Foto del Museo dell'Emigrazione di Francavilla Angitola (VV)

ALCUNE CONSIDERAZIONI
SULL'EMIGRAZIONE TROPEANA
 

di Francesco Falduti
(dalla Tesi di Laurea)


Innanzitutto premetto che trattando il fenomeno emigratorio di Tropea, cercherò fin quando mi sarà possibile, di tenere distinta l'emigrazione estera dall'emigrazione interna, ed analizzerò quindi distintamente i dati (quelli che mi è stato possibile trovare) dell'una forma e dell'altra.
Premetto inoltre che, per quanto riguarda l'emigrazione estera, le nazioni in cui si sono stabiliti per lo più i tropeani, dapprima da soli e poi con i componenti le loro famiglie che poco alla volta essi richiamavano, sono state: l'Argentina sopratutto, gli Stati Uniti, il Venezuela, il Canadà, l'Australia, la Francia ed il Belgio.
Circa invece l'emigrazione interna, le zone più popolate dai tropeani sono le centro-settentrionali e soprattutto le provincie di Milano, Torino, Genova e Roma.

Emigrazione estera

Il fenomeno migratorio per Tropea ha avuto inizio, seppure in forma isolata, fin dal decennio 1861-1871, come ho potuto rilevare presso la Camera di Commercio Industria ed Agricoltura di Catanzaro. Alla fine del 1871, infatti, già 158 tropeani si erano allontanati dalla nostra Città per cercare di fare fortuna nell'America latina, specie in Argentina.
Dal 1871 ai primi anni del nostro secolo, l'emigrazione è stata quasi sempre estera, irrilevante essendo quella nazionale.
Negli anni successivi l'emigrazione è andata sempre costantemente aumentando fino a toccare nel decennio 1901-1911 la punta massima di 263 unità.
Nel decennio successivo si è verificato invece un decremento a causa della prima Guerra Mondiale; in tale periodo solo 154 tropeani andarono all'estero in cerca di lavoro.
Questo decremento nel 1921-31 è venuto accentuandosi; solo 74 tropeani infatti lasciarono in tale periodo la loro amata terra. Tale decremento dipese sia dalle limitazioni imposte negli stati Americani e soprattutto negli Stati Uniti all'emigrazione italiana, sia dalla politica interna dello Stato italiano.
Questo stato di cose continuò fino al 1936; in tale quinquennio (1931-36) infatti si ha la cifra di sole 58 unità, cifra che continuò la sua parabola discendente (dal 1936 al 1958 solo 34 furono gli emigrati esteri) per arrestarsi completamente nel periodo 1958-1961.
Tale arresto dell'emigrazione estera continuò fino ad oggi.

1871     1901-1911    1921     1931    1936    1958
_____________________________________________
 158           263        154       74       58      34





Emigrazione interna

L'altro aspetto dell'emigrazione, cioè l'emigrazione interna nazionale, assume un amdamento diverso rispetto a quella estera, seppure sempre uguale è la sua causa prima, cioè la ricerca di lavoro per migliorare il tenore di vita.
L'emigrazione interna inizia con il decennio 1901-1911, irrilevanti essendo i dati dei periodi anteriori:

1901-1911     1921     1931      1951      1959-63
_____________________________________________
    139          200       237       300         1355

Alla fine del 1911, 139 erano i tropeani emigrati in altri Comuni d'Italia, e tale cifra aumentò nel decennio 1911-21 a 200 unità, ed a 237 unità nel decennio 1921-31, toccando le 300 unità nel ventennio 1931-51.
La punta più alta l'emigrazione interna tropeana la toccò nel periodo 1959-63; in tale periodo infatti l'emigrazione ha assunto l'aspetto di vero e proprio esodo di intere famiglie, le quali, abbandonata Tropea, si diressero sopratutto nel triangolo industriale di Milano, Torino, Genova ed anche a Roma. In detto quinquennio nelle sole Provincie di Milano, Torino e Roma sono affluite ben 1300 tropeani, cifra davvero impressionante: interi nuclei familiari composti da 8-10 persone hanno abbandonato il proprio paese con la speranza di dare, se non proprio a se stessi, almeno ai loro figli un avvenire più decoroso. Scene strazianti davvero indimenticabili e che fanno molto meditare erano quelle che spesso si notavano in tale periodo alla stazione ferroviaria al momento della partenza: nel cuore dei più anziani c'era il dolore per il distacco dalla terra tanto piena di ricordi, e nello stesso tempo la segreta e fiduciosa speranza di potervi ritornare un giorno per non più distaccarsene; i giovani invece partivano quasi pieni di odio verso la loro Città dimostratasi con essi tanto ostile.
Alla forte percentuale di esodi riscontrata nel periodo 1959-63 in Tropea, corrisponde il forte esodo che nello stesso periodo si ha in tutto il Mezzogiorno d'Italia.
Osservando infatti l'emigrazione complessiva delle regioni meridionali nel decennio 1951-61, si nota che essa è stata di 2 milioni di unità, mentre in soli tre anni, dal 1961 al 1964, essa è aumentata a 2.500.000 unità.
Riguardo all'emigrazione interna, c'è da notare che i dati ufficiali di questi ultimi anni non sono molto precisi e spesso non rispecchiano fedelmente la situazione vera degli emigrati quanto al numero: molto spesso infatti molti emigrati lasciano la propria residenza a Tropea pur abitando da diversi anni fuori. E spesso questo si verifica perchè in tutti vi è la speranza di ritornare al più presto a vivere decorosamente in Tropea, non appena avranno notizia dai loro cari che i posti di lavoro sono aumentati nella Città.

Cause dell'emigrazione

Generalmente la miseria è considerata come causa prima dell'emigrazione; lo stimolo è sempre di carattere economico, e sono le notizie confortanti, i racconti paradisiaci, molto spesso esagerati a bella posta, e soprattutto le buone condizioni in cui si presentano gli emigrati durante le brevi vacanze estive ad incoraggiare i più riottosi al grande "passo".
Io metterei come causa primaria dell'emigrazione tropeana l'esiguità del territorio della nostra Città: infatti fin da quando Tropea è stata centro dei suoi 23 "casali", e quindi il suo territorio era più vasto, non si ha notizia di gente tropeana emigrata; l'emigrazione, al contrario, inizia proprio quando Tropea perde i suoi 23 "casali", rimanendo perciò con appena poche centinaia di ettari di territorio.
Desta ancor più stupore la constatazione che l'emigrazione ha inizio a Tropea proprio con il costituirsi del Regno d'Italia ed aumenta negli anni, come l'emigrazione in genere di tutta la Calabria, senza che alcun radicale intervento ci sia da parte delle alte gerarchie governative per sradicare una tale piaga, che anzi in alcuni periodi è stata invece incrementata dalla politica del Governo italiano.
Da tale prima causa, ristrettezza cioè del territorio di Tropea, deriva l'inflazione di mano d'opera esistente nel Comune: le molte forze lavorative del nostro Comune, non trovando lavoro in Tropea, debbono necessariamente rivolgersi altrove, dove c'è più richiesta, per poter trarre il necessario per vivere.
Altra causa dell'emigrazione tropeana e della nostra Regione è la mancanza di industrie in Calabria.
Con la costituzione del Regno d'Italia, l'agricoltura calabrese, fonte primaria di sostentamento per la nostra Regione, e non solo per essa, è stata sacrificata dai politici del Governo italiano per porre tutti gli sforzi nella creazione delle infrastrutture e nell'incremento della industrializzazione del Nord per portare l'Italia all'avanguardia tra le nazioni già fortemente industrializzate del tempo, come l'Inghilterra, la Francia, la Germania, il Belgio. In quel periodo, si è detto, fu "necessario" il sacrificio dell'agricoltura della Calabria, ma ciò non doveva portare, secondo me, come conseguenza il quasi completo abbandono a se stessa di tutta la regione Calabria. Secondo me anche nel Meridione il Governo italiano poteva far sorgere industrie od incrementare quelle, pure fiorenti anche se a tipo artigianale, che già esistevano.
Nulla fu fatto allora e poco o nulla si sta facendo oggi. Eppure il Governo potrebbe incrementare l'industrializzazione del Meridione concedendo mutui indirizzati esclusivamente a tale scopo, o concedendo esenzione di imposte, gratuità di trasporto per un certo numero di anni ed altre garanzie volte a diminuire il costo di produzione industriale rispetto a quello del Nord, in modo da incoraggiare tutti quegli industriali o grossi capitalisti che avrebbero in animo di aprire anche la Calabria alla industrializzazione.
L'autostrada del Sole darà certo un grande contributo, ma non è tutto.
Le industrie che oggi si trovano in Calabria, sono del tutto insufficienti, e non riescono ad assorbire tutta, e neppure in parte, la mano d'opera meridionale.
Certo, per stroncare l'emigrazione ci vorrebbe un intervento organico e decisivo da parte degli organi competenti.

Conseguenze dell'emigrazione

Tra le conseguenze positive derivanti dall'emigrazione, in campo economico è da porsi senz'altro il maggiore benessere che si riscontra in Tropea: l'emigrazione, debellando la disoccupazione, ha provocato di conseguenza una maggiore occupazione di "quelli che sono rimasti". Non indifferenti sono poi le somme che i più premurosi inviano alle proprie famiglie che non hanno potuto portare con sè: sono soldi grondanti di sudore e di sacrifici.
Come conseguenza sociale, che io porrei allo stesso livello di quella economica, si nota un allargamento a livello cittadino della mentalità degli emigrati tropeani: a contatto con gli altri lavoratori settentrionali e con la vita stessa della grande città i lavoratori tropeani allargano le proprie conoscenze; il loro modo di pensare e di agire si modifica, peggiorando o migliorando a seconda della formazione spirituale di ognuno di essi. Si verifica un loro più cosciente interessamento ai problemi che più li riguarda da vicino, e non solo a questi, ma a tutti i problemi di ordine sociale e di interesse generale.
Tra le conseguenze negative che l'emigrazione porta con sè è da sottolineare la perdita che Tropea viene a ricevere delle sue forze più giovani e vitali, perdita che è anche una delle cause principali dell'attuale stato democrafico del Comune, con l'eccedenza delle donne e dei bambini sugli uomini e la tendenza all'invecchiamento della popolazione.
Altro effetto negativo è, secondo me, la dispersione e spesso addirittura il disgregamento (specialmente dovuto all'emigrazione estera) del nucleo familiare: la famiglia perde quell'equilibrio basato sull'unione di tutti i suoi singoli componenti; i piccoli risentono della mancanza dell'affetto paterno e del loro "protettore", e la stessa loro educazione viene ad essere incrinata e minacciata spesso dall'assenza dell'autorità paterna; specialmente questo si verifica nei casi di famiglie numerose, nelle quali la madre, che ha assunto le redini della casa, è impedita materialmente ad imporre la propria autorità ed il controllo costante su tutti i propri figli.
 

BIBLIOGRAFIA CONSULTATA

Archivio Civico del Comune di Tropea;
Ministero Agricoltura e Commercio - Direzione Generale Statistiche, Statistica dell'emigrazione italiana, anni 1951-61, Roma.