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Laura Caparrotti, attrice a New York con il DNA calabrese
Laura Caparrotti
(F. Vallone) Laura Caparrotti, professione attrice, regista, produttrice, l' appuntamento è a Pizzo Calabro. La incontriamo alla marina, in una delle tante rinomate gelaterie della cittadina tirrenica, Laura è bella e prorompente ma la cosa che più ci colpisce sin da subito sono i suoi grandi occhi che sono luce, colore, storia e racconto. Le origini di Laura sono rimaste incollate a soli pochi chilometri da Pizzo, a Maierato, dove le strade, le case e le finestre chiuse dei suoi avi si aprono ai suoi ricordi. Lei è nata a Roma ma, da tanti anni, vive e lavora molto più lontano, al di là dell'Oceano, a New York. Laura Caparrotti nella Grande Mela è un'attrice molto conosciuta nell'ambiente culturale italiano, ma anche in quello americano. A fare l'attrice ha iniziato in Italia, prima si è laureata in Lettere, Discipline dello Spettacolo, poi ha studiato e lavorato con il mitico Dario Fo, con i grandi Peter Stein, Peter Brook, Eugenio Barba, con Ferruccio Soleri e tanti altri personaggi del mondo del teatro. Nella sua brillante attività artistica ha avuto la fortuna di recitare anche con Mario Carotenuto e Giancarlo Cobelli, tanta esperienza fatta di studi, di gavetta, di prove e di tavole polverose di palcoscenico, poi il successo internazionale. Da anni Laura promuove il teatro italiano in America. Lo fa e lo ha fatto con tante importanti iniziative ricche di contenuti e creatività. Occhi particolarmente luminosi dicevamo, ma anche una bella voce, teatrale e impostata, una fisicità forte, una raffinata dizione, silenzi che sono riflessione, una gestualità sinuosa, sensuale e femminile, che la personalizzano sempre, come persona che è, e come personaggio che cambia continuamente. Occhi, corpo, voce, sguardi, parole, gesti, silenzi... Laura è proprio un'attrice vera.
Le poniamo alcune domande:
Laura Caparrotti, a Maierato vivono ancora i suoi parenti?
No a Maierato no, i parenti li abbiamo a Cosenza, visto che mia nonna, Elvira Greco, era di lì. A Maierato oggi abbiamo solo ricordi... parte dei Caparrotti sono sparsi per la Calabria e i parenti più stretti sono a Roma.
Da quanti anni è a New York?
Da 15 anni, più o meno... la prima volta andai a New York in vacanza, nel 1993, mi innamorai subito di questa città, poi mi trasferii per soli 9 mesi, nel 1996... e i nove mesi durano ancora! Decisi di fare esperienza in un teatro di New York per vedere come si lavorava lì. Anche perché il teatro americano è molto diverso dal nostro, sempre molto più legato alla tradizione. Fu il 'The Kitchen' sulla 19ma ad offrirmi questa possibilità di internship. Era così diverso, si faceva un qualcosa che mi era sconosciuto, ho iniziato a fare delle rappresentazioni in italiano, anche con un certo successo.
Laura, in America mette in gioco tutto il suo background italiano, recita sul palcoscenico, organizza mostre, scrive, fa regia, insegna teatro... ci racconta delle sue attività più recenti...
"Tosca e le altre due" di Franca Valeri, lo scorso febbraio. Lo spettacolo è stato presentato in italiano con sopratitoli in inglese. E' stato accolto benissimo e spero di riproporlo. Poi c'è stata la lettura della trasposizione teatrale di "Gomorra", dal libro di Saviano, adattata da Mario Gelardi e Roberto Saviano. Il testo in inglese è stato tradotto da me e da colleghi americani: un gran bel lavoro, difficile perché volevamo evitare riferimenti a film di mafia come "Il Padrino" o "Good Fellas". La lettura ha avuto un tale successo che abbiamo dovuta replicarla più volte. Poi continuo a portare in giro il mio spettacolo "ABC l'italiano s'impara così", un One Woman Show comico sugli stereotipi italiani di moda in America, a proporre serate di lettura di libri di autori italiani in traduzione, il tutto per diffondere la cultura italiana all'estero.
Progetti futuri?
Portare "Gomorra" sul palcoscenico americano, in inglese e tradurre e portare in scena "Idroscalo 93" un testo sulla morte di Pasolini e su tutto quello che c'è dietro di essa; organizzare la tourné di "Tosca e le altre due"...
Come produttrice cosa sta preparando?
Gli spettacoli appena citati mi vedono coinvolta anche come produttrice... poi ho tanti altri progetti che vedremo di far diventare realtà! Vorrei portare dei testi americani in Italia...
É vero che è ufficialmente rappresentante della famiglia De Curtis in America?
Direi proprio di si! Lavoro da 10 anni con la famiglia De Curtis nel portare Totò in giro per il mondo. È una cosa nata nel 2002. In quel periodo c'era una retrospettiva su Totò al Lincon Center. L'Istituto di Cultura di New York mi chiese di curare una piccola mostra, realizzata con l'archivio della famiglia De Curtis, qui a New York. Tutto questo ha aperto le porte al viaggio all'estero di Totò. Piano piano negli anni si è costruita questa esposizione sulla sua vita e la sua carriera. È un onore, un piacere, un regalo che è sopraggiunto senza averlo cercato o sperato. Chi se lo poteva aspettare che sarei diventata colei che racconta agli abitanti di altri Paesi chi era questo immenso attore e uomo che abbiamo avuto in Italia. Il bello è vedere quanto il pubblico non italiano si diverta e segua le espressioni, la mimica, i minimi cambiamenti della maschera Totò. Ed ogni volta che presento la mostra, il documentario o lo spettacolo da qualche parte del mondo, trovo sempre qualcuno che ha un legame particolare con Totò... io li chiamo i miracoli di Totò!
Ha un sogno nel cassetto?
Si, voglio realizzare un evento, non so ancora se solo spettacolo o altro, sulla Calabria, terra dimenticata che io amo profondamente e che sento mia! In fondo ho un pò di DNA calabrese in me.
--> Laura su Macondo
Nov. 2010
Le ritualità in bianco e nero della zucca sdentata di color arancio
(F. Vallone) Questi sono i giorni dell’arancio e i giorni della fine di ottobre si colorano del colore della zucca sdentata presa in prestito dai bisogni dettati dal mercato per creare altri giorni che fruttano soldi con la scusa degli eventi da ritualizzare, anno dopo anno. È facile vedere in questi giorni d’arancio, anche per le strade della nostra Calabria, negozi e negozietti, ipermercati, bar e pasticcerie con le vetrine allestite di tutto
punto e stracolme di gadget, giocattoli, oggetti e dolci tutti rigorosamente di colore arancio o anche nero e bianco. Tutti richiami aventi come tematica halloween, la festa americana dello “scherzetto dolcetto”, esportata da alcuni anni dagli Stati Uniti ma che invece pone le sue antiche radici nel mondo e nella civiltà celtica.
Proprio in questo periodo di soglia tra ottobre e novembre, alcuni anni fa, vi erano, anche nella nostra regione, tradizioni simili per la ricorrenza della festa di Ognissanti e per la commemorazione dei defunti. Elementi rituali e liturgici straordinariamente simili a quelli della famosa ricorrenza festiva di oltreoceano. Ultimi giorni di ottobre, uno e due di novembre, un periodo a cavallo tra due mesi per ricordare nella nostra tradizione Cattolica,
nel nostro calendario, che è festa dedicata a tutti i Santi e a tutti i nostri predecessori che oggi non ci sono più. In Calabria, abbiamo dimenticato, da anni, molte abitudini, tradizioni e usanze, legate certamente alla antichissima festa di halloween originaria che ha sicuramente riferimenti diretti con la giornata di Ognissanti e con quella dei morti del 2 novembre.
Halloween ritorna. È solo un ritorno culturale che prende la strada più lunga per ritornare. Riattraversa l’Oceano Atlantico e ritorna nei nostri paesi, nelle nostre città. Tutti cercano di recuperare l’antica festa che è, oggi, in America, uno degli eventi folkloristici più seguiti. È un riappropriarsi di uno dei più antichi riti celebrativi la cui origine risale a tempi lontanissimi. La sua crescente popolarità, anche in Italia e in tutta Europa, deriva
dalla tradizione americana della notte dei travestimenti e del “trick or treat (scherzetto o dolcetto). Nella nostra tradizione Cattolica, nel nostro calendario, a tutti i Santi viene dedicato il giorno del primo novembre, mentre il giorno successivo è dedicato alla commemorazione dei defunti.
Il giorno dedicato ad Ogni Santi (in inglese All Saints’Day) aveva una denominazione arcaica: All Hallws’Day. Presso i popoli antichi la celebrazione della festa di tutti i Santi iniziava al tramonto del 31 ottobre e pertanto la sera precedente al 1° novembre era denominato proprio “All Hallows Even” che venne presto abbreviato in “Hallows’Even”, poi in epoche più recenti in “Hallow-e’en” ed infine in “Halloween”. In Calabria abbiamo dimenticato da anni
questa celebrazione che aveva sicuramente riferimenti con la giornata di Ognissanti e con quella dei morti, con il 2 novembre.
In provincia di Reggio Calabria, in Aspromonte, per tutto un mese, in autunno, ogni sera si usava mettere sul tavolo di casa un piatto ricolmo di cibo, con pane e una bottiglia di vino, un boccale d’acqua e anche un mazzo di carte da gioco. Una antica usanza, un arcaico modo per rifocillare i defunti che, proprio in questo periodo, secondo la credenza popolare, di notte, vagano nel mondo dei vivi. A Rosarno, sempre n provincia di Reggio Calabria, ma anche
a Filandari ed altri paesi della provincia di Vibo Valentia, si usava raccogliere la cera che si scioglieva sulle lapidi dei cimiteri dai lumini votivi. Questa cera recuperata viene fusa in delle forme, costruite con la canna, o in contenitori vegetali, cipolle, peperoni o piccole zucche, con un nuovo stoppino posizionato all’interno. Queste nuove candele riciclate venivano poi utilizzate nelle sere dei morti, tra ottobre e novembre. Si girava per le strade
del paese, si bussava alle case dei compaesani per chiedere qualcosa per “i beniditti morti”. Si ricevevano dolciumi o qualche monetina, molto più spesso fichi secchi, corbezzoli, zinzuli - giuggiole, castagne, sorbi, castagne bollite, noci e nocciole.
Altra usanza era quella di andare in giro con delle grosse zucche svuotate e intagliate a forma di cranio sdentato, illuminate da una candela posizionata all’interno. Le zucche sdentate dette “teste di morto” legano perfettamente e simbolicamente la nostra tradizione a quella di halloween. Si andava in strada a raccogliere piccoli regali di parenti, amici e conoscenti, sempre in nome dei benedetti morti e successivamente si posizionavano le “zucche-teste di morti”
sulla finestra della propria casa, per illuminare, con la loro luce fioca, le notti più buie dell’anno. Sempre in Calabria, in questo periodo, vi è l’usanza di consumare un particolare dolce bicolore dall’intenso profumo di cannella denominato “ossa di morti”, molto vago come forma estetica, ricorda lontanamente un osso.
A Villa San Giovanni, invece, l’anatomia di questi dolci viene curata molto, i dolci dei morti assumono una forma realistica di scheletro completo di teschio. Sono i dolci della devozione e del ricordo, sono elementi di una vera e propria alimentazione della memoria e dell’anima che ci permettono di recuperare le tradizioni più arcaiche, quelle che detengono la nostra identità culturale. Secondo alcuni studiosi la celebrazione di Halloween ha origine molto più
remote di quanto possiamo pensare e pone le sue radici nel periodo della civiltà Celtica. Gli antichi Celti, che abitavano in Irlanda, Francia e Gran Bretagna, festeggiavano l’inizio dell’anno nuovo il 1° di novembre, proprio il giorno in cui si celebrava la fine della stagione calda e l’inizio della stagione fredda, del buio e delle tenebre. La notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre era una soglia molto importante, un momento solenne che rappresentava, per i Celti,
la più importante celebrazione del loro calendario. Tutte le leggende più antiche ci narrano cicli epici, antiche saghe, grandi battaglie che si svolgevano in questa notte particolare. Molte leggende riguardavano proprio la fertilità della terra, il terrore e il panico per l’inizio semestrale del Dio delle Tenebre (dell’Inverno). La ricorrenza segnava per i Celti la fine dei raccolti e l’inizio dell’inverno e assumeva una rilevanza particolare. Le persone si chiudevano
in casa per ripararsi dal freddo, i greggi venivano riportati a valle. I Celti credevano che alla vigilia di ogni nuovo anno (31 ottobre) il Signore della Morte, Samhain, Principe delle Tenebre, chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti. In questa soglia per loro tutte le leggi del tempo e dello spazio venivano sospese permettendo al mondo degli spiriti di unirsi al mondo dei viventi. Nei villaggi si spegnevano i focolai per evitare che gli spiriti maligni venissero
a soggiornarvi. Questo antico rito consisteva nello spegnere il fuoco sacro sull’altare e riaccendere il nuovo fuoco il mattino seguente. Un rito evidente di purificazione, rinnovamento e propiziazione per salutare il nuovo anno. Una rappresentazione ciclica, del Tempo e della vita stessa, dove veniva celebrata la speranza del ritorno alla vita. L’usanza americana di travestirsi la notte di Halloween nasce dalla stessa tradizione dei Celti. Si ritrovavano nella notte
del 31 ottobre a festeggiare mascherandosi con le pelli degli animali uccisi per esorcizzare e spaventare gli spiriti. Questi personaggi grotteschi rientravano nei loro villaggi illuminando il loro cammino con lanterne costruite con delle cipolle intagliate e riempite dal fuoco sacro. I Celti offrivano alle fate del cibo o del latte che veniva lasciato sui gradini delle loro case. Il trick or treat si fa risalire a quando i primi cristiani elemosinavano per un pezzo di
dolce dell’anima che era quasi sempre un pezzo di pane. Più dolci dell’anima una persona riceveva, più preghiere si promettevano a favore di defunti della famiglia che aveva donato il pane.
In America i ragazzini travestiti con maschere mostruose e costumi terrificanti vanno in giro a chiedere, dolcetti o scherzetti. Se non ricevono niente rispondono con qualche brutto scherzo.
Durante il I° secolo i Romani invasero la Bretagna e vennero a contatto con questi antichi riti e celebrazioni. La Chiesa Cattolica non riusciva a sradicare questi antichi culti pagani che prevedevano la presenza, nell’immaginario collettivo, di streghe, demoni e fantasmi. Nel 835 Papa Gregorio spostò la festa di tutti i Santi dal 13 Maggio al 1° Novembre e diede così un nuovo significato ai culti pagani. Tuttavia l’influenza nefasta del culto di Samhain non fu
sradicata e per questo la Chiesa aggiunse, nel X° secolo, la festa del giorno dei morti, il 2 Novembre, in memoria delle anime dei defunti che venivano ricordati e commemorati dai loro cari.
(Nov. 2010)
Antonio (Totò per gli amici)
(S. L.) Il “posto fisso”…quanti l’hanno sperato nella vita? Quanti se l’avessero avuto non avrebbero mai lasciato l’Italia fino ad alcuni anni fa?
Antonio, Totò per gli amici, è calabrese (di Tropea), ha 58 anni e il posto fisso, dopo 22 anni di lavoro, l’ha lasciato nel ‘98 per seguire la moglie a Vienna.
Dopo una vita fatta di sacrifici (“Studiavo a Messina, ma vivevo a Milano dove facevo il portalettere fuori ruolo e viaggiavo per gli esami per non dipendere dai miei, anche se stavano economicamente bene”) e di peregrinazioni per varie città italiane (ha vissuto a Milano, Trieste, Udine), ha mollato tutto e ha cambiato vita.
In Austria ha lavorato nei teatri, nei musei e da quattro anni lavora alla Konzerthaus di Vienna “dove”, dice, “ho potuto scrivere tre libri e due novelle inedite”.
Antonio ha pensato di tornare in Italia, ma “i figli sono quasi viennesi ed è difficile dato che col tempo i rapporti con i familiari di origine si perdono e senza aiuto, in Italia, è difficile riambientarsi…oltretutto la mentalità nostra è cambiata per cui un reinserimento appare problematico”.
A chi vorrebbe andare via dall’Italia consiglia di “avere coraggio (se non hanno un lavoro stabile dove vivono) e decidersi a cambiare vita per non morire vegetando dove si è, aspettando Godot...”
Thanks Antonio!
--> Popolo Migrante
Unofficial Trailer del film 'Totò'
(Nov. 2010)
PORTA A PORTA: Speciale NATUZZA
(S. L.) Oggi mercoledì 3 Novembre Rai 1, alle 23.30 circa nel programma "PORTA A PORTA" ci sarà uno speciale su Natuzza Evolo, la mistica di Paravati (VV) scomparsa il primo novembre del 2009.
Il presente e l'avvenire industriale di Tropea
Tropea 1890 - La costruzione della distilleria in via Libertà ad opera dell'impresa Giroldini
(G.B. Petracca Scaglione x GazzettinodiTropea/3apr1908) Non posso non farne oggetto di una speciale nota di cronaca il serio miglioramento verso cui si dirige a gran passi la capitale del nostro Mandamento: voglio dir di Tropea, di questa gentile cittadina che rivedo di tanto più bella dopo circa due mesi di assenza, piena d'una vita più briosa e sollecita, decisa ormai a rivolgere il pensiero e l'energia ad un ideale di vero progresso, il quale seguendo come s'inizia dovrà annoverarla fra le città prime della Provincia.
E tralasciando per ora dir qui d'altro genere di miglioramenti che vanno imprimendo a Tropea fisionomia di Città vera ed elegante, mi riferirò al suo progresso industriale-commerciale iniziatosi da poco, e di cui son geniali promotori parecchi tra i migliori gentiluomini di colà, appartenenti a famiglie cospicue.
Prima a visitare, previo gentile invito dei proprietari, Cav. Gerardo Buongiovanni e Cav. Giuseppe Coccia fu la tipografia, messa ora in tre bellissime sale che danno sul corso. Loro, senza badare sacrifizii e spese la perfezionano radicalmente e l'arricchiscono di tutto quanto basta a formarne un laboratorio tipografico elegante e bello.
Quand'io entravo erano tutti al lavoro. Mi venne incontro il tipografo capo - il Sig. Gennarino Del Gaiso - col padre, un vecchietto arzillo, intelligente offerendomisi entrambi se volessi visitare il nuovo macchinario. Non lasciai sfuggirmi quell'occasione e volli osservare ogni cosa.
Tutto è nuovo, elegante, perfetto. Vi hanno qualità di tipi di nitore e finezza quasi direi litografici, una profusione di fregi grandi e piccoli dalla linea chiara e distinta; una quantitò di accessori di ogni specie; un materiale di consumo al postutto completo ed un esteso archivio di stampe per le Amministrazioni Comunali, Esattorie e Preture, nonchè un deposito di carta di tutte le qualità e dimensioni.
- Ma bravo, ma bene! - ho detto rivolgendomi a quei due: cotesto significa vero progresso!
- Speriamo - aggiunsero con aria soddisfatta - perfezionarla sempreppiù.
Qui non debbo tralasciare di dire come i Del Gaiso, non pur di essere due tipografi intelligenti, anco dimostrano abbastanza piena e sicura conoscenza dei segreti dell'arte, e gusto squisito nella disposizione dei singoli caratteri ed in qualunque altra specie di lavoro. Fra le ultime edizioni che abbiamo di tanto ammirato, ve n'ha una di tal finezza ed eleganza da essere spontaneamente encomiata da quell'autorevole rivista che è La Civiltà Cattolica.
Lo stesso Cav. Buongiovanni mi conduceva poco dopo a visitare il pastificio, un elegante stabilimento apertosi di questi giorni al lavoro. Il locale - cinque sale ampie e belle piene d'aria e di luce in cui brillano i nuovi apparati - sorge rimpetto il palazzo d'un degli azionisti, il Cav. Felice Toraldo, l'illustre nobiluomo del quale avemmo occasione intratttenerci largamente in questo giornale a proposito di Tropea e del suo progresso.
Lavorano in quello degli operai forestieri abilissimi ed attenti. Il Cav. Buongiovanni mi fa osservare le singole macchine, dicendomi del modo come le si fan funzionare. Sono tutte macchine nuovo modello, di solida fattura ed elegantissime.
Passiamo quindi in altra sala dove viene asciugata la pasta. Quivi è tutto disposto con bell'ordine: e, nell'entrarvi, un colpo d'occhio pittoresco si offre alla vista scorgendo quei mille e mille fili di pasta sospesi a lunghe liste pendenti dal soffitto ed attaccati alle pareti.
Nell'uscir di là, il Cav. Felice Toraldo, attivo e vigile, ora a sorvegliare gli operai, ora a tener capo ad una infinità di faccende, ora a rivedere la contabilità del giorno, mi fa cenno d'avvicinarmi nel suo gabinetto. E quando io gli esprimo le mie congratulazioni pel nuovo pastificio messo così bene e così sapientemente condotto, l'illustre nobiluomo mi risponde assai modesto:
- Cosa vuole, cerchiamo per quanto ce lo permettono le nostre forze, spingere sempre avanti il progresso della nostra Tropea...
- ... ch'è poi quello - interruppi scusandomi - di tutto il Mandamento.
- Proprio così; - mi rispose il cavaliere schiudendo le labbra ad un sorriso d'entusiasmo.
Qui c'intrattenemmo un tantino a ricordare un passato glorioso per Tropea, in cui e il commercio e l'industria fiorivano come nelle grandi città. Parlammo di un'antica conceria di cuoiami e d'una raffineria di zucchero: due fabbriche esistite in tempi remoti, e smesse in seguito per la tristezza dei tempi e le miserrime condizioni dei nostri paesi. Non così ora - gli osservavo, - in cui questa risoluzione di progresso che s'inizia così vigorosa e sapiente va mano mano attuandosi sotto gli auspici della parte migliore di Tropea, nella quale figurano nomi degni sott'ogni aspetto, ma noti più che altro per amore forte e sincero alla patria loro; per sostenutezza di carattere; onestà integra e decorosità d'agire.
Sul punto di lasciar Tropea per recarmi a Spilinga - ove si è proceduto l'altro ieri alla nuova elezione del Sindaco, stavolta scelto nella persona del chiarissimo Dott. Lorenzo Miceli, uno tra i più stimati gentiluomini del paese - appunto per comunicarvi notizie più precise circa il pensiero degli abitanti in quest'ultime elezioni, due amici, a proposito delle nuove opere attuate in Tropea, destinata alla fattura di mattonelle di cemento ivi sorta da poco; e di una terza che s'impianterebbe fra un mese o meno, cioè una distilleria di vinacce. Fra non guari, poi, s'inizierebbe anco - cotesto e viene assicurato da persone degne di fede - un laboratorio di essenze: e l'Avv. Gilberto Barone - un giovane egregio che
gode della stima di tutti - mi cennava pure d'una filanda da istituirsi a Tropea; opera utlissima e che, fra l'altro, darebbe lavoro a molti degli stessi paesani.
Un'ultima parola, che da cronista sincero cui spetta dir con legittimo orgoglio del buono e bello che gradatamente apparisce nei singoli paesi del suo Mandamento, io metto qui circa la nostra gentile capitale.
Ottima e felice idea quella di fondare un pastificio; genialissima l'altra di istituirvi una tipografia, ed ancora migliori quelle d'impiantarvi la distilleria delle vinacce, il laboratorio di essenze, la filanda, ecc. ecc.; - ma che, però, tutte le coteste cose, attuate e d'attuarsi, non dovrebbero farne dimenticare delle altre non meno utili, se non di maggior momento.
Per esempio; - Una grande fabbrica di stoviglie, dalle più grossolane alle più fine, potrebbe e dovrebbe sorgere in Tropea, per la evidente ragione che il suo territorio è eminentemente straricco della più eletta qualità di argilla, come asseriscono in egregi lavori scientifici degli eminenti personaggi, quali il Cav. D. Alessandro Pelliccia di Tropea, l'insigne geologo e naturalista G. Antonio Ruffa di Ricadi, e il Melograni di Parghelia. Non solo: ma è noto abbastanza come la rinomata Ditta Ginori di Firenze ne asporti sempre considerevoli quantità dai due Comuni di Parghelia e di Zambrone, ove pare che quel genere di creta sia più abbondantemente profuso.
... Oh, non basterebbe poi a spronare quegli azionisti ad una così utile e nobile iniziativa ricordar loro come in molti punti del territorio si rinvengono spesso, nel dissodare il terreno per le piantagioni, frammenti di stoviglie bellissime, in cui scorgesi ancora finezza e solidità di fattura, ed i quali danno prova della esistenza di antiche fabbriche distinte in quel genere di lavoro?
Senza dire che si smetterebbe una buona volta di ricorrere per simili acquisti a Soriano ed a qualche altro paese di minore importanza.
Nov. 2010
LA MAGNIFICA OSSESSIONE E IL BACKSTAGE DE 'LA TENDA IN PIAZZA' DI GIAN MARIA VOLONTE'
Al Museo parlamentario lusinghiero successo artistico della pittrice Ida de Vincenzo
L'artista Ida de Vincenzo (a destra) e la giornalista Cristina Borruto
(S. Libertino) Lusinghiero successo artistico ha avuto l'inaugurazione della Mostra di Pittura della pittrice italiana Ida De Vincenzo allestita il 19 ottobre scorso a Buenos Aires presso il "Museo parlamentario" con numeroso pubblico e la presenza di personalità e autorità dell'ambito culturale e istituzionale, nonchè amici e familiari dell'esimia artista.
Cristina Borruto, ancora una volta, ha condotto eccelentemente l'evento salutando, presentando e ringraziando le distinte personalità. Fra questi: le autorità del "Museo parlamentario", direttore e vice direttore di Cultura Pedro A. Carabine e Leandro Baldivieso, Omar Escales, Estela I. A. Masjoan, Laura Prudencio, arch. Hector F. Zubiaguirre (del Rotary di "Villa del Parque"), la scrittrice Carmen Mancuso ed altre.
L'artista ha rivolto a tutti un commosso saluto di ringraziamento per aver partecipato al suo evento artistico plasmato di colori e sentimenti.
Prima del vino d'onore, il tenore Nestor Sosa e la soprano Nora Canselier, hanno regalato a tutti i presenti tre brani: Va'pensiero, La donna è mobile, Il brindisi della Traviata.
Alla fine si è brindato con l'artista Ida de Vincenzo e con tutti i presenti con un "vino d'onore".
Ida De Vincenzo è nata a Cropalati in un piccolo paesino di montagna come tanti nella provincia di Cosenza di cui l'artista riesce a versare nella sua pittura tutta la forza e la bellezza dei paesaggi. Ecco come lo spiega la stessa pittrice: "Per via della mia nazionalità, la cultura e la lingua italiane hanno acquisito fondamentale importanza nella mia vita. Posso affermare che da sempre sono stata in contatto diretto con le mie radici. Dopo 50 anni di assenza ho conosciuto il posto dove sono nata e ne sono rimasta commossa dallo splendore dei paesaggi in un mondo che adesso sento veramente mio. E' la mia seconda casa, come mi piace dire".
--> Il Blog artistico di Ida de Vincenzo
Nov. 2010
A Tropea preoccupa il dissesto idrogeologico. Occorre affrontare con attenzione la problematica
Tropea. 1952. Veduta aerea dell'area della foce della Grazia/Bulmaria devastata dalla piena dei due corsi d'acqua.
(S. Libertino) Con la timida ripresa dell’estate di San Martino, dopo le recenti piogge torrenziali, il comune augurio di noi tutti sia che la dolorosa sorte capitata al povero Francesco La Rosa faccia riflettere non poco chi a tutti i livelli è preposto ed ha la responsabilità di salvaguardare l’incolumità dei cittadini.
Mi riferisco all’attuale inesistente - da lunghissimi anni - messa in sicurezza dei corsi d’acqua che fluiscono nel territorio di Tropea nel totale stato di abbandono e nell’assoluto degrado ambientale circostante. Ciò è dovuto al fatto che la loro portata, mai apparsa considerevole, non abbia costituito un vero campanello d’allarme, se non solo poche volte.
Anche se i corsi d’acqua - Grazia, Bulmaria, Lumia, Annunziata - nel lontano e recente passato per le loro particolari caratteristiche sono stati oggetto di studi, questi non furono mai approfonditi né accompagnati, quando in epoca recente lo avrebbe richiesto l’innegabile cambiamento climatico, da indispensabili interventi mirati e adeguati neppure nel rispetto delle più elementari misure di sicurezza riguardo a manutenzione degli alvei spesso ‘a scomparsa’ in piena rete urbana cittadina (Annunziata), o in punti strategici pericolosissimi come nella fase terminale della Lumia, il cui corso ai primi del Novecento, durante i lavori di realizzazione dell’approdo, fu dirottato
verso lo sbocco a mare dietro il molo attraverso lo scavo di una galleria nello Scoglio di San Leonardo. Ciò per evitare il sicuro e disastroso interramento della nuova area portuale, nella quale andava a sfociare prima del 1913.
E’ inoltre risaputo che il letto della Lumia nella fase terminale è pressoché inesistente e il flusso nelle vicinanze della “grotta” del San Leonardo è costretto a passare sotto costruzioni abitative.
Negli anni Cinquanta la Lumia ha dato prova di inondazione e recentemente si è corsi ai ripari per agevolarne il deflusso con lavori di sterro e pulizia scongiurando il tracimamento e conseguente inondazione ai danni degli abitati con il possibile interramento dell’area portuale.
L’Annunziata – è noto - a gennaio dell’anno scorso in Contrada Argani è uscita fuori dal corso ‘sotterraneo’ provocando uno smottamento in prossimità della strada provinciale e continuando la corsa tra fango e detriti in una pericolosa gincana tra le case di viale Don Mottola fino al mare riappropriandosi dell’antico solco, quello dell’attuale sottopasso che rasenta il complesso alberghiero ‘Rocca Nettuno’, e danneggiando la struttura del depuratore, costruito a suo tempo nel letto della fiumara.
Altro depuratore qualche settimana fa è stato messo fuori uso dalle acque della Grazia, che nel passato veniva definito ‘fiume’, perché alcune volte, come qualche settimana fa, nel tratto terminale aveva assunto - anche a causa della confluenza della Bulmaria – l’aspetto e la portata di un vero e proprio fiume con il conseguente rischio di travolgere persone e cose e minacciare l’interramento dell’area portuale. C’è da sottolineare che la rampa che permette il raccordo tra strada provinciale e Contrada Marina segue lo stesso tracciato del letto della Grazia.
Ora occorre limitare i danni e ricorrere ai ripari, prestando la massima attenzione al problema attraverso una costante e scrupolosa opera di monitoraggio e pulizia dei corsi d’acqua, predisponendo ogni accorgimento affinché vengano nei tratti pericolosi rimodellati alvei e argini e rimossi gli impedimenti o restringimenti che procurano possibili rallentamenti al regolare deflusso delle acque.
--> Continua
Nov. 2010
L'italiano morto assieme alla moglie nel disastro aereo di Cuba era Raffaele Pugliese di Piana Pugliese di Cessaniti
(F. Vallone) Tra le tante storie, le sessantotto storie cadute dal cielo sopra Cuba, c'è anche una storia d'emigrazione tutta vibonese che si chiamava Raffaele Pugliese. Si sono svolti ieri sera, alle ore 17.30, a Piana Pugliese di Cessaniti, presso la chiesetta di Santa Maria Annunziata, i funerali simbolici, una santa messa in suffragio delle anime di Raffaele Pugliese e di sua moglie Maria Pastores. La strada del piccolissimo paese, frazione di Cessaniti, riesce a contenere a malapena tutte le auto dei tanti arrivati sin qui, e la piccola chiesa dell'Annunziata non riesce a contenere la folla della tanta gente che ha voluto partecipare al triste evento. Il manifesto funebre, affisso all'entrata del paese, riportava testualmente: "...nel disastro aereo di Cuba venivano a mancare..." e poi, a seguire, i nomi di Raffaele Pugliese e di sua moglie Maria Pastore senza la esse finale del suo cognome tutto argentino.
La tragica notizia era arrivata veloce a Piana Pugliese, lo stesso quattro novembre e direttamente dall'Argentina dove Raffaele Pugliese era emigrato tanti anni fa. É lo stesso figlio di Raffaele Pugliese, Giovanni, ad avvisare le zie, Concetta e Natalina Pugliese, che ancora abitano in queste contrade, una a Mantineo e l'altra nella stessa Piana Pugliese. La notizia è terribile. Raffaele e sua moglie si trovavano sull'aereo di linea che è precipitato nel centro di Cuba, causando la morte delle tutte le 68 persone a bordo. L'aereo, un ATR-72 della compagnia AeroCaribbean, era partito dalla città di Santiago de Cuba, diretto all'Havana. Il velivolo è caduto ed ha preso fuoco in una zona impervia di montagna della provincia di Santi Spiritus, dopo aver segnalato un'emergenza e aver perso i contatti con la torre di controllo. Sull'aereo volavano 40 cubani e 28 cittadini stranieri: stando alla lista passeggeri diffusa dalle autorità, si tratta di nove argentini, sette messicani, un venezuelano, tre olandesi, due tedeschi, due austriaci, un francese, un italiano, uno spagnolo e un giapponese.
Raffaele Pugliese, era nato nel 1942 a Cessaniti nella frazione Piana Pugliese, dove in tanti si chiamano proprio Pugliese, ed abitava in Argentina dove era emigrato da anni. Ogni tanto, ci racconta un abitante di Piana pugliese, "arrivava in Italia e scendeva in Calabria, fin qui", per risolcare le strade di casa, le antiche parentele, per risentire gli odori e i sapori antichi della sua memoria, dei suoi avi e del suo piccolissimo paese della Calabria. Il destino di emigrato calabrese ha voluto segnare la sua fine lontano da tutto questo, sopra il cielo di Cuba.
Nov. 2010
Clima da tutti a casa: l’onorevole resta solo e parla ai banchi vuoti
(P. Bracalini x ilgionale.it/12nov) «Onorevoli colleghi!», buon riposo, ovunque voi siate. Certo non nell’aula di Montecitorio, 629 sedie vuote ed una occupata dal deputato cui, ieri, toccava parlare da solo, tipo eremita nel deserto. Un’immagine desolante di un Parlamento disoccupato, immobile, svuotato, effetto simile ad uno stabilimento balneare a dicembre. Una scena da immortalare per farla vedere agli amici, se solo si potesse. Invece no, la Camera è in letargo, ma la burocrazia è vigile come una faina. Se provi a scattare una foto al Transatlantico monocratico, il commesso che prima sonnecchiava sbirciando il cellulare in caso arrivi sms, si trasforma in una guardia svizzera e ti assale, col fiatone perché l’illecito di cui ti stai macchiando dev’essere di quelli gravi. Ci spiega, dopo essersi assicurato che la foto proibita sia stata distrutta, che un giornalista non può fare fotografie, sennò sarebbe un fotografo. Lapalissiano. Viceversa il fotografo può fare foto (come quella che mettiamo qui a fianco - NDR: Non c'è alcuna foto -) ma probabilmente non può prendere appunti, cosa che giustamente spetta al giornalista cui
è severamente vietato fotografare, salvo autorizzazione apposita da far pervenire a Montecitorio entro e non oltre le calende greche. Un bizantinismo assurdo di fronte ad una scena altrettanto surreale, la Camera degli assenti, il Parlamento dei muti, il deputato che si fa una domanda e si da una risposta. Lui, Carmelo Lo Monte di MpA - Alleati per il Sud, dal monitor dell’atrio sembra intento in un normale intervento d’aula, ascoltato da una qualche platea, magari non estesa, ma qualcuno che lo ascolti sui banchi sì, invece diventa protagonista di un film paranormale se solo ti affacci nella tribuna stampa: solo come un cane (una classe delle medie era in visita alla Camera ieri, speriamo non li abbiano portati in aula, poi dice che c’è l’antipolitica...). Tra l’altro, il deserto di Montecitorio accade in piena crisi, e non solo politica, coi famosi «problemi del Paese» cui tutti si attaccano per lamentare che, causa avversari nemici dell’Italia, non si riesce a lavorare. Su questo possiamo testimoniare che la politica non mente: a Montecitorio non si lavora proprio.
Da metà ottobre la Camera ha approvato sostanzialmente solo una legge, quella sul maltrattamento degli animali, sacrosanta ma non proprio fondamentale per le sorti della Repubblica. Con una pausa dal 30 ottobre all’8 novembre, per riprendersi dalla faticata. Il resto sono palleggi, pretesti per mettere qualcosa all'ordine del giorno e allungare il brodo, tanto l'arrosto sul piatto si sa che non arriva. Di fatto i deputati lavorano solo il mercoledì, molti arrivano la mattina di quel giorno e ripartono la sera stessa. Gli altri sei giorni è vacanza, ben pagata. Al giovedì, come ieri, il rito prevede le «interpellanze urgenti». Talmente urgenti che non ci va nessuno, tranne l’interpellante che recita il suo copione a teatro vuoto. Anche se parlano di «problemi reali» tipo il servizio di Trenitalia in Sicilia o le contraddizioni dell’inchiesta Why not, l’aula del giovedì è una barzelletta.
Si sfornano i soliti cornetti croccanti alla buvette, vero cuore pulsante del Parlamento. Lavorano un po’ le commissioni, ma mica tanto, e quei pochi deputati che ordinano il caffè al barista in livrea escono da lì. Il luogo però simbolo del pantano in cui è sprofondata la legislatura resta l’aula, specchio del Paese e in questo caso spaventoso deserto di anime. Gli stessi tromboni che si riempiono la bocca di salvezza nazionale e senso delle istituzioni si guardano bene da frequentare Montecitorio quando non è strettamente indispensabile. La bella politica è uno slogan utile, ma bugiardo come pochi. La politica che interessa è solo quella che poi deplorano in pubblico. Chi va con chi? Chi vince e chi perde? Ma i finiani cosa vogliono? Elezioni o governo tecnico o rimpastino? E l’Udc ci sta ad Berlusconi bis? E Berlusconi fa il bis? E Bossi media? Col dito medio? Non scherziamo.
Fannulloni è eccessivo, più che altro disoccupati di lusso. I finiani facevano i secchioni qualche mese fa: «Il Parlamento fa il notaio del governo, ratifica quel che fanno i ministri e niente più». Risultato del fighettismo istituzionale? Non fanno neppure più quello. Tutti fermi, nessuno si muova, c’è da capire cosa vuole Briguglio. Non voli una mosca in aula, piuttosto tutti a casa, finché Granata non chiarisce le sue condizioni. Poi a lavoro, basta poltrire, novembre è appena iniziato. Mancano almeno 5 giorni di lavoro prima che finisca.
Nov. 2010
Il sogno americano di Mastro Masilla
Emigranti (fotoarchivio Franco Vallone)
(Antonio Cotroneo) Il sogno americano, realizzato poco tempo prima di morire, era stato sempre agognato dal sarto del Borgo: Mastru Masilla. Quand'ero ragazzino, seduto sopra un piccolo sgabello dentro la sua sartoria, ascoltavo con interesse i fatti che lui lentamente mi raccontava della Sicilia, sua regione d'origine e specialmente dell´America, storie che apprendeva dalle lettere che ogni mese giungevano dal fratello, da lungo tempo emigrato a Newark (USA/New Jersey).
Anche lui sarto, era riuscito ad entrare in un grande atelier del luogo e guadagnava bene, grazie anche alle numerose ore di straordinario che riusciva a fare. Mastru Masilla portava sempre il vestito da lui stesso cucito, i cui pantaloni non avevano mai la cinghia, perché erano sorretti dalle bretelle. Le camicie, che lui stesso stirava impeccabilmente, erano sempre di colore bianco e non avevano una piega. D´aspetto molto distinto, quando l'ho conosciuto aveva già i capelli bianchi e solamente uno o due denti in bocca. Si era inserito e integrato molto bene con la mentalità dei tropeani, essendosi sposato con una del luogo.
Di domenica pomeriggio e in altri giorni festivi, la sua bottega diveniva un ritrovo per anziani che si riunivano per passare un po' di tempo insieme, giocando a carte. Infatti dentro venivano allestiti due o tre tavoli con le sedie, per consentire ad amici e conoscenti del sarto di prendere parte al gioco. Quelli che arrivavano tardi rimanevano in piedi o seguivano le partite seduti su sgabelli e cassette, prese dentro il portone di mia nonna. Sembrava che si divertissero più quelli che osservavano il gioco che i giocatori stessi, perché a fine partita si avviavano vivaci discussioni e commenti. Non si giocava a soldi, perché lo scopo principale degli anziani era quello di trascorrere insieme allegramente il pomeriggio. Ogni due o tre ore mastru Masilla interrompeva il gioco e passava per i tavoli con un cestino ad incassare la 'riposta' per il pagamento della corrente elettrica consumata. Quando con fatica si faceva largo fra la moltitudine di vecchietti a ritirare il dovuto, si sentiva mastru La Tuffa u scarparu, sempre con un residuo di sigaro in bocca, imprecare:
"Sempi cu stu panaru! Pari ca cogghi fica! Passi chiu' tu c´o sacristanu du Prigatoriu! Cerca, ambeci, u m´accatti nu paru i carti novi, ca si canuscinu tutti".
Il sarto parlava correttamente in italiano e non si notavano inflessioni dialettali della regione d'origine. Quando non giocavo con i bambini, entravo da lui e ascoltavo racconti 'mericani', data la vicinanza della sartoria al portone di mio nonno. Poche volte mi è capitato di vederlo allegro e sorridente. Dalla sua espressione notavo una profonda e struggente malinconia, dovuta alla lontananza dell´unico fratello rimasto in vita. Però u custureri era caparbiamente convinto che, se il fratello d'oltre oceano fosse riuscito a far fortuna, un giorno gli avrebbe spedito 'i dollari' per permettergli finalmente di comprare il biglietto ed imbarcarsi sulla nave (subb´o papuri) che lo avrebbe fatto arrivare fino alla lontana ´Merica', per rivedersi prima di morire. I mesi passavano, ma lui, tenacemente, non si rassegnava, perché la speranza che il sogno si avverasse era sempre desta. Il mastro intuiva dalle lettere che il fratello era triste, anche se aveva raggiunto una posizione economica invidiabile che lo faceva vivere bene. Soffriva perché dopo la sua forzata partenza non aveva potuto più rivedere la Sicilia e il fratello, l'unica persona cara, l´unico affetto, ma tanto lontano.
Il sarto del borgo, mentre cercava di infilare l´ago con le mani vecchie e tremanti mi diceva di avere una grande paura di compiere la lunga traversata. Lo terrorizzava, in special modo, l´oceano in tempesta e le gigantesche onde che era capace di sollevare in quanto sofferente di mal di mare anche se i "papuri" in quegli anni erano piu' grandi, veloci e confortevoli rispetto a quelli di fine secolo. Però era pronto, deciso, per amore del fratello, anche in età avanzata e i numerosi acciacchi, a sacrificarsi e compiere l´estenuante viaggio di quasi venti giorni che l´avrebbe portato dall´unico familiare rimastogli.
Mastru Masilla mi diceva - dopo aver letto le lettere che puntualmente il fratello americano gli mandava dall´America del Nord - che al di là dell'immenso mare si facevano tutte le cose in grande. La vita era frenetica, i campi di grano e di cotone sterminati e c'era un posto di lavoro per tutti gli emigranti che arrivavano. Mi raccontava che all'inizio gli italiani erano malvisti, per la fama di mafiosi che s'erano fatta, di gente dedita più al crimine che al lavoro. Però gli americani nascondevano all'opinione pubblica mondiale il fatto che migliaia e migliaia di nostri lavoratori erano morti nei cantieri, mentre costruivano gli altissimi "skyscrapers" (grattacieli), caduti da notevoli altezze, perché non abituati a lavorare così in alto, o caduti nei grandi contenitori di cemento e calce (i cantieri erano tutti irregolari e privi di strutture, mezzi di prevenzione e norme per la tutela dei lavoratori) e 'murati' nei palazzi. Non si faceva menzione dei tanti perseguitati politici del regime fascista, scappati in America, nascosti per tutta la traversata nelle stive delle navi per non essere giustiziati o carcerati a vita, solamente perché avevano altri ideali di uguaglianza e libertà.
Nessuno notava la laboriosità e il risparmio a cui erano costretti moltissimi emigrati, dovendo ogni mese spedire una parte del salario alle famiglie ancora in Italia, che non avevano sufficienti soldi per poterli raggiungere. Nessuno considerava che dopo una giornata di lavoro ritornavano a casa e non trovavano familiari ad aspettarli, consolarli delle loro quotidiane fatiche, scambiare una parola davanti ad un piatto caldo.
Un pomeriggio u mastru dalla sua sartoria mi faceva cenno di entrare dentro, perché doveva parlarmi. Quella giornata non era come le altre, perché stranamente Masilla non era più cupo e triste come prima. Dal suo sguardo sprizzava gioia. Così, mentre era intento a stirare un pantalone di velluto, mi comunicava che la partenza per la Merica era imminente: i soldi gli erano stati spediti dal fratello mericanu, che si era ricordato di lui, anche se con molto ritardo. Quello che non aveva intuito u mastru burghitanu era che se lui aveva un sogno, il fratello, vecchio e sofferente emigrato, ne aveva due da realizzare con i soldi: rivedere dopo quarant'anni e, forse, per l'ultima volta, l'unico caro affetto e, nello stesso tempo riconoscere tramite lui la propria infanzia e adolescenza, rispolverando insieme ricordi, sapori e momenti di una età che non rivivrà mai più.
Nov. 2010
Springsteen, arrivano gli inediti del Boss
B. Springsteen in una foto di scena di 'The Promise: The Making of Darkness on the Edge of Town'
(S. L.) Oggi 16 novembre è il gran giorno per i fan di Bruce Springsteen. Finalmente arriva nei negozi "The Promise: The Darkness on the Edge of Town Story", un cofanetto dedicato allo storico album del 1978. Nella versione più ricca contiene il dvd del documentario sul making dell'album, con molto materiale d'epoca, presentato in anteprima ai festival del cinema di Toronto, Londra e Roma, il cd rimasterizzato, il dvd con quattro ore di concerti, con performance tra il 1976 e il 1978, che sono la testimonianza dei concerti più saccheggiati dalla sconfinata produzione di bootleg, la riproduzione del blocco, l'ormai celebre "notebook", su cui Bruce ha appuntato testi e spunti delle 70 canzoni scritte per quell'album dove hanno trovato posto 10 brani. In più un doppio cd con 21 canzoni inedite, scelte tra le tante "outtakes". Questo doppio cd, che si intitola "The Promise", viene venduto anche a parte, come prodotto a se.
I precedenti lavori discografici del Boss sono: Greetings from Asbury Park, N.J. (1973) - The Wild, The Innocent and the E Street Shuffle (1973) - Born to Run (1975) - Darkness on the Edge of Town (1978) - The River (1980) - Nebraska (1982) - Born in the U.S.A. (1984) - Tunnel of Love (1987) - Human Touch (1992) - Lucky Town (1992) - The Ghost of Tom Joad (1995) - The Rising (2002) - Devils & Dust (2005) - We Shall Overcome: The Seeger Sessions (2006) - Magic (2007) - Working on a Dream (2009).
Pochi giorni fa, il 1 novembre, Bruce ha fatto il suo ingresso trionfale sul red carpet del Festival del cinema di Roma. Giacca nera, jeans, occhiali da sole e stivali d'ordinanza, il Boss e' volato a Roma per presentare il docu-film 'The Promise: the Making of Darkness on the Edge of Town' di Thom Zimny.
Nov. 2010
I Beatles a Roma dal 16 al 21 novembre al Teatro Lo Spazio di Roma
(S. L.) Dopo i successi della stagione 2010 tornano I Beatles a Roma con uno spettacolo tutto nuovo. Sei serate uguali, ma diverse: ogni sera un nuovo sapore, nuovi ospiti e le risposte alle eterne domande che l’umanità si pone da sempre:
Chi è il vero batterista dei Beatles?
Ma erano poi davvero così nemici i Beatles e i Rolling Stones?
Si può scrivere un capolavoro della musica pop lavandosi i denti?
Chi ha rubato la registrazione del concerto al Teatro Adriano?
Ci sono prove certe che i Beatles fossero davvero di Liverpool e non del Tufello?
Perché i Beatles ad un certo punto si sono messi a fare gli indiani?
I Beatles volevano davvero diventare invisibili?
Ma quante ne vuoi sapere?
Uno spettacolo musicale pieno di teatro, con ospiti, canzoni, strumenti, mostra mercato di cimeli e pezzi da collezione, inviati e collegamenti con chi c’era davvero e con chi avrebbe voluto esserci. Un viaggio originale e divertente nella storia dei Fab Four per ritrovare sapori perduti e riscoprire, più vitale che mai, la gioia degli anni ‘60.
“I Beatles a Roma” sono ormai una delle realtà musicali e teatrali ispirate ai Beatles più dinamiche ed originali della Capitale. Da marzo a luglio di quest’anno hanno pensato, scritto, costruito e messo in scena quattro repliche con grande successo di pubblico al Teatro Testaccio ed a Villa Sciarra in occasione degli eventi dell’Estate romana 2010.
Nato da un’idea di Lorenzo Mazzé, Simone Mariani e Martino Pirella, lo show ha visto la partecipazione di ospiti e musicisti fin dalle sue prime rappresentazioni. La collaborazione con Luigi Abramo ed il suo progetto Appia Road, che ha tradotto un buon numero di canzoni dei Beatles in romanesco, ha avuto, tra tutte, un ruolo importante e si è via via consolidata fino a diventare parte costitutiva dello show.
Ora I Beatles a Roma ed Appia Road tornano on stage con un nuovo live show al Teatro Lo Spazio, dinamico palcoscenico romano in zona San Giovanni. Dal 16 al 21 novembre saranno infatti in scena con “Six Hard Day’s Nights”, un percorso musicale e narrativo, spettacolare e divertente nella storia e nelle curiosità dei Beatles, scritto (guarda caso) a quattro mani da Mazzè, Mariani, Pirella, Abramo, con la regia di Matteo Festa.
Sul palco si alterneranno i musicisti de I Beatles a Roma, sia in versione acustica, sia nella più tradizionale formazione a quattro con basso e batteria, ed alcuni prestigiosi ospiti, che, sera per sera, si uniranno allo show. Ogni serata vedrà quindi sul palco o in sala una presenza diversa, capace di caratterizzare e colorare lo show in modo particolare. Oltre alla presenza degli ospiti a sorpresa vi saranno ad esempio la Beatles Indian Night, con la partecipazione di un musicista indiano di sitar, la Beatles Circus Night, con intrattenimenti dal sapore circense, la Beatles Party Night, con una festa anni sessanta dopo lo spettacolo di sabato 20, o il Beatles Tea Time, in occasione della replica pomeridiana di domenica 21.
Lo spettacolo ripropone in versione live alcune delle più celebri melodie del quartetto inglese, senza rinunciare ad esplorare pezzi meno noti e più particolari, spaziando dai successi della beatlemania, passando per la fase più creativa e originale della produzione beatlesiana, fino a giungere alle composizioni dell’ultimo periodo.
Tanto in versione acustica, che nelle esecuzioni in formazione completa, gli arrangiamenti e l’interpretazione privilegiano e valorizzano l’energia, la freschezza e l’originalità della musica beatlesiana, piuttosto che appiattirsi su di un preteso rifacimento filologico e mimetico dei successi del quartetto, comunque e sempre distante dall’originale, inarrivabile per definizione.
La musica accompagna lo spettatore lungo un viaggio ironico e spesso inedito nella storia e nei personaggi che hanno caratterizzato la vita ed il successo dei Beatles, raccontato attraverso divertenti gag, monologhi narranti, interazioni con il pubblico, esposizione di oggetti, dischi e memorabilia originali d’epoca, provenienti dalle collezioni personali degli autori.
Lo show si rivolge sia agli appassionati ed ai fanatici dei Beatles, che possono ritrovare e riconoscersi nella febbre beatlesiana degli autori ed interpreti, sia ad un pubblico meno specialista, che abbia tuttavia voglia di godere di ottima musica, ridere di gusto facendo un viaggio nel tempo alla scoperta (o riscoperta) della ragione per cui i Beatles sono ancora tutti vivi, almeno nel cuore di chi li ama.
--> www.teatrolospazio.it
Nov. 2010
Continua 'Incontri del Poro 2010'
(S. Libertino) Continua il percorso di 'Incontri del Poro 2010', una serie di concerti di musica da camera promossa e organizzata sul territorio dall'Istituto di Bibliografia Musicale - IBIMUS - presieduto da Annunziato Pugliese. E' la volta di San Calogero ad ospitare l'evento nel Salone S. Paola Frassinetti presso Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, lunedì 22 novembre alle ore 1900.
Ecco il programma:
Duo Clarinetto – Pianoforte
Francesco Giardino, Clarinetto
Francesco Silvestri, Pianoforte
DONATO LOVREGLIO
(Bari, 1841 - Napoli, 1907)
Fantasia da concerto su temi de La Traviata di Giuseppe Verdi
FRANZ LISZT
(Raiding, 1811-Bayreuth, 1886)
Rigoletto. Paraphrase de concert
BENEDETTO CARULLI
(Olginate (CO), 1797 - Milano 1877)
Fantasia da concerto su temi de Macbeth di Giuseppe Verdi
...........................
ALESSANDRO LONGO
(Amantea (CS), 1864 - Napoli, 1945)
Suite per clarinetto e pianoforte op. 62
Con moto – Intermezzo – Allegro con spirito
MALCOLM HENRY ARNOLD
(Northampton, 1921-Norwich, 2006)
Sonatina per clarinetto e pianoforte op. 29
Allegro con brio – Andantino – Furioso
FRANCIS POULENC
(Parigi, 1899 - Parigi, 1963)
Sonata per clarinetto e pianoforte
Allegro tristamente – Romanza – Allegro con fuoco
Vale la pena di annotare, sia pur velocemente, i lineamenti biografici professionali del duo:
FRANCESCO GIARDINO, diplomatosi nel 1991 col massimo dei voti e la lode al Conservatorio di musica Fausto Torrefranca di Vibo Valentia sotto la guida del M° Antonio Laureana, si è poi perfezionato con Fabrizio Meloni (Accademia del teatro alla Scala di Milano), Karl Leister (Amici della musica di Firenze) e Giuseppe Garbarino (Accademia musicale Chigiana di Siena) aggiudicandosi ovunque la borsa di studio riservata ai migliori corsisti.
Nel 1997 ha vinto il concorso per primo clarinetto solista presso l’orchestra Camerata strumentale città di Prato, ruolo che ricopre dalla fondazione a tutt’oggi. Con questa formazione nel 2003 ha svolto una lunga tournèe da solista in Italia, Inghilterra e America Latina (Brasile, Argentina, Cile e Uruguay) registrando dal vivo per le varie emittenti nazionali l’Introduzione, tema e variazioni di Gioacchino Rossini.
Con la Camerata strumentale città di Prato ha avuto modo di collaborare in oltre duecentocinquanta concerti con direttori di prestigio: Riccardo Muti, Roberto Abbado, Bruno Bartoletti, Murray Perahia, Alessandro Pinzauti, Jonathan Webb.
Nel 1999 ha vinto, in duo con Francesco Silvestri, il primo premio assoluto al concorso internazionale di musica da camera Città di Caltanissetta (membro della Federazione mondiale dei concorsi internazionali di Ginevra) e il secondo assoluto al concorso internazionale Johannes Brahms di Portschach, in Austria.
È risultato vincitore, come solista e in duo, di altri trenta concorsi nazionali e internazionali, fra cui il Ponchielli di Cremona, il Settembre musica di Torino, il Città di Pavia, l’AMA Calabria di Lamezia Terme, l’Agimus di Brindisi, il Fidapa di Ragusa.
Collabora, inoltre, da molti anni con le seguenti orchestre: Orchestra del teatro Massimo Bellini di Catania (dal 1994), Orchestra sinfonica siciliana di Palermo, Orchestra del teatro lirico di Cagliari, Orchestra sinfonica Verdi di Milano, Orchestra del Maggio musicale fiorentino (teatro Comunale di Firenze) e con direttori quali: Lorin Maazel, Daniel Oren, Zoltan Pesko, Yoram David, Riccardo Chailly. Dal 2004 collabora, infine, con l’Orchestra filarmonica del teatro alla Scala di Milano.
FRANCESCO SILVESTRI è nato a Vibo Valentia nel 1971. Ha studiato presso i conservatori di musica di Vibo Valentia, Roma, Brescia e Reggio Calabria diplomandosi con il massimo dei voti in pianoforte, clavicembalo, musica da camera e didattica della musica.
Ha partecipato a masters e corsi pluriennali di perfezionamento tenuti dai maestri Gordon Murray, Massimiliano Damerini e Aquilles Delle Vigne rispettivamente presso l’Accademia di musica antica di Bolzano, l’Accademia Denza di Napoli e il Mozarteum di Salisburgo. Ha inoltre arricchito la sua preparazione frequentando il corso di composizione presso il Conservatorio Torrefranca.
Ha vinto numerosi concorsi nazionali e internazionali di musica da camera, fra cui il primo premio assoluto conseguito in duo col clarinettista Francesco Giardino al concorso Città di Caltanissetta (ed. 1999), che fa parte della Federazione mondiale dei concorsi internazionali di Ginevra.
Si è esibito, sia da solista che in varie formazioni, oltre che in Italia, anche in Germania, Svizzera, Francia, Romania e Australia, invitato da importanti istituzioni: Teatro Lingotto di Torino, Accademia ducale di Genova, Conservatorio Tartini di Trieste, Università per gli stranieri di Perugia, Ars academy e Agimus di Roma, Consolato dell’Ucraina a Napoli, Teatro Vittorio Emanuele di Messina, Università della Calabria, Teatro Rendano, Teatro Morelli e Biblioteca nazionale di Cosenza, Teatro Naselli di Comiso, Teatro comunale di Modica, Istituto italiano di cultura di Melbourne, di Adelaide e di Marsiglia, Liceo delle arti di Baiamare, Università delle arti di Berlino, Istituto culturale di Carpentras.
Ha registrato dal vivo alcune delle pagine più significative del repertorio dedicato al duo sax-pianoforte (Boutry, Desenclos, Ibert, Bozza) esibendosi in Germania per la Bayerischer Rundfunk di Monaco (2004) ed ha al suo attivo altre incisioni cameristiche per RAI 3 (2007). È stato pianista accompagnatore nell’ambito del Premio internazionale Valentino Bucchi (Roma, ed. 2000) e collabora regolarmente dal 1993 in masterclasses e corsi di perfezionamento con prime parti delle più prestigiose orchestre italiane (Sinfonica RAI di Torino, teatro alla Scala di Milano, Accademia nazionale S. Cecilia e teatro dell’Opera di Roma, teatro Massimo di Palermo, teatro Bellini di Catania, Orchestra nazionale di Francia).
Nell’anno accademico 2007/08 è stato docente di Collaborazione pianistica presso il Conservatorio Tartini di Trieste. Successivamente ha insegnato Pratica della lettura vocale e pianistica per Didattica della musica presso il Conservatorio Venezze di Rovigo ed attualmente è docente di Teoria e solfeggio presso il Conservatorio Scontrino di Trapani.
Segreteria organizzativa:
Tel. 0963.65491 - Cell. 347.1042651
E-mail: ibimuscalabrese@libero.it
Ingresso libero
Nov. 2010
Tropea anni Settanta. Un film che il regista Christopher Miles presenterà a Palazzo Collareto il 22 novembre
lr Michael Shannon, Sydne Rome, Raf Vallone, Susannah York, CM, Jean-Pierre Cassel, Lee J. Cobb, Roger Moore e D de G
(S. Libertino) Il regista inglese Christopher Miles, ha proposto al Comune di Tropea di voler proiettare un suo film girato in città negli anni Settanta. Il Comune ha accettato. Ed allora il 22 novembre prossimo a Palazzo Collareto Galli, alle 1600 ci sarà la sorprendente proiezione che garantirà sullo schermo numerose comparse di tropeani.
La proiezione è aperta al pubblico.
Che qualcuno ricordi a Sir Miles che nel 1976 ha diretto il nostro concittadino Raf Vallone (nella foto) nel film "Toccarlo... porta fortuna" (That Luky Touch) nella parte del General Peruzzi. Un venditore d'armi e una giornalista pacifista si conoscono a Bruxelles, durante un'assemblea della Nato. Lui vuole piazzare alle truppe Nato un micidiale mitragliatore, lei glielo vuole impedire, ed alla fine vi riesce. Nonostante tutto, i due finiranno per innamorarsi. Questa la stringa della trama. Il Cast era invece molto corposo e sanguigno: Roger Moore, Susannah York, Raf Vallone, Shelley Winters, Lee J. Cobb, Sydne Rome, Jean-Pierre Cassel.
Altri tempi! Gli anni Settanta...
Nov. 2010
UN ALTRO ANGELO VEGLIERA' SU DI NOI!
Un Angelo dolcissimo MANUELA (by Kid/21nov2010)
Un Maresciallo di Brattirò ritrova una scultura romana rubata da un museo ventidue anni fa
(F. Vallone) La notizia è proprio di questi giorni ed ha fatto il giro del mondo su tutte le emittenti televisive, nelle note di agenzia, sulle testate della stampa nazionale ed internazionale: un giovane maresciallo capo dei Carabinieri, in vacanza con moglie a New York, durante lo shopping per le strade della Grande Mela, nota un'antica statua nel negozio di un antiquario sulla Madison Avenue.
Nelle fattezze della scultura identifica subito un'antica "nostrana mano" di epoca romana. Michele Speranza, questo è il nome del giovane militare, entra nel negozio e chiede informazioni sulla provenienza del reperto, poi insospettito, fotografa la statua con la fotocamera del suo telefonino. Alle domande di Speranza rispondono forti i silenzi e la reticenza dell'antiquario newyorkese che si rifiuta di mostrare una licenza di esportazione che, in realtà, non aveva mai posseduto. Tornato in Italia, Speranza ha controllato nell'archivio digitale ed ha ritrovato l'immagine di un reperto che combaciava perfettamente con la foto effettuata in America. L'inchiesta del reparto operativo è così partita ed è proseguita fin quando l'antiquario, messo di fronte all'evidenza dagli agenti dell'Immigration ad Custom Enforcement, ha deciso di restituire la statua romana. Oggi, a distanza di soli sette mesi, il prezioso reperto è rientrato in Italia.
Michele Speranza è giovane dicevamo, non ha ancora quarant'anni, è nato in Calabria, a Gioia Tauro, dove suo padre era appuntato dei carabinieri, anche se le origini più profonde sono in provincia di Vibo Valentia, a Brattirò di Drapia, a due passi da Tropea, paese dove lui, appena può, ritorna assieme a sua moglie, anche lei calabrese, di Sellia, in provincia di Catanzaro.
Speranza dal 2001 è operativo nei Carabinieri dei beni culturali per la tutela del patrimonio artistico di Roma. Oggi il fortunato maresciallo capo si ritrova, un poco intimidito, davanti a tanti cronisti e telecamere, sorridendo, attribuisce al caso il colpo grosso che gli ha fatto ritrovare la scultura a New York. Di certo il maresciallo Michele Speranza vanta di una eccezionale sensibilità culturale e memoria fotografica. Si è ricordato, in quel lontano luogo d'oltreoceano, di aver già visto, nell'archivio militare dei carabinieri, quel busto in marmo raffigurante una donna con cornucopia, scolpito, con tutta probabilità, per ornare il ninfeo di una villa romana o l'annesso giardino, del I o II secolo d.C. Il busto marmoreo era uno dei tantissimi reperti antichi schedati nella banca dati dei carabinieri del nucleo patrimonio artistico, vero e proprio archivio digitale dei pezzi "ricercati" dell'arte, messo a punto dai militari che lavorano con il ministero dei beni culturali. L'importante reperto oggi, grazie a Speranza, torna in Italia, dopo più di vent'anni, nel museo civico di Terracina dove lo splendido busto di una statua romana della Fortuna, era stato rubato più di vent'anni fa, una notte del giugno del 1988, insieme ad altre sei opere marmoree di grande valore artistico e culturale. Ed oggi dopo questo successo c'è... Speranza... anche per il loro ritrovamento.
--> Michele Speranza su BBC
Nov. 2010
'A BUFFETTA. Variazioni sul tema "tavulu"
(Domenico Raso) "Trapeza" la chiamavano i padri magno-greci anche se la memoria andò perduta per la nuova prestanza della latina "tabula", originariamente l'asse di legno poggiante su due tronchi d'albero e che passò nelle stesse aree grecofone a significare il desco. L'antico lemma rimase nel greco moderno a denotare in modo privilegiato e secondo una delle sue due anime più antiche, "banca" e simili. Da noi i toponimi, duri a morire, si appropriarono talvolta di "trapeza" per indicare immaginosamente i piani alti o le pianure rialzantesi da profonde vallate.
"Tavula" o "tavulu", dunque, desco di legno, ripiano per consumare il cibo, per esporre il cibo nei giorni di festa spalancando magari la porta per farlo adocchiare dai vicini, per accogliere l'ospite o il viandante stremato od anche per offrire al nemico gli ultimi piaceri della vita.
Non l'età murattiana bensì l'epoca angioina ha portato in uso "buffetta" che è rimasto a significare, almeno nella Piana, quasi esclusivamente il tavolo da cucina; i notai di Bagnara del XVI sec. riportano il termine buffetta come consolidato nell'uso. Restava "tavola" o "tavulu" per significare altro ripiano in legno più elaborato, meno familiare e più rappresentativo come fu presso la borghesia la lunga tavola degli ospiti troneggiante nella sala da pranzo, passata a cera ed immobilizzata tra arredi di rappresentanza e cristalli.
La mia infanzia conobbe la buffetta, posta in cucina allo stesso punto dove si trova ancora, ricoperta negli anni da mille tovaglie e partecipe di mille discorsi, affannosi, travagliati, raramente felici, mai futili, decisivi, tra genitori e figli, tra madre e padre: sommessi i secondi, più contenuti ed elusivi i primi, essenziali in ogni caso e spicciativi davanti ai coloni.
La "buffetta", prima ancora che altri mobili venuti in uso più tardi anche tra i poveri, troneggia nelle case dei contadini prive di soffitto e di "mattunatu", fissa allo stesso punto per generazioni, avendo studiato a lungo e sperimentato a dovere il suo posizionamento sull'ineguale pavimento di "maddu", attorniata, magari, a doverosa distanza, in un unico grande stanzone alto quanto un trappeto, dalla lettiera coi pagliericci di "scarfogghi" e da qualche mobile rustico annerito dal fumo.
Se ne sta al centro come un altare a indicare lo zenit, il cuore della famiglia.
Quando venne poi la casa "americana" questo privilegio finì e, distribuiti gli spazi tra più stanze col soffitto, i figli si separarono dai genitori, gli animali dal padrone, i discorsi futili da quelli seri e i coloni cominciarono a guardare con diffidenza ai segreti racchiusi dietro le porte chiuse: la "buffetta" finì in una stanza, stesa lungo un muro anonimo non potendo occupare molto spazio, in attesa del desco delle moderne cucine componibili unicamente capaci d'accogliere frettolosi appetiti soddisfatti nel più assoluto silenzio.
Nov. 2010
Una vita nella Benemerita. Il Colonnello Franco Blasa va in pensione
(S. Libertino) "La presente per informarti che finalmente sono in quiescenza". Così inizia la lettera del Colonnello Franco Blasa con la quale mi ha voluto rendere partecipe della gioia di neo pensionato, anche se con la consapevolezza di dover stare "in campana" per il rischio di essere richiamato prima di completare il temporaneo periodo di "ausiliaria", e della successiva collocazione definitiva in "congedo assoluto".
"Il 21 novembre scorso ho lasciato l'Arma dei Carabinieri - continua Franco Blasa - dopo ben 43 anni di servizio al termine di una lunga carriera iniziata nel lontano 1967 da sottufficiale e proseguita da ufficiale, per concluderla con il grado di Ten. Colonnello. La cosa più simpatica è che a Tropea quando mi si incontra, la maggior parte dei miei conoscenti continua a chiamarmi " Brigadiere" . . . bellissimo!!! Ringiovanisce!!! Lascio il servizio attivo, per passare in ausiliaria, consapevole di avere servito fedelmente lo Stato e le libere e democratiche Istituzioni, esercitando le mie funzioni con assoluto spirito di servizio, improntato al confronto, al dialogo e con la massima umana disponibilità verso tutti, cercando sempre di migliorare - pur nella consapevolezza dei miei limiti - la qualità della vita dei consociati laddove, di volta in volta, sono stato chiamato ad operare".
Così conclude, discreto, commosso e con una punta d'orgoglio, il Colonnello Blasa nel breve messaggio che non da idea però dell'alto valore espresso e dei compiacimenti acquisiti lungo il percorso della carriera a cominciare dalla Scuola Sottufficiali di Moncalieri e a finire nella vera e propria "campagna di guerra" di Reggio Calabria con il compito di "Polizia Giudiziaria". Non tiene conto dell'ardita decisione che gli ha permesso di guadagnarsi lo "status" di Ufficiale dell'Arma, vincendo una difficilissima sfida con grande determinazione e spirito di sacrificio. Non gli rende merito di essere stato scelto dal Generale Della Chiesa e schierato in pieno assetto di guerra in Sicilia tra gli uomini delle Forze dell'Ordine più capaci di offrire allo Stato la risposta del più alto rendimento del loro servizio d'istituto. Omette il contributo personale di lunghe ore di faticoso lavoro che ha permesso di riconsegnare libera ai familiari la piccola Elena Luisi (oggi trentenne).
Sono solo pochi cenni dell'esaltante carriera - fuori da ogni clamore - che fanno dell'amico Franco Blasa non solo un fedele servitore dello Stato dotato di tenace temperamento, acume e personalità, ma anche un intelligente esecutore sostenuto da doti umane non comuni di pratica semplicità, nobiltà d'animo e signorilità.
E non senza motivo in questo momento mi viene da pensare alla figura di papà Peppino Vice C.te dei Vigili Urbani di Tropea che ha onorato per una vita la divisa che indossava con tratto di grande signorilità, di profonda umanità e indiscussa professionalità, che oggi sicuramente sarà orgoglioso di suo figlio Colonnello.
Credo infine che sulla piazza di Tropea Franco sia stato il militare che abbia raggiunto il più alto grado gerarchico di un Carabiniere.
Complimenti vivissimi allora al neo pensionato Franco Blasa e alla gentile consorte Rina, con gli auguri più fervidi che possa finalmente dedicarsi a tempo pieno alla famiglia e - con la stessa intensa passione che lo ha in passato contraddistinto - alla sua musica.
Nov. 2010
La storia infinita del Casinò
(S. Libertino) L'idea di realizzare un Casinò a Tropea è stata da decenni alimentata ad intermittenza e fomentata attraverso stampa dai non pochi sostenitori che hanno agognato/promesso nel territorio un turismo più redditizio.
In effetti, Tropea ha fatto parte dell'Associazione Nazionale per l'Incremento Turistico (ANIT), una sorta di consorzio associato nato nel 1969, con lo scopo di pervenire a livello nazionale ad una regolamentazione del gioco d'azzardo e l'auspicio di aprire nei comuni aderenti una casa da gioco. Alcuni di questi comuni nel passato sono stati sedi di Casinò in seguito chiusi d'autorità:
Acqui Terme, Alghero, Anzio, Bagni di Lucca, Capri, Fasano, Gardone Riviera, Godiasco, Salice Terme, Lignano Sabbiadoro, Merano, Montecatini Terme, Salsomaggiore, San Benedetto del Tronto, San pellegrino Terme, Sorrento, Spoleto, Stresa, Taormina e Tropea.
Nel 2004, chi rappresentava il Comune di Tropea in seno al sodalizio era Gaetano Vallone in qualità di vicesindaco.
Nei giorni 15 e 16 settembre dello stesso anno un brivido di piacere accarezzò la schiena di centinaia di calabresi, che nei week end si recavano regolarmente in pellegrinaggio al Nord diffondendosi nelle rinomate sedi di Montecarlo, Venezia, Saint Vincent e Campione d'Italia e che con gioia gridarono al mondo "E' fatta!". Infatti, in quei giorni, l'assemblea dell'ANIT tenuta a Taormina e il relativo convegno promosso dal Comune di Taormina sul tema "Casinò… il Paese attende", con l'autorevolissimo intervento/benedizione di Pierferdinando Casini, Presidente della Camera, davano loro più che una speranza. Il Convegno era rivolto a sostenere con forza l'approvazione della legge statale di regolamentazione del settore e di istituzione di 20 casinò, uno in ogni regione italiana. Ma ciò che più aveva messo in fibrillazione l'imprenditoria cittadina era il fatto che la sua realizzazione avrebbe comportato un beneficio generale all'economia cittadina con la creazione di nuove infrastrutture, quali viabilità, trasporti, arredo urbano, ed un notevole impatto occupazionale sia diretto (stimato circa in 300 unità) che indiretto.
Tre anni dopo, il 7 luglio 2007, presso l`hotel Regina Palace di Stresa l'ANIT organizzò una giornata di studi su tematiche legate alle proposte di legge in materia di nuove case da gioco. Il programma prevedeva il rinnovo delle cariche associative tra i rappresentanti dei Comuni italiani, facenti parte del sodalizio. Però, della partecipazione del rappresentante del Comune di Tropea non si vide nemmeno l'ombra. Qualche giorno prima il Sindaco Antonio Euticchio a sorpresa rinunciò di appartenere all'Associazione. Tale rinuncia fu formalizzata con delibera consiliare. Poco dopo fu la città di Pizzo a candidarsi ad ospitare la casa da gioco.
Infine, è di qualche settimana fa la notizia - tra polemiche, repliche e controrepliche - della presentazione al parlamento da parte del Senatore Francesco Bevilacqua di un disegno di legge di istituire a Tropea un Casinò per incentivare il turismo.
L'idea del Casinò continua a far venire i brividi agli addetti ai lavori, questa volta non di gioia ma di un vero e proprio incubo tra promesse, vetrine e passerelle di quella politica becera di cui non vorremmo mai sentire parlare.
Nov. 2010
Lanterna Magica di Pizzo, inizia la rassegna cinematografica 2010-2011
(F. Vallone) A Pizzo Calabro, sera di giovedì 2 dicembre, l'affascinate luce di "Lanterna Magica" si riaccenderà per una nuova intensa stagione cinematografica, quella 2010-2011, che porterà nella città napitina una interessante selezione di film. Una rassegna filmica, come sempre intrigante, da seguire davvero con attenzione. L'appuntamento è fissato per le ore 21.00, presso i locali del Museo della Tonnara, a Pizzo Marina. Il Circolo del Cinema "Lanterna Magica", da tanti anni punto di riferimento sul territorio della provincia di Vibo Valentia, ha diramato il programma ufficiale. L'appuntamento è bisettimanale ed interessa i giorni di giovedì e domenica. Si parte con "Mine vaganti" del regista F. Ozpetek, sarà poi la volta, domenica 5 dicembre alle ore 18,30, di "Basilicata coast to coast". A seguire "Gli abbracci spezzati" di Almodovar, il 9 dicembre; "Shutter Island" il 16 dicembre; "Imaginarium of dottor Parnassus" di T. Gilliam, il 19 dicembre. Breve pausa festiva poi la rassegna riprenderà il 13 gennaio del nuovo anno con "Basta che funzioni" di W. Allen e proseguirà, sempre con cadenza bisettimanale di ogni giovedì e domenica, fino al 20 marzo 2011, quando verrà proiettato il film di Valerio Jalongo dal titolo "Di me cosa ne sai" che ha visto, tra gli altri, protagonista con i suoi ricordi e i suoi appassionati racconti il cinematografaro calabrese Giuseppe Imineo di Filogaso.
P R O G R A M M A
Film del Giovedì ore 2045
Mine vaganti di F. Ozpetek 02 Dicembre
Gli abbracci spezzati di P. Almodovar 09 Dicembre
Shutter Island di M. Scorsese 16 Dicembre
Basta che funzioni di W. Allen 13 Gennaio
Il mio amico Eric di K. Loach 20 Gennaio
Ogni cosa è illuminata di Schreiber 27 Gennaio
Motel Woodstock di Ang Lee 03 Febbraio
L'uomo che verrà di G. Diritti 10 Febbraio
A Single man di Tom Ford 17 Febbraio
La prima cosa bella di P. Virzì 24 Febbraio
La prima linea di R. De Maria 03 Marzo
Agorà di A. Amenabar 10 Marzo
Affetti e dispetti (la Nata) di S. Silva 17 Marzo
Film della Domenica ore 1830
Basilicata coast to coast di R. Papaleo 05 Dicembre
Imaginarium of Doctor Parnasus di T. Gilliam 19 Dicembre
Invictus di C. Eastwood 16 Gennaio
Il missionario di R. Delattre 30 Gennaio
Una notte blu cobalto di D. Gangemi 13 Febbraio
Genitori e figli di G. Veronesi 27 Febbraio
Bright Star di Jane Campion 13 Marzo
Di me cosa ne sai di V. Ialongo 20 Marzo
le proiezioni si terranno presso i locali del Museo 'La Tonnara' di Pizzo Marina. Il costo della tessera è di 20 euro. Ingresso libero agli studenti scuole medie e superiori. Con il patrocinio della Città di Pizzo.
INFO
335 7894905 - napitia@yahoo.it
Gruppo Facebook: LAnterna Magica
Dic. 2010
In città torna il Cinema
(S. Libertino) Una lodevole iniziativa dell'Amministrazione Comunale di concerto con il Sistema Bibliotecario Vibonese riporterà - sia pure solo nel mese di dicembre - il cinema dentro la Città, che una cinquantina di anni fa di cinema ne aveva almeno sei: il 'Vittoria', l'Arena Romano, il Cine-Teatro Eliseo, quello all'aperto nell'area commerciale Toraldo presso le mura, il Cinema di via Abate Sergio e quello di Don Giulio Spada nei locali dell'attuale Museo diocesano.
Le proiezioni inizieranno il 3 dicembre nel salone congressi di Palazzo Collareto di Largo Galluppi. Per ora si tratta di un esperimento che metterà alla prova la sensibilità e l'intendimento della cittadinanza di aderire a una proposta di socializzazione e aggregazione in un centro storico che sempre più si svuota di valori e riferimenti importanti venuti meno col tempo per le politiche sbagliate dei governi locali.
Nella scelta delle pellicole, particolare attenzione sarà data ai cartoni animati per favorire la presenza dei più piccoli.
P R O G R A M M A
Il film di Venerdì sera, ore 2045
The Millionaire di D. Boyle 03 Dicembre
Matrimonio all'inglese di S. Elliott 10 Dicembre
Baaria di G. Tornatore 17 Dicembre
Avatar di J. Cameron 28 Dicembre
Il film di Domenica pomeriggio, ore 1600
La città incantata di H. Miyazaki 05 Dicembre
Coraline e la porta magica di H. Selick
Piovono polpette di P. Lord 19 Dicembre
Alice in Wonderland di T. Burton 26 Dicembre
Ingresso gratuito
Dic. 2010
Parte l'ottava Edizione del Premio internazionale di poesia. 'Tropea: Onde Mediterranee 2011
(S. Libertino) Parte l'Ottava Edizione del Premio internazionale di poesia. Il termine massimo per l'invio delle opere è il 28 febbraio 2011.
SEZIONI
Poesia (over 18) / Poesia (under 18) / Poesia in dialetto calabrese / Poesia edita / Poesia d’Europa e mediterranea / Poesia del mondo (per gli autori stranieri senza limiti d'età)
INFO
Prof. Pasquale De Luca
6, contrada Gornella
89861 Tropea - Vv
tel. 0963.666344
mob. 329.7094134 - 338.6157041
e-mail: info@ondemediterranee.it
Portale del Premio 'Tropea: Onde Mediterranee'
Regolamento della Manifestazione (da scaricare)
Dic. 2010
Reggio Calabria, giovedì 9 dicembre: XI edizione HYPERGONAR
(S. Libertino) Ritorna il festival del cortometraggio a Reggio Calabria dopo la parentesi ungherese della scorsa edizione che si è svolta in alcune location magiare, dove, in occasione della decima edizione il Circolo Culturale "L'Agorà" ed il Centro studi italo-ungherese "ÁRPÁD" hanno pensato di festeggiare tale evento, non solo con tale serie di iniziative ma anche con la consegna gratuita di otto casse di materiale multimediale di diverso formato ad associazioni meritevoli ungheresi con le quali il sodalizio reggino ha stretto rapporti di amicizia e collaborazione culturale.
Ritornando alla manifestazione attuale che si svolgerà in data di giovedì 9 dicembre a partire dalle ore 16,30 presso la villetta della Biblioteca Comunale "Pietro De Nava" di Reggio Calabria.
Nel corso della giornata verranno proiettati diversi lavori provenienti dall'Ungheria ed uno spagnolo.
Dic. 2010
Il culto di San Nicola e il dipinto della Chiesa di San Nicola in Tropea
Il dipinto della chiesa di San Nicola della Marina in Tropea che raffigura San Nicola, Santa Domenica e la Madonna di Romania
(S. Libertino) Pochi giorni ancora e avrà inizio la Santa Novena in onore di San Nicola, che si festeggerà in tutto il mondo il 6 dicembre, ma non a Tropea dove in passato, fino a qualche tempo fa, era uno dei santi più venerati. Di Nicola di Mira non si hanno per certi nè il luogo nè l'anno di nascita. Gli agiografi per quanto riguarda il paese natale propendono per Pàtara di Licia, mentre la data di nascita viene collocata tra il 260 ed il 280. Pare sia stato uno dei 318 partecipanti del Concilio che si tenne a Nicea nel 325. E' certo invece che la morte lo abbia colto a Mira il 6 dicembre dell'anno 343.
Per il forte zelo con il quale diffondeva la fede cristiana Diocleziano lo fece imprigionare ed esiliare. Nel 313 Costantino lo restituì alla libertà. Il culto si diffuse dapprima in Asia Minore. Continui erano i pellegrinaggi dei devoti che si recavano in qualsiasi periodo dell'anno presso la sua tomba, posta fuori dell’abitato di Mira. Numerosi codici greci e latini ne fecero progressivamente diffondere la venerazione in Occidente attraverso il mondo bizantino, a partire da Roma e dal Meridione d'Italia, allora soggetto a Bisanzio.
La diffusione del culto nel mondo occidentale prese le mosse nel 1087, sotto il dominio normanno, con la spedizione navale partita dalla città di Bari con lo scopo di impadronirsi delle spoglie del Santo che nel 1089 vennero poste nella cripta della Basilica eretta in suo onore. Nell'impresa i marinai baresi anticiparono quelli veneziani, anche loro interessati alle ossa di Nicola. Una volta ritornati a Bari, posero la prima pietra della Basilica nel luogo dove i buoi che trainavano il carico dalla nave si fermarono irrevocabilmente. Gli animali sono ricordati nella decorazione della Basilica, nelle statue che li rappresentano ai lati del portale maggiore. Ai 62 marinai è invece dedicata una strada nella città vecchia.
Secondo la tradizione, Nicola aiutò tre ragazze, il cui padre non potendo sposarle per mancanza di dote, aveva deciso di mandarle a prostituirsi. Per tre notti gettò dalla finestra nella loro stanza sacchetti di denaro che costituirono le doti delle fanciulle, salvandone la purezza.
In Italia lo venerano i marinai (aveva salvato una nave da una terribile tempesta), i commercianti (la sua effigie la troviamo nello stemma della Camera di Commercio di Bari), i contadini che a lui si raccomandano per il raccolto e che, alla loro volta, lo invocano protettore degli animali, in particolare degli armenti, le ragazze e le donne nubili e poi i bambini che appendono sul balcone gli stivali vuoti per ritrovarli la mattina della festa ricolmi di leccornie e giochini.
Quando il culto si sparse in Europa, divenne ben presto uno dei santi più popolari del cristianesimo e protagonista di molte leggende riguardanti miracoli a favore dei bisognosi. Il suo emblema nell'iconografia tradizionale è il grande mantello, il pastorale vescovile e tre sacchetti di monete (o anche tre palle d'oro). Fu portato nel continente americano, a New York, dai coloni olandesi (è protettore della città di Amsterdam), sotto il nome di Santa Klaaus. Oltre che di Bari, il santo è oggi patrono, per volere della gente, di una miriade di città o di loro frazioni, dislocate in tutto il territorio nazionale. Secondo la tradizione, viene festeggiato il 6 dicembre, data della sua scomparsa, durante la quale appunto si offrono i doni (la strenna) ai bambini buoni.
In alcuni paesi dell'Europa orientale, la tradizione vuole che porti una verga ai bambini non meritevoli, con cui i genitori possano punirli. A Bari il culto è molto sentito, e la prima domenica di maggio il Santo viene festeggiato con una lunga festa/sagra che fa rivivere con interessanti rappresentazioni l'evento della traslazione del suo corpo nella città levantina con il passaggio di una caravella sul lungomare.
A Tropea e nel territorio circostante molte sono le vestigia rimaste del culto per San Nicola. Iniziamo col dire che dentro le mura della città diverse sono state le chiese vocate al Santo a cominciare dall'originaria cattedrale, eretta sulla rupe al tempo di Papa Leone III e cioè dopo l'assedio dei saraceni dell'anno 840, nello stesso luogo dove si sviluppò successivamente l'insediamento dei Gesuiti. L'antica chiesa si chiamò Cattolica, perchè la Calabria fu costretta dagli imperatori bizantini a seguire il rito greco e in seguito fu intitolata a San Nicola e col tempo chiamata S. Nicola della Cattolica ed ebbe anche funzione di parrocchia. Altre chiese intitolate al Santo furono quella di San Nicola della Piazza, anch'essa parrocchia, sorta nell'attuale Largo Barone, e l'altra, piccola ma non meno importante alla Marina, denominata San Nicola della Marina, che addirittura costituiva prebenda di uno dei diciotto canonici facenti parte del Capitolo Cattedrale. Anticamente con il nome di San Nicola fu eretta l'importante confraternita, tuttora operante, 'Congregazione Nobile dei Bianchi di S. Nicola sotto il titolo della SS. Vergine di Romania'.
Dopo i danni provocati dallo sconvolgente terremoto del 1783, Tropea subì una radicale rivoluzione urbanistica voluta dal governo centrale e dalla stessa amministrazione comunale. Furono tagliati e fatti sparire i piani superiori dei palazzi nobiliari, rasi al suolo interi edifici, anche religiosi, per dare posto agli slarghi, che avrebbero avuto la funzione tecnica di sfoghi in caso di sisma, create arterie come Corso Vittorio e le quattro vie trasversali, Via Roma, Via Indipendenza, Via Garibaldi, Via Vianeo, facendo assumere al centro della città la pianta a croce greca. Tale rivoluzione sconvolse in gran parte l'organizzazione ecclesiastica cittadina e col tempo anche il culto legato ai vari santi venerati nel passato, come quello di San Nicola.
Continua... (video)
Dic. 2010
Repice: "Necessario nuovo processo di sviluppo per sanità vibonese"
(strill.it/6dic) Di seguito nota del Sindaco di Tropea: La inderogabile necessità di avviare una netta inversione di rotta sul modo di promuovere e gestire un nuovo processo di sviluppo dei servizi della sanità vibonese non può tollerare giudizi e polemiche che hanno un solo obiettivo: quello di destabilizzare e di rimandare ancora l’attivazione di un progetto che in questo momento risulta ideale per aiutare a meglio comprendere i problemi per dargli una soluzione che ben si presta a fornire risposte concrete e serie alla domanda di salute della popolazione.
Considerato che il Piano Riorganizzativo Aziendale è la conseguente e percorribile azione delle direttive emanate dal Piano di Rientro approvato dal Presidente Giuseppe Scopelliti che invita a meglio organizzare sinergie e risorse pur nella garanzia della piena osservanza al diritto alla salute, non si capisce perché il sistema realizzato dal Commissario Straordinario dell’Asp, dott.ssa Alessandra Sarlo, non debba meritare positive posizioni di confronto proiettate verso la direzione imposta dalla stato di precarietà della condizione in cui vive oggi la sanità calabrese.
Credo che il complessivo provvedimento assunto dal manager della sanità vibonese non può non essere condiviso e diventare momento di responsabile proposta da chi è chiamato ad offrire giuste valutazioni su una idea che guarda verso una improcrastinabile necessità di dare una forte spallata al passato condividendo quanto di buono fino ad oggi è stato prodotto ed integrarlo ai contenuti che il Piano riorganizzativo aziendale prospetta allo scopo di dare una più adeguata identità e soluzione ai bisogni della gente.
Per questi motivi la proposta del Commissario Straordinario dell’Asp, dott.ssa Alessandra Sarlo, va posta su un convinto e libero piano di confronto inteso a creare le condizioni per guadagnare il consenso e la fiducia della popolazione su un ritrovato sistema di fare sanità.
Ritengo che in questo contesto l’impegno e la professionalità dimostrate dalla dott.ssa Alessandra Sarlo meritino concreta attenzione.
Non ci può essere spazio per una valutazione politica che esca fuori dal percorso tracciato.
Alla luce di queste considerazioni non capisco perché un’associazione di stimati e validi medici come la consulta della Pdl possa non aver interpretato nella giusta maniera la proposta di discontinuità avanzata dal Commissario Straordinario dell’Asp di Vibo Valentia che ha un solo obiettivo essenziale: interpretare meglio di ieri lo stato dei bisogni della gente, garantire uno strumento di applicazione di impegni e attività che vanno in direzione di un cambiamento di modo di fare sanità. Perché è questa, a mio avviso, la risposta che desidera la gente.
Il tutto sorretto dalla giusta opportunità di rispondere alle sollecitazioni di chi crede nell’attuazione di un Piano di rientro salutare nel tempo e che aiuta i cittadini a sperare in una prestazione sanitaria adeguata ai tempi.
Adolfo Repice
Sindaco Tropea
Dic. 2010
'Ad Ipponion', un nuovo filo rosso calabrese nel cinema di Lucia Grillo
Lucia Grillo, attrice, regista, produttrice calabronewyorkese
(F. Vallone) Stati Uniti d'America, Europa, Italia, New York, Calabria... le strade di Lucia Grillo diventano sempre più lunghe, larghe e indefinite nella loro simbolica definizione, ma portano, sempre più spesso, alle strette strade di casa, ad una casa simbolica della memoria collettiva per i tanti italiani in America.
Come mai questa scelta?
Le strade di casa.... mi ci sono trascinata per queste strade per anni, in cerca della mia vera casa culturale e identificativa. Perché, sempre più spesso, non mi sentivo ne americana ne italiana e nemmeno italoamericana. Volevo scoprire quanto ero italiana con, come metro di misura, l'esperienza del vivere nel luogo dove sono nati i miei, dunque la Calabria. Per il resto ho vissuto in tutti questi luoghi. A New York, dove sono nata, in Galles, a Los Angeles, e in Italia (a Roma e in Calabria), per motivi di lavoro, come attrice e saltuariamente come modella, poi, ancora, come regista e docente di recitazione e cinema.
Ma poi ha scelto di ritornare a New York...
Ho scelto di tornare a New York per due motivi: perché avevo raggiunto il mio obiettivo in Italia, quello di fare ricerca e di scrivere il mio primo lungometraggio, e poi perché mi mancava tanto il palco teatrale newyorkese.
La sua è una tematica affrontata in modo non retorico, mai folcloristico, sempre più globalizzato da una cultura internazionale e di successo, anche quando lei scende in particolari davvero macroscopici o quando affronta le difficoltà linguistiche del dialetto locale. È il caso della sua penultima opera filmografica. Ad Ipponion inizia con "Canto sull'ode antica la tua luce, o terra dei miei padri, o vaga Ipponio"… la citazione, proveniente della poesia "Ad Ipponion" di Pasquale Enrico Murmura, sconosciuto a molti anche nella stessa Vibo Valentia... Altra scelta difficile.
Cercavo una poesia per una scena in cui la fidanzata del protagonista, Vincenzo, è costretta a leggere una poesia in classe. Facendo una ricerca su internet, scoprì Murmura tra gli archivi della Biblioteca Comunale di Vibo Valentia, dove il poeta è nato, ed ho utilizzato la poesia come ode dolce-amaro e ironico per tutto il film.
Nei suoi progetti futuri vi è il suo primo lungometraggio che si ambienta tra Calabria e New York. Ci parli di questo ambizioso progetto, quando diventerà realtà tangibile, film.
È il mio primo lungometraggio da sceneggiatrice. Ho fatto anni di ricerca per il soggetto e siamo attualmente in fase di sviluppo.
Lei è nata come attrice ma oggi irrompe nella vita culturale internazionale anche come regista di se stessa, produttrice di lavori cinematografici e televisivi, ed anche come manager di... Lucia Grillo. È forse un metodo per guardarsi simbolicamente dal di fuori e dal di dentro e per esplorare spazi introspettivi.
Tutto ciò che ha menzionato è nato da necessità. Allo stesso modo di come Frida Khalo dipingeva autoritratti per la mancanza di modelli. Non che mi paragono alla grande Khalo, solo per dire, si che mi sono laureata come attrice alla New York University ed è assolutamente vero che la mia prima passione è lavorare come attrice, ma fino a questo punto solo il mio ruolo come la madre della piccola protagonista in "A pena do pana (The Cost of Bread)" può essere considerato introspettivo, e poi solo nel senso genealogico e genetico, perché quel ruolo è basato sulla mia nonna materna. Poi una ragioniera spesso non va da un'altra ragioniera per prepararle la cartella delle tasse, almeno non deve, semplicemente perché la sa fare da se.
Alcuni dei lavori più belli di Lucia Grillo hanno location calabresi ed anche quando i luoghi prescelti sono in America, la Calabria è elemento ricorrente, prorompente e centrale. Sono i luoghi della memoria e del passato, del racconto e della fiaba ascoltata e ripetuta, sono luoghi e tempi ricordati e mai dimenticati. I nonni, i genitori emigrati, le loro esperienze e le loro storie, elemento centrale di altre storie da recuperare, inventare e interpretare, rinnovare e materializzare in un film. Rendere i rimasugli di memoria elementi da duplicare attraverso la luce del cinema per non dimenticare. Il viaggio e l'andare via per lavoro, come racconto indimenticabile, la nuova vita lontano da tutto e da tutti, il viaggio in Calabria come ritorno, recupero, a risolcare il racconto ricevuto, uno vero e proprio scavo culturale e antropologico nel proprio io e nell'appartenenza identitaria. Ecco allora che il ritmo filmico, narrativo e inedito, senza alcuna retorica, con una pulizia linguistica sempre originale e ricca di sonorità perdute, entra nei linguaggi colti del cinema con sottotitoli in inglese.
L'abilità di realizzare le sue attività fanno si che, oltre al lato artistico, oggi Lucia Grillo debba essere anche manager di se stessa e nella gestione di budget di produzione. Arte ed economia si conciliano sempre nella sua esperienza professionale?
No, assolutamente! (ride) Magari... Beh, dipende da quale aspetto della mia esperienza professionale... Nel lavorare come attrice con produzioni grandi e con registi come Spike Lee e Tony Gilroy, sì, sempre. Infatti, Ad Ipponion l'ho fatto solo perché parte del premio vinto da A pena do pana al Roma Independent Film Festival era una settimana di utilizzazione di attrezzatura dalla Panalight Roma. Massimo Proietti è stato gentilissimo a fidarsi di me e lasciarmi portare il tutto giù, in Calabria, forse perché gli ho promesso di fare un'altro corto... vincente (Ad Ipponion, tra altri, è stato al Short Film Corner del prestigioso Cannes Film Festival questo anno). Ora due dei quattro corti che ho fatto finora, A pena do pana (The Cost of Bread) e Ad Ipponion (Ode to Hipponion) sono disponibili insieme su un DVD ma gli offro solo perché c'è stata una grande richiesta dalla parte del pubblico. Non è per motivi economici che una fa cortometraggi.
Cultura italiana e managerialità americana. Si fondono bene le due realtà nella tipicità cinematografica?
Non so se proprio attribuire "cultura" e "managerialità" ad una nazionalità o l'altra. In ogni Paese ci sono buone e cattive gestioni. La mia "cultura" non è italiana ne americana, neanche italoamericana. Mi considero solo un'essere umano in questo mondo, ed ho cercato la cultura italiana per capire meglio da dove provengo, come punto di partenza per capire meglio il mondo. La "managerialità" per necessità: se una persona vuole raggiungere un'obiettivo e non è nata con le risorse, deve lavorare per ottenerlo. Detto questo, non potevo fare niente senza il sostengo morale e l'aiuto lavorativo enorme e generoso sia da parte dei miei familiari e degli amici, sia in America che in Italia. Questo forse fa parte dell'aspetto magico della tipicità cinematografica, del quale tante persone vorrebbero far parte, oppure dall'empatia umana che conduce le persone a cercare di aiutare qualcuno che ha un grande bisogno di realizzare un sogno.
Attrice, regista, produttore. America e Italia. Convivono bene in Lucia Grillo?
Si! Se mi posso permettere di dire, convivono benissimo proprio perché mi permettono di utilizzare ogni angolo del mio cervello: la parte creativa, la parte passionale, quella di secchiona, quella matematica e organizzativa, quella che deve essere pronta ad improvvisare...
I suoi cortometraggi hanno sempre un significato altro, rinviano al senso storico, antropologico ed etnologico dell'Italia e degli Stati Uniti e del rapporto lontananza geografica, vicinanza di cuore e passionalità. Si sente parte attiva e compartecipativa utile alla conservazione delle tradizioni e della lingua dialettale del Sud Italia, della Calabria, della Calabria in America?
Mi sento parte attiva quando sono in produzione, post produzione e poi quando mi guardo attorno nella sala e osservo le reazioni del pubblico, dialogare con loro e sentire quello che hanno da dire. Cerco di essere più accurata nella ricerca e nella rappresentazione dei dettagli, ma posso solo sperare di essere utile alla conservazione della storia, delle tradizioni e della lingua.
Ha intenzione di approfondire la comprensione della vita degli emigrati attraverso le loro culture ancora in pratica sia nella Calabria che in luoghi multietnici come New York?
Tramite l'esplorazione della vita degli emigrati nell'ultimo corto "Terra sogna terra", quello che hanno superato e quello che provano ancora oggi, vorrei che tutti i figli, nipoti, parenti, amici di emigrati nel mondo - che lo siamo tutti, in un modo o nell'altro - si ricordano che le condizioni che portano gli emigrati a lasciare i propri paesi e i propri cari sono quelle condizioni che costringono a farlo per sopravvivenza, e sono risultati derivati direttamente da una sistema mondiale che va contro i diritti degli esseri umani. Quello che mi - ci - hanno dato gli intervistati è non solo un pezzo delle loro anime, è proprio una testimonianza di prima mano, e in più è un'implorazione di queste persone che vivono un rapporto viscerale con la Terra, di apprezzamento della Terra.
Può servire anche un'opera filmica per superare gli ostacoli che si possono presentare in luoghi lontani, in nuovi Paesi con lingue, modi e costumi diversi. Per la sua opera filmica Lucia Grillo è, e deve essere, anche antropologo, nel suo lavoro serve sempre un'approfondita ricerca che precede la lavorazione filmica per essere poi, il più possibile, accurati nei dettagli storici e socio-economici dell'epoca, affrontata dalla scrittura e dalla sceneggiatura. Le opere di Lucia Grillo vogliono continuare ad esplorare la pratica degli usi e dei costumi, delle tradizioni storiche e attuali in Calabria e a New York, dove vi è, sempre più, un' interesse rinnovato nelle pratiche degli emigrati, nell'eterna continua ricerca di un legame di identità etnica, un sottile filo rosso in mano ad ogni gruppo di emigrati ed ai loro successori generazionali.
Lucia Grillo su Macondo
Lucia Grillo e i suoi films (da acquistare) vi aspettano su Facebook
---> An interview with Lucia Grillo
Dic. 2010
Zampogna e pipita calabrese non solo a Natale. Le loro sonorità ricercate in ambiente agro-pastorale diventano raffinatezze per importanti musicisti e per platee internazionali
Meeting della zampogna di Sorianello: Tarantella Malandrina
(F. Vallone) É un gesto antico e popolare, sinuoso e carnale, il modo tutto calabrese di abbracciare la zampogna, di avvinghiarla in un tutt'uno e di suonarla divinamente. "Prima faceva soltanto bee, adesso invece canta" questa la frase che ci colpisce della moglie di Giuseppe Sette, pastore -artista - musicista della zampogna calabrese.
In questo ambiente magico fatto di suoni sensuali e vibranti, di abbracci all'otre, non ci sono elementi di differenza tra i suoni del mondo agropastorale e arte musicale. É una vera simbiosi fatta di faticoso lavoro, di freddo e isolamento, di pecore e capre, buoi e vacche, un ambiente dove l'uomo si esprime con silenzi assoluti e sonorità arcaiche tramandate da generazioni. Sono loro stessi, i pastori e i massari delle Serre, della Sila e dell'Aspromonte, a scegliere legni e radici. Sono loro stessi a fabbricare i loro strumenti, con l'esperienza della memoria millenaria tramandata che si ritrovano dentro, con antiche tecniche costruttive, con metodiche di allestimento, di taratura e accordatura, con un repertorio sonoro e musicale, con le danze, i balli e la gestualità simbolico-votiva di sempre.
Giuseppe Sette, detto massaru Peppe, suona pipite e zampogne di ogni tipo. Con le sue grosse mani e il suo numeroso gregge di pecore e capre è detentore dell'arcaica gestualità di una tarantella calabrese fatta da passi impolverati e veloci sulla terra e gesti che mimano e richiamano sfida e coltelli. I suoi gesti diventano danza in un tutt'uno con l'otre, la pelle di capra rivoltata, con la terra, gli alberi, l'ambiente tutt'attorno. Sorianello, piccolo paese conchiglia, paese arroccato e aggrappato alla montagna che di sera diventa presepe: il luogo, tra Soriano Calabro e Serra San Bruno, per un giorno diventa capitale della zampogna, della pipita e di altri strumenti tradizionali calabresi.
L'occasione è un meeting semplice, senza tante pretese intellettuali, organizzato dall'associazione "Amici con la musica" e dalla dinastia delle famiglie Battaglia e Mangiardi. Salvatore Battaglia e i suoi fratelli le zampogne non solo le suonano ma se le costruiscono con le procedure più antiche di questo mondo. Il nonno, il bisnonno, i padri dei padri dei padri, ed oltre fin nel più profondo della storia calabrese, sapevano già costruire questi raffinati strumenti musicali della cultura popolare. A Sorianello, in un freddo mattino prenatalizio, sono arrivati suonatori di zampogna e pipita da tutte le parti della Calabria. Arriva il mitico Massaru Micu, all'anagrafe Domenico Corrado da Torre Ruggero, in provincia di Catanzaro, arrivano dall'Aspromonte, dalla Sila Cosentina, da Serra San Bruno, da Acquaro e Pizzoni... C'è cumpari Gino Raffaele, c'è Massaru Micu, c'è Peppi Sette, coppola in testa, fustagno, baffi, esperienze diverse, provenienze da ogni dove ma tutti con la grande passione nel sangue. Parlano dei loro tesori, delle loro mille performance, dei loro preziosissimi strumenti, pezzi unici e irripetibili. Ci raccontano di quando i loro strumenti erano capre della transumanza e alberi del bosco, ci svelano segreti di sapienza e lavorazione antica:
"il pelo viene rasato due centimetri, poi l'utri si immerge nella calce... il tronco di legno si divide in quattro per non far spaccare le canne... ed ancora ci parlano di erica, ulivo, ciliegio, mandorlo, albicocco e legno di gelso, uno cento mille segreti raccontati per costruire ciarameji e zampogne, pipite e parigghja. Al gruppo di pastori e massari - musicisti popolari si aggiungono i giovani, che sono figli e nipoti, nel nome di tradizione familiare con passione e arte tramandata, ma anche musicisti colti che hanno scelto, sempre per passione, di fare recupero, ricerca, riproposizione. É il caso dei Parafonè di Serra San Bruno, grandi amici di questi pastori-musici delle Serre. Il gruppo dal 2002 ha un successo di quelli grandi, gira il mondo, i Parafonè hanno suonato i loro strumenti anche a bordo della metropolitana di New York e sulla Quinta Strada per il Columbus Day.
Oggi zampogne e le pipite non vengono usate solo per le nenie natalizie, per capodanno e l'epifania, per le novene di dicembre, per le feste matrimoniali e battesimi di un tempo, per le serenate di antichi innamoramenti, oggi sono strumenti con l'anima raffinata che si suonano sotto le luci di palchi e tutto l'anno. La zampogna, per la sua forma e per le parti animali, si presta anche a significati magico-rituali, connessi alla vita agro-pastorale, nel cui ambito assume grande rilievo simbolico. Nelle feste la zampogna assolve a una duplice funzione sacra e profana attraverso due generi: la pastorale o la processionale, lenta e solenne, accompagna la processione e soleva un tempo accompagnare la messa in chiesa; la tarantella, veloce e ritmata, accompagna il ballo. In Calabria è possibile rinvenire quattro tipi di zampogna: quella a chiave (di accompagnamento), con area di diffusione la provincia di Catanzaro e Vibo Valentia (Serre) e Cosenza (estremo nord-Pollino); zampogna a moderna, (solista) area di diffusione la provincia di Reggio Calabria (area grecanica); zampogna a paru, (solista) area di diffusione la provincia di Reggio Calabria; zampogna surdulina, (solista) area di diffusione la provincia di Catanzaro e Cosenza (aree albanesi).
---> Zampogna e pipita calabrese in Ora Esatta
Dic. 2010
Greccio, Betlemme e Gerusalemme... le note del calabrese Fabio Conocchiella (19 anni appena compiuti) in mondovisione il giorno di Natale
(F. Vallone) Si chiama Fabio Conocchiella, è calabrese di Briatico, in provincia di Vibo Valentia, e sin dall'età di sette anni si è avvicinato al mondo della musica, quasi per gioco, imparando giorno per giorno a suonare il pianoforte e l'organo, ad orecchio e ascoltando moltissima musica, specialmente quella barocca che influenzerà le sue prime, vere, composizioni. All'età di dieci anni Fabio inizia lo studio del violino, proseguito poi con i maestri Antonella Curcio e Cristiano Brunella. Contemporaneamente Conocchiella scopre di avere un'affascinazione, la grande passione per la composizione, passione che successivamente diventerà la sua principale attività e che lo ha portato allo studio accademico della materia. Ad oggi ha all'attivo numerose composizioni per i più svariati ensamble strumentali, dalla musica da camera a quella sinfonica e prepara arrangiamenti e orchestrazioni per importanti orchestre nazionali e estere.
Il prossimo 22 dicembre Fabio Conocchiella festeggerà il suo compleanno. Diciannove anni, è giovanissimo Fabio ed è già un compositore e direttore d'orchestra di quelli importanti, tanto grande e importante che le sono state commissionate opere di orchestrazione di Violentango, Oblivion e Libertango di Astor Piazzolla e l'arrangiamento e l'orchestrazione del famoso brano "Somewhere" tratto da "West Side Story" di Leonard Bernstein, il tutto per un evento altrettanto speciale, il tradizionale Concerto di Natale per la Vita e la Pace da Betlemme e Gerusalemme, al quale partecipano artisti e orchestre di fama internazionale. L'orchestra che quest'anno terrà il concerto è l'Orchestra Giovanile Italiana di Fiesole, che è stata diretta da direttori d'orchestra come Muti, Abbado, Sinopoli, e in quest'occasione sarà diretta dal M° Nicola Paszkowski. Le orchestrazioni di Fabio Conocchiella, per quanto riguarda i brani di Piazzolla, vedranno, come solista al bandoneon, Mario Stefano Pietrodarchi, artista affermato in campo nazionale ed internazionale, che ha anche eseguito nel febbraio di quest'anno la Prima assoluta del concerto per bandoneon e orchestra - a lui dedicato - dal titolo "Dentro", composto e diretto dallo stesso Conocchiella e successivamente replicato a Yerevan, capitale dell'Armenia, con l'Orchestra di Stato.
L'arrangiamento e l'orchestrazione di "Somewhere", invece, vedrà affiancare l'orchestra da due grandissimi artisti della Palestina: la cantante Mira Awad e il suo vocalist Amiram Eini che chiuderanno l'intero concerto con questo inno alla Pace e alla Fratellanza tra i popoli, temi chiave di questo evento di respiro internazionale.
Il Concerto di Natale per la Vita e per la Pace è stato eseguito il 19 dicembre a Greccio (RI), concerto d'inaugurazione presso l'Abbazia di San Pastore; verrà riproposto il 21 dicembre a Betlemme, presso la Basilica di S. Caterina e il 22 dicembre a Gerusalemme, presso l'Auditorium Binyanei Hauma. Un vero e proprio meritato regalo di compleanno per Conocchiella, tutto il concerto con l'opera di Fabio verrà trasmesso in mondovisione e sarà possibile seguirlo, in Italia, il giorno di Natale, il 25 dicembre 2010, alle ore 15.30 su Rai 3 o in streaming o su Radio 3.
L'Orchestra Giovanile Italiana diretta sempre dal M° Paszkowski presenterà le orchestrazioni e gli arrangiamenti di Conocchiella anche per il Concerto di Capodanno al Teatro Comunale (del Maggio Musicale) di Firenze, il 1 gennaio 2011 alle ore 11.00. Questo importante progetto che vede coinvolto Fabio Conocchiella rappresenta uno dei tanti riconoscimenti che sta avendo come compositore e musicista a livello non solo italiano, ma internazionale, ricordiamo, infatti, che Conocchiella sta già lavorando a diversi progetti per il 2011 che lo vedranno nuovamente all'opera come compositore e direttore d'orchestra all'estero, anche affiancato da grandi nomi del concertismo internazionale.
--->Astor Piazzolla: 'Tres Tangos Sinfonicos - Tango II'
--->Fabio su Macondo
Dic. 2010
Ad Ariccia, al Torrino di Palazzo Chigi e fino a capodanno, la mostra del calabrese Giulio Pettinato "La scenografia nel presepe
(F. Vallone) Si chiama Giulio Pettinato, è calabrese di Vibo Valentia Marina dove è nato nel 1955, da due decenni vive e lavora in provincia di Roma, nella fascinosa Castel Gandolfo tanta cara ai Papi. Da anni Pettinato è attivo in ambito internazionale nel campo della scenografia di interni e vanta collaborazioni con enti e strutture pubbliche e private. Tra l'altro ha realizzato preziose decorazioni ed "interventi d'arte" per tantissime abitazioni private ma anche per uffici, alberghi, chiese e teatri.
In tre edizioni del "Festival di Spoleto" ha curato, con successo, esposizioni tematiche sulla scenografia, poi ancora una carriera costellata di prestigiosi allestimenti scenici al Teatro Rendano di Cosenza, per "I cantori di Brema" di Gaetano Panariello e successivamente al Teatro Argentina di Roma, ai Percorsi Musicali di Castel Gandolfo e per l'importante installazione scenico-scultorea di "Connessioni Mediterranee", opera del compositore greco Nikos Filaktos, al Fringe Festival di Edimburgo.
Un artista completo Giulio Pettinato, che spazia continuamente dalla scenografia alla decorazione, dalla scultura alla pittura, con ben cinquanta esposizioni personali curate in mezzo mondo. Ora Giulio Pettinato, da qualche anno, si occupa in modo speciale del periodo di Natale con interventi di vera e propria presepistica non convenzionale. Ogni presepe diventa quindi spazio scenico nel quale individuale, focalizzare, mettere in evidenza spazi rimodellati dalla fantasia, dal tramandato popolare e popolaresco. Pettinato prende dalla tradizione e trasferisce all'arte, illumina teatralmente lo spazio del racconto di Natale, lo rende prospetticamente funzionale alla scena e al palcoscenico, anima e inserisce sceneggiature nei quadri d'azione, crea, in modo assai originale, veri e propri frame, fotogrammi filmici.
La sua concettualità operativa la scrive e la descrive bene Masina Carravetta nella presentazione in catalogo: "Che il sistema dei consumi abbia preso il sopravvento sul sistema dei valori è cosa ormai tristemente assodata. Il nostro tempo sembra minato dall'ossessione dell'utile, dal culto del profitto, dall'emarginazione di ogni persona non funzionale, non produttiva. Forse per tutte queste ragioni una mostra di Giulio Pettinato, che coniuga tradizione, talento scenografico e poesia, può attrarre tutti coloro che cercano una zona franca nel turbine natalizio. Le scenografie presepiali di Pettinato, esposte in questi giorni, interpretano, con delicatezza e stupore, il tema dell'attesa, della famiglia, della nascita. Momenti ai quali siamo tutti profondamente legati e nei quali cerchiamo di identificarci incessantemente, anno dopo anno, anche quando la vita ci trasforma e ci indurisce".
Dic. 2010
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E' on line la 55^ Tornata di TropeaMagazine
(S. L.) La Tornata di novembre/dicembre 2010, la cinquantacinquesima, è dedicata ad un insigne tropeano, Antonio Sorrentino (1908 - 1983), avvocato dello Stato, consigliere di Stato e fine giurista che si distinse per aver supportato nel campo legislativo ed in modo determinante l'attività di tutti i governi De Gasperi durante i lavori dell'Assemblea Costituente fino al completamento di essi, dirigendo l'ufficio legislativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
L'opera infaticabile di Antonio Sorrentino, legislatore e giurista di grandissimo livello, contribuì a dare impulso decisivo alla rifondazione, alla ricostruzione e al riordinamento democratico dello Stato. "In tale veste - ricorda Pasquale de Lise, attuale Presidente del Consiglio di Stato - Sorrentino è stato autore di leggi che in non pochi casi sono tuttora in vigore".
Successivamente, esercitò per il resto della vita e per sua scelta la libera professione forense amministrativista, facendosi valere e apprezzare per le sue doti umane e professionali.
Un numero unico, quello dedicato a Sorrentino, che si avvale di diversi contributi e testimonianze di amici e colleghi per fare ancora più luce sull'eccelso ingegno e sulla profonda cultura giuridica di un uomo illustre e integerrimo.
State con noi e con la Storia e Buona Lettura!
--> www.tropeamagazine.it
Il Prof Lino Daniele
Il ruolo di 'intellettuale impegnato" di GUGLIELMO LENTO nel ritratto del Prof. Lino Daniele
(S. Libertino) In occasione della presentazione a Tropea del libro 'Onorevole... per caso' di Guglielmo Lento, il Prof Lino Daniele si era dato il compito di svolgere l'analisi letteraria del testo. Ne esce fuori un ritratto a tutto tondo di Guglielmo, dall'infanzia trascorsa a Tropea con la famiglia alla militanza politica, dai primi studi a quelli universitari e alla professione di medico in quel di Gela, fino all'esperienza esaltante di parlamentare. Ad alcuni giorni dalla scomparsa di Guglielmo, la testimonianza del Prof. Daniele, per fortuna registrata in video, offre un valore aggiunto a chi voglia conoscere aspetti significativi del ruolo di 'intellettuale impegnato' di Guglielmo, della sua passione viscerale 'di far politica' e 'di fare il medico', dell'amore struggente per Tropea, della brillantezza letteraria dei suoi scritti poetici.
Vi vogliamo proporre la registrazione e un racconto, tratto da 'Onorevole... per caso', legato ai ricordi di una Tropea che non c'è più. E un appello alle Autorità del Governo cittadino per apporre una targa ricordo in Vico Manco, dove Guglielmo visse.
--> Continua...
LA LEGGENDA DI TRISULINA ricostruita da Franco Vallone per 'Sereno variabile'
(S. Libertino) ""A Papaglionti, borgata del comune di Zungri, c’è un tesoro detto di Rosalia. In questo monte è un castello grande assai, e nel sotterraneo si dice sia nascosto un tesoro, e lì sotto furono trucidate diverse persone. Per prendere tale tesoro bisogna andare a mezzanotte, portare una pistola in mano, che sia nuova, e tirare dei colpi alla persona che si presenti davanti. Se la pistola spara tutti i colpi, allora il tesoro si presenta, altrimenti sparisce tutto, e anche la pistola sparisce dalle mani.
Vincenzo Margiotta, il magaru di cui ho già parlato, si recò, a suo dire, sulla località tre volte.
"La prima volta che andai – racconta egli – comparve, nel sotterraneo, una ragazza, la quale mi disse: 'Questo monte si chiama Monte di Faraone, ed io sono sua figlia, a nome Bucarda, e con me ci sono altre due sorelle che si chiamano Elidetta e Filidora. Se vuoi il tesoro, devi fare così: prendi una rivoltella nuova, che non sia stata mai usata, e quando comparisce il cavallo col guerriero, che ha in mano la spada e in un’altra una palla dorata, spara mirando alla pala'.
Andai una seconda volta e sempre a mezzanotte, con una biava (biada) di confetti ed una cavezza, e come sono sceso sotto comparve nel sotterraneo un cavallo fumeggiante (focoso); io cercavo mettergli la gavezza, ma non sono riuscito, e me ne tornai; ritornai un’altra volta, e mi comparvero tredici personaggi, che preparavano una colazione per tutti e tredici; dodici colazioni furono consumate ed una è rimasta, ed io me ne tornai, perché volò una colomba e tutti sparvero, e là si rimase al buio. Tornai la terza sera, ma questa volta con altre persone, delle quali tre dovevano essere donne, che rimasero nel castello, ed io rimasi solo nel sotterraneo. Sul castello si fece trusellu (catafalco) con tre lenzuoli e dieci candele accese. Un vento impetuoso non spegneva le candele e né si consumava la cera, le cinque persone che erano
Gregorio Fiammingo da Papaglionti, Mobrici Caterina, Licastro Teresa, Caterina Fiamingo ed io, vedevamo entrare e uscire dal castello una colomba, e come questa usciva, sotto il castello si faceva un buio pesto, e quando essa ritornava, si faceva una luce viva; io scesi sotto, vidi tre persone aggrappate ad una colomba che vi era colà, e mi minacciavano furentemente; così io me ne andai e più non tornai".""
Così il barone Raffaele Lombardi Satriani, esimio folklorista di San Costantino di Briatico, nel libro 'Credenze Popolari Calabresi' del 1951, ristampato nel 1997 a cura del nipote Luigi M. Lombardi Satriani, raccoglie e riporta la leggenda popolare di Rosalia o Trisulina in quel di Papaglionti, frazione di Zungri.
La leggenda recentemente è stata ricostruita da Franco Vallone, giornalista, videomaker e studioso di antropologia culturale per la trasmissione televisiva 'Sereno Variabile' di Osvaldo Bevilacqua. All'evento hanno partecipato con Osvaldo Bevilacqua, Francesco Rombolà, Franco Vallone, Eleonora Rombolà, Francesca Santoro e gli abitanti di Papaglionti di Zungri.
La festa del 1903 nella Cattedrale di Tropea
La festa centenaria di Santa Domenica in Tropea
(S. Libertino) Il prossimo 6 luglio il culto cattolico celebra il nome di Santa Domenica tropeana, la quale quest'anno compie il diciassettesimo centenario del martirio. In tutto il mondo cattolico, in una miriade di località, in Turchia, in Grecia, negli Stati Uniti, in Croazia e finalmente in tutta l'Italia meridionale ed in particolare in Calabria, milioni di fedeli venereranno Domenica, in moltissimi paesi anche quale patrona delle loro città.
In questa circostanza davvero speciale, vogliamo porre all'attenzione dei nostri lettori la cronaca dettagliata della festa che la Città di Tropea ha voluto tributare in Suo onore nel 1903, cento anni fa, in occasione del sedicesimo centenario del martirio. L'autore dell'articolo, apparso nel giornale Il Galluppi di Tropea, n. 22 e 23 ed inserito nel volume Il Culto dei Martiri in Calabria - Miscellanea, Tip. Lanciano, Napoli, 1905 sempre dello stesso autore, è Mons. Domenico Taccone Gallucci, allora Vescovo della Diocesi di Nicotera e Tropea.
Lo scritto riveste particolare importanza in quanto descrive meticolosamente e dettagliatamente tutte le attività ecclesiastiche e civiche che compongono lo svolgersi della festa solenne tropeana indicando uno per uno i nomi dei partecipanti: prelati, autorità civili e militari, organizzazioni, associazioni, gli stessi complessi bandistici tropeani.
E quindi la Società filarmonica, diretta dal Maestro Domenico Mannacio. I cantanti ed i musicisti, come i Signori Conte Napoleone Scrugli, l'Avv. Antonio Barone Taccone ed altri ancora come padre don Giosuè Macrì alle prese con il coro dei seminaristi. il Conte Ottavio Scrugli padrone delle tastiere dell'organo della cattedrale. Il grande compositore Cav. Gerardo Buongiovanni. In fine l'apparato civico guidato impeccabilmente dal sindaco Francesco Barone.
--> Continua...
Un frame del backstage
Parte La Magnifica Ossessione con il backstage de La tenda in piazza di G.M. Volontè girato nel 1970 da S. Libertino
(S. L.) Alle ore 1130 di giovedì 4 novembre, presso la Sala Stampa dell'Aula Magna dell'Università della Calabria, sarà presentato il nuovo programma televisivo La magnifica ossessione, realizzato dal Laboratorio Audiovisivo del Corso di Laurea Magistrale in Linguaggi dello Spettacolo del Cinema e dei Media.
La magnifica ossessione (30 minuti di cinema, teatro, musica, arte, cultura) a partire da sabato 6 novembre (alle ore 15,00) e in replica domenica 7 novembre (alle ore 24,00), arricchirà il palinsesto della rete televisiva Video Calabria 8. Il programma sarà visibile anche su Internet, nella sezione dedicata ai programmi del sito www.videocalabria.tv .
La magnifica ossessione è un programma realizzato in collaborazione con il gruppo di studiosi che ruota intorno al quadrimestrale di cinema "Fata Morgana" (Pellegrini Editore), che informa il pubblico sulle principali manifestazioni culturali presenti sul territorio, approfondisce temi ed eventi e suggerisce gli appuntamenti da non perdere. Questa prima puntata ospiterà, tra l’altro, le immagini inedite e in esclusiva (girate a Roma nel 1970 da Salvatore Libertino) del grande Gian Maria Volontè, ripreso mentre lavora a quelle che poi saranno le scene più significative del suo film La tenda in piazza.
--> Video Calabria TV
--> Gian Maria Volontè, Il migliore attore del mondo di S. Libertino
Ciao Peppe! Oggi avresti compiuto 62 anni. Buon compleanno! Ci vediamo a Messa domani ai Gesuiti ore 1730 (by Kid/4nov2010)
Roberto De Gaetano e Loredana Ciliberto alla conferenza stampa del 5 nov
Presentato La Magnifica Ossessione. Andrà in onda domani 6 nov. e replicata il 7 nov. su TV e Internet
(S. L.) Andrà in onda domani, sabato 6 novembre (alle ore 15,00) e in replica domenica 7 novembre (alle ore 24,00), La magnifica ossessione il nuovo programma televisivo di approfondimento culturale che nelle prossime settimane arricchirà il palinsesto della rete televisiva Video Calabria 8, realizzato dal Laboratorio Audiovisivo del Corso di Laurea Magistrale in Linguaggi dello Spettacolo del Cinema e dei Media.
La magnifica ossessione è stato presentato in una conferenza stampa, tenutasi presso la Sala Stampa dell'Aula Magna dell'Università della Calabria lo scorso giovedì 4 novembre, durante la quale è stato illustrato il lavoro laboratoriale che ha dato vita a questo progetto. L'incontro, presieduto da Roberto De Gaetano (Presidente del Corso di Laurea Magistrale in Linguaggi dello Spettacolo, del Cinema e dei Media) e dalla curatrice del programma Loredana Ciliberto (Esercitatore didattico di cinema presso l'Unical), ha dato la possibilità ai presenti in sala di conoscere il nuovo contenitore culturale costruito interamente da un gruppo di studenti dei Corsi di Laurea in "Comunicazione e Dams" e "Linguaggi dello Spettacolo del Cinema e dei Media", in collaborazione con la rete televisiva Video Calabria 8, che ha dato la propria disponibilità alla messa in onda del programma.
"La magnifica ossessione - ha detto Roberto De Gaetano - ha raggiunto un obbiettivo importante per il nostro Ateneo: aver costruito un programma di carattere culturale, dai validi contenuti, come compimento di un percorso formativo. Un progetto, che non si sofferma solo sugli eventi e la realtà regionale, ma mira ad espandere i propri contenuti su tutto il territorio nazionale, come nel caso del documento inedito su Volontè che viene presentato nella prima puntata".
Loredana Ciliberto ha dapprima manifestato la sua "soddisfazione nel vedere realizzato qualcosa di concreto, in una regione dove spesso è difficile concretizzare validi progetti culturali; una soddisfazione condivisa sia dai docenti che hanno appoggiato il progetto, che dagli studenti che hanno dato vita al programma".
L'incontro è proseguito con la presentazione della struttura e i contenuti della trasmissione. La magnifica ossessione, che nasce come momento di riflessione e aggiornamento sull'attualità cinematografica ma spazia dal cinema all'arte, alla musica, al teatro e a tutto ciò che è cultura, avrà cadenza settimanale e sarà strutturata in cinque rubriche - Incidenze, Focus, Rifrazioni, Agenda, I Film di Fata Morgana - che proporranno, volta per volta, una serie di servizi sugli eventi culturali più rilevanti tra quelli proposti dal territorio calabrese e non solo. Le varie sezioni prendono il loro nome dalla struttura della rivista di cinema "Fata Morgana" (edita da Pellegrini Editore) con la collaborazione della quale La magnifica ossessione viene realizzata.
All'interno della prima puntata, la sezione "Incidenze" (che prevede un'intervista con un personaggio di rilievo del mondo della cultura) proporrà un'intervista con Ascanio Celestini, scrittore e drammaturgo, attore e regista per il teatro e da poco anche per il cinema; "un personaggio - sostiene Loredana Ciliberto - che, grazie alla sua figura eclettica, può in qualche modo rappresentare lo spirito trasversale tra le arti dell'intero progetto". Di grande rilievo la sezione di approfondimento ("Focus") che in questo appuntamento proporrà le immagini inedite e in esclusiva dietro le quinte del film La tenda in piazza di Gian Maria Volontè, girato nel 1970 a Piazza di Spagna dal calabrese Salvatore Libertino. "Rifrazioni" (la rubrica che seguirà alcuni degli appuntamenti culturali più significativi della regione) ospiterà in questa prima puntata un intervento di Daniele Dottorini (docente di cinema Unical) sul rapporto fra il calcio e il cinema. La rubrica "Agenda" informerà il pubblico sui principali eventi che interesseranno il territorio calabrese nelle settimane a venire. A conclusione della puntata, la rubrica "I film di Fata Morgana" sarà un approfondimento su una pellicola recente o di stretta attualità, raccontata da uno studioso di cinema, componente del direttivo di "Fata Morgana". In questa prima puntata Roberto De Gaetano interverrà sul film di Clint Eastwood, Invictus.
All'incontro hanno partecipato gli studenti coinvolti nel progetto: Giuseppe Bianco, Ilenia Borgia, Giuseppe D'Elia, Maria Furfaro, Raffaele Galiero, Paola Liotta, Lara Palummo, Annunziata Procida, Maria Giusy Riccetti, che hanno realizzato tutti i servizi proposti e lavorato insieme all'ideazione e la post-produzione, avvenute all'interno del Laboratorio Audiovisivo del Dipartimento di Filosofia dell'Unical e presieduto dal prof. Roberto De Gaetano. Le voci off de La magnifica ossessione sono di Ernesto Orrico, attore e regista teatrale e dell'attrice e illustratrice Elisa Ianni Palarchio. La sigla è stata ideata dal neolaureato in Linguaggi dello Spettacolo, del Cinema e del Video, Giulio Ancora.
A conclusione dell'incontro è stata proiettata un'anticipazione video della prima puntata.
Il programma sarà visibile anche su Internet, nella sezione dedicata ai programmi del sito www.videocalabria.tv
Info
E-mail: lamagnificaossessione@gmail.com
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TROPEA Ristorante Italiano
(S. L.) The city of Tropea is a seaside resort, located on the Southwestern coast of Italy, with a modern tourist and fishing harbor. It is also an active farming center famous for its excellent quality of food produce and distinguished for its seafood tradition.
Owner Lorenzo Scordamaglia is from the city of Tropea. He trained in Genova with Costa Cruise Line and traveled all around the world as a waiter for Costa Cruises for 9 years. he also worked as a waiter at the Paralies Resort in Tropea for 5 years. He arrived in Seattle in 1983 and worked in various Italian restaurants in the Seattle area.
Tropea Ristorante Italiano opened in June 1996 and features many Italian comfort dishes such as Lasagna Tropeana as well as daily specialties incuding Spaghetti Pescatore. To compliment your meal we affer a vast selection of Italian wines.
--> TROPEA Ristorante Italiano
I Sindaci di Tolentino Luciano Ruffini e di Pizzo Fernando Nicotra
Tolentino e Pizzo più vicini al gemellaggio
(S. Libertino) L'Associazione Tolentino 815 con il proprio gruppo storico "2° Reggimento Cavalleggeri" ha partecipato a Pizzo in Calabria dal 8 al 10 ottobre scorsi, alle Giornate Murattiane 2010 ed alla VII edizione della rievocazione storica "Sbarco, arresto, condanna e fucilazione del re Gioacchino Murat", organizzata dall'Associazione Murat.
L'iniziativa è stata caratterizzata dalla presenza del Sindaco del Comune di Tolentino Luciano Ruffini e degli studenti dell'Istituto d'Istruzione Superiore "F. Filelfo" di Tolentino, per ricambiare la visita che nel 2008 fecero a Tolentino il Sindaco del Comune di Pizzo Fernando Nicotra e gli allievi dell'Istituto Nautico e Commerciale di Pizzo.
Dopo il gemellaggio tra l'Associazione Tolentino 815 e l'Associazione Murat di Pizzo, ufficializzato a Tolentino nel maggio 2008, le due scuole stanno proseguendo sullo stesso percorso, come i contatti tra le due Amministrazioni, con l'obiettivo di arrivare al gemellaggio ufficiale tra le due città che hanno molta storia in comune, in quanto legate alla figura del sovrano del Regno di Napoli (www.tolentino815.it/paginaita18663.aspx ).
Così le associazioni come le due scuole si sono impegnate ad intensificare gli scambi culturali e personali, programmando una serie di contatti che vedranno, d'ora in avanti, la presenza degli studenti calabresi a Tolentino e di quelli marchigiani a Pizzo in occasione delle rispettive rievocazioni storiche, l'una in maggio e l'altra in ottobre.
Si tratta della applicazione del Protocollo d'Intesa firmato tra l'Istituto d'Istruzione Superiore "F. Filelfo" di Tolentino e l'Associazione Tolentino 815, al fine di promuovere la memoria storica della Battaglia in funzione culturale e turistica, con occasioni di incontro e visite d?istruzione.
Il Sindaco Ruffini ha presenziato alle manifestazioni ufficiali ed espresso la sua soddisfazione per questi incontri tra delegazioni, auspicando le tappe di un progetto di collaborazione e di gemellaggio generale tra le due cittadine.
Anche perché il prossimo anno si celebrano due anniversari importanti per Tolentino: il 50° anno del Gemellaggio con LabastideMurat, tra i primissimi in Europa, ed il 150° dell'unità d'Italia, collegata alla battaglia di Tolentino del 1815 in quanto la prima per l'indipendenza.
Tolentino è stato crocevia della Storia Nazionale: inizio e fine dell'epoca franco-italica, tra il declino del potere temporale pontificio (Trattato di Tolentino, firmato il 19 fabbraio 1797 tra Napoleone Bonaparte ed i rappresentanti dei Papa Pio VI) e le origine del Risorgimento (Battaglia di Tolentino).
L'Associazione Tolentino 815 continua nell'opera di valorizzazione della Battaglia di Tolentino, combattuta il 2 e 3 maggio 1815 tra l'esercito di Giacchino Murat, Re di Napoli, e quello austriaco del Barone Federico Bianchi; considerata da vari storici come la Prima battaglia per l'Indipendenza Italiana.
L'augurio potrebbe essere di commemorare insieme i Gemellaggi di Tolentino con LabastideMurat e Pizzo, per evidenziare e rivalutare l?importanza e il peso del re Gioacchino Murat.
Un evento che in nome della storia e delle comuni identità, si pone nella direzione di creare un collante tra la realtà marchigiana e quella calabrese e francese, sul piano certamente storico ma, soprattutto, sul terreno della condivisione di esperienze culturali, civili e sociali.
Lo scopo finale è quello di sviluppare dal punto di vista culturale e turistico Tolentino e la zona circostante; calarsi nel passato per farlo rivivere e conoscere a tutti per la salvaguardia e la gestione del patrimonio storico, architettonico, monumentale e paesaggistico legato alle battaglie di Tolentino e Castelfidardo. In attuazione della legge regionale, con un grande contenitore culturale ed istituzionale, garantendo sufficienti risorse e sinergie d'intenti per tramandare alle future generazioni la memoria storica, i cimeli ed il paesaggio che contribuirono all'unità nazionale.
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Un paese dove si mangiano i topi! Ovvero la vera storia del pettine di mare
(Michele De Luca) Non sono molti a saperlo, ma c'è un paese - e non è l'unico - in Italia, dove si mangiano i topi! Li si può comprare al mercato e i ristoranti del luogo, quand'è possibile - perchè la pietanza è assai ricercata - l'offrono volentieri ai loro più assidui clienti: non più di sei - e piccoli - disposti in bella vista in un piatto bianco. E il loro prezzo è talmente esoso, per la rarità della merce, che arrivano a costare anche 50.000 lire al Kg.! Non si prendono nè di notte, nè d'inverno, nè col cattivo tempo, nè con la fretta. E, infine, potremmo dire, la gente è davvero felice quando ne prende qualcuno e indispettita quando, invece, è riuscita a catturarne solo pochi.
Tutto questo vela una mezza verità - che equivale a dire una bugia camuffata - e immagino il disgusto del lettore nello sfogliare, con la punta dell'occhio, la breve annotazione. Ma è pur vero che a Parghelia, ridente località balneare della Calabria, buona parte dei paesani - alla richiesta dei turisti di conoscere il nome di un prelibato pesce marino - sogliono, senza troppo pensarci, indicarlo come pesce "topo", traduzione alla lettera dell'omonima espressione dialettale "surice"!
Il grazioso pesciolino, dalle variopinte colorazioni striate, ha, in effetti, un nome italiano ben diverso: pesce "pettine" o pesce "rasoio", ed un nome scientifico di tutto rispetto, xyrichthys novacula (ordine dei Perciformi, famiglia dei Labridae), dove la prima parola sta ad indicare il genere e l'altra la specie. E nel resto d'Italia è conosciuto con altri nomi, come ci segnala Giorgio Bini nell'Atlante dei pesci delle coste italiane: razon ad Imperia, poesciu razù a Genova; pecorella o pesce pettine a Napoli; pesce petene a Venezia e pisci pettini a Cagliari e Catania, pettini a Palermo; spetacaturu a Brindisi e landrosa - aggiungiamo noi - a Varano (Ancona); surice e mulinaru
a Tropea; surice o pettine surici a Messina. E in altri paesi - abbiamo constatato - lo chiamano raor o galan (Spagna), raoret o raò (Catalogna), rozetta o ruzetta (Malta), pearly razorfish (Antille) dove vivono le specie dei mari tropicali, simili alle nostre, ma appartenenti ai neri iniistius ed hemipteronotus -; ed infine donzelle lame in Francia. Ma è presente soprattutto a Cipro, tant'è che esiste colà una produzione semi-industriale del prodotto.
Caratteristica peculiare di questo labride è quella d'avere un corpo alto e fortemente schiacciato lateralmente, con un profilo della testa compressa (che sembra quasi troncata anteriormente), assai ripido, tanto da delineare un bordo del muso a lama.
L'occhio piccolo, situato in alto, è molto distanziato dalla bocca, anch'essa minuscola, che si trova in basso. In ogni mascella sono disposti circa 24 denti acuminati, di cui due centrali caniniformi, che sporgono in avanti e sono più grossi degli altri. I due denti superiori sono leggermente distanziati tra loro e s'incastrano, a bocca chiusa, con quelli inferiori. Nelle zone retrostanti le mascelle sono presenti altri denti molariformi, mentre nella faringe sono impiantati diversi denti piuttosto piatti.
Le aperture nasali, minuscole, si trovano presso il margine anteriore dell'orbita.
La pelle è ricoperta da grosse squame: in numero da 26 a 28, lungo la discontinua linea laterale. Questa inizia, con andamento lievemente curvilineo, in prossimità dell'opercolo, per arrestarsi al termine della pinna dorsale; poi prosegue, qualche centimetro più in basso (e in modo rettilineo), attraverso la linea mediana del peduncolo codale.
La pinna dorsale, unica, è nel complesso di altezza abbastanza uniforme, anche se lievemente più corta nella sua parte iniziale, che è composta da 9 o 10 spine (le prime due meno rigide che le altre); mentre nella finale sono presenti da 11 o 12 raggi molli.
La pinna anale è più corta della dorsale. Inizia all'incirca all'altezza della parte molle della dorsale ed è composta da 3 spine e 11-13 raggi molli.
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La pensilina 'Toraldo di Francia' a Firenze
(Francoeffe) Quante pensiline ci sono nel mondo! Belle, brutte, più o meno famose. E per tutti gli usi. Tutte necessarie per il riparo dei passeggeri, comunque delle persone.
In ogni città ce ne sono alcune, ma anche una sola basta per andare avanti col discorso, di indispensabili, di artistiche. Una buona parte sono conosciute attraverso la filmografia : hanno nascosto malfattori in fuga, riparato vecchiette impaurite e sole e così via. Chi non ricorda quella famosa sotto cui è passata la grande Marilyn che poi si è beccata quella sbuffata di vapore nel film capolavoro : “A qualcuno piace caldo” ? Oppure quella da cui parte Anna Karenina, la anch’essa grande Greta Garbo? Non vorrei sbagliare , ma anche in “Mezzogiorno di fuoco” mi pare ce ne sia una! Le citazioni potrebbero durare ancora molto.
Questa introduzione molto sommaria serve per avvicinarci a parlare di quella costruita al lato destro (guardando) della Stazione di S.M. Novella, a Firenze: la cosiddetta, dal nome dell’Architetto, “Toraldo di Francia”, che adesso pare essere in procinto di essere abbattuta. Quando si inaugurò si disse, da più parti, della sua funzionalità e dei servizi che poteva ricoverare: biglietterie, informazioni turistiche, info alberghiere, edicola, noleggi e altri ancora.
Poi, non avendone mai curato l’ aspetto, pur essendo uno dei primi impatti di chi arriva in treno in città, il degrado – non evitato da chi invece doveva – (forse perché non l’aveva pagato di sua tasca!) ha preso il sopravvento. Una scritta oggi, una domani; una pisciata oggi e una domani; una bici scassata lasciata legata oggi e una domani (serve continuare con gli esempi?), l’hanno ridotta, nel tempo, come la si vede oggi. Un troiaio.
Ma non sarebbe neppure irrecuperabile. Basterebbe volerlo. Non foss’altro che per il decoro della città visitata ogni giorno da decine di migliaia di persone. Poi, forse, è entrato di mezzo l’interesse per alcuni spazi da recuperare per l’ampliamento della Stazione con l’A.V. alle porte ed allora, se così sarà, addio pensilina. A tanti non è mai piaciuta, così come a tant’altri si. A molti è sempre parso un lavoro pregevole, con splendide citazioni dell’architettura medievale e rinascimentale fiorentina. Ad altri no. Vi si leggono ‘frasi’ della Badia fiesolana; del Battistero; della chiesetta di S. Felice a Ema; dell’antica chiesa di S. Salvatore al Vescovo in Piazza dell’Olio e delle Basiliche di S.M. Novella e di S. Miniato al Monte. Bastano per eventualmente salvarla? Non certamente nello stato in cui si trova!!
Il degrado non è cosa di questi giorni. Affonda nel tempo, da quando nessuno più si sente investito del compito di preservare, conservandoli al meglio, i monumenti e le testimonianze della storia fiorentina. Tanto da lasciare, senza neppure tentare di porvi rimedio, che si imbrattino i monumenti e le case, quelle povere e quelle bellissime, del centro come della periferia. Non si dica che non è possibile porvi rimedio! Solo che non si vuole. Si domandi come, allora. Ogni cittadino di buon senso sarebbe in grado di indicare decine di rimedi. Salvo chi dovrebbe porvi rimedio non li conosce! Pare addirittura che non veda il problema e come si svolge.
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GINO BEGOTTI, una vita dietro il mirino
(S. Libertino) Si disse sempre che in Italia i "Favolosi Beatles" sono stati fatti conoscere per la prima volta da Gianni Bisiach nella trasmissione televisiva "TV7" del 23 dicembre 1963.
Ma chi se lo immaginava che un veneziano di 22 anni, fotoreporter corrispondente dell'Agenzia "Olympia", qualche settimana prima, il 14 dicembre, aveva documentato con la sua Rolleiflex uno dei primi concerti della carriera dei Beatles in un locale a Sud di Londra, il Wimbledon Palais, passato alla storia dopo quel concerto. E dopo qualche ora quelle foto hanno fatto il giro del mondo.
Durante il concerto, Gino era proprio dentro quella gabbia, per tutto il tempo in ginocchio alla base della modesta piattaforma di grezze assi di legno sulle quali suonavano i Beatles, in tensione per il continuo tremare delle sbarre di ferro provocato dalla pressione dei fans, temendo che prima o poi la ressa potesse abbattere quella protezione di fortuna.
E' andata felicemente bene, come del resto in tutti i concerti dei ragazzi e così è stato possibile "salvare" il prezioso rullino.
Di quel servizio si occupò anche la rivista "Fotografia Reflex". In contemporanea, Gino pubblicò un minibook nel quale si possono ammirare alcune tra le più belle fotografie di quella giornata memorabile.
Ma chi è Gino Begotti? La sua vita, all’inizio, ricalca un po’ la trama del film “Nuovo cinema paradiso”. Nasce a Venezia nel 1941. Suo padre, proiezionista del Festival del Cinema, lo porta spesso al lavoro negli anni del dopoguerra, ed è lì che Gino sente per la prima volta l’odore acre e affascinante della celluloide, raccoglie i fotogrammi che cadono durante i ritagli e le aggiunte della pellicola operati dal padre e si innamora di quello che riesce a leggervi dentro. Scopre scena dopo l’altra, un dramma, un bacio d’amore, una folla che si agita, una treno pieno di emigranti. Gino porterà dentro di sé questo amore che lo legherà con le arti visive, con il cinema. A Milano studierà fotografia professionale, iniziando i primi lavori da aiutante di camera oscura stampando le fotografie del rotocalco femminile Bolero Film
alla Mondadori e facendo ben presto parte nei primi anni Sessanta come fotoreporter della Giornalfoto, storica agenzia milanese, anche se le prime fotografie di spirito giornalistico furono quelle scattate a 18 anni a Palmiro Togliatti in comizio a Milano in Piazza del Duomo, salendo sull'improvvisato palco di legno alle spalle del grande politico per fotografarlo in primo piano con la folla oceanica di sfondo.
Lo troviamo per lunghi periodi a Roma a seguire il percorso della Dolce Vita, e quindi del mondo del Cinema in via Veneto e sui set cimematografici, con gli amici e colleghi ‘paparazzi romani’ (Marcello Geppetti, Tazio Secchiaroli…) e fotografando nelle loro residenze Anita Ekberg, Giorgio De Chirico, Alessandra Mussolini appena nata con mamma Maria Scicolone e papà Romano Mussolini, Novella Parigini, Linda Christian, Edmund Purdom, il sarto Emilio Schuberth, e le Sorelle Fontana nei loro ateliers, e molti altri.
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--> Il blog di G. Begotti
Nel film inchiesta del regista Virgilio Sabel "In Italia si chiama amore" un caldissimo episodio realmente accaduto a Reggio Calabria
(F. Vallone) Un uomo colpito nel cuore del suo orgoglio da una pentolata di acqua bollente lanciata dalla moglie gelosa
Reggio Calabria, un 20 luglio dei primi mitici anni sessanta:
“Vendetta di una moglie gelosa, una pentola d'acqua bollente sul ventre del marito infedele. - Il malcapitato, che stava dormendo pacificamente e in libertà piena, è balzato dal letto urlando ed ha riportato gravissime ustioni”…
è la titolazione completa di un fatto di cronaca realmente accaduto in Calabria. Questa notizia risale a cinquanta anni fa e, all'epoca, era stata pubblicata da tutta la stampa nazionale.
In quel tempo il regista documentarista torinese, Virgilio Sabel, riprese questa nota di cronaca e la inserì, sceneggiandola, come episodio tutto calabrese sulle tematiche della esagerata gelosia meridionale per il film inchiesta-documentario dal titolo “In Italia si chiama amore”. Nelle immagini del caldo, ...bollente episodio calabrese, girato nei pressi di Reggio Calabria, si intravede la ferrovia che passa vicinissima alla casa del ferroviere, un treno a vapore con le sue carrozze di terza classe ed una piccola Littorina. La storia, il canovaccio della sceneggiatura, è semplice ed eloquente nei contenuti. Ecco il testo dalla voce narrante di un giovanissimo ed ancora sconosciuto Nino Manfredi:
“Questo è il caso di un ferroviere che, per ragioni di servizio, una sera dorme a Reggio Calabria e una sera a Taranto. Una specie di marinaio delle Ferrovie dello Stato... e questa è sua moglie, una donna di casa che lavora, pulisce, cucina... si sa la donna invecchia sempre prima, lui invece si mantiene, sembra ancora forte, virile... eppure con la moglie.... si, insomma, quando si mette a letto è solo per dormire... ma questo che vuol dire..., di solito gallina che non becca ha già beccato. Eh si, la fidanzata è latte, la sposa burro, la moglie cacio... E mo che fai? stai nudo, così sexi come sei... allora provochi, e sorride anche beato. Ma è questo che manda in bestia la moglie: dice che è stanco... e di che? Del lavoro? Lo sa lei che fa la notte quando dorme a Taranto. E allora quando è così... lo dice anche la Bibbia: non c'è veleno peggiore del veleno del serpente, non c'è rabbia peggiore della rabbia di donna...”
Seguono le immagini della scena centrale del film con la moglie del ferroviere che prende una pentola di acqua bollente e la versa sul ventre del marito infedele che riposa sul letto. Un forte fischio del treno, che passa proprio in quel momento, copre le urla del marito colpito. L'episodio si chiude con questo breve commento di sottolineatura:
“No, no, non l'ha mica buttata lì per caso l'acqua bollente, ha mirato giusto, l'ha colpito nel cuore del suo orgoglio...”
Questa girata a Reggio Calabria è la scena più “forte” di tutto l'intero film che, all'epoca, il 29 marzo del 1963, quando uscì nelle sale cinematografiche italiane, fu vietato ai minori di quattordici anni. Nello stesso anno il film venne proiettato in Argentina con il titolo “En Italia lo llaman amor”. Un film drammatico, una vera e propria inchiesta documentaria che racconta delle diverse vicende dell'amore della provincia italiana. Un curioso itinerario a tratti tragicomico, un viaggio nelle sfaccettature del costume amoroso nazionale, tra corteggiamento, innamoramento, amore, che tratta anche le tematiche della gelosia, del tradimento, dell'amore non corrisposto.
Il film è tratto da un'inchiesta giornalistica di cronaca di Italo Dragonesi, pubblicata in un volume, per le edizioni Aro di Roma. Suddiviso in tanti diversi episodi, il film è stato prodotto da Mario Mariani per Cinex, con la scenografia di Giorgio Giovannini e il montaggio di Jolanda Benvenuti. La bella fotografia del film, in bianco e nero, è firmata da Oberdan Troiani, mentre la colonna sonora è di Armando Trovajoli. Il regista, come abbiamo già detto, era nato in Piemonte, a Torino, nel 1920. Verso la fine degli anni Cinquanta si innamorò del paesaggio di Ricadi, in Calabria, visitato in occasione della realizzazione di un cortometraggio, lì fece costruire una casa, ristrutturando una tipica pagghjialora, sul promontorio di Capo Vaticano, trasferendovi anche la residenza. Da questi luoghi il “torinese”, come veniva chiamato, continuò la sua attività di regista e sceneggiatore. L'amore per questi incantevoli paesaggi, a strapiombo sul mare, Sabel lo manifestò fino alla fine dei suoi giorni. Infatti, quando il 7 luglio del 1989 morì, venne sepolto nel piccolo cimitero di San Nicolò di Ricadi, accanto alla tomba dello scrittore Giuseppe Berto, suo vicino di casa e suo grande, fraterno, amico.
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--> L'articolo su Ora esatta
Stand By Me | Playing For Change | Song Around The World from Concord Music Group on Vimeo.
LA TERZA PUNTATA DE "LA MAGNIFICA OSSESSIONE"
(S. L.) Sabato 20 novembre alle ore 1500 andrà in onda su Video Calabria 8 la terza puntata del nuovo programma televisivo d'informazione culturale 'La magnifica ossessione', realizzato dal Laboratorio Audiovisivo del Corso di Laurea Magistrale in Linguaggi dello Spettacolo del Cinema e dei Media e costruito interamente da un gruppo di studenti dei Corsi di Laurea in "Comunicazione e Dams" e "Linguaggi dello Spettacolo del Cinema e dei Media", in collaborazione con la rete televisiva Video Calabria 8.
Protagonista di questa puntata il premio Oscar Mauro Fiore, direttore della fotografia nel pluripremiato film di James Cameron, Avatar. Nell'intervista per la sezione "Incidenze", Fiore racconta della sua vita negli Stati Uniti: l'emigrazione negli anni Settanta, gli studi a Chicago, fino all'esperienza del Red Carpet e all'emozione di ogni suo ritorno al paese natale, Marzi. La sezione "Focus" annuncia la prossima edizione del Torino Film Festival, con un'intervista a Lorenzo Ventavoli, presidente del Festival torinese, giunto alla 28° edizione e che si svolgerà dal 26 novembre al 4 dicembre prossimi. "Rifrazioni" ospita un intervento di Alessia Cervini (docente di cinema presso l'Unical) centrato sul volume Splendore e miseria del cinema. Sulle Histoire(s) di Jean Luc Godard, secondo nel mondo e primo in Italia a raccontare la monumentale opera del grande regista francese Jean-Luc Godard.
La rubrica "Agenda" informa il pubblico sui principali eventi che si svolgeranno nella settima successiva sul territorio calabrese. A conclusione della puntata, nella rubrica "I film di Fata Morgana", Alessandro Canadè - caporedattore della rivista "Fata Morgana" (Pellegrini Editore) con la collaborazione della quale 'La magnifica ossessione' viene realizzato - interviene sul film The Town, seconda prova registica dell'attore Ben Affleck.
I servizi proposti, l'ideazione e la post-produzione del programma sono stati realizzati da Giuseppe Bianco, Giuseppe D'Elia (riprese), Ilenia Borgia, Raffaele Galiero, Lara Palummo, Annunziata Procida, Maria Giusy Riccetti (redazione), Maria Furfaro e Paola Liotta (montaggio) che partecipano ad un progetto laboratoriale afferente al Corso di Laurea Magistrale in Linguaggi dello Spettacolo del Cinema e dei Media (presieduto da Roberto De Gaetano). Il programma è a cura di Loredana Ciliberto (Esercitatore didattico di cinema presso l'Unical).
La puntata verrà trasmessa in replica domenica 21 novembre (alle ore 24,00) e sarà visibile anche su Internet, nella sezione dedicata ai programmi del sito www.videocalabria.tv
Info
E-mail: lamagnificaossessione@gmail.com
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Un servizio di Anna Rosa Macrì (TGR) sull'eredità di Virgilio Sabel. L'appello di Giuseppe Braghò per risalire alle responsabilità nella cattiva gestione dell'incommensurabile patrimonio di beni materiali e culturali lasciato dal regista torinese al Comune di Ricadi. Passa in secondo ordine il recente ritrovamento del quadro di Ligabue. Braghò parla di case, di ville, di conti correnti, di 60 quadri di valore, dell'archivio cinematografico, delle attrezzature ottiche.... E' inamissibile inoltre che il Comune di Ricadi, beneficiario di tanta ricchezza, non abbia ricordato nemmeno una volta la figura di Sabel, che innegabilmente dai primi anni quaranta e per tutti gli anni cinquanta e sessanta ha dato lustro - con signorilità, arte e competenza - alla cinematografia italiana per la perizia tecnica, per il rigore dell'informazione e lo stile della regia dando vita ad un'opera faraonica d'inchiesta condotta magistralmente in tutto il suolo nazionale sul costume degli italiani. (S. Libertino)
Monsignor Girolamo Grillo con i genitori negli anni Cinquanta
Le poche cose semplici della vita di un prete
(Girolamo Grillo x 30giorni.it) Il 25 aprile del 1953, all’età di appena 22 anni e mezzo, venivo ordinato sacerdote. Debbo dire, anzitutto, che, pur con le connaturali difficoltà di ogni ragazzo e di ogni adolescente, la mia prima risposta alla chiamata di Dio alla consacrazione come suo sacerdote non è stata difficile. In effetti, le vere difficoltà arrivano sempre lungo il cammino successivo e soprattutto quando la prospettiva della vita viene guardata a ritroso. Proprio allora accade (ma credo che qualcosa del genere avvenga per tutti e non soltanto per le anime consacrate) che talvolta, pur restando gioiosi e senza rimpiangere alcunché, gli errori, le stanchezze, le sconfitte, i fallimenti dei non pochi piani umani che, quasi sempre, vengono sconvolti da quelli divini, nonché l’usura del tempo, appesantiscano l’anima di ogni apostolo del Signore.
Cinquant’anni fa, ero, come suol dirsi, partito in picchiata: «Vi farò vedere io come si fa» pensavo. «Loro, i vecchi, non hanno mai capito nulla». Ma un giorno (e oggi, a dire il vero, mi accade ogni giorno), come il profeta Elia, chiudendomi in me stesso e mettendomi davanti al Signore, mi sorpresi a mormorare: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri» (1Re 19,4).
A voler essere sincero, debbo dire che nella mia vita di sacerdote è accaduto e tuttora accade quanto avvenne ad Elia: la mia vera risposta e il mio vero impegno sono giunti soltanto in un secondo tempo. Nulla di strano, però, in tutto questo. Non si tratta, infatti, di una controindicazione; sono invece alla scoperta cocente della mia propria incapacità fondamentale, della mia presunzione di potere agire con le mie sole capacità intellettuali e morali. Non posso nascondere di aver intrapreso il cammino piuttosto a cavallo, ma, dopo un lungo galoppo, ho scoperto che anche il mio incedere brillante sotto molti punti di vista nascondeva una grande fragilità.
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'Più libri più liberi'. La vetrina nazionale della piccola e media editoria è a Roma dal 4 all'8 dicembre
(S. L.) Ogni anno in Italia vengono pubblicate oltre 50 mila novità. Di queste il 25%, cioè un libro su quattro, è pubblicato da un piccolo e medio editore ma difficilmente riesce a superare i tanti ostacoli che lo dividono dal magazzino alle vetrine delle grandi librerie.
Più libri più liberi nasce per questo. Per garantire ai piccoli e medi editori italiani la vetrina che meritano. Una vetrina d'eccezione, al centro di Roma e durante il periodo natalizio.
Più libri più liberi, la Fiera nazionale della piccola e media editoria, nasce nel dicembre del 2002 da una felice intuizione del Gruppo Piccoli editori di Varia dell’Associazione Italiana Editori, con l’obiettivo di offrire al maggior numero possibile di piccole case editrici uno spazio per portare agli onori della ribalta la propria produzione, spesso ‘oscurata’ da quella delle case editrici più forti; e insieme di realizzare un luogo di incontro per gli operatori professionali, per discutere le problematiche del settore e per individuare le strategie da sviluppare.
La formula di Più libri più liberi, che accanto all’esposizione di oltre 50mila titoli propone un programma culturale ricco di convegni, incontri, presentazioni e performance, ha subito incontrato il gradimento del pubblico che affolla tutti gli spazi del Palazzo dei Congressi di Roma rinnovando ogni anno il proprio affetto e la propria fedeltà.
La nona edizione della manifestazione sarà presentata il 23 novembre alle 11 al Tempio di Adriano a Roma (Piazza di Pietra). Interverranno, introdotti dal saluto del vicepresidente della Camera di Commercio di Roma Lorenzo Tagliavanti, il presidente dell’Associazione Italiana Editori (AIE) Marco Polillo, il presidente del Gruppo Piccoli editori dell’AIE Enrico Iacometti, il direttore della fiera Fabio Del Giudice, l’Assessore alle Politiche culturali e della Comunicazione del Comune di Roma Umberto Croppi, il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti.
Chiuderà la mattinata l’intervento del Sottosegretario al Ministero per i Beni e le Attività Francesco Maria Giro.
Oggi, a 9 anni dalla prima edizione, la manifestazione può vantare un successo al di sopra di ogni iniziale previsione, un successo che ha superato i confini nazionali e ha fatto di Più libri più liberi oggetto di crescente interesse anche per gli operatori stranieri.
La Calabria sarà rappresentata da una parte della ben nutrita schiera delle realtà editoriali esistenti: Rubbettino, Falzea, Città del Sole, Carello e Laruffa.
Il programma completo di questa nona edizione di 'Più libri più liberi' sarà disponibile sul sito dedicato.
INFO
Più libri più liberi
Incontro a Rimini sul proclama agli italiani di Gioacchino Murat
(S. L.) L’Associazione Mazziniana Italiana, sezione provinciale Rimini Marzo 1831, organizza sabato 27 novembre alle ore 16,30, presso la sala dell’Istituto musicale Lettimi in via cairoli 44, un incontro sul “PROCLAMA AGLI ITALIANI di GIOACCHINO MURAT”.
Per la prima volta proprio nella città dove fu emesso il 30 marzo 1815, si discute del famoso Proclama di Rimini, con cui per primo Gioacchino Murat pose le basi politiche dei successivi movimenti di indipendenza del popolo italiano nel corso di tutta l’epopea risorgimentale.
Sarà presente Antonella Feltrami, Assessore alla cultura del Comune di Rimini, e Fausto Faedi, Presidente Associazione Mazziniana Regione EmiliaRomagna.
La conversazione sarà moderata da Pietro Caruso, direttore della Rivista “Il Pensiero Mazziniano” e presentata da Claudio Masini, Presidente AMI Rimini Marzo 1831.
Il contesto storico verrà illustrato da Sergio d’Errico, direttore della Rivista “L’Albero”, a cui seguiranno gli interventi di Paolo Scisciani, Presidente dell’Associazione Tolentino 815, su “La Battaglia di Tolentino, la prima per l’indipendenza italiana” e Domenico Sorace e Giuseppe Pagnotta, Presidente Associazione Gioacchino Murat di Pizzo Calabro, su “Lo sbarco in Calabria”.
Gioacchino Murat esprime, nel contesto in cui operò, quello spirito di unità, indipendenza ed autodeterminazione dei popoli cui negli anni a seguire molti perseguitati fecero riferimento sacrificando le loro vite per analoghe aspirazioni sia in Italia sia in altri territori d’Europa, anticipando quel grande sogno di un’unità europea che appartiene al nostro oggi.
Pertanto, nel ripercorrere le vicende del re Murat, italiano per condivisione di valori sovranazionali in quanto appartenenti alla dignità del popolo, è doveroso ritrovare oggi quelle motivazioni ed ideali così lungimiranti ed attuali.
E’ anche l’occasione per presentare l’ultima pubblicazione dell'Associazione Tolentino 815, a cura di Paolo Scisciani, che raccoglie Materiali e Documenti nel XV° anno di attività della stessa.
Il volume raccoglie tanti interventi e li ordina in quattro sezioni:
- La battaglia di Tolentino descritta da dieci autori diversi per offrire i vari punti di vista;
- I Proclami, tra cui quello di Rimini in grande evidenza, le Ordinanze e gli Inni che hanno fatto da contorno al fatto militare;
- La situazione della vita civile dell’epoca, attraverso indagini amministrative, manifesti, costumi, biografie e aneddoti;
- I progetti realizzati dell’Associazione Tolentino 815 e quelli da realizzare.
L’obiettivo è la creazione del Parco Storico Regionale delle Battaglie di Tolentino e Castelfidardo: unirsi per la salvaguardia e la gestione del patrimonio storico, architettonico, monumentale e paesaggistico legato alle due battaglie in un grande contenitore culturale ed istituzionale, garantendo sufficienti risorse e sinergie d’intenti per tramandare alle future generazioni la memoria storica, i cimeli ed il paesaggio che contribuirono all’unità nazionale; proprio nell’imminenza delle celebrazioni del 150° anniversario.
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Gli ingredienti della festa di sant'Andrea: campanile, giganti, zeppole, castagne, bella gente, q. b.
A Parghelia, alla festa di sant'Andrea quintali di castagne lanciate dal campanile....
(F. Vallone) È proprio una di quelle feste uniche che non troverete in nessuna parte del mondo quella che si svolge a Parghelia sulla costa vibonese. Una festa unica, dicevamo, che prevede il lancio di quintali di castagne dall'alto del campanile della Chiesa madre della cittadina, quella di Sant'Andrea Apostolo. È un'antichissima tradizione che si rinnova annualmente e che richiama numerosi visitatori.
Tanti i riferimenti antropologici antichi che fanno di questa usanza una delle perle tradizionali vanto di Parghelia. A dire il vero gli stessi cittadini del paese sottovalutano un poco la grande valenza, le potenzialità dell'evento e i valori nascosti tra le righe del rito ma è anche vero che lo sguardo esterno della festa di sant'Andrea è veramente notevole.
Il 29 novembre di ogni anno a Parghelia arrivano da tutte le parti per fotografare, filmare, o semplicemente assistere, e questo indica interesse per una tradizione tramandata e non affatto violata da interferenze simboliche e globalizzanti. Una festa a cui bisogna per forza di cose partecipare, entrare tra i personaggi, stare sotto il campanile e seguire l'evento il più possibile riparati per non essere colpiti direttamente dall'evento stesso. Colpiti non è un senso metaforico ma reale perché le castagne arrivano dall'alto del campanile, improvvise e violente, una pioggia di quintali di castagne avvisate solo dal suono festoso delle campane della stessa chiesa. Ecco perché bisogna essere preparati.
Buste in testa, cappotti, maglioni avvolti al capo per ripararsi la testa e poi tutti giù a raccogliere quante più castagne si riescono a recuperare. "Durante la vigilia della festa di Sant'Andrea che si tiene il 30 novembre, dice la tradizione raccontata, vengono lanciate dal campanile quintali e quintali di castagne, testimonianza delle numerose elargizioni che la Chiesa in tempi antichi faceva durante i periodi di carestia".
Una diversa interpretazione antropologica è quella che vede, sempre in periodi remoti, l'usanza della nobiltà feudale del tempo, di distribuire, nei giorni di festa, mandorle, fichi secchi, castagne, noci, monetine ed altro, ai poveri del paese e ai tanti viandanti che si presentavano sotto le finestre e i balconi dei palazzi nobiliari e davanti alle chiese dei paesi.
Nella festa di sant'Andrea Apostolo, santo patrono di Parghelia si consumano per tradizione anche le zeppole, gustose frittelle tradizionali che possono essere dolci, zuccherate, con l'uva passita di zibibbo o rustiche salate, con l'acciuga o l'aringa, fritte dalle donne di Parghelia in piazza, si possono gustare durante il lancio ripetuto di castagne dal campanile.
Da qualche anno ad allietare il giorno di festa anche i giganti processionali Mata e Grifone con i loro balli rituali di corteggiamento.
Ritornando alle castagne di Sant'Andrea è facile ricondurre nel gesto del lanciare un significato propiziatorio con numerosi simbolismi legati al mondo dell'occulto. Sono frutti chiusi, le noci, le nocciole, le castagne dove l'interno è sempre un'incognita. Tradizioni che rimandano alle usanze nuziali dell'antichità, quando ai novelli sposi venivano lanciate delle noci, delle castagne o delle nocciole per buon augurio. Poi l'usanza, in tempi più moderni, si è evoluta verso il lancio dei confetti bianchi con una mandorla all'interno, dei petali di fiori colorati, del riso e delle monetine. Una simbologia beneaugurate perché considerata da sempre simbolo di fecondità.
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Il regista inglese Christopher Miles a Tropea con un filmato del 1972 girato in città
(F. Vallone) Il regista inglese Christopher Miles ritorna per le strade di Tropea dopo tanti anni e per mostrare antiche riprese effettuate in gioventù. Sono passati ben 38 anni dalla Tropea del lontano 1972 che il film mostra con i suoi colori forti e solari, con luci e contrasti che sembrano uscire dai quadri di Enotrio Pugliese. Il regista inglese ritorna in Calabria e incontra alcuni dei suoi giovani attori presi, quasi per gioco, per le strade della Tropea di quegli anni, per un'improvvisata sceneggiatura di viaggio.
Non è un filmino amatoriale quello che ritrae la turistica cittadina del Tirreno. C'è dietro molto di più, c'è lo sguardo e la fotografia di un regista cinematografico importante, ed ogni inquadratura, di questo breve "Tropea 1972", rimanda profondamente ad altro. Il filmato non è firmato, c'è solo il titolo "Tropea 1972" e, a chiusura, la classica parola "fine". Nient'altro, niente personaggi e interpreti, niente direttore della fotografia, niente gerenza di scenografo, sceneggiatore, costumista o altro. Solo uno sguardo dietro una macchina da presa che prende appunti visivi, immagini che si muovono, luce, colori, movimenti, volti e semplici persone per un giorno divenute personaggi.
Miles dopo solo tre anni, da quel 1972, avrebbe diretto un altro tropeano, questa volta famoso, un vero grande attore del cinema, Raf Vallone, nel film That Lucky Touch, con Roger Moore, Susannah York, Sydne Rome, Jan-Pierre Cassel, Lee J Cobb e tanti altri nomi noti. A darci testimonianza di questo, oggi, è Saverio Vallone, figlio e figlio d'arte di Raf, che ci racconta della grande stima di suo padre verso il regista inglese: "mio padre mi raccontava di Christopher Miles, si era trovato molto bene a lavorare con lui nel film "Toccarlo...porta fortuna", diceva che che Miles era un regista davvero bravo..".
Il ricercatore tropean-romano Salvatore Libertino ricorda anche il nome del personaggio centrale del filmato, riconosce il baldanzoso giovane, il capellone a petto nudo che passeggia per strade e vicoli, che si tuffa in mare, che esce dall'acqua e corre sotto la grotta, che sale infreddolito al santuario della madonna dell'Isola... quel giovane - ci dice - è Giuseppe Muscia. Quelle che si susseguono nel film sono immagini girate per piazze e strade, Miles punta la cinepresa su balconi che si lanciano sul mare improvvisi e profondi, crea una sorta di gioco di inquadratura tra i vicoli della Tropea più antica, con bambini che giocano per strada con i gatti, negozietti che si affacciano su strettoie impossibili, il regista abbozza anche ad una sceneggiatura con i ragazzi che recitano un animato scontro tra bande rivali di quartiere, e poi il tuffo nel mare, l'incontro con il mito profondo e con un bagno quasi freddo in un'estate non ancora arrivata.
Tante le tracce suggerite dallo sguardo colto di Miles. Riprende nei suoi fotogrammi tante scritte con la vernice rossa tracciate sui muri, che irrompono nelle inquadrature più volte: "W la Bietà", "Abbasso Mao padre di tutti I bastardi"... e poi la moda del tempo, cinturoni dalle fibbie grandi, basette lunghissime, pantaloni a zampa di elefante, calzini bianchi, una Tropea del 1972 dal turismo ancora arcaico e semplice.
Christopher Miles è nato a Londra nel 1939, a soli 16 anni un suo film in 8mm viene mandato in onda dall'emittente televisiva BBC. Durante questo periodo contribuisce a produrre e scrivere uno spettacolo di varietà. A 19 anni viene sospettato di essere una spia, viene imprigionato nella Cina comunista per le riprese in Chinwangtao. In realtà stava semplicemente girando il suo primo film commissionato. Dopo ben 20 ore non-stop di interrogatorio verrà rilasciato. Successivamente studia regia presso l'Institut des Hautes Études Cinématographiques a Parigi. Nel 1962 scrive e dirige "Un Vol d'Oiseau". Il suo primo 35 millimetri è 'The Six Sided Triangle' (1963), da lui scritto, diretto e co-prodotto. Il film divenne un successo di critica e commerciale. Da allora tanti film di successo si susseguono nella sua lunga filmografia. Nel 1967 Miles si sposa con la pittrice Suzy Armstrong. La loro figlia, Sophie, è oggi una pittrice e ceramista di successo.
L'articolo su Ora Esatta
Memoria del Venerabile P. Vito Michele Di Netta 1, 2 e 3 Dicembre 2010 Chiesa del Gesù
(S. L.) Si aprono giorno 1 dicembre 2010 le celebrazioni commemorative che i Redentoristi di Tropea fanno in onore del loro Venerabile che ha segnato la storia religiosa di Tropea e di tutta la Calabria nella prima metà dell'800. Sono passati 161 anni dalla morte del P. Di Netta avvenuta in Tropea il 3 dicembre 1949 e ben 75 anni da quando il papa Pio XI ne proclamò l'eroicità delle virtù il 7 luglio 1935.
Il processo di beatificazione sta conoscendo un periodo di lunga stasi: a smuoverlo occorrerebbe un chiaro miracolo da parte del Venerabile che spinga gli organismi ecclesiali a riprendere il cammino della Causa di beatificazione.
La commemorazione di quest'anno porta la connotazione della "riconciliazione", valore e virtù mai fuori luogo e fuori tempo, che nel clima politico piuttosto diviso tanto, a livello locale che a livello nazionale, acquista un sapore attuale. Le stesse celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, iniziate ormai in tutto il Paese, dovrebbero avere una connotazione di riconciliazione storica, perché se è vero che l'Unità d'Italia oggi la consideriamo un valore imprescindibile, è vero anche che essa avvenne anche attraverso prevaricazioni e violenze politiche e sociali in una epoca risorgimentale che il P. Di Netta visse in parte, prima di morire.
PROGRAMMA DELLE CELEBRAZIONI
1 dicembre
1730 Preghiere per la beatificazione S. Messa con omelia. Proiezioni filmati su padre Di Netta.
2 dicembre
1000 Ritiro dei sacerdoti. P. Di Netta, apostolo della Riconciliazione.
1730 Preghiere per la beatificazione. S. Messa e Transito (ricordo della sua morte).
3 dicembre
1700 S. Messa.
1740 Memorial di Padre Di Netta:
- Presentazione delle Lettere (Prof. Luciano Meligrana);
- P. Di Netta, riconciliatore sociale (P. Salvatore Brugnano);
- P. Di Netta oggi (don Ignazio Toraldo).
--> Sant'Alfonso e Dintorni di Padre Salvatore Brugnano
Giuseppe Maria Toraldo in un dipinto ottocentesco (Casa Toraldo Serra - Tropea)
La traduzione latina di Giuseppe Toraldo della Divina Commedia
(S. Libertino) Don Peppino Toraldo, classe 1809, era troppo innamorato del mondo classico fino a sentirsi parte integrante di esso. Pochi amici ma buoni, una passeggiata ogni tanto per le vie del paese, intere giornate rintanato dentro il suo studio per nutrirsi di tutto quello che di antico poteva contenere la monumentale biblioteca di famiglia. Schivo di ogni clamore propagandistico e sempre lontano da onori e ambizioni, era un uomo semplice e modesto come la sua indole che lo accompagnò per tutti i suoi ottantanni di vita retta e esemplare. Ma ciò che avvertiva di più di quel mondo lontano ma a lui così vicino e congeniale era un'autentica predilezione verso la lingua dell'antica Roma. Un vero debole. Una passione avuta da sempre, assorto e estasiato delle odi di Orazio e della musa di Virgilio fin dai tempi da quando ragazzino sedeva sui banchi del seminario, dove poi si sarebbe insediato sulla cattedra di professore di greco.
Ed è proprio dell'idioma virgiliano, di cui subì il fascino irresistibile del ritmo dell'esametro dattilico catalettico, che verrà un giorno proclamato indiscusso principe, poeta, artista. Una convincente conferma la si può trovare nei suoi scritti che miracolosamente sono pervenuti a noi. Opere che per sua modestia non sono mai state pubblicate in vita, come la traduzione della tassiana "Gerusalemme Liberata" data alle stampe l'anno dopo della scomparsa, avvenuta in patria per esaurimento senile il 24 aprile 1899, su interessamento del nipote Marchese Felice Toraldo (1860 - 1924), il quale tra l'altro vi scrisse un'accorata prefazione chiedendo venia al lettore di averlo fatto in lingua italiana.
In ogni caso, alla posterità non aveva mai pensato. Per lui quello che andava scrivendo, componendo, traducendo era solo diletto intellettuale, amore al bello, culto della classicità. Niente altro che questo. La volontà di rendere ancora operosa la propria mente di canuto vegliardo. E lo dice espressamente nel Prologus della sua Hierosolyma nell'idioma più congeniale, virgiliano:
non ego sum vates, anser verum inter olores,
conditor et rudium tantummodo versiculorum
Mentiva? Può darsi di no. Eppure l'inestimabile valore culturale della sua opera è stato evidenziato a chiare lettere dalla nutrita e illustre schiera di critici che vollero unanimi esprimere a favore dell'insigne autore tropeano attestati di stima e lusinghieri consensi in innumerevoli pubblicazioni, saggi, articoli, a cominciare dal Pascoli che di latino era chiarissimo luminare e che da Messina, a cavallo dell'800/900, aveva scritto alla famiglia Toraldo due lettere di ammirazione. E pare che sia del poeta di San Mauro una timida testimonianza letteraria, da approfondire, che lo farebbe presenziare nella nobile cittadina ai funerali dell'illustre tropeano: un componimento dedicato al Toraldo trovato tra le carte del Palazzo, un "sonetto estemporaneo dettato mentre se ne trasportava il cadavere al cimiterio". Delle numerose pubblicazioni ne citiamo solo qualcuna.......
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Peppe Muscia, affettuosamente "il Capellone"
PEPPE MUSCIA attore per caso
(S. Libertino) Ce lo racconta in un’intervista lo stesso Peppe Muscia che in un film di Christopher Miles avrebbe dovuto sostenere il ruolo del protagonista. “Miles - racconta Peppe che all’epoca aveva 21 anni - dopo un lungo appostamento davanti al mio salone di parrucchiere in via Roma, mi disse che aveva intenzione di fare un film con me come protagonista. Mi parlò anche della sceneggiatura. La mia parte sarebbe stata di un latin lover benestante del posto, un mezzo mafioso, innamorato della moglie del Conte della Città.
La mia magione era il “castello” sullo scoglio dell’Isola. Quando il Conte si accorge del tradimento della moglie organizza delle battute contro di me e del mio braccio destro Mimmo Apriceno, da parte di bande armate che danno vita a inseguimenti tra le vinee del centro storico, e per via mare, nei pressi dello scoglio dell’Isola e a Capo Vaticano. Un film di azione quindi dove alla fine trionfa l’amore.”
Questa è in breve la storia che il regista inglese Miles in compagnia di un suo assistente, che si era presentato a Peppe quale scrittore e verosimilmente sceneggiatore, voleva portare sullo schermo nello sfondo suggestivo della Città di Tropea, cercando nel 1972 di compiere sul posto i primi saggi, provini e approcci con le locations e coloro che sarebbero stati gli ‘attori’ dell’opera.
Muscia racconta inoltre che il filmato di circa cinque minuti che Christopher Miles ha voluto una settimana fa proiettare nei locali di Palazzo Collareto davanti a un folto stuolo di tropeani attenti e molto curiosi di questa vicenda, non includesse tutte le scene effettivamente girate, ma solo una parte.
Non sappiamo però la molla che nel 1972 fece scegliere Tropea al regista londinese che tre anni dopo diresse Raf Vallone nel film “Toccarlo... porta fortuna”, con un cast ragguardevole, rigorosamente inglese, ad eccezione di Jan-Pierre Cassel e Raf Vallone: Roger Moore, Susannah York, Sydne Rome, Lee J Cobb. Crediamo che Miles conoscesse già Vallone e la classe dell’attore tropeano che a Londra era di casa per aver portato sulla scena per molto tempo, come a Parigi, ‘Uno sguardo dal ponte” con la regia dell’inglese Peter Brook. Può darsi che i due si siano conosciuti e Raf gli abbia parlato del paese natale che con le sue caratteristiche paesaggistiche e architettoniche avrebbe potuto far da cornice ad un eventuale lavoro cinematografico.
L’idea di realizzare il film però svanì presto perché non si trovarono i soldi per affrontare le spese di produzione.
Peppe Muscia che aveva preso gusto di farsi inquadrare in varie scene impersonando il 'boss' del paese da quel regista famoso, col passar del tempo, non ci pensò più e come lui i suoi compagni di ventura: Aldo Cimino, Mimmo Apriceno, Mimmo La Torre (gelataio), Domenico La Torre (elettricista), Mastro Michele la Torre (falegname), lo spazzino Murecci, e tanti altri.
Aveva da quell’esperienza tratto e custodito sempre nell'anima, giorno dopo giorno, un caro ricordo, quello di aver conosciuto sul “set” la sua futura moglie Gaetana che gli darà quattro figli. Nel filmato di Miles, Gaetana appare durante le riprese alla Villetta del Vescovado, la ragazzina con il maglione rosso che giocava a “palla prigioniera” con le amiche mentre Peppe seduto vicino al cancello dell’attuale ristorante “Normanno” se la mangiava con gli occhi. Ecco perché durante il recente incontro con il regista, Peppe, commosso, gli volle presentare tutta la sua famiglia al completo. Ecco perchè, durante l'incontro, la commozione di Peppe si poteva cogliere a piene mani. Miles lo aveva capito perfettamente e ha voluto in separata sede intrattenersi 'in privato' con i ragazzi tropeani del '72 e con loro - dopo quarant'anni - fare un beneaugurante brindisi alle piacevoli sorprese della vita.
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Il Presepe Vivente di San Costantino di Briatico
(S. L.) L’Associazione Culturale Eleutherìa e la Comunità parrocchiale di San Costantino presentano l’edizione 2010 del PRESEPE VIVENTE che si terrà lunedì 27 dicembre a partire dalle 18.00.
Reduci dal successo dell’edizione dello scorso anno e compiaciuti della viva partecipazione di tutta la cittadinanza e dei tanti visitatori, il gruppo si è posto come obiettivo quello di migliorare l’aspetto scenico e valorizzare i luoghi incantevoli che fanno da cornice alla rappresentazione.
Sono ormai mesi che i ragazzi dell’Associazione, con l’aiuto indispensabile di molti volontari, dedicano il loro tempo libero al recupero della parte più antica di San Costantino chiamata “Ammu” cercando di rendere sempre più suggestivo il percorso.
Dai risultati preliminari dei lavori svolti si prevede un’edizione rivisitata nei luoghi, nelle scene, nei costumi e, non di meno interesse, nell’aspetto gastronomico.
I luoghi, ampliati, ripuliti e resi confortevoli evocheranno alla memoria di molti spiragli di vita quotidiana realmente vissuta. E’commovente osservare come luoghi destinati all’abbandono e sconosciuti alle nuove generazioni riprendano vita e continuino a rappresentare l’identità di questo piccolo paese. Inoltre, per rendere più suggestivo e realistico il percorso, per gentile concessione del Prof. Luigi Maria Lombardi Satriani, verranno aperti al pubblico aree appartenenti all’antico palazzo di famiglia che accoglieranno antichi mestieri e molte scene.
Associazione Culturale Eleutheria
L'autore Mariano Sabatini e la copertina del libro
L'ITALIA S'E' MESTA
(F. Vallone) È intitolato 'L'Italia s'è mesta' il nuovo libro di Mariano Sabatini che riflette uno sguardo davvero particolare rivolto all'Italia. Uno sguardo orientato, focalizzato, mai forzato, sulle vicende del nostro Paese, lo sguardo dei cronisti stranieri, arrivati in Italia per lavorare e vivere. Giornalisti arrivati anche da molto lontano, con altre esperienze e altre culture, che oggi vivono in Italia e che conoscono la nostra realtà intimamente, molte volte in modo più profondo degli stessi giornalisti italiani. Tantissime le "firme" autorevoli del giornalismo internazionale delle autorevoli testate Itar-Tass, Arte, The Herald, Business week, Frankfurter Allgemeine Zeitung, El Mundo, Le Figaro, CNN, BBC, Nouvel Observateur, chiamate a interrogarsi sulla complessità della società del Bel Paese e sulle radici storiche dei nostri mali politici mai risolti.
Dal degrado della televisione (Sabatini è tra l'altro il critico televisivo più autorevole in Italia), alla questione femminile, dalla presenza della Chiesa alla realtà di un'immigrazione non regolamentata, dalla questione Scuola, Università e Ricerca alla nostra Cultura affondata da continui e pericolosi tagli ai fondi. Il volume è una importante raccolta di testimonianze che trova le sue giustificazioni in un'analisi, profonda e strutturata, sulle radici dei nostri mali civili, sociali e politici. L'osservazione privilegiata, acuta e diretta, di operatori dell'informazione stranieri, risulta di grande e fondamentale importanza. Una fonte preziosa e inedita per riuscire a capire, dal di fuori nel di dentro, cosa sta succedendo nel nostro Paese con una libertà e profondità di sguardo rinnovata. L'Italia, ora come mai, ha bisogno di tornare ad interrogarsi sulla propria identità di democrazia, sulla propria storia di conquiste civili e libertarie, sull'inviolabilità dei principi costituzionali sui quali è fondata la nostra società politica.
Mariano Sabatini accoglie nelle pagine di 'L'Italia s'è mesta', le voci dei reporter di alcune delle più prestigiose testate internazionali, professionisti che, negli anni, si sono integrati nella comunicazione italiana ed hanno imparato a conoscere la vera intima natura del nostro Paese. Alle domande di Sabatini rispondono: Wolfgang Achtner, Jörg Bremer (Frankfurter Allgemeine Zeitung), ALexey Bukalov (ITAR-TASS), Kathryn Carlisle (Business Week), Dimitri Deliolanes (ERT), Guy Dinmore (Financial Times), Reha Erus (Hürriyet), Sara Fang (Il Tempo Europa Cina - Ou Hua Shi Bao), Paloma Gomez Borrero (radio Cadena COPE), Irene Hernandez Velasco (El Mundo), Richard Heuzé (Le Figaro), Josef Kaspar (Hospodarske Noviny), Elena Llorente (CNN en Español), Kiyoshi Ota (Kyodo Tsushin Sha), Marcelle Padovani (Le Nouvel Observateur), Elisabetta Piqué (La Naciòn) Constanze Reuscher (Arte e ZDF), Ivan Sysoev (Tribuna), Margaret Stenhouse (The Herald), Assimina Vlahou (BBC Brasil e TV Globo).
In un paese che da anni, e sempre più, registra lo stillicidio della fuga dei suoi cervelli migliori, c'è chi invece arriva dal "di fuori" per raccontare il destino dell'Italia ai propri concittadini al di fuori dei nostri confini nazionali.
PRESENTAZIONE
Alla Libreria Mondadori
Via Piave, 18 Roma
Venerdì 17 dicembre ore 1800
Giulio Perrone Editore presenta
Mariano Sabatini
L'Italia s'è mesta
Insieme all’autore interverranno
BARBARA ALBERTI - FRANCA LEOSINI
MICHELE MIRABELLA
Modera
PAOLO DI PAOLO
--> Giulio Perrone Editore
I maestri di zampogna Rosario e Francesco Crudo
A Natale una gradita presenza gli zampognari
(S. Libertino) Continua, con la S. Novena di Natale, l'ormai consolidata e piacevole tradizione: il suono delle zampogne per le strade di Tropea. La mattina presto, un paio di ore prima dell'alba comincia il giro della città che non è mai lo stesso per dare l'opportunità ai numerosi quartieri di ascoltare le note della pastorale dalle proprie case. Quando il suono, ovattato dall'aria gelida, si fa più vicino, qualche curioso affascinato da quelle note ormai familiari si affaccia dalla finestra per poterle assaporare meglio. Attraverso i vicoli del centro storico la melodia si amplifica invadendo piacevolmente gli interni silenziosi delle stanze.
Pochi sanno che il mantenere in piedi questa tradizione durante gli anni è costata fatica e denaro da parte di comuni cittadini. All'origine, l'idea era partita da Michele La Torre e dalla sua passione per la zampogna (dal greco Symphonia) che con il suo magico suono ha il potere di creare un intenso impatto emotivo strettamente legato alla festività del Natale. Quando non venivano sufficientemente erogati i fondi da parte dell'amministrazione comunale e/o della Pro Loco, era lo stesso Michele La Torre a far quadrare i conti ponendo mani al portafoglio. Anche quest'anno sussiste il problema. A favore della manifestazione, su richiesta dell'organizzatore Circolo ACLI, l'amministrazione ha erogato 500 euro a fronte di una spesa di 1.600 euro. Michele La Torre ci riferisce "Stamattina (16 dicembre) in mia presenza i 'ceremeari ' hanno fatto regolarmente il giro della città. Speriamo di poter trovare i soldi fino a coprire il loro onorario. Altrimenti, come l'anno scorso, i soldi li metterò io". Di solito, il giro termina sul sagrato della chiesa del Purgatorio dove viene officiata, alle 0600, per tutto il periodo della Novena, la S. Messa, seguitissima da una marea di fedeli.
Gli zampognari vengono da Rombiolo. Sono padre e figlio appartenenti alla famiglia dei Crudo che da un centinaio di anni costruisce e suona la zampogna (accompagnamento, Francesco Crudo) e la pipita (solista, Rosario Crudo). I Crudo sono conosciutissimi in Calabria perché dagli addetti ai lavori viene loro riconosciuta una scuola particolare - del Monte Poro - sul modo di costruire e di gestire questi antichi strumenti che cambiano fisionomia tecnica e suono di regione in regione.
Come i più anziani ricordano, fino ad una quarantina di anni fa era una ridotta sezione della banda musicale di Tropea a suonare la pastorale per le strade rispettando tempi e percorsi di oggi. E poi la mattina del giorno di Natale la si vedeva in giro o ferma davanti alle abitazioni e ai negozi per chiedere la 'strenna' suonando una tipica filastrocca 'pagati, pagati, pagati / ca nui simu fatigati / e si non pagati bbonu / non vi cantu e non vi sonu....'.
La zampogna è espressione e testimonianza di una civiltà contadina e pastorale millenaria. Pare che siano gli stessi Romani ad averla usata per primi. È formata da una sacca di pelle che funge da serbatoio d'aria, su cui sono infissi tre o quattro tubi sonori ad ancia doppia: uno o due di essi, muniti di fori, permettono l'esecuzione della melodia, gli altri [bordoni] sono a suono fisso. È usata soprattutto in Calabria e in Abruzzo. Molta attenzione, e sempre di più, viene dedicata a questo strumento da parte dei musicofili. Molti sono i festival e le realtà delle varie scuole. E il discorso si fa anche internazionale fino ad interfacciarsi con la scuola anglosassone della cornamusa, strumento assai simile alla zampogna.
--> Zampogne a Tropea
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