. . . perchè Tropea è Tropea . . .

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 Rocco Repice, Martire della Resistenza



Rocco Repice (27 set. 1920 - 26 nov. 1944)

(S. Libertino) Nel piazzale antistante la Stazione ferroviaria di Cuneo, nell’area adibita a Parco Cittadino della Resistenza, si erge un poderoso monumento di bronzo realizzato nel 1969 da Umberto Mastroianni. Una epigrafe marmorea sul posto ricorda un eccidio avvenuto in quel piazzale nel 1944 con i nomi dei giovani passati per le armi dalle Brigate Nere di Salò.
Nelle prime ore di domenica 26 novembre 1944 le autorità militari fasciste di Cuneo decisero di fucilare cinque detenuti politici quale rappresaglia per l’uccisione del loro maresciallo Leone Bernabè, avvenuta il 18 novembre sul piazzale della nuova stazione ferroviaria. L’ingrata sorte toccò a Maria Luisa Alessi sarta di Verzuolo, Pietro Fantone di Paesana, Rocco Repice ingegnere di Tropea, Antonio Tramontano sergente automobilista di Nocera Inferiore, Ettore Garelli cancelliere alla Pretura di Fossano, ex capitano del 2° Reggimento Alpini, decorato con Medaglia d’Argento, appena arrestato nel pomeriggio del giorno precedente a Fossano. Tutti ristretti nelle celle delle milizie nere ricavate negli scantinati della scuola elementare di Via XX settembre.
L’epigrafe recita: “Qui il 26 novembre 1944 l’odio fascista volle spegnere nel sangue il grido di Libertà di cinque Martiri. Volontà di Popolo ne glorifica ed eterna i nomi” e poi l’incisione continua a ricordare i loro nomi, tra i quali quello del tropeano Rocco Repice.
Volevo saperne di più e quindi il 14 aprile 2007 ho chiesto a Egidio Repice di raccontarmi la triste e meravigliosa storia di suo fratello Rocco, Martire della Resistenza. Storia che stranamente a distanza di 66 anni non trova alcun riscontro nel territorio di Tropea, nemmeno durante la giornata delle commemorazioni del 25 aprile sulla liberazione e sulla resistenza. Ho pensato di registrare in audio e video il racconto. L’appuntamento era a casa di Egidio. Con me c'era Enzo Taccone la cui famiglia viene citata durante l'intervista dallo stesso Egidio in quanto Rocco era amico del papà di Enzo, Pasqualino Taccone, la cui famiglia all’epoca dei fatti viveva in un casello ferroviario vicino a quello - il 309 - della famiglia Repice. Ma veniamo ai fatti.
Rocco si trovava a Tolone. Era Sottotenente del 208° Reggimento di Fanteria ‘Taro’ della IV Armata che operava in Francia. Un valoroso Reparto, decorato di Ordine Militare d’Italia, Medaglia d’Argento e Medaglia di Bronzo al Valor Militare. Costituito nel dicembre 1915, si sciolse nel settembre 1943 nella Francia meridionale. Il suo motto era: “Chi osa vince”.
E proprio dopo l’armistizio dell’8 settembre del ’43, nello sbando generale, ebbe inizio l’avventura di Rocco, ancora ventitreenne, che assieme al suo attendente - anche lui tropeano – Saverio "Biglioglio", oltrepassò a piedi il confine italiano, approdando a Saluzzo, dove conobbe una vedova che l’ospitò. Durante una rappresaglia, decise senza tentennamenti di unirsi ai partigiani, molto attivi nelle montagne della zona, aderendo alla Divisione “Giustizia e Libertà”, che operava in Val Maira, spesso in combine con i partigiani della cuneese 104^ Brigata Garibaldi.
Si era reso fin da subito valido protagonista di numerose azioni contro fascisti e nazisti. Per due volte è stato arrestato e liberato dai compagni partigiani, finché il 20 novembre 1944 a seguito della dilazione della donna che lo aveva accolto, fu arrestato un paio di giorni dopo l’uccisione del maresciallo Barnabè e il 26 novembre fucilato per rappresaglia assieme ad altri quattro detenuti. Il capo d'accusa ufficiale nei confronti di Rocco: "Appartenente a bande armate in zona di Acceglio, ha partecipato ad azioni di banditi contro forze repubblicane".
Era appena passato mezzogiorno, alla prima scarica del plotone d’esecuzione della Brigata Nera Lidonnici furono colpiti a morte quattro dei compagni di sventura. Maria Luisa Alessi, rimasta illesa, si rivolse ai carnefici gridando: “Mirate meglio!”. La seconda scarica di pallottole troncò nel sangue il suo grido. Maria Luisa Alessi fu l’unica del gruppo, per sua volontà, a non essere bendata, mentre Rocco Repice prima di morire gridava più volte verso il plotone di esecuzione di non voler essere ucciso da fratelli italiani ma dai tedeschi. La scena straziante fu vista da una moltitudine di persone fatta affluire sul posto dalla gendarmeria fascista dall’interno della stazione dove per l’occasione era stata fermata ogni attività compresa quella dei treni.

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Mag. 2010

 Biagio Molina, Martire della Resistenza



Biagio Molina (21 apr. 1907 - 26 lug. 1944) e Rossana Benda (14 mag. 1914 - 27 dic. 1944)
nel giorno del matrimonio celebrato a Foligno nel 1930.
In secondo piano sulla sinistra il fratello di Biagio,
Domenico Molina. Sulla destra la piccola damigella
è la nipote di Biagio, Romana Lidia Molina
(la futura professoressa di matematica) figlia di Domenico.

(S. Libertino) All’inizio del 1944, nella provincia di Forlì, in seguito ai bandi di richiamo alle armi, si erano formati gruppi di renitenti, quasi tutti del luogo e male armati. Essi compivano azioni di disturbo e sabotaggio ai convogli tedeschi o attentati a singoli militari. Nella primavera il numero dei patrioti era talmente aumentato che i capi della lotta armata sono corsi ai ripari per meglio regolamentare comportamenti, modalità e strategie nelle molteplici attività di contrasto nei confronti dei miliziani nazifasciti. Questi ultimi, d’altro canto, hanno dovuto incrementare ogni forma di strumento repressivo ricorrendo sovente a quello più odiato dalla popolazione: la decimazione, presa in prestito dai reparti militari in occasione di attività rivoltose, attraverso la fucilazione o impiccagione di ostaggi politici ristretti nelle galere o di cittadini inermi e senza alcuna colpa.
Nel pomeriggio del 25 luglio un caporale maggiore tedesco, inciampato in un filo di ferro teso attraverso la strada di Pievequinta di Forlì, è stato ucciso dai partigiani con un colpo di pistola alla tempia.
Le autorità nazifasciste decisero per contromisura di ricorrere alla decimazione prelevando dal carcere di Forlì 10 ostaggi da destinare alla fucilazione nello stesso luogo dell’attentato.
All’imbrunire del giorno dopo, puntualmente, dieci uomini furono condotti in autofurgone sino a Campitello, fatti poi proseguire a piedi in fila per due fino al punto esatto dell’uccisione del caporale.
In quell’ordine furono fucilati. Gli infelici si sono abbattuti sul selciato della strada provinciale, nel fossato di destra e fino ai campi in un supremo sforzo di fuga. I loro nomi:
Francesco Babini di Angelo, nato a Verghereto, parroco di Domicillo di anni 27;
Riziero Bartolini di Giuseppe, nato a S. Pietro in Bagno, residente Verghereto, colono, di anni 18;
Alfredo Cavina di Raffaele, nato a Riolo Bagni, residente in Casal Fiumanese, suonatore orchestrale di anni 41;
Antonio Lucchini di Egidio, nato a Sauris (Udine), minatore di anni 40;
Biagio Molina di Vincenzo, nato a Tropea, residente a Bologna, industriale chimico di anni 37;
William Pallanti, nato a Londra, residente a Bibbiena, di 40 anni;
Edgardo Ridolfi di Tullo detto Lignon, nato a Campiano (Ravenna), residente a Forlì, industriale di anni 40;
Mario Romeo di Raffaele, nato a Napoli, sfollato in Verghereto, meccanico di anni 32;
Antonio Zoli di Gaspare, detto Fiscì, nato a S. Martino in Strada, falegname di anni 29;
Luigi Zoli di Giuseppe, nato a Cotignola, ortolano di anni 29.
A 2 Km dal luogo dell’eccidio, Zoli detto Fiscì, era saltato dall’autocarro, ma subito ripreso perché ferito da una scarica di mitra; altro tentativo di fuga compiva poi sul posto ed invano.
Il maresciallo G. delle SS italiane, dopo la raffica che abbatteva quei disgraziati, scaricava sullo stesso Zoli e sugli altri ancora vivi la pistola; Lignon piangeva.

La familiola di Biagio Molina, nato a Tropea il 21 aprile 1907, dopo aver girovagato - per ragioni di lavoro - per mezza Italia, si attestò finalmente a Bologna, la città della moglie Rossana Benda, nata il 14 maggio 1914. Biagio e Rossana si erano sposati nel 1930 a Foligno, dove il 15 aprile 1931 era nato il figlio Giorgio. La figlia Rita era nata a Roma il 2 giugno 1938.
Siamo nella primavera del 1944, in pieno periodo bellico. Per quelli che abitavano a Bologna la situazione incominciava ad essere insostenibile, i massicci e continui bombardamenti spingevano sempre più la popolazione a sfollare. Anche la famiglia Molina, terrorizzata, decise di allontanarsi dalla città durante il furioso bombardamento del 15 maggio. La direzione era quella per Imola. Il rifugio fu un casolare sulle colline di Riolo Bagni, che al momento era un importante centro di raccolta e smistamento dell’attività partigiana locale.
Biagio si diede subito da fare collaborando ed aiutando con animo, forza e competenza l’organizzazione in mano al noto C.te Franco Franchini detto "Romagna" (Medaglia d'Argento al Valore Militare alla memoria), Capo della VII GAP di Imola, sino a che un traditore denunciò alla milizia nazifascista le attività di contrasto che vi venivano svolte e i nomi degli artefici. La notte del 14 luglio i tedeschi piombarono al casolare per perquisirlo e non trovando nessuno dei responsabili chiesero chi fossero i familiari di Biagio Molina. Rossana si fece avanti dicendo che era moglie e unica parente. L’arrestarono ma i figli Rita di sei anni e Giorgio di dodici scoppiando in un pianto dirotto si spinsero nelle braccia della madre. La stessa notte, insieme, furono caricati su un camion e portati al carcere di Forlì.
Dopo qualche giorno, il 19 luglio, fu preso Biagio, condotto anche lui nello stesso carcere, dove furono tutti interrogati e picchiati. Il figlio fu percosso con un nerbo di cuoio, e per farlo parlare gli infilarono spilli sotto le unghie. Giorgio, all’età di 12 anni, veniva considerato a pieno titolo prigioniero politico per aver collaborato nelle azioni partigiane. La sera del 25 luglio fu accompagnato in infermeria perché aveva bisogno di essere medicato: era una maschera per le sferzate ricevute e anche per le cimici che pullulavano dentro il pagliericcio. Fu la solidarietà di un infermiere, un certo Fiumara di Forlì, che lo fece salvare escludendolo dalla lista dei dieci prigionieri politici, tra i quali il padre Biagio, destinati alla fucilazione per rappresaglia in seguito all’uccisone in Pievequinta di Forlì del caporale maggiore tedesco avvenuta nel pomeriggio.
La mattina del 26 luglio i familiari di Biagio Molina furono rilasciati. Suora Silvetti li accompagnò fino alla periferia della città da dove intrapresero un viaggio di due giorni e due notti per ricongiungersi con la madre di Rossana che li portò presso dei parenti a Zola Pedrosa (Bo). Tutto ciò avveniva quando il destino di Biagio Molina si era già compiuto all’imbrunire del 26 luglio.
Per i superstiti Molina i mesi passarono tristemente e nell’impossibilità di conoscere la reale situazione fino a quando, il 27 dicembre, durante un bombardamento a tappeto una bomba centrò l’edificio dove alloggiavano Rossana con sua madre, Giorgio e Rita. La casa crollò su se stessa. Dopo ore di attesa, qualcuno tirò per un braccio Giorgio vivo, mentre Rossana e Rita perirono sul colpo. La nonna di Giorgio, ferita in una gamba, fu portata in ospedale da campo tedesco. I cadaveri furono dissepolti dalle macerie almeno dopo due giorni di scavi.

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Mag. 2010

La Festa del Tre della Croce è arrivata!!!



(S. L.) L' 'ASSOCIAZIONE CULTURALE I TRI DA CRUCI' è lieta di presentarvi il programma della grande festa che si terrà nei giorni: domenica 2 maggio e lunedi 3 maggio 2010 in Via Umberto I° (burgo) Tropea.
Dal 25 aprile fino al 3 maggio dalle ore 17:00 si potranno ammirare per le vie del paese I GIGANTI che con la loro danza a suoni di tamburi annunceranno la grande festa.
Domenica 2 e lunedi 3 maggio dalle ore 16.00 fino alle 19:00 prenderanno il via le tradizionali gare: dei sacchi, dell'uovo, da "padea", della pasta piccante.
Molto ricco il programma delle due serate, 2 maggio dalle 21:30 KARAOKE in piazza cannone con diretta radio JukeBOX presenterà la serata Marco Renzi. 3 maggio dalle 21:30 FIORDALISO in concerto, serata all'insegna del divertimento con il cabarettista Piero Procopio, e molto altro ancora.
Chiuderà la serata la ditta SCHIAVONE di Reggio Calabria con il ballo du camiuzzu i focu, l'accensione delle barche, per ricordare la cacciata da Tropea dei saraceni, e infine spettacolo pirotecnico.
Ricordatevi di acquistare i biglietti della grandiosa riffa di una CINQUECENTO. Questa volta la fortuna vi sorriderà.

--> LA FESTA!!!

"La Festa della Croce in Tropea" di Giuseppe Chiapparo
"Linee storiche - religiose della festa di 'I Tri da Cruci'" di Antonio Sposaro
"E nel Borgo in Festa il Cammello continuò a ballare" di Salvatore Libertino
Film 'Das Fest Des Kreuzes' di Helmut Kotsch

(Mag. 2010)

Ersosione delle coste, De Nisi: "Fare presto e bene"



(TeleReggioCalabria.it/3.05) "Fare presto e bene, affinché si possano realizzare interventi antierosione con una concreta capacità risolutiva". Così il presidente della Provincia di Vibo Valentia, Francesco De Nisi, ha introdotto i lavori della conferenza programmatica cui hanno partecipato i sindaci e gli assessori di Vibo Valentia, Tropea, Pizzo, Joppolo, Ricadi, Parghelia, Zambrone, Briatico e Nicotera. Alla riunione hanno preso parte anche il presidente della sezione Turismo di Confindustria Pino Giuliano, il presidente del Consorzio costa tirrenica Girolamo Pungitore, il presidente locale del sindacato italiano balneari (Sib), Mino De Pinto, e gli assessori provinciali Giuseppe Barbuto (Lavori pubblici), Martino Porcelli (Ambiente) e Michelangelo Mirabello (Enti locali).
L'incontro, è scritto in una nota, "é servito a focalizzare e concordare gli interventi contro il fenomeno dell'erosione costiera, da effettuare impegnando fondi per circa 7,5 milioni di euro, stanziati nell'ambito dell'Accordo di programma quadro (Apq) in materia di difesa del suolo ed erosione delle coste e recentemente destinati con decreto regionale ai Comuni costieri (tranne Tropea, che però ha ottenuto circa 2,6 milioni di euro per il consolidamento della rupe) e assegnati formalmente alla Provincia in qualità di soggetto attuatore degli interventi da realizzare". Opere, prosegue la nota, che vanno ad aggiungersi a quelle già avviate dall'Amministrazione provinciale a Ricadi, Parghelia e Joppolo, portando complessivamente a 10 milioni di euro le risorse complessivamente disponibili per affrontare la problematica.
Sulla base delle competenze attribuite alle Province dalla legislazione regionale in materia di salvaguardia ambientale e difesa del suolo, l'Ente ha provveduto a convocare sindaci e rappresentanti degli imprenditori, al fine di coordinare la fase di progettazione preliminare. "Il turismo balneare - ha sostenuto De Nisi - è il motore dell'economia del nostro territorio ed è dunque vitale sfruttare al meglio questa preziosa opportunità, attraverso una progettazione complessiva che sia strutturale e tenga conto delle interazioni tra i vari territori. Il fenomeno erosivo, infatti, non può essere contrastato con interventi slegati l'uno dall'altro, perché le scelte adottate in un'area possono esprimere effetti a catena sui tratti di costa confinanti". Concetti, prosegue la nota, "condivisi dagli amministratori comunali, che però hanno rimarcato il lavoro già svolto in questo settore.
In particole, il sindaco di Joppolo, Salvatore Vecchio, ha sottolineato che i fondi sono stati stanziati dalla Regione perché i Comuni coinvolti hanno presentato nel tempo i progetti per numerosi interventi antierosione". Il Comune di Vibo, rappresentato dall'assessore ai Lavori pubblici, Giorgio Modafferi, prosegue la nota, "ha contestato il ruolo di soggetto attuatore attribuito alla Provincia, sostenendo che, fatta salva una generica attività di coordinamento in capo all'Ente provinciale, l'attuazione degli interventi dovrebbe essere competenza esclusiva dei Comuni. Tesi, questa, basata su un'interpretazione della legge regionale 34 del 2002 (che definisce e attribuisce le funzioni alle Province) non condivisa dagli altri presenti e in contrasto, come ha sottolineato lo stesso De Nisi, con quanto avviene nel resto della Calabria, dove la Provincia esercita, così come previsto dalla normativa regionale, le competenze di programmazione in materia di difesa del suolo e salvaguardia ambientale".
Al termine della discussione, De Nisi si è dichiarato favorevole ad utilizzare la progettazione comunale già esistente, a patto di adattarla però alle risorse disponibili. "La Provincia, dunque - ha sostenuto - procederà a redigere il progetto preliminare sulla base degli interventi già ipotizzati nei singoli territori. Poi, tra un mese, valuteremo insieme il risultato, integrandolo con eventuali suggerimenti che giungeranno. Come Provincia non ci interessa alcun tipo di gestione, ma intendiamo svolgere fino in fondo il nostro ruolo di coordinamento per giungere ad interventi efficaci e trasparenti".

(Mag. 2010)

In un manifesto cittadino, Vallone e la sua lista ringraziano gli elettori e spiegano i motivi del ricorso



(S. L.) Concittadini e concittadine, Nel ringraziare quanti, elettori ed elettrici, ci hanno fatto carico onorandoci del loro consenso che, anche se tardivo sotto alcuni aspetti, certamente non deluderà perché dettato da prudenti valutazioni in ordine all’esito elettorale, in verità inaspettato e deludente, significhiamo quanto segue:

Le gravi irregolarità riscontrate nelle operazioni di scrutinio inficiano la validità del risultato scaturito dalle urne delegittimando il Consiglio comunale nei termini in cui si è andato a delineare. Per tale motivo, dopo una attenta e meditata valutazione delle prove testimoniali di quanto avvenuto, abbiamo deciso unanimemente di non partecipare alle sedute di Consiglio comunale fintanto che il Tribunale Amministrativo Regionale non dipanerà ogni dubbio in merito alle operazioni di scrutinio così da dare, eventualmente, legittimazione a quella che oggi è, a nostro avviso, un’assemblea abusiva perché non fondata su una valida ed effettiva maggioranza popolare. Di questa decisione abbiamo informato per tempo il consiglio comunale stesso, il sindaco pro tempore, il prefetto di Vibo Valentia. Per quanto riguarda gli aspetti specifici che ci hanno convinto della fondatezza delle nostre doglianze e che siamo certi condurranno ad un ribaltamento del dato elettorale apparentemente favorevole alla lista avversaria, sono quelli contenuti nelle motivazioni del ricorso presentato nei giorni scorsi che brevemente si riportano di seguito, certi che una corretta informazione possa dipanare ogni pettegolezzo sterile, foriero spesso di convincimenti errati e fuorvianti:
1) Illegittima esclusione dei nostri rappresentanti di lista dalle operazioni di scrutinio; è vero che la designazione dei nostri rappresentanti non recava l’autentica della firma, ma è altrettanto vero che, alla costituzione del seggio, i vari presidenti nulla hanno eccepito in ordine a tale requisito. Tutto si è svolto regolarmente con la presenza dei nostri rappresentanti fino alla chiusura delle operazioni di voto (lunedì ore 14,00); solo all’inizio dello spoglio hanno inteso sollevare la questione. Ricordiamo, infatti, che, ai sensi di legge, i presidenti di seggio avrebbero dovuto esaminare la regolarità delle designazioni dei rappresentanti di lista all’atto della consegna dei relativi moduli provvedendo, in caso di riscontrate irregolarità, all’immediata segnalazione così da consentirne la regolarizzazione;
2) Illegittimo annullamento di schede considerate nulle che invece erano da attribuire, senza ombra di dubbio, alla nostra lista “Uniti per la Rinascita”;
3) Illegittima attribuzione di voti, da considerarsi nulli, alla lista avversaria “Passione Tropea”;
4) Illegittima partecipazione al voto di alcuni cittadini portatori di infermità mentale, ammessi al voto con accompagnatore, in assenza dei presupposti che la legge prevede siano esclusivamente la cecità, l’amputazione delle mani o gravi impedimenti agli arti superiori che non consentono di esprimere autonomamente il voto; giammai l’handicap mentale!

In base a quanto premesso, crediamo sia superfluo manifestare il nostro più profondo convincimento sull’esito favorevole di detto ricorso. La nostra non è solo una semplice e tenue speranza, ma, confidando sulla serenità di giudizio ed indipendenza dei giudici amministrativi regionali, aspettiamo fiduciosi, insieme a tutti gli elettori della lista “Uniti per la Rinascita”, l’esito naturale della vicenda e l’accoglimento integrale delle nostre movenze. L’auspicio di noi tutti è quello che i tempi del giudizio siano i più stretti possibili in modo tale da uscire da questo clima di incertezza consentendo ai reali vincitori della competizione elettorale, chiunque essi siano, di amministrare e governare la città sulla base di un dato che, pur denotando un paese letteralmente diviso in due, incontrovertibilmente lo legittimi anche agli occhi dell’opposizione. Intendiamo, al contempo, rassicurare la città tutta sullo svolgimento dell’attività politica propria dell’opposizione. L’astensione dalle sedute di un Consiglio Comunale che consideriamo allo stato abusivo, non significherà, infatti, abdicare al nostro ruolo di controllo e di pungolo all’attività di quella che attualmente si presenta come maggioranza di governo. Vigileremo, pertanto, in maniera determinata sull’attività amministrativa senza fare sconti, passando al setaccio ogni singolo atto. Al contempo, garantiamo all’attuale maggioranza “sub iudice” che la nostra non sarà un’opposizione strumentale e sterile ma finalizzata all’interesse superiore dell’intera comunità e, per tale motivo, non esiteremo ad offrire la nostra collaborazione qualora ciò corrisponda al bene della nostra amata Tropea.
Gaetano Vallone e tutti i candidati della lista “Uniti per la Rinascita”.

(Mag. 2010)

'U furnaru (Il fornaio) a Tropea



Tropea. Affaccio del Cannone. Quello che oggi rimane del forno "du Zu' Carminu"

(A. Cotroneo) Che profumo di pane caldo appena sfornato si sentiva nelle botteghe alimentari di mattina presto, quando entravo per comprare qualcosa a mio nonno o a mia madre! A quell’ora entravano anche gli operai, i mastri dei cantieri e i lavoratori giornalieri, addetti a raccogliere arance, mandarini, tirare cipolle (scippari cipuji) per acquistare il pane (panetti e curui) che poi mangiavano, insieme al companatico, durante la pausa lavorativa. Di sera, nella bella stagione, quando l’aria diveniva più fresca e più piacevole, le anziane donne del borgo erano solite uscire fuori dai portoni delle loro case tenendo in mano grossi pezzi di pane raffermo (addimuratu) con dentro peperoni arrostiti, pomodori secchi o qualche cipolla, che poi mangiavano lentamente mentre chiacchieravano e discutevano fra di loro. Noi ragazzi riuscivamo a divorare mezzi chili di pane, avendo spesso come companatico solo un filino d’olio d’oliva e qualche alice salata. Quando invece recuperavamo qualche spicciolo, correvamo immediatamente da Girillu a comprare due fette di pane con mortadella (allora era un lusso), che l’alimentarista incredibilmente riusciva a tagliare finissima con un grande coltello. Nella nostra cittadina, agli inizi degli anni sessanta operavano ancora artigianalmente tre forni, che producevano quotidianamente pane per il fabbisogno di una popolazione di circa sette mila persone. La loro ubicazione non era molto distante l´una dall´altra. Infatti i tre forni si trovavano nelle viuzze laterali alla via dei barbieri (vinea di varveri), in cui era ubicata anche la pescheria. Il forno du Zu´ Carminu non era molto lontano dalla latrina e gebbiolu, già citati. Ancora oggi si può vedere la lunga canna fumaria che si erge, come una colonna, di fronte al santuario della Madonna dell´Isola. Il forno, attualmente chiuso perchè diroccato e pericolante, era stato costruito sulla bellissima rupe. All’epoca aveva una mole di lavoro non indifferente: tutte le fasi del lavoro erano manuali; bisognava seguire l’approvigionamento e l’accatastamento della legna, curare la consegna dei prodotti da forno. La signora Lo Scalzo (nipote di Rogia, all´epoca oste di una delle cantine più rinomate di Tropea) mentre era intenta a cucinare nella sua rinomata trattoria casereccia del centro storico, mi ha raccontato:“O furnu du Zu´ Carminu arrivavanu du paisi i Carea chi carretti e chi ciucci, e portavanu i fascini di ligna. Dopu chi l´aveanu scaricati a villetta du Burgu, vicin´ a latrina, nui figghiolei, scavuzi, ´ndi sciarriavamu a cu avea u ci porta intra. U furnaru no ´ndi dava sordi u carriamu i fascini, pero’ ´ndi facea mangiari i “cucumbara”, chi c´ eranu ´nte ligna, picchi’ tandu a fami parrava cull´angiulu. U furnu ´mpurnava i notti sulu pani pi putich´i Trupea e di jornu pigghiava i commissioni di genti: testi, fica, pittei, nucii, pii ( ca mustarda e ciocculata). U furnu du zu´ Carminu chiusi ´nto 1965”.
Poco più avanti, in via Caivano, viuzza del rione San Giuseppe, si trova il bellissimo forno du zu’´Ncheu, attualmente ancora operante, ma trasformato dai figli in una pizzeria rustica, dove i tropeani e i turisti possono gustare la pizza con le famose cipolle rosse e dolci di Tropea. Dentro la sala sono ancora appesi ai muri i vecchi arnesi ed alcune vecchie foto, che ritraggono il fornaio insieme ai garzoni ed altri aiutanti, tutti anneriti ma sorridenti. U furnaru, signor Annunziato De Vita, abbronzatissimo sotto l’ombrellone, dopo la solita partita pomeridiana a scopa col professor Lorenzo e un bagno rinfrescante nel bellissimo mare, mi racconta quanto segue:
Sin da piccolo ho iniziato ad essere presente nel forno di mio padre. Pian piano ho appreso questo faticoso mestiere che ci tramandiamo da generazioni. Tutti i lavori avvenivano manualmente ed io ero addetto principalmente ad infornare e sfornare il pane, mentre altri due o tre garzoni si adoperavano agli altri lavori. Il forno e’ stato attivo fino alla fine degli anni settanta. L’installazione di un nuovo forno elettrico dietro l’orto (arredu l´ortu), l’introduzione graduale in tutte le case delle cucine elettriche, un turismo sempre più crescente (nei mesi estivi con il nostro lavoro dovevamo sopperire ad un fabbisogno di altri 1500 kg di pane) e l’età avanzata, mi inducevano a trasformarlo in pizzeria. Fino a che visse mio padre il lavoro iniziava verso mezzanotte e si protraeva fino al mattino. Si infornavano: curui, filuni, e panetti *. Sfornato il pane, noi stessi lo facevamo pervenire ai vari rivenditori del paese. Il mio forno, provvisto di due chiudende, aveva una capacità di cottura di 240 kg di pane. Prima di procedere ad infornare, col tirabraci raccoglievo la carbonella (che veniva venduta alle vecchiette) e poi ripulivo il forno col fruciandolo. Dopo le nove eravamo pronti ad accettare ‘le commissioni’: da ogni angolo di Tropea spuntavano donne, bambini, vecchiette, con tutto ciò che in casa avevano accuratamente preparato, per farlo prontamente infornare (´mpurnari). Portavano di tutto: alimenti contenuti dentro cocci, fichi, noccioline, pignolata, pan di Spagna e altri dolci tradizionali in occasione delle festività solenni. Spesso mettevo a cottura il pane casereccio che poteva essere consumato anche dopo sei o sette giorni .Talvolta infornavo il pane fatto con farina gialla di granturco (u pani paniculu) per qualche donna gravida che ne aveva desiderio. Dopo l´estenuante lavoro della notte e ‘le commissioni’ dei privati, non ci rimanevano più di due o tre ore per riposare e dormire. Poi aspettavamo che arrivasse la legna, con i carri, dai paesi vicinori e noi stessi la scaricavamo e la accatastavamo nei vari magazzeni, non distanti dal forno. Ininterrottamente, per più di cinquant’anni, ho faticatu dentro questa forno tradizionale, privo di supporti e tecnologie moderne. Al giorno d’oggi, invece, con l’introduzione dei forni compiuterizzati, basta programmare il tempo dell’impasto e della cottura ed automaticamente viene sfornato il pane. Allora non si conoscevano pause, le ore di lavoro erano tantissime e non si era assicurati contro malattie e infortuni. Le notti erano più bianche che nere ( i notti eranu cchiù gghianchi ca nighiri) e d’estate il calore, che il forno emanava, induceva ad una sofferenza ai limiti della sopportabilità. Motivo di soddisfazione per me è la consapevolezza che per anni e anni ho provveduto a non far mancare sulle tavole dell’intero paese il pane, che costava poco ( all’epoca il prezzo era politicamente controllato) ed era il basilare nutrimento, in particolare della povera gente. Qualche volta mi è capitato di commuovermi, quando sono stato invitato a cena. Infatti le persone presenti iniziavano a mangiare solo dopo aver fatto il segno di croce sul pane, frutto del mio lavoro, della mia fatica quotidiana. Era un gesto di fede, di ringraziamento al Signore, che aveva fatto trovare sulla loro tavola qualcosa di buono da mangiare per continuare a vivere. Quella significativa preghiera mi consolava della mia difficile e necessaria attività, che io ho svolto volontariamente e diligentemente per la comunita’ del mio paese: Tropea”.

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(Mag. 2010)

COME ERAVAMO. Fra gli undici di Don Carmine Cortese figura il pittore Lorenzo Albino



Tropea 1932. La squadra parrocchiale di calcio di Don Carmine Cortese.
Lorenzo Albino è il ragazzino sdraiato con in mano il pallone


(S. Libertino) Qualche anno fa ci eravamo occupati della 'Tropea Calcio' protagonista nel 1932 del campionato di 1^ Divisione e dei relativi titolari, di cui quattro sono tuttora in vita. Del caso si era occupato il quotidiano 'Calabria Ora', estendendo la notizia ai propri lettori, molti di più degli amici affezionati di TropeaNews.
Quando poi la fonte della notizia è una vecchia foto di ottant'anni fa, ci si guarda intorno, nelle scatole di latta o nei cassetti, per cercare qualcosa di simile a quello pubblicato. E' un richiamo che delle volte riesce a far recuperare la memoria del passato dentro le mura della propria casa. E questa volta siamo riusciti ad ottenere l'effetto sperato ricevendo immagini sulla vita tropeana del passato come quella stupenda che state vedendo in testa a questo articoletto. Il documento immortala un'altra squadra di calcio, sempre dell'anno di grazia 1932.
Si tratta della squadra di Don Carmine Cortese (1887 - 1952), parroco della Parrocchia di Santa Caterina al Corso. Don Carmine, al ritorno dell'intensa esperienza bellica che lo vide in prima linea operare da cappellano militare nel 19° Reggimento Fanteria negli scenari del Carso, di cui possiamo leggere le pagine intrise di spiritualità del suo 'Diario di guerra' di recente pubblicazione, approdò alla parrocchia nel 1924. L'obiettivo che seppe subito cogliere nel periodo post bellico fu di togliere i ragazzi dalla strada e guidarli nella formazione durante la prima fase della loro vita. Si inventò, in pendant al suo Circolo operaio "Fede e Lavoro" in ambito Azione Cattolica, quello parrocchiale dei 'Luigini', animato da mille eventi e frequentato dai ragazzi che orbitavano in genere nei rioni San Giuseppe/Vescovado.
Far parte della squadra di calcio divenne qualcosa di importante per i ragazzi che volevano emulare gli idoli della 1^ Divisione. Don Carmine si impegnò a insegnare loro tra un rosario e l'altro i primi rudimenti, le regole, la lealtà sportiva. Il campo degli allenamenti e delle partite era lo slargo davanti l'entrata della Chiesa dell'Annunziata, adiacente al Cimitero. Il soffice manto erboso si prestava benissimo al gioco del pallone e limitava i danni delle frequenti cadute. Così la squadra partiva dalla parrocchia e andava fuori dell'abitato della Città con meta nelle lande, che all'epoca sembravano lontanissime, dell'Annunziata dove si giocava sotto l'attenta sorveglianza del parroco.
Lo scatto della foto è da assegnare a Gaetano Cortese, papà di Melo. All'epoca i fotografi con una discreta attrezzatura erano, oltre a Gaetano Cortese, Saverio Lo Torto e Saverio Lorenzo.
Gli undici componenti della squadra, colti nello scatto e raccolti intorno alla figura di Don Carmine, sono:
da sinistra in prima fila: Carmine Cortese, Pasqualino Lorenzo, Paolino Cortese, Giuseppe Pandullo, Saverio Angiò e Carmine Gentile (Cocimeo);
in seconda fila: Carlo De Vita, Giuseppe Epifanio (Suriaca), Domenico Cortese, Nino Bagnato e Albino Lorenzo (sdraiato con il pallone).
Fa un certo effetto, di commozione, vedere Albino Lorenzo, che da adulto diverrà l'artista più rappresentativo della Calabria e papà di 18 figli, una volta tanto, lui, bambino, che tira calci al pallone nella squadra parrocchiale.

(Mag. 2010)

Interferenze linguistiche nelle favole



(Franco Mosino) Le favole sono delle sorelle che si tengono per mano. E può capitare che un personaggio passi da una favola all'altra, senza chiedere il permesso a nessuno. Le favole sono sorelle, orfane di padre e di madre: chi le ha messe al mondo? Non lo sappiamo! Pertanto le favole sono una grandiosa famiglia di belle, bellissime fanciulle, tutte anarchiche, tutte seducenti. E i lettori se ne innamorano...
Presenterò due casi di interferenze linguistiche, cioè di personaggi, donne che passano da una favola all'altra conservando i loro nomi.

Primo caso
Nella favola bizantina, in greco medievale, datata al sec. VII d.C., dal titolo "Tauro e Menia", un ignoto scrittore racconta e spiega il toponimo siciliano "Taormina", che viene interpretato come "Il regno di Tauro e Menia". Essi sono dei giganti che non solo regnano nell'isola ma che pure estendono il loro impero al di là dello Stretto di Messina, sulle Serre Vibonesi… E' noto dai miei studi sull'Odissea che la presenza di giganti e gigantesse è più volte documentata nel Poema di Appa (sec. VIII a.C.): in Sicilia vivono i Ciclopi, in Calabria i Lestrigoni,… In una appartata pianura delle Serre Vibonesi (Nordipace) dicono che è possibile ascoltare il tamburo protostorico, che tuttora accompagna nelle feste della Calabria Meridionale la danza del gigante e della gigantessa.
E ci sono testimoni, che, hanno ascoltato il ritmo elementare e ossessivo di questo tamburo protostorico (vedi immagine). In una favola finlandese si racconta che un crudele re aveva due schiave, due gigantesse, una delle quali si chiamava Menia, costrette a pestare il sale, che serviva, per garantire al mare di essere salato: nel mare il sale pestato veniva versato… Pertanto la gigantessa Menia è presente nella favola siciliana e nella favola finlandese...

Secondo caso
Nelle novelle arabe delle "Mille e una notte" si legge la nota favola di "Alì Babà e i quaranta ladroni". Chi scopre il tranello dei briganti, nascosti nelle giare in casa di Alì Babà, è la servetta Morgiana che versa olio bollente nelle giare e così uccide i ladroni. Nelle favole del ciclo bretone della Tavola Rotonda la sorella di Re Artù si chiama Morgana, la quale non è altro che Morgiana delle "Mille e una notte".

Dunque le interferenze linguistiche, onomastiche, confermano la situazione di una cultura globalizzata, che ha prodotto in episodi molto diversi tra loro dei personaggi transitati da una leggenda all'altra.
Le stesse interferenze sono presenti nella nostra società plurinazionale, però a livello di cibi, di abiti, di calzature ecc.! La pizza un tempo napoletana è diventata universale!

(Mag. 2010)







Ingrid Betancourt in Calabria



Ingrid Betancourt Pulecio (Bogotà, 25 dicembre 1961)

(AlVal x arealocale.com) Ingrid Betancourt in Calabria, per un tour di due giorni: l'8 e il 9 maggio. Gli incontri istituzionali della donna politica colombiana, già candidata al Nobel per la Pace, si sono concentrati a Tropea, Spilinga e Vibo Valentia e si concluderanno il 12 maggio a Roma con una visita al Presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini.
Come si ricorderà, in Colombia durante la campagna elettorale del 2002 per una formazione politica di ispirazione ecologista, Ingrid Betancourt venne rapita dalla guerriglia antigovernativa (FARC); rimasta prigioniera sei anni nella giungla, venne infine liberata grazie alle pressioni dei paesi occidentali, in particolare della Francia, sua seconda patria.
"L'unica libertà che nessuno ci può togliere - ha detto ai suoi ospiti a Tropea - è quella di poter decidere la persona che vogliamo essere. L'amore rompe tutte le catene, anche quelle che ognuno di noi si impone a sè stesso. Ricevere il vostro invito ed essere qui tra voi, che mi avete ospitato con lo sguardo carico d'amore, significa accogliere un profondo messaggio di libertà".
La visita in Calabria della Betancourt si inquadra nella collaborazione tra l'Iscapi (Istituto superiore calabrese di politiche internazionali) e la Fondazione Ingrid Betancour che ha implementato il programma di studi “Summer Peace University”: tra luglio e ottobre 2009 sono stati ospitati in Calabria (Spilinga), alcuni familiari di vittime della guerra civile in Colombia, tra cui Tatiana Moncayo, sorella di uno dei tanti sequestrati dalla guerriglia colombiana.

(Mag. 2010)

"La Sindone è il vero lenzuolo di Gesù", parola di Natuzza Evolo



Natuzza Evolo e la Sacra Sindone

(F. Vallone) Adesso è certo ed anche confermato da autorevoli esponenti della Chiesa. Natuzza Evolo, recentemente scomparsa, si era espressa ed aveva risposto ad alcuni quesiti riguardanti proprio il lenzuolo della Sacra Sindone, tanto attuale in questi giorni di ostensione. La mistica di Paravati ne aveva parlato con monsignor Luigi Renzo, vescovo di Mileto - Nicotera - Tropea, e, prima ancora, con padre Michele Cordiano, suo padre spirituale, della Fondazione Cuore Immacolato di Maria di Paravati. A confermarlo è lo stesso padre Michele: "Natuzza disse che la Sacra Sindone è l'originale lenzuolo funebre di Gesù", ed ancora il vescovo di Mileto che ha riferito la notizia nel corso di un intervento per la presentazione del volume di Luciano Regolo su Natuzza. Ecco le testuali parole del vescovo Renzo: "a Natuzza è stato posto il problema, ma è vera o non è vera la Sindone? - Lei ha risposto così: la Sindone è veramente il lenzuolo che ha avvolto Gesù il Venerdì Santo, ma la scienza non riuscirà mai a provarlo". Una risposta chiara e forte che certamente Natuzza Evolo non avrà esternato per semplice parere personale. Le sue comunicazioni rimandano, infatti, ai ben noti colloqui mistici che aveva direttamente con Gesù, con gli angeli e con la Madonna. Quindi per "Natuzza" la scienza non riuscirà mai a dimostrare l'originalità storica della Sindone legata alla morte di Gesù.
La Sindone, il lenzuolo funerario esposto a Torino ha una sua storia documentata solo da un certo periodo, dalla data della sua "apparizione pubblica", nella metà del XIV secolo. Ma sulla sua origine e sulla sua storia precedente gli stessi storici entrano in crisi. A questo punto non vi è assolutamente accordo sulla sua precisa antichità. Con l'elaborata tecnica del Carbonio 14, quella utilizzata in ambito archeologico, è stata eseguita nel 1988 la datazione così detta "radiometrica del C14". I risultati sono stati negativi. Da queste indagini la datazione della realizzazione del lenzuolo risulta compresa tra il 1260 e il 1390.
Secondo altri studiosi la Sindone di Torino risalirebbe alla Palestina del I secolo; gode inoltre di molto credito tra di essi l'ipotesi che essa sia da identificare con il mandylion o "Immagine di Edessa". Secondo i racconti dei vangeli, dopo la morte di Gesù, il suo corpo fu deposto dalla croce, avvolto in un lenzuolo (sindone) con bende e deposto nel sepolcro. Luca e Giovanni menzionano i tessuti funebri anche dopo la risurrezione. Della sindone evangelica non viene fornita alcuna descrizione circa dimensioni, forma, materiale; viene però indicato che fu utilizzato un telo per il corpo e un fazzoletto (sudario), separato, per la testa. È ipotizzabile che il telo e il sudario siano stati conservati dalla primitiva comunità cristiana, vi sono indizi in questo senso in alcuni documenti antichi, e tenuti nascosti a causa delle persecuzioni e delle credenze giudaiche che ritenevano impuri gli oggetti venuti a contatto con un cadavere. Coloro che sostengono la corrispondenza tra Mandylion e Sindone spiegano la contraddizione tra le dimensioni del primo (un fazzoletto) e della seconda (un sudario) ipotizzando che quest'ultima fosse tenuta ripiegata e chiusa in un reliquiario con un'apertura che mostrava soltanto il volto. Nel 1353 Goffredo di Charny, primo possessore ufficiale della reliquia, donò la Sindone al capitolo dei canonici della collegiata di Lirey, che egli aveva fondato; la prima ostensione pubblica avvenne, pare, nel 1357. Nel 1415 una discendente di Goffredo, si riappropriò del lenzuolo e nel 1453 la vendette ai duchi di Savoia. Questi la conservarono a Chambéry dove sopravvisse ad un incendio che la danneggiò in diversi punti. Nel 1578 venne portata a Torino, dove nel frattempo i Savoia avevano trasferito la loro capitale e da allora vi rimase ininterrottamente fino al giorno d'oggi. Nel 1898 venne fotografata per la prima volta: in quell'occasione si scoprì che l'immagine impressa sul lenzuolo presentava le caratteristiche di un negativo fotografico. Nel 1983 Umberto II di Savoia, ultimo re d'Italia, morendo la lasciò in eredità al Papa che ne delegò la custodia all'Arcivescovo di Torino.
La Sindone è un lenzuolo di lino di colore giallo ocra, di forma rettangolare e dimensioni di circa 442x113 cm. È cucito su un telo di supporto, pure di lino, delle stesse dimensioni. Il lenzuolo è tessuto a mano con trama a spina di pesce. Sono chiaramente visibili sulla Sindone i danni provocati da alcuni eventi storici, i più vistosi sono le bruciature causate dall'incendio nel 1532.

(Mag. 2010)

Bandiere blu: quest'anno sono 231 le spiagge più attrezzate. Esclusa Tropea
Bandiera Blu (S. L./11.5) Da Jesolo in Veneto a Pollica in Campania, le eccellenze del mare italiano sono 15. Le stelline al tuffo d’autore, scelte tra i 117 comuni su cui sventola la Bandiera Blu 2010, le ha assegnate la Federazione per l’educazione ambientale (Fee): ben 231 rispetto alle 227 dello scorso anno. In testa alla classifica regionale la Liguria, con 17 spiagge premiate, una in più dello scorso anno.

Le eccellenze in spiaggia

Queste "eccellenze" tra le Bandiere Blu sono state scelte in base a diversi fattori. Quelli che più hanno contato sul punteggio finale sono l’educazione ambientale, la raccolta differenziata e la qualità delle spiagge. Si parte da Jesolo (Venezia), seguita da Celle Ligure e Varazze (Savona), Moneglia (Genova), e Lerici. Poi Cesenatico (Forlì-Cesena), Cecina, Bibbona, Castagneto Carducci (Livorno), Castiglione della Pescaia (Grosseto), Potenza Picena e Civitanova Marche (Macerata), Porto San Giorgio e San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno), Pollica (Salerno).

Gli stabilimenti migliori

Le spiagge che vincono la speciale classifica "lo stabilimento" sono a Varazze, Savona, Bibbone, Ostuni, Grosseto, Viareggio e Finale Ligure. Oltre alle eccellenze ci sono anche le Bandiere Blu storiche tra cui Grado e Lignano Sabbiadoro, Santa Teresa di Gallura, Cesenatico, Gabbicce mare, Forte dei Marmi. E anche un rientro importante dopo 18 anni, Loano (Savona). In totale le auto-candidature sono state 149 con il 22% di esclusioni, di cui la maggior parte per la mancanza di iniziative di educazione ambientale. Nella suddivisione delle 117 Bandiere Blu 2010 vince il sud con 39, poi il centro con 37, il nord con 35 e le isole con 6. Da quest’anno, riferisce Carla Crea dell’Enea, ci sarà "la novità relativa allo schema delle acque di balneazione che permetterà a molte località di partecipare".

Ecco la mappa delle spiagge doc

PIEMONTE (2): Cannero Riviera (Verbania); Cannobio (Verbania).
FRIULI VENEZIA GIULIA (2): Grado (Udine); Lignano Sabbiadoro (Gorizia).
VENETO (6): San Michele al Tagliamento - Bibione, Caorle, Eraclea - Eraclea mare, Jesolo, Cavallino Treporti, Venezia - Lido di Venezia (tutte in provincia di Venezia).
LIGURIA (17): Camporosso, Bordighera (Imperia); Loano, Finale Ligure, Noli, Spotorno, Bergeggi, Savona, Albissola Marina, Albisola Superiore, Celle Ligure, Varazza (Savona); Chiavari, Lavagna, Moneglia (Genova); Lerici, Ameglia - Fiumaretta (Lerici).
EMILIA ROMAGNA (8): Comacchio-Lidi Comacchiesi (Ferrara); Lidi Ravennati, Cervia (Ravenna); Cesenatico, San Mauro Pascoli-San Mauro mare (Forlì-Cesena); Bellaria Igea Marina, Rimini, Cattolica (Rimini).
TOSCANA (16): Forte dei Marmi, Pietrasanta, Camaiore, Viareggio (Lucca); Pisa-marina di Pisa-Tirrenia-Calambrone; Livorno-Antignano e Quercianella, Castiglioncello e Vada di Rosignano Marittimo, Cecina, marina di Bibbona, Castagneto Carducci, San Vincenzo, Riotorto-Piombino: parco naturale della Sterpaia (Livorno); Follonica, Castiglione della Pescaia, Marina e Principina di Grosseto, Monte Argentario (Grosseto).
MARCHE (16): Gabicce Mare, Pesaro, Fano, Mondolfo (Pesaro-Urbino); Senigallia, Ancona Portonovo, Sirolo, Numana (Ancona); Porto Recanati, Potenza Picena - Porto, Civitanova Marche (Macerata); Porto Sant’Elpidio, Porto San Giorgio, Cupra Marittima, Grottammare, San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno);
LAZIO (5): Anzio (Roma); Sabaudia, San Felice Circeo, Sperlonga, Gaeta (Latina).
ABRUZZO (13): Martinsicuro, Alba Adriatica, Tortoreto Lido, Giulianova, Roseto degli Abruzzi, Pineto, Silvi Marina (Teramo); Ortona, San Vito Chietino, Rocca San Giovanni, Fossacesia, Vasto, San Salvo (Chieti).
MOLISE (1): Termoli (Campobasso).
CAMPANIA (12): Massa Lubrense (Napoli); Positano, Agropoli, Castellabate, Montecorice-Agnone e Capitello, Pollica-Acciaroli Pioppi, Casal Velino, Ascea, Pisciotta, Centola-Palinuro, Vibonati-Villammare, Sapri (Salerno).
BASILICATA (1): Maratea (Potenza).
PUGLIA (8): Rodi Garganico (Foggia); Polignano a Mare (Bari); Ostuni-Marina di Ostuni (Brindisi); Castellaneta, Ginosa-Marina di Ginosa (Taranto); Castro Marina, Melendugno, Salve (Lecce).
CALABRIA (4): Cariati-Marina di Cariati (Cosenza); Cirò Marina-Punta Alice (Crotone); Roccella Jonica, Marina di Gioiosa Jonica (Reggio Calabria).
SICILIA (4): Fiumefreddo di Sicilia-Marina di Cottone (Catania), Pozzallo, Ragusa-Marina di Ragusa (Ragusa); Menfi (Agrigento).
SARDEGNA (2): Santa Teresa di Gallura-Rena Bianca, La Maddalena-Punta Tegge Spalmatore (Olbia-Tempio).

(Mag. 2010)

Solidarietà per il Cte Francesco Marciano
Dott. Francesco Marciano, Cte della Polizia Municipale (S. L./11.5) L'Amministrazione Comunale esprime piena solidarietà al dott. Francesco Marciano, comandante della Polizia Municipale, e condanna con determinazione il vile e ignobile atto a danno della sua autovettura.
TropeaMagazine si associa all'Amministrazione Comunale nella ferma condanna del vile attentato, esprimendo viva solidarietà al Comandante Marciano.

(Mag. 2010)










Salone del libro di Torino: oltre trenta gli espositori nello stand della Calabria. C'è anche l'Accademia degli Affaticati.



(S. L.) Alle ore 1700 di sabato 15 maggio, al Salone Internazionale del Libro di Torino si terrà la presentazione della IV edizione del Premio “Tropea” che si svolgerà a Tropea dal 16 al 18 luglio prossimo. Assieme a Rolando Picchioni, presidente della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura (l’ente che promuove, gestisce e organizza il Salone del libro), interverranno Fiorenzo Alfieri, assessore alla Cultura Comune di Torino, l'assessore della Regione Calabria alla Cultura Mario Caligiuri, Michele Coppola, assessore alla Cultura Regione Piemonte, Maria Faragò, coordinatrice del premio, Pasqualino Pandullo, presidente dell’Accademia degli Affaticati e il sindaco di Tropea Adolfo Repice.
Sono trentaquattro gli espositori tra editori ed organismi culturali calabresi, che hanno aderito allo stand regionale: Abramo, Apoikia, Barbaro, Centro Jazz Calabria, Città del sole, Coccole e caccole, Csa, D’Ettoris, Editoriale progetto 2000, Edizioni Ts, Equilibri, Falzea, Ferrari, Iiriti, Istar, la Bottega editoriale, La Dea, La Mongolfiera, La Rondine, Laruffa, Librare, Mediterranean media, Meligrana, Pancallo, Parco Nazionale della Sila, Pellegrini, Periferia, Premio “Nosside”, “Rhegium Julii”, Premio “Tropea”, Prometeo, Regione Calabria - Ufficio della consigliera di Parità, Rem, Savir/E’ Lifestyle e Settecolori. Da segnalare che tre delle case editrici sopracitate hanno anche uno stand autonomo all’interno del Salone: Città del sole, Falzea e La Rondine. Forte – tra i partecipanti – la rappresentanza “editoriale” delle aree di Cosenza, con 13 espositori, e di Reggio Calabria, con 12 espositori. L’area di Catanzaro invece è rappresentata da 3 espositori, quella di Crotone da 2 e infine quella di Vibo da 4.
Repice si è detto entusiasta della lodevole iniziativa organizzata dall'Accademia degli Affaticati presieduta da Pasqualino Pandullo. Nel contempo, però, non nasconde la sua amarezza sia per la mancanza di una idonea struttura, di una sala convegni comunale idonea ad ospitare questo importante evento culturale, sia per lo stato di incuria in cui versa il patrimonio librario e archivistico comunale. Su quest'ultimo aspetto in particolare dichiara: "Ci adopereremo con tenacia ed ostinazione per il recupero e la valorizzazione di ciò che costituisce l'identità e la memoria della nostra comunità che è stata, nel suo remoto e glorioso passato, un presidio di sapere e di cultura, un vero e proprio crocevia del Mediterraneo. Il Sindaco pertanto assicura che "da parte dell'Amministrazione ci sarà il massimo impegno per riattivare al più presto la Biblioteca Comunale con il rinnovo del Comitato di Gestione. Lavoreremo per il momento il pieno recupero del patrimonio librario e archivistico esistente, e avvieremo al più presto le necessarie procedure per dare alla città di Tropea una struttura bibliotecaria più adeguata e funzionale di quella in uso, che possa anche ospitare dignitosamente, in idonee sale convegni, le tante iniziative di carattere culturale che questa amministrazione intende promuovere e sostenere".

--> Salone Internazionale del libro di Torino

--> Premio Letterario Tropea

(Mag. 2010)

Presentazione del libro "Spilinga e dintorni" di Agostino Gennaro e Pasquale Russo



(S. L.) Martedì 18 maggio alle ore 1700 sarà presentato a Spilinga presso la Villa Comunale il libro "Spilinga e dintorni - Società - Demografia - Religione ed Economia dall'antichità al Novecento" di Agostino Gennaro e Pasquale Russo, 190 pagine.
Modererà l'evento la dott. Concetta Schiariti, giornalista. Saranno presenti e interverranno, oltre gli Autori, il sindaco di Spilinga, Dott. F. Barbalace, l'Assessore Comunale alla Cultura Prof. T. Fiammingo e il Prof. Antonello Savaglio dell'Università di Messina, che ha firmato la prefazione del volume, quest'ultimo attraverso la relazione "Il significato di una ricerca". Concluderà Mons. Luigi Renzo, Vescovo di Mileto - Nicotera - Tropea.

L'opera

La ricerca che ha portato gli Autori a percorrere secoli di esperienza della comunità spilingese è stata effettuata soprattutto su documenti di archivio e di indagine archeologica. A partire dalla frequentazione più antica che è legata alla presenza di popolazioni brettie, è stato notato il rapporto con la colonia più vasta di Torre Galli esplorata dal grande archeologo Paolo Orsi agli inizi del secolo XX, ma completata soltanto alla fine dello stesso secolo, con una lettura che si può ritenere definitiva, da parte di Marco Pacciarelli e pubblicata presso l'editore Rubbettino nel 1999. L'area di Colarizzi, vastamente studiata in convegni nazionali, ha evidenziato una frequentazione anche in periodo romano successiva a quella della popolazione brettia. La presenza sul territorio di numerose grotte naturali ha dato certamente la designazione toponomastica alla terra delle grotte, che, nella rielaborazione fonetica della lingua latina è pervenuta fino a noi come SPILINGA.
Si venne formando una cintura di chiese e luoghi sacri che formò attorno a Spilinga una corona che ancora oggi è possibile constatare. Gli antichi borghi scomparsi che gravitavano attorno sono ormai solo toponomi di rovine o aperta campagna, ma resta l'eco di una vitalità che ha reso il popolo spilingese laborioso, amante della terra che ha saputo rendere fertile e produttiva, fino a farla diventare il granaio di Tropea, la città madre politicamente, ma combattuta, odiata, vilipesa. Il rapporto città-campagna che Tropea aveva instaurato con il contado servì ad accentuare lo sfruttamento fino a suscitare ribellioni, assedi, rivendicazioni fiscali ed autonomia. Una vicenda ricca di religiosità e di laboriosità che dà la connotazione più autentica di un popolo che non accettò la sudditanza come condizione di vita. Ma il segno che tuttora è quello più chiaramente identitario è certamente la devozione alla Madonna della Fontana. E non si tratta semplicemente di una connotazione religiosa: anche molti aspetti della vita civile fanno riferimento al luogo mistico che accomuna la popolazione residente e tutti gli spilingesi sparsi nel mondo.

Indice dell'Opera

Presentazione - Il Poro - I primi insediamenti - Villaggi scomparsi - Torre Galli e la sua Necropoli - Mesiano - Aramoni - San Donato - Bordonadi - Rodonadi - Bellonio - Caruponi - Macrone - Condorchidone - Grotta delle Fate - Grotta di Favo - La grotta di Santiliu (San Leone) - La grotta santuario di Maria SS. Della Fontana - Le chiese - San Sebastiano - San Giovanni Battista - S. Nicola - S. Maria de Cripto - S. Caterina - S. Francesco Saverio - S. Maria di Gesù - Salve Regina (S. Maria delle Grazie, chiesa rurale) - S. Michele Arcangelo (o del Poro, chiesa rurale) - Madonna di Pompei - Madonna del Carmelo - Spilinga - Acquedotto - Carciadi - Panaia - Banditismo - Banditi criminali per indole - Banditi contro un potere politico dispotico e inumano - Briganti - Andrea Orlando bandito - Andrea Orlando Capitano e onesto proprietario - Giuseppe Miceli detto Ruina - Conclusione - Bibliografia.

Gli Autori


Agostino Gennaro ha insegnato nelle scuole di stato e di è dedicato per lungo tempo alla attività politico-amministrativa ricoprendo il ruolo di sindaco di Spilinga. I suoi interessi culturali, sollecitati anche dalla sua attività socio-politica, si sono rivolti allo studio del territorio curando la pubblicazione dell'opera di Francesco Vecchio Monachesimo basiliano in Calabria (Mapograf 1992) e preseguendo la sua ricerca nella terra dove è nato e dove è vissuto da contadino tra i contadini, percorrendo il territorio a piedi per esplorarne le parti più recondite. Il suo incontro culturale con don Pasquale Russo è avvenuto proprio sul cammino di esplorazione e di conoscenza del territorio, particolarmente nella ricerca archivistica e documentaria.


Don Pasquale Russo è parroco di Ricadi (VV) e unisce da sempre il suo impegno pastorale con quello culturale, in particolare con la ricerca storica. Socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria, fa parte dell'Associazione dei Professori di Storia della Chiesa. Ha curato la pubblicazione anastatica del manoscritto Collectanea Chronologica 1720 di Francesco Sergio (ed. Athena 1988) e delle Memorie di Vito Capialbi per la diocesi di Tropea (ed. Mapograf 2002), due opere fondamentali per la storia dell'area tropeana. E' autore di numerosi interventi su Tropea e il suo territorio con relazioni e convegni storici, articoli su giornali, riviste e saggi; per Le Diocesi d'Italia (ed. S. Paolo 2007) ha scritto le voci Amantea - Tropea - Nicotera e Tropea; presso l'editore Monteleone ha pubblicato la guida storica-ambientale Tropea e il suo territorio (2006) ed ha curato le opere postume di G. Berto Il mare dove nascono i miti (2003) e Critiche cinematografiche (2005), in qualità di promotore culturale responsabile del Premio letterario intitolato allo scrittore moglianese.

(Mag. 2010)

E' morto Egidio Repice



Egidio Repice

(S. Libertino/16mag) Egidio è morto ieri sera. Recentemente, anche se malfermo sulle gambe, ha voluto seguire tutto il percorso della campagna elettorale che ha portato suo fratello Adolfo a sindaco di Tropea. Appariva molto commosso durante l'ultimo comizio di Adolfo e raggiante di gioia quando ha saputo del successo di suo fratello. La scomparsa di Egidio mi ha veramente toccato. Una ventina di giorni fa ho telefonato a casa per comunicargli la notizia che finalmente ero riuscito a completare e pubblicare l'intervista, che mi aveva concesso, sulla storia di suo fratello Rocco, martire della resistenza. La moglie Edvige mi aveva detto che stava molto male e che sarebbe stato in mattinata ricoverato in ospedale. Non so se ha avuto modo di leggere il mio articolo perchè ci teneva tanto che si parlasse di Rocco. Tropea, la Provincia di Vibo Valentia, la Calabria perde un fine politico e di vecchia data. Diceva: "Ho sempre fatto politica fin da quando ero ragazzo, ancora non avente diritto al voto". Aveva ricoperto cariche importanti sia nel direttivo nazionale del partito socialdemocratico sia a livello regionale e territoriale. E' stato negli anni Ottanta sindaco di Tropea. Solo qualche anno fa ha ricoperto il ruolo di Presidente dell'APT. Il fiore all'occhiello di Egidio sindaco: aver riunito davanti a tutta la cittadinanza tropeana su un palcoscenico in Largo Galluppi i tre grandi tropeani del Novecento: Giuliano Toraldo di Francia, Raf Vallone e Albino Lorenzo. Un evento memorabile!
Alla moglie Edvige, alle figlie Paola e Marianna e ai fratelli le più sentite e sincere condoglianze da parte di TropeaMagazine. Ciao Egidio!

--> L'intervista a Egidio Repice

(Mag. 2010)

Apre il cantiere di Drapia per il collegamento tra l'A3, Vibo e Tropea



(Newz.it/17mag/h1549) L'obiettivo è quello di abbreviare i tempi di percorrenza impiegati per raggiungere Vibo Valentia e Tropea dallo svincolo autostradale delle Serre, utilizzando un collegamento veloce che accorci l'attuale tragitto di almeno 5 chilometri, bypassando i centri abitati
I lavori di realizzazione della nuova arteria sono stati inaugurati oggi, con specifico riferimento alla variante di Caria di Drapia, che rappresenta uno dei tre lotti previsti nell'ambito dello stesso progetto.
Il finanziamento complessivo ammonta a circa 10 milioni di euro, a valere sull'Accordo programma quadro (Apq) sulle infrastrutture risalente al 2003; grazie a queste risorse sarà possibile procedere all'ammodernamento dalle strade provinciali 73 e 14 (che saranno collegate da unico tronco viario), realizzare tre rotatorie agli incroci per Filandari, Nicotera, Spilinga e Zungri (con annesse infrastrutture pedonali) e, infine, costruire un tratto stradale ex novo di 2,6 chilometri per evitare l'attraversamento della frazione Caria.
Qui, nel comune di Drapia, il presidente della Provincia Francesco De Nisi ha inaugurato questa mattina i lavori. Erano presenti anche gli assessori Giuseppe Barbuto (Lavori pubblici), Gianluca Callipo (Turismo), Martino Porcelli (Ambiente) e Maria Salvia (Pubblica istruzione), il presidente del Consigllio provinciale Giuseppe Barilaro, il consigliere Carlo Brosio, il sindaco di Drapia Alessandro Porcelli e il consigliere regionale Brunello Censore.
"L'avvio di questo intervento, programmato sin dal 2005, ha subito notevoli ritardi a causa di numerosi problemi burocratici - ha sottolineato De Nisi -. Dopo essere riusciti a sbloccare la situazione abbiamo imposto una forte accelerazione alla realizzazione dell'opera, provinciale, con risvolti positivi anche sul traffico turistico proveniente dall'A3".

(Mag. 2010)

Lucia Grillo, Cannes, New York... Cosenza. Ancora successo internazionale per la giovane attrice e regista calabroamericana



(F. Vallone) Lucia Grillo, l'attrice regista italoamericana figlia di calabresi di Francavilla Angitola emigrati a New York è a Cannes! Uno dei suoi film, Ad Ipponion, è stato accettato al Cannes Short Film Corner (l'importante mercato dei cortometraggi) e A pena do pana (altra sua produzione girata in Calabria con Vincent Schiavelli) verrà proiettato, sempre a Cannes, al Cannes Indipendent Film Festival. Lucia Grillo è da qualche giorno nella città del cinema anche alla ricerca di produttori per la sceneggiatura di un lungometraggio drammatico che si ambienterà proprio fra New York, la Grande Mela americana, e la Calabria. Intanto, visti i successi ottenuti con la sua ultima opera, appena tornerà in America da Cannes, continuerà la produzione di Terra sogna terra, il documentario sugli orti degli emigrati italiani, al fine di farlo diventare un lungometraggio. Vogliamo intanto ricordare che la versione "corto" del documentario sugli orti degli emigrati calabresi verrà proiettato il 5 giugno in Calabria, a Cosenza, presso il cinema Garden, al Festival Immagini da gustare, come evento speciale all'interno di Moda Movie 2010. Lucia Grillo a New York attualmente produce il programma televisivo Italics, sulla cultura italiana e italoamericana (per il quale ha prodotto, diretto e montato la prima puntata dell'episodio "Jukebox", con interessanti interviste a Vinicio Capossela e Jovanotti e gli "hardcore punk", Killing Time, tutti italoamericani, che suonavano al famoso CBGB, e hanno fatto uscire un nuovo album proprio questo anno. "Sono 20 anni che suonano insieme - ci sottolinea la stessa Lucia - e sono conosciuti in tutto il mondo per questo genere di musica".

--> Lucia Grillo è su Myspace

--> AD IPPONION

(Mag. 2010)

Sette storie sulla scala di seta, un libro con l'inchiostro rosa



L'Autrice Assunta Scorpiniti con lo scrittore Carmine Abate alla Fiera del Libro di Torino

(F. Vallone) Il volume, tascabile, si intitola "Sette storie sulla scala di seta, sguardi e conquiste di donne calabresi" e racconta, con inchiostro rosa, le donne. Donne nella scrittura e donne per la scrittura, quasi sempre riunite nel luogo delle origini che, elettivamente, è il Sud: il Sud, meridione d'Italia ed ogni Sud del mondo.
Quelle di Assunta Scorpiniti sono storie emblematiche di vita; ritratti di donne che hanno vissuto e operato in Calabria; spunti per riflettere su una presenza rilevante sotto l'aspetto sociale, culturale ed umano, capace di rispondere ai bisogni di una famiglia o di un gruppo e di apportare dei mutamenti. Il volume è stato fra l'altro presentato, sabato scorso, alla Fiera del Libro di Torino. Ma raccontiamo della sua autrice: da qualche tempo donna Assuntina (come ama definirla il critico letterario Pasquino Crupi), scrittrice, ricercatrice e giornalista, racconta la Calabria attraverso lo sguardo delle sue donne. Un lavoro che prosegue con questo volume edito dalla casa editrice cosentina "Progetto 2000", con cui ha già pubblicato racconti e numerosi libri. La "scala di seta", ricorda il titolo di un'opera lirica di Rossini; in questo caso, oltre a dare il nome alla collana dedicata "alle donne nella scrittura e per la scrittura", diretta dalla stessa autrice, è intesa nel senso di una tipica espressione delle donne dell'area jonica calabrese, che dicono "ci vuole na scala i sìta" quando si tratta di affrontare un'impresa molto ardua, ma possibile se c'è impegno, determinazione, concretezza nell'agire.
Ma ecco le protagoniste del libro: c'è un'insegnante che, con la sua lunga vita, ha attraversato la storia di un secolo; c'è un'antica donna del mare, che ha svolto il mestiere di pescatrice; c'è una suora missionaria in un'opera di promozione della donna, nella lontana Africa; tra le pagine del libro si incontrano poi una "maistra", maestra di ago e filo che ha portato nel suo paese il glamour di stilisti famosi, ed ancora una levatrice condotta venuta dal nord che accoglieva la nuova vita con un sorriso; la "pioniera" delle donne calabresi nel cuore dell'Europa e il suo impegno per l'integrazione dei connazionali in terra straniera; ed infine una bambina che, con la curiosità dello sguardo, segue il percorso migratorio della sua famiglia. Un modo e un mondo femminile, accomunato dalla capacità di guardare lontano quanto dentro se stesse e, soprattutto, dalla fedeltà a idee e principi: "E' difficile - spiega la stessa autrice - che possa riproporsi l'esperienza della maggior parte di queste donne, appartenuta ad un altro tempo e a un'altra storia; attraverso il racconto delle loro vicende, suggestive quanto sconosciute - aggiunge - vorrei, tuttavia, suscitare una riflessione sul senso di una presenza, sui segni lasciati, quasi sempre in modo silenzioso, da tante donne che hanno dato tutte se stesse e i loro talenti ai luoghi dove hanno vissuto ed operato, offrendo evidenti occasioni di crescita". Una presenza che occorre ripensare, in quanto fondamentale e spesso decisiva nello svolgersi della piccola e della grande storia: "Il mio invito - conclude l'autrice - è quello di imparare a conoscere queste figure, cercandole nei nostri paesi e nelle nostre famiglie, per trarne modelli e valori che, nella consapevolezza delle diverse situazioni e contesti, possono essere collegati all'impegno delle donne nella società odierna".

Scheda del libro

Assunta Scorpiniti
Sette storie sulla scala di seta - Sguardi e conquiste di donne calabresi
Progetto 2000, 2009, pp. 96
7,00 Euro.

(Mag. 2010)

Tenta di salvare il cane cade in un burrone
(genova.repubblica.it/19mag) Un turista genovese è stato salvato insieme al suo cane a Capo Vaticano, non distante da Tropea, in Calabria. Passeggiava sul promontorio quando l'animale è caduto in un crepaccio. Il padrone ha cercato di recuperarlo, ma anche lui è finito tra le rocce. I vigili del fuoco hanno lavorato quattro ore per trarre in salvo l'uomo e il suo cane.
Rischia la vita per salvare il suo cane. Piero Ivaldi, 39 anni, genovese in vacanza in Calabria, è stato salvato dai vigili del fuoco e, insieme a lui, è stato recuperato anche il cane, precipitato da un costone roccioso a Capo Vaticano, il promontorio sulla costa vibonese a picco sul mare. Una frattura nella roccia profonda sette metri, dove prima è caduto l'animale e poi è rimasto incastrato anche il padrone sceso tra le rocce per salvare il cane. "Stavo passeggiando, quando il cane si è allontanato e poi l'ho sentito guaire in fondo al crepaccio".
Quando il padrone ha visto l'animale in difficoltà, senza pensarci due volte, ha cercato di calarsi nel precipizio aggrappandosi alle ginestre su cui fortunatamente si era impigliato il cane, senza però poter proseguire o tornare indietro.
Scattato l'allarme, sul luogo è arrivata una prima squadra dei Vigili del Fuoco di Vibo che, dopo aver lavorato dal primo pomeriggio fino alle 20 di ieri sera, è riuscita a salvare l'uomo. Per poter recuperare l'animale è dovuta poi intervenire una seconda squadra. Alla fine, poco prima della mezzanotte, l'epilogo positivo.



(Mag. 2010)

Scoppia un tubo sotto il manto stradale, lavaggio auto gratis per tutti



(F. Vallone/19mag) A Conidoni di Briatico ieri mattina è scoppiata la condotta dell'acqua potabile, sotto il manto stradale, proprio al centro della carreggia... lo zampillo d'acqua che fuoriusciva dal tubo era alto più di dieci metri e creava un vero e proprio spartitraffico liquido che lavava gratuitamente tutte le auto in transito.

(Mag. 2010)

L'Assessore Lorenzo propone il campo giovani
Romana Lorenzo (S. L.) L’Amministrazione Comunale – su interessamento dell’avv. Romana Lorenzo, assessore agli Affari Generali e alla Politiche Giovanili Comunitarie – rende noto alle ragazze e ai ragazzi, di età compresa tra i 14 e 22 anni compiuti al momento della compilazione della domanda e aventi residenza in Italia, che possono prendere parte – in base ai criteri di merito scolastico e/o reddito familiare – ai campi estivi organizzati dal Ministero della Gioventù, in collaborazione con i Vigili del Fuoco, la Marina Militare, le Capitanerie di Porto e la Croce Rossa Italiana.
Il termine ultimo per inoltrare la relativa domanda di partecipazione è fissata per il 24 maggio p.v..
Per ulteriori informazioni basta visitare il sito www.campogiovani.it e, per supporto, contattare il Comune all’indirizzo e-mail: affarigenerali@comune.tropea.vv.it .
«Il Campo Giovani – come ha dichiarato l’Assessore Lorenzo – è un’occasione per poter vivere un’esperienza in difesa dell'ambiente, in aiuto alla popolazione, al servizio degli altri. Si tratta di una vacanza diversa, di una settimana per apprendere nozioni utili, fare amicizia, scoprire nuove attitudini e vivere appieno l’impegno civile, sicuramente è una iniziativa volta ad accrescere il senso civico di ciascuno dei partecipanti».







(Mag. 2010)

Ecco come stiamo bene in America ... Mostra sull'emigrazione al Vittoriano. Il materiale de “le stanze della luna” in una mostra sull'emigrazione al Vittoriano a Roma. Novayorca, Bruccolino, il vivere nella lontananza e l'unità della comunità



Materiale da collezione proveniente da 'Le Stanze della Luna' di Franco Vallone
e esposto al Museo Nazionale dell'Emigrazione Italiana (MEI)


(F. Vallone) I Santi seguivano gli emigranti nella loro diaspora, nel grande viaggio sull'Oceano. I santi e le madonne dei nostri paesi del Meridione d'Italia stavano nei bagagli, nei bauli, nelle valigie, racchiusi nei portafogli, tra gli indumenti, spillati sul corpetto intimo, riposti tra i pochi soldi annodati nel fazzoletto.
Poi, dopo l'arrivo nell'altro mondo che si chiamava 'Merica, dopo aver cercato lavoro, gli emigranti ricominciavano a ricostruire anche la festa perduta. Recuperavano memoria, pensavano a nuovi itinerari in cui immettere antichi percorsi processionali per le loro devozioni mai perse, per le loro madonne fatte ricostruire “uguali”, per i loro santi benedetti dal prete.
Materiale da collezione proveniente da 'Le Stanze della Luna' di Franco Vallone e esposto al Museo Nazionale dell'Emigrazione Italiana (MEI)Fine del 1900, porte del nuovo secolo e del nuovo millennio: Le due statue, policrome e inghirlandate di tutto punto, di San Basilio Magno, protettore di Cessaniti, e della Vergine Santissima della Lettera, venerata nella frazione Pannaconi, avanzano lentamente assieme, tra la gente, in una processione un poco più corta del solito. La marea di gente in movimento prosegue lenta, in un itinerario processionale, ricostruito anche al di là dell'Oceano.
Materiale da collezione proveniente da 'Le Stanze della Luna' di Franco Vallone e esposto al Museo Nazionale dell'Emigrazione Italiana (MEI)Le due Pannaconi, le due Cessaniti, quella calabrese e quella in America, si guardano allo specchio con San Basilio e la Madonna della Lettera. Cessaniti e Pannaconi, portati sulle spalle, come ogni anno, come al solito, dalla stessa gente di Cessaniti e Pannaconi sparsa nel mondo.
I calabresi con i vestiti buoni della festa escono fuori dalle loro case americane, come formiche, si ritrovano e si riuniscono ancora una volta per le strade assolate di una delle tante cittadine dei dintorni di New York. Dopo la messa portano fuori dalle chiesa i loro santi di sempre, ricordano i passi del loro lontano paese calabrese per ringraziare, per fede, per devozione, per tradizione consolidata o semplicemente per abitudine, per rinnovare il rito e il senso più profondo dell'unità della loro comunità, nella consapevolezza di vivere in una lontananza obbligata, in una terra straniera oramai divenuta ritualmente familiare e quotidiana.
Un rito per sentirsi, almeno per un attimo, a casa, e per pensare, ancora una volta e con nostalgia, ad un vicino prossimo ritorno in Calabria. Il festante corteo avanza faticosamente tra le auto in sosta, tra la gente del mondo nuovo, con la nostalgia nel cuore nel ricordo dei parenti lontani, degli amici e dei conoscenti, delle strade di casa o di chi ormai non c'è più.
I cessanitoti e i pannacunoti si stringono l'uno con l'altro per stare assieme almeno un giorno, ancora un giorno, nel ricordo della loro festa lontana. Una strada, quella che si attraversa, fatta di migliaia e migliaia di chilometri di mare. Un viaggio che anche Italiano Domenico di Favelloni si fece nel lontano 1910 su un bastimento sgangherato. Le partenze avvenivano abitualmente da Napoli, o da Genova e poi si affrontava l'infinito Atlantico fino a Ellis Island o Buenos Aires.
Di questi lunghi viaggi Domenico Italiano ne fece tanti, alcuni sono anche testimoniati dai suoi biglietti d'imbarco. Uno di questi interminabili viaggi lo fece nel 1928 col vapore, di bandiera italiana, "Augustus". Il biglietto di viaggio testimonia il camminare per il mondo di Domingo. Da Favelloni a Napoli e poi scalo a Genova prima di prendere il largo nell'oceano.
Materiale da collezione proveniente da 'Le Stanze della Luna' di Franco Vallone e esposto al Museo Nazionale dell'Emigrazione Italiana (MEI)Il giorno della partenza da Napoli è il 6 luglio. La cabina, che gli tocca e gli consegnano, è la numero 686, il letto B, il biglietto è lo 00100. Domenico Italiano ha trent'anni ed è uno dei tantissimi giovani calabresi in cerca di lavoro, di fortuna e di una nuova vita al di là dell'Oceano. Oggi riusciamo a conoscere anche il menu della cucina del bastimento e sapere cosa Domenico Italiano ha potuto mangiare in quei giorni di viaggio.
Il menù di bordo, giorno per giorno, prevedeva tra l'altro pasta all'acciuga, baccalà in umido con patate, pasta e ceci al lardo con patate, carne al ragù con cipolle cotte... Con il suo biglietto di terza classe economica, un pezzo di carta, piegato in due, di colore rosso, il signor Italiano affrontò il primo mistero di quello che veniva definito altro mondo tanto era lontano e sconosciuto, il secondo, quello definitivo e infinito, lo avrebbe affrontato molti anni più tardi, nella sua Favelloni Piemonte, dopo il ritorno dalla 'Merica.
Domenico Italiano partì per la 'Merica con il suo baule dell'emigrante ritrovato anni dopo da Padre Maffeo Pretto, scalabriniano calabroveneto in missione nel Sud Italia proprio per studiare il fenomeno delle migrazioni. Quel baule è oggi un simbolo prezioso e famoso delle “Stanze della luna” di Vibo Valentia, guardato con gli occhi incantati da migliaia di visitatori provenienti da tutto il mondo, sguardi colmi di retorico e del nostalgico nel Museo dell'Emigrazione Italiana nel Complesso del Vittoriano, a Roma. Ieri quel baule è servito come utile contenitore delle povere cose di Domingo.
Materiale da collezione proveniente da 'Le Stanze della Luna' di Franco Vallone e esposto al Museo Nazionale dell'Emigrazione Italiana (MEI)Un corredo per il corpo e per l'anima, una coperta, maglie e mutandoni di lana, un coltello per il pane, un rasoio e un pennello da barba, documenti e fotografie della famiglia lasciata al paese, lettere sgrammaticate mai inviate e mai arrivate e tanti ricordi infiniti. Ed oggi ancora una bella e inattesa sorpresa: dopo l'uscita di alcuni volumi sull'emigrazione calabrese ("Il Baule dell'Emigrante, il bagaglio della memoria"; "I Calabresi che scoprirono la 'Merica"; "ItaliAmerica, il viaggio sul mare grande come il cielo") in cui più volte si parla di Italiano Domenico di Favelloni di Cessaniti, a Milano la regista Fiorella Cicardi gira un video per uno spettacolo teatrale dal titolo "Bastimenti" che racconta proprio di Domingo Italiano, di America, di Argentina, di emigrazione, di sogni, speranze e disperazione, di terre lontane, di nostalgia… Cataldo Perri autore dell'opera si ritrova il signor Italiano sulle tavole di palcoscenico dello spettacolo. In fondo il destino di questo antico uomo di Favelloni è, da sempre, proprio il viaggio, il camminare per portare la sua testimonianza di uomo, di lavoro e di fatica, di fede, di calabrese nel mondo.
Una delle immaginette religiose, raffigurante San Filippo d'Agira, contenuta nel baule di Italiano Domenico, riporta proprio una scritta in corsivo, ingiallita e sbiadita dal tempo: "Cognato Carissimo Con piacere ti mando la figura del nostro gra (nde) Santo protettore, con la speranza che il nostro S. protettore ti voglia guardare da tutti i pericoli e il buon idio voglia che ti guariscie dei dolore che tieni !… un paternoster e un gloria patre. Non ti scordare di noi. Pronta risposta tuo Bruno. Si è fatta una bona festa".
Sulle belle cartoline pubblicitarie le agenzie di navigazione mostravano bellissime navi e promettevano comodi viaggi su veloci e moderne imbarcazioni che poi, in realtà, si dimostravano solo sgangherati vaporetti. Partivano emigranti e bastimenti, da porti vicini e lontani, da Pizzo Calabro, Messina, ma principalmente da Palermo, Napoli e Genova.
Materiale da collezione proveniente da 'Le Stanze della Luna' di Franco Vallone e esposto al Museo Nazionale dell'Emigrazione Italiana (MEI)Partivano con la speranza di attraversare l'Oceano in tempi brevi, invece non bastavano trenta giorni di navigazione. Gli emigranti dovevano affrontare "quel mare grande quanto il cielo, un mare così grande che sembrava non finire mai", trenta o quaranta giorni di mare e cielo per arrivare a New York, la famosa Ellis Island, la loro Novayorca o a Bruccolino o a Bonosairi o a Muntivideo… New York, Brooklyn, Buenos Aires, Montevideo tanti nomi strani per l'emigrante che partiva per la 'Merica senza conoscere la nuova lingua, con la sola speranza di un futuro migliore. I bastimenti partivano con il loro carico d'umanità stipato su ponti e stive e si portavano appresso sacchi strapieni, bauli, topi e valigie, stracci e ogni genere di cose. Gli emigranti partivano con la speranza che solo la 'Merica poteva offrire, tutti assieme, alla ricerca di una nuova vita.
Molti di loro trovavano lavoro e soldi per vivere dignitosamente, altri solo lontananza e un infinito senso di nostalgia. Lasciavano affetti, le case e le cose, si portavano dietro, racchiuso nel portafogli, il loro scrigno della memoria, le foto dei parenti più cari, le immaginette sacre dei propri santi. San Francesco di Paola per il lungo viaggio sul mare, Santa Lucia per gli occhi, Santi Cosma e Damiano a protezione della salute.
Tanti santi diversi per arrivare bene e ricominciare, sotto la loro protezione, la nuova vita al di là dell'Oceano. Nel nuovo continente ricostruivano la nuova immagine fatta, molte volte con l'illusione di una vita diversa, da anelli di giallo oro americano, scarpe nere lucide e scricchiolanti, portafogli di pelle di coccodrillo, un'auto e un vestito nuovo per fare le foto da spedire ai parenti rimasti al paese. Molte volte vestito, accessori e automobili erano solo noleggiati per il tempo necessario per fare le foto e poter dire, almeno attraverso l'immagine spedita "ecco come stiamo bene, qui in America".

--> Museo Nazionale dell'Emigrazione Italiana (MEI)

(Mag. 2010)

«Io flautista lametina in Islanda sono pure ambasciatrice d'Italia». Pamela De Sensi partì otto anni fa per Reykjavik e ci restò
Pamela De Sensi (Dora Anna Rocca x gazzettadelsud.it) Ha 34 anni, è lametina ed insegna flauto e musica da camera a Reykjavìk, in Islanda. Pamela De Sensi è tornata per qualche giorno nella sua città, ma vive da otto anni sulla grande isola europea più vicina al Polo Nord, diventata improvvisamente famosa negli ultimi giorni per il vulcano che con la sua cenere non fa volare gli aerei di mezzo continente.
De Sensi è presidente dell'Associazione italiana d'Islanda, referente artistico dell'ambasciata italiana a Reykjavik, ed è direttore artistico del Festival di musica "Töfrahurð". Da quest'anno inoltre coadiuverà il primo direttore Sigurdur Halldorsson per il festival estivo di Skálholt.
Com'è nata la sua passione per la musica?
«Avevo 8 anni quando il maestro Fazzari organizzò a Lamezia un corso gratuito di strumenti a fiato. Iniziai per gioco e poi proseguii studiando al conservatorio di Vibo».
Quando e perché decise di partire?
«Dopo il diploma feci domanda come insegnante di musica, intanto mi spostavo in varie città d'Italia per i concerti e a Roma conobbi il mio attuale marito, organista nella cattedrale di Reykjavík».
Questo legame l'ha indirizzata in Islanda?
«Sì, dieci anni fa fui contattata per insegnare flauto e musica da camera in un master di tre settimane in Islanda e l'impatto è stato affascinante, mi sembrava d'essere sbarcata sulla luna. Paesaggi ricoperti di antichissima lava».
Ha avuto difficoltà ad ambientarsi?
«Conoscevo l'inglese ma era necessario imparare l'islandese. Ho impiegato due anni e tanto per decidere di restare. A Reykjavík che significa "città baia del fumo" per la presenza delle acque sulfuree. Ho avuto la testardaggine dei calabresi, mi sono imposta di restare lì, acquisire competenze. Oggi ne sono contenta».
Quanti sono i calabresi a Reykjavík?
«Siamo solo due: io ed un signore di Sant'Onofrio. I nostri incontri sono a base di 'nduia e Amaro del Capo. Mentre gli italiani che vivono e lavorano in Islanda iscritti all'associazione che presiedo sono circa 300, senza contare gli studenti che vengono ogni anno per il progetto Erasmus».
Gli islandesi sono accoglienti?
«In genere tutti gli italiani sono accolti bene. Se si è produttivi apprezzano tantissimo. Quando per la prima volta ho insegnato a Husavik nel Nord dell'Islanda, oltre ad avere alloggio gratuito, senza chiederlo mi pagarono in aggiunta anche la benzina».
Com'è stata nominata referente dell'ambasciata?
«Ad Oslo in Norvegia c'è l'ambasciata italiana che ha la competenza anche per l'Islanda. Hanno saputo che organizzavo festival. In onore di Pavarotti ho organizzato un memorial, per l'anniversario di Puccini ho fatto un festival operistico, iniziarono così i contatti con l'ambasciata e sono diventata il loro riferimento. Mi contattano ogni qualvolta viene in Islanda qualche artista italiano».
Come si avverte il problema del vulcano islandese Eyjafjallajoekul?
«Dopo un'inattività di circa duecento anni, il vulcano s'è risvegliato. All'inizio l'eruzione era tranquilla, più di 10 mila visitatori per un'attrazione esclusivamente turistica. Il problema è nato quando la colata si è riversata nel versante a contatto con il ghiacciaio generando esplosione di cenere. Tuttavia a Reykjavík la nube non dà fastidio».
Programmi in Calabria?
«Intanto il 7 giugno, nube permettendo, arriverà in città il coro polifonico della Cattedrale di Reykjavík per tre concerti: a Lamezia per l'Ama, poi a Tropea Musica, ed a Gerace per l'Accademia Senocrite».

(Mag. 2010)

Una festa di compleanno davvero speciale. Donna Francesca Magliolo compie 102 anni




La festeggiata al microfono di Enzo Taccone animatore della festa

(E. Taccone) Il 26 maggio 2010, preannunciata dai giornali locali 'Il Quotidiano' e 'Calabria Ora', presso la casa di riposo Don Mottola a Tropea è stata fatta una grande e specialissima festa in onore ad una Tropeana che ha compiuto 102 anni.
Alla presenza del Presidente del Consiglio Comunale di Tropea Nino Valeri, con le autorevoli rappresentanze dell'Associazione Carabinieri di Tropea, il gruppo folk 'Città di Tropea' ed il gruppo Folk bulgaro guidato dalla Signora Cristina, familiari, parenti e amici e soprattutto le ospiti del Villaggio.
E' stato un pomeriggio molto allegro e commovente allo stesso tempo.
Aprono le danze le chiazzarole del gruppo folk.
Le candeline sulla torta vengono spente da Donna Francesca mentre tutti cantano gli auguri rituali con emozione. Taglio della torta e brindisi con spumante.
Il gruppo folk 'Città di Tropea' declama una poesia dedicata alla festeggiata mentre il Comune di Tropea oltre ad un omaggio floreale consegna una targa ricordo impegnandosi per l'anno prossimo ad organizzare l'evento coinvolgendo tutta la Città. Il gruppo bulgaro si scatena con danze popolari ed in onore della festeggiata intonano la "Calabrisella".
Il genero della festeggiata Giuseppe La Torre ha curato l'organizzazione nei minimi dettagli e tutti i presenti hanno dimostrato di apprezzare una festa che possiamo definire a conduzione familiare. Un ringraziamento particolare va rivolto al personale del villaggio che ha collaborato nel migliore dei modi alla riuscita della grande festa.
Donna Francesca è stata intervistata da Rai TG3 regionale e con grande lucidità ha salutato e ringraziato tutti perchè si è sentita voluta bene. Ha anche augurato a tutti i presenti di arrivare a più di cento anni e con l'aiuto di Dio di superarla...
Il figlio con grande commozione ha declamato una poesia che si è conclusa con la chiosa deamicisiana: "e più ti guardo e più ti vedo bella".









(F. Vallone) Si chiama Francesca Magliolo ed è, senza ombra di dubbio, la donna più anziana di Tropea. Mercoledì 26 maggio 2010, ha compiuto ben 102 anni. Nata il 26 maggio del 1908, la signora Francesca oggi vive presso la casa di riposo don Francesco Mottola della stessa cittadina. Il giorno del suo compleanno, così unico e straordinario, non è passato davvero inosservato ai tropeani che l'hanno festeggiata con tanto di torta, fiori, targa, brindisi e auguri poetici.
Alle ore 16.00 di ieri, presso la Casa che la ospita da qualche anno, ha spento le 102 candeline sulla mega torta, ripresa dalle telecamere della Rai, di altre emittenti televisive e da numerosi fotografi.
A coordinare le "coreografie" della festa, il dinamico animatore in costume tradizionale Enzo Taccone, che ha anche letto una poesia su pergamena dedicata a Zia Francesca, (per l'amministrazione comunale era presente il Presidente del Cosiglio del Comune Nino Valeri che ha ufficialmente consegnato all'ultra centenaria tropeana una targa del Comune).
Tra le manifestazioni spettacolari organizzate nell'evento, l'esibizione del Gruppo Folk "Città di Tropea" con alcuni balli e canti tradizionali intervallati da un gruppo folk di Bulgaria.

DONNA FRANCESCA

è su


--> You Reporter by Vitttorio Bozzolo

--> You Reporter by Vittorio Bozzolo

--> You Tube by Franco Vallone

--> RAI TGR Calabria

(Mag. 2010)

Ripetitori sul Crocifisso: scoppia la polemica


IL MONUMENTO AL DIO DENARO.
L'obelisco sormontato dalla Santa Croce che di notte s'illuminava come faro alle genti,
era stato fatto erigire dal Vescovo Felice Cribellati, con la benedizione di Papa Pio XI,
nel giugno del 1933, in occasione del decennale della consacrazione della Città di Tropea al Sacro Cuore di Gesù.


(newz.it/28.5/1630) Si è scatenato un vespaio di polemiche dopo che è esploso il caso relativo al Crocifisso di Drapia che viene utilizzato come pilone per i ripetitori telefonici. A scuotere le coscienze ha provveduto Viviana Normando, una giornalista che si occupa di arte e direttrice del gruppo editoriale di Rete ComunicareItalia, che ha diffuso il suo pensiero con un comunicato dai toni vibranti. abr> Nella nota, inequivocabile nel suo contenuto, si legge: ”Siamo senza parole, come si può? Di certo ora si dirà ‘non lo sapevamo, non siamo mai stati d’accordo, abbiamo scritto e chiesto di toglierli’. Di fatto, questa ferocia che porta le persone a non avere rispetto del simbolo della Croce, è senza giustificazione e delinea con solco molto profondo, l’ignoranza e la follia del gesto, consegnando alla storia della rete questa immagine fotografica che parla da sola. Va anche detto che questa imponente Croce domina sulla città di Tropea simbolo dell’economia turistica dell’intera Costa degli Dei. Parliamo di una località baciata dalla natura che si presenta al mondo anche per la sua profonda tradizione cristiana che manifesta con veri simboli come Santa Maria dell’Isola, Santa Maria della Romania e numerose altri siti cristiani che scolpiscono la memoria cattolica sull’intero territorio. Invitiamo l’Autorità competente a volere disporre approfonditi accertamenti per verificare, come l’evidenza mostra, se è il caso o no di procedere per vilipendio al Crocifisso, massimo simbolo religioso della fede cristiana”.
Immediata è stata la reazione di monsignor Luigi Renzo, vescovo della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, nel cui territorio ricade il Crocifisso di Drapia. L’alto prelato, infatti, ha voluto spiegare all’Ansa i contorni della vicenda, partendo dall’assunto che si tratta di “un obbrobrio. Quando l’ho visto per la prima volta sono rimasto di stucco”. Il vescovo ha poi spiegato che “è mia ferma intenzione non rinnovare il contratto quando arriverà a scadenza. Quei ripetitori sono lì da anni grazie ad un contratto con una società telefonica firmato da qualcuno dei miei predecessori. Francamente non so da quanto tempo siano stati installati. Tra l’altro non ho neanche il testo del contratto. Ma quando, tre anni fa, mi sono insediato, ce li ho trovati. Credo addirittura che ci sia stata anche una proroga del contratto per tacito assenso”.
Monsignor Renzo ha assicurato che “sicuramente quei ripetitori vanno rimossi ma fino a quando non scadrà il contratto, tra alcuni anni, non possiamo fare niente, altrimenti saremmo costretti a pagare una penale. Ho incaricato l’ufficio di seguire la pratica e quando sarà il momento faremo la disdetta. I ripetitori sono stati posti sul basamento del Crocifisso, altrimenti sarebbe stato un obbrobrio anche maggiore. Tra l’altro è un controsenso anche dal punto di vista ambientale e paesaggistico. Obtorto collo sono dovuto rimanere tranquillo quando li ho visti”.

--> Dedica autografa di Papa Pio XI






L'obelisco della collina di Sant'Angelo che sovrasta Tropea sormontato da una croce è stato eretto dal vescovo Felice Cribellati nel 1933, in occasione del decennale della consacrazione della città di Tropea al Sacro Cuore di Gesù, e a ricordo perenne dell'anno giubilare della Redenzione (XIX Centenario).
Felice Cribellati, eletto Vescovo di Tropea nel 1921 da Papa Benedetto XV a soli 35 anni, apparteneva alla Congregazione dei figli della Provvidenza (Orionini), nata durante la Settimana Santa in una chiesa dedicata al Crocifisso. La devozione più cara al sacerdote Cribellati era quella verso Gesù Crocifisso, la cui immagine era stata impressa nel suo stemma episcopale.
Nella foto, l'inaugurazione del monumento avvenuta il 17 giugno 1933.

(Mag. 2010)

Attesa per la prossima riunione del Condiglio Comunale alla Marina dell'Isola



Il momento solenne del giuramento del Sindaco Adolfo Repice a Palazzo Sant'Anna

(S. L.) Il prossimo 4 giugno alle ore 1600 il Consiglio Comunale si riunirà “all’aperto”, presso il parcheggio della Marina dell’Isola. Lo aveva preannunciato il neo sindaco Adolfo Repice al momento dell'insediamento a Palazzo Sant'Anna.
A tal proposito, l’avv. Sandro D’Agostino, capogruppo di maggioranza, dichiara: «Abbiamo deciso, come promesso durante la campagna elettorale, di iniziare la attività consiliare insieme e fra la gente. È una scelta simbolica ma importante, poiché sintomatica di un nuovo modo di fare politica. Il nutrito ordine del giorno che discuteremo conferma che l'Amministrazione Comunale viaggia spedita verso la realizzazione di grandi progetti per il cambiamento di Tropea».
Tanti saranno gli argomenti in esame, tra cui l’integrazione al Programma Opere Pubbliche con l’approvazione del progetto preliminare per la costruzione di un parcheggio pubblico interrato in località Contura.

(Giu. 2010)

A Briatico il 14° Premio Regionale di fiaba e poesia "Rosalba De Pino"



Rosalba De Pino

(F. Vallone) Tante inedite fiabe, tante belle poesie anche quest'anno. Quattordici anni di concorso, migliaia di poesie e fiabe inedite frutto spontaneo dalla fantasia dei bambini delle scuole elementari di tutta la Calabria. Scritti e pensieri nati per ricordare Rosalba De Pino, una giovane direttrice, una maestra prematuramente scomparsa, per una iniziativa patrocinata dai comuni di Zambrone e di Briatico.
C'era tanta gente ieri sera nel salone delle conferenze dell'Anap di Briatico per la cerimonia di conferimento del Premio di Poesia e Fiaba "De Pino " giunto, quest'anno, alla quattordicesima edizione. Tanti gli interventi di personalità del mondo della cultura, delle istituzioni e del mondo politico, militare e religioso: i saluti del preside Rocco Cantafio, poi gli interventi di Domenico Varrà, marito della compianta direttrice, del Presidente del consiglio d'Istituto, Ottavia Vecchio, del sindaco di Zambrone, Pasquale Landro, di quello di Briatico, Francesco Prestia e di Maria Joel Conocchiella, sindaco junior dello stesso paese. Presenti tra gli altri anche il vicesindaco di Briatico, Massimo La Gamba e gli assessori Gianfranco Bulzomato e Domenico Marzano.
Poi, subito dopo i discorsi di rito, è stata la volta delle premiazioni. Per la sezione Fiaba, ottava classificata "Il vascello fantasma" di Serena Spina di Soveria Mannelli (CZ); settima la fiaba "Le lepri della principessa", di Bruno Iacopino, della scuola di Chorio di San Lorenzo (RC); Sesto premio al lavoro di gruppo della terza C di Castiglione Scalo di Rende (CS), mentre il quinto posto è andato al plesso San Sebastiano, di Pizzo (VV), per la fiaba "La principessa Bambù" di Giacomo Didiano. IV classificato "Un bambino diverso da tutti" di Angela Giusi Gallo e G. Cardamone, dell'Istituto Comprensivo di Soveria Mannelli; il terzo premio è andato al lavoro di gruppo del plesso Riace Marina dal titolo "I principi innamorati"; seconda in classifica la fiaba "L'incantatrice di serpenti" di Serena Cimino e Serena Spina di Soveria Mannelli, mentre il primo premio assoluto è andato a "Un'estate indimenticabile" di Maria Pia Iannino della scuola De Zerbi di Palmi.
Per la sezione Poesia sono stati assegnati dieci premi: decima classificata la poesia "La scuola è finita" di Giacomo Didiano, del plesso San Sebastiano di Pizzo; il IX premio è andato a Danilo Sciotto di Rizziconi (RC): l'VIII a "Ricordi" di Filippo Guido di Castiglione Scalo di Rende; VII premio alla poesia dal titolo "Internet" di Giuseppe Brizzi di Verbicaro (CS), sesto premio a "La Calabria" di Davide Sette di Rizziconi (RC); V a "Salviamo i nostri amici" di Danilo Masi della scuola di Falerna (CZ); Quarta classificata la poesia "Gioia di vivere" di Walter Stancanelli, di Rizziconi; il terzo premio è andato alla poesia "Il tesoro" di Pio Pellegrino di Rende (CS); il secondo premio a Marco Lucchese di Verbicaro con la poesia "La villetta" ed il primo posto, in assoluto, a Valentina Pignataro di Rizziconi, con la poesia "Calabria".
Per la giuria presenti all'iniziativa oltre al presidente, Rocco Cantafio, le insegnanti Maria Concetta Bagnato, Domenica Cartellà, Vittoria Massara, Maria Teresa Pascuzzi, il dirigente scolastico Giuseppina Prostamo, la poetessa Rita De Luca Bagnato e l'avvocato Gianfranco Franzone, tutti componenti la commissione di valutazione del Premio.

(Giu. 2010)

I primi vagiti di Tropea, Perla del Tirreno



La copertina del numero unico 1960

(S. Libertino) A cavallo degli anni Cinquanta/Sessanta, immediatamente dopo l'inaugurazione del complesso turistico balneare "San Leonardo", inventato dal nulla dal geniale Kurt Bosk, di concerto con la dinamica Sindachessa Lidia Serra Toraldo, ogni anno, nel mese di maggio, si stampava a cura di Kurt Bosk Editore, un 'numero unico' che veniva distribuito ai turisti per la modica somma di 300 lire.
L'opuscoletto, stampato nella tipografia Gigliotti - Carioti di Vibo Valentia, oltre ad offrire una panoramica di notizie storiche su Tropea e una nutrita propaganda degli esercizi commerciali dell'epoca, informava i vacanzieri degli avvenimenti in programma nel mese di agosto al lido San Leonardo. La redazione era composta da valenti e fini scrittori dalla penna accattivante come Vincenzo D'Agostino, Gilberto Toraldo di Francia, Antonio Sposaro, Giuseppe Cortese, Felice D'agostino, Crauf. I redattori: Gian Gregorio Fazzari e Antonio La Torre. All'epoca la Pro Loco era condotta dalla mano sapiente di Egidio Repice, mentre gli animatori degli avvenimenti erano Carmelo Caratozzolo, Aldo Franzone, Giorgio La Rovere, Eduardo Barone, Franco De Lorenzo...
Tutto nelle pagine del volumetto, che veniva regolarmente spedito a Ministeri, Prefetture, Enti Provinciali del Turismo ed anche all'Estero - a Consolati, Uffici Turistici di tutte le nazioni europee - era riconducibile ad una martellante propaganda della spiaggia "la più bella della città" dotata di un moderno complesso balneare in muratura, costruito dall'Ente Provinciale per il Turismo (ENIT), fornito di tutti i conforti. Le cabine, il ristorante e la pista da ballo ('la rotonda') costruiti a ridosso dello Scoglio dalle dimensioni ragguardevoli dove è possibile accedere e trovare refrigerio sotto l'ombra degli alberi nelle calde e assolate giornate d'estate. Peccato che attualmente l'accesso allo Scoglio è negato a chiunque…
Gli eventi iniziavano con gli ultimi giorni del mese di luglio. Vediamo qualche esempio.

30 luglio: REGATA DI LAMPARE
Barbari e pirati diedero più volte l'assalto alla rocca su cui sorge Tropea. Questa sera, nel corso del Gran Gala danzante che inaugurerà la stagione al Lido, le luci delle "Lampare", in suggestiva competizione, squarceranno la serena bellezza di questo mare che con dolce, sognante mormorio ripeterà i suoi ricordi lontani.

6 agosto: LA FELUCA DELL'ANNO
AD PLEBEM! IN NOMINE VENERIS AMEN!

Ricurrente anno bisesto milesimo noncentesimo sexagesimo "dulcis vitae" nostrae, lydia semper gubernante, pro loco, egidio duce, nullos turistos vidente sed pirrocciulorum ioca olimpica istituente, desiato albergo novo ad phinocchia timpae se votato, maciola promotionem petente, mortuario carro fu continue funzionate, rotonda semper ad indicem

NOS
SALATUS JOANNIS - GREGORIUSQUE

Principes tropianae goliardiae et reges trastularum, ad prosequenda baccanalia nostra magnos latore aestivos indicimus atque proclamus lidum vulgo nomatum S. Leonardi locum pugnae. Deinde totam plebem invitamus et pedestrem ludum in quo impugnabimus magna praemia pro
FELUCA 1960

13 agosto: CACCIA AL TESORO - ELEZIONE MISS TURISMO
Nel tardo pomeriggio sarà effettuata, su percorso e con modalità che a tempo debito verranno rese note, una interessantissima Caccia al tesoro dotata di numerosi e ricchi premi, che si concluderà con un trattenimento danzante al Lido S. Leonardo, durante il quale saranno consegnati i premi ai vincitori e sarà eletta Miss Turismo '60.

21 agosto: ELEZIONE MISS TROPEA 1960
Come ogni anno attesissima è la serata danzante che vedrà la proclamazione della più bella ragazza di Tropea.

28 agosto: ELEZIONE DI LADY TROPEA & MISTER BRUTUS 1960
Proseguendo in un'usanza divenuta ormai tradizionale, anche quest'anno premieremo la grazia e l'avvenenza della più bella signora di Tropea e la simpatia del Brutus dell'anno.

3 settembre: ARRIVEDERCI
L'estate è finita! In serenità e spensieratezza abbiamo trascorso insieme più di un mese. I personaggi che hanno caratterizzato le nostre serate, questa sera sfileranno come in una carrellata.

(Giu. 2010)

Maud de Boer-Buquicchio in visita a Tropea



Maud de Boer-Buquicchio parla alla cerimonia commemorativa
per il 60° anniversario del Consiglio d'Europa

(S. Libertino) Mercoledì 9 giugno 2010, alle ore 1000, nei locali di Palazzo Sant’Anna, il Vicesindaco Giuseppe Rodolico e l’Assessore alle Politiche Comunitarie giovanili Romana Lorenzo riceveranno – per una visita di cortesia – la Sig.ra Maud de Boer-Buquicchio, Vice Segretario generale del Consiglio d'Europa.
Maud de Boer-Buquicchio, giurista olandese, è nata il 28 dicembre 1944 nei Paesi Bassi a Hoensbroek. Dal 2002 è al servizio del Comsiglio d'Europa con l'incarico di Vice Segretario Generale. Ha studiato lingua e letteratura francese e Diritto all'Università di Leiden. Si è specializzata in relazioni internazionali e nel diritto del lavoro, ottenendo la laurea nel 1969 con una tesi sulla parità di trattamento tra donne e uomini nel contesto del diritto comunitario europeo.
De Boer-Buquicchio è entrata nel Consiglio d'Europa nel 1969, nel segretariato giuridico della Commissione europea dei diritti dell'uomo. In seno a tale Istituto col tempo ha ricoperto vari ruoli anche nel Gabinetto del Segretario Generale e come Vice-Cancelliere della Corte europea dei diritti dell'uomo. E' stata eletta vice segretario generale nel 2002 e rieletta in tale carica nel 2007.
Maud de Boer-Buquicchio è sposata e ha due figli.

(Giu. 2010)

All'asta l'edificio più antico di Tropea



E. Sintes (1784). Pianta (primo piano) del Convento di Santa Chiara in Tropea

(S. Libertino) Venerdì 4 giugno, durante l'assemblea all'aperto del Consiglio Comunale alla Marina dell'Isola, il neo sindaco Adolfo Repice ha annunciato che il Convento di Santa Chiara andrà all'asta, sarà venduto per ricavare denaro fresco da reinvestire. Il più antico edificio di Tropea sarà quindi un albergo a 5 stelle. "È inutile tenersi beni che stanno crollando e sono solo un costo", questa è la motivazione dell'operazione anticrisi. A questo punto ci chiediamo se la criticità statica dell'edificio sia connessa all'endemica precarietà della rupe oppure se l'edificio è in sul punto di crollare e allora occorrerebbe interdirlo al più presto al pubblico. In tale situazione crediamo sarebbe più opportuno dare la priorità alla soluzione del problema della rupe.
La decisione di Repice appare alquanto avventata e imprudente non solo perchè un vero tropeano non venderebbe mai uno dei beni più antichi della Calabria, ma anche perchè chi si aggiudicherà l'asta pretenderà a vita - anche se non pattuite - garanzie sulla messa in sicurezza della rupe sulla quale insiste il futuro albergo.
In occasione della recente cessione da parte del Comune al Museo diocesano di un antico e artistico Cassone Nuziale (che Repice licenzia "pezzo di antiquariato") avevamo segnalato il saggio storico di Pasquale Toraldo in cui viene fatto cenno del Convento di Santa Chiara, dal quale proviene il citato Cassone.
""Si ha per antica tradizione che verso la metà del duecento Tropea fu sede di una acerbissima strage di tre famiglie e discordie nate fra loro e che si tramutò in una guerra civile. Non occorre rammentare i particolari di questa lotta in cui rimasero uccise molte persone, ricorderò solamente come fu salvo un solo bambino della famiglia Roggeri, che scampò la vita perchè nascosto sotto le vestimenta della madre.
Terminate le lotte dopo un certo tempo un altro oscuro destino attendeva Bartoluccio Roggeri, che tale era il nome del bimbo scampato. Accadde un giorno che Bartoluccio trovandosi in campagna desse uno schiaffo ai figli d'un colono, il quale per vendicare l'offesa ricevuta, approfittando di una momentanea assenza del servo che lo accompagnava, lo uccise. Così fu estinta la famiglia Roggeri.
[...] Orbene la madre di Bartoluccio di nome Marianna Mumoli, orbata di tutti i suoi cari, rimase afflittissima e inconsolabilissima dopo l'ultima scagura che la privava della unica speranza sua e dell'unico erede alla di lei successione nella persona del suo piccolo Bartoluccio, che amava teneramente come la pupilla dei suoi occhi. In tante sventure ella fu tocca da un lume superiore e divino per cui destinò il suo ricchissimo patrimonio alla fondazione di un monastero di Clarisse che fu uno dei primi di tal religione ad essere formato in Calabria. Volgendo l'anno 1261 essa stessa ne vestì l'abito entrando nella clausura, dove poi morì.
Ma questo convento delle Clarisse, dedicato a Santa Chiara, era riservato escusivamente per le vergini della nobiltà che intendevano abbracciare la regola del secondo ordine dato da Francesco a Chiara degli Sciffi.
Questo monastero, che era fra i più antichi dello stesso ordine, accolse sempre un'eletta schiera di giovani e diciamo pure, il più bel fiore della nobiltà tropeana.
Quale amore, quale altro fine più nobile e santo che quello di servire Iddio?
Sebbene questo monastero fosse riservato alla nobiltà, pure nel 1547 si pensò d'ingrandirlo con lasciti di Giovanni e Carlo Romano, considerato che era insufficiente per il numero delle monache che accoglieva.""
Di questa storia tropeana abbiamo trovato un altro cenno: una composizione in versi di quel genio giocondo di Michelangelo Piccolo.

IL MONASTERO DI SANTA CHIARA
E LA CLAUSURA
DI MARIANNA MUMOLI ROGGERI
(Soliloquio chiesastico in triplice rima ostinata)
di Michelangelo Piccolo
(1960)

O mondo edace,
più non mi avrai,
schiava di tanto martir!

O età fugace...
vissi fra lai,
gemiti...pene...sospir!...

Terra fallace
che tanto amai...
ma tu sapesti mentir!...

Per te mendace
ancor vagai...
sola desiando perir!...

Morte vorace...
o perchè mai
me non volesti ghermir!...

Una verace
soglia varcai
stanca...e m'intesi rapir!...

Silente...audace,
mi rinserrai,
per mai più fuori redir!...

Ma non soggiace
il cor che ormai
vollesi a Cristo offerir!...

Quale fornace,
arde e giammai
spengesi o tende a languir!

Chiostro di pace
io T'invocai
prona al terreno patir!

Zolla ferace
pel Ciel farai
vaghe Clarisse fiorir!

Sù, guida o Face
con i tuoi rai
l'alma a l'eterno gioir!...

(Giu. 2010)

'Sulle tracce dei nuovi pirati', un convegno sulla pirateria moderna
Pirateria navale (S. Libertino) Giovedì 10 giugno alle ore 17 presso la sala convegni dell'Archivio di Stato di Reggio Calabria quinta edizione della giornata di studi "Pirateria turchesca sulle coste della Calabria Ultra". Il tema della giornata di studi viene attualizzato, con il sottotitolo "Sulle tracce dei nuovi pirati". Dai dati inerenti ai pirati del nuovo millennio risulta che essi riescono a realizzare con le loro atttività un «fatturato» da 150 milioni ed avere un esercito di oltre 1.500 adepti come dalle cifre relative alle azioni che si verificano nel golfo di Aden e nel tratto di oceano Indiano davanti alla Somalia. Secondo un calcolo delle Nazioni Unite il numero di pirati, è passato da una cinquantina di «addetti» nel 2006, a 1.500 alla fine dell’anno scorso, tant’è che il Consiglio di sicurezza ha approvato due risoluzioni (la 1816 e la 1838) che in pratica autorizzano qualunque Stato interessato alla protezione delle rotte a combattere la pirateria. Nel 2008 sono state attaccate almeno 160 navi di cui un centinaio catturate. I riscatti hanno fruttato 150 milioni di euro.
Ma non solo. Il grande successo dei corsari somali sta provocando un effetto emulazione. Secondo Robert Davies, della Hiscox Insurance Company, società specializzata in assicurazioni marittime, «in zone, per esempio, come la Nigeria e il Sudamerica». Da qui la decisione dell’Ipsema, l’Istituto di previdenza per il settore marittimo, di estendere la copertura degli equipaggi delle navi italiane, anche agli atti di pirateria. Dal 1984, anno in cui l'IMO (International Maritime Organization) istituì la banca dati sugli atti di pirateria 8 ne sono stati registrati cinquemila: la pirateria nel Corno d'Africa è solo l'aspetto più evidente di un fenomeno che ha rilevanza mondiale: al largo della Nigeria il numero di assalti dei pirati è del tutto simile a quello registrato nel Golfo di Aden; la pirateria in Asia è arretrata davanti alle azioni di contrasto delle nazioni rivierasche dell'Oceano Indiano ma lo stretto di Malacca e il Mar cinese Meridionale sono ancora nel mirino dei banditi attratti dalla ricchezza messa in moto dalle decina di migliaia di petroliere e mercantili che solcano le rotte asiatiche; in America Latina, dove la pirateria visse la sua età dell'oro nel XVI e XVII secolo, il fenomeno è diventato marginale ma nuovi scenari vengono aperti dall'allargamento del Canale di Panama e dalle scoperte petrolifere al largo del Brasile.
I bersagli sono i più disparati: yacht privati, pescherecci, petroliere e soprattutto mercantili. I pirati sequestrano ogni tipo di nave chiedendo riscatti milionari, costringendo le grandi compagnie marittime mondiali a rivedere le loro rotte, facendo salire alle stelle i premi assicurativi e destabilizzando i traffici commerciali via mare, a partire da quelli del petrolio a cavallo tra Asia ed Europa.Nel mare del Corno d’Africa, da cui passano 30 mila mercantili all’anno, incrociano ormai una cinquantina di navi da guerra di diversi Paesi. Nonostante la presenza militare, la azioni dei pirati sono diventate sempre più audaci. Ormai non sono solo bande di somali. Secondo l’Onu alla lucrosa attività si stanno dedicando anche gang di yemeniti. L’8 settembre i bucanieri hanno sequestrato il cargo ucraino Faina, con a bordo 33 carri armati, sei cannoni antiaerei, sei lanciamissili calibro 122 e 36 lanciarazzi. È ancora nelle loro mani. Il 10 novembre è caduta in trappola la superpetroliera Sirius Star, con due milioni di barili di petrolio (dal valore di 100 milioni di dollari), rilasciata il 9 gennaio dietro pagamento di tre milioni di dollari, paracadutati da un piccolo aereo . Questi alcuni dei dati che saranno oggetto di discussione sul tema sia dal punto di vista storico che per quanto riguarda l'aspetto legislativo in materia come l'evoluzione della normativa della security marittima.
Parteciperanno all'incontro la direttrice dell'Archivio di Stato Mirella Marra, il Presidente del Circolo Culturale "L'Agorà" Gianni Aiello ed il STV Francesco Foti della Capitaneria di Porto di Reggio Calabria.

(Giu. 2010)

Un incontro cordiale presso l'Associazione dei Carabinieri di Tropea



(E. Taccone) L'associazione Nazionale Carabinieri di Tropea ha ricevuto la visita della Sezione Carabinieri di Vigonza Villanova in provincia di Padova.
Il gruppo guidato dal Presidente Maresciallo Giuseppe Mozzillo è stato accolto dal Presidente Pino La Rocca unitamente ai soci che non hanno voluto disertare l'inatteso e piacevole evento.
Il Socio Stefanelli ha consegnato omaggi di foto di Tropea ed una guida della Costa tirrenica.
Il Presidente La Rocca ha donato il gagliardetto della sezione di Tropea e questo scambio è stato immortalato nelle foto rituali.
Il Gruppo veneto in vacanza a Capo Vaticano ha visitato Reggio ed il Museo Archeologico, Locri e Gerace, Serra San Bruno e Scilla con un indimenticabile pranzo a base di pesce in riva al mare.
L'atmosfera era festosa e cordiale perchè la benemerita ha il pregio di rimanere fedele ai valori acquisiti anche quando si lascia il servizio attivo, valori che hanno un'importanza fondamentale nel mondo di oggi un pò distratto e lontano. Costituiscono certamente un esempio inimitabile per i giovani.
Un rinfresco ha concluso la manifestazione con la promessa di collaborazione e la speranza di incontrarsi nuovamente.

(Giu. 2010)

Il testo del manifesto affisso in città in data 12 giugno 2010 dal gruppo Consiliare "Uniti per la Rinascita"


VENDESI TROPEA...
"APPASSIONATAMENTE" !


Concittadini,
nella seduta consiliare del 4 Giugno 2010, "la maggioranza" Repice ha adottato dei provvedimenti estremamente dannosi e insensati che, VERGOGNOSAMENTE, UMILIANO E OFFENDONO la nostra Tropea e tutti i suoi abitanti. Noi diciamo con forza NO alla vendita del "vecchio ospedale" con l'annesso "ex asilo Vaccari"; sarebbe una grave perdita storico-culturale, un oltraggio alla memoria collettiva di tutti i tropeani, per tutto quello che ha rappresentato e rappresenta questo antico palazzo.
La motivazione addotta dal sindaco Repice per giustificare la vendita di questo bene è demagogica. Neppure un modestissimo amministratore, se dignitoso, l'avrebbe mai data, ma si sa, IL FINE GIUSTIFICAIMEZZI!
Non erano altre le intenzioni prospettate e le promesse fatte in campagna elettorale? DOV'E' L'AIUTO DELLA TORINO CHE CONTA?
I fatti di questi mesi ci dicono chiaramente quanto già supposto: non Torino a disposizione di Tropea, non le amicizie altolocate dei "manager" Repice al servizio di Tropea, ma al contrario, Tropea e i suoi beni per gli amici di Torino e dei "dintorni" di Tropea!
La compagine "Uniti per Tropea" in altri tempi, precisamente nel Novembre del 1993, ha ereditato una situazione amministrativa gravissima. Il dissesto economico era addirittura suggerito e consigliato dal Ministero dell'Interno, presente il senatore Antonino Murmura.
Usò allora la vendita dei "gioielli di casa" per ripianare i debiti e salvarsi dal dissesto?

NO! NON SI VENDETTE NULLA!

Al contrario, sono stati salvati dalla vendita programmata dalle amministrazioni precedenti, sia il "vecchio ospedale", sia il palazzetto dell'Antico Sedile, e si sono realizzate inoltre, opere pubbliche che in cinquant'anni non si erano mai viste; il tutto con fondi regionali e comunitari che, persone di buona volontà, serie e responsabili hanno saputo ben reperire.
Un amministratore, sia pure modesto, non procede alla vendita dei beni se prima non conosce la reale situazione debitoria dell'ente che governa, ma questo cosa volete che importi al "grande manager" venuto da Torino, per lui quello che conta è Vendere, anzi SVENDERE tutto il vendibile, presto toccherà a Palazzo Giffone e Palazzo Sant'Anna!
Quali allora i motivi di siffatta decisione? Quale la ragione di tanta fretta nel mettere in vendita questi beni? Quali gli interessi reconditi di così tanta pecca?
A questo operare, alla ventita-svendita del patrimonio tropeano che si sta perpretando ai danni di noi tutti e delle future generazioni, diciamo tassativamente NO! Non ci stiamo!

DICIAMO NO, al diverso utilizzo del mutuo contratto, con la Cassa depositi e Prestiti per le opere di urbanizzazione primarie e percorso pedonale in località "campo di sotto". Il dirottamento di tale cifra (Eur. 516.456.90), verso la zona del centro storico mostra tutta la grossolanità amministrativa e "manageriale" dell'attuale giunta esecutiva, sindaco in testa. Quando mai si è visto che, accertata come prioritaria (ciò è indiscutibile) la realizzazione dell'opera in contrada campo, sol perché per l'adeguamento al prezzario regionale tale somma non è più sufficiente (di certo non per incuria della compagine "Uniti per Tropea"), si dirotta questa somma verso altra zona già urbanizzata?
Suggeriamo agli attuali amministratori, se non sono capaci e senza svendere nulla, per il "campo di sotto", di reperire altri fondi, in primis Eur. 152.107, 51 per mandare in appalto il primo lotto funzionale; successivamente reperire la somma mancante per completare l'opera con contributi regionali non difficili da ottenere, trattandosi di opera indifferibile e urgente..

DICIAMO NO, perché al "Campo di Sotto" non esiste rete fognante; DICIAMO NO, perché le fosse nelle quali i cittadini residenti riversano i liquami sono fosse a pardere costituendo quindi, allo stato, una vera bomba ecologica anche perché le stesse insistono sulle falde acquifere che alimentano i pozzi dai quali attingiamo l'acqua per bere. DICIANO NO, perché l'opera non è da considerarsi fine a se stessa, ma rappresenta un volano insostituibile di sviluppo per tutto l'intero territorio di Tropea, una zona a destinazione prevalentemente alberghiera; una zona che siamo riusciti a preservare dalla violenza speculativa. Presidente del Consiglio Comunale Nino Valeri, così tuteli la zona della quale sei il referente? Non hai nulla da dire alle persone che, votandoti, hanno mal riposto la loro fiducia? Forse la poltrona che occupi è il risultato di un compromesso a tutto danno di quella zona, dei suoi residenti e di tutta Tropea? DICIAMO NO, infine, al tentativo di boicottare l'opera che ha avuto un iter tormentato con ricorsi al TAR e al Consiglio di Stato da parte dei proprietari dei vari appezzamenti di terreni espropriati. Non è vero forse che i proprietari di una cospicua particella sono i suoceri della figlia del sindaco Repice?
In attesa di sviluppi, rimaniamo sempre vigili; sappiamo che non avranno vita facile tutti coloro che credono di poter mettere facilmente le mani sulla città.
Concittadini, il gruppo consiliare e tutta la lista "Uniti per la Rinascita", non è in campagna elettorale come invece la "maggioranza Repice".
Siamo fiduciosi sull'esito del ricorso al TAR che, ci auguriamo, ribalterà il risultato elettorale e metterà la parola fine a questo andazzo che, altrimenti, così continuando, porterà Tropea e noi tutti verso il baratro. Per quanto ci riguarda non avendo cambiali elettorali da onorare avremo sempre la forza e la libertà di denunciare i misfatti e di tutelare la nostra Tropea e la sua millenaria storia dall'assalto spregiudicato di politicanti da strapazzo incolti e arroganti.
I componenti del Gruppo Consiliare Uniti per la Rinascita
Gaetano Vallone, Roberto Scalfari, Mario Sammartino, Massimo L'Andolina, Giuseppe De Vita


(Giu. 2010)

Zambrone raccontato dalla Maestra Cassandra Tranfo


Una foto del 1984 della scuola elementare di Zambrone
che ritrae i fratellini Carlo Francesco e Aldo Ferraro con le rispettive insegnanti.
La Maestra Cassandra Tranfo è al centro della foto.


(S. Libertino/2006) D'accordo con l'amico Corrado L'Andolina, Direttore di "Cronache Aramonesi", abbiamo voluto rendere nota attraverso le pagine di TropeaNews una bellissima testimonianza di vita, anticipandone la naturale pubblicazione sul citato giornale zambronese che uscirà fra qualche settimana sia in edizione cartacea sia in quella on line.
Si tratta di un'intervista fatta dallo stesso Direttore alla Professoressa, ora in pensione, Cassandra Tranfo, che insegnò alla scuola elementare di Zambrone dal 1971 al 1993. Da questa semplice intervista traspare l'altissimo e continuo impegno della maestra Tranfo, Nobildonna tropeana, nel formare e nell'educare numerose generazioni di piccoli scolari che nell'arco della loro vita hanno dovuto farsi la strada di un decoroso avvenire. Un mestiere pieno di passione e di entusiasmo che sicuramente ha raggiunto gli obiettivi preposti.

(C. L'Andolina) La signora Cassandra Tranfo nata a Tropea il 15 agosto 1927 ove tuttora risiede, è stata insegnante presso la scuola elementare di Zambrone dal 1971 al 1993. Per così tanto tempo è giunta a bordo della sua inconfondibile Fiat Bianchina di colore azzurrino.
E’ stata sempre ligia al suo dovere, ha educato intere generazioni alla cultura e all’etica del lavoro. La signora Tranfo è stata un’ insegnante vecchio stampo. Rigorosa e severa, attenta al processo di crescita umana dei suoi allievi ha sempre avuto con la comunità zambronese un ottimo rapporto e ha lasciato in tutti i suoi allievi ricordi dolci e indelebili. Non è certo casuale che ancora oggi, mantenga, a distanza di tanto tempo, rapporti di amicizia con i suoi alunni. Ricca di un bagaglio culturale e religioso di matrice cattolica, puntuale, a tratti burbera, sempre disponibile e propensa all’ascolto, semplice e spontanea, talvolta sottilmente ironica; i suoi allievi la ricordano così…

Maestra Tranfo quale è stato il Vostro primo impatto con la comunità di Zambrone?
Il primo incarico d’insegnante, nel Comune di Zambrone, l’ho ricoperto presso la scuola elementare di Daffinà nel 1970. Nel 1971 ottenni il trasferimento a Zambrone. La prima impressione con l’ambiente fu molto positiva.

Come ricordate i Vostri alunni?
Di loro mantengo un dolce e ottimo ricordo. Tutti i miei alunni sono stati affettuosi e rispettosi nei miei confronti.

Mantenete ancora qualche rapporto con i Vostri alunni?
Fino a qualche tempo addietro mi recavo a Zambrone più spesso. Compravo di frequente presso la macelleria di Carlo Cognetto la carne. Ora mi reco con maggiore frequenza a Daffinacello, dove sono proprietaria di alcuni appezzamenti di terreno. A Zambrone ci vado, ormai, molto raramente, ma continuo a mantenere con qualche mio allievo buoni rapporti di amicizia. Quando incontro qualche zambronese, chiedo sempre notizie dei miei alunni.

Voi avete conosciuto bene la comunità di Zambrone. La cultura è un sentimento radicato negli zambronesi?
La provenienza familiare è determinante per fare della cultura un valore. Posso, però, aggiungere che anche negli alunni meno propensi verso lo studio, era molto sentita l’etica del lavoro e questo è un grande valore.

Voi siete cattolica, quanto ha inciso ciò nel Vostro ruolo d’insegnante?
Moltissimo. A Natale organizzavamo con gli alunni il presepe e l’albero. Durante l’anno, coinvolgevo i miei alunni agli altri riti della cristianità. La lezione terminava con la preghiera. La religione arricchisce l’animo di ogni uomo. La lezione di Cristo e del cattolicesimo è il pilastro su cui si basa la nostra civiltà: ho cercato di trasmettere ai miei alunni questo elementare ma fondamentale insegnamento.

Voi avete conosciuto molte famiglie di Zambrone. Quali sono stati negli anni della Vostra permanenza i travagli della comunità zambronese?
Ho visto intere famiglie emigrare al Nord per motivi di lavoro. Molti alunni emigrati al Nord non li ho più rivisti. Questo, credo, sia stato il travaglio più grave per la comunità di Zambrone, specie negli anni Settanta.

Ci potete raccontare un aneddoto curioso sulla Vostra esperienza di insegnante a Zambrone?
Non mi viene in mente nulla di particolare. Ricordo l’atmosfera di amicizia che avevo instaurato con gli zambronesi. Ricordo i miei alunni, alcuni buoni e tranquilli, altri irrequieti e vivaci. Mi affezionavo a tutti e per questo svolgevo il mio lavoro con passione.

Avete mai avuto qualche problema durante gli anni trascorsi a Zambrone?
No, mai. Il paese era abitato da gente semplice e affettuosa. Tutti portavano grande rispetto nei miei confronti. Non ho mai avuto nessun problema, né con gli alunni, né con i genitori, né con i cittadini. Avrei potuto chiedere il trasferimento nella mia città, Tropea. Ma non l’ho mai fatto, nonostante facessi grandi sacrifici per venire a Zambrone, in quanto ero costretta a lasciare da soli i miei genitori bisognosi di assistenza. Ma Zambrone, per me, era una vera e propria oasi di umanità. Per questa ragione ho svolto a Zambrone quasi tutta la mia carriera professionale.

Quali colleghe e quali collaboratori ricordate con maggiore affetto?
Ricordo la Maestra Olga Adamo in L’Andolina, mia grande amica alla quale ho voluto molto bene e che ho ammirato e stimato tanto; Antonietta Cognetto, Maria Bruno. Ricordo anche, del personale non docente, la signora Russo Caterina (Nuzza) davvero un’ottima persona. Ricordo alcune maestre supplenti che ogni tanto svolgevano la loro attività presso la scuola elementare di Zambrone: Anna Collia, Maria Francica.

Quali alunni ricordate in particolare?
Li ricordo tutti come bravi bambini; ho voluto bene a tutti nello stesso modo.

Vi è dispiaciuto lasciare la scuola?
Sì. Io ho concluso la mia carriera scolastica a Zambrone, nel 1993. Alla fine la scuola era profondamente cambiata; troppi adempimenti burocratici. Inoltre, il lavoro di équipe e di coordinamento con le altre maestre non era congeniale alla mia impostazione professionale.

Come trova oggi Zambrone?
E’ una realtà, all’apparenza, più sviluppata di quella che ho conosciuto io; ma ormai sono estranea al tessuto sociale locale e non saprei dire se Zambrone sia effettivamente progredita o meno.

Cosa hanno lasciato gli allievi di Zambrone nel Vostro animo?
Sensazioni di profonda umanità e ricordi molto dolci che porterò sempre con me.

Cosa volete dire a tutti i Vostri allievi zambronesi?
Vi ricordo tutti con grande affetto…

(Giu. 2010)



LE AVVENTURE DI BASTARDINO INNAMORATO


BASTARDINO: Chi ca..u staciti cumbinandu! Siti 'na massa di cani bastardi!!! Non sapiti chiu chi faciti!
Staciti deforestandu Trupea!
Levativi 'i jocu!!
E mo' cu s'accatta chiù a Trupea...
Cu' 'a voli?

PRECEDENTI

Prima Puntata - Seconda puntata - Terza puntata



All’asta il manoscritto di A day in the life di John Lennon




Il fronte e retro del preziosissimo pezzo di carta dove Lennon ha scritto il brano

(S. Libertino) Un manoscritto di John Lennon, con i versi della canzone "A day in the life", è stato battuto all'asta il 18 giugno a New York per la cifra di 1,2 milioni di dollari. Si tratta di un foglio scritto dai due lati, con cancellature e aggiunte tracciate in diversi colori. La casa d'aste Sotheby's, che l'ha messo all'incanto, l'aveva valutato fra i 500mila e gli 800mila dollari.
Per un periodo di tempo il manoscritto è appartenuto a Mal Evans, road manager dei Beatles, ma poi non è chiaro come sia finito nelle mani della casa d’aste.
Secondo i critici "A day in the life" è il punto più alto di "Sgt Pepper's Lonely Hearts Club band": il che equivale a dire che gode dello status di migliore canzone dei Beatles. Da sempre.
La canzone frutto di un incastro tra due composizioni, la melodia principale di Lennon e l’inciso di Paul McCartney, vanta un finale in crescendo orchestrale e un testo polemico con la frase "I'd love to turn you on" che all’epoca venne interpretata come un esplicito invito a far parte della comunità lisergica e che valse alla canzone il bando dalla Bbc.
Stesso destino, sempre sullo stesso album, per "Lucy in the sky with diamonds": questa volta a sollevare la polemica sono state le iniziali del titolo, Lsd. E tutto questo mentre nessuno si accorse che sulla copertina del disco campeggiava una fila di piantine di marijuana.

--> A day in the life (Rare)

--> The Beatles by Salvatore Libertino

(Giu. 2010)

COSENZA NEI PRIMI ANNI DEL NOVECENTO NELLE CARTOLINE DELLA «CRONACA DI CALABRIA»



(S. L.) “Il senso del tempo, il valore di un posto. Cosenza” è il nome di un gruppo nato su Facebook che in cinque mesi è molto cresciuto, si è irrobustito e ha raggiunto oltre 2310 amici.
L’idea iniziale è stata quella di arrestare l’oblio e la decadenza di una città, dando vita ad un’azione collettiva molto accurata di scavo negli archivi personali, fotografici e memorialistici, di chi a Cosenza è nato, è andato lontano, è tornato o è sempre rimasto, per ridare valore al luogo di origine e per ritrovare un’identità smarrita. Con forte senso di appartenenza, in tanti hanno partecipato ad un’indagine dettagliata nella memoria dei luoghi, delle piazze, delle strade, delle ombre nei vicoli, della luce sui palazzi,dei giardini e delle fontane. Dei mestieri e delle professioni.
Sul web un puzzle si è animato, ha riempito discussioni su oltre 40 argomenti: prodotti tipici e cibo a km zero, le attività e le botteghe scomparse, una bibliografia sulle pubblicazioni sulla città, le persone e i luoghi, il dialetto, i quartieri, le Chiese, i ponti e i cantieri, i personaggi illustri come Giuseppe Baratta e molto altro. Sul web questa frenesia di scavare, ritrovare le radici e conservare i luoghi in buono stato ha creato un contatto creativo con i professionisti che delle città si occupano, gli architetti, gli ingegneri e i paesaggisti che hanno tutti a cuore le sorti e la sistemazione della città.
È nato un Museo di ricordi, un archivio vivente che sul web ha animato un confronto e un dibattito vivace, appassionato, con idee anche molto differenti, sul futuro sviluppo di Cosenza. Hanno partecipato in tanti di generazioni anagraficamente molto lontane, ma uniti nella mappa animata del tessuto urbano da ripercorrere.

La mostra Cosenza nei primi anni del Novecento nelle cartoline della Cronaca di Calabria è stata allestita attraverso una selezione di oltre 100 cartoline pubblicate dalla “Cronaca di Calabria”, testata storica dell’editoria calabrese fondata da Luigi Caputo all’inizio del 900 e che ha proseguito la sua attività fino ai primi anni 70, con la sede nel centro storico, a Corso Telesio.
Nel corso dell’incontro del 21 giugno verranno proiettate le foto scelte tra le 3000 raccolte sul sito del gruppo ” Il senso del tempo,il valore di un posto. Cosenza” . Suddivise in 3 macro argomenti saranno commentate dagli amministratori che ne hanno curato la scelta. Foto e progetti sull' urbanistica con attenzione ai bombardamenti del 1943 e successiva ricostruzione, su ambienti urbani della città nuova, in breve la storia del passaggio e la crescita della Cosenza nuova. Foto, commenti e prospetti riservate agli aspetti più "tecnici": valutazione e descrizioni strutturali e ambientali. Foto e commenti dedicate agli aspetti storico e di biografie personali. Ci saranno foto dei personaggi della vita pubblica cosentina, della prima giunta comunale, gli antichi mestieri, i notabili cittadini, e l'umanità di "strada".

Lunedì 21 giugno 2010 con inizio alle ore 16
sede dell’Ordine degli Architetti di Cosenza
Inaugurazione mostra-permanente
COSENZA NEI PRIMI ANNI DEL NOVECENTO
NELLE CARTOLINE DELLA «CRONACA DI CALABRIA»

ed inoltre: immagini, suoni, parole


--> “Il senso del tempo, il valore di un posto. Cosenza” è su Facebook

(Giu. 2010)

Gentile presenta Ddl per consolidamento rupe



(Ansa/21giu) Un disegno di legge per tutelare la rupe di Tropea ed intervenire organicamente sulla 'perla' del mare Tirreno calabrese.
Lo ha presentato il sen. Antonio Gentile, vice coordinatore vicario del Pdl calabrese. ''Per recuperare immediatamente questo territorio, conosciuto in tutto il mondo per la sua bellezza ed unicità - ha affermato Gentile - occorre uscire dalle disposizioni del patto di stabilità provvedendo ad appositi stanziamenti per la riqualificazione infrastrutturale e la valorizzazione del suo patrimonio storico''.

--> Atto Senato n. 2247

--> Sen. Antonio Gentile, attività parlamentari

(Giu. 2010)

ROBERTO GIORDANO, CONCERTO ALL’EXPO DI SHANGHAI




Roberto Giordano

(S. Libertino) Giovedì 24 giugno alle ore 19.30 (ora cinese, le 13.30 in Italia) Roberto Giordano terrà un concerto all’Expo di Shanghai – Cina.
Giordano è stato invitato ad esibirsi dal Governo Belga, in qualità di musicista “laureato” al Concorso Internazionale Regina Elisabetta, in vista della candidatura di Liegi ad ospitare l’Expo 2017.
Al concerto, che avrà luogo all’interno del padiglione del Belgio-Unione Europea, saranno presenti i ministri Jean-Claude Marcourt e Rudy Demotte, oltre ad una delegazione diplomatica.
Roberto Giordano, nato a Tropea nel 1981, inizia gli studi di pianoforte con Angela Masneri. Nel 1999 si diploma al Conservatorio "Rossini" di Pesaro con il massimo dei voti, lode e menzione speciale e contemporaneamente riceve il diploma di "Execution" presso l'Ecole Normale De Musique "A. Cortot" di Parigi, con "unanimité et félicitations" della giuria. Prosegue gli studi con Leonid Margarius e Piero Rattalino all'Accademia Pianistica di Imola, dove si diploma con il titolo di Master nel gennaio 2007. È stato particolarmente apprezzato da Vladimir Ashkenazy, nella sua esecuzione integrale degli studi di Chopin.
Nel 2003 è premiato al Concours Musical International Reine Elisabeth de Belgique, a Bruxelles. In seguito a questo riconoscimento mondiale, il regista Gerard Corbiau realizza uno speciale-biografia su Giordano, che sarà trasmesso dalle maggiori emittenti del mondo: Roberto Giordano, d'un monde à l'autre.
È ospite regolare delle maggiori sale ed enti internazionali, tra cui il Teatro alla Scala, Palais des Beaux Arts di Bruxelles, Teatro dell'Ermitage di San Pietroburgo, Minato Mirai Hall di Yokohama, Konzerthaus di Berlino, Mozarteum di Salisburgo, Philharmonia di Wroclaw in Polonia, Accademia Filarmonica Romana, Settimane Musicali di Stresa, Pomeriggi Musicali di Milano, Forbidden City Concert Hall di Pechino. Svolge inoltre un'intensa attività concertistica nei paesi del Benelux, in Italia, in USA e Giappone sia come solista che con Orchestre di rilievo internazionale.
Ha collaborato con RTBF radio e televisione Belga, come ospite di programmi culturali e musicali. Le sue esecuzioni sono state registrate e trasmesse da RTBF e VRT, Radio belga, RAI, Radiouno, Radiotre e Radio Vaticana, Classica Japan, Radio Classica, SKY Classica.
Suona regolarmente con il baritono José van Dam. La sua discografia comprende tre CD pubblicati da Cyprès e da La Bottega Discantica.

--> Official Website di Roberto Giordano

--> Roberto Giordano Plays Chopin Etude op.25 n.6

--> Roberto Giordano plays Czerny (Encore), live in Beijing (Pechino)

(Giu. 2010)

Tourist Shuttle ancora senza certezze per il silenzio della Regione, Callipo scrive a Scopelliti
Gianluca Callipo (strill.it/25giu) L’assessore provinciale al Turismo Gianluca Callipo ha scritto una lettera aperta al presidente della Regione Giuseppe Scopelliti, chiedendo una risposta certa sulla richiesta di finanziamento avanzata da tempo dalla Provincia di Vibo Valentia, al fine di allestire il servizio di trasporto pubblico denominato Tourist Shuttle, già sperimentato con successo la scorsa estate, durante la quale, in poco più di 30 giorni, fu utilizzato da oltre 10mila passeggeri.
Per rinnovare questa iniziativa occorre però il sostegno economico della Regione, che nonostante le continue sollecitazioni da parte degli uffici dell’assessorato, non ha ancora dato riscontri concreti. Intanto, centinaia di turisti e operatori del settore hanno contattato negli ultimi mesi la Provincia chiedendo a loro volta informazioni sulla riattivazione del servizio. Una situazione di incertezza che non può essere risolta senza una presa di posizione univoca da parte della Regione.
Ecco il testo integrale della missiva:
«Gentile Presidente Scopelliti, ricorro a una lettera aperta perché sino ad oggi ogni comunicazione dell’assessorato provinciale affidata ai canali ufficiali della Regione non ha ottenuto risposta. Basterebbe già questa considerazione per inquadrare una vicenda di ordinaria indifferenza verso un territorio che ospita alcune delle eccellenze turistiche calabresi più note al mondo, a cominciare dalla splendida Tropea, e che per questo meriterebbe più attenzione nell’interesse dell’intera Calabria.
Ma procediamo con ordine. L’estate scorsa, come assessorato provinciale al Turismo, abbiamo attivato il Tourist Shuttle, un servizio di trasporto pubblico in pullman dall’aeroporto di Lamezia alle principali località della costa vibonese, nel tentativo di sopperire all’endemica mancanza di collegamenti che da sempre rappresenta uno dei principali gap di questo territorio. Sebbene fossimo certi del riscontro positivo che l’iniziativa avrebbe fatto registrare, siamo rimasti ugualmente sorpresi dal numero di utenti che hanno sfruttato e apprezzato questo servizio: oltre 10mila persone, in poco più di 30 giorni. Turisti e residenti hanno potuto contare su un servizio di trasporto pubblico che ha consentito loro non solo di raggiungere alberghi, villaggi e centri urbani rivieraschi, ma soprattutto di uscire dalle strutture ricettive per visitare le varie località turistiche, altrimenti irraggiungibili per chi non ha autonoma capacità di spostamento. Gli effetti positivi si sono riverberati dunque anche sul settore commerciale e della ristorazione, proprio in virtù di una maggiore mobilità dei vacanzieri.
Per consentirci di allestire il servizio, che nelle nostre intenzioni avrebbe dovuto coprire i tre mesi estivi, la Regione stanziò 75mila euro, che bastarono però soltanto per agosto ed i primi dieci giorni di settembre. Poco male. L’entusiasmo scaturito dai risultati conseguiti e la natura sperimentale dell’iniziativa ci indussero a guardare il bicchiere mezzo pieno, nella certezza che l’anno successivo, preso atto della sua utilità, la Regione avrebbe condiviso la necessità di rifinanziare il progetto, accogliendo la nostra richiesta di incrementare le risorse fino a 170mila euro (briciole se messe a confronto con i circa 100 milioni di euro spesi annualmente nel trasporto pubblico locale dalla Regione) per permettere la copertura da giugno a settembre e di allargare il servizio anche a parte delle zone interne della provincia.
A questo scopo, con largo anticipo rispetto alla stagione turistica, abbiamo attivato tutti i canali ufficiali per ottenere rassicurazioni dalla Regione, scrivendo direttamente anche a lei, Presidente Scopelliti, che detiene le deleghe in materia di trasporti e di turismo. Lettere, fax, comunicazioni interne, telefonate ed email sono rimbalzate però su un invisibile muro di gomma che lascia tuttora la questione nella più assoluta incertezza. Tutti i nostri interlocutori hanno riconosciuto l’indiscutibile validità del servizio, ma nei fatti, con la stagione estiva ormai iniziata, non abbiamo ancora ottenuto una risposta definitiva, quantomeno sul rifinanziamento delle risorse messe a disposizione l’anno scorso. Intanto, centinaia di utenti e operatori turistici (compreso l’aeroporto di Lamezia) ci contattano da mesi per sapere a loro volta se il tourist shuttle sarà nuovamente attivo. Una domanda alla quale, purtroppo, non possiamo ancora rispondere per i motivi che le ho esposto.
Facile immaginare la frustrazione di chi, pur volendo scegliere la Calabria per le proprie vacanze, non ha la possibilità di programmare gli spostamenti sul territorio. Li comprendo e me ne rammarico, non soltanto come amministratore, ma soprattutto come calabrese che ama la sua terra e vorrebbe che, nel 2010, una cosa tanto ovvia - come un servizio di trasporto su un tratto di costa che vanta una tra le più alte concentrazione di posti letto per chilometro quadrato di tutta Italia - rappresentasse una banale certezza e non un obiettivo così aleatorio e difficile da raggiungere.
A questo punto, anche per rispetto dei turisti che ci contattano quotidianamente per avere informazioni, chiedo un suo interevento che ci consenta di dare risposte certe sulla questione».

(Giu. 2010)

IL "CITTA' DI TROPEA" IN REPUBBLICA CECA




Il Gruppo Folk 'Città di Tropea'

(FITP) Prestigiosa esperienza per il Gruppo Folklorico "Città di Tropea": dal 1° al 4 luglio il sodalizio presieduto da Michele Simonelli parteciperà al "Festival Internazionale di Vsetín". Spettacoli e sfilate, in un tripudio di musica e colori: ecco quanto accadrà alla manifestazione che raduna, con cadenza biennale a partire dal 2000, diversi ensemble e danzatori di balli popolari. I numeri. Saranno ventuno le formazioni provenienti dall'estero, otto da altre regioni della Repubblica Ceca, tre le bande di ottoni.
Ciascun gruppo si esibirà a turno, durante la giornata, in diversi luoghi del centro storico di Vsetín, città della Moravia meridionale, di circa 28 mila abitanti, che si trova a tre ore di distanza da Praga. Come da tradizione, prima dell'apertura del Festival, è in programma una cerimonia ufficiale per accogliere i nuovi gruppi partecipanti: i ragazzi di Tropea saranno ricevuto dal sindaco della città nelle sale storiche del Vsetín Castle.
Sarà un'occasione di arricchimento per il "Città di Tropea" che potrà collezionare ricordi e stringere nuove amicizie. «Siamo molto entusiasti di partire - commenta Simonelli - perché ogni volta che partecipiamo a festival del genere incontriamo persone splendide con cui manteniamo i contatti. Speriamo anche questa volta di diffondere al meglio le nostre tradizioni, scopo precipuo del gruppo». Per l'occasione, Concetta Lorenzo, direttrice artistica del Gruppo Folklorico "Città di Tropea", ha scelto le coreografie e le tarantelle più rappresentative delle tradizioni popolari calabresi.
Il viaggio in Repubblica Ceca sarà anche occasione per visitare l'affascinante e storica Praga.

--> Federazione Italiana Tradizioni Popolari (FITP)

--> Festival Internazionale di Vsetin

--> Il Gruppo Folk 'Città di Tropea' è su Facebook

(Giu. 2010)
E' on line la 53^ Tornata di TropeaMagazine

(S. L.) Diamo uno sguardo al sommario della Tornata di maggio/giugno 2010, la cinquantreesima, che inizia con due contributi di Salvatore Libertino, apparsi in 'TropeaNews' qualche giorno prima del 25 Aprile in omaggio ai martiri della Resistenza Rocco Repice (1920 - 1944) e Biagio Molina (1907 - 1944). Poi è la volta di quelli di Fortunato Valensise sul demologo Antonino Basile (1908 - 1973), e di Enrico De Agostini sul Generale Orazio Toraldo di Francia (1884 - 1958).
Il Bibliotecario e studioso Alfonso Meola in una ricerca del 1920 ci illustrerà di un manoscritto custodito dalla famiglia Scrugli sul patrimonio vescovile in una Platea del 1494, mentre sono riportati alla luce due atti relativi allo scioglimento ai primi del Novecento del Consiglio Comunale tropeano: la relazione del Capo del Governo Giovanni Giolitti e l'accorata replica da parte dell'ormai ex sindaco Francesco Barone.
A seguire: una ricerca dello storico Pasquale Russo sull'antica Confraternita del SS. Sacramento di Carciadi di Spilinga, un'accurata e meticolosa descrizione del 1845 dello storico Luigi Grimaldi della conceria nata nel 1825 alla Marina del Vescovado ad opera dei fratelli Michele e Antonino Mazzitelli e di Alessandro Pelliccia e infine due deliziose novelle, una del 1920 di Leonida Repaci 'Lao e il sillabario' ambientata a Tropea e il racconto 'Jufà' elaborato in dialetto da Salvatore Libertino da una novella che si narrava in famiglia negli anni Cinquanta.

State con noi e con la Storia e Buona Lettura!

--> www.tropeamagazine.it




Il nuovo sindaco di Tropea Adolfo Repice


Così si insedia a Palazzo Sant'Anna
la squadra del nuovo sindaco
Adolfo Repice

(S. Libertino) La seduta inizia alle 1600 nell'aula consiliare dedicata alla Medaglia d'Oro Totò Purificato, anche questa volta caduto nel dimenticatoio. Dopo l’appello del Segretario comunale dei presenti e degli assenti, Adolfo Repice censura il comportamento della minoranza che dopo aver fatto ricorso al TAR, ha inteso disertare i Consigli comunali, disattendendo le aspettative di mezza Tropea. Ricorda che sullo scoglio dell’Isola c’è una grù edile, significando che i lavori di consolidamento dell’emblema tropeano sono iniziati ancor prima del suo insediamento e che il lungomare sarà aperto prima della fine del mese di aprile.
Si procede alla proclamazione degli eletti e alle nomine del Sindaco, del Vicesindaco e degli Assessori nonché all’assegnazione delle rispettive deleghe, anche quelle destinate ai Consiglieri, i quali - tutti - avranno un ruolo ben preciso nel quadro del monitoraggio dell'intero territorio.
I momenti di rito della cerimonia, al cospetto di un affollatissimo pubblico, scandiscono i vari punti previsti dall’ordine del giorno, quali il giuramento alla Costituzione del nuovo Sindaco che per l'occasione indossa la sciarpa tricolore e le nomine del Presidente del Consiglio e del Capogruppo di maggioranza e di minoranza e dei loro Vice. Poi è il momento di ricordare i punti cardine del programma di governo che vede il mare 'la nostra unica risorsa' al primo posto.
Ringrazia chi ha voluto votare per la squadra e - chiamandolo per nome - chi è andato oltre prodigandosi a contribuire per la vittoria 'di Tropea'. Infine, dà appuntamento alle 1900 sotto il loggione dell’Antico Sedile per il discorso di ringraziamento e a seguire per i festeggiamenti a piazza Veneto. Il secondo Consiglio si svolgerà alla Marina dell'Isola, in pieno cantiere.

NOMINA DEL SINDACO, DEL VICESINDACO, DEGLI ASSESSORI E RISPETTIVE DELEGHE
Adolfo Repice: Sindaco con delega al Turismo e Bilancio. Sul Turismo sarà formato uno staff cui faranno parte i Consiglieri Giuseppe De Vita, Tonino Simonelli ed esperti esterni alla giunta.
Pino Rodolico: Vicesindaco, Urbanistica, Lavori Pubblici.
Romana Lorenzo: Assessore a Affari Generali, Cooperazione, Politiche Comunitarie Giovanili, Rapporti con le Associazioni.
Francesco Arena: Assessore a Personale, Pubblica Istruzione, Formazione Professionale.
Libero Padula: Assessore a Viabilità, Arredo Urbano, Polizia Municipale, Trasporti, Spazi pubblici.

NOMINA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E DEL CAPOGRUPPO DI MAGGIORANZA E DI MINORANZA E LORO VICE
Nino Valeri: Presidente del Consiglio
Tonino Simonelli: Vice Presidente del Consiglio

  Sandro D'Agostino: Capogruppo di maggioranza
Paolo Ceraso: Vice Capogruppo di maggioranza

  Roberto Scalfari: Capogruppo di minoranza
Mario Sammartino: Vicecapogruppo di minoranza

DELEGHE E ATTRIBUZIONI AI CONSIGLIERI
Giuseppe De Vita: Turismo.
Paolo Ceraso: Politiche sociali, Sanità e rapporto con l’ASL.
Sandro D'Agostino: Cultura e Spettacolo.
Franco Pontorieri: Sport.
Tonino Simonelli: Turismo, Ambiente, Territorio, Pubblicità, Pubblica illuminazione.
Carmine Sicari: Attività produttive, Commercio, Artigianato.
Nino Valeri, Presidente del Consiglio: Si occuperà, interfacciandosi con gli assessori competenti, per quanto riguarda la zona del Campo. Analogamente, altri consiglieri si occuperanno dei rispettivi quartieri della città.
Antonio Piserà: Continuerà ad essere il responsabile della Protezione Civile.
Inoltre, saranno chiamate a collaborare persone che non fanno parte della giunta ma hanno avuto un ruolo significativo per la vittoria della compagine ‘Passione per Tropea’.

--> Continua...(video)

--> Repice vince per tre voti...(video)

--> Gaetano Vallone, l'uomo giusto per la Rinascita...(video)

--> Repice si affida agli esperti...(video)

--> Governo della Città

--> I Sindaci di Tropea



Il Signor Helmut Kotsch alla Festa della Croce nel 2007 (Foto M. Lorenzo)

'Das Fest Des Kreuzes' di Helmut Kotsch

(S. Libertino) Il Signor Helmut Kotsch è quello che appare in foto segnato da un bel cerchio rosso. Ieratico, cappello a lunghe falde alla Fellini, è intento dall'ultimo piolo di una scaletta a filmare il gioco della 'pignata', durante la Festa del Tre della Croce 2007. Fa parte di quella vecchia schiera di tedeschi 'Amici di Tropea', che non aspettano l'estate a intraprendere il viaggio di migliaia di chilometri, ma lo fanno quando sono cotti dalla nostalgia di questa città ammaliatrice. Anche nel cuore dell'inverno. Ricordiamoci che Tropea è stata 'inventata' negli anni Cinquanta proprio dal popolo tedesco che vedevamo scorazzare per le vie in tutte le stagioni dell'anno o tuffarsi nel mare cristallino in pieno mese di febbraio, mentre noi si indossava il cappotto.
Quando il Signor Kotsch arriva a Tropea, deposita il camper al Camping del Convento, si bagna subito a mare e poi schizza sù in paese per immergersi finalmente in un altro mare, quello più profondo delle vinee misteriose, dei caffè accoglienti, degli odori nel mercato di un bel mazzo di cipollotti che conservano ancora l'umore di terra sabbiosa, del gusto inappagabile di un bel piatto di Filej a 'Tropea Vecchia', dell'estasi ritrovata davanti ai panorami mozzafiato degli affacci, delle imprevedibili scoperte 'di tutto e di più' tra le bancarelle nel percorso interminabile della Fiera dell'Annunziata. Entrare in profondità dentro questo mare, in una realtà particolare, fantasmagorica, senza confini. Forse è questo che manca agli amici tedeschi e al Signor Kotsch, quando si è lontani da Tropea. E quindi può succedere che gli appassionati di fotografia se lo ritrovino involontariamente dentro le proprie foto, come è successo a Mario Lorenzo con quella in mostra in testa a questo piccolo contributo. Lui, abituè ormai della sua Tropea, assieme alla moglie e al cognolino.
Durante la Festa del 2008, il Signor Helmut ha lasciato a Enzo Taccone dentro il canestrino della raccolta delle offerte, un DVD con un suo filmato sulla Festa dell'anno prima, 2007. Come per dire 'Guarda cosa ho fatto... della vostra Festa...'. Sulla custodia una scritta: Helmut Kotsch, Camping del Convento, Tropea. Come per dire 'Guarda che se hai bisogno, sai dove cercarmi'.
Sono 30 minuti durante i quali racconta nella sua lingua la nostra Festa. Il piglio è professionale e appassionato, le musiche azzeccate, il sonoro, il commento, il montaggio e soprattutto le riprese sono perfetti. Tropea e i tropeani hanno completato l'opera dandogli una mano nella sceneggiatura. E' uscito fuori un documentario antropologico pieno di temperamento che sta girando attraverso gli Enti turistici non solo di Germania, per colpire il cuore della gente. Un tributo pubblicitario al nostro Paese e alle nostre tradizioni. In buona sostanza, il signor Kotsh è un testimonial della nostra città a tutto tondo, una sorta di 'Gattuso a gratis'.

Continua (Film 'Das Fest Des Kreuzes' di Helmut Kotsch)...



La battaglia di Tolentino 1815

Il 2 E 3 MAGGIO A TOLENTINO E CASTELFIDARDO
VALORIZZAZIONE DEI LUOGHI DELLA MEMORIA STORICA DELLE BATTAGLIE

(S. L.) L'Associazione Tolentino 815 il 2 e 3 maggio promuove alcune iniziative per ricordare l?anniversario della Battaglia di Tolentino e valorizzare i luoghi della memoria storica delle battaglie di Tolentino e Castelfidardo.
Il primo appuntamento è domenica 2 maggio alle ore 15.00 per una visita guidata ai Luoghi della Battaglia di Tolentino, con ritrovo al Castello della Rancia di Tolentino.
Lunedì 3 maggio alle ore 11.00 presso l'Aula magna dell'Istituto Istruzione Superiore "F. Filelfo" a Tolentino incontro tra gli studenti dello stesso Istituto ed i colleghi dell'Istituto Tecnico Nautico e Commerciale di Pizzo (VV), con la partecipazione dell'Associazione Tolentino 815 e dell'Associazione Murat di Pizzo; per continuare nel processo di collaborazione tra scuole iniziato due anni fa e finalizzato ad un gemellaggio, come già realizzato tra le due Associazioni.
L'obiettivo finale resta quello di un gemellaggio tra comuni e Amministrazioni Comunali.
Il programma prevede la presentazione del "Giornale del Musone", rifacimento del periodico del 1815 a cura della classe IV B Liceo Scientifico di Tolentino, a. s. 2008/2009, coordinata dalla prof. Strovegli Stefania; l'esposizione del lavoro svolto dalla classe III A Istituto Tecnico Commerciale di Tolentino, anno scolastico 2009/2010, coordinata dalla prof. Benadduci Marina e l'illustrazione della Legge Regionale n. 5 del 9 febbraio 2010 "Valorizzazione dei luoghi della memoria storica risorgimentale relativi alle battaglie di Tolentino e Castelfidardo e divulgazione dei relativi fatti storici".
Da Tolentino a Castelfidardo (1815-1860) i 45 anni del passaggio dallo Stato preunitario all'unità d'Italia: questa è la motivazione per la creazione del Parco Storico Regionale delle Battaglie di Tolentino e Castelfidardo, le due battaglie che nelle Marche segnano l'inizio e la conclusione del sogno risorgimentale per un'Italia unita dalla Sicilia alle Alpi; oltre alla conservazione del tipico paesaggio agrario marchigiano, la tutela ed il restauro del patrimonio architettonico e la loro valorizzazione, allo scopo di promozione culturale e turistica.
In previsione delle celebrazioni del 150° anniversario della battaglia di Castelfidardo del 18 settembre 2010 e quella del 150° anniversario dell'unità d'Italia del 2011, la nuova legge potrà dare la possibilità a comuni, province, regione ed associazioni di avere un contenitore legislativo al quale fare riferimento per le numerose attività che si stanno organizzando.
Nel pomeriggio alle ore 16.00, per rimarcare il collegamento tra le due battaglie, ci si sposta a Castelfidardo per una visita guidata ai luoghi della battaglia ed al Museo del Risorgimento.
Alle ore 18.00 poi, nella Sala conferenze del Convento S. Francesco della città, è organizzato il convegno "L'identità Nazionale e Culture a confronto", promosso da Laboratorio Culturale di Ancona e alla presenza degli Istituti scolastici; relatori sono il prof. Gilberto Piccinini, Docente Storia contemporanea Università di Urbino su "L'identità Nazionale nelle Marche prima e dopo la battaglia di Castelfidardo", e Eugenio Paoloni, Presidente Fondazione Ferretti di Castelfidardo su "La battaglia di Castelfidardo occasione d'incontro tra popoli europei".
Continua pertanto il gemellaggio culturale tra le due cittadine marchigiane che si sta consolidando nel tempo. L'obiettivo è di unirsi per la salvaguardia e la gestione del patrimonio storico, architettonico, monumentale e paesaggistico legato alle due battaglie in un grande contenitore culturale ed istituzionale, garantendo sufficienti risorse e sinergie d'intenti per tramandare alle future generazioni la memoria storica, i cimeli ed il paesaggio che contribuirono all'unità nazionale.
Due battaglie per indicare a tutti noi ed a chi verrà dopo di noi, la strada per nuove opportunità economiche, culturali ed il mantenimento di quei valori che ci hanno dato il nostro presente da tramandare alle future generazioni.

Associazione Tolentino 815



GianMaria Volontè (9 apr. 1933 - 6 dic. 1994)

Gian Maria Volontè
il migliore attore del mondo

(S. Libertino) Natale 1970. Sono a Roma, appena sbarcato dalla Sardegna dove faccio servizio da tenente alla Base missilistica di Perdadefogu. Aspettando di mettermi sul treno serale che mi porterà a Tropea, mi vengo a trovare, dopo vari giri, in Piazza di Spagna con la mia cinepresa otto.
In questo periodo a Roma ci sono molte fabbriche occupate. La più grande è la Fatme, c’è poi la Coca Cola, le Camicerie Cagli e altre ancora. La piazza è animatissima perché drappelli di operai e operaie delle aziende occupate intendono raccogliere fondi e far sentire la voce con striscioni, cartelli, percuotendo bidoni o urlando “Lavoro, lavoro…”. Tutto è controllato a vista dalla polizia bardata con equipaggiamento antisommossa: scudi, maschere, manganelli, fucili lancia fumogeni, pistole.
Sono tentato di tirare fuori dalla custodia la cinepresa ma il mio status militare mi dice che non ne vale la pena. La piazza è piena di questurini in borghese con in mano le macchine fotografiche.
Sul tetto di un furgone fermo al centro della baraonda che comincia a farsi sempre più minacciosa si erge la figura di Gian Maria Volontè dietro una cinepresa 35 millimetri che a tratti registra. Ora le urla ed i suoni non li sento più. Sono davvero incantato da quella presenza. Davanti a me c’è il migliore attore del mondo, il Rogozin dell’”Idiota” di Dostoevskji. Sei puntate televisive nel ’59 tutte d’un fiato. Allora, è stato un vero colpo di fulmine. E poi tutti gli altri lavori che ne seguirono me lo hanno fatto amare sempre di più. Da “Al cuore Ramon!”, ai Fratelli Cervi, Indagine, Lussu, Mattei, Levi, Sciascia, Sacco, Bruno, Luciano, Ricci, Moro….Un incanto! E ancora il teatro… il suo teatro!
Sfodero la cinepresa e inizio a riprendere un po’ tutto e specialmente lui. Ora ne vale la pena. Cerco di tenermi lontano dalla mischia, alle spalle dei questurini in borghese che circondano la zona calda. Lui scende dal furgone, gira intorno, fa interviste, riprende attraverso l’operatore che, avvinghiandolo con le braccia, accompagna dove e come vuole.
E’ più forte di me. Mi avvicino timidamente sempre di più nella zona proibita sfiorando gli scudi dei poliziotti insistentemente sulla sua scia. Mi accorgo più volte attraverso il mirino che mi guarda, forse incuriosito della mia insistenza. Sono l’unico, dopo di lui, in piazza ad avere una cinepresa in mano. Addirittura delle volte ci scontriamo. Mi tengo più in là, ma gli sono inevitabilmente vicino, attaccato. E nel trambusto lui quasi ad alta voce mi dice “Vieni con me c’è Luchino Visconti”. Lo seguo. Visconti parla e offre 50.000 lire. Poi mi aggiunge: “Vieni, stai dietro di me. Ora comincia il bello”.
Il questore indossa la fascia tricolore. Si sente già la tromba. E’ il segnale della carica. La prima, la seconda, la terza… Lo seguo. Ora è come se mi trovassi in mezzo alla guerra. La manifestazione si fa sempre più pesante in un crescendo rossiniano. Non capisco perchè gli altri fuggono e io rimango là imperterrito a filmare. L’oggetto della disputa è una tenda che gli operai vogliono montare per avere una base di appoggio e poter raccogliere qualche fondo per la comunità occupante. Dall’altra parte c’è la polizia che lo impedisce nel modo più cattivo. Allora si vede questo tendone ondeggiare pericolosamente da un bordo all'altro della piazza. C’è un ferito. Lo soccorre lo stesso Volontè. La polizia cerca di far sfollare gli operai dalla piazza. Volontè viene fermato e la cinepresa sequestrata. Lo portano via. Nascondo alla svelta nella custodia la mia e a questo punto mi allontano. Più tardi leggo su ‘Paese sera’ che la manifestazione continua domani mattina. Decido di non partire. Domani voglio ritornare in piazza.
Il giorno dopo al mio arrivo la tenda è già montata con la scritta ‘Fabbrica Occupata’, la gente offre qualcosa, anche panettoni fiori e cassette natalizie. C’è Nanni Loy. Il clima è più sereno. C’è lui, senza cinepresa. Mi avvicino. Gli stringo la mano. Gli chiedo spudoratamente che se vuole può prendersi il mio filmato. Mi ringrazia e mi dice che è tutto a posto, gli è stata ridata l’attrezzatura che non ha subito alcun danno. Lo saluto, ringraziandolo molto per la gentile disponibilità del giorno prima, dopo avergli ribadito con la mano sul cuore che è il migliore attore del mondo. Lui sorride. Le ultime riprese e poi mi avvio verso la stazione Termini.
Dopo diversi anni vengo a sapere che l’attore migliore del mondo nel 1971 ha fatto un film in 35 millimetri “La tenda in piazza”, ora introvabile. In un’intervista dichiara “...è venuto fuori perché in quel periodo c’erano le fabbriche occupate dai lavoratori qui a Roma e avevano pensato per il Natale, non ricordo di quale anno, di piantare una tenda in piazza di Spagna per raccogliere la solidarietà dei cittadini. Abbiamo seguito alcune assemblee nelle fabbriche occupate e la preparazione e l’organizzazione di questa iniziativa. Poi, al momento di metterla su, ci sono stati scontri con la polizia che voleva vietarla, e noi abbiamo registrato e documentato tutto….
Nell'enunciato, il film, della durata di 62’, racconta la lotta di operaie e operai delle varie fabbriche occupate attraverso montaggio alternato di interviste, allestimento di un tendone in Piazza di Spagna per una manifestazione di protesta, scontri con le forze dell’ordine. La regia è di Gian Maria Volontè, La fotografia di Paolo D’Ottavi. Il fonico è Francesco Venier. L’elettricista Enzo Rocchi.
Un film che avevo già visto accanto all’attore migliore del mondo. La morte lo colse in Grecia sul set cinematografico del suo ultimo lavoro. Un infarto. E da allora il ricordo di quell’incontro si fa sempre più struggente.

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La storia su Macondo

Le immagini di un inedito backstage di un calabrese di Tropea

Roma, ritrovato backstage film girato 40 anni addietro

Gian Maria Volontè è su Facebook




LE AVVENTURE DI BASTARDINO INNAMORATO

Bastardino: Ciao Bianca
Bianca: Ciao Basty. Comu ta' passi?
Bastardino: Dassimi iri c'aju i ca..i!
Bianca: E mo' chi ti 'mbattiu?...
Bastardino: E no' vidisti ca stamatina partiru natra vota da Quartu
Bianca: Quartu, quintu, sestu….. e allura chi boi?
Bastardino: Ma è possibili ca stannu predicandu l'Unità d'Italia e Trupea è tagghjata in dui!?
Bianca: Ah! Cu sta politica pilusa toi….
Bastardino: E no' vidi ca unu apri a scala di carabineri e l'autru 'a chjudi... e 'a festa du camju menzi trupiani stezuru a casa...
Bianca: E bonu bonu… E adduvi stai jendu?
Bastardino: Vaiu 'u 'nci pisciu 'a machina!...
Bianca: A cui? Veni 'ca...!
Bastardino: E' bella e beniditta, è acqua du Lumìa!!!...

PRECEDENTI

Prima Puntata - Seconda puntata - Terza puntata





Tropea nella Top-25 dei viaggiatori

(S. Libertino) Nella speciale classifica (Traveller's Choice Destinations Awards 2010) basata su milioni di recensioni e opinioni stilate dai turisti di tutto il mondo sul notissimo sito Tripadvisor.it, Tropea si è attesta con onore al 14° posto, alle spalle nell'ordine di Siena, Venezia, Firenze, Città del Vaticano, Roma, San Gimignano, Assisi, Pantelleria, Pisa, Verona, Lucca, Malcesine, Amalfi.
E immediatamente prima di Riva del Garda, Catania, Ravenna, Taormina, Lago Maggiore, Porto Venere, Pompei, Perugia, Varenna, Bardoline, Matera, e evidentemente tutte le altre città della Penisola.
Dopo di ciò, sarei tentato di commentare che l'unico assessore, dopo quasi un anno (commissariamento) di assenza totale dell'assessorato al turismo e del vuoto pneumatico delle Amministrazioni precedenti nel settore, è - e non può essere altri -... la stessa Tropea, quella che è stata sempre, quella che è.

www.tripadvisor.it



Un'antica stampa che riproduce il ritovamento dello scheletro di un gigante

Gli scheletri dei Giganti di Tiriolo

(Luciana Loprete) La rinomanza di Tiriolo per i vari rinvenimenti di scheletri giganti perdurava anche agli inizi del nostro secolo se l'inglese Normann Douglas che per ben due volte visitò la nostra regione, nel suo libro "Vecchia Calabria" pubblicato nel 1915 scrive: "Rivisitai Tiriolo, un tempo famosa per i sepolcri dei giganti (tombe greche), e più recentemente per i ritrovamenti antichi di maggior valore", E potremmo ancora continuare a fare menzione di altri rinvenimenti e di altri scrittori che ad essi fanno riferimento, ma a questo punto sarebbe di cattivo gusto seguitare a citare località, nomi e date. Non possiamo però fare a meno di segnalare un ulimo rinvenimento che spazza, nella sua realtà, ogni possibile ironico scetticismo. Ciò fu reso pubblico dall'allora Sindaco di Tiriolo Avv. Tommaso Paone, persona dotata di serietà e cultura, e fu avallato se ce ne fosse davvero stato bisogno dagli operai Grande Antonio, Corapi Domenico, Martino Leopoldo, Puccio Antonio che furono presenti all'avvenimento. Nel dicembre del 1967, nella località Imbarro di Tiriolo, ad impiegare la modesta somma concessa per un cantiere di lavoro si stabilì di sitemare la strada che dalla sopradetta località porta alle campagne di Corbizzano: nel corso dei lavori di sterro e di scavo, gli operai addetti s'imbatterono in una buca sotterranea rassomigliante ad un forno, nel vano di essa supino giaceva uno scheletro di proporzioni superiori al normale. Una gamba dello scheletro era cinta da una catena di ferro costituita da anelli grossi, questa catena che gli studiosi del tempo poterono osservare da vicino, fu depositata nel Municipio di Tiriolo visibile a chiunque ne avesse voglia. Quanto detto, sia l'ultimo e definitivo suggello perchè non cada alcun dubbio sull'esistenza degli scheletri giganti di Tiriolo, i quali davvero non sono un'invenzione e nemmeno un parto macabro della fantasia.
Ritenuto allora per vero il rinvenimento dello scheletro gigante, non vi è dubbio che quanto fu scritto dal Cappucci deve essere ridimensionato perchè è della natura umana riportare i fatti ingrandendoli e trasformandoli, e certamente quanto fu riferito al medico crotonese fu ingrandito e trasformato almeno un pò.
Prima di ogni altra cosa quello che va ridimensionato sono le proporzioni dello scheletro; si parla di "quindici palmi di statuta", il che tradotto nella misura metrica decimale adoperata oggi, considerando che il palmo è di venticinque centimetri, significa una lunghezza di ben tre metri e settantacinque centimetri. Evidentemente questa è un'enormità poco credibile, si tratta di proporzioni talmente esagerate che non sono attribuibili nemmeno agli uomini primitivi, a quei bestioni cioè di cui parla il Vico nella "Scienza Nuova" che erano tutto senso e perciò sentivano senza avvertire. E per la verità di questa esagerazione macroscopica aveva avuto certezza anche il Cappucci se invitava l'Abati a "separare il falso da vero". Si sarà quindi trattato di uno scheletro veramente gigantesco, ma forse non di tali inverosimili proporzioni. Forse...
Altro punto da chiarire è quello del cerume; che lo scheletro fosse ricoperto di cerume è detto esplicitamente, nella lettera, infatti, si afferma che "una mostra" di esso, cioè un campione, era stato mandato al Sig. Tommaso Cornelio di Napoli illustre medico e matematico calabrese, ed ancora che qualche "minuzia" era stata osservata ed esaminata da Luigi Marsico (autore del libro "Catanzaro nella storia", Ed. 1973, da cui è tratto il presente articolo), si trattava, a suo dire, di una specie di "pece bruna ed addensata" che non dava cattivo odore. Come classificare questa materia? Non è possibile dare una risposta soddisfacente, le notizie al riguardo sono molte vaghe, si accenna, infatti, ad una certa somiglianza con la pece, è da supporre quindi che si sarà trattato di un qualche unguento o di un qualche altro intruglio denso che noi non conosciamo. A questo punto non ci resta che concludere sullo scheletro, tentando cioè, se possibile, di stabilire una sua qualche generica identità. Chi fu? Fu un guerriero, un sacerdote, un nobile oppure uno dei tanti paria della vita nati a soffrire e pensare? Non sappiamo. Appartenne all'età preistorica, alla magno-greca, alla romana, o si deve ancora scendere nei secoli? Nulla possiamo dire. Se nella lettera del Cappucci vi fosse stato un qualche accenno al corredo funerario trovato nella tomba (se vi fu trovato), o se per lo meno fosse stata descritta la tomba stessa, di esso si sarebbe potuto determinare l'età, ma dalla notizia nuda e povera del solo rinvenimento nulla si può dedurre. Possiamo dire soltanto che, trattandosi di uno scheletro, si deve pensare ad un cadavere inumato, e che questo genere di sepoltura, l'inumazione, era praticato in età preistorica dalle popolazioni indigene calabresi, mentre l'incinerazione, ossia la cremazione, era in uso presso i Greci e i Latini. Ma all'infuori di questo null'altro si può dire; troppo poco per la verità.
Lo scheletro gigante allora è uno dei tanti scheletri che "in terra e mar semina morte", ed è destinato a rimanere una X come una X è colui che involontariamente lo dissotterrò disturbandolo dal sonno dei secoli. Del resto che importanza potrebbe avere dare ad esso non diciamo un nome, la qualcosa è una chimera, ma determinare se fu greco, romano o di età ancora più antica? Un nome, un'epoca nell'eterna vicenda dei millenni passati o futuri non sono che un flatus vocis, un soffio, pressocchè niente.
Lo scheletro di cui parla il Cappucci, ed unitamente ad esso tutti gli altri che nel territorio di Tiriolo sono stati ritrovati, una sola cosa ci autorizzano a dire, e cioè che questa cittadina ha origini millenarie, che merita l'attenzione di qualificati studiosi, i quali, soltanto con ricerche e scavi, potrebbero sciogliere l'affascinante mistero di questa generazione di giganti che in epoca remota vi dovette risiedere.

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'Calabria Mystery' di Luciana Loprete


Maria Avati8 maggio: l'Italia ricorda le vittime del terrorismo.
La calabrese Maria Avati è una della strage di Bologna

(Giuditta Gurgo/1999) Dopo poco più di diciannove anni, sento il bisogno di raccontare, anche se ancora turbata al ricordo, la triste vicenda nella quale fui coinvolta, uscendone miracolosamente illesa. Mia madre, invece, perse la vita, allo scoppio della bomba nella stazione Centrale di Bologna. Aveva appena raggiunto l’ottantesimo anno di età. Prima non mi era possibile soffermarmi su questo episodio, senza riprovarne l’orrore e il trauma che ancora oggi mi colpisce, se rivivo quei momenti.
Chi ha ideato e messo in atto la strage, sappia quanto male ha provocato! Mia madre aveva desiderato trascorrere una lieta vacanza nel Trentino, in compagnia di due dei suoi tre figli. Avrebbe voluto partire dalla Calabria, dove risiedeva, il giorno precedente, durante le ore del mattino, ma le fu proposto, suo malgrado, di prendere il treno della notte, l’indomani, sarebbe giunta a Bologna alle otto.
Ella si interessava e godeva, durante i suoi viaggi, alla vista dei paesaggi che si incontravano lungo l’itinerario. Aveva scritto in un promemoria l’orario di ogni tappa e quello della coincidenza con il treno che da Bologna sarebbe, poi, dovuto partire per Bolzano.
La notte, invece, non le avrebbe certamente dato l’opportunità di ammirare la natura come desiderava. Comunque, accettò di partire alle ventitré e trenta, da Rossano Calabro e riposò, tranquilla, in uno scompartimento, peraltro molto disturbato. Una bambina di tre anni che viaggiava con la mamma, le ricordava la sua nipotina lasciata a Rossano...
Prima di addormentarsi le avevo fatto leggere alcune preghiere in un libretto che io avevo con me. Si era soffermata su un salmo che terminava con queste parole, davvero profetiche: "Signore, che il tuo sguardo mi fissi e mi penetri fino a raggiungere il cuore; sorvegliami, ti prego, e guidami sempre sulle vie del cielo" (Salmo I).
Verso le otto del mattino, non eravamo ancora arrivati alla stazione di Bologna, ma il treno era in ritardo di circa due ore. Mia madre preferì prepararsi in treno prima di scendere; io pensai di attendere l’arrivo per rinfrescarmi dopo la notte.
Questo particolare fu, per me determinante. Alle dieci si giunse finalmente a Bologna. Scendemmo e chiedemmo aiuto ad un facchino (che, a quel tempo ancora esisteva) per trasportare le valige nella sala d’aspetto. Io decisi, allora, di allontanarmi di là, lasciando per un attimo, mia madre sola e affidandole la mia borsa e le valige, depositate accanto al suo posto, che si trovava esattamente all’entrata della sala d’attesa, là dove ora, si vede lo squarcio sul vetro, a ricordo di quel momento.
Avevo voglia di fare due passi e decisi di non fermarmi accanto al bar d’angolo, dove si trovavano i servizi, ma di camminare, per circa venti, trenta metri fino a raggiungere servizi più lontani.
Mentre ero proprio là (vedo ancora il mio volto riflesso nello specchio sopra il lavabo) udii un boato fortissimo, che fece tremare ogni cosa intorno a noi. Uscii fuori sul marciapiede: vidi tanta gente che fuggiva e veniva verso il luogo dove ero io: tra gli altri, barcollante, riconobbi il facchino che ci aveva aiutato; mi sembrava fosse ferito sul volto, aveva un occhio sfigurato dal sangue.
Non sapevo dove sovessi dirigermi perché non riconoscevo più né dove fosse la sala d’apetto, né il bar. E dov’era mia madre? Nonostante la tragedia, m’accorsi di essere investita d’una forza incredibile per essere capace di agire. Girai attorno alle macerie per entrare dall’esterno, cioè dalla piazza antistante alla stazione. Entrando, dovevo calpestare il pavimento dissestato, che non esisteva più e dal quale emergeva mezzo busto di un giovane, il quale aveva le due gambe intrappolate. Visione dell’Inferno dantesco!.
Un signore anziano, il padre del ragazzo, tentava di trarlo fuori dalle macerie. Di fronte, seduta ancora al suo posto, apparentemente illesa, vidi mia madre coperta di polvere, con la sua borsa stratte fra le mani. I bagagli e la mia borsa che conteneva tutto il mio stipendio di insegnamte, erano scomparsi sotto le macerie. Mia madre mi chiese cosa fosse accaduto. Le risposi: "Mamma,… una bomba, ma tu sei miracolata!" Cercai di farla alzare, ma non si reggeva in piedi. Qualcuno mi aiutò a trasportarla fuori dall’afalto bollente; era un giorno afoso e torrido. Le chiesi come si sentisse e mi fece segno di guardare sotto la camicetta: vidi allora un osso che sporgeva sullo sterno, "Mi sento tutta storta" mi disse. Un dottore, passando in camice bianco, le tastò il polso dicendomi. "Il peggio è fatto"; non capivo e speravo ancora che al Rizzoli si sarebbe potuto fare qualcosa, ma un’autombulanza si fermò a raccoglierla insieme ad altri feriti e non mi fu permesso di salire. Non sapevo, quindi, dove avrei potuto cercarla.
Da llora iniziò il mio calvario di telefonate, appelli a Roma, in Calabria, ad amici, parenti, ai miei fratelli, uno dei quali ci avrebbe atteso a Bolzano alle quattordici e trenta.
Immediatamente dopo, presi un autobus, per l’ospedale Maggiore. Giungevano in massa i feriti e… i morti. Ma mi fu detto che fino a quel momento non era arrivata alcuna persona anziana che rispondesse ai miei dati. Ricordai, allora, di avere una amica a Bologna; telefonai anche a lei. La sua famiglia mi invitò a recarmi presso di loro. Un ragazzo, che accompagnava la fidanzata in macchina, mi vide disorientata e mi invitò a salire per condurmi dove volessi. Fu davvero cordiale e sensibile.
Non ero ancora del tutto consapevole della gravità della situazione. Pensavo di trovare mia madre viva in qualche altro ospedale.
La famiglia che mi ospitò fu quanto mai premurosa, e, dopo avermi dato abiti puliti, mi invitò a prendere con tutti loro un rapido pasto per tornare subito a cercare mia madre. Dalle loro parole compresi di dovermi aspettare anche che le cose stessero molto diversamente da come pensavo.
Dalle quattordici dirammo in tutti gli ospedali; ero accompagnata dalla sorella della mia amica, che, essendo medico, poteva accedere più facilmente nei vari reparti. Ma dovunque andassi mimo, non si trovava chi cercavamo. Tornammo all’ospedale Maggiore dove il portiere ci invitò a salire al secondo piano, indicandoci perfino il numero del letto dove mi amadre sarebbe stata. Ma il letto era vuoto! Una dottoressa, in corridoio, alla quale chiesi informazioni, mi fece capire di aver tentato tutto per quella signora che aveva appena fatto in tempo a dirle il suo nome. Infatti, ai piedi del letto c’era un biglietto sul quale era scritto. Maria Avati.
Mi feci forza, ma pensavo di cedere da un momento all’altro. E dovetti spingere il mio coraggio fino ad entrare in obitorio, dove ottantacinque morti erano allineati su altrettante barelle e coperti da lenzuola bianche. Come riconoscere mia madre? Fra quei morti c’era la bambina di tre anni conosciuta in treno, accanto a sua madre. Venivano dalla Sardegna. Vidi cose atroci: gambe, braccia insanguinate e tanti giovani… Un portantino trasportò fuori una barella: era l’unica signora anziana che avesse visto. Ma non era mia madre, anche se quell’uomo voleva convincermi che i morti cambiano aspetto. Cercò ancora e quando portò in corridoio un’altra barella, alzai il lenzuolo e riconobbi i tratti familiari, in un’espressione serena, di persona che dorme.
Non sto a descrivere l’incontro prima con l’uno e poi con l’altro dei miei fratelli. Il maggiore di essi, Francesco, non si era ancora reso conto. Per lui, che viveva in casa con la mamma, la tragedia fu vissuta in modo quasi drammatico.

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TIC E GESTI SIMBOLICI DEI POTENTI



Angela Merkel




Al Lido San Leonardo, la prima line up de "The Freestones".
Mario Lorenzo, Ennio Gentile, Masino Ostone, Reno Ostone, Amedeo Giroldini, Ninì Pandullo.


47 anni fa l'avvento dei Freestones
e fu Freestonesmania

(S. Libertino) E' stata la prima formazione Rock tropeana ad esibirsi in pubblico intorno al 1963, anche se la primogenitura è da assegnare ad un gruppo che in quel periodo era in fase di organizzazione e che successivamente iniziò la carriera musicale con il nome de "I Cadetti".
I Freestones si fecero subito notare per lo stile particolarmente raffinato che si ispirava al Merseybeat di Liverpool (Beatles, Searchers, Swinging Blue Jeans, Big Three...) basato sul concorso dei singoli apporti vocali e sull'eleganza timbrica degli arrangiamenti strumentali.
Ben presto la simpatia dei Freestones contagiò i titolari dei locali estivi più trend dove si cominciarono ad organizzare serate con la presenza del gruppo, che all'epoca aveva sgominato dalla scena l'onnipresente orchestra Monizza di Catanzaro, divenuto negli anni Cinquanta e primi Sessanta unico punto di forza degli ingaggi nel vibonese.
Con le esibizioni ai Lidi "S. Leonardo", "La Pineta", "Aretusa", nei concerti di piazza, al Teatro Eliseo, all'Arena Romano e con la loro presenza durante manifestazioni importanti e di prestigio, quali il Ballo della Croce Rossa, Miss Italia, Cinema, Star of Italy, il gruppo ottenne una grandissima popolarità ed un grosso seguito di pubblico. E fu subito Freestonesmania. Per i tropeani i Freestones si rivelarono punto di riferimento di un'espressione culturale popolare e di una genuina creatività musicale. La città riconobbe in loro e accolse quella forte ventata di aria fresca, di originalità e di simpatia. Molti delle giovani leve hanno messo in atto quel messaggio. La Ditta Dino Proto ha dovuto più volte prendere contatti con i marchi più famosi dell'epoca nel settore degli strumenti musicali, in particolare delle chitarre. Durante gli anni Sessanta se ne sono vendute a centinaia.
La notorietà de "The Freestones" si allargò ben presto nel resto del vibonese attraverso le performances nei posti più esclusivi del litorale: "Sabbie Bianche", "Roller Club", "Madameo". Il complesso partecipò con grande successo a competizioni regionali e a importanti manifestazioni musicali, tra cui la "Palma d'oro" di Daniele Piombi al Teatro Valentini di Vibo Valentia accanto a Little Tony e al Teatro Comunale di Catanzaro, accanto a Patty Pravo.
L'attività de "The Freestones" ebbe termine ufficialmente nel 1968, anche se in tempi successivi sono state registrate esibizioni di alcuni dei componenti, di cui la più importante è stata sicuramente quella, negli anni '70, quando il gruppo accompagnò con decisa autorevolezza e professionalità Mal dei Primitives durante un memorabile concerto all'"Eliseo".

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Tropea. Monumento ai Caduti in Piazza Veneto

Recupero e valorizzazione del sistema piazze

(S. L.) Il Comune di Tropea (VV) bandisce un concorso di idee per la riqualificazione urbana e servizi di Piazza Vittorio Veneto - viale Stazione e tratti adiacenti.
Obiettivo del concorso è quello di ricevere idee e ipotesi progettuali volte ad ottenere:

- uno schema planivolumetrico per l'intero comparto costituito dalle piazze, strade pubbliche e dalle aree adiacenti;
- il progetto architettonico riguardante la piazza Vittorio Veneto, via Stazione e tratti adiacenti, così come meglio identificato nello studio di fattibilità, da cui possano essere sviluppati i successivi livelli di progettazione definitiva/esecutiva. Il progetto dovrà in particolare affrontare il recupero architettonico e funzionale di tutte le aree pubbliche interessate;
- la definizione compiuta degli spazi a partire dalle indicazioni contenute nel progetto prestando particolare attenzione alla razionalizzazione, alla integrazione ed alla condivisione delle funzioni e delle attività indicate;
- la proposta di usi e funzioni per la parte in completamento, all'interno delle possibilità previste nel progetto.

Il concorso è aperto agli architetti e agli ingegneri dell'Unione Europea, Svizzera e Lichtenstein regolarmente iscritti agli albi dei rispettivi ordini professionali.

PREMI

- 1° Classificato premio di € 3.500,00
- 2° Classificato premio di € 1.000,00
- 3° Classificato premio di € 500,00

BANDO

In sito:
www.comune.tropea.vv.it


RUSSELL CROWE A TROPEA....

(S. Libertino) Russell Crowe in un'intervista andata in onda al TG 5 di martedì 11 maggio - ed. delle ore 20.00 - confida a Anna Praderio "In Italia mi sento a casa. A Tropea, a Napoli, a Milano, a Roma sono felice in ogni parte dell'Italia. Ogni volta che torno, ritrovo qui un paese bellissimo e per me familiare.".
L'intervista è stata rilasciata alla vigilia della presentazione a Cannes del film 'Robin Hood' di Ridley Scott di cui è il principale protagonista. Scott aveva firmato qualche anno fa 'Il Gladiatore', portato al successo dallo stesso Crowe.
Non ci è dato sapere di più sul suo soggiorno a Tropea, dove magari avrà fatto visita, rigorosamente in incognito, al ristorante 'Il Gladiatore', che sfoggia la sua immagine fuori e dentro il locale proponendo alcuni piatti, tra cui la pizza, dedicati all'indimenticabile interpretazione dell'attore neozelandese.



Soldati in trincea in attesa dell'assalto durante la Grande Guerra

Un episodio della Grande Guerra da ricordare

(S. Libertino) Fin dall'inizio della Prima Guerra Mondiale le Unità che si sono maggiormente distinte negli eroici fatti d'armi, sul fronte giulio, furono le Brigate "Sassari" e "Catanzaro" fino ad essere identificate quali "punte di diamante" nell'azione controffensiva sul nemico.
Siamo nelle retrovie del Carso in piena estate, in un afoso luglio dell'anno 1917, la "Catanzaro", la cui principale ossatura è costituita da fanti calabresi allo stremo delle forze, ben accoglie, durante il periodo regolamentare di riposo di 10 giorni presso le baracche in ocalità S. Maria la Longa, una Circolare dispositiva del Comando del 3° Corpo di Armata che estende a 20 giorni il turno di riposo tra un assalto e l'altro.
Fino a quel momento il bilancio della Brigata 'calabrese' assume disastrose proporzioni ma evidenzia anche una serie esaltante di numerosi atti compiuti all'insegna dell'eroismo e del sacrificio.
Lasciano le loro vite sul campo di Bosco Capuccio e di Sella di San Martino 2.500 fanti e 90 Ufficiali.
In tre anni e mezzo di guerra i suoi Reggimenti, il 141° e 142°, collezionano quattro medaglie d'oro, tre d'argento e 244 di bronzo.
Solo nel periodo degli intensi combattimenti, tra maggio e giugno 1916, per arginare la Strafexpedition austriaca sugli Altipiani, l'Unità sacrifica 32 Ufficiali e oltre 500 Fanti.
Durante la Sesta Battaglia dell'Isonzo essa si trova sul terribile San Michele, che attacca, conquista e difende anche sotto una impossibile nube di gas tossico contro il quale a nulla valgono le maschere in dotazione. Di una Compagnia di 195 fanti e 5 Ufficiali sopravvivono solo 83 soldati e due Ufficiali. Fu qui che il suo 141° Reggimento guadagnò una medaglia d'oro concessa motu proprio da Vittorio Emanuele III.
Non pochi tropeani combattono strenuamente inseriti nelle file della "Veterana del Carso", tra essi si distingue per gesto eroico il Capitano Giuseppe Barone, Comandante di Compagnia del 142° Reggimento, nel mese di ottobre 1916.
Per questi soldati la guerra è un'ecatombe che ha rare soste, di cui lo Stato Maggiore considera solo gli aspetti tattici. A tale proposito il giornalista Luigi Barzini in una lettera al Direttore del Corriere della Sera, Luigi Albertini, può testimoniare che della Truppa i Comandi si ricordano solo quando si tratta di ...punire. Non fanno uno sforzo per capire i soldati. Al contrario, si pensa di ridare slancio con la paura puntando qualche mitragliatrice o qualche cannone alle spalle dei nostri che montano all'assalto.
E' inevitabile quindi che la depressione morale dilaghi, e che forte sia la tentazione alla defezione e alla resa, specialmente in Unità che come la "Catanzaro" sono sempre da sacrificare. Già nel giugno 1916, nelle sue file sono in molti a gridare di non voler più essere mandati al macello sicuro sulla Quota 208 del Carso, di dove nell'autunno precedente, in due mesi di inutili assalti, non sono più tornati 65 Ufficiali e 3.060 soldati.
Quando il 26 giugno 1916, la "Catanzaro" riprende finalmente la strada delle retrovie, si lascia alle spalle altre due settimane di bombardamenti quotidiani e di scontri notturni. Gli uomini si trascinano nell'estate afosa, fanno sosta a Redipuglia, poi vengono avviati in un piccolo paese del basso Friuli: due lunghe file di case in croce sulla strada Palmanova-Udine, a Santa Maria la Longa. Si portano dietro la speranza e il miraggio di un lungo riposo, che li tenga lontani da tanta strage. Sanno che una nuova offensiva è in preparazione, ma fanno anche conto di starne questa volta finalmente fuori. Comunque sia: per un pò niente trincea!
E' in questo stato d'animo che i veterani calabresi della "Catanzaro" e gli altri meridionali trascorrono i primi giorni di riposo, che ora, con la nuova disposizione del 7 luglio, viene addirittura raddoppiato e forse, corre voce, potrebbe essere molto più lungo. Si dice infatti che al loro posto potrebbe andare la 45^ Divisione arrivata di fresco.
Dopo pochi giorni tutti sanno la verità.
Il 15 luglio giunge l'ordine tanto temuto. Occorre ritornare subito in linea sul fronte di Trieste. La notizia parte dai baraccamenti del 141° alle ore 0830. Un gruppo di soldati, impugnate le armi, minaccia gli Ufficiali e incita alla ribellione di massa. Alcune mitragliatrici vengono conquistate dai più decisi, e messe in azione contro le baracche di Ufficiali e Sottufficiali.
Si spara ad altezza d'uomo, mentre il fuoco della rivolta si propaga ad altre unità "Perchè sempre noi nel peggiore punto del fronte?".
Gli Ufficiali cercano di rispondere nei dovuti toni a questa disperata domanda ma non riescono ad essere convincenti e tanto meno a distogliere i soldati fuori dall'ammutinamento.
Uno di questi piomba tra una quarantina d'uomini incitandoli a sparare, contrastato da un Ufficiale che lo afferra al petto. Il soldato riesce a svincolarsi e a fuggire, ma al Tenente lascia la piastrina di riconoscimento che lo condannerà a morte.
Più tardi infatti sarà individuato e giustiziato come uno degli agenti principali di una rivolta che il tribunale riterrà "concertata in precedenza tra gli elementi facinorosi nei due Reggimenti"., anche se in realtà l'ammutinamento appare soprattutto come un gesto generato dalla profonda disperazione alimentata dalle grandi sofferenze di quegli anni.
Durante la notte, intanto, il fitto fuoco di fucileria aumenta di intensità, quando le Truppe d'ordine intervengono per sedare la rivolta, ma i ribelli non si convincono facilmente alla resa.
Cessano la resistenza solo alle prime luci dell'alba.
Il primo conto della notte dei fuochi è pesante: 2 ufficiali e 9 soldati sono morti, altri 2 Ufficiali e 25 soldati sono rimasti feriti.
Si tratta però di un bilancio parziale, che si incrementerà sempre di più quando scatta la repressione, che è sommaria.
Quattro soldati presi con le armi cariche e le canne ancora calde sono subito passati alle armi. Lo stesso destino tocca ad altri 24 uomini con la decimazione dei due Reggimenti: 12 del 141°, e 12 della 6^ Compagnia del 142°, ribellatisi in massa.
Il luogo dell'esecuzione è al piccolo cimitero del paese, che dista qualche chilometro. I condannati sono tutti per la massima parte calabresi, ma nel mucchio vi è anche gente proveniente dall'Abbruzzo, dalla Puglia e dalla Sicilia.
Continua...



G. Murat (La Bastide 1767 - Pizzo di Calabria 1815)

La Chiesa nel decennio francese

(S. Libertino) In occasione del bicentenario della donazione di duemila ducati del Re Gioacchino Murat alla Chiesa di San Giorgio Martire di Pizzo, il 25 maggio alle ore 1700 presso la Sala Convegni Museo del Mare di Pizzo, l'Associazione Culturale Gioacchino Murat Onlus con il patrocinio del Comune di Pizzo, promuove il Convegno "La Chiesa nel decennio francese".

Introduce e coordina: Prof. Domenico SORACE, Direttore del Comitato Scientifico dell'Associazione Murat Onlus.
Salutano: Prof. Mario CALIGIURI, Assessore alla Cultura della Regione Calabria; On. Alfonsino GRILLO, Consigliere della Regione Calabria; Fernando NICOTRA, Sindaco del Comune di Pizzo; Giuseppe PAGNOTTA, Presidente dell'Associazione Murat Onlus.
Relazionano: Prof. Michele MIELE - Università degli Studi "Federico II" di Napoli "La Chiesa nel decennio francese"; Mons. Prof. Francesco MILITO - Docente di Storia della Chiesa Antica e Archeologia Cristiana e di Storia della Chiesa in Calabria - Pontificia Facoltà dell'Italia Meridionale - Istituto Teologico Calabro "S. Poi X" Catanzaro "La soppressione degli ordini religiosi"; Don Filippo RAMONDINO Direttore dell'Archivio Vescovile della Diocesi di Mileto - Nicotera - Tropea "Il governo del Vescovo Capece Minutolo durante il decennio francese"; Prof. Agostino Roberto CARRABBA, Storico, Ricercatore degli Archivi di Stato di Napoli "La legislazione napoletana ai tempi di Murat e i rapporti amministrativi fra il governo e la chiesa con presentazione d'immagini della legge relativa alla donazione di cui si celebra il bicentenario".

Al termine RIEVOCAZIONE STORICA dell’avvenimento a cura del “Reale Gruppo Storico Gioacchino Murat” di Pizzo.

Il Portale dell'Associazione Gioacchino Murat


La pittrice Ida de Vincenzo e il Sig. Domenico Vecchio, originario di Joppolo e consorte
in attesa della visione del film (nello sfondo la locandina di 'Totò')


Prosegue la passarella internazionale
del film tropeano 'Totò'.
Dopo Argentina e Corea è la volta di Teheran.

(S. Libertino) Dal 7 al 18 aprile si è svolto il "Buenos Aires Festival International de Cine Independiente", cui ha partecipato "Totò" di Peter Schreiner. Era prevedibile il grande interesse che avrebbe destato in un paese come l'Argentina il film tropeano che trae linfa dalla storia vissuta di un emigrante. E infatti è stato accolto ed apprezzato molto calorosamente dalla gente, dalla critica e dalla enorme comunità calabrese diffusa in tutta la geografia argentina.
Gli organizzatori del Festival hanno pensato bene di ricorrere a ben quattro proiezioni del film distribuite nelle varie sale per dar modo al vasto pubblico di poter agevolmente visionare l'opera che si avvale di una splendida performance di Antonio Cotroneo. Tutto ciò grazie al 'passa parola' fatto circolare dal segretario delle federazioni delle associazioni calabresi d'Argentina Julio Croci, a nome del presidente Fiumara, e con l'occasione affiancato dall'italianissimo e onnipresente Istituto Dante Alighieri. Il 'tam tam' è rimbalzato in tutti i paesi ad alta densità calabrese, un'ottantina solo nella regione della capitale. All''operazione Totò' si è dato molto da fare lo stesso vice presidente Pontoriero, originario di Spilinga. Le comunità più interessate sono state quelle originarie di Zungri, Bonifati, S. Onofrio, Rombiolo, Savelli, Pernocari, Limbadi, Brattirò, Joppolo. La nota pittrice argentina Ida de Vincenzo, originaria di Cropalati, è stata molto attiva a organizzare le numerose comitive.
Intanto il film, accolto con grande simpatia e interesse al Festival del Cinema di Jeonju in Corea che si è tenuto dal 29 aprile al 7 maggio, prossimamente sbarcherà in Iran, grazie all'iniziativa dell'Ambasciata d'Austria in Iran, che, in collaborazione con le consorelle della Repubblica Ceca, Finlandia, Germania, Olanda e Svizzera, ha organizzato un "European Film Week 2010 in Tehran" in programma dal 22 al 27 maggio. Ogni sera alle ore 2000 sarà proiettata un'opera cinematografica diversa, scelta dalle singole suddette nazioni, e l'Austria ha scelto proprio 'Totò' .
Per chi è interessato ad aggregarsi all'evento, segnaliamo l'indirizzo della relativa sede: Niavaran, Bahonar Ave., Moghadasi St., Mirvali Alley, N° 6, Tehran.
La programmazione dei films è la seguente:
Sabato, 22 maggio, per l'Austria: Totò;
Domenica, 23 maggio, per la Repubblica Ceca: Who Is Afraid Of The Wolf (Kdopak by se vlka bal);
Lunedì, 24 maggio, per la Finlandia: Joulutarina;
Martedì 25 maggio, per la Germania: The White Ribbon (Das weiße Band);
Mercoledì 26 maggio, per l'Olanda: War In Wintertime (Oorlogswinter);
Giovedì 27 maggio, per la Svizzera: Vitus.
I biglietti per l'accesso gratuito possono richiedersi al Phone: (021) 88 76 48 23.
Ovviamente, alla visione dei films sono stati invitati gli organi di governo iraniani. E chissà se Mahmud Ahmadinejad vorrà onorare della sua presenza la Tropea di Peter Schreiner e di Antonio Cotroneo.

Festival del Cinema di Buenos Aires
Festival del Cinema di Jeonju



I bad boys di Via Roma

Via Roma, un budello di strada viva allegra e 'burdellara'

(S. Libertino) Come cambia ed è cambiata la vita a Tropea col passare del tempo! Quante mutazioni nella vita di tutti i giorni, nelle botteghe, nelle facciate dei palazzi, nei residenti. Un continuo ricambio generazionale che talvolta sconvolge gli usi e costumi e la conformazione di un intero quartiere, allorquando vengono meno quei punti familiari di riferimento storici, geografici, spaziali, temporali che accompagnano la vita di una persona, di una famiglia, di una comunità.
Una strada. Prendiamone una a caso. Via Roma. Ora ambitissima per il ruolo di prim'ordine nel campo commerciale, che porta dritta al cuore del centro storico, alla cattedrale normanna. Uno struscio continuo di gente che non sempre però mette mano al portafoglio, infrangendo il sogno di chi paga a peso d’oro l’affitto dei locali.
Vediamo com’era negli anni Cinquanta. Un microcosmo che si atteggiava senza alcuna presunzione a centro servizi.  Chi c’era ad animare l’antica strada del Monte di Pietà, dei vescovi, dei canonici, del Te Deum durante la processione della Madonna di Romania, di Don Giulio con il suo cinema e suoi rosari, delle urla delle “sciarriate” tra mogli e mariti che non volevano (o non erano in grado) più uscire dalle cantine dispensatrici di vino generoso?
Verso la cattedrale, sulla sinistra, la famiglia Purificato che proponeva con garbo stoffe e affini, poi rimpiazzata dall’esercizio del ragioniere Proto. A seguire, la bottega della “Ganga Russa” coadiuvata da suo marito Salvatore Caia, ad una certa ora punto di ritrovo degli studenti della vicina scuola media per l’assalto ai panini con la mortadella. Il negozio del “Nanniuni”, la bottega di Mastro Peppino Assunto, falegname preciso e intelligente, seguito dal laboratorio di sartoria unisex il cui titolare era “’u Cuturritu”, specializzato in giacchette sahariane. La cantina della “Pettinissa”, rumoroso ritrovo dei “mariti” di cui sopra che facevano a gara di svuotare i “varìi” appena arrivati da Brattirò. C’era poi Donna Grazia che vendeva tessuti ed infine il basso della famiglia di “Vrigoli, u segristanu” che svegliava all’alba tutto il quartiere propinando ad altissimo volume il disco dell’ouverture de ‘La Gazza Ladra’ di Rossini diretta magistralmente da Herbert von Karajan.
Sulla parete di destra iniziava l’antico Bar Gatto, seguito dalla bottega di Giovanni, calzolaio, e molto tempo prima di un altro calzolaio, il papà del Maestro Vincenzo Fazzari. Giovanni si era specializzato nel produrre un tipo di scarpa particolare che non aveva suole di cuoio ma di cartone proveniente dalle scatole di una nota marca di sapone. Nelle immediate vicinanze della guerra il cuoio era di difficile reperimento se non a costo elevatissimo, certamente quelle di Giovanni erano scarpe a buon mercato che non garantivano la buona riuscita del prodotto in caso di pioggia e spesso ciò portava ad infinite discussioni. Ancora, una gioielleria allestita dalla famiglia ‘Quaddara’. Più avanti, infine, locali chiusi (allora non c’era il boom del turismo), compresi quelli facenti parte del plesso del Monte di Pietà.
Un budello di strada viva, allegra e "burdellara" era via Roma, ora un po’ cambiata e un po’ come prima, dove si sente ancora – fateci caso – il rimbombo della voce degli amici Peppe “du’ gas” e quella “du’ Nanniuni”, ragioniere Pasqualino Lorenzo, capace di organizzare nello stesso giorno decine di scherzi.
Ve ne proponiamo uno degli anni Ottanta, a danno dei passanti, turisti (e non), a caccia di emozioni durante la loro vacanza. Ho trovato nei miei archivi un delizioso mercatino organizzato dal ragioniere proprio sul portone del Cinquecentesco Monte di Pietà, con il contributo del Maestro Totò Carratura e del Conte Salvatore Fulco.
Ricordate “Specchio segreto” di Nanni Loy? Bene. Non vi voglio anticipare nulla. Godetevi il film che vuole essere un affettuosissimo ricordo della figura di Pasqualino Lorenzo.

Continua...(video)

TIC E GESTI SIMBOLICI DEI POTENTI



Silvio Berlusconi






IN QUESTO MONDO DI LADRI!!...

(John) Ricadi. La notizia che leggevasi or non ha guari sui giornali relativa alla scoperta di una vasta associazione internazionale di ladri avente sede in una grande città di Spagna dava affidamento del non ripetersi davvantaggio di un giochetto innocuo in apparenza ma tale però da cogliere in trappola più d'uno sciocco. Il giochetto a cui alludiamo sono delle lettere melate e gentili, trovata geniale della detta associazione, con lo scopo di estorcere denaro ai gonzi, che v'abboccano col miraggio d'insperate ricchezze e di somme favolose.
Lettere di simil genere son pure pervenute da queste parti, e, nei soli ultimi tre mesi ne sono giunte parecchie. Se non che, qui da noi, la gente, non ostante sia in massima parte formata da contadini, è tutt'altro che gonza, e perciò i pistolotti spagnuoli non fanno buona fortuna.
A titolo di curiosità e per far ridere un pò i nostri lettori, trascriviamo qui appresso una di queste lettere, l'ultima in ordine di data.

Prigione Militare di Madrid li 16 Luglio 1908.

EGREGIO SIGNORE,
Prigioniere qui per cospirazione, vengo a domandargli se vuole aiutarmi a ricuperare una cassetta di acciaio contenendo la somma di 840,000 Lire in biglietti di banca che ho sotterrato in un certo luogo vecino alla sua località.
Per questo è necessario che lei faccia un piccolo sacrificio, cioè, l'anticipo delle spese dell'affare, pagando l'importo del viaggio de mia figlia e di una signora de mia fiducia da qui fino da lei, perché per ogni sicurezza voglio che mia figlia in persona gli sia portatrice di quelli documenti indispensabili per ritrovare la cassetta che contiene il denaro da me sotterrato.
In ricompensa gli offro il terzo della somma.
Siccome non so se si trova allo stesso indirizzo e nella paura che la presente non gli pervenga, aspetterò la sua risposta per firmare il mio nome è, confidargli tutto il mio segreto. Dunque, non potendo lei scrivermi direttamente se lei accetta di venirmi in aiuto, invierà un telegramma al mio antico servitore che mi sarà rimesso con tutta sicurezza così indirizzato.
Vincente Vidales, Iesus S. Maria 31 pral. Madrid, e concepito con questi paroli : Digame dia salida. Ayuso.
Gli raccomando la più grande segretezza e di rispondere subito e per telegramma, non per lettera.
In attesa, riceva distinti saluti.
L. C.

L'articolo è tratto dal "Gazzettino di Tropea" del 15 settembre 1908. Il giornale si pubblicava ogni settimana ed era in vendita a Cent. 5. La redazione/amministrazione aveva sede in via Pietro Vianeo, Palazzo Bongiovanni e il direttore era Giambattista Petracca Scaglione, che dopo qualche mese morirà a soli 33 anni a Messina nel tremendo terremoto (7,2 gradi Richter) di lunedì 28 dicembre. Firmava editoriali e articoli. Appassionato di storia patria, sua è la memorabile serie di medaglioni biografici, sempre sul Gazzettino, di personaggi illustri tropeani che si erano distinti nel campo delle arti, della letteratura, della filosofia..., apparteneva alla notabile famiglia ricadese dei Petracca il cui padre Giuseppe Antonio fu più volte sindaco di Ricadi nella prima metà dell'Ottocento, e i fratelli: Pasquale, parroco e storico; Agostino, sacerdote e importante pittore discepolo a Napoli del Cavaliere De Vivo assieme al pittore tropeano sordomuto Giuseppe Naso; Nicola, anche lui sacerdote letterato e scrittore.
L'articolo è di John, al secolo Pasquale Petracca, inviato di Ricadi.


CENNO STORICO
DI DUE OPERAZIONI DI PIETRA
eseguite nella primavera dell'anno 1833
in Tropea
dal M. C. Marcello Accorinti

(M. Accorinti) E' da stupire quanto sia stato in questi ultimi anni irrequieto l'ingegno del Chirurgo per rinvenire un mezzo meccanico atto a liberare i pazienti dalla pietra senza pericoli e senza l'opera del coltello. Gli accidenti, da cui la cistotomia va accompagnata, non lo faceano soddisfatto di questo antico espediente; e la possibilità di far giumgere in vescica un catetere rettilineo fè subito insorgere strumenti litotritori, strumenti che triturano cioè, oppure frangono la pietra. La litotritia in mano del Civiale in sulle prime era da tanto, che la si antiponea alla cistotomia; che voleasi quasi proscritta questa ultima. Il tempo, le osservazioni ulteriori l'hanno ridotta al suo giusto valore, e l'hanno fatto riguardare qual metodo operatorio eccezionale, applicabile a circoscritto numero di casi.
Sono ben gravi accidenti e non rari della litotritia gli incomodi nervosi; le infiammazioni della vescica, della prostata, del peritoneo; la flebite; le ritenzioni di orina; le lacerazioni della uretra. Essa non è praticabile, se le vie orinatorie soffrono forti stringimenti od altri malori organici, se la vescica è piccola ed indocile alle iniezioni, se acerbi dolori e vive contrazioni vescicali si eccitano ad ogni minima introduzione dello strumento, se gli infermi hanno età minore di 12 anni oppure sono vecchi al di là de' 60; non è praticabile quando il volume della pietra oltrepassa in diametro le 15 o 16 linee, quando la sua densità è silicea, quando è aderente alla vescica, e vestita di falsa membrana, incastrata, oppure sono le pietre stesse in gran numero.
La cistotomia è rimasta dunque e rimarrà sempre qual mezzo più generale di estrazione. Nei ragazzi essa è quasi costantemente accompagnata da felici resultamenti.
Il cenno storico, che qui offriamo, si raggira su due casi di cistotomia perineale lateralizzata eseguita in persona di due fanciulli, i quali per le di loro sofferenze indispensabilmente la chiedeano. Eglino or godono la lor solita vivacità fanciullesca e la più perfetta sanità nella di loro patria, che è Tropea.

--> Continua...




TUTTI PAZZI PER PAC MAN!!!

(S. L.) Nato ufficialmente il 3 aprile 1980 il videogioco Pac-Man ha divertito generazioni di appassionati che lo hanno potuto ammirare nel coin-op originale, sui primi personal computer domestici, le varie console senza dimenticare le riedizioni in "alta definizione" che nel corso degli ultimi anni si sono assecondate sulle recenti piattaforme di gioco.
Per festeggiare questo 30° anniversario il motore di ricerca Google ha trasformato il suo logo in un videogioco interattivo, un adattamento del Pac-Man originale che ruota, però, intorno alle lettere G O O G L E.
Cliccando sul logo è possibile utilizzare i tasti freccia del computer per passare qualche minuto in compagnia di Pac-Man, premendo il pulsante Insert Coin utilizzando i tasti WASD è possibile comandare anche Ms. Pac-Man e divertirsi in due o da soli con due mani.
Il logo non sarà disponibile per molto, quindi affrettatevi e vistate la home page di Google.

Google


Giuseppe Berto Proclamata la cinquina finalista della
XXII edizione del Berto Opera Prima

(S. L.) Svelata la cinquina finalista della XXII edizione del Premio Letterario Giuseppe Berto, promosso dalla città di Mogliano Veneto, in provincia di Treviso, paese natale di Berto, e da Ricadi, in provincia di Vibo Valentia, luogo in cui il grande autore scelse di trascorrere gli ultimi anni della sua vita e dove il prossimo 5 di giugno si svolgerà la cerimonia di premiazione, secondo la consuetudine di alternanza di sede tra le due città. A competere per la vittoria finale saranno Silvia Avallone con 'Acciaio' (Rizzoli), Angela Bubba con 'La casa' (Elliot), Roan Jhonson con 'Prove di felicita' a Roma Est' (Einaudi), Valentina Fortichiari con 'Lezioni di nuoto' (Guanda) e Giulia Villoresi con 'La panzanella' (Feltrinelli).
La rosa dei cinque scrittori esordienti è stata presentata il 19 maggio a Roma nella sede di rappresentanza della Regione Veneto, istituzione patrocinante l'iniziativa insieme al Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, alla Regione Calabria e alle Provincie di Treviso e di Vibo Valentia. All'incontro sono intervenuti Giuseppe Lupo, presidente della Giuria dei Letterati, Paolo Bellieni per la Regione Veneto, Giorgio Copparoni, assessore alla cultura del Comune di Mogliano Veneto, Paolo Morabito con Franco Melidoni per il Comune di Ricadi, e i giurati Enza Del Tedesco, Nicola Merola e Giorgio Pullini.
I libri entrati in finale vanno dal romanzo ambientato in Calabria, a Petronà, dove vive la famiglia Manfredi (padre, madre, quattro sorelle e un solo figlio maschio) in cui il linguaggio è l'elemento trascinate, inzuppato di un dialetto che prende l'energia di una nuova lingua (Bubba); alla storia in cui protagonista è Sidonie-Gabrielle Colette, una delle più importanti scrittrici francesi di sempre, nonchè il mare di Bretagna (Fortichiari); al racconto dell'approdo nella capitale di Lorenzo, 21 anni, giunto a Roma per cambiar vita, ma ritrovatosi in una Roma marginale sebbene vitale.

--> Il Premio Berto




La figura dell'attore Raf Vallone

(S. L.) La Scuola Media di Tropea - Drapia - Zaccanopoli e le Scuole Infanzia e Primaria di Drapia e Zaccanopoli, inglobati nell'Istituto Comprensivo Statale "Don Francesco Mottola" di Tropea, organizzano e propongono il dibattito:

"LA FIGURA DELL'ATTORE RAF VALLONE"

L'evento (Progetto Diritto allo Studio L. R. n. 27/85) avverrà a Tropea nella Chiesa dell'Annunziata giovedì 27 maggio 2010 alle ore 1900.
PROGRAMMA

Moderatrice: Prof.ssa La Rocca Caterina
Saluti: Dirigente Scolastico Prof. Francesco Laganà
Proiezione: "Raf Vallone 'Uno sguardo sul mare'" di Donatella Baglivo
Intervento: Dott.ssa Olga L'Andolina, esperta esterna
Proiezione: "Intervista a Raf Vallone" del giornalista RAI, Dott. Pasqualino Pandullo
Interventi:
Dott. Saverio Vallone (figlio di Raf), attore
Dott. Pasqualino Pandullo, giornalista RAI
Conclusione e Dibattito: Interventi alunni.

INFO: 0963.61354 - Fax 0963.61299

--> Raf Vallone


Ida De Vincenzo Ida De Vincenzo
calabrese di nascita, argentina d'adozione

(calabriacaffe.it) La storia di Ida De Vincenzo somiglia a molti casi simili: connazionale in cerca di fortuna in terra straniera. Il suo blog è molto ricco e variegato, pieno di colori, espressione della sua passione per la pittura. I vari riconoscimenti ne fanno un artista conosciuta e amata grazie a partecipazioni a concorsi ed esposizioni. Anche in Italia Ida ha riscosso un discreto successo comparendo su Tropea news, Arte Calabria e L'Albidonese, rivista calabrese. Ci racconta:
"Sono una donna la cui storia si assomiglia a quella di tante donne immigranti calabresi. Nata a Cropalati, in Calabria, Italia, in un paesino di montagna, proprio da favola, e da dove si possono osservare bellissimi paesaggi. Sono nata nel dopoguerra ed essendo mio padre reduce di guerra ne soffrivamo le conseguenze, il che ci ha costretto ad emigrare quando io avevo due anni. Sebbene gli anni passassero, dai miei genitori gli argomenti di conversazione erano sempre gli stessi: la terra lontana, la nostalgia, la famiglia e tutto ciò che riguardava la famiglia calabrese.
Questi sono i motivi per cui la cultura e la lingua italiana hanno acquistato fondamentale importanza nella mia vita. Sono sempre stata in contatto diretto con le mie radici. Dopo 50 anni ci sono ritornata, ho potuto conoscere e ricevere l´affetto della mia famiglia lontana. Sono rimasta commossa dallo splendore dei paesaggi di un mondo che adesso sento veramente mio. È la mia seconda casa, come mi piace chiamarla. Finalmente sono riuscita ad allacciare nel mio cuore l´Italia e l´Argentina.
Alcuni anni fa, un episodio fortuito mi ha avvicinato alla pittura. Da quel momento essa e la mia anima si sono fuse in una forza che sorge dal profondo di me e si plasma in colori e sentimenti".
Ringraziamo Ida per la sua disponibilità e per averci scritto. Le auguriamo ancora successi nella sua carriera.

--> Il Blog di Ida De Vincenzo, Artista Plàstica



Alfonsina Strada (1891 - 1959)

L'unica donna che disputò il Giro d'Italia
classificandosi trentesima
davanti a diversi altri corridori

(Elio Antonucci) Alfonsina Morini era nata a Riolo di Castelfranco Emilia il 16 marzo 1891 da una famiglia di contadini. Aveva cominciato a correre con la vecchia bicicletta del padre ed era stata la "vedette" delle competizioni sportive della zona. Per la gente di Castelfranco, era diventata "il diavolo in gonella". Amici, parenti e genitori non vedevano certo di buon occhio i propositi; non è difficile immaginare la fermezza con la quale essi si opposero alla passione della figliola. Alla fine si disse chiaro che doveva sposarsi e farla finita con certe manie sportive. Così nel 1915, ad appena 24 anni Alfonsina si sposò con il cesellatore Luigi Strada: un uomo intelligente, moderno, senza pregiudizi, che anzichè ostacolare la passione della sposina la approvò e la appoggiò in pieno. Si capì subito il giorno delle nozze quando ricevette in dono dal marito una bicicletta nuova fiammante, con i manubri ricurvi all'indietro proprio come occorreva per gareggiare. E se ne ebbe conferma l'anno successivo quando la coppia si trasferì a Milano e Alfonsina cominciò ad allenarsi regolarmente sotto la guida del marito.
Nel 1924 Emilio Colombo direttore della "Gazzetta dello sport" ammise Alfonsina al Giro d'Italia. A quei tempi le strade non erano asfaltate, le biciclette pesavano almeno venti chili, il cambio di velocità non esisteva. Fu un successo che Alfonsina consolidò durante la gara: e non per i risultati ottenuti, ma per aver saputo dimostrare che anche le donne potevano compiere la immane fatica.
Partì con la sua bicicletta da uomo, con i suoi calzoni alla Zuava, con il viso buono e sorridente, donna, prima ancora che atleta, riuscì ad arrivare fino a Napoli. Aveva compiuto regolarmente quattro tappe: la Milano-Genova (arrivando con un'ora di distacco dal primo ma precedendo molti rivali), la Genova-Firenze (in cui si classificò al cinquantesimo posto su 65 concorenti), la Firenze-Roma, giungendo con soli tre quarti d'ora di ritardo sul primo e davanti ad un folto gruppo di concorrenti, e la Roma-Napoli dove ebbe modo di confermare la sua resistenza.
Nella tappa L'Aquila-Perugia, si scatenò il finimondo: pioggia e vento flagellarono il percorso già irto di enormi difficoltà per la impraticabilità delle strade del Sud e non c'è da stupirsi se Alfonsina arrivò fuori tempo massimo. Pertanto fu messa fuori gara dopo una polemica violentissima dato che una parte dei giudici sembravano propenzi alla clemenza per le particolari circostanze in cui aveva avuto luogo la tappa e per il valore già dimostrato in precedenza dalla ciclista in gonnella. Da evidenziare che Alfonsina fu vittina di alcune cadute e di molte forature. Alla fine la spuntarono gli oppositori. Ma Emilio Colombo, che aveva capito quale curiosità suscitasse nel pubblico la prima ciclista della storia, le consentì di seguire la corsa pagandole di tasca propria l'alloggio e il massaggiatore.
A Fiume, Alfonsina giunse con venticinque minuti di ritardo, ma non un solo spettatore lasciò le tribune prima del suo arrivo: tutti volevano vedere questa donna eccezionale. Quel giorno era caduta e si era ferita. Arrivò piangendo e la folla la strappò dalla bicicletta acclamandola come i campioni più reputati.
La donna continuò a seguire il giro fino a Milano, osservando gli stessi orari e gli stessi regolamenti dei corridori. Il giro ebbe dodici tappe per un totale di 3618 chilometri e si concluse con la vittoria di Giuseppe Enrici dopo un entusiasmante duello con Federico Gay. Partiti da Milano in 90, i corridori vi tornarono in 30 e dei 30 faceva parte anche Alfonsina.
Negli anni successivi fu negato ad Alfonsina l'iscrizione al Giro, che però seguì ancora per lunghi tratti per suo conto conquistando l'amicizia, la stima e l'ammirazione di Cougnet, Giardini, Emilio Colombo, Cattaneo, Lattuarda, Girardengo, ed di molti giornalisti e corridori. Alfonsina pensò di sfruttare la propria abilità pertecipando a diversi varietà in Italia ed all'estero, si esibì persino nei circhi, correndo sui rulli. Andò in Spagna, in Francia, nel Lussemburgo. Nel 1937, a Parigi, battè la campionessa francese Robin. Nel 1938, a Longchamp, conquistò il record femminile dell'ora (35,28).
Rimasta vedova di Luigi Strada, Alfonsina si risposò a Milano il 9 dicembre 1950, con un ex ciclista che aveva colto numerosi allori su pista, il gigantesco Carlo Messori, con l'aiuto del quale continuò nella sua attività sportiva fino a che non decise di abbandonare lo sport ma non la bicicletta che continuò ad usare come mezzo di locomozione. E rimase sempre in quel nel mondo perchè con il secondo marito aprì a Milano un negozio di biciclette con annessa una piccola officina per le riparazioni. Messori riversò tutta la stima e l'affetto che nutriva per la moglie in una biografia, iniziata nel '52 in cui faceva più opera di apologeta che di storico. Forse non finì mai: quel che è certo è che nessuno editore si preoccupò di pubblicarlo. Messori morì nel 1957 e Alfonsina rimase sola a curare la casa milanese di via Varesina dove era andata ad abitare, e la bottega di riparazioni che aveva gestito con il secondo marito per più di vent'anni. Ogni giorno, per andare al lavoro Alfonsina usava la sua vecchia bicicletta da corsa indossando una abbondante gonna pantalone. Quando cominciò a sentirsi ancora più stanca comperò una Moto Guzzi 500 cmc. Pare che per aquistare la motocicletta di colore rosso, avesse venduto parte delle sue medaglie e dei suoi trofei.
Viveva sola in due stanze con poca luce, diceva di avere una figlia sposata a Bologna. Ma non era vero. Voleva far credere di non essere sola al mondo. (NdR a Idice di San Lazzaro di Savena vivono ancora oggi dei suoi parenti) Morì il 13 settembre del 1959 (domenica) all'età di 68 anni. Era partita da casa molto presto con la sua moto per assistere alla famosa "Tre Valli Varesine" ed era rientrata a sera. Alla portiera di casa aveva detto "Come mi sono divertita, signora. Proprio una bella giornata. Ora porto la moto in negozio e torno in bicicletta" uscì. La portiera sentì che cercava di avviare la moto ma non vi riusciva. Si affacciò sulla strada per vedere: Alfonsina spingeva con forza, con rabbia sulla leva di avviamento. D'un tratto la moto le sfuggì di mano, e lei le cadde sopra come volesse abbracciarla. La soccorsero, la caricarono su una macchina per portarla all'ospedale, ma quando arrivarono era già morta per una crisi cardiaca.
Si pensava nel 1959, che con lei fosse cominciata e finita la storia delle donne cicliste. I tempi sono cambiati e il ciclismo femminile ha conquistato notevoli primati. Alfonsina Morini sarebbe certamente contenta di saperlo.
Andava in bicicletta perchè le piaceva più di ogni altra cosa al mondo e se esistesse il premio "una vita per lo sport" toccherebbe proprio a lei che ha cominciato a correre a dieci anni e che, a sessantotto, ha reclinato il capo su un manubrio.

Stralci dal monologo teatrale dedicato a Alfonsina Strada. Testo di Eugenio Sideri. Con Patrizia Bollini. Voce fuori campo di Pierr Nosari.


Un eretico si prepara a morire bruciato vivo

In un antico registro inquisitorio siciliano,
il nome di un prete tropeano, Jacobo Cortez,
condannato nel 1572 a Palermo
ad essere bruciato vivo in piazza


(S. Libertino) Uno dei pochi registri dell'inquisizione ci è pervenuto grazie alla scoperta nel 1880 da parte dello storico siciliano Vito La Mantia, di un manoscritto (Ms. Qq. F. 239) che giaceva tra gli scaffali della biblioteca di Palermo. Si tratta di un lungo elenco di almeno 457 episodi circostanziati accaduti dal 1487 al 1732 in Sicilia durante l'inquisizione palermitana. Le liste in questione furono trascritte da suo figlio Giuseppe e pubblicate nel 1882 nel volume 'Origine e vicende dell'inquisizione in Sicilia', Torino, per i F.lli Bocca, e successivamente, nel 1886 in 'Rivista storica italiana'. Nel 1977 il volume è stato ristampato da Sellerio.
Dal 2005 è possibile scorrere le pagine dell'importante documento sulla Rete nel sito Carmillaonline.com.
Una testimonianza davvero inquietante che prova e comprova che per oltre due secoli l'inquisizione siciliana infierì con spietatezza attraverso roghi, torture, stragi, passando al setaccio l'intera Isola, grazie a un imponente apparato di spie, mettendo a morte l'uno dopo l'altro una enorme folla di poveri diavoli, bruciati vivi a singoli o a gruppi.
Nella premessa, viene dato il significato alla denominazione testuale delle categorie dei condannati, nelle varie fasi e nelle modalità delle esecuzioni sentenziate di volta in volta dagli inquisitori:
“Rilassati” sono i condannati “rilasciati”, cioè consegnati, al “braccio secolare”, vale a dire alla giustizia civile per l’esecuzioni della sentenza pronunciata dagli inquisitori. “Rilassati in statua” vuole dire bruciati in effigie. “Rilassati in persona” significa bruciati vivi. I “morti rilassati” erano quegli accusati già deceduti di cui si riesumavano le salme per bruciarle. “Rilassi” (relapsi) erano gli accusati che avevano abiurato ed erano poi ricaduti nell’errore: il più delle volte, ebrei (e in misura minore protestanti o maomettani) costretti alla conversione al cattolicesimo, che seguitavano in segreto a seguire i precetti della loro fede.
Nella parte terza, al numero 284, era incappato un poverocristo di Tropea, un certo:
'D. Iacobo Cortes nativo de Tropea, sacerdote di messa, cappellano della chiesa di S. Giovanni alla porta di Carini di Palermo, avendo abiurato la setta luterana in Napoli a 6 gennaro 1558 e riconciliato alla S. Sede, poi venne in Palermo e fatto cappellano della detta chiesa, ricaduto nelli stessi errori, fu per sentenza letta a primo giugno 1572 rilassato in persona nella Piazza Bologna, giorno della Trinità, e dopo d'essere affogato, fu il suo corpo brugiato allo Ciardone.'

ARGOMENTO CORRELATO:
Frà Teofilo Scullica di Tropea, inquisitore



La Cassa da corredo del Comune

La cassa da corredo di proprietà del Comune
da destinare al Museo Diocesano

(S. Libertino) La Giunta municipale, con delibera n. 32, ha disposto la stipula di un contratto di comodato gratuito tra il Comune di Tropea e il Museo Diocesano cittadino, avente ad oggetto una cassa lignea di pregevole fattura risalente al XV sec.
Infatti, su sollecitazione del direttore del Museo Diocesano cittadino, Don Ignazio Toraldo di Francia, e grazie all’interessamento del delegato alla Cultura, avv. Sandro D’Agostino, di concerto con il Sindaco dott. Adolfo Repice si è deciso di garantire alla cassa lignea un’adeguata collocazione espositiva.
Il bene, di indubbio valore artistico-culturale, verrà consegnato al Museo Diocesano perché venga esposto nella sala delle opere lignee, con l’obbligo di indicarne la proprietà.
Sulla decisione presa dall’Amministrazione il Sindaco ha affermato: «Il comodato al Museo Diocesano è una sorta di atto dovuto. L’esposizione nella sala delle opere lignee consentirà a questo pregevole pezzo di antiquariato di essere apprezzato da un pubblico più vasto rispetto ai frequentatori degli uffici comunali e quindi di godere di una migliore visibilità. Il Museo Diocesano, aperto nel 2004 e ospitato nelle sale dell’antico Palazzo Vescovile, rappresenta un vanto per la città di Tropea e la Calabria intera. È una realtà culturale molto apprezzata e vitale con cui l’amministrazione comunale da me presieduta, nel rispetto delle linee programmatiche che si è data e che vedono in primo piano la valorizzazione della cultura, intende avviare un percorso di intensa e fattiva collaborazione reciproca».
Il pezzo, di indubbio valore artistico, ha anche una storia particolarmente originale. La cassa da corredo – con intagli sul lato anteriore raffiguranti scene mitologiche e decorazioni a fuoco all’interno del coperchio – apparteneva in origine al Monastero dei Santi Sergio e Bacco di Drapia. Nel XVII sec. fu trasportata dai PP. Francescani nel Convento della SS. Annunziata in Tropea. Nel 1799 i PP. Redentoristi la portarono nel loro collegio. Dopo la soppressione del Collegio, nel 1865, essendo divenuto quest’ultimo sede dell’Amministrazione Comunale, la cassa divenne proprietà del Comune di Tropea. La cassa si presenta in buone condizioni di manutenzione avendo subito un intervento di restauro da parte della Soprintendenza ai Beni Artistici negli anni Settanta.

Fin qui il comunicato stampa da parte dell'ufficio competente del Comune. Ritengo però che il bene descritto - cassa da corredo - potrebbe invece provenire dal convento di Santa Chiara, uno dei primi ad essere formato in Calabria, e alla cui fondazione, avvenuta nel 1261, la Nobildonna tropeana Marianna Mumoli destinò il proprio ricchissimo patrimonio. Lei stessa ne vestì l'abito entrando nella clausura, dove poi morì.
Nel testo della conferenza "Orme Francescane nella Diocesi di Tropea" che l'illustre storico Pasquale Toraldo tenne a Roma il 29 marzo del 1930 nella Biblioteca e Cattedra Francescana Romana nel Palazzo della Vallicella si parla appunto di un Cassone Nuziale proveniente dal Convento di Santa Chiara volendo significare che il bene potesse corrispondere ad un dono di una nobile donzella che, pronta a sposarsi, avesse preso invece la decisione di abbandonare il mondo ed internarsi in quel monastero di clausura. Di questo Cassone Pasquale Toraldo produce anche una foto corredata della notizia che esso proveniva dal Convento di Santa Chiara e si trovava nella Biblioteca Comunale; infatti nell'immagine si intravedono in fondo scaffalature piene di libri. Ma la foto del Toraldo, nonostante in bianco e nero e la cassa ancora da restaurare, ci fa vedere altri particolari interessanti: lascia chiaramente intravedere lungo la facciata anteriore i tre spazi rettangolari dove sono collocate le scene mitologiche. Tra le due foto, quella del Comune e l'altra del Toraldo, c'è da notare l'analogia degli intagli delle cornici della stessa facciata, in particolare quelle laterali. Il Cassone descritto dal Toraldo secondo me potrebbe essere lo stesso che, dopo una lunga e brutta passeggiata durata quattro secoli, "finirà" in bellezza i suoi giorni all'interno del Museo Diocesano di Tropea.

Il Cassone Nuziale del Monastero di Santa Chiara (P. Toraldo)


La conferenza di Pasquale Toraldo

TROPEA 1662, oltre la grata: gli affetti terreni di una novizia in crisi di Franco Aquilino




XVIII edizione dell'Infiorata di Potenzoni
Domenica 6 giugno 2010, ore 11.00

(Daniela Calzone, segretaria di 'Potenzoni in fiore') Potenzoni di Briatico, il "Paese calabrese dell'Infiorata artistica", al pari di Genzano, Noto e Poggio Moiano, presenta alla gente, per il diciottesimo anno consecutivo, le sue strade infiorate create per essere solcate dal Santissimo. Per gli abitanti di Potenzoni l'infiorata rappresenta un'importante occasione attraverso la quale manifestare la loro forte capacità espressività e l'attaccamento verso la propria religiosità. Per l'occasione strade, vicoli, larghi e piazzette vengono allestite e decorate con centinaia di icone e simboli.
Anticamente, in paese, era abitudine rallegrare la processione religiosa del Corpus Domini con una pioggia di petali che venivano lanciati dai balconi al passaggio del Santissimo. Oggi i maestri infioratori di Potenzoni, per qualità tecniche, espressività e fantasia, possono dire di aver raggiunto la perfezione, vengono chiamati per operare nelle maggiori manifestazioni nazionali di infiorate artistiche, realizzando, di volta in volta, madonne, crocifissi, icone, stemmi e segni sacri, simboli religiosi.
Per l'occasione i quattro rioni del paese, Glicine, Torre, Chiesa e Agave, si confrontano con l'utilizzo di milioni di petali colorati. E le strade del piccolo paese con sole 250 anime si animano festose ed accolgono ancora una volta migliaia di visitatori. Il prossimo 6 giugno, dalle ore 11,00 l'Infiorata di Potenzoni mostrerà tutti i suoi colori. Poi la valutazione delle opere floreali curata da una commissione di esperti ed infine il il passaggio del Santissimo sui policromi effimeri tappeti.
L'organizzazione dell'evento è curata dall'Associazione Onlus "Potenzoni in fiore".
Potenzoni di Briatico (VV) - Domenica 06 giugno 2010: XVIII Edizione dell'Infiorata e III edizione del concorso dell'Infiorata "Sezione Artisti".
Apertura al pubblico dalle ore 11:00.
Accesso libero.

INFO

Comitato promotore:
info@infioratapotenzoni.it
cell. 340-6970241 (presidente associazione "Potenzoni in Fiore")

www.infioratapotenzoni.it




LE AVVENTURE DI BASTARDINO INNAMORATO

BASTARDINO: Ciao Bianca
BIANCA: Ciao Basty. Sempri fuiendu. Statti cca cu mea...
BASTARDINO: Dassimi iri c'aju i ca..i!
BIANCA: E mo' chi ti 'mbattiu?...
BASTARDINO: Pensu a cascia du cumuni... 'Na vota mi misi dintra a chia cascia e mi fici nu bellu sonnu...
BIANCA: Tuttu ti ricordi, tu! Chiu chi non sai!...
BASTARDINO: Inveci certi voti non mi ricurdu chi significa na cosa e nautra...
BIANCA: Tu! Ca settantanni fa gridavi a tutti: 'nu jornu l'omini arriverannu 'nta luna!'. Hai sbalordito il mondo!
BASTARDINO: Autri tempi! Eruni i cappei chi mi mentea subba a testa ca funzionavanu...
BIANCA: E allura chi non capisci?
BASTARDINO: ... 'u commodatu d'usu...
BIANCA: Quandu 'nu sindacu cedi a nautru na cosa gratis...
BASTARDINO: Hai ragiuni, Bianchicea mea... fino a quandu veni nautru sindacu ca ta faci pagari cara!...

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Intervista a Roan Johnson di Valentina Desalvo (laRepubblica.it)

Premio Berto Opera Prima
Vince Roan Johnson con
'Prove di felicità a Roma Est'

(S. L.) Roan Johnson con il suo romanzo d'esordio "Prove di felicita' a Roma Est", edito da Einaudi, sezione Stile Libero, ha vinto la XXII edizione del Premio Letterario 'Giuseppe Berto opera prima'. Questo il verdetto a cui è giunta la Giuria dei Letterati composta da Giuseppe Lupo (presidente), Sergio Campailla, Andrea Cortellessa, Enza Del Tedesco, Paolo Fallai, Nicola Merola, Giorgio Pullini, Marcello Staglieno e Gaetano Tumiati, dopo aver esaminato oltre cento opere candidate dalle principali case editrici italiane.
Copertina del libroLa vittoria è stata proclamata oggi pomeriggio nel corso della cerimonia ufficiale, condotta da Antonino Raffa, che si è svolta a Ricadi (Vibo Valentia) nel Centro Congressi 'Giuseppe Berto', alla presenza del sindaco Domenico Laria e di altri esponenti istituzionali. "Prove di felicità a Roma Est" è un esordio tenero e spigliato, senza volontà di strafare, dove colpisce la fluidità del linguaggio che non ha bisogno di artifici per arrivare all'autentico. Soprattutto, colpisce la prospettiva dello sguardo. Roma, la periferia, la realtà giovanile non sono osservate dall'alto e nemmeno estremizzate in macchiette. E' uno sguardo a livello della strada, a quattr'occhi con i protagonisti.
Narra la storia di Lorenzo Baldacci, 21 anni, toscano, approdato nella capitale per cercare di prendere finalmente il diploma in un liceo "calcioinculo", uno di quelli privati in cui paghi e ti promuovono. A Roma si ritrova a dover sbarcare il lunario facendo il pony-pizza. Con la sua Vespa Primavera si rovina la schiena a ogni buca sulle strade romane, e spia le persone, le loro vite, per cercare di afferrare la città, cambiare punti di vista, e finalmente capire. In questa schiera di personaggi s'imbatte in Samia, la ragazza che attira gli sguardi di tutti, e per tutti resta un inaccessibile mistero, compreso Lorenzo che se ne innamora.
"La vicenda amorosa - si legge nella motivazione di Giorgio Pullini - si trascina fra impulsi e insoddisfazioni con una rapidità e anche relatività che è tipica di certa gioventù di oggi, schietta ma inconcludente. La prosa si snoda a ritmo sincopato, incisiva e spontanea, finchè Lorenzo perde l'alloggio e il lavoro, oltre a Samia: tutto sembra sfumare verso la scioltezza di un 'quotidiano' senza costrutto, ma è percorso da vene di malinconica solitudine. Un romanzo attuale, perciò, e spregiudicatamente, disinvolto: da leggersi in controluce, più per quello che sottintende che per quello che rivela". Un romanzo che, secondo alcuna critica letteraria, richiama John Fante per la naturale disposizione a fallimentari sogni di riscatto, al cinema di Paolo Virzì per il linguaggio. Insomma, un esordio che segna l'annata letteraria, insieme a quello degli altri quattro finalisti: Silvia Avallone con "Acciaio" (Rizzoli), Angela Bubba con "La casa" (Elliot), Valentina Fortichiari con "Lezioni di nuoto" (Guanda) e Giulia Villoresi con "La panzanella" (Feltrinelli). Premio Letterario Giuseppe Berto opera prima è promosso dalle Città di Mogliano Veneto (Treviso) e di Ricadi (Vibo Valentia) con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturale, delle Regioni Veneto e Calabria e delle Province di Treviso e Vibo Valentia.

Intervista a Roan Johnson di Valentina Desalvo (laRepubblica.it)

--> Il Premio Berto



Il Maestro Vincenzo Fazzari

E' morto Vincenzo Fazzari
Maestro di Cappella della Cattedrale

(S. Libertino) Il 7 giugno si è spento all'età di 88 anni Vincenzo Fazzari, Maestro di Cappella della Cattedrale di Tropea. Fin da ragazzino aiuta il padre nella bottega di calzolaio di Via Roma. Poi frequenta la scuola di musica a casa di Giuseppe Teodoro, maestro della banda municipale, dove segue diligentemente le lezioni del professore attraverso l'efficace metodo Pasquale Bona, apprendendo nel contempo i segreti della composizione, che lo fanno ben presto specializzare nel primo di una lunga serie di strumenti, il Corno mi bemolle, ed occupare sul palco fisso di piazza Ercole il posto di prima fila all'interno della banda municipale.
Dopo qualche anno il giovane opta per un altro strumento, il Tricorno soprano (che fa il verso nella lirica al mezzosoprano), sostenuto dal nonno materno, Negro, componente - qualche tempo prima - della stessa banda.
Vincenzo si trova a vivere un periodo epico per la musica tropeana, al tempo in cui vi sono due complessi bandistici, perennemente in competizione, che sanno trascinare nelle dispute musicali i tropeani che ormai conoscono a menadito i segreti più nascosti dei brani considerati "difficili" distinguendo la bravura o meno di chi li abbia eseguito. Vincenzo vive in quel periodo entusiasmante, quando per le tifoserie l'attesa di assistere all'esecuzione dell'una o dell'altra Banda è vissuta come ai nostri giorni si vive quella di una partita di calcio tra due squadre blasonate.
Col tempo Vincenzo avverte dentro di sè la passione struggente per un altro strumento, l'organo, di cui per la verità è da sempre innamorato. Decine di chiese a Tropea ne sono dotate, anche le più piccole, come Santa Maria dell'Isola fuori le mura e quella dei Nobili al centro storico.
Ma nella scala dei valori di Vincenzo l'organo della Cattedrale è sicuramente il più ambito. E' il più grande, collegato a una selva di canne, il più professionale, il più complicato e quello che più conta è elettrico sì da far parlare i suoni. Costruito dalla Casa Tamburini da Crema, viene collocato al lato destro dell'abside e collaudato il 24 dicembre del 1939. Il giovane Fazzari si accosta sempre di più a questo nuovo strumento facendosi un giorno notare da don Giosuè Macrì, l'allora Maestro di Cappella della Cattedrale, che riconosce in lui la naturalezza, la passione e l'estro del musicista e dell'interprete. Ed è così che Vincenzo, sotto la guida del Maestro di Cappella, comincia a suonare 'antifone' e "litanie" a S. Demetrio, durante la novena dell'Immacolata, e al Purgatorio, durante quella di Santa Lucia.
Finchè, in Cattedrale, una sera di dicembre del 1952, nella notte di Natale, con l'imprimatur di don Giosuè Macrì e l'assenso di Don Ciccio Baldanza, si siede davanti allo strumento, all'insaputa del 'pubblico' e inizia a suonare con spigliata autorevolezza. Questo è il momento di Vincenzo Fazzari. Anche il destino gli da una mano, proprio nella notte di Natale, quando anni prima avvenne il collaudo seguito da un memorabile concerto. Ora si tratta di suonare la non facile messa, "cantata" a due voci con il magistrale contributo di don Emanuele La Torre (tenore) e del parroco Scattaretica (baritono). Un trionfo. Tra i banchi della Cattedrale la gente si alza in piedi più volte cercando di vedere chi fosse l'organista. Da quella sera Vincenzo corre da una chiesa all'altra dalle cinque di mattina fino al vespro: al Purgatorio, agli Scalzi, al Convento, a San Francesco, a S. Demetrio... Sono ormai sue le funzioni del sabato dedicate alla Madonna, le "sabatine", e quelle della domenica, le "conventuali", delle 1100 con lo schieramento di tutto il Capitolo Cattedrale.
Cresce la popolarità del nuovo musicista, ricercatissimo ormai anche dalle famiglie, di qualsiasi ceto, non solo a Tropea, per allietare le cerimonie di matrimonio. Ricorda ancora con particolare emozione i matrimoni, di cui ha siglato la colonna sonora, alla Chiesa dei Nobili, come quelli di D'Amore e Barone/Adilardi, suonando le marce nuziali di Wagner e Mendelson.
Intanto, Vincenzo si sposa con Gemma, figlia di Antonio Polistina da Favazzina, maestro di musica fortemente apprezzato nel territorio di Tropea per bravura e signorilità. Ha tre figli e pur svolgendo la professione di imbianchino, riesce a continuare a farsi onore nel campo musicale suonando l'organo e accompagnandosi con la sua voce grave da baritono. Egli non si limita ad eseguire brani dei più svariati autori di musica classica, ma compone lui stesso diverse opere di carattere sacro: "pastorali", "litanie", "messe cantate" che ancora esegue regolarmente durante le funzioni religiose. Alla fine ne diviene il punto di riferimento musicale di assoluto prestigio e il Prof. Giuseppe Chiapparo nei propri saggi ne da ampia dimostrazione ricorrendo molto frequentemente alla sua autorevole consulenza.
Figura umile e altamente religiosa, durante una mia intervista, ha un'impennata d'orgoglio e mi mostra, incorniciata alla parete della stanza da letto, come una reliquia, una lettera con il timbro della Sede Apostolica ricevuta nel 1976: "La Segretria di Stato porge distinti ossequi al signor Vincenzo Fazzari, e mentre si congratula per i buoni sentimenti espressi e per l'attività musicale da lui svolta, con zelo e competenza, nella Cattedrale di Tropea, è lieta di porgergli i migliori auspici di bene. Il capo Ufficio Segreteria di Stato Guglielmo Zannoni. Vaticano, 16 settembre 1976".
A tale compiacimento se ne sarebbe aggiunto un altro, l'ambita onorificenza, già proposta alla Santa Sede dal Can. Ignazio Toraldo di Francia: il Cavalierato di San Gregorio Magno, Ordine Equestre Pontificio che viene conferito ai laici benemeriti della Chiesa e delle opere cattoliche. Un omaggio dovuto che però tarda sempre a venire. Ma al Maestro non è mai mancato l'omaggio affettuoso tributato ogni giorno da tutta la comunità tropeana che da sessantasette anni ha seguito con la massima attenzione e devozione la musica, intrisa dei più profondi sentimenti cristiani, di Vincenzo Fazzari, Maestro di Cappella della Chiesa Cattedrale.
Lascia uno zibaldone manoscritto con una miriade di spartiti di musica litugica di sua composizione.

Il Maestro Vincenzo Fazzari



Il nuovo Memorial della fucilazione di Rocco Repice e i suoi compagni

Un aggiornamento sulla storia di Rocco Repice

(S. Libertino) C'è un importante aggiornamento sulla storia di Rocco Repice, partigiano e martire della Resistenza. Ci ha contattato da Cuneo l'Architetto Sergio Costagli, colui che aveva per primo fatto conoscere alla famiglia Repice i dettagli del destino di Rocco, attraverso l'invio di una nutrita documentazione, anche fotografica, e degli esiti del processo agli ufficiali che ordinarono la rappresaglia, dichiarati non perseguibili dopo l'amnistia di Togliatti del 22 giugno 1946.
Di recente aveva preannunciato a Egidio Repice di essersi interessato presso il Comune di Cuneo per una sistemazione più adeguata e corretta della vecchia lapide che ricorda la fucilazione del novembre '44 di Rocco e dei suoi quattro compagni.
Dopo alcuni sforzi e numerosi articoli, Sergio Costagli è riuscito a far sistemare meglio (anche se il suo progetto originario era ben diverso) il luogo preciso della fucilazione - protetto da un vetro - dove si possono vedere i buchi sulla balaustra (indicati con un cerchio rosso) provocati dai proiettili e i nomi dei cinque martiri. Abbiamo quindi le foto della nuova sistemazione del Memorial inaugurato lo scorso 25 aprile con cerimonia ufficiale e alcuni articoli di giornale. Tutto questo grazie a Sergio Costagli, che tiene a ricordare ai giovani tropeani: "Rievocare la storia più recente significa far riemergere antichi dolori e lutti mai sopiti. Io credo che da queste tragedie i giovani devono trarre insegnamento e conoscere i sacrifici (non vani) di persone come Rocco Repice - combattente per la Libertà. A loro, noi dobbiamo riconoscenza".

Rocco Repice

Il nuovo Memorial

La nuova epigrafe

Da 'La Stampa - Cuneo' del 28.06.2007 pag. 64 - Articolo "Quei segni della memoria dimenticati"

Da 'La Stampa - Cuneo' del 24.04.2009 pag. 59 - Articolo "Lapidi nei luoghi dov'erano torturati i partigiani"




Il Genoa è Campione d'Italia Primavera.
E in campo spunta una maglia
'I LOVE TROPEA'

(S. Libertino) Lo scorso 8 giugno il Genoa primavera è stato consacrato Campione d’Italia nel campo neutro di Macerata dopo aver vinto la finale con l'Empoli per 2 a 1. Ma tutto questo che ci azzecca con Tropea? Ci azzecca, perchè per la 'Perla del Tirreno' c'è di mezzo una dichiarazione d'amore fatta in maniera originale da un signore che fa parte del club genoano ripreso più volte in campo - anche lui con la medaglia al collo come tutta la squadra - dai fotografi durante la premiazione e i festeggiamenti dei rossoblù. Foto che sono visibili sui giornali e nella Gallery del sito ufficiale del Grifone.
Sulla maglia infatti è ben visibile "I LOVE TROPEA', un atto d'amore alla sua terra d'origine? Non è dato sapere di più ma se qualcuno dalle parti di Genova riuscirà a leggere questa curiosa notiziola, lo preghiamo di riferire allo spasimante di farsi vivo. Ci interesserebbe sapere qualcosa di più su questa bellissima dichiarazione d'amore.

Foto Gallery della partita Genoa-Empoli nel sito del Genoa ACF




ASSOCIAZIONE PARALIOTI
organizza concorso poesia e fotografia

(C. Sorbilli) L'estate si avvicina e tutte le Amministrazioni comunali si affrettano ad organizzare il calendario delle manifestazioni ed eventi culturali, che possano intrattenere i vacanzieri. Tra queste, quella di Parghelia che ha annunciato il proprio patrocinio alla seconda edizione di una mostra fotografica organizzata dall'Associazione socioculturale "I Paralioti", prevista dal 10 al 13 Agosto.
L'Associazione, molto attiva sul territorio, quest'anno ha voluto fare il bis inserendo una novità rispetto alla scorsa edizione, infatti alla mostra fotografica verrà associata una rassegna di poesia. I temi scelti saranno due per entrambe le categorie artistiche: "Parghelia e i parghilioti" e "Rapite in un istante: donne nell'obiettivo", temi di grande respiro ma non generici. Il primo tema ha lo scopo di mettere in risalto il paese, i luoghi della memoria, lo spazio sociale occupato dai suoi abitanti e gli "uomini" con le loro cose e case. Il secondo tema ha il fine di centrare l'interesse sulla realtà femminile, sull'universo donna, sulle emozioni e le contraddizioni che ogni donna porta in sé.
La partecipazione alla rassegna, così come alla mostra, è aperta a tutti; i termini ultimi per partecipare sono stati fissati per il 20 Luglio 2010, data entro cui dovranno essere inviati i materiali, poesie ed immagini fotografiche.
Per chi volesse approfondire il regolamento e scaricare le schede di partecipazione.

Paralioti

Regolamento in sito





ASTRONOMIA E METEOROLOGIA
DEI PESCATORI DI TROPEA

(G. Chiapparo) Le conoscenze astronomiche dei pescatori tropeani si limitano solo a quelle poche stelle che possono riuscir loro utili nell'esercizio della pesca. Essi credono, ed in ciò non sono i soli, che gli astri esercitino una certa influenza su ciascun essere vivente e perciò dicono di una certa persona a cui vada tutto a gonfie vele che "nascìu sutta 'na bona stija".
Mostrano grande apprensione quando appare in cielo una cometa, perchè credono che sia foriera di carestia, di disastri e di malanni per la povera umanità. Ora noi facciamo una rapida escursione sulla volta celeste, soffermandoci a questi astri che esse conoscono e così ci faremo un'idea chiara delle loro conoscenze astronomiche.
Cominciamo con l'Orsa Minore, dai pescatori denominata "Carru Maistru" con la Stella Polare, che serve loro di orientamento durante la notte. Segue l'Orsa Maggiore, che va sotto il nome di "Carru ch'y goj" e che per i pescatori non ha nessuna importanza all'infuori di quella di rintracciare subito la Stella Polare.
Importante per essi è la "Via Lattea", conosciuta sotto diversi nomi, prima di tutto con quello di "Strata di S. Japico" e poi "Strata d'i tempi".
Quest'ultimo nome glielo hanno dato perchè credono che questo ammasso stellare annunzia i venti che spireranno secondo la direzione che assume in cielo.
I pescatori hanno osservato che la sua direzione normale è una obliqua che va da maestro a scirocco, ma quando la vedono che va da levante a ponente attendono i venti da nord, mentre quando va da greco a mezzogiorno attendono il vento che spirerà da scirocco (che essi dicono "tempo di canale", cioè dello stretto di Messina) da dove arriva a Tropea lo scirocco, oppure da libeccio.
Se poi segue la direzione da maestro a scirocco si avrà un tempo secco e spirerà il maestrale. Distinguono pure in essa la prua, la quale è l'estremo che può trovarsi ora a ponente e ora a mezzogiorno.
Passiamo adesso ai "Varìi" e alla "Cucchitta", che formano la costellazione dei Levrieri. I Varìi (ossia i Barili) sono due stelle grandette che si vedono a ponente.
Tramontano a mare al primo chiarore dell'alba. In marzo, verso le quattro del mattino, quando la "Cucchitta" (cioè la Coppietta) ha fatto la sua apparizione in cielo.
Quest'altra coppia di stelle è preceduta da una stella, la quale sorge mezz'ora prima da levante 4a scirocco, propriamente dove c'è la collina detta "Conicéa".
Nel marzo sorge con 2 ore di mattino, in aprile con un'ora ed a maggio all'alba e dà il segnale propizio per calare a mare le minaite.
Viene ora la "Stija de l'arba" o "Stiazzu". Sotto questi due nomi è conosciuto Espero, che, in gennaio, sorge due ore prima che faccia giorno, ed in aprile appena spunta l'alba, a greco 4a levante. E' visibile da gennaio a tutto aprile e ritarda gradatamente il suo sorgere. Al suo apparire si calano a mare le minaite.
La "Pujara" ossia la costellazione delle Pléiadi, facilmente riconoscibile da tutti, ha l'ufficio di orologio perchè l'inverno sorge ad un'ora di notte e quando è giunta a perpenticolo sulla terra segna mezzanotte.
Il proverbio dice di essa: "A Sant'Andrea (29/11) a pujara paparea", volendo significare che in detto giorno appena spunta l'alba essa tramonta.
La "Pujara" sorge in agosto a mezzanotte e dieci minuti prima che essa tramonti si calano in mare le reti e si ritirano dieci minuti dopo il suo tramonto.
Sono denominate "U tri bastuni" tre stelle, l'una dietro l'altra in linea retta, che fanno parte della costellazione di Orione, Il tre bastone sorge un'ora e mezza prima delle Pléiadi e tramonta un'ora e mezza pure prima di esse.
In ultimo abbiamo la "Stija di Santa Caterina". Così è denominato Sirio: appare in cielo il 22 novembre sulla costa verso greco-levante, sorgendo a prima sera sopra il villaggio di Fitili ed indica che è venuto il tempo di calare le nasse per la cattura dei pesci che saranno conservati in apposite nasse per essere venduti a Natale.
Sulle "Stelle cadenti" o "Filanti" i pescatori hanno osservato che fino a mezzanotte corrono verso il 3° e il 4° quadrante. Da mezzanotte in poi corrono verso il 1° e il 2° quadrante: in questo caso si dice che corrono in poppa, mentre prima mezzanotte corrono verso vento.
Se le Stelle cadenti si partono da ponente e vanno verso levante, si aspetta il vento da levante, se poi da levante si dirigono verso ponente si aspetta il vento da ponente.
Non abbiamo ancora finito la nostra escursione nella volta celeste e passiamo al

Ministro maggior della natura,
che del valor del cielo il mondo impronta
e col suo lume il tempo misura.


Dal sole traggono soltanto presagi meteorologici. Infatti se al tramonto esso si presenta rosso, mentre il cielo è terso, è segno che il giorno seguente sarà buon tempo:

"Russu di sira, bon tempo di matina"


che corrisponde al toscano: "Rosso di sera, buon tempo si spera". Se il cielo sarà tinto di rosso al sorgere del sole, succederà il contrario: "Russu di matina, / Pripara la tina ".

Continua...



14-16 maggio 2010. 58° Raduno Nazionale dei Bersaglieri a Milano.
Francesco Russo e gentile consorte accanto al Ministro della Difesa Ignazio La Russa


Ciccio Russo
il ragazzo del '54

(E. Taccone) Il bersagliere tropeano Francesco Russo ha partecipato ancora una volta al Raduno dei Bersaglieri d'Italia che questo anno è avvenuto a Milano e l'anno prossimo verrà fatto a Torino.
Ha avuto il piacere di assistere alla sfilata a fianco del Ministro della Difesa Onorevole Ignazio La Russa e di Paola Toti, pronipote della M.O.V.M. Enrico Toti.
Quando avvenne la restituzione di Trieste all'Italia il nostro bersagliere il 26/10/1954 fu uno dei primi a entrare con il V Battaglione del glorioso 8° Reggimento Bersaglieri nella Trieste liberata.
il Sindaco di Trieste ha proposto la cittadinanza onoraria perchè di quel mitico gruppo sono rimasti solamente in due con i cappelli piumati da farsi accarezzare dal vento.

I ragazzi del '54

Ciccio Russo con Paola Toti, pronipote della M.O.V.M. Enrico Toti

Ricongiungimento di Trieste alla Madre Patria Italia






Trieste 26 ottobre 1954

TRIESTE REDENTA
26 OTTOBRE 1954

(S. L.) I giornali annunciano che è stato raggiunto a Londra l'accordo per il ritorno di Trieste all'Italia! Secondo il cosiddetto "Memorandum d'Intesa", Trieste e la zona A passeranno sotto amministrazione italiana, mentre la zona B rimarrà sotto amministrazione jugoslava. Gli Anglo Americani dichiararono che avrebbero lasciato Trieste tra qualche settimana.
Il martedì 26 ottobre 1954, truppe italiane si dirigono a Trieste su quattro autocolonne, al comando del Generale De Renzi. Piove a dirotto e soffia la bora. Ritornano, dopo 11 anni (ne erano uscite nel settembre del 1943).
I bersaglieri a Barcolla vengono fermati da un'immensa moltitudine festante e commossa.
Quattro navi da guerra italiane entrano nella rada di Trieste molto lentamente; attraversando la folla entusiasta, il Generale De Renzi arriva finalmente in Piazza Unità d'Italia con i suoi bersaglieri. La pioggia è torrenziale. Ma tutta Trieste e tanti altri italiani venuti da ogni parte d'Italia è fuori, a gridare tutta la sua gioia. De Renzi attraversa la Piazza e riesce con fatica a salire sulla balconata della Prefettura. Il Sindaco di Trieste Gianni Batoli lo accoglie e mostra alla folla festante, a gesti, la propria fascia tricolore. È la prima volta che la può indossare.
Ventiquattro aviogetti dell'Aerobrigata di Treviso passano sfrecciando. La folla intona, tutta insieme, l'inno del Piave, mentre Batoli abbraccia il Generale italiano.
De Renzi riesce a parlare. Il suo breve discorso così si conclude: "Ed ora uniamoci in un grido immenso che valichi lo spazio, al di là dei monti e al di là del mare: TRIESTE ITALIA!" E il grido della folla si leva possente: Trieste Italia! Egisto Corradi, reduce di Russia, scrive sul Corriere della Sera: "Il grande urlo si sentì mentre pioveva furiosamente e la bora tirava raffiche violente: volavano manifesti, tricolori, ombrelli. I rumori erano di grida e di bora. Trieste ronzava come una chitarra esposta al vento".

Continua... (video)



Interni della Chiesetta con affreschi quattrocenteschi

La Chiesetta del Monte di Pietà
e le sue pitture quattrocentesche
a Tropea

(Pasquale Toraldo) Nella via che mena al Duomo, incorporata nel palazzo Vescovile è la chiesetta di Santa Lucia e del Monte di Pietà. L'esterno, povero e manomesso, nulla mostra di notevole, come la porta di entrata che venne aperta in uno dei tanti rimaneggiamenti, mentre l'antica è da ricostruirsi in quegli accenni che rinvengono nella parte d'occidente.
L'interno attuale, metà di quello una volta esistente, misura m. 6,28 x 4,55 ed è coperto da volta a crociera. Dagli avanzi architettonici rinvenuti si deduce come a seguito di questa era un'altra crociera risultando l'edificio antico lungo m.10. Le costole diagonali a profilo rettangolare leggermente smussato ed il robusto arco trasversale a profilo rettangolare si portano da colonne disposte in fascio per ricevere e accompagnare ciascuna l'andamento della corrispondente nervatura: non si può dubitare che questa parte della fabbrica sia opera di getto. Ricca e caratteristica è la pianta del fascio di colonne di cui una parte rimane nascosta da un muro posteriore e la base sfaccettata non seguendo tutte le sinuosità del fascio sommariamente lo circoscrive mentre i capitelli canestriformi sono formati di volute e di fogliame con intrecci, dagli abachi forti e ben profilati.
Prende luce da una finestra aprentesi nella parte di settentrione e che non è l'antica.
Il vano della crociera distrutta venne diviso in quattro ambienti: il primo più grande è occupato dalla scala che mena alle camere del Monte di Pietà; un altro è una sacrestia posteriore; e il resto sono due bugigattoli, di cui in uno scendevano i pesi di un orologio sopra collocato e dell'altro non si sa nulla mancando una apertura per accedervi.
Ma perchè questi rimaneggiamenti?
Non si sa se anzi il 1599 subisse già dei danni, solamente in tal anno vennero fabbricati pel Monte dei Pegni i locali sopra la chiesetta per cura di Mons. Calvo. La lapide murata sulla porta ricorda come il 27 marzo 1638 portandosi la Vergine SS. di Romania in processione di penitenza si udisse, mentre sostava presso questa chiesa, una terribile scossa di terremoto che mentre distruggeva altre città calabre preservava Tropea. Non è ricordato se a prova di ciò rovinasse parte di questa chiesa, ma lo è molto probabile accennando a qualche cosa la tradizione. Nel 1779 il vescovo Paù la cedeva al Monte di Pietà e forse approfittando della parte rovinata costruiva quella scala per dargli accesso indipendente. Fu chiusa allora la parte antica di accesso e aperta quella nuova a settentrione nella prima crociera. In questa, nell'ottobre 1920, rinvenni, nelle pareti, tracce di pitture, che, come quelle di S. Demetrio sono coperte da intonaco. Sotto questo nella parte di oriente nella zona saggiata sono due strati di pittura. Nel superiore è una figura in costume cinquecentesco.
Sotto questo strato di pittura è un altro di cui ho scoperto solo due figure, lasciando a persone dell'arte compiere l'opera: l'una nel centro in una riquadratura più grande ed una al lato sinistro in riquadratura più piccola composta di tre fasce colorate che nella parte centrale si arricchiscono di un disegno a mosaico.
La figura a sinistra, la meglio conservata, perchè era completamente coperta dei due strati d'intonaco, rappresenta una donna i cui lunghi capelli sciolti sulle spalle ricordano quelli fatti da Benozzo Gozzoli, allievo dell'Angelico nel dipingere la Cappella Cesarini nella Chiesa dell'Araceli in Roma. Bello è il viso giovanile di questa santa coronata vestita di rosso che con la mano sinistra tiene un libro e con la destra una palma, connotati che la fanno rilevare una santa martire, forse la locale S. Domenica.
La figura centrale è una Madonna in trono col Divino Figlio, che disgraziatamente poco si vede, mentre la madonna relativamente meglio conservata è di una fattura graziosissima. L'impostazione della figura, il volto gentile chinato alquanto verso il Bambino che tiene in grembo alla sua sinistra, la fattura della mano destra affusolata ed elegante, lo stile in genere con cui è condotta la pittura richiamano una Madonna di fra Giovanni da Fiesole, conservata a Firenze nella R. Galleria Antica e Moderna. Poco posteriore alla di lui morte, avvenuta il 1455, è l'anno 1486 rinvenuto nella riquadratura attorno che la fa ritenere opera di qualche suo allievo.
Era allora vescovo di Tropea Giuliano Mirto Frangipane (1480-1499), Governatore dello Studio Napolitano e R. Consigliere, che fu "delegato da Re Ferdinando I d'Aragona a comporre le controversie che si agitavano fra i Padri Domenicani, e Giovanni de' Leoni vescovo di Caserta".
Lo stesso predecessore di Frangipane, il vescovo Pietro Balbi, che fu famigliare a Papa Nicolò V, che aveva chiamato a corte l'Angelico a dipingere una Cappella in Vaticano, probabilmente iniziò la decorazione di questa cappella, egli che arricchì il nostro vescovato del bel ciborio attribuito al Cividale. La scrittura greca difficile a interpretare, ch'è presso la Madonna ricorda, come nel ciborio, la passione del Balbi pel greco idioma. Tutto concorre perciò a far ritenere questa pittura opera di un allievo del Beato Angelico, ma a chi in modo determinato devesi attribuire non si può dire, per ora basti poter concludere come la tecnica del lavoro e i vari personaggi altrimenti la fanno ritenere opera della scuola dell'Angelico, tenendo presente come poco prima nel 1480 i PP. Predicatori aprissero a Tropea un convento sotto il titolo di S. Maria delle Grazie, ch'è appunto la Vergine dipinta in questa cappella e che ai primi di quel secolo era vescovo di Tropea il B. Giovanni III de Dominici del medesimo ordine dei PP. Predicatori e contemporaneo dell'Angelico.
Nella parete della porta rinvenni un'altra figura cui la finestra aperta posteriormente ha troncato la testa. Per opera posteriore alle altre. E' una santa, forse S. Domenica, con palma di martirio nella mano sinistra, e attaccati a una catena ha dei leoni, e con la destra protegge un personaggio prostrato al suo fianco.
Disgraziatamente nessuna memoria si conserva degli artisti che si successero nella decorazione di questa cappella, ch'è stata un vivo cenacolo di fede per più tempo, nè dell'epoca della sua fondazione.
Non avendo documento scritto conviene argomentare indirettamente. Nei grossi costoloni diagonali e nel massiccio arco trasversale di profilo rettangolare si possono ravvisare i segni di un'arte primitiva e ancora incerta, la quale di fronte ad una novità costruttiva prende larghe precauzioni e si mette al sicuro. Le colonne alquanto tozze, gli ornamenti dei capitelli canestriformi, tutto è ancora prettamente bizantino; ma la crociera dell'ogive apparisce bell'e formata. Ma quale data si possa assegnare a queste volte è un punto che conviene chiarire, perchè esse acquistino un valore nella storia dell'arte gotica. Queste forme arcaiche la fanno ritenere di molto anteriore a due altre costruzioni gotiche pure in Tropea del secolo XIII ove la tecnica costruttiva appare già evoluta.
La profilatura dell'abaco dei capitelli ha di quella dei capitelli della Cattedrale di Ruvo (Puglie) del XII sec., ma meno fine. Tutto concorre a ritenere questa costruzione del XI sec. o al più dei primi del XII, fatta a cura forse dei Normanni. Dell'attività costruttiva di questi nei dintorni abbiamo documenti sicuri quali la Badia alla SS. Trinità di Mileto (1063) e la riedificazione della vicina Nicotera (1065). In quel torno di tempo (1062) Tropea accolse ospite dell'ultimo Vescovo greco Calochirio la moglie di Roberto il Guiscardo fuggita dal castello di Mileto assediato dal conte Ruggero. In riconoscenza di ciò il Duca con diploma del 1066 confermò ed accrebbe i domini del Vescovado tropeano. Fu allora forse il tempo della costruzione di questa chiesa edificata probabilmente per lo scampo ottenuto da Sichelgaita che qui presso ebbe stanza nel palagio vescovile.
Il novello stile fu plausibilmente introdotto dai Benedettini che in Tropea ottennero allora un cenobio ricordato nella porta bronzea di Montecassino dell'abate Desiderio (1062), donazione confermata poco appresso da Ruggiero nel 1090.
L'orientazione a levante venne quindi per prima applicata a questa chiesetta che sta a segnacolo del cambiamento di rito dal greco al latino.

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Appunti per una Ricerca
di Pasquale D'Agostino

(S. L.) In esame gli stranoti "Appunti per una ricerca su Tropea e i suoi casali nell'età moderna", sicuramente il saggio più "pascolato" dagli amatori di storia patria ma anche, e in particolare, dagli studiosi di rango della materia ivi trattata con intelligenza e rigore scientifico dallo storico Pasquale D'Agostino.
Poco importa se non viene citata la fonte nelle svariate opere che lo seguirono: esso ha fatto epoca e rimane sempre una pietra miliare della ricerca sul territorio di Tropea.
L'elaborato, tratto da "Atti del VI congresso storico calabrese" - Deputazione di storia patria per la Calabria, 1977, è stato opportunamente ripubblicato nel 1981 in un singolo volumetto dalla Soc. Ed. Meridionale, Salerno. L'iconografia impiegata nella messa in web dell'opera di Pasquale D'Agostino è a cura di TropeaMagazine.

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Il Comune affida la promozione turistica alla TV

(S. L./22giu) L'Amministrazione comunale guidata dal Sindaco Repice ha inteso operare da subito per la promozione turistica del territorio, affidando alla televisione, quale mezzo di maggiore diffusione, un messaggio che consentisse di far conoscere le bellezze naturali e paesaggistiche, oltre quelle di carattere architettoniche, che sono presenti nel territorio tropeano.
Il 21 giugno sono terminate le riprese effettuate, su mandato del Comune, dalla produzione di "familylife". Il prodotto andrà in onda su un sito internet (www.familylifetv.it) e - per un considerevole periodo di tempo - su tre canali satellitari della piattaforma SKY. Il Comune avrà inoltre la possibilità di distribuire secondo i propri intendimenti il filmato prodotto dalla troupe che è stata presente per due giorni in Tropea.
In data odierna è presente in città una troupe televisiva relativa alla produzione "porti di Italia", che oltre a svolgere riprese del nostro paese, intervisterà operatori commerciali della zona.
Il 3.7.2010 (possibile slittamento solo in caso di condizioni meteo avverse), in virtù dell'opera di convincimento prestata dal Sindaco Repice, saranno presenti le telecamere del noto programma televisivo Linea Blu, che concentrerà una puntata sulle straordinarie bellezze della costa tropeana, sull'attività della pesca e sulla ricchezza costituita dalle tradizioni dell'artigianato.





Un percorso di educazione al rischio sismico
per i bambini e i ragazzi delle scuole

Gaia International Festival e Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
presentano
Un percorso di educazione al rischio sismico per i bambini e i ragazzi delle scuole.
Un viaggio dentro e attorno il nostro pianeta alla scoperta delle forze misteriose da cui hanno origine i Terremoti.
Venerdi 25 Giugno ore 16.30
WWF - CENTRO DI EDUCAZIONE AMBIENTALE MARINO SCOGLI DI ISCA
via Marina, Belmonte Calabro (CS)

In collaborazione con:
Comitato Civico Natale de Grazia
Con il patrocinio di:
Comune di Belmonte Calabro

Info: leradicidelsuono@gmail.com


Gaia International festival




L'Arme di Casa Toraldo

La Famiglia Toraldo
tra storia e leggenda

(S. L.) Da secoli si tramanda oralmente il racconto, narrato anche da Matilde Serao, delle tre figlie del barone Toraldo, nobile iscritto al Patriziato del Seggio di Nido, e di Donna Gaetana Scauro, di alto lignaggio.
Donna Regina, Donna Albina e Donna Romita divennero orfane nel 1320 rispettivamente all’età di 19, 17 e 15 anni; tutte e tre di eccezionale bellezza. La maggiore delle sorelle, suo malgrado, divenne l’erede di un enorme fortuna, la rappresentante di un illustre casato, con privilegi e doveri; la custode della gloria e del sangue aristocratico.
Nella grande sala baronale, riceveva gli amministratori dei suoi fondi e, successivamente, i popolani che chiedevano giustizia, avendo sempre accanto lo scettro baronale, impreziosito di zaffiri, rubini e smeraldi; doveva mostrarsi severa, inflessibile, ogni parola doveva risuonare come un ordine e, come il suo viso, anche il cuore si induriva. Nei momenti liberi, apriva lo scrigno dove erano custodite le insegne del suo grado ed i gioielli, e leggeva il libro di famiglia dove erano scritte le imprese memorabili dei suoi antenati, in lei aumentava il senso del dovere, il rispetto delle tradizioni, il culto del nome del casato.
La seconda sorella, Donna Albina, chiamata così per i suoi capelli color cenere, quasi bianchi, occupava il tempo dedicandosi ai ricami e agli arazzi, istruiva le lavoratrici all’utilizzo dei telai.
Era lei che dava calore, allegria e luminosità alle sale di palazzo Toraldo.
L’ultima, Donna Romita, ancora adolescente, alternava momenti di tristezza con altri di grande allegria; ai giochi avvicendava lampi di sogni, di fremiti, di baci infuocati.
Re Roberto II d'Angiò, memore della promessa fatta al padre prima di morire, organizzò una festa con la presenza del fior fiore dell’aristocrazia.
Donna Regina avrebbe dovuto scegliere, tra i numerosi rampolli, il promesso sposo. Un cavaliere della corte napoletana, dall’aspetto imponente, elegantissimo, abile di spada e di lingua, Don Filippo Capace, appartenente alla potente famiglia del seggio di Nido, attirò l’attenzione delle tre sorelle.
Uno sguardo del cavaliere e Donna Regina trasalì, un soffio caldo fece breccia nel suo gelido cuore; alcune parole sussurrate e un brivido percorse la schiena di Donna Albina, accendendo desideri mai provati; uno sfiorare di mani e il volto di Donna Romita si illuminò come colpito da un raggio di sole.
Le tre sventurate sorelle si erano innamorate dello stesso uomo.
Dopo giorni di sofferenze, trascorsi in solitudine nelle rispettive stanze, si riunirono nella grande sala e decisero di separarsi, di dedicare la propria vita a Dio e fondarono tre monasteri con annesse chiese che presero il loro nome.
Donna Regina, divenuta badessa, di tanto in tanto, si affacciava alla finestra di una sua cella e gettava uno sguardo nel vicino palazzo Toraldo, oggi Museo d'Arte Contemporanea Donna Regina (MADRE), ove le sembrava di sentir risuonare il vocio allegro dell’unico giorno in cui aveva conosciuto l’amore.
Non molto lontano, Donna Albina e Donna Romita, nei loro rispettivi conventi, pregavano passeggiando nei silenziosi chiostri, ma il loro pensiero era rivolto al bel Filippo.

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