Disegno di una <<tabella>> ricostruita da C. De Ceglie.
Si può notare in basso a sinistra una scena di farchinoria.

LA FARCHINORIA

di Pietro Smorto


Mi è capitato di leggere in questi giorni il volumetto di G. de Giacomo <<La farchinoria. Eros e magia in Calabria>> a cura di R. Sirri, edito da De Simone1.
I canti eroici, le formule magiche, le pratiche e i comportamenti sessuali che si svolgono in quel rituale mi sono sembrati, ad una prima lettura, inverosimili, sia per la fragilità e l'inesistenza di sotegni metodologici nella ricerca sia per il modo come è stato condotto l'accertamento dei fatti, non esclusi i contenuti che sono quanto mai sconcertanti dal punto di vista della morale.
I dubbi non mi hanno impedito, comunque, di trarre dallo scritto stimoli di interesse culturali e sociale.
La farchinoria era una specie di divertimento erotico-sadico che si svolgeva, dall'Epifania fino a metà quaresima,

<<tra le pendici selvose del monte Cocuzzo>>2.

Vi partecipavano pastori poveri, arsi sempre da desideri sessuali e da torbidi sogni lascivi, comuni a tutti i pastori che vivono in solitudine e in <<cattività>>, privati cioè dalle loro femmine, dai rapporti e dalle relazioni sociali.
Il rito si svolgeva in un pagliaio, dove si radunavano i pastori che pascolavano i greggi sul monte. Si mangiava la migliore pecora del gregge e si beveva vino fino all'ultima goccia. Quando i pastori erano ben satolli e sbronzi, si faceva entrare nel pagliaio un montone:

<<il vis gregis dalle possenti corna>>3.

Quindi, quattro giovani pastori, a piedi nudi, rincorrevano la bestia fino a quando, stanca e avvilita, si accasciava esausta al suolo. A questo punto iniziava il Canto del montone:

<<Li corna mi l'ha fatti nu guagghiuni:
Li piecuri ch'avia mi l'ha fricati,
Li fimmini ppid'illu su nisciunu;
Veniti tutti quanti e vi mustrati.
Veniti tutti quanti, ad una ad una!>>.

Poi era la volta delle pecore. Entravano ornate di nastri rossi e verdi, accolte con urla e fischi. Quindi i pastori intonavano il Canto delle giovani pecore:

<<Sentia nu chiurutu chianu chianu.
E cchiù m'abbicinave a lu muntuni...
Ma 'ncricca chillu bbiellu m'annusava...>>4.

Da quel giorno le povere bestie non avevano più il coraggio di guardare il loro montone

<<da chillu iurnu spasimi pruvai e nu guardava cchiù lu miu muntuni>>5

al quale via via gli spuntavano le corna e gli pendevano sempre di più gli attributi, per l'evidente inoperosità degli stessi.
E il rito continuava. Si mangiava, si beveva ancora un'altra otre di vino e si ricominciava daccapo, mentre gli astanti si eccitavano a vicenda.
La farchinoria non è un rituale isolato. E' la <<malattia>> di quasi tutti i pastori e di tutti i maschi e le femmine soffocati dall'astinenza sessuale. Il loro desiderio, deprivato e disfatto dalla solitudine, diviene bufera, vizio; la <<fame>> di donne e la <<sete>> sessuale si scatenano, si sfogano sulle povere e ignare pecore, perchè compagne più prossime della loro esistenza.
Anche agli sposati non bastavano i rari amplessi con le mogli. Per soddisfare i sussulti e gli istinti sessuali, anche loro si facevano prendere dalla voglia di <<rintanarsi>> dentro i cespugli.
E non erano e non sono i soli. Le zitelle, le vedove, per esempio, cercano  sempre un sostituto emotivo del maschio o del figlio; spesso adottano cani; c'è quasi sempre un cane nella loro vita, quando non c'è un uomo, e tendono ad umanizzarlo, ad infantilizzarlo in modo da farne il surrogato di un maschio e quello di un piccolo uomo. E' un atto compensativo (abbastanza generalizzato) alle tensioni di un bisogno insoddisfatto.
Anche nei tempi che furono l'uomo si lasciò prendere dalla voglia di questa innaturale congiunzione, e non solo da questa. Non si spiegherebbero altrimenti le immagini di esseri che certo non esistono come il mitico Minotauro, partorito dalla moglie di Minosse che, per bestiale lussuria, si congiunse al toro fatto uscire dal mare da Posidone, dopo essersi rinchiusa dentro una vasca di legno appositamente fabbricata da Dedalo. E così per la Manticora, un ibrido mostro medievale avente volto di uomo e corpo di leone. E cosa dire delle Sirene. Semidivinità marine del mondo pagano con busto di donna e coda di pesce che sapevano cantare e suonare con tale dolcezza al punto da allettare i naviganti addormentarli e poi gettarli in mare per divorarli. Anticamente - è bene precisare - erano rappresentate come mezze donne e mezzi uccelli, solo più tardi, per comune errore, la parte inferiore venne raffigurata come di pesce.
Non credo che queste bestie sono da ascriversi solo ai sogni o ai fantasmi dell'immaginazione, nè ad una misteriosa e antica alchimia che combinò nelle sue storte l'organico e l'onirico, il corpo e i miraggi. Queste bestie non sono da considerarsi chimeriche invenzioni. Si può supporre che essi sono il frutto dell'immaginazione di un atto sessuale - bestiale quanto volete - ma possibile. Sono immagini giustificabili e attendibili che si rifanno a possibili creauture viventi anche se nate dal fuoco eracliteo del desiderio dell'uomo o da necessità sessuali, che è poi lo stesso. L'uomo, rifacendosi a questa possibile congiunzione, ha aggiunto al toro, al leone e all'uccello qualcosa in più.
In questo senso, si teme possa operare, oggi, l'ingegneria genetica. Le sue manipolazioni possono superare - almeno per quanto si afferma - i recinti del reale e dell'irreale. Se sarà vero possiamo sottrarre alla fantasticheria mitologica il Minotauro, la Manticora e le Sirene e consegnarle alla realtà. L'ingegneria genetica insinua queste possibilità.
Ma la storia delle deviazioni sessuali non può fermarsi qui. Basta documentarsi per conoscere gli altri difetti della sessualità. Le perversioni sessuali esistevano nella società antica come in quella feudale e più ancora esistono nella società contemporanea malgrado i <<progressi>> civili, sociali ed economici.
La perversione sessuale affonda le sue radici nella nascita dell'uomo. Basta leggere la Bibbia dove l'omosessualità appare nel contesto di Sodoma e Gomorra. Sempre dalla Sacra Scrittura vennero tratte le prime informazioni sulla masturbazione, atto indegno del quale si era reso colpevole Onan, figlio di Giuda, che, avendo dovuto sposare la moglie del fratello morto senza eredi, ogni qualvolta si univa alla donna disperdeva il seme per terra onde mantenere per sè i diritti del primogenito.
L'esistenza di pratiche sadiche era propria dell'Illuminismo e del Rinascimento. In un catechismo del 1790 si leggeva:

<<Hai tratto volontariamente piacere (...) dalla contemplazione oscena (anche di animali muti) e provato desiderio (...), abbandonandoti a carezze impure sulla tua persona>>6.

Nel 1789 si sono rese note le tendenze lesbiche di Maria Antonietta e dei suoi presunti rapporti incestuosi col figlio. Secondo il polacco Adam Gdacjusz solo le gran dame dell'alta società potevano praticare impunemente la sodomia, intrattendo addirittura rapporti sessuali con i loro cani prediletti7.
Fu così per Pio V, Alessandro VI e Giulio II e tanti, tanti preti. Per questi c'era una giustificazione: essi si abbandonavano al vizio dell'omosessualità perchè gli veniva imposto il celibato e il voto di castità, condannandoli così a vivere esclusivamente in compagnia maschile.
Non erano i soli ad essere giustificati e perdonati. I detentori della ricchezza e del potere non incorrevano, in genere, in gravi sanzioni. Per esempio, Karol Radziwil (1790) un magnate polacco dell'epoca, usava masturbarsi in pubblico durante i banchetti, senza con ciò incorrere nei rigori del diritto, mentre il pastore era solo e sempre un ignobile depravato da punire severamente. Infatti, il diritto prevedeva pene severe per certe deviazioni sessuali. Quello di Magdemburgo condannava al rogo i pervertiti, talvolta insieme ai loro complici, vacche e giumente. Nel 1767 venne emessa una condonna contro un sodomita e due vacche colpevoli del medesimo reato. A quei tempi nessuno si sorprendeva della corresponsabilità penale degli animali; a quest'ultimi veniva attribuita la stessa <<personalità>> giuridica se <<incappavano>> nei rigori di quella morale.
La condanna per pratiche sessuali degeneri era in gran parte fondata sulla convizione che qualsiasi tipo di contatto sessuale non finalizzato alla procreazione era, per sua stessa natura, immorale e perverso.
Come avete potuto rilevare, l'inacessibilità dell'oggetto d'amore, l'impossibilità di raggiungere la donna amata per ragioni sociali, di lavoro, geografiche generano tensioni e passioni, spaccature tra istanze consce e inconsce. Ogni uomo (ogni donna) ha la necessità di soddisfare i propri bisogni, i propri desideri, così come la chiave ha bisogno della propria <<toppa>> per aprire la porta. La distanza rende il possesso e il piacere effimeri. Nel mondo, le coppie che si amano nella lontananza sono poche (Tristano e Isotta, Giulietta e Romeo). In genere, la lontananza inghiotte i sentimenti e li inaridisce.

<<E' l'energia sessuale che governa la struttura dei sentimenti e del pensiero. Reprimere questa energia significa turbare le funzioni fondamentali della vita>>8.

Quando questa energia non può essere naturalmente soddisfatta molti uomini si rivolgono ai cosidetti atti di compensazione (masturbazione, omosessualità, esibizionismo, voyeurismo)9 e alla violenza sessuale, nell'illusione di trovare la propria eterosessualità10.

NOTE
1  G. DE GIACOMO, La farchinoria, Eros e magia in Calabria, a cura di R. Sirri, De Simone, Napoli, 1972.
2  Ibidem, p. 21.
3  Ibidem, p. 22.
4  Ibidem, p. 23; Le corna me le ha fatte un giovanetto. / Le pecore che avevo me le ha fregate. / Le donne per lui non esistono: / Venite tutte (o pecorelle) a mostrarvi, / Venite tutte ad una ad una! / Sentivo un prurito lieve. / E' più m'avvicinavo al montone... / Ma appena che il mio bello m'annusò.
5  Ibidem. Da quel giorno spasimi provai / e non guardavo più il mio montone.
6  J. TAZBIR, I peccati contro natura, in <<Prometeo>>, V, 17, 35.
7  Ibidem, p. 34.
8  W. REICH, La rivoluzione sessuale, Feltrinelli, Milano, 1987, p. 13-14.
9  Masturbazione, manipolazione dei propri genitali per provare piacere; omosessualità: ottenere la propria soddisfazione sessuale da persone dello stesso sesso; esibizionismo: esporre i propri genitali in presenza di un'altra persona; voyeurismo: contemplare il corpo di un potenziale compagno sessuale.
10 N. CAMERON, A. MAGARET, Patologia del comportamento, Giunti-G. Barbera, Firenze, 1962, p. 262.