La calata del
Quadro
della Madonna di
Romania
di Salvatore Libertino
La giornata che conclude il mese di
agosto, il più vacanziero per vocazione, riserva finalmente ai tropeani un
momento intimo, di meditazione, introspezione, fede, culto, religiosità antica.
La liturgia locale da avvio alla santa Novena che precede i festeggiamenti del 9
settembre, anniversario dell'incoronazione - con corona d'oro - della Madonna di
Romania, avvenuta il 9 settembre 1877 a seguito di specifico decreto del
capitolo vaticano. Oggi rimane ben poco di quella festa che prevedeva nelle
strade della città, molto prima del 31 agosto, l'allestimento della 'villa', una
serie di archi retti da pali, a distanza intervallata, con l'inserimento di
luminarie composte da numerose candele multicolori, dai disegni animati a grande
effetto, per corredare degnamente la festività della Santa Patrona cittadina,
ora dell'intera Diocesi. La memoria storica di Micuccio Cortese ricordava le
suggestive luminarie a gas di Don Gilormu che poi hanno lasciato il posto a
quelle ad elettricità di mio nonno Salvatore Libertino.
Vi si montava a piazza Ercole un palco
illuminato a giorno - o si utilizzava quello fisso smantellato negli anni Trenta
- sul quale prendeva posto il complesso bandistico di turno che veniva chiamato
ad allietare le tre serate della festa. Oltre alla grande animazione che si
avvertiva in città, dentro la manifestazione si potevano cogliere anche spunti
culturali di grande rilievo, sto parlando di quelli musicali veicolati da grossi
complessi come quello della Guardia di Finanza e dell'Arma dei Carabinieri, che
Tropea a quei tempi si permetteva il lusso di ospitare. Inoltre una trentina di
anni fa il comitato della festa, oltre il complesso bandistico di alta
elevatura, aveva la disponibilità di ingaggiare il cantante Claudio Villa.
Oggi i festeggiamenti, da almeno una
trentina d'anni, si sono via via ridotti a lumicino fino al solo mantenimento
dell'indispensabile processione, senza neppure i tradizionali fuochi d'artificio
che di solito la sera concludono ogni festa, ormai anche quella di compleanno.
Non credo ci possano essere valide
controindicazioni per ritornare ai vecchi tempi, anche perché la tradizione per
il culto del Santo Patrono continua felicemente senza mai fermarsi o ridursi nel
tempo in decine di paesi limitrofi e quindi dentro lo stesso territorio
diocesano attraverso feste sontuose - che non poche volte si avvalgono della
presenza del Vescovo - come si conviene ad un Santo Protettore di una comunità
diocesana. Abbiamo l'esempio di Parghelia, Brattirò, Spilinga, Zambrone,
Zaccanopoli, Zungri, Ricadi, Papaglionti, Caroniti e altri, nessuno escluso.
E non mi si dica che tale
ridimensionamento - solo a Tropea - sia dovuto all'opportunità di avvicinarsi ad
un culto religioso più consono, contrario nei momenti di preghiera ai beni
voluttuari che possono distrarre i fedeli da una più sentita devozione. Sarebbe
a questo punto pura ipocrisia clericale. Secondo noi, tale manchevolezza o - se
preferite - endemica latitanza è riconducibile ad una forma classica di
'sciatteria' dei responsabili del clero e degli enti culturali e turistici a
cominciare dall'Amministrazione Comunale, il cui sindaco, con la sciarpa
tricolore, offre pubblicamente ogni anno, il 27 marzo, alla Madonna un cero a
testimonianza della particolare vicinanza da parte della comunità di Tropea alla
Madonna di Romania, e proseguire poi alla Pro Loco e ai competenti organi
provinciali e regionali. Ciò significando che i tre giorni della festa una volta
facevano rifiatare, ancora a settembre, l'economia stagionale della zona e la
conseguente possibilità lavorativa se si pensi che costituivano un richiamo di
centinaia di pellegrini che si partivano, come testimoniano le cronache del
tempo, da Villa San Giovanni, da Messina, da Amantea, da Fiume Freddo, da Pizzo
e da altri centri, anche fuori dalla regione, per soggiornare, secondo una
tradizione consolidata, a Tropea. Inoltre, la grande festa costituiva, come
negli altri centri calabresi, il momento più sentito di aggregazione all'insegna
del quale i tropeani, che ritornavano nel proprio paese durante l'estate,
estendevano la loro permanenza fino al 9 settembre. Ciò accade anche oggi ma in
tono molto minore.
Uno dei momenti più toccanti per la
gente tropeana è la 'calata' del miracoloso Quadro dall'Altare Maggiore della
Cattedrale, che si concede quindi e si fa più vicino ai fedeli che finalmente
hanno modo di baciarlo e accarezzarlo con le mani sfiorandolo con un fazzoletto
destinato ai malati che aspettano a casa di toccarlo. Il tempo necessario a che
i fedeli possano adempiere a questa ritualità, e poi il Quadro viene inserito
nella grande teca d'argento che rimane esposta, ai piedi dell'Altare, per tutta
la durata della S. Novena ed infine, il 9 settembre, viene portato in
processione.
A proposito del Quadro, "Esso - dice
Mons. Antonio Maria Barone in un saggio del 1876 - della dimensione di palmi 4
per 3 2/12 su di tavola incorruttibile si ha tutta la somiglianza con quello,
che si venera nell'insigne tempio di Monte Vergine, il quale fu indubitabilmente
mandato in Eudossia di Gerusalemme a S. Pulcheria, e poscia da Caterina II di
Valois, cui pervenne da Barduino II, che lo portò nel secolo XIII da
Costantinopoli, fu regalato a quel celebre Santuario". E per dare l'idea
dell'intensità della venerazione che i tropeani riservano alla 'loro' Maria SS.
della Romania, in particolare quelli che vivono lontano dalla città, Mons.
Barone continua: "anco agli antipodi vi sono tropeani che portano con sè
l'immagine della Madonna loro con più riverenza di quella, onde gli ebrei
portavano Gerusalemme scolpita fin sui loro anelli".
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