L'eloquente sequenza tratta dal film di V. Sabel
Nel film inchiesta
del regista Virgilio Sabel
"In Italia si chiama amore"
un caldissimo episodio realmente
accaduto a Reggio Calabria
di Franco Vallone
L'episodio del film di V. Sabel
preceduto dai titoli di apertura
Un uomo colpito nel cuore del suo orgoglio da una pentolata di acqua bollente lanciata dalla moglie gelosa
Reggio Calabria, un 20 luglio dei primi mitici anni sessanta:
“Vendetta di una moglie gelosa, una pentola d'acqua bollente sul ventre del
marito infedele. - Il malcapitato, che stava dormendo pacificamente e in
libertà piena, è balzato dal letto urlando ed ha riportato gravissime
ustioni”… è la titolazione completa di un fatto di cronaca realmente accaduto in
Calabria. Questa notizia risale a cinquanta anni fa e, all'epoca, era stata
pubblicata da tutta la stampa nazionale.
In quel tempo il regista documentarista torinese, Virgilio Sabel,
riprese questa nota di cronaca e la inserì, sceneggiandola, come episodio tutto
calabrese sulle tematiche della esagerata gelosia meridionale per il film
inchiesta-documentario dal titolo “In Italia si chiama amore”. Nelle
immagini del caldo, ...bollente episodio calabrese, girato nei pressi di
Reggio Calabria, si intravede la ferrovia che passa vicinissima alla casa del
ferroviere, un treno a vapore con le sue carrozze di terza classe ed una piccola
Littorina. La storia, il canovaccio della sceneggiatura, è semplice ed eloquente
nei contenuti. Ecco il testo dalla voce narrante di un giovanissimo ed ancora
sconosciuto Nino Manfredi:
“Questo è il caso di un ferroviere che, per ragioni di servizio, una sera dorme a Reggio Calabria e una sera a Taranto. Una specie di marinaio delle Ferrovie dello Stato... e questa è sua moglie, una donna di casa che lavora, pulisce, cucina... si sa la donna invecchia sempre prima, lui invece si mantiene, sembra ancora forte, virile... eppure con la moglie.... si, insomma, quando si mette a letto è solo per dormire... ma questo che vuol dire..., di solito gallina che non becca ha già beccato. Eh si, la fidanzata è latte, la sposa burro, la moglie cacio... E mo che fai? stai nudo, così sexi come sei... allora provochi, e sorride anche beato. Ma è questo che manda in bestia la moglie: dice che è stanco... e di che? Del lavoro? Lo sa lei che fa la notte quando dorme a Taranto. E allora quando è così... lo dice anche la Bibbia: non c'è veleno peggiore del veleno del serpente, non c'è rabbia peggiore della rabbia di donna...”
Seguono le immagini della scena centrale del film con la moglie del ferroviere che prende una pentola di acqua bollente e la versa sul ventre del marito infedele che riposa sul letto. Un forte fischio del treno, che passa proprio in quel momento, copre le urla del marito colpito. L'episodio si chiude con questo breve commento di sottolineatura:
“No, no, non l'ha mica buttata lì per caso l'acqua bollente, ha mirato giusto, l'ha colpito nel cuore del suo orgoglio...”
Questa girata a Reggio Calabria è la scena più “forte” di
tutto l'intero film che, all'epoca, il 29 marzo del 1963, quando uscì nelle
sale cinematografiche italiane, fu vietato ai minori di quattordici anni. Nello
stesso anno il film venne proiettato in Argentina con il titolo “En Italia lo
llaman amor”. Un film drammatico, una vera e propria inchiesta documentaria
che racconta delle diverse vicende dell'amore della provincia italiana. Un
curioso itinerario a tratti tragicomico, un viaggio nelle sfaccettature del
costume amoroso nazionale, tra corteggiamento, innamoramento, amore, che tratta
anche le tematiche della gelosia, del tradimento, dell'amore non corrisposto.
Il film è tratto da un'inchiesta giornalistica di cronaca di
Italo Dragonesi, pubblicata in un volume, per le edizioni Aro di Roma. Suddiviso
in tanti diversi episodi, il film è stato prodotto da Mario Mariani per Cinex,
con la scenografia di Giorgio Giovannini e il montaggio di Jolanda Benvenuti. La
bella fotografia del film, in bianco e nero, è firmata da Oberdan Troiani,
mentre la colonna sonora è di Armando Trovajoli. Il regista, come abbiamo già
detto, era nato in Piemonte, a Torino, nel 1920. Verso la fine degli anni
Cinquanta si innamorò del paesaggio di Ricadi, in Calabria, visitato in
occasione della realizzazione di un cortometraggio, lì fece costruire una casa,
ristrutturando una tipica pagghjialora, sul promontorio di Capo Vaticano,
trasferendovi anche la residenza. Da questi luoghi il “torinese”, come veniva
chiamato, continuò la sua attività di regista e sceneggiatore. L'amore per
questi incantevoli paesaggi, a strapiombo sul mare, Sabel lo manifestò fino alla
fine dei suoi giorni. Infatti, quando il 7 luglio del 1989 morì, venne sepolto
nel piccolo cimitero di San Nicolò di Ricadi, accanto alla tomba dello scrittore
Giuseppe Berto, suo vicino di casa e suo grande, fraterno, amico.