto è un'esperienza unica che si può realizzare con qualche stimolante e stuzzicante portata.

(Gen. 2010)





UN DIVANO CHIAMATO TROPEA

DIVANO TROPEA

Importante, ricco di particolari. Proporzioni perfette, salotto contemporaneo di grande eleganza.
Struttura in legno massello garantita 20 anni con seduta a molleggio in acciaio, doppio cuscino schienale e sedile in piuma d'oca con inserto in espanso e braccioli in piuma d'oca, per un comfort duraturo nel tempo. Piedini in legno massello, finitura colore a campione. Rivestimento in pelle, fisso oppure in tessuto, sfoderabile. Realizzato a mano, artigianalmente. Disponibile ad elementi per composizioni angolari, su misura e con inserimento letto.
Modello Foto: divano 2 posti maxi 195x94h84

DIMENSIONI

divano 2 posti cm. 165 x 84 h x 94 prof.
elemento angolare tondo cm. 125 x 84 h x 125 prof.
elemento centrale cm. 65 x 84 h x 94 prof.
elemento terminale sinistro cm. 82 x 84 h x 94 prof.
elemento terminale destro cm. 82 x 84 h x 94 prof.
pouf cm. 60 x 44 h x 60 prof.
poltrona cm. 105 x 84 h x 94 prof.
divano 3 posti cm. 235 x 84 h x 94 prof.



Accattativillu...


Teatro: a Reggio 'Il gioco delle parti' di Pirandello
Reggio Calabria. Teatro 'Francesco Cilea' (Ansa) Nel teatro Cilea di Reggio Calabria andrà in scena dal 29 al 31 gennaio lo spettacolo 'Il Gioco delle parti' di Luigi Pirandello.
Il cast della rappresentazione teatrale è composto da Geppy Gleijeses, Marianella Bargilli, Leandro Amato, Massimo Cimaglia, Antonio Ferrante, Lino Spadaro. La regia è di Egisto Marcucci e Elisabetta Courir.
''L'azione - è scritto in una nota - si svolge tutta nell'arco di trentasei ore, da una sera a un mattino. In una città qualunque. Leone Gala è tradito dalla moglie, Silia, con il suo migliore amico, Guido Venanzi. Ma egli è uomo di mondo, e pertanto, senza drammi apparenti, ha accettato di andarsene da casa e di lasciare il suo posto a Guido: purchè tutto avvenga nel rispetto delle forme imposte dal suo ruolo sociale. E ora tanto civile perbenismo ossessiona Silia, la quale appena le si presenta una fortuita occasione - l'involontaria ma gravissima offesa fattale da un gentiluomo - non esita a mettere a repentaglio la vita del marito, trascinandolo in un duello. Leone, come sempre, accetta''.
''Sarà lui, il marito, secondo le regole, a sfidare - conclude la nota - il gentiluomo, ottimo tiratore; e l'amico Guido gli farà da padrino. Ma al momento fissato per lo scontro, Leone rivela di non aver alcuna intenzione di scendere sul terreno: la sua parte di marito l'ha fatta, sfidando; quanto a battersi, non tocca a lui ma all'amante''

(Gen. 2010)

 L'On. Napoli conferma la disponibilità a sindaco, e per l'assenso chiama in causa il suo partito



(S. Libertino) A distanza di qualche giorno dall'incontro con la città di Tropea del 17 gennaio us. al Museo diocesano l'On. Angela Napoli ha postato nel proprio 'channel' di You Tube l'intervista di RAI TRE effettuata da Gregorio Corigliano nel corso della manifestazione, cui ha preso parte un'ingente folla di persone di cui buona parte assiepata lungo la scalinata d'accesso ai locali.
L'intervista, visibile anche nel blog politico della parlamentare PdL, costituisce prova documentale del resoconto di quell'incontro, promosso da un comitato spontaneo di tropeani capitanati da Carmine Adilardi costituitosi a favore della candidatura a sindaco dell'On. Napoli in occasione delle ormai prossime elezioni amministrative.
L'On. Napoli ha confermato la disponibilità. Per lo scioglimento della riserva tuttavia ha chiamato in causa il suo partito. L'accoglienza dei tropeani, che durante le ultime settimane hanno letteralmente preso d'assalto il sito web e lo spazio Facebook 'Per il Risveglio ideale…' della Napoli con messaggi e mail di consenso, è stata molto calorosa, a tal punto che di ciò si è stupita la stessa parlamentare.
Non resta quindi che aspettare l'assenso del partito per poi augurare al comitato e all'On. Angela Napoli buon lavoro nella formazione della lista dei candidati.

Blog dell'On. Angela Napoli 'Per il Risveglio ideale...'

Spazio Facebbok dell'On. Angela Napoli

Channel su You Tube dell'On. Angela Napoli

Credits dell'On. Angela Napoli

(Gen. 2010)

Intervista all'assessore comunale alla cultura, Agostino Vallone, sulla chiusura dell'Ufficio Postale di San Costantino di Briatico
L'Assessore alla cultura del Comune di Briatico Agostino Vallone (F. Vallone) Assessore Agostino Vallone, dopo quanto chiude la Posta di San Costantino...
Dopo ben 87 anni cala il sipario, anzi la serranda, su un altro ufficio postale storico della provincia di Vibo Valentia. L'ufficio di San Costantino di Briatico è stato uno dei più longevi della provincia di Vibo Valentia se non dell'intera Calabria. Istituito infatti nel 1923 serviva una utenza che apparteneva non solo alla più popolosa frazione di Briatico, ma anche a Potenzoni, a Mandaradoni e, anche se per un periodo di tempo limitato, perfino al Comune di Zungri: è ancora vivo tra la popolazione il ricordo del "postale" che si fermava a San Costantino per scaricare i sacchi della posta. Purtroppo, oggi, sotto i colpi della scure della legge del profitto e della speculazione economica, Poste Italiane ha abbattuto l'ultimo baluardo nella frazione di San Costantino. I "rami secchi" sono stati recisi con prevaricazione del relativismo e capitalismo estremo sull'aspetto sociale.
Possibile che non esista altro modo per risolvere determinati problemi se non quello economico? E poi, come si può considerare "ramo secco" una intera popolazione di pensionati?
Un anziano ormai di per sé stesso si sente un peso per la società, una nullità, un ente inutile e non autosufficiente, con questa azione gli è stata negata l'ultima possibilità di sentirsi ancora vivo: andare da solo a riscuotere la sua pensione, un momento di grande orgoglio personale quasi di rivalsa nei confronti di una società sempre meno solidale e più egoista. Egli non lo potrà più fare, anzi dovrà subire una ulteriore umiliazione: delegare qualcun altro a ritirare a posto suo il frutto di una vita di lavoro. Tutto relativamente facile per chi ha un familiare o comunque una persona amica disposta a recarsi a cinque, otto o dodici chilometri di distanza per fare ore ed ore di fila per giungere al cospetto dell'unico operatore dell'ufficio centrale che non è stato potenziato.
La logica quindi è: il fine giustifica i mezzi. Non importa se si procurano disagi logistici, fisici o psicologici a chicchessia.
Da più parti si predica, a mio avviso ipocritamente, che gli anziani sono una risorsa per la società e i custodi del ricco patrimonio di quella cultura locale che stenta a decollare ed essere recuperata. Gli anziani sono coloro che tengono vive le nostre tradizioni e mentre alcuni si impegnano per realizzare centri di aggregazione sociale come delle vere scuole per la trasmissione di valori umani, sociali e culturali alle future generazioni, altri considerano gli anziani "rami secchi" da tagliare a tutti i costi. Si vive così in una continua snervante conflittualità che alla fine porta alla resa di essi e alla completa emarginazione e all'isolamento degli anziani stessi. La logica dei "rami secchi" non riguarda soltanto Poste Italiane, ma anche ferrovie, stazioni ferroviarie, corse di pullman, ospedali, ambulatori medici, guardie mediche, forni, paninoteche, addirittura oratori e chiese...
I riflessi sociali di questi tagli sono devastanti nei piccoli centri....
È bastata la chiusura dell'unica paninoteca esistente a San Costantino di Briatico per creare panico e disorientare la popolazione giovanile rimasta in paese. La sera, ma soprattutto il sabato sera, questi giovani non hanno più un punto di riferimento per cui si recano in automobile nelle cittadine vicine con tutti i pericoli che questo comporta e le ore insonne dei genitori. La presenza dell'ufficio postale in paese era paradossalmente un punto di riferimento, una importante stazione di ritrovo sociale dove ci si incontrava per socializzare, per confrontare le proprie idee con quelle degli altri, per ricevere o dare informazioni, dove si faceva a gara per "coccolare" "l'Ufficiale Postale" offrendogli tazzine di caffè, uova fresche, o i frutti della terra di una popolazione di cultura contadina. Grazie a Poste Italiane questo non sarà più possibile, anzi è probabile che si assista ad un fenomeno di emigrazione degli anziani verso centri più popolosi con conseguente desertificazione dei paesi come se non bastasse l'enorme jatus generazionale dovuto alla emigrazione degli studenti e delle popolazioni giovanili in cerca di lavoro.
Vuole rivolgere un appello da queste pagine?
Sì, rivolgo un accorato appello a tutte le associazioni, a tutti i cittadini e a tutte quelle persone che sentono proprio questo problema: reagite, lottate e protestate civilmente con me contro Poste Italiane affinché sia ripristinato il servizio postale a San Costantino di Briatico; rivolgo un altrettanto accorato appello a Poste Italiane: ridateci il nostro ufficio postale, il nostro angolo di vita; i locali ci sono. Non lasciateci agonizzare lentamente: sarebbe meglio una deportazione di massa verso città del Nord o meglio verso le città fredde del Nord Europa anziché rimanere nell'ipocrisia; penso che non sia difficile trovare posto a meno di due milioni di persone, tanti sono gli abitanti della Calabria.

(Gen. 2010)

Bronzi di Riace. Le altre verità
La copertina del nuovo libro di Giuseppe Braghò (S. L.) Sul possibile trafugamento di parti del corredo dei Bronzi di Riace è in corso un'indagine dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Artistico, coordinata dalla Procura della Repubblica di Locri.
I particolari su questa vicenda di mala-cultura sono contenuti nel secondo libro sui Bronzi di Riace "Facce di Bronzo" scritto dal ricercatore vibonese Giuseppe Braghò, e pubblicato dalla casa editrice Pellegrini nel 2008.
Un credibile atto d’accusa fondato soprattutto su una considerevole quantità d’inediti e sconcertanti documenti indagati presso l’Archivio Storico del Museo Nazionale Archeologico di Reggio Calabria, che fanno risaltare senza veli l’inattendibilità di Stefano Mariottini, scopritore “ufficiale” delle statue, del Soprintendente Giuseppe Foti e di personaggi vicini ai due primi attori. Altre insospettabili figure, appartenenti alla Cultura di Stato, avrebbero per varie ragioni partecipato alla “messa in scena”. Il subacqueo romano incassò - prove alla mano - il premio di rinvenimento grazie a un espediente. Giuseppe Braghò riferisce i particolari resi dalla supertestimone (la quale ha già deposto presso il Magistrato inquirente di Locri) presente al momento del furto di scudo e lancia appartenuti ai Bronzi.
Ancora, racconta dei rapporti intercorsi con il Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale e con affermati giornalisti “inviati” per intervistarlo, senza tuttavia pubblicarne in seguito le dichiarazioni rilasciate: si suppone che in realtà ci fossero i Servizi dietro alcuni cronisti, “delegati” a carpire i segreti del ricercatore, il quale a ogni buon conto non ha “esposto” le riservatezze originate da due anni di personali investigazioni. L’ipotesi che qualcosa d’importante relativa ai Bronzi di Riace possa essere custodita presso un’impenetrabile residenza americana prenderebbe rilievo. Intrighi che avrebbero visto coinvolti, oltre Paul Getty e Jiri Frel, curatore del Museo di Malibu, i vertici dell’ENI di quegli anni. Il Presidente Sandro Pertini, secondo il giornalista della RAI Franco Bruno era a conoscenza della sconcertante vicenda: cosa spinse il Quirinale al silenzio? L’autore traccia il secondario ruolo della ‘ndrangheta, presunta responsabile della vendita di alcuni reperti trafugati.
Braghò riporta, fin nei minimi dettagli, le singolari relazioni intercorse con il Consigliere culturale del Ministro e l’imbarazzo dello stesso per l’enigmatica situazione di esponenti istituzionali coinvolti – a titoli diversi – nella vicenda. Comunica, ancora, il buon esito dei preliminari d’indagine svolti dal professor Claudio Mocchegiani Carpano - direttore dello STAS - sulle famose “anomalie metalliche” presenti nelle adiacenze del ritrovamento delle due celebri statue, prospezioni caldeggiate dall’autore della dirompente inchiesta presso l’ex Ministro e preludio di prossimo scavo mirato. Lo studioso critica il “consiglio” del Consigliere di Rutelli: riferire alla Stampa la conferma dell’esistenza delle anomalie avrebbe causato il blocco delle ricerche. Perché il veto? Chi o cosa bisognava proteggere? Perché il Mibac ha eretto un muro di silenzio? Il mare di Riace restituirà altre statue scampate ai furti? Chi ha il terzo Bronzo, scomparso, per come si deduce dai documenti restituiti dall’Archivio del Museo di Reggio Calabria? Perché Stefano Mariottini si rifiuta di fornire spiegazioni? “Parlerò solo con i giudici e i Carabinieri”, afferma. Quali segreti mantiene ancora gelosamente Giuseppe Braghò? E’ lo stesso a comunicare che, per prudenza, custodisce intriganti informazioni riservate. Come si regolerà con l’intricata vicenda il neo Ministro Sandro Bondi, al quale lo studioso vibonese ha chiesto un incontro “senza veli e proibizioni”? Un autentico giallo, con reali possibilità di clamoroso epilogo.

Sabato 30 gennaio alle ore 1700 sarà presentato a Palazzo Nieddu Del Rio il nuovo libro di Giuseppe Braghò 'Facce di bronzo. Personaggi & figuranti a Riace', Pellegrini Editore. Interverranno:
Francesco Macrì, Sindaco di Locri
Francesco Commisso, Assessore alla Cultura Comune di Locri
On. Domenico Romano Carratelli, Presidente 'Accademia dei Bibliofili'
Pietro Melia, Giornalista RAI
Gilberto Floriani, Direttore Sistema Bibliotecario Vibonese
Giuseppe Panetta, Autore de 'I Bronzi di Riace'.
Concluderà l'Autore Giuseppe Braghò.



(Gen. 2010)

Da Mc Donald's arriva McItaly, panino italiano a 100%. Zaia: movimenterà prodotti italiani per 3,5 mld euro
Il ministro alle politiche agricole e candidato governatore del Veneto Luca Zaia (Ansa/26gen/1648) In uno dei luoghi più tipici del mangiar giovane, McDonald's, la catena fast-food che annovera circa il 50% della clientela under 30, arriva un panino e l'insalata con sapori, ingredienti, e tipicità tutte italiane. Si chiama McItaly, ed è la nuova linea 100% Made in Italy, con carne nazionale, appunto, olio extra vergine e prodotti certificati come l'Asiago Dop e la Bresaola della Valtellina Igp, grano saraceno, cipolle di Tropea e carciofi romani in vendita da domani e per almeno sette settimane nei 392 punti vendita italiani. A presentarlo, oggi nel primo punto vendita in Italia della multinazionale (Roma - Piazza di Spagna), è il ministro delle Politiche agricole Luca Zaia. "Sono grato a McDonald's che si è prestata a questa grande operazione culturale" ha detto Zaia.
"'Questo nuovo panino ha grandi ambizioni, a partire da quello di movimentare mille tonnellate di nostri prodotti in un mese per un controvalore di 3,5 miliardi di euro. Abbiamo chiesto a McDonald's di farne un marchio internazionale che arrivi ai consumatori di Parigi come a Shanghai. Vogliamo globalizzare il gusto italiano, dando una svolta identitaria alla nostra agricoltura. Ma è soprattutto un messaggio alle nuove generazioni che potranno così avere una memoria gustativa di impronta italiana". "Difenderò sempre i farmer's market, ma i grandi numeri si fanno nella distribuzione organizzata dove va il 75% dell'agricoltura italiana" ha detto poi il ministro.
"Contiamo di vendere 3,5 milioni di panini McItaly in sette settimane" ha detto l'amministratore delegato di McDonald's Italia Roberto Masi, sottolineando come il gruppo sia "estremamente orgogliosi dell'importante riconoscimento che il Ministro Zaia ha voluto concedere a questo progetto. Da tempo stiamo dedicando grandi energie ed investimenti alla realizzazione di prodotti più vicini al gusto degli italiani. Lo abbiamo fatto, con successo, col Parmigiano Reggiano che la settimana prossima porteremo nei punti vendita francesi, dopo quelli svizzeri. E lo rifaremo con le arance siciliane nel gelato, per le quali finalmente abbiamo trovato una filiera in grado di fornire tutta la nostra rete vendita".








(Gen. 2010)

Milazzo, il professore Gagliani presenta il suo libro
Copertina del libro 'Il mare dall'alto' di Osvaldo Gagliani (ilciclope.info) Su iniziativa del Soroptimist di Milazzo ed il patrocinio del Comune si è tenuta il 23 gennaio a palazzo D’Amico la presentazione del volume “Il mare dall’alto”, scritto dal professore Osvaldo Gagliani. Il tempo non ha cittadinanza: "sempre e mai" sono l'attimo, l'emozione, la bellezza... questo impara "il bambino in una notte stellata". Il libro non vuol essere un percorso nella memoria, bensì un "salto", un tuffo nella memoria: nascita e fanciullezza in un paradiso che si temeva fosse irrimediabilmente perduto.
La memoria coi suoi ricordi ossessivi è l'"esca", il richiamo all'origine, ad una realtà decantata e pura che riemerge intatta e trasparente negli "occhi verdi di un bambino". I personaggi sono veramente esistiti nella loro realtà di eroi semplici e popolari: esistenze fugaci seppur vive, tinteggiate, appena, ad acquarello. Ma la protagonista in assoluto è Tropea, con l'incanto dei suoi paesaggi, il celeste trasparente del cielo, i richiami notturni del glicine e del gelsomino, l'Isola, il Borgo, l'ombra del convento dei Cappuccini, tutti partecipi delle vicende umane. Nel ritorno è l'approdo, il punto fermo da cui ripartire. E così dalla parola scritta la vita rinasce e affiora nel mito della fanciullezza fra favola e poesia. "Ricordi professore, tutto ciò che finisce è per ricominciare".
Dopo l’introduzione dell’assessore alla Cultura, Francesco Alesci e del presidente del club Lucrezia Violi Di Blasi, la presentazione ha avuto luogo a cura della professoressa Chiara Muscianisi Catanzaro. All’incontro era presente anche l’autore.











INTERVISTA A OSVALDO GAGLIANI AUTORE DI 'IL MARE DALL'ALTO'

di Giuseppe Stella


Il tuo è il libro della memoria, dei ricordi, della nostalgia, un viaggio nell'anima.
Preferisco definirlo uno specchio di antica fattura in cui ritrovarsi per ri-conoscersi e ri-cominciare. Non si tratta di un viaggio fra i ricordi, nè di un percorso nel tempo, bensì di un "tuffo" nella memoria. I ricordi se mai sono "l'esca", l'ossessione suggestiva, il richiamo alle tue origini, alle radici. Nei racconti non c'è l'ombra della nostalgia, bensì la prospettiva ottimistica non del futuro, ma dell'avvenire. Passato e futuro sono banditi. La memoria in un attimo ti richiama alle origini e all'avvenire. Il tempo esteriore, meccanico nel suo svolgersi, scompare.
La nascita mediante "il volo" accade fuori dal tempo. Il bambino non viene al mondo, ma è il mondo che gli viene incontro con le sue meraviglie.

Il mare dall'alto è ambientato nella tua Calabria. Colpisce l'amore con il quale descrivi gli ambienti i paesaggi...
Non poteva essere altrimenti: Il mare dall'alto è quello di Tropea col suo inimitabile celeste e i suoi tramonti struggenti, visto dall'alto della rocca nella cornice dello storico scoglio su cui sorge il santuario dell'Isola.
Un mare che ascolta e parla al fanciullo; e così l'Isola che sorride e si compiace, e il glicine e il gelsomino che inebriano nelle notti d'estate. Il paesaggio è animato e partecipe : così appare agli occhi del bambino. Le stagioni non si avvicendano, ma gli ruotano attorno, cantando. Il paesaggio non è "sfondo", ma elemento corale attivo e partecipe delle vicende umane. Il movimento, non il tempo è il motore del mondo.
Questo consente al fanciullo di costruire il suo mondo affettivo e morale radicandolo nella bellezza e nella curiosità. Il paesaggio, al pari della realtà umana che lo circonda è protagonista nel romanzo. La bellezza poi, ed il sentimento del rispetto sono gli artefici che affinano la sensibilità e l'immaginazione.
Dunque si può dire che la narrazione nasce da un intento pedagogico...
Solo in parte. Se questo si avverte, non mi dispiace. Ma in verità non risponde ad una mia consapevole motivazione.
Ci presenti indimenticabili personaggi. A quali ti senti più legato...
Credimi mi è impossibile scegliere. Li ho amati tutti e cotinuo ad amarli. Avrei potuto cavarmermela rispondendo: i miei genitori. Ma non è cosi. Rosa, Don Camelo, Tubiolo, Don Ferdinando, Vicente, il barone Filardi, donna Ida, ed ancora: Levapisci, 'Ngabbia, la dolce Sabea...
sono esistenze che vivono nel tabernacolo della mia memoria, e se mi è cosentito azzardare, sono la sorgente stessa della mia poesia.
Uomini donne fanciulli realmente esistiti, di differente ceto e cultura, ma che si riconoscono nel sentimento di una comunità del lavoro e del rispetto. E' questa la mia Calabria

Mi puoi indicare gli "ingredienti" del tuo stile narrativo, a mio dire così personale e accattivante?.
Ti ringrazio; è presto detto: la misura del gesto e la pregnanza significativa della parola.
Aggiungi un pizzico d'ironia ed eccoti la ricetta. Il tutto condito dalla suggestione di grandi maestri del passato.

A quando dunque un nuovo libro!
A presto mi auguro: è già in cantiere.

(Gen. 2010)

 Multa a Mediolanum per conto Freedom



(MilanoFinanza/26gen/pag.16) La banca 'costruita attorno a te' da Ennio Doris finisce nel mirino dell'Antitrast per colpa di una serie di spot e di campagne pubblicitarie, relative al conto corrente Freedom, giudicati ingannevoli nei confronti dei risparmiatori.
Così, l'autorità presieduta da Antonio Catricalà, dopo una lunga indagine avviata tra il marzo e l'aprile scorso, ha evidenziato comportamenti irregolari nella comunicazione relativa al prodotto finanziario e ha sanzionato Banca Mediolanum per 200 mila euro.
Una decisione contro la quale, con ogni probabilità, l'istituto milanese farà ricorso al Tar, rilevando come nessun cliente sia stato danneggiato dalla pubblicità, in quanto ha ricevuto un'informazione completa da parte dei promotori del gruppo al momento dell'effettiva apertura del conto corrente.
Secondo l'Antitrust, 'la gravità della violazione' degli spot che promuovevano il conto corrente Freedom e la polizza vita Mediolanum Plus (andati in onda sulla Rai e trasmessi anche sui siti internet www.bancamediolanum.it e www.mediolanumvita.it), va riscontrata 'nell'ampiezza e nella capacità di penetrazione del messaggio che, in ragione della modalità di diffusione, è suscettibile di aver raggiunto un numero molto ampio di consumatori'.

Continua...

(Gen. 2010)

2^ Divisione. Vibonese vigile sul mercato. Niente di nuovo, almeno per il momento. Già questo pomeriggio potrebbero registrarsi sostanziali novità sia in entrata che in uscita
Il difensore Andrea Scrugli (ilquotidianoweb.it/28gen) La società di Via Piazza d’Armi resta vigile sul mercato. Intanto è arrivato a Vibo il difensore ex Potenza e Casertana, Salvatore Vallefuoco, classe 1984, cresciuto nella Primavera del Bari. Vallefuoco è reduce da una esperienza con la maglia del Pisticci (serie D, giro ne H) e si è aggregato al resto del la squadra per un breve periodo di prova.
Sebbene nei giorni scorsi, invece, fosse stato accostato alla Sangiovannese, potrebbe rima nere almeno fino al termine della stagione l’attaccante Sperandeo, che poco spazio ha trovato nell’ultimo periodo. Resta da valutare, invece, la posizione di Scrugli. Lanciato titolare da Galfano in questa stagione, il giovanissimo terzino originario di Tropea ha catalizzato su di sé le attenzioni di molti club.
Nelle settimane scorse si parlava di un interessamento di qualche squadra di A. Improvvisamente è spuntato il nome di una società veneta di serie B, pronta a mettere le mani sul calciatore, così come altri due club di Prima divisione. Insomma, Scrugli potrebbe esse re sul punto di compiere un gran volo e si profila una sua cessione, anche se non è escluso che il calciatore possa rimanere a Vibo almeno fino al termine della stagione.





(29gen) Il Benevento ha messo così le mani su Scrugli. Assieme al giovane terzino originario di Tropea, cresciuto nel settore giovanile della Vibonese, partirà per la Campania anche il giovane Saturno (classe ’92).
In compenso, arriva in squadra il difensore della Berretti del Benevento Danilo Piroli, che la società del Sannio manderà a Vibo Valentia per farsi le ossa.
Salvatore Vallefuoco, da qualche giorno a Vibo Valentia per un breve periodo di prova, pare stia convincendo lo staff tecnico rossoblu. Il centrale difensivo ventiseienne, ex Potenza e Casertana e reduce da una esperienza con la maglia del Pisticci (serie D, girone H), potrebbe essere, dunque, il nuovo acquisto della Vibonese.
Intanto la squadra si è allenata ieri mattina sulla parte tecnica-tattica. Ancora assenti Riccobono e Biava mentre con il resto del gruppo ha inizito a lavorare il lungodegente Pascuccio. Escluso, però, un suo recupero per la gara di domenica prossima, che vedrà i rossoblu impegnati in casa contro l’Igea Virtus dell’ex Mauro Zampollini.

(Gen. 2010)

Io, Mammeta e Tu la politica in famiglia

Tropea

(Antonello Caporale x larepubblica.it/piccolaitalia/28gen) IO, mammeta e tu. Ogni cosa al suo posto e ogni ramo dell'albero genealogico reinnestato al fusto, perché si onori la memoria. "Torno, la storia ci ha dato ragione" dice Angelo Gava, figlio di Antonio che Francesco Cossiga già definì "boss figlio di boss": sette volte ministro, arrestato, condannato e poi assolto in Cassazione per associazione mafiosa e nipote di Silvio, tredici volte ministro. Angelo vuol divenire consigliere regionale della Campania, il Popolo della libertà lo ospita e con riguardo in lista. In effetti anche la signora Flora, consorte di Armando De Rosa, ex assessore regionale e grande accusatore di Gava, è ai nastri di partenza nello stesso schieramento.
Adesso che le cronache narrano dell'ampliamento alla famiglia delle leggi ad personam, la famiglia, appunto, corre avanti e intercetta i posti in prima fila della prossima tornata elettorale. Al nord ancora non si sa, ma al sud è tutto ben apparecchiato. In Campania, per esempio, un tentativo lo farebbe (lo farà) Giovanni, figlio di Carmine Mensorio, ex senatore, Ettore, figlio di Ortensio Zecchino, ex ministro, Simone, figlio di Antonio Valiante, attuale vicepresidente della Giunta. Ah, dimenticavamo i coniugi Mastella. Sia lui ("sarò capolista a Napoli") che lei ("sarà candidata a Benevento") di nuovo in campo. Vicini e felici.
L'Italia è lunga ma federale. E a casa propria ciascuno fa come vuole. A Bologna, per esempio, il sindaco si dimette per l'annuncio a suo carico di un'inchiesta per peculato. Il Pd ha applaudito: ben fatto! A Napoli il Pd apre alle primarie. In lizza Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno, che ha però sul groppone non una ma due inchieste (concussione) e una domanda di arresto che l'aula di Montecitorio, al tempo in cui il candidato era deputato, negò ai giudici.
Federalismo, regionalismo. Cioè, ripetiamo: ognuno padrone a casa propria. Il ministro Calderoli da Milano annuncia il taglio delle poltrone. Nulla di grave, intendiamoci: neanche una seggiola è stata segata. In Calabria invece l'aumento delle poltrone è cosa fatta. Il nuovo statuto introduce la fantastica figura del consigliere regionale supplente. Come a scuola il supplente entra in classe quando il titolare s'ammala, così a Reggio Calabria, sede del consiglio, undici politici saranno collocati nella funzione di precari ex lege. Entreranno in carica, appena la legge elettorale regionale formalizzerà l'innovazione, quando i rispettivi colleghi verranno chiamati al governo in un posto da assessore. Torneranno cenere se il titolare dovesse dimettersi o venire sostituito.
Il federalismo propone sempre formule variabili. Il governo nazionale è impegnato nella guerra alla criminalità e alle forme più diffuse di corruzione. Oggi, manco a dirlo, l'esecutivo si riunisce proprio a Reggio Calabria, per dar prova di carattere e sancire il punto esatto dove lo Stato non indietreggia. A Tropea, la città più nota della costa calabra, sotto lo schiaffo della 'ndrina dei Mancuso di Vibo Valentia, nelle scorse settimane hanno chiesto ad Angela Napoli, deputata anticosche, eletta con Alleanza nazionale, di rendersi disponibile alla carica di sindaco. "Tropea è la vetrina della Calabria e io ho detto di sì, mi è sembrato giusto". Infatti sembrava giusto a tutti. Poi però il suo schieramento non se l'è sentita di stressare la signora, già impegnatissima alla Camera. Per la perla calabrese ha scelto l'esperienza del signor Gaetano Vallone, due mandati da sindaco e ottant'anni sulle spalle...

(Gen. 2010)

'Gasperina e dintorni - Storia Arte Natura' di Mario Voci
Copertina del libro 'Gasperina e dintorni' di Mario Voci (Leonardo Iozzi) Il saggio "Gasperina e dintorni: Storia, Arte, Natura" è sicuramente un'indagine ampia, complessa, articolata e profonda effettuata dallo studioso calabrese Mario Voci.
Gasperina è un comune della provincia di Catanzaro e conta circa tremila abitanti. Le prime notizie risalgono al periodo normanno ed esattemente al tempo del Gran Conte Ruggero d'Altavilla, fratello minore del Guiscardo. Il territorio di Gasparina, unitamente ai casali di Mentabri, Arunco, Olviano, è stato, come Cetraro e Fella, un possedimento ecclesiastico e dipendeva dall'abate del convento di Santo Stefano de Nemore o del Bosco.
Durante il regno di Federico II , si sono avute molte liti tra gli uomini dei citati casali e il monastero di Santo Stefano. Nella questione intervenne l'Imperatore che mandò sul luogo un giustiziere per esaminare le false lettere prodotte contro la Curia dell'abate, che invece sosteneva di avere il possesso di quelle terre per concessione del Gran Conte Ruggiero.
Alcuni documenti relativi alla storia di Gasparina si trovano nella "Historia diplomatica di Friderici secundi" (Huillard-Breholles), ma sono stati pubblicati per la prima volta da Macciucca e da Tromby.
Nel periodo aragonese, l'università di Gasparrina (Gasperina), formata di pochi fuochi, per la tassa sul "sale di settembre" pagava agli agenti della monarchia 13 ducati, tarì uno e grana dieci, mentre come tassazione generale pagava annualmente alla Camera della Sommaria ducati XXXII.
Il lavoro di Voci, frutto di lunghi anni di scrupolose ricerche, ha visto la luce di recente, nel luglio 2009, per i tipi della Casa Editrice Qualecultura. La ricerca, che spazia con intelligenza dal campo storico a quello dell'arte, senza trascurare quello della natura, ha come teatro "Gasperina e dintorni" e proprio in questo contesto territoriale, ben definito e con caratteristiche proprie, i vari aspetti del lavoro, integrandosi e fondendosi armoniosamente, trovano unità e valenza storica.
La monografia ha alla base un grande amore verso il luogo natio e la propria gente e bene hanno fatto Mario Panarello e Marialetizia Buonfiglio ad evidenziare, nella Prefazione e nella Postfazione, la sensibilità dell'Autore del libro verso il passato della propria terra.
Il lavoro, in modo palese, testimonia lo stretto legame tra Voci e il suo paese, nonché la grande passione che ha portato lo scrittore a conoscere meglio i luoghi e la gente di Gasperina, dove è nato ed ha vissuto l'adolescenza e la prima giovinezza. In ogni pagina del robusto libro traspare la forza animatrice della passione che assume le caratteristiche dell'entusiasmo man mano che la ricerca avanza.
Le fonti archivistiche e bibliografiche citate sono copiose ed usate dallo storico con estrema correttezza. Inoltre, l'opera è arricchita di notizie provenienti dalla tradizione orale che la gente di Gasperina non ha esitato a mettere a disposizione dell'Autore.
Tutto questo, oltre a dare attendibilità al discorso, fa apparire il Voci come uno scrittore maturo, serio, scrupoloso.
Lo storico di Gasperina, benché esordiente, mostra di possedere un'ottima metodologia, cosa che potranno verificare coloro che, visitando quei luoghi, terranno sotto gli occhi le pagine di detto libro corredato di interessanti cartine topografiche e fotografie. Il progetto grafico, impaginazione ed elaborazione immagini sono stati curati da Elisabetta Catrambone.
Il libro inizia con una descrizione particolareggiata della chiesa della Madonna dei Termini, luogo sacro sorto probabilmente al tempo dei Normanni, anche se le prime sicure notizie risalgono al secolo XVI. Lo studioso, citando le fonti storiche, prosegue il suo racconto, illustrando, con dovizia di particolari, la nascita del rione "Pateda" e della chiesa di S. Nicola.
Il capitolo terzo contiene notizie sulla chiesa di Santa Caterina, tempio sacro, già esistente nel secolo XVI e di pertinenza dei certosini di Santo Stefano del Bosco.
Altra chiesa esaminata con competenza da Mario Voci è quella di S. Nicola Vescovo, anch'essa in passato dipendente dagli stessi certosini.
Lo studioso di Gasperina mostra grande padronanza ed esperienza nel campo dell'arte. Interessanti sono le descrizioni dell'esterno e dell'interno delle varie chiese e dell'oggettistica sacra. Grazie al Voci, parlano le statue, le lapidi, le campane, le antiche fortezze, i ruderi, i reperti archeologici.
Egli dedica grande attenzione all'antica strada che da Gasperina conduceva a Montauro, passando da Brisi e dalla Grangia di Sant'Anna. Inoltre, si sofferma sull'importanza di quest'arteria viaria che collegava la zona collinare al mare attraverso la valle dei mulini ad acqua. Apprendiamo che due di detti mulini vengono menzionati nel Cinquecento e forse erano sorti nel Medioevo. Attingendo al Tromby e al Calabretta, il Voci fornisce i nomi dei 112 prigionieri fatti da Ruggero d'Altavilla durante l'assedio di Capua e poi donati al monaco Bruno nel 1098. Si parla anche della vessata questione se il toponimo "Runci" è legato al popolo campano degli Aurunci.
Si deve leggere il libro per afferrarne tutto il valore. I temi sono tanti e non mancano notizie sulla flora, con particolare riferimento alle varietà dell'ulivo, della vite, del sughero. Vi sono accenni alla fauna locale.
Il libro è una miniera di notizie e l'autore, intuendone oggettivamente il valore, ci ha confidato che esso "ha coronato un suo sogno".

L'Autore

Mario Voci nasce nel 1946 a Gasperina (CZ), centro della costa ionica tra Squillace e Soverato. Conseguito il diploma di perito industriale a Catanzaro si trasferisce per un breve periodo a Milano, poi l'amore per la propria terra lo spinge a ritornare in Calabria, dove vive, a Vibo Marina, con la moglie e con l'unico figlio. Dopo la mezza età si appassiona alla storia dei luoghi e partecipa, assieme ad altri cultori e studiosi, a convegni e a tavole rotonde inerenti sia alla sfera dei passati possedimenti della Certosa di Calabria, che a quelli afferenti all'orizzonte benedettino della regione, con ricerche che sono all'origine di questa sua prima pubblicazione.

Scheda del libro

Titolo: Gasperina e dintorni - Storia Arte Natura
Autore: Mario Voci
Editore: Qualecultura Vibo Valentia
Genere: Storia patria
Anno: 2009
Lingua: italiano
Pag.: 265
Prezzo: € 15,00, nelle librerie oppure contattare l'autore mariovoci@libero.it

(Gen. 2010)

Capitaneria di porto, "sentinella" del mare. Individuati relitti, sequestrati alcune strutture, 5 km di spadare e 48 tonnellate di tonni
Spadara (Lino Fresca x Gazzettadelsud.it) Tutela ambientale, controllo del demanio marittimo, vigilanza sulle risorse ittiche e sicurezza in mare e sulle spiagge. Questi i settori su cui la Capitaneria di porto di Vibo Marina ha concentrato la sua attività operativa lo scorso anno. Un'attività intensa che le ha consentito di centrare importanti obiettivi. Ieri mattina, il comandante Luigi Piccioli, nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Vibo Marina, ha illustrato i risultati conseguiti dai suoi uomini vigilando nel tratto di mare compreso tra i comuni di Nicotera e Maratea. Tra le attività di maggiore rilievo, l'alto ufficiale, ha evidenziato quella relativa al censimento delle navi affondate nelle acque della Calabria. I relitti individuati sono stati 45 dei quali più della metà affondati durante la seconda guerra mondiale. Per il momento, non è stata rinvenuta alcuna nave dei veleni. «Questo – ha affermato il comandate Piccioli – ha portato una certa serenità tra i pescatori calabresi che per circa sei mesi hanno fatto letteralmente la fame». Le indagini hanno visto il coinvolgimento del Reparto ambiente marino ed il Nucleo speciale Nsi del comando generale delle Capitanerie di porto.
La Guardia costiera ha usato il pugno di ferro soprattutto nella tutela dell'ambiente. I controlli a mare e sulla terra ferma hanno permesso di rilevare numerose fonti di inquinamento; effettuare la mappatura e la verifica delle condotte fognarie marine e della depurazione; monitorare le foci dei fiumi e dei relativi corsi d'acqua. In particolare il sequestro del porticciolo di Gizzeria Lido e le operazioni "Terme Luigiane", "Porticciolo San Lucido", "Fiume Mesima" e "Fiume Oliva", hanno disinnescato vere e proprie bombe ecologiche che avrebbero potuto compromettere l'ecosistema marino già fortemente malato nei comuni di Nicotera e Gizzeria Lido. Il comandante Piccioli, soffermandosi sul fiume Mesima, l'ha definito «una cloaca a cielo aperto». La causa del forte inquinamento sono gli scarichi fognari della stragrande maggioranza dei comuni vibonesi che sono tenuti sotto stretta sorveglianza dalla Procura della Repubblica di Vibo Valentia.
Sulla tutela delle risorse ittiche, la Capitaneria di porto, ha saputo contrastare efficacemente la pesca illegale che rischia di impoverire, ancora di più, il mare calabrese. A tal proposito sono stati sequestrati 5 chilometri di rete illegale a Tropea e 48 tonnellate di tonni nei porti di Cetraro e Vibo Marina. La vendita all'asta di questo pescato ha portato nelle casse dello Stato 120mila euro.
Anche i numeri dei controlli in mare e sulle spiagge sono di tutto rispetto. Le missioni sono state 423 di cui 48 per assistenza a mare e 375 per polizia marittima. I soccorsi, invece, 139. Quelli a persone 101, mentre 38 a mezzi navali. Ventuno sono stati i sequestri di stabilimenti balneari e natanti. Sul fronte repressivo le sanzioni amministrative sono state 293: 50 per unità sotto costa, 26 per acquascooter, 10 per assenza di bagnino, 65 per stabilimenti balneari, e 142 per altre violazioni.


(Gen. 2010)

'E' tempo di cambiare' di Fernando Muraca

"

(L'altro cinema) Una famiglia palermitana è costretta a fuggire dalla Sicilia per nascondersi a Tropea perché Gennaro, il capo famiglia, è obbligato dal boss suo protettore a uccidere un uomo.Gennaro che è tornato a delinquere per procurarsi i soldi necessari a curare sua moglie affetta da una malattia rara, non ha mai ucciso nessuno e, con l’appoggio della sua sposa, Lucia, scappa in vista della Calabria dove un amico lo nasconderà. Si trascina dietro anche il figlio adolescente Mattia. Il ragazzo che ha 17 anni non vorrebbe staccasi dalla realtà in cui è nato ma il padre gli confessa la verità e la loro vita ricomincia…
Ma a Tropea cadono come si dice, “dalla padella nella brace” perché Mattia s’innamora di Sara (17 anni), una magnetica ragazza Calabrese che però la mala sorte vuole sia figlia di un boss. La storia presto diventa una sorta di Giulietta e Romeo del sud. Di questo sud di oggi tormentato dai poteri dell’antistato e dalla violenza.
Sara è dotata di una lucidità sconvolgente per la sua giovane età. Nonostante sia cresciuta in un certo ambiente che ha fatto della violenza e del sopruso il seme per piantare privilegi e onore ha coltivato dentro di sé un senso del bene e del male autentico. Non tarderà ad entrare apertamente in contrasto col padre e a prenderne le distanze.
La storia dei due ragazzi dilata il tempo e lo spazio umano del film e li trascende. Sara si trasforma in una precoce icona di cambiamento, una sorgente di luce che muove le cose. Il prezzo di questa coraggiosa lotta di riscatto non tarda ad arrivare, fino a far scorrere prima l’umiliazione e poi il sangue sul viso degli innocenti…
La scena finale del lungometraggio che in modo inconsueto per un film di mafia non racconta la morte di un eroe positivo ma quella di un boss (il padre di Sara) rappresenta la sintesi ideale dei temi espressi da questa opera cinematografica.
In Calabria e in altre regioni del sud è in corso una vera e propria guerra civile. Da questo tipo di conflitti non si esce con la sola repressione ce lo racconta tutta la storia umana. Le guerre civili finiscono bene con l’affermarsi di valori positivi che trionfano oltre la barbarie e che possono essere condivisi da tutti, anche dai vinti e dai “cattivi” di turno.
Non si nasce cattivi e basta, come se l’entrata nel mondo fosse predestinata. Le scelte della vita sono condizionate dal contesto culturale e civile nel quale siamo accolti. Se nessuno spera un cambiamento verso il positivo anche di chi è nell’errore non c’è prospettiva di resurrezione per i popoli che vivono una crisi come quella in atto nei confini calabresi.
Questo significa che la meritoria e necessaria opera delle forze dell’ordine e della magistratura non è sufficiente. Occorre innescare processi culturali profondi che richiedono tempi lunghi e impegno di uomini e donne della società civile, della politica, dell’associazionismo.
Da tutte queste considerazioni emerge coraggiosamente la parola perdono. Una parola difficile da concedere ai boia e agli assassini di professione. Eppure essa è contemplata nei Vangeli e nei Principi Costituzionali che pretendono le istanze rieducative anche nelle istituzioni penitenziarie.
I cristiani non perdonano perché hanno paura di combattere ma perché sanno che nel Vangelo di S. Luca è scritto che “il regno di Dio è nel cuore dell’uomo” . Non di un solo uomo o di un gruppo di uomini ma di tutti gli uomini. Sono queste le parole che Chaplin mette in bocca al suo protagonista nel film “Il grande dittatore”. In quel lungometraggio mentre un dittatore e i suoi aguzzini inondano di violenza il mondo per dominarlo, un piccolo uomo con l’ausilio della radio lancia al mondo un messaggio di pace e di speranza e dice: “guarda in alto Anna l’animo umano prima o poi troverà le sue ali…”
Per questo anche Sara dipinta poeticamente dalle immagini del film E’ tempo di cambiare su una scogliera mentre il mare è in tempesta, piangendo, ha il coraggio di implorare davanti a tutti una via di uscita. Lo fa con autorità e gentilezza come si addice a chi ha pagato il prezzo della propria speranza.

SCHEDA DEL FILM

Titolo: E' tempo di cambiare
Durata: 85' c.ca
Regia: Fernando Muraca
Fotografia: Massimo Lupi
Sceneggiatura: Sauro Roma e F.Muraca
Musiche: Enrico Sabena
Scenografia: Enzo Gagliardi
Costumi: Angela Capuano
Produzione: Assonoré Calabria Film (Lamezia Terme)
Budget: 130.000 euro
Interpreti Principali:
Alfredo Libassi (GENNARO), Annalisa Insardà (LUCIA), Ilaria Serrato (SARA), Tommaso Perri (MATTIA), Salvatore Pettinato (MICHELE), Franco Vescio (BOSS DI TROPEA), Orlando Schiamone (LUCA)
Partecipazioni a Festival:
Fiuggi Family Festival 2008
Tropea Film Festival 2008 (Vincitore premio Migliore Attrice)

Guarda il Trailer

Intervista a Fernando Muraca

(Gen. 2010)

'Nonostante i miei genitori' di Rossella Arena
Copertina del libro 'Nonostante i miei genitori' di Rossella Arena (S. L.) Spesso si afferma che non dobbiamo sempre attribuire le nostre infelicità ai genitori, ed è verissimo, ma purtroppo non basta dirlo. La società ad un certo punto ci impone di diventare adulti, di abbandonare il nido, di trovare un lavoro e magari l’anima gemella. Ma cresciamo veramente? O ci portiamo dentro le voci genitoriali e soprattutto la nostra voce, quella dei bambini che siamo stati, senza avere più la possibilità di ascoltarla? Sono sette i protagonisti di questo libro, descritti con straordinaria semplicità dalla giovanissima scrittrice Rossella Arena. Con uno stile unico, libero, forse un po’ anarchico, l’autrice ci racconta sia la vita ordinaria, sia i sogni e le emozioni più nascoste dei suoi personaggi. Incontriamo così Madreperla, universitaria in declino: ha sconfitto l’anoressia, ma non la finzione, arma di sopravvivenza e di conquista dell’’amore’. L’outing della sua vera personalità arriva tramite una lettera ai genitori. Mélò, trentanove anni, violinista operaio, divorziato, compagno di Madreperla: ha un doppio cattivo, che una notte urlerà al suo posto a casa dei genitori. Gra, il tipico bravo ragazzo, che non ha mai avuto esperienze sessuali e sentimentali. Bianca, la madre di Madreperla. Non Vogliamo Paci, diciassette anni, una sarcastica amica “immaginaria” e un fidanzato; apparentemente è un po’ impacciato, ma libero e maturo. A dispetto della madre psicologa che non vuole ammettere la sua omosessualità. Ed infine Ulisse e Bacio… Un libro forte, ricco di sentimenti contrastanti, che non vuole essere un’accusa ai genitori. Anzi, tutti o quasi un giorno saremo genitori, e tutti o quasi un giorno commetteremo degli errori. Ma c’è un momento, può essere a venti, quaranta, sessant’anni, in cui ognuno di noi deciderà di imparare a diventare responsabile di sé; per arrivare ad una maggiore libertà e autenticità nel modo di amare, fare sesso, parlare, esprimersi, vivere. Nonostante i propri genitori.

DA PROLOGO IRREALE

Dormivano entrambi in una stanza buia. Da qualche giorno non mangiavano né bevevano: la loro disperazione era troppo forte. Carichi d’ira e di nero umore irrisolto, avevano deciso di lasciarsi andare. Avrebbero potuto torturarsi l’un l’altro, ma non avrebbe avuto senso. Assoluto il caos che li avvolgeva. Si sarebbero distrutti a vicenda… e non era questo che volevano. Nonostante il buio, una parte di loro amava furiosamente vivere.
Si rigiravano nel letto senza trovare una soluzione.
Una luce. Elettrica, ma pur sempre una luce.
Lei si alzò; sollevando la vestaglia lilla, si mise a volteggiare.
“Facciamo dei bambini!” e rideva. “Facciamo dei bambini!”
Lui taceva. Già sognava grandi artisti pronti a riempirlo di soldi e a ringraziarlo genuflessi di averli generati.
Ma sì, poteva aiutarla nell’impresa.
Quella notte, il materasso si mosse.
Due luci. Minuscole ma intense.
Le due ombre non l’avrebbero mai immaginato: dalla loro unione nacquero due gemelli, Amaranto e Rubina. Erano straordinari: lui, lunghi riccioli neri ed enormi occhi; lei, pelle candida e labbra rosa.
Nonostante i loro genitori.
Crescendo, i gemelli manifestarono una forte empatia ed uno smisurato interesse per il bello e per l’arte, unito ad una incomparabile facilità nell’apprendere. Si volevano così bene da suscitare spesso una profonda invidia. Erano capaci di tenersi per mano e restare ore, seduti, solo scambiandosi dolcezza attraverso gli occhi.
Ognuna delle due ombre aveva il suo ‘prediletto’, che tiranneggiava con cura per educarlo alla completa obbedienza; ma non ce ne sarebbe stato bisogno: i piccoli erano così attenti che davano immediatamente agli altri ciò di cui necessitavano. Sarebbero stati una gioia per qualunque essere umano avesse incrociato la loro strada, ma per le due ombre no. Loro volevano che i gemelli fossero tristi; e invece non lo erano. Nonostante le privazioni e la mancanza di cure da parte dei genitori, Amaranto e Rubina erano un’infinita sorgente d’amore. Questo non andava bene: dovevano piangere, disperarsi come facevano loro, e al posto loro. Altrimenti perché li avrebbero generati?
Scoprirono presto come farli soffrire: era sufficiente dividerli.
I fratelli, solitamente prìncipi dell’ubbidienza, questa volta puntarono quattro occhi terrorizzati sulle ombre e, presisi per mano, si prepararono alla fuga. Via!
Fu inutile.
Dopo qualche metro furono riacciuffati.
E il loro canto d’amore si divise per anni in due urla strazianti.


L’AUTRICE

Rossella Arena è nata a Tropea nel 1983. Dal 2001 vive a Perugia dove, dopo la laurea in Lettere Classiche, si sta specializzando in Filologia dell’Antichità. Ha collaborato come web-content con portali quali Studenti.it e Sieropositivo.it. In qualità di blogger ha partecipato alla raccolta Un post in 10 righe (Lontra edizioni, 2005). Sue poesie sono state pubblicate nelle antologie Io scrivo - Poesia (Giulio Perrone Editore, 2006 – 2007).
Nel 2007 ha pubblicato con la casa editrice Alcyone il suo primo romanzo, Nonostante i miei genitori. All'interno dell'antologia Bloggirls (Mondadori, 2009), curata dal poeta Mario Benedetti, compare il suo racconto "Galleggiare".

SCHEDA DEL LIBRO

Titolo: Nonostante i miei genitori
Autore: Rossella Arena
Genere: Racconto
Editore: Alcyone Editrice
Collana: Tamburi
Anno: 2007
Lingua: italiano
Pag.: 144
Prezzo: € 10,00

Nonostante i miei genitori

myspace,com/rossellaarena

Intervista a Rossella Arena

Acquisto on line del libro

(Feb. 2010)

La riscoperta dell'opera di Lorenzo Calogero. Partono le celebrazioni dell’anno calogeriano. On-line il nuovo sito
Lorenzo Calogero a Milano (S. L.) Lorenzo Calogero nell’anno del centenario della nascita (2010) e nel cinquantenario della morte (2011) verrà ricordato, omaggiato e riscoperto come uno dei più grandi poeti lirici del ‘900.
Negli anni ’80 Carmelo Bene, dopo la memorabile “Lectura Dantis” dalla torre degli Asinelli a Bologna, espresse il desiderio di dedicare un recital “al più grande poeta italiano del 900”. Quasi nessuno dei presenti ravvisò Lorenzo Calogero in tale definizione. Ungaretti di lui ha affermato: “Lorenzo Calogero, con la sua poesia, ci ha diminuiti tutti”. Anche se presente nelle migliori antologie, le sue opere rimangono introvabili in libreria. Nonostante il caso internazionale scoppiato a seguito della pubblicazione nel 1962 di “Opere Poetiche”, nella collana "Poeti europei", a cura di Roberto Lerici e Giuseppe Tedeschi, a parte sporadiche iniziative, di Lorenzo Calogero si torna a parlare solo ora.
Un convegno internazionale sta per svolgersi presso l’Università della Calabria, in programma dal 4 al 6 febbraio prossimo, preceduto l' 1 febbraio da una presentazione a Melicuccà, paese natio del poeta. L'iniziativa giunge al termine di un primo ciclo di catalogazione dei suoi 800 quaderni manoscritti ancora in gran parte inediti, a cui Arianna Lamanna, membro del Gruppo Sperimentale Villanuccia, partecipa come relatrice.
Il sito web www.lorenzocalogero.it rende disponibile una selezione delle sue liriche e dei suoi scritti a tutti coloro che attendono la pubblicazione dell’opera omnia. E' il risultato della ricerca del Gruppo Sperimentale Villanuccia che da dieci anni studia l’opera e la vicenda di Lorenzo Calogero, dedicandogli il "Progetto Calogero", con cui ha già realizzato diversi interventi artistici. Con questo sito mette a disposizione i risultati di tale studio e della collaborazione dei familiari eredi Calogero e dei tanti studiosi che hanno sentito la necessità di riportare Lorenzo Calogero al grande pubblico, con materiali introvabili in stampa, contributi critici, fotografie, interviste e traduzioni in inglese, francese e tedesco.
La nuova versione arriva dopo quella del 2004, che, lanciata insieme ad una mostra nella casa del poeta a Melicuccà, ha raggiunto 10.600 visite e ha prodotto interessanti collaborazioni come quella con Nuovi Argomenti, che su desiderio di Enzo Siciliano ha voluto pubblicare una serie di inediti di Lorenzo Calogero.
Con “Progetto Calogero”, per la direzione artistica di Nino Cannatà, Villanuccia propone un’esperienza della poesia calogeriana attraverso i linguaggi dell’arte e i mezzi della multimedialità. Recente iniziativa è la pubblicazione sul web della rivista on-line “Quaderni di Villanuccia”: ogni numero presenta un frammento scelto dall’opera calogeriana accompagnato da un’immagine e una musica originali per un totale di 51 edizioni ad uscita settimanale.
Con l'elegante progetto grafico, e il logotipo pensato per il centenario, il sito offre uno spazio in continuo aggiornamento, uno strumento aperto ad ogni contributo che voglia arricchire questa complessa e affascinante avventura: la riscoperta e la diffusione del mondo calogeriano.



www.lorenzocalogero.it

Quaderni di Villanuccia

(Feb. 2010)

La Provincia di Vibo inventa 5 Circondari e moltiplica le poltrone. La decisione presa per «decentrare i servizi e gli uffici». Avranno presidente, vice e consiglieri. Con rimborsi
Tropea (Sergio Rizzo x corriere.it/3feb) Il 6 marzo la Provincia di Vibo Valentia compie 18 anni. E apprestandosi a conquistare la maggiore età, si è riprodotta con successo: per partenogenesi, come le alghe dello splendido mare calabrese. Da un solo ente sono così nate altre cinque piccole Province, chiamate Circondari. Ciascuna con presidente, vicepresidente, e relativo consiglio circondariale.
Sull’abolizione delle Province, promessa in campagna elettorale, è stata messa una pietra sopra. Come pure sui consorzi di bonifica, i tribunali delle acque, i commissariati per gli usi civici, i bacini imbriferi montani... Che però, dopo aver tagliato i tagli, almeno non si creassero nuovi enti, era davvero il minimo. Evidentemente non in quel pezzo di Calabria che nel 1992 è stato sottratto per legge alla Provincia di Catanzaro e reso autonomo. Il 30 dicembre 2009, mentre si preparavano i botti di Capodanno, il consiglio provinciale di Vibo Valentia ha pensato bene di approvare un regolamento che suddivide il territorio della Provincia in cinque Circondari. Che cosa sono? Enti intermedi fra le Province e i Comuni che erano stati istituiti nel 1859 dal ministro dell’Interno del Regno di Sardegna Urbano Rattazzi, per essere poi soppressi nel 1927. Nel 2000 il testo unico degli enti locali li ha tuttavia formalmente riesumati e in giro per l’Italia ne è spuntato di nuovo qualcuno. Per esempio nei dintorni di Torino, Bologna, Siena, Livorno, Forlì-Cesena, Firenze e Reggio Calabria. Ma cinque Circondari nuovi di zecca tutti insieme, in una Provincia che conta in tutto 270 mila abitanti, e poi in questo momento, a pochi mesi dalle elezioni regionali, non possono passare inosservati.
E poi, a che cosa servono? «Con il Circondario», dice il regolamento, «la Provincia attua il decentramento dei servizi e degli uffici, compatibilmente con le concrete esigenze di gestione, mediante l’istituzione di propri uffici decentrati e funzionali ». Insomma, un decentramento del decentramento. Che comporterà l’apertura di altre strutture provinciali nei «capoluoghi di Circondario ». Perché ognuno di questi nuovi enti intermedi avrà anche un capoluogo, coincidente con il comune più popoloso, a meno che i sindaci della zona non decidano diversamente. Il capoluogo del Circondario di Tropea non potrà che essere Tropea, 6.836 abitanti. Quello di Serra San Bruno, Serra San Bruno: 7.068 residenti, un record. Quello di Nicotera, Nicotera: 6.778 persone. Quello dell’Alto Mesima, Acquaro: che di anime ne ha appena 3.046. Mentre la scelta del capoluogo del Circondario di Filadelfia cadrà senza alcun dubbio su Filadelfia. Comune di 6.283 abitanti dove c’è un sindaco democratico ex popolare, Francesco De Nisi, che è contemporaneamente anche il presidente della giunta provinciale.
E in quanto principale esponente della maggioranza si becca la stroncatura senza appello di Giovanni Macrì, consigliere provinciale del Pdl: «Sa con quale motivazione questi nuovi enti inutili sono stati creati? Per far sentire la Provincia più vicina al cittadino in un territorio dove le strade sono disastrate, dicono. Le pare un motivo serio? I Circondari non servono assolutamente a nulla. È una ragione di poltrone e basta». Opinioni, naturalmente. Anche se qualche strapuntino, va detto, ci sarà. Ogni Circondario ha un presidente e un vicepresidente che durano in carica due anni e possono essere scelti fra i rappresentanti dei Comuni o i consiglieri provinciali. C’è poi un «consiglio circondariale » composto dagli stessi consiglieri della Provincia eletti in quel territorio nonché dai sindaci dei Comuni che ne fanno parte, oppure dai loro delegati. Non basta: c’è anche un «collegio dei presidenti dei Circondari », presieduto dal presidente della Provincia e di cui dovrebbe far parte anche il sindaco di Vibo Valentia, Francesco Sammarco. Ma è tutto gratis. Ai consiglieri, al presidente e al suo vice «non spetta alcuna indennità per l’esercizio delle proprie funzioni, né alcun gettone di presenza». Certo, se però nella loro autonomia i Comuni lo decidono, nessuno gli potrà impedire «la corresponsione, ai propri rappresentanti, di indennità di missione e/o rimborso delle spese sostenute e di quelle di viaggio». Sia chiaro, sempre «con oneri a proprio carico ». Ci mancherebbe...




(ilquotidianoweb.it/3feb) In merito alla notizia pubblicata da alcuni organi di stampa, tra cui il Corriere della Sera, con il titolo "La Provincia di Vibo inventa 5 Circondari e moltiplica le poltrone", il senatore Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione Normativa, precisa che, a riguardo, intende proporre un emendamento, in sede di conversione del disegno di legge sugli enti locali, per sopprimere i commi 1 e 2 dell’articolo 21 del Testo unico degli enti locali (Tuel), al fine di cancellare i cinque circondari istituiti dalla Provincia di Vibo Valentia (su cui a suo tempo il consigliere provinciale di minoranza, Francesco Pititto, aveva avanzato perplessità contestate dal presidente della Provincia Francesco De Nisi, contesa ampiamente trattata da "Il Quotidiano") e qualunque altra struttura analoga presente nel nostro Paese.
«Il Governo – ribadisce in proposito il ministro Calderoli – intende procedere sui tagli e lo farà fino in fondo».

(Feb. 2010)

 Lo sdegno e il rammarico di Gaetano Cipollini in una lettera del 1891 per la sua 'Simeta' mai rappresentata



Gaetano Cipollini


(S. Libertino) Nel 1882 a Monteleone usciva uno dei periodici più antichi calabresi, l''Avvenire Vibonese', settimanale politico amministrativo letterario, fondato e diretto da Eugenio Scalfari, che dopo breve interruzione nel 1889, terminava la sua interessante avventura nel 1894. Fu un'esperienza esaltante per i comuni del territorio le cui notizie, le cronache e le fitte corrispondenze fecero subito capo alla testata vibonese le cui pagine non trascuravano di riportare dallo scenario nazionale notizie e eventi sull'arte, la letteratura, la musica, riconducibili a autori calabresi.
L''Avvenire Vibonese' sicuramente diede impulso a far nascere nel territorio alcune realtà editoriali interessanti ai primi anni del Novecento come quelle di Tropea: 'Il Galluppi' settimanale dal 1903, 'Il Gazzettino di Tropea' settimanale dal 1905 e mano mano gli altri, 'L'efebo' quindicinale a carattere letterario dal 1907, la 'Calabria del popolo' quindicinale dal 1911, 'La sfinge' quindicinale a carattere letterario dal 1920, il 'Giornale di Tropea' dal 1920....
Nell'edizione del 12 dicembre 1891 il direttore Eugenio Scalfari volle pubblicare sul suo giornale commentandola una lettera del musicista tropeano Gaetano Cipollini indirizzata a Ugo Valcarenghi, direttore della rivista Cronaca d'Arte di Milano, nelle cui pagine trovò ospitalità. Lettera che esprimeva lo sdegno e il rammarico di un autore perbene a causa delle inadempienze di Casa Ricordi rispetto agli impegni contrattuali intrapresi per la rappresentazione dell'opera lirica 'Simeta'.
Gaetano Cipollini iniziò a comporre, trentenne, 'Simèta', di proporzioni faraoniche, tratta dal II Idillio "Le incantatrici" di Teocrito - come viene indicato dal librettista Antonio, suo fratello, all'inizio del testo. La soprano Maddalena Mariani Masi La celebre cantante Maddalena Mariani Masi lesse lo spartito, ne fu presa e ne volle parlare a Giulio Ricordi. Il dramma fu accolto con simpatia dagli amici scapigliati, e ne nacque spontaneamente una specie di Comitato di sostegno a favore del musicista calabrese. Corsero trattative, nacquero progetti e propositi per una messa in scena.
Casa Ricordi stipulò un accordo, nel quale si impegnava ad adoperarsi per la rappresentazione dell'opera entro un triennio e in un grande teatro. Il compositore aveva dal canto suo l'obbligo di provvedere all'allestimento, e infatti, oltre a predisporre il materiale musicale (canto e piano, partitura e parti), commissionò, nel 1887, le scene a Carlo Ferrario ed i costumi a Alfredo Edel, fedeli collaboratori ed amici di Boito. I migliori sulla piazza: Edel aveva appena finito di disegnare i figurini per Otello (libretto di Boito) ed entrambi avevano lavorato alla magistrale edizione del Don Carlos per la Scala nel 1884. Tutto era pronto e sotto la prorompente azione dei sostenitori l'opera sembrava fosse alle soglie della pubblicazione. Nel 1889 anche il libretto fu dato alle stampe, come per annunciare ormai che lo spettacolo era imminente. Ma non fu così.
Le trattative durarono sette anni, quanti ne aveva consumati il Maestro per comporre la sua opera. Di queste trattative si occupò la stampa. Uno dei più autorevoli giornali diede notizia che 'Simeta' 'è opera degna della Scala' ed un altro ancora 'Si dia pure questo anno alla Scala l'Edgar di Puccini, che non è poi tanto desiderato, ma vi sono altre opere: la Simeta ad esempio...'. Ma Ricordi andava ripetendo che l'opera era di troppo vaste proporzioni, d'impegno e di spese forti, richiedendo un imponente allestimento scenico per la presenza di grandi masse corali e la ricchezza di ballabili.
Ad un certo momento l'impresa della Scala chiese al Maestro un contributo per le spese di messa in scena: quindicimila lire. Una cifra, a quei tempi molto rilevante. Data l'impossibilità di reperire i fondi necessari, non rimase al Cipollini che assistere al fallimento del progetto. E neanche lo spartito venne stampato.
Ricordi si rifiutò di farlo, anzi restituì l'intero materiale al musicista: gliene dava facoltà una clausola del contratto, che prevedeva questa procedura in caso di mancata rappresentazione. I giornali lo vennnero a sapere e si scagliarono contro l'impresa, e di 'Simeta' dopo poco tempo non si parlò più.

La lettera di Gaetano Cipollini

Leggo nella Cronaca d'Arte di Milano, rivista mondana di arte e letteratura, la seguente lettera:
'' Caro Valcarenghi,
''Non solamente la Cronaca d'Arte, ma tutti i miei amici e conoscenti, i quali, finalmente, credevano fosse venuto il momento di vedere alla Scala la mia Simeta, mercè il potente appoggio della casa Ricordi e C., lessero invece con sorpresa nella Gazzetta Musicale che io ho già ritirato l'opera da quella casa editrice.
''Dopo ciò, ad evitare equivoche e maligne interpretazioni, reputo mio dovere far conoscere a quella parte di pubblico che alle questioni artistiche si interessa, ma ne ignora il dietroscena, quanto segue: - parecchi anni or sono, dopo aver tentato, in tutti i modi, di far rappresentare in uno dei teatri di Milano la mia opera Simeta, che già la casa Ricordi e C. conosceva, mi decisi a cederne ad essa la proprietà, convinto che il valido ausilio ed il prestigio del nome della primaria casa editrice europea fossero l'unico mezzo per schiudere le porte di quei teatri, per me sino allora irremissibilmente chiuse. La casa, alla sua volta, lietissima dell'acquisto, mi stipulò contratto, col quale si obbligava di far rappresentare l'opera nel termine di tre anni.
''Furono tre anni di continue promesse, di cortesie largamente usate, di aspettativa fiduciosa. Ma i tre anni sono infruttuosamente passati, i patti del contratto non furono mantenuti, ed io ho ritirato la mia opera, disilluso e scorato, per aver perduto un tempo per me prezioso. Adesso, dopo 16 anni che ho fatto di Milano la mia diletta patria adottiva, e che ho consacrato e sacrificato all'arte la mia giovinezza e la mia poca fortuna, non mi resta altra speranza che augurare prossima l'epoca rivendicatrice, nella quale, come disse benissimo Dario Papa nell'Italia del Popolo, i maestri possano fare a meno degli editori, mercè la provvidenziale opera ed iniziativa dei Municipi italiani, gelosi custodi dell'arte nazionale.
''Sicuro che vorrà dare ospitalità a questa mia dichiarazione nella pregevole Cronaca, ringraziando mi dichiaro
Milano, novembre 1891.
devotissimo
M. Gaetano Cipollini''.

Il commento di Eugenio Scalfari

Oltre alla Simeta i fratelli Antonio e Gaetano Cipollini, poeta quegli, maestro di musica il secondo, hanno scritto il Gennarello. Tuttavia i valorosi giovani da parecchi anni sostengono a Milano, loro patria d'adozione, per la quale non hanno mai dimenticato la nostra Calabria, una lotta gigantesca contro camorre e pregiudizi regionali che sembrano incredibili in un paese che ha tutta l'esteriorità di un paese civile. Dalla lettera riportata e da altre cose che mi son note per corrispondenza, mi vien da esclamare che è ignominioso, vergognoso, obbrobrioso quello che a Milano consumasi, perchè una casa editrice non mantenga gli impegni stipulati con legale contratto di compravendita, e perseguita con tutti i mezzi della prepotenza l'opera nostra artistica nazionale, appunto perchè ha tutte le opere del Wagner da far girare, imponendole alle Imprese, e facendole accettare, per intrigo di partito e corruzione di coscenze, dai Municipi che lautamente dotano i loro teatri.
Eppure i bravi giovani lottano, confondendo i loro nemici con la dignità e la fierezza che questa calabra terra infuse ne' loro petti, e sperano anco di vincere, perchè con loro e con quanti sono come loro vittime di cabale e d'intrighi, è il vero popolo italiano che ama e vuole il culto dell'arte propria, e che si ribella alle imposizioni straniere col non andare a' teatri, rovinando in tal guisa le Imprese.
Di fronte a questa titanica e nazionale lotta, che i fratelli Cipollini, una ad altri generosi e valorosi artisti, hanno intrapreso, noi non possiamo per molte regioni tenerci indietro, e principalmente per l'effetto che conserviamo a costoro, i quali sono ammirevole esempio di selph-elp, perchè da nulla in che erano, ora sono segno del massimo rispetto di coloro che intendono. Ei son del Monteleonese, e noi ce ne vantiamo.
In quanto al Gennarello che rappresentata con molto plauso a Milano, aspettiamo che una Compagnia melodrammatica venga a battere alle porte del nostro Vibonese, il quale non deve restar chiuso dopo tante spese e sacrifizi sostenuti per esso. L'ho detto altra volta: occorre che l'Amministrazione comunale stanzi una somma annua per il nostro Teatro; e se così sarà, è probabilissimo che il Gennarello, opera la cui azione svolgesi in Monteleone, e che fu scritta da due nostri concittadini, verrà rappresentata su queste scene. Questo sarebbe il mezzo di ricondurre, almeno per pochi giorni, i fratelli Cipollini alli amati amici.
Eugenio Scalfari

Gaetano Cipollini

Feb. 2010




COME ERAVAMO....
Lo scoglio del Convento nel maggio del 1966 era così!



Truffa ticket Eolie, 21 prosciolti
(Leonardo Orlando x gazzettadelsud/6feb) Finisce in una bolla di sapone la maxi inchiesta "Eolian Tax" della Guardia di finanza sulla truffa dei falsi ticket per l'ingresso alle isole Eolie di turisti e visitatori stampati in una tipografia di Tropea in Calabria e spacciati per veri allo scopo di truffare l'erario, danneggiando soprattutto il Comune di Lipari beneficiario finale degli introiti.
Su un totale di 25 indagati – tra armatori e comandanti di motonavi siciliane e calabresi – solo 4 persone sono state rinviate a giudizio, tre per truffa aggravata e una per minacce a pubblico ufficiale. Gli altri 21 imputati accusati di truffa aggravata in concorso ai danni dello Stato e di falso in scritture private sono stati tutti prosciolti da ogni accusa contestata "perchè il fatto non sussiste".
La decisione è stata assunta, dopo oltre un anno di schermaglie procedurali, ieri dal Gup Antonino Zappalà che aveva dato una accelerazione al procedimento. Il 25 gennaio del prossimo anno dovranno comparire dinanzi al giudice monocratico di Lipari: Vincenzo Accoranti 48 anni, Francesco Zungri 49 anni e Filippo Niglia 49 anni, tutti di Briatico. Dovrà essere invece citato direttamente a giudizio dalla Procura – così come ha stabilito il giudice – Costantino Comerci 47 anni, anche lui di Briatico, prosciolto dall'accusa di truffa e che dovrà invece rispondere con citazione diretta del reato di minacce a pubblico ufficiale.
Non luogo a procedere e conseguente proscioglimento invece per gli altri 21 indagati che sono: Salvatore Taranto 47 anni, Francesco Salamone 48 anni, Davide Taranto 33 anni, tutti di Milazzo; Bartolo Taranto 57 anni di Leni, Maurizio Sciacchitano 42 anni, Domenico Giardina 26 anni, Angelo Beninati 28 anni, tutti di Lipari, Luigi Antonio Genovese 46 anni, Mariano Genovese 41 anni, entrambi di Falcone; Costantino Paviolo 50 anni di Brolo, Samuele Giardina 38 anni di Gioiosa Marea; Giovanni Frisone 37 anni contrada Acqualadroni Messina; Mirco Savadori 31 anni di Cervia, prov. di Ravenna.
Del gruppo degli indagati calabresi prosciolti fanno parte: Antonio Comerci 55 anni, di Briatico; Pasquale Vallone 55, Severino Serrao 62 anni, Gregorio Pisano 31 anni, tutti di Pizzo Calabro, Salvatore La Rosa 49 anni di Tropea, Antonio Sposaro 52 anni di Amantea, Vincenzo Barresi 33 anni di Villa San Giovanni, Giovanbattista Foderaro 73 anni di Lamezia Terme.
Il Comune di Lipari, con il sindaco Mariano Bruno, Commissario straordinario per l'emergenza Eolie, si è costituito parte civile con l'avv. Giuseppe Di Pietro. Il collegio di difesa è strato composto dagli avv. Giuseppe Lo Presti, Fabrizio Formica, Piero Emanuele, Giovanni Randazzo, Diego Lanza, Anna Maria Abbate, Massimo Pugliese, Letterio Arena, Antonella Privitera, Ester Arena, Franco Pizzuto, Giuseppe Bagnato, Giacomo Franzoni, Giuseppe Zanghì.
L'inchiesta della Finanza aveva evidenziato presunti raggiri messi in atto da armatori che non avrebbero versato nelle casse del Comune di Lipari il contributo di un euro fissato con decreto del Governo nazionale per ogni visitatore che durante la stagione estiva sbarca come crocerista nelle isole Eolie. Dura la battaglia dei difensori che dall'inizio avevano chiesto che fosse specificato il periodo esatto in cui si sarebbero verificati gli episodi di truffa con la consegna ai croceristi dei biglietti falsi, fatto questo respinto e che alla fine hanno ottenuto i prosciolgimenti.

(Feb. 2010)

 La scomparsa di Nicola Teti, grande "editore comunista milanese" di Polia



La rivista mensile di cultura 'Il Calendario del Popolo' edita da Nicola Teti e diretta da Franco Della Peruta.
Nel numero 591 dell'ottobre 1995 ha ospitato lo scoop storico di Franco Aquilino 'La Suor Gertrude di Tropea (1662)'


(F. Vallone) Si sono svolti ieri mattina (Venerdì 12 Febbraio) presso il cimitero di Lambrate, i funerali di Nicola Teti morto improvvisamente mercoledì scorso nella sua casa di Milano all'età di 80 anni. Nato il 9 marzo 1929 a Polia, in provincia di Vibo Valentia, Nicola Teti è stato un vulcanico editore comunista, particolarmente orgoglioso di aver dato vita alla monumentale opera in venticinque volumi di taglio marxista e materialista ''La Storia della Società italiana'', che negli anni Ottanta si avvalse della migliore storiografia di quegli anni (l'opera fu diretta da Giovanni Cherubini, Franco Della Peruta, Ettore Lepore, Giorgio Mori, Mario Mazza, Giuliano Procacci, Rosario Villari).
Dal lontano 1964, anno della morte di Palmiro Togliatti, Teti era l'editore del famosissimo ''Il Calendario del Popolo'', il periodico di storia e cultura della politica nato nel 1945 ed inizialmente edito dalla sezione propaganda del Partito Comunista Italiano. Presente in tutte le case del popolo italiane e diffuso soprattutto tra i tesserati comunisti, ''Il Calendario del Popolo'' toccò una tiratura molto alta con punte, per alcuni numeri e negli anni Cinquanta, anche di centomila copie e contribuendo alla formazione culturale e politica di milioni di militanti comunisti. Nelle prossime settimane uscirà proprio il numero 750 del ''Calendario'' preparato, come di consueto, direttamente dallo stesso Nicola Teti che, ricordiamo, è stato, nel campo dell'editoria di sinistra, un vero innovatore con idee sempre inedite, originali e proiettate nel futuro.
Teti, l'editore milanese di Polia, passerà alla storia dell'editoria italiana anche per la pubblicazione e la divulgazione in Italia dei dieci volumi della "Storia Universale" dell'Accademia delle Scienze dell'URSS e per essere stato editore della prestigiosa rivista politico-teorica "Marxismo Oggi". Nicola Teti amava presentare la sua casa editrice milanese all'insegna dello slogan ''Il coraggio della coerenza''. La "musa" ispiratrice principale della Casa editrice Nicola Teti è stata Clio, la musa della storia. "Oggi lo studio della storia è sotto attacco, quando non diventa addirittura terreno di scontro propagandistico, promosso dai cultori, spesso in malafede, di improbabili "libri neri"; l'irrazionalismo che viene da oltre Oceano tende a ridurre la storia a mero racconto, ad arbitraria creazione soggettiva, il cui tasso di verità è elemento trascurabile.
Conoscenza storica, passione per la storia come veicolo di comprensione del presente, e coscienza civile vanno insieme", questo diceva Nicola Teti mentre coinvolgeva centinaia di intellettuali e studiosi di primario rilievo culturale e con loro ha realizzato anche grandi mostre documentarie. Ricordiamo le esposizioni itineranti storico-documentarie e antirazziste "Macaronì e Vù Cumprà", "Balie Italiane e Colf Straniere" e "Suonatori Girovaghi e Lavavetri". Nicola Teti si era da tempo interessato al "Museo dell'Emigrazione "Giovanni Battista Scalabrini", in questi anni ci aveva più volte chiamati al telefono per una collaborazione mirata alla realizzazione di una mostra sull'emigrazione calabrese nelle americhe, durante queste "comunicazioni" ci parlava spesso della sua Calabria lontana da Milano, della sue nostalgie, della sua memoria, dei suoi ricordi legati alla sua Polia e alle frazioni di Cellia, Poliolo, Minniti e Trecroci.

Nicola Teti Editore

'TROPEA 1662, oltre la grata: gli affetti terreni di una novizia in crisi' di Franco Aquilino

Feb. 2010

Presentato a Vibo Valentia il volume "La Calabria". Non saper leggere e scrivere. La cultura che si raccontava con la parola
La copertina del libro 'La Calabria' (F. Vallone) A Vibo Valentia, presso l'auditorium del Centro Sistema Bibliotecario Vibonese, si è svolta la presentazione del volume "La Calabria", a cura di Filippo Curtosi e Giuseppe Candido, con interventi del regista Vittorio De Seta, di Giuseppe Braghò, Gilberto Floriani e dei curatori del volume. Un incontro organizzato dal Centro Sistema Bibliotecario di Vibo Valentia e dall'Associazione culturale "Non Mollare" di Pannaconi di Cessaniti.
Per chi conosce o crede di conoscere la nostra regione questi scritti, recuperati e riproposti ad una fruizione popolare da Giuseppe Candido e Filippo Curtosi, sono un vero e proprio viaggio nelle antiche costumanze di un tempo. Sono alcuni scritti de "La Calabria" di Luigi Bruzzano, selezionati e stampati oggi per offrire una sorta d'inedito itinerario effettuato senza alcuna retorica del tempo passato, senza nostalgie preconcette dell'antico che non c'è più dove tutto, per una sorta di di distorsione mentale di lettura dell'oggi, era più povero ma bello.
Un viaggio in quella Calabria di fine ottocento tra contadini veri, tra gente sofferente di fatica e gioiosa del vivere quotidiano, tra lutti e feste, tra amore romantico e carnalità passionale, tra lavoro e gioco. È un viaggio, riletto simbolicamente, tra la gente che, quando raccontava, credeva profondamente a quanto veniva raccontato perché tutta la conoscenza posseduta era stata loro tramandata proprio attraverso racconti. In fondo, per chi non sapeva leggere e scrivere, questa era la vera e propria cultura, il racconto era tesoro, appartenenza alla comunità, era memoria e identità, conoscenza da tramandare, sapere personale e collettivo da trasmettere a chi veniva dopo, era la propria profonda cultura della memoria.
Dopo i vasti recuperi archeologici del Settecento, l'Ottocento offre stimoli a tanti viaggiatori stranieri che scendono nel Sud Italia per vedere e descrivere in maniera oleografica. La tradizione orale diventa scritta, recuperata da appassionati studiosi, da chi aveva percepito profondamente il valore in essa racchiuso. Si comprende, negli scritti raccontati nelle pagine de "La Calabria" di Bruzzano e dei suoi collaboratori attivi in loco, una sorta di potere delle parole e una speciale coscienza nascosta nelle stesse parole, che viene alla luce come un prezioso reperto da recuperare subito e da studiare, da capire, da analizzare, esporre alla vista ed essere offerto alla conoscenza di più persone non per fini puramente folkloristici, ma per una comprensione più profonda e generale di forme culturali dinamiche e vitali che riescono a far conoscere e riconoscere la comunità a se stessa e, per la prima volta, anche agli altri che stanno al di fuori di essa. Ma quale vetrina, pur simbolica, poteva avere in quel tempo un canto, una leggenda popolare, un indovinello, un pregiudizio, un frammento orale descrivente ricette culinarie ed usi della medicina popolare, una credenza o altri detti e ridetti, racconti raccontati nei vari dialetti e da mille voci differenti. Quale potere culturale uniformato ci poteva essere in quelle parole raccontate in dialetto stretto e molte volte anche non dette affatto.
In nome di una conoscenza più generale dei popoli dell'Italia meridionale si percepisce, già in quella remota epoca, la più alta considerazione della cultura subalterna che poi sono le tante culture popolari, le stratificazioni culturali che non sono morte nella memoria ma che vivono nel racconto, cambiano, progrediscono, si modificano e non solo si trasmettono. Il limite della lingua dialettale e della toponomastica locale viene superato da un interesse più ampio e profondo rivolto verso tutto ciò che viene recuperato dalla parola e dal dare parola alla gente, a pastori, contadini, pescatori, massari, coloni e fattori. È la storia della gente che vive la propria vita con le tante culture raccontate addosso, parole possedute, tramandate e con la convinzione che dentro queste parole raccontate, gridate, sussurrate o solo percepite nella metafora e nel non detto, ci sia racchiuso il potere infinito del sapere tramandato da migliaia di anni prima testimoniato da rimasugli archeo-linguistici, in similitudine con racconti greci, o con antichi residui e contaminazioni culturali di spagnoli, francesi, normanni, arabi, germanici..., reperti che vivono nel reperto vivo e nell'attuale contemporaneo del tempo.
Il tesoro delle parole, recuperato da Luigi Bruzzano per la pubblicazione della sua "La Calabria" di fine Ottocento, scalfisce la barriera del mondo popolare del tempo passato e ricordato con il recupero, alcune volte davvero inedito, che scava nel tempo speciale delle feste, delle usanze e delle danze e dei passatempi del momento ludico, nel racconto delle nenie, nella descrizione di fatti e costumanze ritualizzate, del vitto e della cucina, della medicina popolare, del vestiario, delle superstizioni e delle credenze religiose, magiche e delle loro tante ritualità e liturgie. Ogni attività, anche la più semplice, non viene mai sottovalutata, viene percepita come azione detentrice di cultura capace di far luce sul carattere più profondo di un popolo del Sud e dei caratteri che ne reggono le sorti, percependo pregi e difetti ma anche coscienza del mantenimento di una resistenza di caratteri e caratteristiche di una identità culturale e del senso di appartenenza costruito dai calabresi, giorno dopo giorno, in migliaia di anni.

(Feb. 2010)

 FRANA, METAFORA DI CROLLI ANNUNCIATI



Il 14 feb 2009 un'intera montagna è venuta giù a Maierato a causa di una frana
provocata dalle piogge abbondanti. Nel piccolo centro del vibonese
si sono vissuti momenti da incubo. Lo smottamento ha reso
necessario l'evacuazione di 200 persone.
Non servono parole: basta guardare come viene giù la Calabria...

(Vito Teti X ilquotidianodellacalabria/31gen2009) La Calabria frana. Frana, in forme antiche e in forme nuove, ormai da decenni. Nell'indifferenza più totale. Spesso nel compiacimento dei gruppi dirigenti. Perché qui da noi, come ricordava Alvaro, chi governa e chi comanda ha costruito fortune sulle catastrofi naturali e sulle disgrazie della gente.
Frana la Calabria e la frana appare metafora di crolli annunciati. Muoiono persone, ma scompaiono anche paesi, centri storici antichi, e anche le costruzioni della modernità. Di una modernità creata in maniera dissennata e senza un senso di compiutezza e di progettualità. Da anni si sprecano energie, miliardi, discorsi sul ponte da fare o da non fare e intanto i paesi, che dovrebbero essere collegati, chiudono, si sgretolano, scendono a valle. Le frane sono il segno (la causa e l'effetto) di uno svuotamento più generale, dell'indifferenza nei confronti del territorio. Qui da noi prosperano i retori delle bellezze naturali, che spesso sono i responsabili o i complici delle devastazioni. Si elucubra sulla vocazione turistica della regione, ma le strade che dovrebbero portare i turisti sono impercorribili; ci si riempie la bocca con la California d'Italia, ma i luoghi simbolici del turismo e della bellezza (prima Soverato e, adesso, Tropea, “la perla del Tirreno”) crollano per l'incuria e le inadempienze degli uomini. Non c'è calabrese che non si commuova per la bellezza delle sue spiagge e delle montagne e intanto abbiamo permesso che questi luoghi venissero riempiti di veleni di ogni genere. La tendenza all'autodistruzione di tanti calabresi lascia davvero sgomenti.
La Calabria che frana, nei mesi invernali, è l'altro volto della Calabria che brucia nei mesi estivi. Nitti a inizio Novecento riporta quanto gli dice un contadino di Rossano: «Qui abbiamo un Dio, che quando piove ci porta a mare, e quando non piove secca il mondo. Questo anno non ha piovuto da sei mesi e siamo tutti disoccupati e in miseria». Lo sapevano i nostri scrittori. Perri scrive: «Una volta cominciate le piogge non si sapeva come sarebbe andata a finire; perché in Calabria, o il tempo è secco, e allora bisogna mettere fuori tutti i Santi delle chiese per vedere un po' d'acqua; o piove, e specialmente quando piove con lo scirocco, non la finisce più». Un “paradiso abitato dai diavoli” venivano detti Napoli, il Sud, la nostra regione. Abbiamo distrutto e devastato il Paradiso e sono prosperati, cresciuti in quantità e in qualità, i diavoli.
Frana la Calabria, ma è una frana più vasta quella che preoccupa. E' la frana di una classe politica decrepita, che non vuole cedere il passo. E' la frana di quei partiti che si permettono il lusso di creare e alimentare divisioni e lacerazioni in un territorio (come il Vibonese) già frammentato e martoriato. E' la frana dei gruppi dirigenti, del mondo delle imprese, dei tecnici, degli intellettuali che assistono, apatici, indifferenti, complici, alla devastazione di tutta la regione. E' la frana dei sogni e delle speranze. E' anche la frana della pietas e della compassione. E' la frana che segnala la più totale mancanza di “religione”, di un qualsiasi tessuto connettivo e comunitario. Quando chi governa, chi gestisce i fondi, chi dovrebbe salvaguardare e valorizzare il territorio si sveglierà, forse, sarà troppo tardi.
Assistiamo sgomenti al ripetersi di strazi conosciuti, a pianti tante volte ascoltati, a funerali che provocano dolore e disagio. Le cronache di oggi assomigliano troppo a quelle di ieri e di avantieri per non pensare che qui c'è una tendenza a ripetere gli errori di sempre, per non capire che tutto cambia a parole e niente cambia davvero.
Nel 1951 era toccato ai paesi dell'Aspromonte, del versante jonico, delle Serre: ad Africo, a Casalnuovo, a Brancaleone, a Badolato, a Ragonà, a Nardodipace. Esodi, trasferimenti di abitati, dispersioni. Nelle cronache dell'epoca si possono leggere le dichiarazioni dei politici che gridavano “mai più!”. La stessa promessa all'inizio degli anni Settanta dinnanzi alle rovine di Roghudi, di Chorio, e ancora di Nardodipace. Di nuovo rovine e dispersioni, nascita di doppi inabitabili e inospitali. Fortune di gruppi mavalitosi che si affermano grazie al controllo dell'edilizia pubblica e privata, preludio alla nascita del controllo delle armi e delle droghe.
E' di cinque anni fa il crollo di Cavallerizzo. Non si verificano morti grazie alla vigilanza delle popolazioni, ma il paese viene abbandonato. Si disse ancora che non si sarebbero più verificati crolli come quello di Cavallerizzo. Adesso Bertolaso, il responsabile della Protezione civile, oggi con un nuovo ruolo, torna per prendere atto di quello che sapeva, che tutti sapevamo, che lui stesso aveva denunciato: essere la regione terra in bilico, sfarinata, a rischio geologico, e anche a forte rischio sismico. Cosa si fa tra un annuncio e una catastrofe sempre imminente e incombente? Convegni, libri, analisi in occasione del centenario del terremoto del 1905 e di quello del 1908 e intanto la regione è la prima in assoluto per rischio terremoti e l'ultima per prevenzione.
Rispetto al passato, siamo in grado di prevedere, di monitorare il territorio, di seguire l'andamento delle piogge e l'evoluzione delle faglie. Si sa tutto e non si fa niente. Ci sono i soldi e le competenze per contrastare le devastazioni della pioggia e del fuoco, non c'è la volontà, non c'è nemmeno la capacità di spendere. Gli amministratori e i politici ripetono le stesse cose ma intanto si stenta ad avviare - nonostante l'impegno di tecnici di grande competenza come Salvatore Orlando e la presenza in giunta di Domenico Cersosimo - i Por che dovrebbero proteggere la montagna, difendere i boschi, arrestare lo svuotamento dell'interno. Dove è l'inghippo? Perché non si procede speditamente, senza tenere conto degli appetiti di mille questuanti, che invocano i soliti interventi a pioggia e frammentati, che non servano a questa terra che ha bisogno di un'idea e di un progetto unitario.
Gli amministratori di centinaia di comuni grandi e piccoli chiedono, a ragione, lo stato di calamità, fondi straordinari, nuovi sussidi. Nessuno spiega, tuttavia, mai come sono stati spesi i soldi avuti, nessuno si presenta con un piano territorio di difesa e di tutela. Nessuno spiega perché vengono sventrate le montagne, devastati i fiumi, chiuse le vie naturali delle acque. Senza una ragione, senza una finalità, senza un utile, che non sia l'arricchimento veloce di ceti e gruppi di potere famelici, insaziabili, disposti a tutto.
Gli ordini delle professioni che si occupano del territorio, ad ogni catastrofe, ricordano che i loro allarmi non vengono ascoltati, che gli amministratori sono insensibili, ma non dicono mai perché tanti tecnici sono totalmente subalterni al potere politico, perché firmano progetti e piani di opere improbabili, perché si rendono responsabili di una cementificazione selvaggia che genera frane e sconquassi. Chi firma il progetto di ponti, di palazzi, di case che crollano? Chi controlla le mille opere incompiute? Chi rende possibili le varianti delle varianti e le varianti delle varianti delle varianti? All'infinito. Senza realizzare mai nulla, se non la creazione di economie e di mentalità illegali.
Si ripete, con una ritualità stucchevole, che il territorio è la nostra ricchezza e invece sappiamo che è la ricchezza di mafie, ’ndranghete, clienti, costruttori, tecnici contigui alla criminalità, al malaffare, ai procacciatori di fondi e di finanziamenti europei. Non c'è metro quadrato che non venga controllato dalla criminalità e le cronache recenti hanno parlato di costruzioni non in regola, di cemento che manca nei pilastri, di opere incomplete e arrangiate, di ponti costruiti senza criterio, di colline e montagne sventrate soltanto per fare profitti. La creazione della stazione unica appaltante, voluta dalla giunta regionale, è una notizia in controtendenza. Bisogna renderla operativa. Bisogna che si muovano lungo questa strada anche le province, i comuni, oserei dire anche i “privati”. La legalità, la moralità, le regole, la capacità di progettare e di inventare pensando al bene comune, alle risorse naturali e umane, diventeranno mai un patrimonio condiviso, un codice etico praticato, non siano slogan, formule liturgiche, scongiuri di maniera?
C'è ancora qualcuno (i partiti? il sindacato? la Chiesa? le università? le imprese?) in grado di assumere impegni, di caricarsi di responsabilità, senza promettere, senza annunciare, senza attendere, semplicemente mettendo in atto quelle azioni, quegli interventi, quelle iniziative che ogni cittadino perbene e di buon senso conosce e che, da lungotempo, da troppo tempo, ormai si attende?

Feb. 2010

 Maierato e la sua "terra ferita"



Lo scenario apocalittico della frana (foto Vallone)


(F. Vallone/16feb) Frana o non frana? Questo il dilemma che da giorni perseguita tanti calabresi che vivono e condividono una regione sempre più violata che reagisce con improvvisi distacchi della sua terra ferita.
A Maierato questa mattina non c'era nessuno in giro per le sue strade, per i suoi vicoli. Un vero paese fantasma con vecchiette, avvolte nello scialle più scuro, traslocate con poveri fardelli e sguardi persi nel vuoto, materassi spostati dalla più solida staticità quotidiana. Un paese oggi ripieno di simboli di svuotamento e annullamento e da tanti mezzi di soccorso che illuminano di lampeggianti blu le belle stradine del centro storico, le chiese arroccate sulle scalinate e le case con il basilico nelle lattine dei pelati sull'uscio. Sono proprio tanti i lampeggianti blu accesi di tutte le forze di polizia, di vigili del fuoco, protezione civile e arpacal, polizia municipale e provinciale, di ambulanze e mezzi della croce rossa…
La "terra ferita" maieratana, ripresa in diretta nel suo orribile moto dallo sguardo e dalla telecamera della giornalista Patrizia Venturini, è passata su tutti i canali televisivi di tutto il mondo ed ora è proprio davanti agli occhi di poche anime erranti di Maierato, di quei pochi rimasti in cerca delle proprie case per prendere le proprie cose, accompagnate rigorosamente da uomini dei vigili del fuoco e dalle tute fosforescenti degli uomini della protezione civile. Un troppo noto nastro rosso e bianco delimita, ancora una volta, le strade che finiscono improvvisamente nel nulla e nel vuoto della terra inghiottita. Accanto, poco lontano, la terra ferita si muove ancora imprevedibile, ma forse, ancora una volta, nella sua più drammatica prevedibilità.
A Maierato sembra di essere tornati indietro nel tempo, a quando l'acqua piovana e le frane si portarono via Papaglionti di Zungri, altro paese calabrese ferito, centro interamente trasferito per frana, paese drammaticamente spaesato per sempre.
Frana o non frana la Statale 522 a Pizzo? Frana o non frana a Vibo Marina? e a Longobardi? e Stefanaconi? e la strada di Pannaconi e quella di Sciconi, franerà o non franerà? Si può continuare a raccontare la storiella, in tema proprio con il periodo di San Valentino, della margherita e del "M'ama o non m'ama" ma non si può rischiare con un "frana o non frana".
Forse le ferite di questa "terra ferita" hanno un feritore storico che ogni giorno si può trasformare in omicida. Come dire, ancora una volta un delitto annunciato.

Feb. 2010

 "Fumo" sul mare di Briatico?



L'inconsueto fenomeno sul mare di Briatico (foto Vallone)


(F. Vallone) Uno strano fenomeno si è manifestato lungo la costa vibonese, a largo di Briatico, poco lontano dalla spiaggia Sant'Irene. Il mare, secondo molti testimoni che si trovavano sul lungomare e di alcuni pescatori che si trovavano in zona con la loro barca, sembrava invaso da una cortina di fumo in un'area abbastanza limitata. Un fumo chiaro che delimitava in modo circolare la zona di fronte la foce della fiume Potame, fino ad arrivare a largo del territorio di Zambrone.
Il "fumo sull'acqua" creava uno scenario irreale e abbastanza inquietante specie al calar della sera quando anche una sorta di chiarore spiccava sul resto del mare scuro con uno strano effetto luminoso e contrastante. Nessuno dei testimoni azzarda ipotesi sul fenomeno osservato ma in paese qualcuno parla già di un possibile cratere vulcanico attivo e subacqueo, altri parlano di gas che si sprigionerebbero dal fondo marino. Quello che possiamo aggiungere è che il fenomeno si è manifestato nel corso della scorsa settimana per ben due volte e successivamente anche lunedì 16 febbraio.
Il luogo è sempre lo stesso, a largo di Monte Lapa, la collina più alta del territorio di Briatico che, per tradizione orale e fonti di storici locali, si ritiene sia proprio di origine vulcanica (monte Lapa come ape che ronza). Intanto un pescatore ha localizzato il luogo preciso che coincide con la "secca di Sant'Irene", un luogo molto conosciuto dalla marineria locale dove le acque improvvisamente diventano basse e molto pescose. Altre fonti identificano il luogo con la zona dove ancora, nel relativamente vicino 1500, esistevano delle piccole isole riportate anche sulle antiche cartografie e denominate Insule Itacense.
Non resta che sperare che si tratti solo di un falso allarme, attendere eventuali sviluppi e documentare fotograficamente quanto si manifesta.

Feb. 2010

La scomparsa a Briatico di Alfonso Prostamo
Alfonso Prostamo (F. Vallone) Si chiamava Alfonso Prostamo ed era, ormai da tempo, la vera memoria storica del mare di Briatico, e di quella marineria costituita da pescatori che detenevano gli antichi saperi dei mestieri del mare. I Prostamo, assieme agli Accorinti, sono stati infatti i componenti delle famiglie più antiche legate al mondo del mare a Briatico.
Alfonso Prostamo, 85 anni, era il pescatore dal basco blu che amava raccontare delle sue avventure di mare, delle tante tempeste affrontate, di tropine e trombe marine, di abbondanti pescati ma anche di rientri a terra, con la sua barca di legno, con poco o niente del tutto.
Alfonso aveva affrontato il mare sin da piccolo, lo amava e lo rispettava da sempre ed adesso che sul mare non ci andava più da tempo, lo guardava da lontano, con nostalgia, come un vecchio amico, come una persona che si conosce profondamente.
Prostamo ancora adesso ricordava lucidamente ogni centimetro di quanto solcato sull'acqua nella sua vita, conosceva segreti di scogli appena sommersi, dei fondali più pescosi, di relitti insidiosi per le reti e dragare, delle secche e delle fosse più profonde.
Conosceva l'antica toponomastica, i punti di riferimento a terra, le stelle e i segni premonitori della metereologia popolare, aveva una mappa memorica di tutto il mare antistante la costa vibonese, da Pizzo a Tropea e oltre. Amava raccontare, tramandare, vivere attraverso il ricordo ma anche dare dei consigli ai più giovani pescatori del paese. Era l'ultimo baluardo dell'antica marineria briaticese Alfonso Prostamo. Un uomo di mare completo che utilizzava con maestria tutte le tipologie e tecniche di pesca.
Ma Alfonso è stato anche grande uomo sulla terra, umile e buono, cristiano e devoto, amico di tutti, sempre. Nonno della bella Laura Prostamo, terza classificata a Miss Italia e oggi attrice, papà di Giuseppina, autrice di "Papaveri e ginestre" che racconta e racconterà, nelle pagine dei suoi libri, anche quanto tramandato dal padre e dal nonno Domenico, pure lui marinaio, storico superstite della ciurma dell'antica palamatara di Pizzo.




(Feb. 2010)

Al Filangieri di Vibo Valentia, il 24 febbraio, "Volo nel Vento", il volume di Mommo Rombolà presentato da Lorenzo Meligrana
La copertina del libro 'Volo nel Vento' di Mommo Rombolà (F. Vallone) Organizzato dalla Società Dante Alighieri di Vibo Valentia, comitato presieduto da Maria Liguori Baratteri, il 24 febbraio, alle 17,30 presso il Convitto Filangieri, Lorenzo Meligrana presenterà l'interessante romanzo "Volo nel Vento". É un vero e proprio evento atteso nella città che conosce e stima da sempre l'autore del volume, Mommo Rombolà.
Nato a Brattirò di Drapia nel 1934, Mommo Rombolà è un personaggio fine, raffinato e colto, che vive la sua Vibo con papillon, basco, baffo e pizzetto. Uno scrittore che sembra apparentemente un pittore di stampo francese, personaggio iconograficamente d'altri tempi che è artista nella sua quotidianità, sempre e ovunque.
Questo suo recente lavoro, stampato con i tipi della casa editrice Adhoc di Vibo Valentia, è un vero capolavoro dello scrivere passionale. Il volume si legge, o meglio si fa leggere, si schiude ad ogni pagina in un racconto che sembra sempre autobiografico ma che in effetti dura più di una vita, che è storia tramandata, raccontata e alcune volte sussurrata.
Storia e storie che si incontrano e si incrociano in continuo, sviluppano altre vite vissute e altre storie sconosciute che si alimentano da quella memoria più grande che si narra nei volumi della storia ufficiale e universale. Mommo Rombolà, che tra l'altro è autore di altri due romanzi e di alcune raccolte di poesia e racconti, in questo "Volo nel Vento" diventa esso stesso narratore, interprete e personaggio, testimone e protagonista dei fatti e del racconto e del raccontato, detentore delle storie tramandate oralmente, racchiuse nella memoria personale e di quanti hanno incrociato, anche solo per un attimo, la sua vita.
Più di cento anni sviscerati, aperti nelle pagine, con tutta la carica di sofferenza, di gioia, di amore e dolore che la vita riserva giorno dopo giorno.
Il libro di Rombolà racconta di una famiglia patriarcale che passa attraverso storie di briganti, di pastori, di carcere e processi, di guerre, di innamoramenti e amore passionale, di terremoti, peste ed emigrazione, di partenze e lontananze, di ritorni e anche di non ritorni. Un libro completo, che attraversa date importanti, ed anche quel 1943 dello sbarco degli americani in Sicilia, la caduta del fascismo, la Resistenza, il dopoguerra della rinascita italiana. Mommo Rombolà racconta di un vero e proprio universo variegato, un mondo dai forti contrasti che diventa evanescente e che nelle pagine del volume scompare piano piano in parallelo con i vari personaggi che consumano le loro vite, Gerolamo, Don Ferdinando, Angelina, Carlo.... un racconto memorico narrato senza alcuna retorica, senza nostalgie per quel tempo e quell'umanità tanto povera e afflitta che ora non c'è più, ma anche profondamente consapevole del valore profondo ed emozionale contenuto nella miriade di piccole storie del passato e della memoria da conservare e tramandare, per una conoscenza più complessa e complessiva della grande storia degli uomini.

(Feb. 2010)

 Tropea, l'esplosione lascia solo macerie. La proprietaria del bar distrutto Marta De Luca: i miei sacrifici buttati al vento



Tropea come Beirut


(Concetta Schiariti x gazzettadelsud.it/21feb) Non si è chiuso occhio la scorsa notte a Tropea. E all'indomani dell'inferno, si continua a guardare, con il volto impietrito, le macerie che, ieri mattina dopo l'ultimo focolaio, hanno preso il posto delle alte fiamme. A tentare di contare i danni, ancora incalcolabili, i 12 sfollati che, dopo una notte di terrore dove si è rischiato di perdere la vita, hanno dovuto fare i conti con la propria sistemazione.
In totale sono 4 i nuclei familiari che non possono entrare in casa. Di questi, due hanno deciso di farsi ospitare dai familiari e da parenti. Mentre gli altri, in totale sei persone tra cui due bambini, sono stati ospitati dal Residence "Villa Antica" in base a quanto deciso dai commissari Giovanni Cirillo e Maria Rosaria Luzza. Al momento, è stato dichiarato inagibile il primo piano del palazzo. Mentre la restante parte, comunque interdetta all'accesso, sarà passata al vaglio delle verifiche strutturali per definirne la staticità delle strutture portanti. Quello che, invece, è rimasto del bar Royal è stato posto sotto sequestro.
«Non ci sono parole – ha detto uno degli sfollati – questa non è Tropea. Sembra di stare in una piazza di Beirut dove questi episodi sono all'ordine del giorno. Oggi si pensa ad una fuga di gas, ma in città abbiamo pensato subito ad un attentato». Qualcuno di loro, con le lacrime ancora agli occhi, ha provato a raccontare il terrore che ha vissuto appena sentito lo scoppio. «Ero con un gruppo di amici, in una pizzeria di fronte, insieme alla figlia della signora anziana che è stata sfollata. Appena ha sentito il boato è corsa fuori per dirigersi verso casa, gridando il nome della madre. Ha dovuto lottare per convincerla a farsi coraggio e a scendere le scale, circondate dalle fiamme, per salvarsi la vita. Sono scene di panico che non si possono raccontare».
A pericolo scampato, sono rimasti tutti per strada a guardare le alte fiamme. Fino alle tre del mattino non sono riusciti ad allontanarsi da quell'inferno che stava divorando la propria dimora. «In questi giorni – ha raccontato un'altra signora – ho detto, ironicamente, che il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, sarebbe dovuto venire, anche, a Tropea per visitare un territorio lasciato allo sbando. Non immaginavo di trovarmi anch'io sfollata a dover capire quale alloggio trovare per dormire».
Tra loro c'è anche chi pensa ai soccorsi. «I vigili del fuoco, quando sono arrivati, hanno svolto bene il loro lavoro», un lavoro protrattosi fino alle 6 del mattino. Le persone, però, considerato che il distaccamento più vicino (relativamente) è quello di Vibo Marina sollecitano l'attivazione di «un posto fisso nella zona che possa dare tempestive risposte al territorio. Si è sfiorata la tragedia e questo dovrebbe farci riflettere».
Per fare il punto della situazione, ieri mattina, in Municipio, i commissari Cirillo e Luzza hanno convocato i 4 nuclei familiari sfollati e, anche, la cittadinanza. Si è deciso di mettere in sicurezza l'area circostante. Sono state interdette al traffico pedonale e veicolare via IV Novembre e via Della Vittoria. «Non è una bella storia – ha concluso un giovane – la Perla del Tirreno non può avere questa immagine». Accanto a lui, anche Marta De Luca, 29 anni di Tropea, e intestataria del bar Royal, fidanzata di Francesco Cimato. «Non riesco a capacitarmi – ha detto – non ho parole per descrivere come mi sento a guardare i miei sacrifici buttati al vento».

TG1 20feb/1330

Feb. 2010

CALIGIURI SCRIVE A BERTOLASO "TRA LE URGENZE INSERIRE LE FERROVIE DELLA CALABRIA"
Mario Caligiuri, sindaco di Soveria Mannelli (Mario Caligiuri - SOVERIA MANNELLI/22feb) "Per fronteggiare l'attuale emergenza c'è bisogno di un impegno congiunto di Stato e istituzioni locali. È necessario un intervento straordinario che ripristini il sistema ferroviario interno". Mario Caligiuri, Sindaco di Soveria Mannelli, in una lettera al Sottosegretario Guido Bertolaso, che proprio oggi si trova in Calabria, ha chiesto che i lavori di ricostruzione del ponte crollato a Cicala e la messa in sicurezza di tutta la tratta ferroviaria siano inseriti nell'elenco degli interventi urgenti da realizzare con gli stanziamenti previsti per le emergenze alluvionali.
Nei giorni scorsi la Giunta Comunale di Soveria Mannelli ha richiesto alla Regione Calabria di dichiarare lo stato di emergenza per la grave situazione nella tratta Cosenza - Catanzaro. La Giunta ha inviato, inoltre, una richiesta alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per l'invio straordinario del Genio Militare dell'Esercito da impiegare nella ricostruzione dei tratti crollati e nella messa in sicurezza dell'intera linea. Sabato Egidio Scalise, consigliere comunale con delega alle Ferrovie della Calabria, ha partecipato alla riunione, organizzata dal Comitato dei pendolari che si è tenuta presso la Sala Consiliare della Comunità Montana del Reventino, per raccogliere le esigenze di chi è costretto a viaggiare ogni giorno per motivi di lavoro o studio e che da gennaio sta vivendo profondi disagi.
"L'impegno dell'Amministrazione Comunale è massimo. La situazione di emergenza crea un danno economico e sociale che blocca lo sviluppo di tutto il territorio. È necessario superare lo stato di emergenza nel più breve tempo possibile." Così ha concluso il primo cittadino di Soveria che conferma l'impegno di tutti i sindaci dell'area, fortemente preoccupati per la attuale situazione di isolamento determinata sia dall'interruzione del servizio ferroviario, sia dai danni subiti dalla rete stradale.


COMUNE DI SOVERIA MANNELLI - Ufficio del Portavoce



(Feb. 2010)

E' on line la 51^ Tornata di TropeaMagazine

(S. L.) Dopo il più o meno lungo periodo sabbatico scandito dai festeggiamenti in occasione del decennale di Tropeamagazine, si riprende il normale filo conduttore del Magazine: le Tornate. Diamo quindi uno sguardo al sommario di quella di gennaio/febbraio 2010, la Cinquantunesima.
Si parlerà della figura e dell'opera di due insigni calabresi, il tropeano Domingo Arena (1870 - 1939), emigrato in Uruguay con la famiglia all'età di sette anni, il quale divenne il riformatore più illuminato del Novecento di quel Paese, e il briaticese barone Raffaele Lombardi Satriani (1873 - 1966), uno dei più importanti etnografi studiosi e cultori delle tradizioni popolari calabresi. Di quest'ultimo sarà proposto il saggio 'Tradizioni plutoniche' tratto da 'Credenze popolari calabresi'.
Si argomenterà di tre viaggiatori che in periodi diversi hanno avuto a che fare con Tropea: l'illustratore Francesco Cassiano de Silva che alla fine del Seicento si fermò nella Città cui dedicò due disegni, l'Abate Jean-Claude Richard de Saint-Non (1727 - 1791), che, anche se non fu mai di persona a Tropea, nella seconda metà del Settecento progettò e realizzò l'opera monumentale “Voyage pictoresque des Royaumes de Naples et de Sicilie”, nella quale furono inserite due animatissime vedute di Tropea, e la scrittrice Elpis Melena (1818 - 1899) (pseudonomo di Speranza Von Schwartz) che nel 1860 vi soggiornò per tre giorni dei quali si potrà leggere il suo minuzioso e amenissimo racconto.
Infine, si potrà disporre dell'edizione completa della 'Guida turistica della Città di Tropea' di Riccardo Toraldo di Francia pubblicata in parte nel 1966 a cura dell'Assessorato Comunale al turismo e finalmente nel 1990 in quella definitiva a cura della Pro loco, dei saggi sui prelibatissimi 'surici' di Michele De Luca, sui 'Mastaccioli' di Soriano di Franco Vallone, e di una storia drammatica legata alla strage di Bologna del 2 agosto del 1980, nella quale lasciò la vita la Signora Maria Avati di Rossano Calabro.
State con noi e con la Storia e Buona Lettura!

www.tropeamagazine.it


TOLENTINO 815 ALLE GIORNATE MURATTIANE DI PIZZO DAL 10 AL 12 DICEMBRE,
per collegare i Parchi Storici di Marche e Calabria

(S. L.) Dal 10 al 12 dicembre si è svolta la sesta edizione delle 'Giornate Murattiane' a Pizzo in Calabria, organizzate dall'Associazione Murat Onlus a cui ha partecipato una rappresentanza della Associazione Tolentino 815, gemellata con l'Associazione di Pizzo, e del gruppo storico '2° Reggimento Cavalleggeri'.
Tre giorni dedicati alla storia, alla cultura e alla memoria storica: incontro su 'Le verità controverse sulla fine di Gioacchino Murat', convegno su 'Influenza del Decennio Francese sull'identità storica del Sud Italia', Corteo storico in ricordo della Prima venuta del Re Murat, della Donazione di duemila ducati alla chiesa di Pizzo e dell'Udienza del Re ai popoli della Calabria, con ricostruzione di un momento di vita di corte.
Al termine Giuseppe Pagnotta, presidente dell'Associazione G. Murat Onlus di Pizzo, ha consegnato a Paolo Scisciani (nella foto), presidente dell'Associazione Tolentino 815, un 'Attestato di Riconoscimento' dei meriti di ispirazione, incoraggiamento e sostegno nella ideazione e organizzazione del 'Parco Storico del Decennio francese in Calabria'.
Tale progetto è stato ufficialmente istituito con Legge Regionale Calabria n.2 del 15 Gennaio 2009, con lo scopo di promuovere la creazione di un itinerario storico-culturale di rivalutazione e rilancio dei siti che nel decennio 1806 - 1815 svolsero un ruolo di primaria importanza nel definire le sorti della regione.
Il progetto a cui si sono ispirati in Calabria, è quello dell?Associazione Tolentino 815 per la creazione del 'Parco storico della Battaglia di Tolentino', elaborato da oltre 10 anni, ma ancora non realizzato. Dallo scorso settembre sono state discusse nelle Commissioni del Consiglio Regionale delle Marche le due Proposte di legge, presentate dei consiglieri Comi e Massi, poi unificate in una relativa alla 'Istituzione del Parco Storico delle Battaglie di Tolentino e Castelfidardo', elaborata in collaborazione con la Fondazione Ferretti di Castelfidardo.
Entro breve dovrebbe essere discussa dal Consiglio Regionale la Proposta di legge 'Valorizzazione dei luoghi della memoria storica risorgimentale relativi alle battaglie di Tolentino e Castelfidardo e divulgazione dei relativi fatti storici', che non prevede per ora la realizzazione di un Parco Storico. Se in Calabria si è già costituito il consorzio di gestione del Parco, nelle Marche ci auguriamo che venga varata le legge in tempo utile prima del termine della legislatura, con i necessari supporti economici.
In previsione delle celebrazioni del 150° anniversario della battaglia di Castelfidardo del 18 settembre 2010 e quella del 150° anniversario dell'unità d'Italia del 2011, la nuova legge potrà dare la possibilità a comuni, province, regione ed associazioni di avere un contenitore legislativo al quale fare riferimento per le numerose attività che si stanno organizzando.
Il Comitato promotore Nazionale, costituitosi a Castelfidardo il 18 settembre 2009, sta predisponendo il programma con il coinvolgimento di scuole ed università, associazioni culturali, studiosi, fondazioni, istituzioni regionali e nazionali.
L'obiettivo è di unirsi per la salvaguardia e la gestione del patrimonio storico, architettonico, monumentale e paesaggistico legato alle due battaglie in un grande contenitore culturale ed istituzionale, garantendo sufficienti risorse e sinergie d?intenti per tramandare alle future generazioni la memoria storica, i cimeli ed il paesaggio che contribuirono all?unità nazionale.
Due battaglie per indicare a tutti noi ed a chi verrà dopo di noi, la strada per nuove opportunità economiche, culturali ed il mantenimento di quei valori che ci hanno dato il nostro presente da tramandare alle future generazioni.

Associazione TOLENTINO 815

Associazione Culturale Gioacchino Murat Onlus di Pizzo




Scorrano (Lecce). Intronizzazione di Santa Domenica durante i festeggiamenti di luglio

Il culto di Santa Domenica di Tropea a Scorrano

(G. Giangreco)

APERTURA DELLO STIPO DI S. DOMENICA

Fino a pochi decenni fa le tre chiavi dello stipo di Santa Domenica erano conservate, rispettivamente, dall'Arciprete, dal Sindaco e dal Vice-presidente del Comitato Festa Patronale. Ogni qualvolta in chiesa è aperto, talvolta anche per devozione privata, lo stipo - custodia di Santa Domenica, si sparano dei mortaretti per avvisare la gente che numerosa si reca in chiesa a rendere omaggio alla sua Protettrice.

LEGGENDA DELL'APPARIZIONE DI SANTA DOMENICA

La sensibilità popolare scorranese, spesso nutrita, di fantasia, di tendenza al mito, di pietà, di religiosità, a volte anche di paure, di coscienza della memoria e senso del racconto, si è appropriata dell'evento dell'apparizione sulle mura di Santa Domenica per liberare il paese dal flagello della peste e ne ha fatto un punto di riferimento essenziale per l'immaginario religioso collettivo. La Santa di Tropea, sconosciuta fino a quel momento (anno 1600, forse agli inizi di luglio) agli Scorranesi, perché era loro nota col nome di Ciriaca, durante un'epidemia di peste che stava falcidiando la popolazione, appare in sogno ad un'anziana donna sulle mura della città, su Porta Terra, e le comunica che, spontaneamente, aveva deciso di diventare la protettrice di Scorrano. Come segno di questa Sua benevolenza nei confronti degli Scorranesi avrebbe liberato il paese dalla peste. All'anziana donna la Santa chiede di comunicare questo sogno all'arciprete e come testimonianza della veridicità di questa Sua volontà predice che gli ammalati colpiti dal morbo sarebbero stati salvati e, una volta guariti, avrebbero dovuto far conoscere questo evento straordinario al resto del paese accendendo delle lampade ad olio sulle finestre, come segno dell'avvenuta guarigione. In poco tempo tutto il paese brillò di luci sulle finestre e la peste fu debellata. Da allora, tutti gli anni, durante il novenario in preparazione alla festa di Santa Domenica gli Scorranesi, per riconoscenza verso la loro Protettrice per questo miracolo, accendono delle lucerne sulle finestre in ricordo delle lampade ad olio accese per volere della Santa (da quando esiste la luce elettrica sulle porte delle case o sugli architravi delle finestre vengono accese delle lampadine).
In riferimento a questa pia memoria, col passare del tempo, nacquero altre leggende e racconti entrati a far parte del bagaglio della cultura popolare scorranese. La Casa di Santa Domenica, per esempio, che indica una delle due antiche torri poste ai lati della Porta Terra ed oggi crollate. Probabilmente, in riferimento al racconto dell'apparizione della Santa sulle mura, si riconobbe nella torre di destra la cosiddetta casa di Santa Domenica. Qualcuno dei più anziani ricorda ancora l'interno della torre prima del crollo (probabilmente il vano della casamatta delle sentinelle di guardia sulle mura secondo alcuni o una piccola stanza ricavata nella parte alta dello spessore delle mura, ma sempre a lato della Porta, secondo altri), arredato con una panca, una sedia, stoviglie in terracotta che il popolo riteneva usate dalla sua Santa.
Alla stessa fonte popolare si ricollega la leggenda del Piede di Santa Domenica. Dopo che la Santa era stata proclamata protettrice principale di Scorrano nel paese i miracoli si erano moltiplicati con grande soddisfazione dei devoti scorranesi. I Magliesi, non riuscendo ad ottenere miracoli e ad essere esauditi nelle preghiere dal loro protettore San Nicola, invidiosi degli Scorranesi, decisero di cambiare protettore e chiesero loro il simulacro di Santa Domenica. Costoro acconsentirono; ma durante il tragitto da Scorrano a Maglie - che nei secoli passati si raggiungeva attraverso la attuale via vecchia 'e Majie (antica via per Maglie e per Botrugno), ubicata ad est della serra - la statua della Santa cominciò a farsi sempre più pesante e quando era in prossimità del confine tra i due paesi piantò i piedi per terra e non si mosse più. A quel punto i Magliesi, scoraggiati, si convinsero che la Santa non voleva abbandonare Scorrano e riportarono indietro la statua mentre gli Scorranesi, che per un momento avevano mostrato debolezza nell'attaccamento alla loro patrona la serrarono nello stipo e non la fecero uscire più. Dopo che fu invertito il percorso, tutti i presenti si accorsero che su uno spuntone di roccia affiorante sulla strada era rimasta visibile l'impronta del piede della Santa.

MALATTIA

Quando uno scorranese era gravemente ammalato, uno dei leoni antichi, appartenenti alla statua di Santa Domenica, che si espongono in chiesa sull'altare maggiore per tutta la novena (dove rimangono anche durante la processione per la quale si utilizzano quelli ottocenteschi fatti scolpire a Milano ad Emilio Tornaghi inseme con il baldacchino, su commissione di Sigismondo Veris), era portato nella casa del moribondo per impetrare dalla Santa la grazia della guarigione.

LUCI

Nei secoli passati, durante la novena di preparazione alla festa patronale, si accendevano delle lampade ad olio sulle finestre delle case in ricordo delle lucerne che si accesero nel 1600 quando Santa Domenica, apparsa sulle mura della città ad un'anziana donna, liberò gli Scorranesi dalla peste. Oggi si accendono le luci elettriche.

PROCESSIONE

Il percorso tradizionale comprendeva, anticamente, le più significative strade del centro urbano poste entro le mura. Coll'espandersi della città fuori dalla cinta fortificata nell'itinerario processionale sono state incluse le nuove vie ed i luoghi più rappresentativi come, attualmente, l'Ospedale "I. Veris Delli Ponti".

OFFERTE

Durante la Processione il percorso viene spesso interrotto dai devoti ammalati o impediti a partecipare al rito religioso i quali offrono pubblicamente alla Santa delle cospicue somme in denaro che, fino a qualche anno addietro, venivano esposte fissate su nastri appesi alla statua della Santa e raccolte dal Presidente del Comitato Festa come contributo ai festeggiamenti prima che il simulacro entrasse in chiesa. Questo secondo un'antichisima regola non scritta ma a tutti nota e sempre praticata. Le offerte dei fedeli raccolte in chiesa ad ogni apertura dello stipo di Santa Domenica, toccavano al parroco che spesso le devolveva al Comitato Festa. Ogni domenica, dopo la costituzione del Comitato Festa annuale, un gruppo di volontari dello stesso Comitato fa la raccolta (con le cassette) delle offerte passando, " casa casa", per tutte le vie del paese.
(Recentemente è stato creato un Gruppo Volontari Tradizioni Popolari Scorrano che ha sostituito, per pochi anni, il plurisecolare Comitato Festa di Santa Domenica, per ragioni incomprensibili ai più. Ma, fortunatamente, si è tornati alla razionalità e alla chiarezza della tradizione!).

FUOCHI

Ogni tratto del percorso della processione era sottolineato dallo sparo di mortaretti e, in qualche caso, da batterie vere e proprie di fuochi pirotecnici e da fiaccole offerti dalle famiglie o da fedeli devoti della Santa. I pirotecnici (furgulari) appartengono ad una famiglia scorranese (Mega) che da secoli si tramanda il mestiere da padre in figlio.

LUMINARIE

Durante i tre di giorni della festa patronale tutto il paese è addobbato con le luminarie che sono, da sempre, insieme con i fuohi artificiali, una delle peculiarità di questa festa. La qualità artistica e le novità dei disegni e dei colori che si rinnovano tutti gli anni sono realizzate da ditte scorranesi che rappresentano, in assoluto, alcune delle migliori oggi esistenti in Italia. La tradizione degli addobbi con le luminarie è direttamente collegata con quella di epoca barocca (parazioni: addobbi effimeri) che a Scorrano è documentata almeno dal 1549. Va ricordata, accanto a questa, anche la tradizione di parare gli interni della chiesa con stoffe pregiate, nastri dorati, fiocchi, ecc. e con le castellane (queste ultime realizzate nelle chiese anche in altre occasioni di natura sia religiosa che civile. (Tra gli ultimi si ricordano Luigi Abbruzzese per le castellane e Stefano Ruggeri, per gli addobbi degli interni).

Festa di Santa Domenica a Scorrano




Baronessa Clara Romano
Veggente, Taumaturga, Esorcista,
Consulente e Guida spirituale

(S. L.) Maria Clara Franca Settimia Romano nasce a Tropea in Calabria il 24 gennaio del 1942, settima figlia femmina di nove femmine consecutive. Al momento della nascita i pianeti erano in allineamento tra loro. Ha il dono Divino della reincarnazione, conferito appunto alle settime figlie, che comporta il Potere Soprannaturale di Taumaturgia e Veggenza.
Nello stesso istante della sua nascita scoppia un incendio nel cinema del padre e suona come un annuncio di un evento speciale (la nascita di Clara) e tale si dimostrerà. Da quell'incendio ne e' venuta una grande fortuna, perche' l'assicurazione di allora pago' al padre di Clara una ingente somma, oltre ad aver ricostruito interamente il cinema Vittoria; con quei soldi furono acquistati beni immobili tra cui l'`Arena Romano al centro di Tropea.
Clara cresce diversa dalle altre sorelle tanto è che la madre ricorre sempre ai frati Cappuccini, impaurita dalla personalità forte e “strana” con strane predizioni che puntualmente a breve termine si avverano. Ma poi Clara si fa furba e non dice più nulla, né si fa capire, dominando il comportamento esteriore e continuando nel contempo interiormente ed in segreto il rapporto con le forze Soprannaturali che la rendono sempre più forte, sicura e prorompente in tutte le sue scelte.
Dopo gli studi universitari non completati perché si sposa, insegna alle elementari. A 26 anni salva da un coma irreversibile il nipote Mario, toccandolo con le sue mani sulla fronte per dargli l’ultimo saluto, ma dopo pochi minuti il bimbo chiede della mamma e la tragedia si risolve miracolosamente in bene. Nessuno si spiega il perché, ma Clara sa.
Tocca le faringi di un’altra nipote continuamente ammalata di placche alla gola: scompaiono subito e mai più si verificheranno.

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Il canale You Tube di Clara Romano




Alessandro Bagnato, un anarchico di Calabria

(Agostino Bagnato) Era nato a Tropea il 20 dicembre 1890 in una famiglia di artigiani. Il padre Antonio era uno stimato fabbro ferraio, autore di ringhiere per balconi, inferriate e cancelli per i palazzi e le ville delle numerose famiglie nobili e borghesi tropeane, come Toraldo, Bragò, Tranfo, Ruffa. Lavorava il ferro con l’abilità dello scultore, sicché i suoi lavori erano veri e propri capolavori della forgia.
La bottega si trovava nel rione Borgo, dove ancora oggi qualche artigiano superstite produce oggetti per il turismo di massa, su cui si basa l’economia della celebre città regia calabrese.
Tropea godeva della fama per essere la patria di Pasquale Galluppi, filosofo neokantiano autore di pregevoli studi sul criticismo, diffusi grazie all’insegnamento nell’Università di Napoli.
Ma il pensiero di Galluppi non esercitò nessuna attrattiva e influenza sul giovane Alessandro, a causa dell’assenza di tematiche sociali nelle opere del filosofo. L’aspirazione al riscatto sociale diveniva sempre più forte nelle famiglie artigiane e mercantili, anche per l’ostinata chiusura della nobiltà locale nella difesa di privilegi feudali che costituivano un ostacolo insormontabile allo sviluppo economico della zona, della Calabria e del Mezzogiorno in generale.
La madre era Maria Rosa Casuscelli, aveva ascendenze nobiliari in quanto la madre apparteneva all’antica famiglia Famulari. Era nata nel villaggio di Calimera, non lontano da Tropea. Il padre era uno stimato farmacista, conosciuto a Tropea e a Vibo Valentia.
Antonio Bagnato intratteneva ottimi rapporti con la borghesia commerciale di Tropea, dal gioielliere Geniale Licandro al collega farmacista Di Tocco, ricevendone suggestioni e sollecitazioni di natura culturale, che spingevano nella direzione di un superamento delle barriere socioeconomiche.
Alessandro frequentò le scuole elementari con ottimo profitto.
La famiglia pensò che fosse giunto il momento di tentare un elevamento sociale, facendo proseguire gli studi al figlio maggiore, mentre Maria, la secondogenita, avrebbe dovuto attendere un buon partito per sposarsi, secondo le tradizioni del Mezzogiorno, e non solo. Purtroppo, è rimasta zitella ed ha trascorso gli ultimi anni di vita nell’abitazione del fratello.
Acquisì una qualche pratica nella preparazione di pozioni e decotti di erbe, ma non svolse mai alcuna attività.
Alessandro fu mandato a Catanzaro a studiare presso l’Istituto Normale Magistrale, dove conseguì il diploma di maestro elementare. Si preparò al concorso per l’abilitazione all’insegnamento e lo vinse, iniziando l’attività didattica nel 1920, proprio a Tropea. Il servizio militare prima e in seguito l’invio al fronte allo scoppio della Prima guerra mondiale, dove fu ferito nel corso di un combattimento, rallentarono il suo programma di studi e l’insegnamento.
La passione per la scrittura e le doti intellettuali si manifestarono già al tempo del Magistero. Infatti, nel 1913 fondò a Catanzaro il giornale Il Birichino calabrese, svolgendo una intensa attività pubblicistica. Bisognerebbe cercare nella Biblioteca Civica di Catanzaro copie di questo giornaletto, utile per completare la ricostruzione dell’atmosfera culturale nel capoluogo calabrese e soprattutto l’ambiente scolastico. La biblioteca di Catanzaro è stata per lunghi anni diretta da Giuseppe Patari, poeta dialettale di qualche pregio: di conseguenza, egli non deve essere rimasto insensibile alle novità editoriali locali.

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YESHUA
di Giancarlo Tranfo

(G. Tranfo) Sono nato a Roma nel 1956 ma sono di origini calabresi. Il mio antenato Amilcare signore di Tramps, venne al seguito di Carlo I d'Angiò dalla Provenza e si stabilì a Nicotera. Intorno al XVI secolo la famiglia Tranfo si spostò a Tropea, dove ancora oggi, è considerata di nobile lignaggio. Da una ricerca storica effettuata anni fa, ho dedotto che il mio lontano avo, con ogni probabilità, fece parte dell'ordine dei cavalieri templari!
Sono laureato in Giurisprudenza, mi sono sposato due volte ed altrettante separato (sono recidivo) ed ho due figlie (che adoro) dal primo matrimonio.
Vivo in un villino immerso nel cuore del Parco dei Castelli Romani tra Nemi e Genzano di Roma.
Lavoro a Roma presso la Direzione di una Compagnia di Assicurazioni dove mi occupo di studio e progettazione di supporti contrattuali e di gestione di prodotti assicurativi Auto e Tutela Giudiziaria (specialista di prodotto).
Prima di approdare, sette anni fa, allo studio del cristianesimo delle origini, sono stato appassionato di fotografia (negli anni 90 ho vinto molti premi nazionali ed internazionali), esoterismo, storia e numismatica romana, grandi enigmi storici irrisolti (archeologia non ufficiale, misteri riguardanti la genesi dell'umanità, grandi megaliti, piramidi, cerchi nel grano, atlantide ed altre civiltà scomparse ecc.).
Poi il grande passo.
Di famiglia rigidamente osservante e da sempre cristiano e cattolico fin dagli anni della giovinezza ero particolarmente affascinato dal personaggio di Gesù di Nazareth.

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A SPASSO X CORINTO:
una lettera per noi!

(Gian Domenico Daddabbo - Mgm Diocesi Porto-Santa Rufina) Ci troviamo in un posto meraviglioso, dietro di noi il mare azzurro e di fronte un cancello con due ragazze.Una ci appende al collo un peperoncino l’altra ci da un un foglio da compilare.Si tratta del permesso di soggiorno. Ebbene si per poter circolare in questo posto che sarà la nostra Corinto per sei giorni avremo bisogno del permesso di soggiorno. Iniziamo ad andare “ A spasso per Corinto” per conoscere e presentarci con gli altri abitanti con cui condivideremo il nostro soggiorno. Dovunque ti giri si sente un accento diverso, calabrese, siciliano,pugliese,abruzzese, campano, romano, lucano,sardo e toscano; veniamo da tanti posti diversi ma tutti accomunati dal desiderio di arricchirsi per poter portare con più coraggio il vangelo a chi ci circonda. Si inizia ad approfondire nei laboratori la tematica del Corpo come “Tempio dello Spirito”.Padre Amedeo ci ricorderà che nel battesimo il nostro corpo diventa una cellula di Dio e per questo appartiene a Lui. Ognuno di noi poi inizia a sporcare di fango l’amico che gli sta accanto per farci notare come molto spesso si dà più importanza alla sporcizia esteriore che a quella dell’anima. Poi toccherà alla tematica della croce. Sarà interessante riflettere come spesso si attribuisce questo termine a qualcosa di molto diverso dalla croce di Cristo. Una croce di sofferenza che Gesù non sopporta con rassegnazione ma l’abbraccia volontariamente per amore del Padre. Quindi si parlerà di Comunione ispirati dall’immagine del girasole con i volti (petali) rivolti l’uno all’altro e tutti insieme guardando il volto di Dio (sole). La tematica finale sarà quella della Testimonianza, e anche noi come gli apostoli che dopo la Pentecoste non hanno più paura ed escono per annunciare la parola di Dio veniamo inviati due a due per la spiaggia di Tropea ad invitare la gente ad un piccolo momento di preghiera che si terrà in serata in due chiese del corso. Il sole tramonta e il corso inizia a riempirsi di gente e chi perché colpito dal nostro invito e chi perché entusiasmato dall’animazione di musica e balli che si svolge davanti la chiesa di San Michele inizia ad entrare in chiesa. A fine serata la stanchezza si fa sentire ma ognuno di noi torna a “Corinto” con la certezza che il nostro sacrificio non è stato inutile e che il Signore per mezzo nostro avrà parlato a qualcuno di loro. Il nostro campo termina qui e dopo i saluti e le lacrime per gli amici che lasceremo torniamo ognuno a casa propria con la consapevolezza che la nostra missione e solo all’inizio e continua soprattutto nelle nostre diocesi. [GS] Eravamo almeno 90 persone provenienti da diverse parti d’Italia, ciascuno con le proprie storie, aspettative, modo d’essere, ma tutti con lo stesso obbiettivo: incontrare Cristo per portarlo agli altri. In riferimento al tema del campo “A spasso x Corinto” abbiamo svolto una ricca attività catechetica sulla Prima Lettera ai Corinzi, in cui l’Apostolo Paolo mette in evidenza tre tematiche centrali nella vita del cristiano: il corpo, la croce e la comunione. L’attività iniziava con la catechesi di Don Amedeo che seguivamo tutti insieme, in un secondo momento ci riunivamo con i nostri rispettivi gruppi in cui eravamo stati suddivisi i primi giorni (i gruppi erano cinque e a ognuno corrispondeva un continente), infine si facevano alcune dinamiche, il cui scopo era stimolarci a vivere quanto avevamo imparato.
Un momento importante del campo che mi è rimasto impresso è stata la testimonianza di Suor Carolina, che ha conosciuto di persona vivendo con lui, il sacerdote antimafia Don Pino Puglisi. Mi ha molto colpito la semplicità con cui la suora ci ha raccontato questo grande uomo di Dio. La grandezza di Don Pino Puglisi è stata di non arrendersi mai, nonostante le minacce dei boss mafiosi e ciò gli è costato la vita. Come dimenticare poi la veglia di preghiera ? Momento intenso in cui alcuni di noi hanno letto testimonianze di cristiani perseguitati per amore di Cristo, testimonianze di situazioni di croce di cui quasi nessuno fa parola, senza contare che i media non ci parlano tanto spesso nemmeno dei mafiosi pentiti. Dopo aver osservato un minuto di silenzio, il nostro amico Daniel ci ha raccontato di quando ha conosciuto il direttore del carcere dell’Aquila nei giorni successivi al devastante terremoto. Quello stesso direttore aveva conosciuto l’assassino di Don Puglisi, finito in carcere per aver ucciso tanta altra gente, adottando metodi di tortura sempre più duri. Solo ora l’ex mafioso si è convertito e ha deciso di collaborare con la Giustizia, anche se non si sente ancora degno di uscire dal carcere, a motivo del grande rimorso che prova ancora adesso per tutto ciò che ha fatto. Lo stesso assassino si è lasciato convertire dalla sua vittima, è incredibile ! Non vi pare che questo sia uno dei miracoli che il Signore compie tutt’oggi ? “Grida di giubilo nelle tende dei giusti: la destra del Signore ha fatto meraviglie” (Sal 118,15). Per concludere la preghiera, abbiamo condiviso le nostre preghiere spontanee e scritto il nome di una persona bisognosa a noi cara (qualcuno ha scritto anche il proprio) su una croce di carta posizionata in mezzo al quadrato.

Continua...--> Foto ---> Missio - Movimento Giovanile Missionario




IL PRESEPE DI BAGNOREGIO





Il cardinale Lauro,
Abate di Pinerolo

(A. Francesco Parisi/1958) Tra le attività del Cardinale Lauro, meno note fuori del Piemonte, possiamo senz'altro includere quella svolta nel Pinerolese in conseguenza della sua qualità di abbate di un illustre cenobio della zona: il monastero benedettino di S. Maria di Pinerolo.
Ruggiero Tritonio in quel suo pregiato ed antico volumetto che costituisce l'unica ragguardevole biografia del Cardinale tropeano stampata in Italia, ne accenna appena a pag. 80, scrivendo; <>.
In questo accenno, non vi è specificato nulla dell'opera effettuata dal Nostro in questo angolo del Piemonte, che nel secolo XVI era diventato un punto nevralgico del cattolicesimo italiano: opera che, se in parte egli svolse fuori del suo periodo di dominio abbaziale diretto a quasi sempre per interposte persone, nondimeno è giusto attribuire al suo merito, perchè compiuta secondo le direttive da lui impartite, dietro suo ordine ed a suo nome. Che autori moderni ed antichi non siano nel vero attribuendo al Tritonio molti più meriti di quanto ne ebbe, ce lo attestano non solo i suoi rapporti di dipendenza dal Lauro, ma i documenti coevi, comprovanti l'attività stessa, e le lettere del Cardinale, dai quali risulta chiaramente che il Tritonio, anche da abate, non fu, nel pinerolese, che un mirabile esecutore della volontà del prelato calabrese.
Come si può constatare dal brano surriportato, il Tritonio attribuisce all'esclusiva volontà di Sisto V la nomina del Lauro ad abate di S. Maria; ma ciò non è esatto. Infatti sin dal tempo di Nicolò V si erano stabilite nuove norme per l'elezione. Quest'ultimo Papa, in compenso della rinuncia al Pontificato fatta da Amedeo VIII, aveva concesso al Duca Ludovico di Savoia ed ai suoi discendenti la nomina di tutti i titolari dei benefici concistoriali e l'assenso ducale alle nomine dei vescovi ed abati di abbazie dipendenti <> da Roma.
S. Maria di Pinerolo rientrava in quest'ultima categoria, e la nomina di norma spettava al Papa; ma in pratica l'abate di S. Maria di Pinerolo veniva, quasi sempre, proposto e nominato dal Duca: il Papa dava il riconoscimento. Non diversamente avvenne nel caso di Lauro, messo a capo dell'abbazia pinerolese da Carlo Emanuele che in tal modo gli volle dimostrare maggiornente la sua stima. Il Papa gli concesse, poi, l'investitura.
Nella carica il Lauro seguì al cardinale di Vercelli, Guido Ferrero, morto il 16 maggio 1585; fu il 40° abate ed i 12° dei commendatari.
Quasi tutte le antiche memorie storiche di S. Maria segnano il 1586, quale anno d'inizio della sua commenda. E' invece accertato che vi prese possesso il 15 luglio dell'anno prima, tramite il segretario Ruggero Tritonio, cui aveva dato lettere di procura il 27 maggio 1585: esecutore della bolla pontificia fu il pinerolese D. Rinaldo Ressano, prevosto delle locali chiese di S. Donato e di S. Maurizio.

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Latina, dal 6 al 10 gennaio il
Festival Pontino del Cortometraggio

(S. L.) A Latina dal 6 al 10 gennaio i migliori corti italiani ed esteri per la VI edizione del Festival Pontino del Cortometraggio. Concluse le selezioni: 37 Nazioni rappresentate, 40 corti in concorso, ospiti di caratura nazionale. Più di 400 i lavori giunti da tutto il mondo per un evento a cui lavorano 30 persone e che è un regalo a tutta la città.
Nei giorni scorsi si sono concluse le selezioni: 6 gruppi di lavoro composti da 15 selezionatori, tutti laureati in discipline dello spettacolo e coordinati da Paola Populin, docente di Linguaggi multimediali presso il Liceo Classico Dante Alighieri, che hanno visionato tutti i 408 film iscritti, di cui 216 italiani 192 stranieri, (molti dei quali tradotti e sottotitolati proprio dagli ‘amici del Festival’). La fa da padrone la nostra regione, il Lazio, con 74 corti, al secondo posto Emilia Romagna e Lombardia con 25, e subito dopo Sicilia e Veneto. Nessuna rappresentanza dalle regioni Calabria, Molise e Trentino, mentre i pontini raggiungono quota 15 progetti. I dati internazionali poi vedono la Spagna protagonista, con ben 58 dvd inviati, e a seguire Regno Unito con 31 e Germania con 10. In totale sono rappresentate 37 Nazioni, tra cui Stai Uniti, Canada, Serbia, Argentina, Thailandia, Giappone, Australia, India e Korea. L’età media dei registi è di 32 anni, il più giovane ne ha 19 anni, mentre quello più maturo 49. Tra i temi proposti i più gettonati mantiene il primo posto il settore dell’esistenza, seguito immediatamente dal sociale e dall’amore, che vincono di misura sulla violenza, la guerra e le difficoltà giovanili. 4 le sezioni in cui questi cortometraggi si confronteranno per vincere i diversi premi in palio: tema libero, ComiCorto, i colori della violenza (assegnato dalla stampa) e Corto Maghreb.
Insomma, proprio un bel daffare, se si pensa che gli ‘amici del Festival’, coordinati dal Comitato organizzatore, hanno lavorato da marzo fino ad ora per curare ogni aspetto necessario alla realizzazione di questa sesta edizione. Più di 30 persone impegnate: dalla pubblicizzazione del bando sul sito e il conseguente monitoraggio delle iscrizioni on-line, gestita da Stefano Ingravalle, al recupero materiale dei corti; dall’organizzazione delle selezioni, curate dalla Populin, alla composizione della Giuria tecnica eseguita da Michela Caeta; dal reperimento di sponsor alle pratiche burocratiche e relazioni con gli Enti curati principalmente dalla Drigo stessa.
Tutto pronto dunque, e adesso restano da curare solo i dettagli finali di questa edizione che sicuramente non deluderà le attese.

Festival Pontino del Cortometraggio




'Totò' sbarca in Calabria
al Mediterranean Experiences Festival

(S. Libertino) Peter Schreiner e Antonio Cotroneo con il film 'Totò' tra qualche settimana sbarcheranno in italia nella Regione in cui si ambienta la storia autobiografica del lungometraggio sull'emigrazione che sta avendo molta fortuna in Europa a cominciare dalla partecipazione al recente Film Festival di Venezia.
L'occasione si presenta all'inizio del nuovo anno attraverso un invito/partecipazione al Mediterranean Experiences Festival che si svolgerà a Reggio Calabria dal 29 al 31 gennaio 2010. L'oramai collaudato Festival, giunto alla VII edizione, è patrocinato dal Ministero della Pubblica Istruzione, Regione Calabria, Provincia di Reggio Calabria, Federazione Nazionale della Stampa, Ordine dei Giornalisti della Calabria e si avvale della collaborazione del Comune di Reggio Calabria, Associazione culturale Calcidese, Associazione culturale Erietinet, Associazione culturale Tre Farfalli, Milano Film Festival, Fondazione Farefuturo.
Il MEDEF è organizzato dall'Associazione Culturale Teatro del Mediterraneo Onlus per il settimo anno consecutivo ed è legato al premio giornalistico internazionale “Gino Votano”. La manifestazione si propone di far conoscere la storia, la cultura, questioni sociali e ambientali, dei paesi che si trovano nell’area mediterranea, e si terrà nei giorni del 29, 30 e 31 gennaio 2010, nella splendida cornice della Città dello Stretto.
Il Premio giornalistico Gino Votano, in questi anni ha ottenuto il patrocinio del Ministero della Pubblica Istruzione, poiché è legato a un corso di giornalismo on line rivolto agli alunni delle scuole secondarie superiori calabresi. Nelle varie edizioni, sono stati premiati alcuni fra i più famosi giornalisti televisivi italiani, tecnici, registi e direttori della fotografia.

PROGRAMMA

29 gennaio 2010

I giornata: Sezione Mediterraneo
Proiezioni di documentari provenienti dall’area nordafricana e asiatica mediterranea: Egitto, Tunisia.

Focus: La vita a Beirut

"After Shave" (Libano, 27') di Hany Tamba
"Mabrouk Again" (Libano, 18') di Hany Tamba
"Beirut: Les Barbiers de Cette Ville" (Libano, 14') di Hany Tamba

Regioni: Magia, Amori e Intrighi

"Reggio, Morgana e il mare" (Italia, 19') di Mimmo Raffa
"Le donne, i cavalier, l'arme, gli amori..." (Italia, 30') di Mimmo Raffa

Dokumenta (a cura di Alessandra Cori)

"Cinema e sport: la forza dello sport e la sua filosofia" (Italia, 12'11") di Romolo Marcellini
"I ragazzi dei Cinque cerchi" (Italia, 66') di Romolo Marcellini
"Giotto racconta Cristo" (Italia) di Romolo Marcellini

Forum: Cultura e informazione nel Mediterraneo
Tavola rotonda che coinvolgerà i registi stranieri, giornalisti della stampa italiana e straniera, sul tema: “La circolazione della cultura e dell’informazione tra le sponde del Mediterraneo”

De Gustibus (a cura "Tre Farfalli")

Degustazione di legumi, salumi, formaggi e vini mediterranei

Imagina: Visioni

"Restauro e preservazione del patrimonio architettonico" di Najat El Hedhley Boubaker, preside Ecole Nationale d'Architecture et d'Urbanisme de Tunis (Tunisia)
Orizzonti: Tracce

"Soul's Voices" di Massimo Volponi (Italia)

Fluxus: Incanti

"Gypsy melodies" di Javier Camarda (Argentina)

Incontri

Giornalisti, studenti e pubblico potranno dialogare e intervistare previa prenotazione autori e convegnisti.

30 gennaio 2010

II giornata : Sezione Europa
Focus: Cervelli di migranti

"Totò" (Austria, 128'), di Peter Schreiner
"Emilio Vedova" (Germania, 7') di Claudia Mutzelfeldt (Zdf)
"Trouble. Teatine in Heilighendamm" (Germania, 98'), dei Mind Pirates Community

Regioni: Magia, Amori e Intrighi

"Il mio viaggio" (Italia, 35') di Mimmo Raffa
"Mito, leggende e tesori dello Stretto" (Italia, 21') di Mimmo Raffa

Dokumenta

"Legami d'acciaio" (Italia, 58') di Danila Bellino

Forum: I flussi dei popoli
Tavola rotonda sul tema: la storia dell’emigrazione fra i paesi del bacino del Mediterraneo

De Gustibus (a cura "I Tre Farfalli")

"Il Vino segreto" (Italia, 4') di Liborio L'Abbate

Degustazione di stocco, sotto oli e vini mediterranei
Orizzonti: Tracce

"Soul's Voices" di Massimo Volponi (Italia)
Fluxus: Incanti

"Gypsy melodies" di Javier Camarda (Argentina)
Incontri

Giornalisti, studenti e pubblico potranno dialogare e intervistare previa prenotazione autori e convegnisti.

31 gennaio 2010
III giornata: sezione Italia
Focus: l'inchiesta giornalistica in Italia

"Un mese dal terremoto" (Italia) di Flavio Isernia (Sky Tg 24)
"Parmalat: il clan del latte versato" (Italia) di Flavio Isernia (Sky Tg 24)
"Cina, l'Occidente siamo noi" (Italia) di Flavio Isernia (Sky Tg 24)
"Il silenzio della nebbia, Crevalcore" (Italia) di Flavio Isernia (Sky Tg 24)
"Antonio Ferroviere" (Italia, 12') di Alessandro Quadretti

Dokumenta

"Great Main, Made River Project" (Libia, 20' ) Gmra production

Forum: L'Inchiesta

Tavola rotonda sul tema: l'inchiesta e la formazione dell'opinione pubblica
De Gustibus (a cura "Tre Farfalli")
Degustazione di paste al ferretto, dolci e vini dolci mediterranei

Orizzonti: Tracce

"Soul's Voices" di Massimo Volponi (Italia)

Fluxus: Incanti

"Gypsy melodies" di Javier Camarda (Argentina)

Cerimonia di premiazione
VII Edizione del Premio giornalistico internazionale Gino Votano 2009

Incontri

Giornalisti, studenti e pubblico potranno dialogare e intervistare previa prenotazione autori e convegnisti

Mediterranean Experiences Festival




Meligrana Fans Club
è su Facebook !

(S. L.) QUESTO FANS CLUB E' STATO CREATO AFFINCHE' POSSANO INCONTRARSI TUTTI COLORO CHE,AVENDO FREQUENTATO IL LICEO UGO FOSCOLO DI ALBANO LAZIALE, SONO DIVENTATI DISCEPOLI DEL VECCHIO SAGGIO DI TROPEA!SONO GRADITI INTERVENTI CHE CI FACCIANO CONOSCERE O RICORDARE LE SUE FRASI CELEBRI!PER CIO' CHE RIGUARDA LE SUE PROVERBIALI URLA INVECE BISOGNEREBBE AVERE QUALCHE FILMATO O REGISTRAZIONE!INSOMMA RACCOGLIAMO TUTTO IL MATERIALE POSSIBILE SUL NOSTRO MITO DI SEMPRE!

Meligrana Fans Club

PAGINA SUGGERITA
Una pagina tropeana di (buon) costume in un processo del 1959




La musica popolare dei
'Lira battente'

(S. Libertino) I "LiraBattente" sono un gruppo di musica popolare formatosi nel 2007 da un'idea di Franco Pontoriero, esperto ricercatore ed appassionato di questo genere musicale.
Il nome "LiraBattente" è tutto un programma, infatti contiene il nome di due strumenti musicali tipici della tradizione: la Lira Calabrese e la Chitarra Battente.
La LIRA CALABRESE è uno strumento musicale tradizionale, caratteristico di alcune zone della Calabria: area della Locride e area del Monte Poro (località situata tra Vibo Valentia, Tropea e Nicotera, e dalla quale provengono tutti i componenti del gruppo).
La CHITARRA BATTENTE è un altro strumento tipico della tradizione calabrese, già presente nel territorio nazionale fin dal XIV secolo. Questo tipo di chitarra è di indubbia origine colta ed è detta anche chitarra italiana in contrapposizione alla chitarra "classica" che, importata solo alcuni secoli fa dalla Francia, viene indicata con il termine di chitarra francese.
Gli intenti del gruppo sono:
a) riscoprire, rivalutare e divulgare canti e ritmi popolari di un tempo: TARANTELLE, PIZZICHE, TAMMURRIATE, serenate, stornelli, filastrocche, musica grecanica, albanese, canti d'amore, di guerra e dal contenuto storico;
b) riscoprire, rivalutare e divulgare l'uso e la conoscenza di STRUMENTI MUSICALI DELLA TRADIZIONE POPOLARE: lira calabrese, chitarra battente, pipita, zampogna, friscaletto, doppi flauti, fisarmonica, organetto, tamburello, castagnette ecc.;
c) riscoprire, rivalutare e divulgare l'uso e la conoscenza di USI, COSTUMI e TRADIZIONI di un tempo;
Il REPERTORIO comprende:
" TARANTELLE;
" PIZZICHE;
" TAMMURRIATE;
" brani della tradizione popolare Calabrese, Napoletana, Pugliese e Siciliana;
" tarantelle inedite musicate da Franco Pontoriero, il cui testo è stato strapolato da proverbi e filastrocche della letteratura calabrese;
" brani di musica popolare inediti quali "Simu Briganti", "Aund'iru a finiri chidi tempi", "Giuseppe Musolino" ecc. tutti musicati da Franco Pontoriero;
" canzoni in dialetto grecanico;
" canzoni in dialetto albanese;
" Progetto Cantastorie.
COMPONENTI del Gruppo:
" FRANCO PONTORIERO (Lira Calabrese, chitarra battente, voce );
" FRANCESCO MANGIALAVORI ( chitarra classica, chitarra battente, voce);
" PINO PAGNOTTA (basso elettrico);
" MICHELE PONTORIERO (fisarmonica, organetto);
" NICOLA MARTINO (tamburello e percussioni);
" SIMONE MANGIALAVORI (pipita, friscaletto);
" DANIELA PONTORIERO (flauto, ottavino);
" GIUSY GRILLO (danze e coreografie).

Per ulteriori informazioni, per ascoltare canzoni, per vedere foto e filmati dei concerti dei "LiraBattente" si prega visitare il sito del gruppo.

INFO
francoponto@libero.it
Franco Pontoriero 0963-65240 333.674.84.84

I Lira battente

Gruppi Musicali


I bronzi di Riace

L'origine dei Bronzi di Riace

(S. Mongiardo) Ho letto con attenzione il bell'articolo di Gaetano Errigo sul N° 18-19 di Lettere Meridiane, pubblicazione dell'amico Franco Arcidiaco, che mi piace sempre di più. Vorrei al riguardo far notare un aspetto che non è stato finora preso in considerazione, e che invece può far calare decisamente la bilancia dell'originarietà dei Bronzi a favore di Caulonia.
Questa prova, viva ancora oggi, è il culto a Riace dei santi cristiani Cosma e Damiano, i due fratelli medici. A Riace in loro onore si tiene una grande festa dove convergono molti zingari e che Cesare De Seta ha magistralmente rappresentato nel lungometraggio del 1993 In Calabria. Detto tra parentesi, la chiesa dei due Santi è meravigliosamente affrescata da Zimatore e Grillo, pittori calabresi degli anni Trenta, un gioiello da non perdere!
Il culto di due santi assieme, come Cosma e Damiano, è un fenomeno conosciuto nella storia delle religioni e viene definito "paredrismo". Non cercate la parola nei vocabolari perché non la troverete: viene usata solo dagli storici delle religioni. Potete però vederne la spiegazione cercandola su Wikipedia, che la illustra abbastanza bene:
Paredro: Dal greco pàredros da parà, a fianco e èdra, seggio. Il Rocci riporta: "che sta vicino, appresso; che sta in secondo posto, inferiore, assistente, compagno, associato, collega, ausiliare, assessore". In questo termine è contemplato anche il significato di affiancamento e sussistenza. Paredro si dice di una divinità associata nel culto ad un'altra di maggiore importanza e solitamente di sesso differente.
In questo senso si può guardare anche al culto a Roma dei Santi Pietro e Paolo, che rappresentano la successione cristiana dei fondatori Romolo e Remo. Cioè, i cristiani convertiti non volevano essere da meno dei pagani che avevano due protettori. Allora i Bronzi potrebbero essere Castore e Polluce o due eroi eponimi di Caulonia.
L'ipotesi che siano opera di Pitagora di Reggio, tanto famoso che fu chiamato a fondere bronzi in Grecia, è corroborata dall'Enciclopedia TRECCANI nella prima edizione del 1935, ben prima che i Bronzi fossero scoperti. Basta aprirla e guardare la statua di bronzo riportata accanto alla voce Pitagora di Reggio. Sembra la foto di uno dei due Bronzi. Guardare per credere.
Inoltre, la scoperta nei fondali di Riace potrebbe indicare che le due statue furono mal caricate, o il carico sabotato dagli abitanti di Caulonia, nel tentativo dei Romani di portarle via per punire gli abitanti del loro schieramento a favore di Annibale, o più semplicemente perché erano troppo belli.

Salvatoremongiardo.com


Locandina del filmArturo LavoratoFelice D'Agostino

Locandina del film e i registi Arturo Lavorato e Felice D'Agostino

Il Canto dei nuovi emigranti

(S. L.) Regia: Arturo Lavorato, Felice D'Agostino
Anno di produzione: 2005
Durata: 54’
Tipologia: documentario
Genere: sociale
Paese: Italia
Produzione: Suttvuess; in collaborazione con Associazione Culturale “Cittanuova” di Cittanova, Associazione Culturale “Amici della Casa della Cultura Leonida Repaci” di Palmi
Formato di ripresa: Super 8, DV Cam, 16mm, U-matic
Formato di proiezione: Betacam SP, colore
Titolo originale: Il Canto dei Nuovi Emigranti
Sinossi: A 40 anni dalla morte di Franco Costabile, "Il Canto dei Nuovi Emigranti" (ispirato alla poesia omonima) racconta la storia collettiva di un popolo attraverso la vita e l’opera del poeta. L’aspra realtà calabrese, la diaspora dell’emigrazione, l’estraneità radicale delle istituzioni e degli uomini politici, il dolore umano di una condizione senza scampo sono i tratti dell’itinerario e della vicenda esistenziale di Franco Costabile, che si propongono come capitoli di una vicenda insieme familiare e sociale.
Ambientazione: Sambiase (CZ) / Roma
Note:
Il titolo del documentario riprende da un’omonima poesia di Franco Costabile, vincitrice del Premio Letterario Frascati.
I testi presenti nel documentario sono "Il Canto dei Nuovi Emigranti" di Franco Costabile e "Con Questo Cuore Troppo Cantastorie" di Felice D'Agostino e Arturo Lavorato e ad altre poesie di Franco Costabile.
Le Interviste presenti nel film sono state realizzate nel 1985 da Francesco Adornato per la regia di Sandro Fusco.

BIOFILMOGRAFIA DEI REGISTI

FELICE D'AGOSTINO è nato a Tropea nel 1978. Laureato in Storia e critica del cinema presso l'Università degli studi di Firenze, collabora e lavora dal 2000 con STUTTVUESS come operatore, montatore e regista. Da sei anni svolge, insieme ad Arturo Lavorato ed Angelo Maggio, un'attività ricerca e documentazione audiovisiva sulle feste religiose popolari in Calabria. Attualmente impegnato insieme ad Arturo Lavorato nella creazione di un archivio audio-visivo sulle Lotte contadine nella Piana di Gioia Tauro.
E' autore di "La notte del Gufo" (documentario girato in Palestina nel 2003, liberamente tratto da una poesia di M. Darwish), "La gente dell'albero" (documentario sul rito arboreo di Alessandria del Carretto, piccolo centro del Pollino calabrese, 2004) e "Vattienti" (documentario sul rito di autoflagellazione in uso a Verbicano-CZ-, 2004).
Nel 2005 realizza insieme ad Arturo Lavorato "Il canto dei nuovi emigranti - a Franco Costabile poeta", vincitore del Premio Persol - Miglior documentario italiano alla XXIII edizione del Torino Film Festival.
Vive e lavora tra Roma e la Calabria.

ARTURO LAVORATO è nato a Vibo Valentia nel 1974. Laureato in discipline demo-etno-antropologiche presso la facoltà di Lettere dell'Università La Sapienza di Roma, Master in Teoria e analisi qualitativa presso la facoltà di Scienze della comunicazione dell'Università La Sapienza.
Dal 2000 svolge la propria attività di montatore, operatore di ripresa e regista presso la cooperativa di produzione e postproduzione SUTTVUESS, della quale è presidente.
Da sei anni svolge, insieme a Felice D'Agostino ed Angelo Maggio, un'attività di ricerca e documentazione audiovisiva sulle feste religiose popolari in Calabria.
Sempre con Felice D'Agostino, è impegnato nella realizzazione di un archivio audiovisivo sulle lotte contadine nella piana di Gioia Tauro patrocinato dal Comune di Cittanova, dal cui materiale sta sviluppando una ricerca di storia orale. E' autore, insieme a Felice D'Agostino e Angelo Maggio, de "La gente dell'albero" e "Vattienti", due documentari etnografici riguardanti, rispettivamente, il culto arboreo che si svolge ogni primavera presso il paese di Alessandria del Carretto, nel Pollino calabrese, e il culto penitenziale di autoflagellazione che si realizza ogni Pasqua a Verbicano, piccolo centro del cosentino.
Insieme a Marco Marcotulli ha realizzzato "A zappa pisa...", un documentario sulla vita contadina ambientato a Palmi-RC e basato su interviste biografiche. Nel 2005 realizza insieme a Felice D'Agostino "Il canto dei nuovi emigranti - a Franco Costabile poeta", vincitore del Premio Persol - Miglior documentario italiano alla XXIII edizione del Torino Film Festival.
Vive e lavora tra Roma e la Calabria.

Il canto dei nuovi emigranti


'Stazione di Tropea', plastico ferroviario realizzato da Alessandro La Torre

'La stazione di Tropea', plastico ferroviario realizzato da Alessandro la Torre

Quando il modellismo ferroviario diventa arte con la A maiuscola,
nelle mani di Alessandro La Torre

(A. La Torre) Ciao a tutti, mi chiamo Alessandro, sono nato e cresciuto a Tropea, sposato con la figlia di un ferroviere ed ho sempre cercato di riprodurre, nei miei lavori modellistici, i colori e le conformazioni dei paesaggi calabresi.
Come molti di voi, faccio fermodellismo dall'età dell'infanzia e sono ancora vivi in me i ricordi di quando, ancora bambino, guardavo esterrefatto i plastici pubblicati sui cataloghi "LIMA".
Ma il tempo passa ed ora ho la fortuna di poter coltivare attivamente questo bellissimo hobby.
Il diorama che ho realizzato riproduce un pezzettino di costa calabrese e l'ho denominato "la costa degli Dei".
Il perchè? Semplice... tempo fa la regione Calabria aveva organizzato dei viaggi ferroviari gratuiti utilizzando una ALn, riverniciata nella livrea verde scuro/bianco con la scritta "la costa degli Dei".
E tale automotrice percorreva la costa calabrese passando proprio su scorci come quello che ho riprodotto!
Il diorama misura 40cm x 18cm e per realizzarlo, ci ho impiegato... la bellezza di 5 giorni!
Ecco svelati i segreti...
Materiali utilizzati: legno, cartoncino, ovatta, sabbia setacciata, spugna triturata, fiocchi di polistirolo da imballaggio.
Vegetazione: teloxis aristata, ovatta verniciata a spruzzo cosparsa di spugna triturata.
Scogli: fiocchi di polistirolo da imballaggio spezzettati con le mani.
Massicciata: sabbia setacciata del mare di Tropea.
Spiaggia: sabbia setacciata del mare di Capo Vaticano.
Portale galleria: cartoncino intriso di talco e polvere di gessetto colorato + acqua e colla vinilica. Ad asciugatura avvenuta, ho inciso il tutto pietra per pietra.
Muro di contenimento: cartoncino pressato stampato al computer.
Pali e segnali: legno e metallo.
Tabelle limite di velocità: stampate al computer.
Mare: colla vinilica + colori blu, bianco, ocra e nero. Smalto trasparente.
Come avete potuto vedere... non è poi così complicato! Nel video potete vedere una dimostrazione di come realizzo i cespugli e gli alberi mediante l'utilizzo di ovatta.
Nel tempo libero adoro realizzare diorami ed accessori fermodellistici... è più forte di me, non riesco proprio a farne a meno, pertanto se qualcuno dovesse essere interessato, mi può contattare al mio indirizzo mail: latorrealex@libero.it
Ciao a tutti e BUON DIVERTIMENTO con questo meraviglioso hobby!

La stazione di Tropea

La Costa degli Dei

Gli insegnamenti su You Tube di Alessandro La Torre


Filippo AccorintiVittorio RestelliMicuccio Cortese

Il 'Giorno della Memoria' di Tropea


(S. Libertino) Quest'anno in Italia il 'Giorno della Memoria' verrà celebrato per la decima volta. Anche la Città di Tropea si appresta a prendere parte ad un evento di portata istituzionale e rendere il sacro tributo ai propri figli internati nei lager nazisti. Sono tre infatti i tropeani che hanno vissuto la deportazione in Germania e che hanno patito ogni sorta di vessazione fino a sacrificare - da parte di uno di loro - la propria vita.
Stiamo parlando di Filippo Accorinti d'Aquino, Vice Commissario di Polizia a Udine, morto a Mauthausen il 20 aprile 1945, Vittorio Restelli, allievo sottufficiale dell'Esercito, e Micuccio Cortese, Sergente Maggiore dell'Esercito, gli ultimi due internati nel 1943 nello Stalag VI A di Hemer e liberati dagli americani nel 1945.
Secondo la ricostruzione dello storico udinese Elio Romano , tra il 22 luglio ed il 2 agosto del 1944 furono arrestati e poi ristretti nella Casa Circondariale di Via Spalato in Udine il questore Luigi Cosenza, il vice questore Ernesto Galliano, il commissario capo Luigi Ruggiero capo di Gabinetto, i commissari Filippo Accorinti, Nino D’Angelo, Giuseppe Sgroi, Mario Savino, Camillo Galli, i graduati Sparsero Toschi e Bruno Bodini, le guardie di P.S. Anselmo Pisani e Mario Comini, l’impiegato civile Giuseppe Cascio, genericamente sospettati di scarsa collaborazione, se non addirittura di attività contrarie alle direttive politiche del governo fascista e delle forze di occupazione tedesche.

Continua...

PAGINA SUGGERITA

Grazie Micuccio!




Gabriella Cilmi

Gabriella Cilmi: in arrivo il suo nuovo album

(Antonella Pitaniello) Uscirà il prossimo 19 marzo il nuovo album della cantante italo-australiana. Si chiamerà "Ten" ed il primo singolo estratto "On A Mission" è ascoltabile già nelle radio italiane.
Gabriella Cilmi nata a Melbourne, ha origini calabro-australiane e spesso trascorre le vacanze a Tropea con la sua famiglia.
Non ha ancora compiuto 20 anni ed ha esordito nella musica circa due anni fa con il suo primo singolo di successo “Sweet About Me” tratto dall’album Lessons to be learnt.
Il singolo ha avuto un successo immediato classificandosi ai vertici delle classifiche di mezzo mondo, e vendendo oltre 2 milioni di copie in tutto il mondo. Recentemente il pezzo “Sweet About Me” è stato consacrato il pezzo più programmato dalle radio inglesi nel 2009.
La cantante al suo debutto subito è stata paragonata ad Amy Winehouse, anche se quando ha iniziato a comporre non esisteva ancora la Winehouse. La bella Gabriella ha una vita diversa da quella della Winehouse, ma una cosa che accomuna le due c’è, ed è la loro voce accattivante.
Il prossimo 19 marzo uscirà anche in Italia il suo nuovo album “Ten” ed il primo singolo tratto dal suo ultimo lavoro si chiama “On A Mission”, già in rotazione su molte emittenti radiofoniche.

Gabriella Cilmi's Homepage

Channel su You Tube di Gabriella Cilmi



"Sweet About Me"

Ooh Watching Me,
Hanging By A String This Time
Oh Easily The Climax Of A Perfect Life.
Ooh Watching Me,
Hanging By A String This Time.
Oh Easily,
My Smiles Worth A Hundred Lies.
If There’s Lessons To Be Learned,
I’d Rather Get My Jamming Words In First Oh
Tell Ya Something That I’ve Found,
That The Worlds A Better Place When It’s Upside Down Boy
If There’s Lessons To Be Learned,
I’d Rather Get My Jamming Words In First Oh
When Your Playing With Desire,
Don’t Come Running To My Place When It Burns Like Fire, Boy.

Sweet About Me,
Nothing Sweet About Me, Yeah
Sweet About Me,
Nothing Sweet About Me, Yeah
Sweet About Me,
Nothing Sweet About Me Yeah
Sweet About Me,
Nothing Sweet About Me, Yeah

Blue, Blue, Blue Waves They Crash
As Time Goes By,
So Hard To Catch
And Too, Too Smooth,
Ain’t All That
Why Don’t You Ride My Side Of The Tracks

If There’s Lessons To Be Learned,
I’d Rather Get My Jamming Words In First Oh
Tell Ya Something That I’ve Found,
That The Worlds A Better Place When It’s Upside Down Boy
If There’s Lessons To Be Learned,
I’d Rather Get My Jamming Words In First Oh
When Your Playing With Desire,
Don’t Come Running To My Place When It Burns Like Fire, Boy.




Il rosario di Antonius Spanus tropiensis

(S. Libertino) Una ventina di anni fa le notizie a disposizione su Antonio Spanò erano pressochè nulle. Eppure, nel 1872 Nicola Scrugli, che aveva avuto dall'amministrazione comunale tropeana il compito di riordinare la toponomastica cittadina all'indomani dello smembramento del centro storico avvenuto dopo gli eventi sismici del 1783, gli aveva dedicato un grazioso larghetto, ai più - a dire il vero - noto come "arretu 'o furnu 'i Tonna" (dietro al forno di Tonna), poichè vi sorgeva un piccolo e antico forno a legna, frequentatissimo da chi amava le cose belle. E difatti è quì che venivano affidate lande, tortiere e marmitte colmi di pane, biscotto, pitte, parmigiane, testi, pandispagna, campanari, pie, paste di mandorla.... E quando Tonna decideva il punto giusto di cottura di quel ben di Dio e lo rispediva al domicilio del mittente attraverso le mani garbate di Esterina e del suo lungo 'tumpagnu', il larghetto si impregnava piacevolmente, oltre che dell'odore di legna bruciata, di umori e profumi che inebriavano l'intero quartiere dei Gesuiti.
Poichè il discorso storico letterario sull'artista tropeano si è evoluto e recentemente, a seguito di approfondite ricerche, ha toccato traguardi lusinghieri, sarebbe opportuno fare il riepilogo cronologico almeno dei documenti che sono andati a scoprire sempre di più il carattere ed il valore artistico di un nostro personaggio del Cinquecento venuto fuori come per incanto a rivivere assieme a noi e a portare ancora oggi nel mondo dell'Arte il nome di Tropea, sua città natale, che appare inciso nelle opere accanto alla firma dell'Autore.
Il primo a menzionare il nome di Spanò fu Francesco Sergio nel manoscritto ''Chronologica Collectanea sive Chronicorum de civitate Tropea eiusque territorio." recante sul frontespizio la data del 1720. Del manoscritto nel 1988 fu pubblicata a Napoli l'edizione anastatica (in bianco e nero) per l'Athena editrice, a cura di Pasquale Russo, che per l'occasione firmò una ricca, documentata e dotta presentazione con cenni biografici inediti dell'Autore. Lo Spanò fu definito dal Sergio 'pittore', poichè egli stesso, durante la permanenza spagnola, aveva visto, con i suoi occhi, un dipinto dietro il coro del monastero di San Lorenzo dell'Escorial.

Antonio Spanò





Una delle foto pubblicate dal cliente indignato

'Mai più in quella topaia'. La lista nera degli hotel.
Al terzo posto un albergo tropeano

(Benedetta Perilli x laRepubblica.it) Sul sito TripAdvisor, collaudata community internazionale di utenti dei servizi turistici, la top ten degli alberghi più sporchi in tutto il mondo. In Italia segnalazioni da Sardegna, Roma, Firenze. Il peggiore d’Europa è a Blackpool. Descrizioni raccapriccianti, confermate da molti malcapitati, con tanto di foto
Al terzo posto si piazza La Pace Hotel di Tropea e anche qui i commenti non mancano: “vergognoso”, “da evitare”, “ orrore in hotel”, “andate dovunque ma non qui”. Contestati dai clienti sono soprattutto il rapporto qualità prezzo e la pulizia. Al quarto e quinto posto troviamo altri due hotel romani: uno, il Nizza, era stato il vincitore della classifica .

Continua...

Le proteste dei clienti nel sito www.tripadvisor.it


Francesco e Emilio RotoloEmilio Rotolo di Volpe Pasini:
vino e storia, passioni irrinunciabili

(Stefano Cergolj x Lavinium) Calabrese di Tropea, medico gastroenterologo di formazione, di mestiere imprenditore immobiliare, si appassiona di viticoltura e nel 1995 rileva l'azienda e il complesso immobiliare Volpe Pasini che viene restaurato e ristrutturato nel rigoroso rispetto della sua tipologia storico architettonica.
Grazie alle sue spiccate doti manageriali, circondandosi di uno staff di tecnici e professionisti capaci e da lui personalmente scelti, dà lustro e competitività all'azienda facendola diventare una delle realtà più importanti del panorama vinicolo nazionale ed internazionale. La sua filosofia punta alla ricerca costante della qualità totale, un lavoro instancabile fra campagna e cantina dove nulla è lasciato al caso.
Prima di iniziare a rispondere alle mie domande, Emilio ci tiene a esporre due suoi pensieri che ritiene importanti per comprendere la sua filosofia produttiva e di cui vuole farmi partecipe.
Con il primo vuole sottolineare come il vino non sia un prodotto naturale nel senso stretto della parola, perché la fine del ciclo produttivo che parte dall'uva dovrebbe portare alla formazione dell'aceto per definirsi come tale a tutti gli effetti. Il vino è un prodotto creato dall'uomo che interrompe il suo processo naturale, un prodotto che ha subito notevoli cambiamenti organolettici nel corso dei secoli, una bevanda da sempre ritenuta importantissima, citata più di duemila volte nella bibbia a celebrare momenti piacevoli e conviviali.
Per produrre un grande vino, ci vuole la compartecipazione di quattro elementi fondamentali, che sono: storia, tradizione, cultura e scienza. Solo quando tutti partecipano assieme dando il proprio contributo, allora sì che si può ottenere qualcosa di eccezionale. Il secondo aspetto sul quale Emilio si vuole soffermare è quello legato alla difesa dell'ambiente. Non si vuole nascondere dietro le bandiere del biologico o biodinamico da voler perseguire ad ogni costo, e talvolta utilizzato da qualcuno con lo scopo di facilitare qualche vendita, ma è fermamente convinto che tutti i viticoltori dovrebbero essere in prima linea nella difesa dell'ambiente, dimostrandolo con i fatti e non solo a parole.

Continua...


CINEMA: AL VIA A REGGIO CALABRIA
MED EXPERIENCES FESTIVAL

(ANSAmed/29gen) Egitto e Tunisia saranno protagonisti della rassegna cinematografica proposta dal Mediterranean Experiences Festival (Medef) di Reggio Calabria che da domani e fino a domenica prossima, proporrà ai visitatori non soltanto film, ma anche concerti, una mostra d'arte e tre tavole rotonde. Fra i 27 lungometraggi e corti in concorso (per le sezioni Mediterraneo, Europa, Italia e Regioni), e gli 8 fuori concorsi, spiccano i lavori dell'egiziano Ahmed Youssef, ''An artist from the East'', documentario sulle arti visive contemporanee egiziane e i film del regista Maged El-Mahdi, un autore che presenta in modo limpido i problemi dell'integrazione.
Da Tunisi, arriva invece il produttore e regista, Mohamed Challouf che con ''Italiani dell'altra riva'', analizza la vita degli italiani - anche illustri come Claudia Cardinale - nati in Tunisia. Sempre alla vita degli italiani nel Paese maghrebino e' dedicato ''Ritratto di Maurizio Valenzi'', un documentario di Gina Annunziata e Mohamed Challouf, sulla vita di Maurizio Valenzi, pittore della scuola di Tunisi, trasferitosi poi a Napoli dove è diventato uno dei sindaci piu' amati dalla citta'. Al recupero dei tesori architettonici della Tunisia, poi, è rivolto il documentario realizzato dalla direttrice dell'Ecole d'Architecture et d'Urbanisme di Tunisi, Najat El Hedhley Boubaker, ''Per la memoria della citta' delle oasi''.
Storie di emigrazione sono poi anche quelle raccontate dall'austriaco Peter Schreiner (nella foto) in ''Totò'' - già presente a Venezia - che narra la storia di un immigrato calabrese che, dopo anni di lavoro in Austria, ritorna a Tropea, suo paese natale, o da Andrea Segre, in ''A sud di Lampedusa''.
A Reggio Calabria non mancheranno inoltre pellicole divertenti come ''After Shave'' del libanese Hany Tamba, già premio Cesar in Francia; ''Bezi Zeko Bezi'' del serbo Pavle Vuckovic, vincitore a Cannes della sezione cortometraggi; ''Door to Door'' dell'israeliano Shunit Aharoni, quest'anno selezionato con il film ''Kirot'' al Toronto International Film Festival. E ancora, il cinema spagnolo sarà presente con ''La Ruta Natural'' di Alex Pastor, già vincitore del Sundance Festival, mentre per la Francia, ci sarà David Dusa, con ''Amin'', miglior cortometraggio europeo della European Film Academy.
Infine, tra le tante proposte del Festival diretto dalla regista e attrice Danila Bellino, tra i documentari che renderanno omaggio alla Calabria, ci saranno anche ''Il mio viaggio'' e ''Mito, leggende e tesori dello Stretto'', realizzati dal regista e attore Mimmo Raffa.

Mediterranean Experiences Festival





Franco MigliaccioFranco Migliaccio
pittore, docente e critico d'arte

(S. L.) Nato a Tropea nel 1947. Si diploma presso l'Istituto Statale d'Arte di Vibo Valentia (1965) e l'Accademia di Belle Arti di Brera, Milano (1972). Svolge attività di pittore, docente e critico d'arte.
Ha allestito circa cinquanta "personali" e partecipato ad oltre trecento mostre di gruppo e rassegne d'arte. Ha all'attivo numerose pubblicazioni. Fra queste:
"Il Grande Evento" Pittura contemporanea per il 500° anniversario della scoperta dell'America. Milano, 1992.
"Storia, miti e leggende" Teti Editore, Milano, 1993.
"Capire l'Arte" Ed. Rimeco, Melano, Svizzera, 1995.
"Pianeta Brera" Di Fiore Ed., Milano, 1995.
"Il Disegno satirico in Italia" Teti Editore, Milano, 1998.
Collabora, nel campo del Design, dopo la lunga esperienza con lo Studio Alchimia, con Alessandro Mendini e a varie riviste fra le quali, in maniera regolare con "Terzo Occhio" Trimestrale d'Arte Contemporanea, Ed. Bora, Bologna.
Ha organizzato mostre di importanza internazionale curandone i cataloghi e le relative pubblicazioni. Fra queste:
"Il Grande Evento - Pittura contemporanea per il 500° anniversario della scoperta dell'America". Di Fiore Ed., Milano, 1992.
"Segno Gesto Materia" Seminario e relative mostre sull’astrazione emozionale con Vasco Bendini, Mario Raciti, Medhat Shafik, per conto della Libera Accademia di Belle Arti di Brescia, 2002.
"Come il vento – Una scultura per ricordare Michele Albereto", Concorso, Centro Cascina Grande, Rozzano, 2003.
"Leggere non è reato" retrospettiva di Emilio Isgrò, Chiari (Brescia), 2003.
"Itinerari Plastici" Rassegna di scultura per il Centro Culturale Cascina Grande, Rozzano, anno espositivo 2005.
"La Nuova scena Urbana" Rassegna di arti figurative (pittura, scultura, fotografia, video, installazioni, performances) per il centro Cascina grande, Rozzano, anno espositivo 2006.
Ha presentato, in rassegne, retrospettive e antologiche artisti come: Mimmo Rotella, Emilio Isgrò, Medhat Shafik, Vasco Bendini, Mario Raciti, Ennio Calabria, Floriano Bodini, Ugo Attardi, Armando de Stefano, Piero Leddi, Paolo Barbatella, Robert Carroll, Bruno Cassinari, Aligi Sassu, Gianfranco Ferroni, Tino Vaglieri, Alessandro Mendini, Franco Mulas, Giancarlo Ossola, Alberto Sughi, Togo, Alexander Kossuth, Ernesto Treccani, ecc.
Ha curato numerosi Simposi di Scultura in Abruzzo (due edizioni di "Moto perpetuo" a Pescocostanzo) e in Lombardia. E' consulente di centri culturali e spazi espositivi sia pubblici che privati. Ha fondato nel 1987, e dirige a tuttora, la Scuola di Disegno e Tecniche Pittoriche di Trezzano sul Naviglio.
Attualmente è Docente di Storia dell'Arte Moderna e Contemporanea presso l'Accademia di Belle Arti di Brescia. Vive a Trezzano sul Naviglio (MI), Via Boccaccio 2/B
Tel: 02.4454389 - 347.9723288

Web di Franco Migliaccio

Galleria




Teatro la Pace
Ecco il Cartellone della Stagione 2010


Quello che proponiamo è un programma che va incontro alle esigenze di evasione del pubblico attuale, che ha voglia di ridere e di dimenticare le difficoltà contingenti». Per Domenico Pantano, direttore artistico del teatro La Pace di Drapia, è questo il valore aggiunto del cartellone 2010, presentato nel corso di una conferenza stampa tenutasi nella sede dell’Amministrazione provinciale, che ha patrocinato e sostenuto l’allestimento della rassegna.
All’incontro con i giornalisti, oltre a Pantano, ha partecipato l’assessore alla Cultura Michelangelo Mirabello, a sottolineare l’impegno della Provincia nella promozione di iniziative che siano in grado di favorire un maggiore fermento culturale sul territorio.
Nove gli spettacoli messi in cartellone dal Centro teatrale meridionale che cura l’allestimento; di questi, sette si inseriscono nel filone della commedia comica o brillante.

TEATRO LA PACE DRAPIA (VV)
PROGRAMMA STAGIONE 2010


Venerdi 5 febbraio 2010 - ore 2100
"I casi sono due" di Armando Curcio, con Carlo Giuffrè e Angela Pagano.
Regia di Carlo Giuffrè

Domenica 14 febbraio 2010 - ore 1830
"Due letti per un marito" di Guido Palliggiano, con Barbara Chiappini, Guido Palliggiano e Gino Cogliandro.
Regia di Guido Palliggiano.

Domenica 21 febbraio 2010 - ore 1830
"Il Gabbiano" di Anton Cechov, con Patrizia Dilani, Carlo Simoni e Maurizio Donadoni. Musica di Virgilio Ranzato e Carlo Lombardo. Direttore d'orchestra: Orlando Pulin.
Regia di Marco Bernardi.

Venerdì 12 marzo 2010 - ore 2100
"Chat a due piazze" di Ray Cooney, con Fabio Ferrari, Lorenza Mario, Gianluca Ramazzotti, Miriam Mesturino e con la partecipazione straordinaria di Raffaele Pisu.
Regia di Gianluca Guidi.

Domenica 21 gennaio 2010 - ore 1830
"Vogliamoci tanto bene!" di Carlo Bucciroso, con Carlo Bucciroso, Maria Del Monte e Gianni Parisi.
Regia di Claudio Buccirosso.

Sabato 28 marzo 2010 - ore 2100
"E pensare che eravamo comunisti" di Roberto D'Alessandro, con Roberto D'Alessandro, Pia Engleberth, Maria Lauria, Claudia Campagnola, Romano Fortuna e Simon Tagliaferro.
Regia di Roberto D'Alessandro.

Sabato 10 aprile 2010 - ore 2100
"Ho appena 50 anni e ballo il Sirtaki" di Raffaele Paganini, con Emanuela Bianchini, Simona De Nittis, Ilaria Ostili, Ilaria Palmieri, Ivana Cibin, Alessia Giustolisi, Vito Cassano, Salvatore Addis, Nicola Palmas. Coreografie di Mvula Sungani. Costumi di Marco Coretti
Regia di Mvula Sungani.

Domenica 18 aprile 2010 - ore 1830
"Pitagora e la Magna Grecia" di Mario Moretti, con Domenico Pantano e Americo Saltutti.
Regia di Domenico Pantano.

Lunedi 3 maggio 2010 - ore 2100
"Un tè per tre" di Bruno Tabacchini e Biagio Izzo, con Biagio Izzo.
Regia di Biagio Izzo.

INFOLINE
0963/67.295 - 0963/41.300




Antonio Cotroneo e Peter Schreiner (Foto S. Libertino)

Mediterranean Experiences Festival
Due prestigiosi riconoscimenti al film 'Totò'
per la migliore regia e migliore interpretazione

(S. Libertino) E' il regista egiziano Maged El Mahdi, il vincitore della settima edizione del Premio giornalistico internazionale "Gino Votano", per il miglior documentario 2009.
Il Premio per il "Miglior progetto del Mediterraneo 2009", è andato invece alla professoressa Najet Hedhley Boubaker, direttrice dell'Ecole Nationale d'Architecture et d'Urbanisme di Tunisi con "Per la memoria delle città delle oasi tunisine", un progetto - è scritto nelle motivazioni "che, nel nome della cooperazione, è riuscito a avvicina i popoli". "Per il linguaggio asciutto e diretto con cui ha descritto da testimone la tragedia del terremoto in Abruzzo, accostando in un'unica forte emozione, anime, volti e rovine", lo speciale televisivo "Un mese dal terremoto" di Flavio Isernia, vice caposervizio Sky Tg 24, ha ricevuto il premio come miglior documentario televisivo 2009.
Al lungometraggio di Peter Schreiner (Austria) sono stati attribuiti due riconoscimenti: migliore regia 2009 e miglior interprete 2009, ricevuto da Antonio Cotroneo. Infine la miglior sceneggiatura è andata a "Le Donne, i Cavalier, l'Arme, gli Amori ..", di Mimmo Raffa, mentre il premio miglior giornalino scolastico 2009 è andato a "Random", realizzato dai ragazzi del liceo scientifico Leonardo da Vinci di Reggio Calabria.
I riconoscimenti sono stati consegnati nel Teatro Cilea di Reggio Calabria, dal giornalista del Tg 1, Francesco Votano, figlio di Gino, storico e saggista calabrese che il Premio intende ricordare, dall'assessore al Turismo del Comune di Reggio Calabria, Enzo Sidari, e dal viceconsole tunisino a Napoli, Maha Naouech.
Purtroppo, Peter e Totò non hanno potuto ritirare i premi perchè poco prima sono stati protagonisti, assieme al preside Pasquale D'Agostino, di uno spiacevole incidente stradale. Anche se non c'è stato nulla di grave, hanno deciso di abbandonare Reggio per raggiungere Vienna prima di conoscere il verdetto della giuria.
Ho sentito stamattina telefonicamente Totò che ha voluto dare ampie assicurazioni di stare in buona salute. Aveva ricevuto la notizia da una sua collega marocchina, ma non aveva dato credito: 'Tutto credo sulla Calabria, ma non che abbiamo vinto qualcosa'. Totò è apparso frastornato ma felice anche se dovrà metabolizzare meglio questi due prestigiosi riconoscimenti.
Complimenti ancora a Antonio Cotroneo e a Peter Schreiner!

Mediterranean Experiences Festival




Una vecchia foto degli anni Sessanta di Tropea sparita: la Processione di S. Giuseppe.
Una tradizione tropeana ripresa solo qualche anno fa a furor di popolo e subito dimenticata
come di solito accade al popolo tropeano.


Da Carnevale a Pasqua: un percorso di tradizioni e di valori

(S. Libertino) Dopo aver da poco abbandonato le atmosfere natalizie e i bagordi di fine anno, ci troviamo da qualche settimana e ci stiamo addentrando in pieno inverno verso le follie carnevalesche, la festività di San Giuseppe, la Fiera dell'Annunziata, la Madonna di Romania, la Settimana Santa, la Santa Pasqua. Un percorso di tradizioni popolari tropeane che fu oggetto di ricerca da parte di Giuseppe Chiapparo (1894 - 1963), che nel 1957 ha pubblicato un prezioso saggio "Da Carnevale a Pasqua in Tropea" nella Rivista 'Folclore della Calabria' .
In questo percorso l'etnologo tropeano ci prende per mano e ci accompagna in un mondo bello, genuino, pieno di valori, raccontandoci e facendoci conoscere le usanze di un paese in parte sparito, quasi a voler suggerire che se avessimo conservato intatte quelle radici e investito su quella cultura popolare avremmo potuto oggi raccogliere migliori profitti etici, educativi per le nuove generazioni e sicuramente turistici per una maggiore risorsa commerciale e lavorativa nel cuore invernale. Un saggio che valga la pena di rileggere e faccia riflettere i futuri governanti!

'Da Carnevale a Pasqua' di Giuseppe Chiapparo




Il Giudice Pasqualino Lo Torto

Pasqualino Lo Torto
un giudice coraggioso

(Antonio Scopelliti) Il giudice onesto, coraggioso e libero, se è impreparato - e può capitare - sbaglierà più di chi, oltre ad essere onesto, coraggioso e libero, è anche tecnicamente preparato. Giudice coraggioso. Voglio proprio ricordare qui un magistrato calabrese: il collega Pasquale Lo Torto, Sostituto Procuratore della Repubblica a Palermo.
In Corte di Assise si dibatteva di un omicidio commesso da una giovane donna contro il proprio seduttore. L'imputata, la folla, i giudici popolari, si aspettavano dal Pubblico Ministero una vibrante requisitoria contro l'ammazzato ed un madrigale per l'eroina dell'onore rivendicato.
Ma non è stato così. Lo Torto si scagliò contro la folla e i suoi forsennati feticci che avevano armato la mano dell'imputata mostrando una tenace vocazione all'impopolarità.
Il discorso di quel Pubblico Ministero, quindi, non è stato una anemica omelia dentro l'orto chiuso della legge, ma un atto di coraggio, di cultura e di stimolo per rivedere certi tabù.
Non basta - scrisse Piovene - fare al sud strade, case ed industrie per poi lasciarvi stagnare vetusti ed oscuri riti tribali, fenomeni di mafia e di camorra ed ogni altro codice di clan e di boscaglia.

Da 'Parole efficaci - Scritti e interventi pubblici di Antonio Scopelliti' a cura di Maria Pascuzzi, Rubbettino 2002 (pag. 119).

Pasquale Lo Torto, uomo e magistrato




---> Il Blog di 'Calabria manifesti elettorali' <---




TROPEA
da 'Il regno di Napoli diviso in dodici provincie'
di Enrico Bacco Alemanno, per Lazaro Scoriggio
Napoli 1620

(L. S.) Ritornando Scipione Africano dopo le rovine di Cartagine in Italia, quivi primieramente prese terra, e volendo ringraziare i Dei della vittoria ottenuta, dopo fatti i sacrifici, quivi eresse un trofeo, e da quello fu detta la Città di Tropea, come dice Costantino Lascari nel libro, che scrisse de' Filosofi di Calabria, ma per corrottione del vocabolo mutata la lettera f, in p, fu chiamata Tropea. Iano Parrasio afferma, che dal Trofeo habbia ritenuto il nome Tropea. Ma racconta l'istoria diversamente, impero che, dice egli, c'havendo Sesto Pompeo vinto nel conflitto navale Ottaviano Cesare nel Capo di Vaticano, e smontato vittorioso in terra, volle trionfare, e dal trionfo per la sua vittoria chiamò l'edificata Città Trionfea, il cui principio è antichissimo, e Stefano suo Vescovo si ritrovò presente al Concilio Niceno, il secondo, come dice il Marafiotti nella Cron. di Calabria.
Illustrarono molto questa Città. Frà gli altri, Vincenzo Lauro Vescovo di Mondovì Città nel Ducato di Savoia, questi dopo d'haver fatte molte legationi per santa Chiesa, fu da Gregorio XIII di felice memoria, creato Cardinal del titolo di S. Maria in Via lata, Marco Lauro Vescovo di Campagna, e Teofilo Galluppi Vescovo d'Oppido, i quali intervennero nel Concilio di Trento. Vive oggi della famiglia Galluppi Oratio principale Avvocato in Napoli, non dissimile è Giulio Cesare suo figlio, il quale tuttavia segue l'orme paterne, e de i suoi antecessori. Di questa famiglia si scriverà a pieno in un particolare trattato. Quivi anche fioriscono Francesco Gabriele famoso Dottor di Leggi, Luigi Vento Gran Siniscalco, Lodovico Vulcano Generale delle Galee, che il Re Ferrando II tenea nell'Arsenale di Tropea, Giovanni Mezzatesta, il quale ritrovandosi nel presidio di Cotrone, per honore del Re Cattolico
entrò in steccato con Mustafà Turco, huomo valoroso, l'ammazzò, e troncolli la testa, onde per lo suo valore il Re gli donò una Terra nell'Abbruzzo, e altri.
Nel casale detto Santa Domenica, giace il corpo di S. Domenica Vergine, e Martire. Et in questa Città s'annoverano queste famiglie nobili.

Afflitti - Del Duce - Pignatelli
Aquini - Facili - Portugalli
Angeli - Fazzeli - Puglisi
Baroli - De Franza - Scattaretica
Baroni - Frezza - Schiavelli
Buongiovanni - Gabrielli -Tocco
Braccio - Galluppi -Tomacelli
Caivani - Lumicisi -Toraldi
Caputi - Lancellotti -Tranfo
Campini - Martirani -Tropiani
Caraccioli - Migliaresi - Viento
Consiglia - Pelliccia -Vulcani, e altri.
Coppula - Pipini
Crescenti.

Scaricare l'opera completa da Google Libri (Tropea è a pag. 127)


Adolfo RepiceUn Repice cacciatore di poltrone.
Il segretario comunale di Torino fa campagna elettorale
per Gariglio che lo propone alla Corte dei Conti regionale

(lospiffero.com) È il “dottore” per antonomasia, il cliché del burocrate pubblico di origine meridionale, la quintessenza del mandarino azzeccagarbugli, la personificazione del petit commis. Adolfo Repice, calabrese di Tropea, cittadina del Tirreno che gli ha dato i natali 67 anni fa, è dal 2003 segretario generale del Comune di Torino. Una funzione delicata e importantissima, per certi versi persino più rilevante di quella del city manager: sul suo tavolo, infatti, passa ogni singolo provvedimento della macchina municipale (delibere, concorsi, gare d’appalto). Un compito gravoso, lautamente compensato con circa 160mila euro annui. Ma lo stacanovista Repice non è tipo da farsi impressionare e con un'oculata gestione delle incombenze ha trovato il modo di accaparrarsi negli anni una serie davvero impressionante di altri incarichi: segretario dell’Agenzia per la Mobilità Metropolitana (che sovrintende alla contrattualistica con Gtt e Ferrovie), segretario del Consorzio Associazione d’Ambito per il Governo dei Rifiuti (che decide su inceneritori e tariffe rifiuti), sindaco-revisore dei conti degli Ospedali Cto e Maria Adelaide, componente del Nucleo di Valutazione della Regione Piemonte (organismo che stabilisce criteri di assunzione e parametri di promozione) e, commissario dell’Opera Pia Lotteri, la casa di riposo per anziani di proprietà pubblica di via Villa della Regina. Nomine che gli fruttano, ça va sans dire, un altro bel gruzzoletto di compensi.
Un vero recordman, una collezione invidiabile di incarichi, una bulimia di potere talmente sfacciata da essersi meritato il nomignolo di “acchiappapoltrone”. In una chat (PoliticaMente) così viene descritto: «Democristiano di sinistra in origine, ha saputo navigare le acque infide degli incarichi di nomina politica, prendendone da destra e da sinistra, e si è fatto strada dalla natia Calabria alla rossa Emilia fino a Torino, sempre fedele all’antico adagio “i Governi passano, le burocrazie restano”. Vecchio gentiluomo meridionale che non esita a sfoderare vistosi cappelli in paglia e a fare il baciamano alle signore, si muove con leggerezza tra il suo confortevole “alloggetto” in corso Massimo d’Azeglio e le sedi dei suoi numerosi incarichi. Con leggerezza, perché, benché sia a Torino da sei anni, non risulta possieda una sua vettura, si muove sempre sull’auto blu. C’è chi dice che in realtà il Repice sia una creatura mitologica, un centauro metà uomo e metà auto blu».
Saranno pure cattiverie di qualche mal mostoso dipendente comunale, però non sfugge la straordinaria abilità mostrata dal Nostro nel tessere una rete fittissima di rapporti con la Torino che conta. Relazioni sicuramente legittime ma che suscitano un certo sconcerto in un funzionario pubblico.

Continua...


Vous avez raté les Beatles au Cavern Club de Liverpool!
Ne manquez pas...
THE LOVE BEATLES
Au sentiers des Halles
50 Rue D'Aboukir - 75002 PARIS
LES 10, 20, 26 et 27 Mars 2010 - à 21H45

(S. L.) Retrouvez la magie des Beatles en concert avec The LOVE BEATLES, le Tribute Band qui offre le show le plus complet et le plus fidèle aux originaux à l'heure actuelle !
Un répertoire qui couvre le meilleur de la période 1962-1970, incluant les tubes les plus célèbres de ce groupe légendaire ! Sans oublier quelques chansons rares qui feront la joie des connaisseurs.
L'enthousiasme et l'attitude des Beatles sur scène ! Authenticité, sincérité, dynamisme, humour, sans oublier les célèbres costumes...
Un spectacle d'une qualité musicale inégalée ! Interprété par une équipe de cinq musiciens professionnels unis par leur passion, qui jouent pour votre plaisir sur du matériel d'époque.
Un Show qui vous fera vibrer, chanter, danser, crier ! Un retour aux sources de la Pop Music et du Rock qui vous fera revivre l'époque mythique des années 60 avec les meilleures chansons de cette période.
THE LOVE BEATLES ressuscite la légende du premier groupe de l'histoire de la Pop en leur rendant un fidèle et vibrant hommage !
Découvrez sans tarder en page Audios et Vidéos des extraits qui sauront vous convaincre !
Rendez-vous sur la page Playlist pour un avant-goût du Show !
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Frana sulla 522, rimane lo stato d'allerta. Dopo oltre 48 ore
di lavoro da questa mattina dovrebbe essere riaperto il traffico


(Francesco Iannaci x gazzettadesud.it/16feb) Dovrebbe riaprire al traffico in mattinata la strada provinciale 522, nel tratto compreso tra Pizzo e Vibo Marina, dove domenica pomeriggio si è verificata la frana che ha abbattuto sulla carreggiata una cabina dell'Enel. I volontari della Protezione civile, coordinati da Franco Di Leo, accorsi subito sul luogo del disastro, assieme ai Vigili del fuoco e ai carabinieri del Comando provinciale, sono al lavoro ormai da quasi 48 ore. A portare avanti le operazioni di rimozione dei detriti e del fango venuti giù dalla montagna che sovrasta l'arteria viaria sono impegnati anche alcuni mezzi pesanti, camion e ruspe, messi a disposizione dell'amministrazione provinciale e da palazzo "San Giorgio".
La Regione, dal canto suo, ha fornito due gruppi elettrogeni per illuminare lo smottamento anche di notte e permettere ai dieci volontari della Protezione civile di stazionare sul posto. Intanto, già nella tarda nottata di domenica era ripresa regolarmente la fornitura dell'energia elettrica, saltata dopo che lo smottamento aveva causato danni all'impianto di distribuzione, lasciando al buio per diverse ore l'intero rione Stazione e i complessi residenziali dell'Aterp. Anche se con qualche disagio è ripresa regolarmente anche la circolazione ferroviaria sulla linea litoranea via Tropea, rimasta bloccata per diverse ore. Ma, mentre la situazione, dopo il grande spavento, sembrerebbe ritornare lentamente alla normalità, si riaccende la questione del rischio idrogeologico a cui è sottoposto il territorio di Pizzo. Una tragedia sfiorata, insomma, che per l'ampiezza e l'intensità dello smottamento avrebbe potuto provocare conseguenze ben più gravi. Infatti, solo una pura casualità ha voluto che al momento del cedimento del costone non transitasse nessuna automobile.
Il fenomeno franoso di domenica scorsa, comunque, rappresenta solo la punta dell'iceberg di una situazione disastrosa che vede il reticolo idrogeologico del territorio pizzitano fare acqua da tutte le parti. Una problematica, di fronte alla quale anche il sindaco di Pizzo, Fernando Nicotra, aveva preso posizione nei giorni scorsi, arrivando a denunciare una serie di pericoli che riguardano i canaloni di scolo del territorio completamente otturati. A più riprese da palazzo "San Giorgio" era stato indicato proprio il tratto della provinciale 522, come la zona di maggior rischio, assieme a quella del costone di via Riviera Prangi, soggetta lo scorso inverno ad importati fenomeni franosi. L'Ufficio tecnico, coordinato dall'arch. Francesco Alessandria, aveva inviato sui tavoli di Provincia e Regione tutta una serie di informative tese a denunciare una situazione di persistente pericolo.
«Quello che è successo domenica pomeriggio – ha ribadito il sindaco Nicotra – era già stato segnalato dal Comune. Le frane degli ultimi giorni, come quella nel rione Trentacapilli e Bevevino, sono un'ulteriore conferma che il territorio di Pizzo ha bisogno di interventi mirati a regimentare il decorso delle acque meteoriche fino al mare». L'esigenza, in pratica, è quella di uno studio approfondito sullo stato di salute del territorio per programmare con precisione le opere di consolidamento necessarie e scongiurare il verificarsi di fenomeni di questo tipo.




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Dissesto idrogeologico al sud.
La situazione e gli interventi

(Dip.to Protezione Civile/18feb) Il maltempo di questi giorni ha aggravato il dissesto idrogeologico già in atto in molte zone della Calabria e della Sicilia e ha causato gravi disagi alla popolazione. Numerose frane, smottamenti di terreno o esondazioni di fiumi hanno costretto in molti casi ad allontanare i residenti o a chiudere strade.
Nonostante fin dai primi giorni vi sia stato un tempestivo intervento sia delle autorità locali che di quelle nazionali, la situazione rimane ancora critica in diverse località. Ieri è giunto in Calabria anche il Capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, che dopo un sopralluogo sulla zona di Maierato, il paese maggiormente colpito, ed un incontro con le autorità locali, ha annunciato l’intenzione di ritornare nella regione durante il fine settimana.
Bertolaso visiterà tutti i comuni colpiti da frane, dissesti, alluvioni e interruzioni di viabilità per fare un piano operativo con i sindaci e per concordare gli interventi da effettuare a partire dalla prossima settimana.
Nel fine settimana Bertolaso sarà anche in Sicilia per valutare la situazione. Oltre a tecnici nazionali regionali e comunali, Forze dell’ordine e Vigili del Fuoco, che stanno monitorando la situazione e realizzando gli interventi necessari, sono state attivate subito squadre del volontariato locale di protezione civile per il soccorso e l’assistenza alla popolazione.

REGIONE CALABRIA
Provincia di Vibo Valentia

Nel Comune di Maierato, il sindaco ha emesso l’ordinanza di evacuazione totale del paese. Circa 2300 le persone sfollate che sono ospitate nella scuola della Polizia di Stato di Vibo Valentia, in alcune palestre o presso parenti e amici. Per assistere la popolazione sono state attivate le associazioni di volontariato locali, mentre le strutture del C.A.P.I. del Ministero dell’Interno hanno fornito brandine e materassi per le persone rimaste senza casa.
Per il monitoraggio della situazione, oltre al Centro coordinamento soccorsi - CCS attivato presso la Prefettura, è stato istituito un Centro Operativo Misto - COM nel Comune di Maierato.
Sul posto è arrivato un team di tecnici del Dipartimento della Protezione Civile che sta effettuando dei sopralluoghi sulla frana insieme a esperti della Commissione Grandi Rischi.
A seguito del sopralluogo effettuato ieri pomeriggio in elicottero è stato deciso in una riunione presieduta dal prefetto di confermare l'ordinanza di sgombero totale del paese. Alla riunione hanno partecipato i vertici delle forze dell'ordine, dei vigili del fuoco e della Protezione civile, oltre all'assessore regionale all'Ambiente. Da questa mattina inizieranno una serie di sopralluoghi sull'area intorno alla frana da parte degli esperti della Protezione civile nazionale, dei rappresentanti della Commissione grandi rischi e degli organismi regionali per verificare la stabilità del terreno. Nel pomeriggio, nel corso di una nuova riunione, sarà valutato se revocare, almeno parzialmente, l'ordinanza per consentire a chi abita più lontano dal fronte franoso di rientrare in casa. Ecco di seguito un prospetto delle forze del volontariato impiegate:
- n. 100 volontari della Regione Calabria delle seguenti Organizzazioni:
Nucleo Emergenza Cervicati Arcipesca Fisa di Locri, Ass. Socc. Stradale di Mileto, Gruppo Comunale di Tropea, Malgradotutto, Ass. Prociv di Serre Calabre di Astore, Promo Arena di Arena;
- n. 50 volontari della C.R.I;
- n. 1 cucina da campo dell’Organizzazione Malgradotutto.
Nel Palazzetto dello Sport di Vibo Valentia sono stati ospitati n. 20 evacuati. La struttura è gestita dalla C.R.I. con la cucina da campo dell’Organizzazione Malgradotutto. Dalla Regione Calabria infine, non è stato richiesto nessun invio di ulteriori volontari.

Protezione Civile




Scoppia una bomba, apocalisse a Tropea
Dodici persone costrette a lasciare i propri appartamenti,
salvati dai vicini due anziani e distrutte 7 auto


(Concetta Schiariti x gazzettadelsud.it/19feb) Fiamme alte tre metri, auto distrutte, vetri in frantumi. Una palazzina che rischia di sbriciolarsi, 12 persone evacuate, due salvati, terrore tra gli abitanti della zona. Scena da vera e propria guerriglia ieri sera poco dopo le 21,30 nel centro di Tropea. Il "salotto delle vacanze" per alcuni momenti si è trasformato in un vero e proprio campo di battaglia con la violenza criminale che alza la testa, decisa ad imporre le sue regole.
Quasi sicuramente un attentato dinamitardo, anche se spetterà ai vigili del fuoco del comando provinciale di Vibo Valentia e agli agenti del posto fisso di Polizia, intervenuti immediatamente sul posto cercare di capire che cosa sia accaduto, cosa abbia potuto provocare un'esplosione violenta che ha letteralmente scosso la cittadina turistica in un'ora che avrebbe potuto provocare una strage.
A saltare per aria è stato il bar Royal con annessa sala giochi, un locale di proprietà di Francesco Cimato, 33 anni, originario di Rosarno, realizzato nell'agosto scorso in via IV Novembre all'interno di una palazzina di tre piani. L'esplosione ha devastato tutto, lasciando solo un cumulo di macerie. Un atto di violenza inaudita che avrebbe potuto far saltare per aria anche 12 persone, tra loro una coppia di anziani, che abitavano al piano superiore del locale. I due vecchietti sono stati salvati solo grazie al coraggioso intervento di alcuni vicini. Letteralmente carbonizzate sette autovetture parcheggiate nelle vicinanze del bar, così come sono andati in frantumi tutti i vetri dei palazzi vicini.
Via IV Novembre alle prime persone arrivate nella zona sembrava essere stata bombardata: fumo, macchine in fiamme come torce, vetri sull'asfalto e una puzza insopportabile di bruciato.
Sul posto anche i dirigenti della squadra Mobile di Vibo Valentia unitamente ai carabinieri della Compagnia di Tropea, del Comando provinciale di Vibo Valentia e due autobotti dei vigili del fuoco che di fronte a quelle scene apocalittiche hanno cominciato a sparare forti getti d'acqua con l'intento di bassare il volume del fuoco.
In alcuni momenti, prima ancora dell'arrivo delle squadre di soccorso, si è temuto il peggio ovvero che le fiamme potessero interessare anche gli uffici delle poste, ubicate nel palazzo accanto.
L'esplosione della bomba, sicuramente ad altissimo potenziale, ha fatto tremare l'intera cittadina facendo calare su Tropea una vera e propria cappa di paura. Secondo i primi accertamenti lo scoppio è avvenuto dall'interno del locale. Si tratterà ora di capire se siamo in presenza di un vero e proprio attentato messo in atto dalla violenza criminale. Ma le indagini sembrano essere orientate in diverse direzioni. Gli investigatori, infatti, al momento sembrano intenzionati a non escludere nulla. Quello che è certo, per il momento, è che i danni sono ingenti. L'esplosione non ha distrutto solamente il locale e le auto parcheggiate davanti, ma ha anche reso inagibili i quattro appartamenti superiori.
Le persone evacuate nella tarda serata hanno trovato una sistemazione a casa di parenti ed amici.




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