Tropea - Teatro del Porto
10 agosto 2009
Capitan Giangurgolo
di Francesco Bove
Dopo anni di appiattimento culturale, finalmente anche la città di Tropea, uno
dei centri balneari di prim'ordine del Sud Italia, ha il suo buon festival di
teatro. Tutto questo grazie alla caparbietà e all'intelligenza di
Ester Tatangelo,
una giovane regista che, in poco tempo e con pochi mezzi, ha saputo offrire un
programma interessante e di spessore.
La lezione-spettacolo della compagnia cosentina Scena Verticale, ideata nel 1995
e oggi riproposta, si inserisce alla perfezione in questo cartellone, offrendo
al pubblico un excursus sulle origini e l'evoluzione delle maschere della
Commedia dell'Arte, soffermandosi principalmente sulla sua unica maschera
calabrese: Capitan Giangurgolo.
La maschera di Giangurgolo, capitano calabro-spagnolo, nasce durante la
dominazione spagnola ed è una forte satira dei capitani dell'epoca. Con i suoi
pantaloni a strisce gialle e rosse (tipici colori spagnoli), una camicia bianca
senza collo e polsini e baffi da tipico moschettiere, il personaggio riesce a
camuffare le proprie debolezze grazie ad un'esasperazione, fin troppo teatrale e
falsa, delle sue imprese, sia con le donne che in battaglia. Diventa così un
gigante temerario dinanzi ai deboli scappando, al tempo stesso, di fronte al
vero pericolo.
Rosario Mastrota riesce a dare perfettamente anima e corpo a questa maschera,
coinvolgendo pienamente un pubblico composto soprattutto da bambini attenti e
spigliati, grazie anche al supporto fondamentale di Dario De Luca nei panni di
Coviello, servo astuto che affianca Giangurgolo nello sketch finale dello
spettacolo.
La lezione-spettacolo che De Luca ha scritto con Saverio La Ruina comincia con
una descrizione della storia e delle maschere della Commedia dell'Arte, così da
imbastire una serie di siparietti divertenti ed emozionanti in cui De Luca e
Mastrota mostrano fisicamente, con acrobazie, pantomime e artifici scenici,
personaggi come Arlecchino, Pulcinella, il dottor Balanzone, Brighella, oltre al
già citato Giangurgolo.
I due attori di Scena Verticale costruiscono intrecci e storie partendo da un
semplice canovaccio, rivolgono domande ai numerosi bambini (e ai loro genitori)
per testare la loro preparazione, per chiarire dubbi e sfatare miti.
Con stupore il pubblico tropeano apprende così che il nome “Pulcinella” deriva
da “Policinello”, cioè “piccolo pulcino” per via del suo naso (ma alcuni
studiosi fanno discendere l'origine della maschera – e del nome – da Puccio D'Aniello
o da Paoluccio della Cerra, detto Paolo Cinella, un contadino acerrano che creò
questo personaggio), o che il vestito di Arlecchino non fu creato da sua mamma
in occasione del carnevale ma da un attore un po' sbadato.
Il lazzo viene usato come meccanismo comico per far ridere di pancia, mentre il
dialogo
con il pubblico rompe
la classica barriera che si crea a teatro tra palco e platea, rendendo gli
spettatori parte integrante della performance.
“Capitan Giangurgolo” è una lezione-spettacolo entusiasmante, leggera, capace di
far divertire e riflettere grandi e piccoli, portata con maestria ed eleganza
sulla scena da una compagnia che da anni propone un teatro di sperimentazione di
qualità e impegno. Da ricordare lo splendido lavoro del 2006 “Dissonorata”,
vincitore di due premi Ubu nel 2007 nelle categorie “Migliore attore” (Saverio
La Ruina) e “Nuovo testo italiano”, oltre ad essere nella terna dei finalisti al
Premio Eti – Gli olimpici del teatro 2007 nella categoria “Migliore interprete
di monologo” e ricevendo, inoltre, una segnalazione speciale al Premio Ugo Betti
2008 per la drammaturgia.
Un buon inizio, insomma, per il neonato festival di Tropea, e un augurio
affinché compagnie di questo calibro tornino, affiancate a realtà ancora meno
conosciute.
©TropeaMagazine