Una pagina del manoscritto Crypt. B.b..VIII , attribuito a Giorgio Taurozes, con disegni ispirati alla vita
di Santa Marina martire, inghiottita dal drago dal quale si libera, o assalita dal villoso demone etiope.

GIORGIO TAUROZES
copista e protopapa di Tropea

di Santo Lucà
(1999)



Il saggio è tratto dal 'Bollettino della Badia Greca di Grottafferrata',
Vol. LIII - 1999 - Gennaio-Dicembre.
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<<Da una pendice del maestoso Monte Poro, che da Monteleone a Nicotera mostra alla cima una vastissima e fertile pianura, e sorge come amenissimo baluardo tra i due golfi di S. Eufemia e di Gioia, si presenta allo sguardo la città di Tropea; e scendendo con ripida china dalla pendice al mare, si giunge ad essa, sita com'è sopra un alto e solido scoglio, in mezzo ad una estesa campagna posta a frutteti e giardini, dal promontorio di Zambrone a quello di S. Domenica>>. Così efficacemente descrive Domenico Taccone-Gallucci la ridente e pittoresca cittadina calabrese che sorge su un promontorio del litorale tirrrenico1.
Nonostante che la città sia stata sede vescovile almeno dal 649 e abbia svolto, specialmente per la sua posizione geografica non distante da Capo Vaticano, un ruolo di non secondaria importanza tra le popolazioni ellenofone della Calabria tirrenica2, la storia di Tropea, e di Tropea bizantina in particolare, non è facilmente ricostruibile. Una carenza sconcertante di documentazione, sia diretta che indiretta, rende arduo il compito di tracciarne un quadro storico e culturale più o meno definito: si può postulare una attività di circolazione e di trascrizione libraria, che tuttavia, stanti le scarne notizie finora note, non è possibile dimostrare.
E tuttavia i libri (liturgici) trascritti, come si vedrà, da Georgios Taurozes, presbitero e protopapa attivo nella città calabrese nel sec. XIV, se significativamente attestano la vivace vitalità della comunità grecofona in un periodo in cui il processo di latinizzazione, iniziato sin dall'età normanna, aveva messo salde radici e la destrutturazione della società bizantina era oramai pressochè compiuta, invitano a guardare con minor scetticismo alla possibilità di delinearne almeno un abbozzo della storia culturale complessiva. Certo, il nostro referente privilegiato è e rimane il libro manoscritto, ma non si trascureranno tutte quelle testimonianze, invero esigue e per di più dislocate nel tempo, che concorrono al nostro intento.
Prima di esaminare più da vicino la produzione libraria del summenzionato protopapas di Tropea nel sec. XIV - si tratta di codici Crypt. B.b.VIII (a. 1332/33), Crypt. G.b..III, Barb. gr. 349 + Barb. gr. 376 (ff. 1-7), Barb. gr. 499 (a. 1361) - pare opportuno perciò volgere uno sguardo retrospettivo sulla 'storia' di Tropea, al fine di comprendere meglio le ragioni di una sì sorprendente e segnifica vitalità della componente ellenofona nel Trecento, un'epoca che ne scandì un lento ma inesorabile declino in tutta l'Italia meridionale.
Per chiarezza espositiva, dividerò perciò questo lavoro in due parti distinte: la prima tratterà della 'storia' di Tropea quale si può ricostruire sulla base dei dati che ho potuto raccogliere; la seconda invece sarà dedicata alla produzione del nostro copista nel contesto storico-culturale della Calabria del sec. XIV.

*  *  *

I.1. Tropea Cristiana.

              Dai copiosi reperti epigrafici, databili ai secoli V-VI, si evince che la città, come del resto Nicotera, è una massa (massa Trapeiana), ossia <<un insieme di fondi agricoli contigui>>3, della Chiesa di Roma, o del patrimonium S. Petri.
Numerose iscrizioni, per lo più sepolcrali, vi attestano una fiorente comunità cristiana, prevalentemente di lingua latina4. Del resto, la latinizzazione del Bruzio, oltre che dalle epigrafi di Tropea, di Taureana o di Vibo (quasi tutte latine)5, è accertata dalle esplicite testimonianze di Procopio, di Gregorio Magno e di Cassiodoro, dalle quali traspare che i ceti dirigenti, e cioè latifondisti, funzionari e gerarchie ecclesiastiche, erano per lo più di lingua latina6. Secondo Strabone, all'infuori di Taranto, Reggio e Neapolis, tutte le altre città si erano barbarizzate, ossia romanizzate, già nel I sec. a.C. <<nuni. de. plh.n Ta.rantoj kai. ,Rhgi,ou kai. Neapo,lewj e,kbebarbarw/sqai sumbe,bhken a,.panta>>7. D'altra parte, nonostante qualche parere discorde, è oramai acquisizione sicura, specialmente in seguito ai risultati conseguiti dagli studi di carattere epigrafico e linguistico, che nella Calabria d'età imperiale, accanto al latino, la lingua greca era viva e vitale; ché anzi nella Calabria meridionale la cultura scrittoria greca non subì nè rallentamenti nè cesure con la tradizione del passato8.
Di fatto, per ritornare a Tropea, l'elemento onomastico greco è piuttosto scarso: una iscrizione latina del V sec. menziona, per es., una <<Hireni... conductrix massae Trapeianae>>9; e solo di recente Felice Costabile ha segnalato un frustulo, assai esiguo per ricostruire il testo ma ugualmente interessante ai nostri fini, di una iscrizione greca di età imperiale, proveniente da contrada Palazzi10. Appare dunque plausibile l'ipotesi che nella città, come del resto nella Calabria del tempo, accanto alla popolazione latinofona, che era preponderante, coesistesse una componente, sia pure minoritaria, di lingua greca, tanto più che nella vicina Briatico fu rinvenuta, in una chiesetta bizantina del tipo a "cella trichora", un'epigrafe funeraria assai mutila in greco, poi distrutta con tutti i resti della costruzione11, e a Monteleone (Vibo Valentia) fu ritrovato un anello argenteo con legenda in greco12. Le iscrizioni greche superstiti di S. Severina, città dell'Enotria, come la definisce Stefano di Bisanzio13, non lontana da Tropea ma sulla sponda opposta, sono assai eloquenti per confortare la tesi che anche nella Calabria del litorale tirrenico il bilinguismo greco-latino non subì incrinature14. Certo, occorre ribadire che la lingua greca rappresentò il mezzo di comunicazione più diffuso soprattutto fra i ceti minuti del popolo, alieni dal governo dei centri urbani e lenti nella ricezione dei cambiamenti, nonchè fra gli elenizzati del territorio a sud, grosso modo, della linea Nicastro-Catanzaro-Crotone15, ma non dovette essere completamente estraneo nè ai mercanti, nè tanto meno a circoscritti ambiti elitari.
Comunque sia, l'unico riferimento letterario alla vita socio-culturale della città di Tropea è segnalato da Gregorio Magno, il quale in un'epistola del settembre 591 indirizzata al notarius Pietro, rector del patrimonio della provincia dei Bruttii, riferisce che il <<monasterium sancti Archangeli quod Tropeis est contitutum... uictus habere necessitatem (...) Ideoque experientia tua diligenter inuigilet, et si eiusdem loci monachos bene se tractare noueris, in quibus eos necessitatem habere manifesta ueritate patuerit, eis subuenire...>>, autorizzando il predetto rettore a ridurre loro il canone di fitto di un piccolo podere (terrula), prossimo al monastero e facente parte della massa Trapeiana16. L'indigenza del monastero è correlata verosimilmente alla presenza dei Longobardi, che, com'è noto, scandì un periodo di grave depressione economica e demografica in tutto il Mezzogiorno, già segnato dalle scorrerie dei Visigoti di Alarico, dei Vandali, degli Ostrogoti e dalla guerra bizantino-gotica. Le scorribande longobarde, per es. ai danni della Calabria avevano determinato nel 596 la caduta di Crotone e nel 591 la fuga dei vescovi e del clero da Thurii, ove non era possibile somministrare il battesimo per mancanza di sacerdoti17. E ancora si deve all'incalzare dei Longobardi medesimi se i monaci profughi dal monastero di Taureana furono accolti nel cenobio di S. Teodoro di Messina18.
La segnalazione di un monastero a Tropea è alquanto significativa ove solo si consideri che piuttosto sporadica è stata la presenza monastica in Calabria, almeno a giudicare dal Registrum epistularum di Gregorio Magno: oltre a quelli di Tropea e di Taureana, vengono menzionati, infatti, i cenobi fondati presso Squillace da Cassiodoro tra il 538 e il 546, il Castelliense e il Vivariense, un altro, guidato dall'abate Giovanni, a Reggio, e forse un altro ancora a Vibo19. Si tratta in ogni caso di centri monastici latini, caratterizzati, per quanto si possa ragionevolmente supporre, da una organizzazione di tipo prevalentemente cenobitico prebenedettino e posti sotto il controllo diretto del papato, che aveva provveduto a limitare l'autorità dell'ordinario diocesano. E quanto alle esperienze monastiche di tipo eremitico, è difficile quantificarne la portata in un'epoca di scarsa produzione letteraria e documentaria.
Va sottolineato comunque che, a parte il fatto che la diffusione del monachesimo italogreco nel corso dei secoli VIII, IX e X fu un fenomeno sostanzialmente nuovo, ma forse non del tutto <<privo di continuità con il monachesimo dell'età antica, e ciò non solo in senso materiale, ma anche spirituale e istituzionale>>20, tanto il monastero Vivariense presso Squillace, quanto quello di S. Arcangelo di Tropea furono di nuovo ricostruiti e popolati in età bizantina: l'uno è da identificare con ogni probabilità con il monastero greco di S. Maria di Squillace Vetere, l'altro con quello, anch'esso greco, di S. Angelo di Tropea al quale, come si vedrà, rimandano alcune note di manoscritti italogreci e che nel 1457 Atanasio Chalkeopoulos trovò <<circundatum spinis et deductum penitus in ruinam>>, sebbene fosse stato <<totum compostum more Grecorum>>21.
Si può sostenere dunque che il germe del monachesimo più antico non sia interamente scomparso nelle regioni della Sicilia e della Calabria durante i secoli VII-IX, ma che si sia gradatamente trasformato, per effetto della cosiddetta 'bizantinizzazione', che ne mutò radicalmente la facies etnico-religiosa22.

I.2.  Tropea bizantina.

               Avviato con la conquista giustinianea, il processo di bizantinizzazione subì una profonda accelerazione verso la prima metà del sec. VII, in seguito alle immigrazioni di mercanti, di monaci, di elementi del clero e della nobiltà greco-orientale (Siri, Palestinesi, Egiziani), che fuggivano prima l'invasione persiana e poi quella araba, nonchè di strateghi e soldati delle armate imperiali a seguito di stanziamenti di corpi si spedizione e difesa contro le incursioni arabe. Non è improbabile perciò che anche le fondazioni monastiche, già latine, siano state pian piano grecizzate: il monastero latino di S. Arcangelo di Tropea, detto in epoca bizantina monastero di S. Angelo ovvero twìàò-n ,Aswma,twn, potrebbe forse costituire un esempio di tale trasformazione23. Certo è che l'editto di Leone III l'Isaurico, emanato intorno alla prima metà del sec. VIII, con il quale Calabria e Sicilia passavano sotto la giurisdizione del patriarcato di Costantinopoli e il patrimonium S. Petri delle medesime regioni passava al fisco bizantino24, costituisce il portato di molteplici fattori sociali, culturali e politici di un ambiente oramai pronto alla (ri)grecizzazione, come se fosse un fatto naturale, quasi connaturato alla propria etnia, e rappresenta il riconoscimento ufficiale che la bizantinizzazione era di fatto compiuta.
In effetti, dopo tale provvedimento la Chiesa tropeana risulta bizantina. Già gli Atti del Concilio Lateranense romano del 649 sono sottoscritti dal vescovo Giovanni25, il presule Teodoro partecipa al III Concilio Costantinopolitano (VI Concilio Ecumenico) del 680-8126, mentre, dopo la scissione dalla Chiesa di Roma, al Niceno II del 787 nel quale viene condannata l'iconoclastia, figura l'omonimo vescovo Teodoro tra i firmatari insieme ai colleghi di Vibo, Taureana, Gerace, Crotone e Nicotera27.
Nel corso dei secoli VIII e IX la città, oggi un porticciuolo di pescatori e di diporto sito sul promontorio che si protende nel mare Tirreno fra il golfo di S. Eufemia e quello di Gioia, a ca. 20 Km. dall'antica Vibona28, assume un ruolo sempre più importante nelle vicende belliche che videro arabi e bizantini impegnati in duri scontri per il dominio dell'Italia del Sud. L'emiro di Sicilia Al-'Abbas Ibn al Fadl, infatti, aveva stabilito, tra l'839 e l'840, colonie permanenti nelle fortezze di S. Severina, Amantea e Tropea29. La reazione di Bisanzio non si fece attendere: liberata Taranto nell'880, Basilio I il Macedone si propose di riconquistare tutta la Calabria; agli insuccessi dello stratega Stefano Massenzio seguì la campagna vittoriosa di Niceforo Foca, il quale verso l'885/86, sconfisse dai capisaldi di S. Severina, Amantea e Tropea gli arabi, che non disposero più in Calabria di alcuna fortezza: th,n ga.r po,lin ,Amanti,aj eu,qu.j e,ceirw,sato ... skai. to. ka,stron o,. Tro,pon katwnoma,zeto kai. to. th/j a,rch/j pro.j th/n prote,ran despotei,j th/j ,Rwmaiì-kh/j a,pch/j methga,geto30.
Tra la fine del sec. IX e l'inizio del sec. X, la geografia ecclesiastica del thema di Calabria annovera Tropea tra le diocesi suffraganee della Chiesa metropolitana di Reggio, figurando essa nel catalogo delle sedi vescovili, o Diatyposis di Leone il Saggio, al sesto posto dopo Reggio, Locri (Gerace), Squillace, Crotone e Cosenza, ma prima di Taureana e Vibona31. Nell'ordo dei vescovadi della stessa metropolia di Reggio essa risulta annoverata dopo le sedi di Vibona, Tauriana, Locri, Rossano e Squillace, e prima di quelle di Amantea, Crotone, Costantia (Cosenza), Nicotera, Bisignano, Neocastro e Cassano32.

I.3.  Tropea normanna.

            L'occupazione dell'Italia meridionale da parte degli avventurieri normanni e la conseguente conquista, completa con l'espugnazione di Bari nel 1071, determinarono una riorganizzazione della Chiesa calabro-greca e indussero un processo di lenta ma decisa latinizzazione, cui non potè sottrarsi neppure il vescovado della nostra cittadina33. L'ultimo vescovo greco (noto) di Tropea fu Calociro, protosincello imperiale, al quale Roberto il Guiscardo concesse dei privilegi, come si evince da un diploma, pervenutoci in traduzione latina, rogato da tal Giovanni, regalis clericus, ossia verosimilmente basiliko.j klhriko,j, nel gennaio del 106634; il medesimo Calociro nel 1062 avrebbe accolto con grande ospitalità e tributato solenni onoranze alla duchessa Sichelgaita, moglie del Guiscardo medesimo35, la quale, a quanto racconta Goffredo Malaterra, s'era rifugiata a Tropea in seguito alla notizia (falsa) che il marito era stato assassinato a Mileto36. Certo è che nel 1094, allorchè, grosso modo, la sede di Amantea venne soppressa e unita a quella di Tropea37, al soglio vescovile della cittadina calabrese risulta insediato Tristano o Tristeno, con il quale inizia la serie dei vescovi latini e al quale il duca Ruggero Borsa confermò i possedimenti che avevano tenuto i suoi predecessori greci. Tristano (Tristeno), il cui nome risulta storpiato in Iustego, Iustero o Giustino, guidò la diocesi dall'agosto 1094 all'ottobre del 111638 e il suo vescovado segnò il definitivo trionfo della politica religiosa normanna, volta al controllo dei vertici ecclesiastici, sulla città e in tutta l'Italia meridionale. Il vescovo infatti sottoscrisse nel 1094 un atto del duca Ruggero Borsa, relativo alla consacrazione nei pressi di Stilo, in Calabria, di una chiesa dedicata alla Theotokos, insieme ai vescovi di Mileto, Nicastro, Catania e Squillace39, mentre nel febbraio del 1099 risulta tra i firmatari - Ego Tristenus tropeanus episcopus subscripsi - di una donazione dello stesso Ruggero al monastero di S. Maria th/j Tou,rrhj o tw/n Tou,rrwn di alcuni villani di Squillace, di S. Severina e <<(e,k) th/j diakrati,sewj Tropai,aj>>40.
In realtà, gli Altavilla controllano oramai la città anche sul piano politico-amministrativo, se, come s'è detto, nel 1062 la moglie di Roberto il Guiscardo trovò rifugio proprio a Tropea41, che evidentemente considerava città sicura e amica, e se il Duca Rugggero Borsa concesse al monastero di Montecassino <<tonnaria in territorio Tropeae loco qui Bordella vocatur>>, come attesta un privilegio del 109042. Ancora nel 1138 è attestata la presenza a Tropea di Maximilla, la sorella di Ruggero II43, e ad epoca normanna risale la costruzione della cattedrale44.

I.4.  Tropea nei documenti greci.

             E tuttavia, nonostante che la Chiesa tropeana fosse passata al rito latino e la normanizzazione vi fosse saldamente attecchita, fino almeno al sec. XIV troviamo tabelliones, protopapi, chierici, igumeni, monaci e laici greci. La bizantinizzazione dunque aveva improntato e pervaso in modo profondo e capillare ogni strato sociale della popolazione, altrimenti la componente ellenofona non avrebbe potuto mostrare una così singolare e tenace vitalità.
Ancora inedita e custodita presso l'Archivio Medinaceli di Siviglia (Fondo Messina) con la segnatura perg. 1317 (S 768), la sentenza del sec. XI-XII di Petracca, stratego tou/ u,perla,mprou douko.j (il duca Ruggero Borsa), emanata a Tropea (e.n toi/ polu,.cnoi Tropai,wn) in seguito ad una controversia insorta per il possedimento di alcuni beni tra Ilarion, monaco e catigumeno del monastero di S. Pancrazio di Briatico, e Rokeres Capriolo, menziona, tra gli altri, Pietro notaio di Briatico, nonchè Nicola Musures, notaio e giudice di Tropea, e Landrinos, ao, mai,.stwr kaste,ll?(ou) Trop(ai,wn). Il dikai,wma, il cui estensore mostra buona familiarità con la pratica scrittoria ma non rispetta ortografia e regole grammaticali, non è datato, essendo il mese di aprile e l'indizione XIII gli elementi cronologici espressi; e tuttavia esso è databile con certezza sulla base di un altro documento, anch'esso inedito, dell'Archivio Medinaceli. Infatti, la perg. 1379 (S 675) di tale archivio, una dia,taxij vergata nel 1087/88 da Filareto, monaco di S. Pancrazio di Briatico, annovera tra i testimoni proprio il summenzionato Ilarion, monaco e catigumeno th-j au,thj monh-j, ossia di S. Pancrazio45. La datazione quindi della nostra sentenza non si discosta molto da quella della dia,taxij del 1087/88; chè anzi l'unico anno compatibile con l'indizione XIII e con il duca Ruggero Borsa risulta essere il 1090, anno che si accorda con l'esame paleografico della scrittura, una libraria elegante e sciolta, ricca di affettazioni cancelleresche46.
Mau-roj not(a,rioj) Tpopai,(wn) sottoscrisse un documento greco conservato nell'Archivio Capitolare di Catania (perg. n. 5), rogato il 20 maggio 1103 dal notaio Leone Britzianites in una elegante scrittura che esibisce diversi morfemi propri dello stile rossanese, con il quale documento il vescovo Giacomo dona al monastero di S. Agata di Catania il priorato di S. Giovanni di Psicrò47.
Tal Giovanni <<o, Tropi,.a,.nwj>> nel 1127 sottoscrive di proprio pugno, in una grafia che rivela un buon livello di alfabetizzazione, una sentenza del viceconte di Stilo, Papathyrsos Changemes, in favore del monastero di S. Giovanni Terista, presso Stilo48, mentre in una donazione del 1186 di Boemondo di Padula a Cipriano, igumeno dello stesso monastero di Stilo, viene annoverato, tra i firmatari, tal Nicola Tropiano49.
In una donazione di Maximilla, signora di Oppido e sorella di Ruggero II, rogata dal notaio Teofilatto Clatzanites nel maggio del 1131, oltre a Mauro stratego di Oppido sottoscrive anche tal Filippo <<o, stropi,.anoj>>50.
Un atto di scambio di beni tra i monasteri di S. Maria di Gatticello (tou Gattike,ll[ou]) e di S. Pancrazio di Briatico, redatto nella stessa Briatico nel 1157/58 da Giovanni protopapas e taboularios, annovera fra i testimoni un Roberto di Tropea, precisamente ,Rop(e,rtoj) Trop(ei,aj)51.
Nel 1173 il taboularios di Tropea, Giovanni Karkellos, redige un atto di vendita di un terreno <<ei,j th.n peri,cwron a,stewj Tropi,aj ei,j th.n uourdhlan>> 52. Ancora nel 1174/75 il presbitero Giovanni di Tropea (',Iwa,nnhs Tropigia,noj) figura tra i testimoni di una vendita rogata nella vicina Nicotera53. La po,lij Tropei,aj risulta menzionata in un atto di Oppido del 1188, mentre in una tavola dotale, redatta a Gerace nel 1211 da Costantino, diacono e protonotaro della mega,lh e,kklhsi,a della stessa Gerace, per ordine del vescovo Leone, occorre la dizione cw,ra Tropi,wn54.
Nelle decime del 1310 e del 1324 riguardanti la diocesi (latina) di Tropea vengono annoverati, oltre agli igumeni dei monasteri greci di S. Angelo, dei SS. Sergio e Bacco, di S. Maria dell'Isola e di S. Maria 'de Grippo', i protopapi <<Iaconus Matheus>> e tal <<Iohannes>>, nonchè numerosi chierici greci, tra i quali occorre almeno ricordare il protopapa Nicola, nonchè il presbitero Giorgio Tabrozi, che, come vedremo, è verosimilmente da identificare con il nostro Gew,rgios Tauro,zhj, copista e protopapa di Tropea nel pieno sec. XIV55.
Nella zona di Tropea si ha notizia di altri numerosi monasteri, tra cui va segnalato quello intitolato a S. Fantino56. Inoltre, in un documento edito dal Trinchera sotto la data presunta del 1097, Odo Marchese dona a un monaco Sergio, Po,lewj Bona,tou, la chiesa di S. Fantino di Scido, nonchè quella di S. Ciriaca (nao.j th/j a,gi,aj kallini,kou ma,rturoj Kuriakh/j o, Fitali,thj) con facoltà di costruirvi monasteri57. Ora, se Scido è un piccolo centro tra S. Cristina e Delianuova, non distante da Oppido, i toponimi di Bonati e di Fitile rimandano alla zona di Tropea58 e perciò la localizzazione della chiesa di S. Ciriaca del documento suddetto nella stessa Tropea appare più che plausibile. Del resto, è noto che la vergine e martire Ciriaca, morta a Nicomedia durante la persecuzione di Diocleziano e commemorata anche nel martirologio romano sotto la data del 6 luglio, è molto venerata a Tropea, di cui è patrona e dalla quale prendeva il nome <<la chiesa di S. Domenica nel villaggio omonimo, frazione di Ricadi presso Tropea>>59.
Occorre d'altra parte sottolineare che il bios della Santa è tramandato da un manoscritto italogreco, calabro per la precisione, della seconda metà del sec. X, l'attuale Ambros. D 92 sup., sul quale è stata curata l'edizione dei Bollandisti60. Il manufatto, acquistato in Calabria nel 607 (vd. f. 1), è un panegirico pergamenaceo di grande formato (mm. 321x235), consta di ben 274 fogli, risulta vergato, a due colonne, da cinque amanuensi che adoperano principalmente la minuscola <<ad asso di picche>>61 (tavv. 1-2), contiene, fra l'altro, oltre alla vita di s. Ciriaca (f. 184 ss.), la passio di s. Caterina nella redazione B, la vita di s. Donato, molto venerato a Briatico62, il martyrium dei ss. Agata, Demetrio, Euplo, Vito, Cesario, il cui culto risulta diffuso in Italia meridionale63. A questo punto la congettura che il manufatto abbia visto la luce nelle zone della Calabria tirrenica gravitante intorno alle città di Tropea, Briatico, Vibo, non è da escludere a priori.

I.5.  Tropea nei manoscritti greci.

                Invero, pochissimi manoscritti rimandano espressamente alla cittadina calabrese <<loci amoenitate insignis>>64. Il Vat. gr. 2048 (ff. 141-220) - un panegirico vergato in stile rossanese ed eseguito nel 1124/25 per la committenza di Gerasimo, igumeno del monastero di S. Pietro e Paolo di Arena in diocesi di Mileto65 - conserva sul verso del f. 220 (tav. 3) una annotazione marginale, apposta nello stesso monastero66. Da essa si evince che domenica 15 giugno del 1197 Bartolomeo e Pafnuzio, entrambi figli di Andrea Tropiano, presero rispettivamente l'abito monastico e il sacerdozio: <<Mhèè$nèi.% ioun£$i.w% eij t$aj% ie, e..,touj (j y ind$iktiw/noj% i e, h.me,ra a. | efore£$sen% o. mo$na%c$oj%......................................... Barq(o%l(o%m(aioj) to, a,.gion (kai) a,ggel(i)k(on) schm(a) ?e,ni | u,parc(ei) a,po. to, Ca,lad?.(?) (kai.) a,de(lfoj) Pafnout(ioj) h <e,ga ?> | i,ere(ion ?ui,oi.  ,Andre(ou) Tropian(ou)>>67.
Nel lezionario dell'Apostolos Barb. gr. 501, un altro manufatto in stile rossanese dell'inizio del sec. XII, alcuni marginalia del sec. XIV ca. rinviano a Tropea e al monastero più volte menzionato di S. Angelo. Sul f. 79 appose la propria firma il monaco Neofito:<<ego Neo,fhtoj heromonazo a,steoj Trope,on m(a)r(tu)r(w)>>68; mentre a margine del f. 44 si legge <<e,gw Fe<odwrht>oj (?) monacoj moni/j agh,ou aggelou ton Tropeon m(a)rtur(o)>> (tav. 4a-b)69.
Infine, il sinassario Ambros. D 74 sup. (tav. 5), eseguito intorno al primo quarto del sec. XII in una minuscola rossanese che preannuncia lo stile di Reggio70, risulta in possesso del monastero di S. Angelo fin dal sec. XIII. Numerose annotazioni marginali del Duocento e del Trecento, quasi degli Annales, consentono di conoscere non soltanto alune vicende della vita del cenobio, ma anche di delineare una fitta rete di relazioni tra il nostro centro monastico e quello di Arena, contribuedo così a illuminare ulteriormente, in un periodo di crisi latente, tanto la storia del monachesimo italogreco della Calabria tirrenica, quanto le capacità scrittorie e il grado di alfabetizzazione di numerosi monaci.
Rimandando ad altra sede la pubblicazione integrale di tali marginalia71, mi soffermerò su quelli che appaiono più significativi. A margine del verso di f. 8 si legge, in una minuscola corsiveggiante di buona fattura, la data di morte di Cipriano (lunedì 5 ottobre 1237): <<Mh(ni.). oktw(bri,w) e' ekumiq(h) o, e,n makari,a th/ lhxh Kupri(anoj) i,.eromona,zwn mon(h/j) a,giou Aggel(ou) o kai eklekto.j th/j au,t(h/j) ? e,.toj ììèèòà(j y m jì' i,nd(iktiw/noj) ia' hme(ra) deut(e)r(a) w,ra a'. Kai oi anagino,skont(ej) poihte au,tou ko,llub(a)>>.
Domenica primo novembre 1248 Leonzio venne consacrato catigumeno del monastero tw/n 'Aswma,twn, ossia di S. Angelo, da Teodoreto, vescovo di Isola Capo Rizzuto, previo consenso del vescovo latino di Tropea, Giovanni (f. 40): <<'Osoi tou qei,ou ... Lew,ntioj cqamalo.j (kai). tapoinoj eu,loghqh de. kaqhgou,men(oj) mon(h/j) tw/n Asoma,tr(wn) Trwpai,(wn) dia. ceiro.j Qeodwri,t(ou) e,pisko,pou 'Asil(wn) neu,si de. kai. boul(h-) tou/ panosiwt(a)t(ou) Iw(a,nnou)(e,,pi)skop(ou) Tropai,(wn) e,n eti +j y n zì+ hnd(iktiwnoj) z' min(i) noembriw a' h,mer(a) ku(riakh/)>>72. Dalla nota di f. 127 si apprende che Leonzio morì il 10 gennaio del 1253: <<Ekemoiqi o, pn(eumat)iko,j h,m(w/n) p(at)h.r Leont(i)oj i,.eromwna,zwn kai. kaqeigoum(e)n(oj) mwnast(hriou) t(o.n) Aswmat(wn) Trwpai(wn)\ mh(ni) anou(a)r(iw) ei,j t(a.j) i, , tou e,.touj (j y x a' ind(iktiw/noj) ia'>>.
Il 14 gennaio del 1266 Arsenio ricevette la tonsura nel nostro monastero, come si legge sul margine inferiore di f. 130: <<Th/ au,t(h/) hme,r(a) (scill. 14 gennaio) apeka,rh.n e,gw/ 'Arseni,.oj mo(na)c(o.j) e,n ti. mon(h.). tou/ agiou Aggelou et(ouj) £(j y o d' ind(iktiw/noj) Q'>>73.
Il monaco Blasios esalò l'ultimo respiro l'11 ottobre 1273 (f. 17v): <<+ Mh(ni) tw/ aut(w) (scil. ottobre) ia' e,koimhq(h) o, a,de(lfoj) Bla,sioj (mon)ako(j) tou/ e,.t(ouj) (j y p b??? ?>>.
Sul verso di f. 66, ove sotto la data del 21 novembre occorre la notizia della presentazione al tempio della Vergine Maria, viene registrata la morte (a. 1208) di Ruggero Chepinnes (?) che, diventato monaco, prese il nome di Romano: << Basileu,wntoj tou eusebesta,t$ou% rhgoj Fraderh,g$ou%, ekhmoiq$h% o, e,n makari,.a ti mnhn$h% Poge,r$ioj% Kepinnoi,.j (?) o, ai,.ponomast$h/j% e,n to aggelhk$w/% aut$ou/% schmat$i% Rwman$oj%, en ai,.t$ei% (j y zìì///// ££éé. ind$iktiw/noj% ib . h,me,r$a% e . wr$a% a .t$oij% nhkto$j%>>.
Due mani del sec. XIV, ben educate alla pratica scrittoria, segnalano sul margine superiore di f. 142v, sotto la data del 21 gennaio, la morte di Ilarione e Clemente: <<Th/ au.t$h/% h.me,r$a% ekoimh,q$h% o, a.d$elfo.j% h,m$wn% Ilari,.onìì ? o kal$oj% ergat$hjé%ç°à. Oi a,naginw,skont$ej% eucesq$ai%>>.
Più interessanti risultano le annotazioni apposte sui ff. 86 e 125, nelle quali sono evocate le date di morte di due igumeni di S. Angelo di Tropea, Giovannicio (+ 10 dicembre 1270) e Neofito (+ 7 gennaio 1322), personaggi per altro verso noti, in quanto il loro nome occorre, a meno che non si tratti di semplice omonimia, rispettivamente nei già citati Barb. gr. 501 e Vat. gr. 2048.
A f. 86 (margine superiore) del sinassario ambrosiano occorre la seguente annotazione, che viene riscritta per ben due volte da altrettante mani grosso modo coeve sul margine di f. 85v: <<+ T$o.n% di ,ke,nbrh$on% min$on% th/j e,ndi,ktou id , eij t$aj% i , tou/ au,tou mino,j( ekumiq$h% o e,n makari,a ti lh,x$ei% Iwannhkioj i,.eromo,naco.j kai. kaqhgou,menoj a,gi,ou Agge,l$ou% tw/n Tropeon ? en et$ei% exakiscil$ia% eptakosia o q .. h anaginoskont$ej% e,uceste aut$o.n% amh,n>>74.
In una scrittura artificiosa, ma ben allineata, sì da dare l'impressione di una maiuscola, viene segnalata la morte dell'igumeno Neofito (7 gennaio 1322) sul margine di f. 125: <<+ Ekhmiqh o en makaria ti mnhmh Neofutoj kaqegoumenoj monhj aghou Aggelou Tropeon en eth exakischlha oktakosia  |l | mhnh annouarho  |z | hddhktou pemuthj hmera pemuth>>75.
Ora, un monaco di nome Neofito, operante a Tropea nel sec. XIV, risulta segnalato, come s'è visto, in due annotazioni del Barb. gr. 501 (ff. 14 e 79)76. Congetturare quindi che si tratti di una stessa persona non è da escludere a priori.
Quanto a  ,Iwanni,kioj( il discorso risulta più complesso e l'ipotesi di identificarlo con l'omonimo del Vat. gr. 2048 appare più ardua, in quanto il nome di Giovanni/Giovannicio è molto comune e diffuso nell'onomastica italogreca. In effetti, un  ,Iwanni,kioj nel settembre del 1222 ricevette il sacerdozio dal vescovo di Mileto kata, e,pidromh-j di Pafnuzio, igumeno del monastero dei ss. Pietro e Paolo di Arena77. Il medesimo Giovannicio ricevette l'abito monastico, a quanto egli stesso attesta in una nota conservata nel f. 220v del Vat. gr. 2048 (tav. 3), l'11 febbraio 1245 dal catigumeno del predetto monastero, Bartolomeo: <<+ Mh$ni% feurou$ariw% eij t$aj% i a . tou e,t$ouj% (j f n g ? ind$iktiw/noj% g .( a,na,laban e,gw/  ,Iwannhkioj au,tel$h/j% to. a,.gion kai. a,ggelik$,o.n% me,ga sch/ma para tou o,siota,tou $kai.% pn$eumat%ikou/ h,m$w/n% p$at%p$o%j ku,r Barqolwmai,ou( h,me,r$a% sa$bba,tw% | Ta,xei o, Q$eo%j au,t$o,n% e,n cwrw/ tw/n dikai,wn | Iwa,nnhj egraya>>78. Supporre che ,Iwanni,kioj abbia fatto carriera nel monastero di S. Angelo di Tropea, dove avrebbe raggiunto la dignità di igumeno e dove sarebbe morto nel dicembre 1270, appare ipotesi plausibile, ove solo si consideri che il sinassario Ambros. D 74 sup., che, come s'è detto, tra XIII e XIV sec. circolò nel monastero di Tropea, conserva almeno tre marginalia ai ff. 22, 100 e 155v che rinviano al monastero di Arena, tanto che Julien Leroy, proprio sulla scorta di essi, congetturò che il cimelio sarebbe stato realizzato da un monaco Nicola per Nicola di S. Pietro e Paolo di Arena79. In realtà dagli stessi marginalia si evince soltanto che il manoscritto nel sec. XV e XVI si trovava nel monastero di Arena, in diocesi di Mileto.
In effetti, al f. 22, probabilmente Nicola Meretes80 annota nel 1414 (a dr id) che un manaco Nicola <<tou/ agiou apostolou Petrou>> avrebbe scritto il nostro cimelio. La medesima mano, dopo aver ricordato la morte di Girolamo Dromeo, si dichiara espressamente monaco di S. Pietro e Paolo di Arena (monacw.j tou agiou apostolou Petrou e Paboulou) e ripete l'anno 1414 in cifre greche (f. 100). Sul f. 155v tal Andrea Domiano annota la data di morte (a. 1520) dell'igumeno Luca (tav. 5): <<+ Tauth th h,me,ra (id est 5 febbraio) ekoi,mhq$h% o, e,.n makari,a th/ lh,xei ...  Louka/j ieromonacoj kai. axiwtatoj kaqhgou,menoj th/j monh/j tou/ agi,ou apostolou P<e,trou> t$hj%  ,Are.nhj (...) tou/ etoj (a f k ?(...) + ,Egra,fh dia chro,$j% ,Andre,$aj% Dw,mi,a,nou>>.
Ad ogni buon conto, appare manifesto solo dai marginalia sicuramente correlati alla storia del monastero di Tropea che ancora nei secoli XIII e XIV vi persiste qualche sprazzo di ostinata vitalità. La documentazione raccolta, invero, è piuttosto scarna, ma sufficiente per delineare un primo quadro della vita culturale della città calabrese, che appare legata alla tradizione bizantina ininterrottamente dal sec. X al sec. XIV. Certo, non vi sono, per quanto finora è dato sapere, testmonianze oggettive di produzione libraria anteriormente al sec. XIV; nondimeno è possibile postulare un'ampia circolazione di libri per soddisfare almeno alle esigenze liturgiche dei vari centri di culto. Non è da escludere poi che i codici sullodati Ambros. D 92 sup. (seconda metà del sec. X) e, più probabilmente, Ambros. D 74 sup (sec. XII in.) siano stati realizzati proprio a Tropea, dove comunque quest'ultimo, prima di passare nel sec. XV nel monastero di S. Pietro e Paolo di Arena (diocesi di Mileto), circolò sin dalla fine del sec. XII81.

*  *  *

In un contesto così fortemente bizantinizzato risulta forse più agevole collocare la produzione libraria del copista e protopapas Giorgio Taurozes e comprenderne le motivazioni sottese alla sua stessa attività scrittoria. Essa è senza dubbio correlata alle necessità della vivace comunità ellenofona del sec. XIV, ancora caparbiamente legata alle proprie costumanze liturgiche e culturali. Del resto, nonostante che l'avvento dei Normanni ne avesse segnato l'inizio di una progressiva e costante decadenza che si andò acuendo sempre più dall'età sveva fino a quella angioina e aragonese, la Calabria ellenofona mostra segnifiche manifestazioni di attaccamento ai valori della tradizione bizantina dal sec. XIII al sec. XVI inoltrato. E' utile pertanto fare qualche riflessione di ordine generale, e specialmente, per ovvie finalità, sul Trecento.

II.1.  La Calabria nei secoli XIII e XIV.

                L'età sveva segna, almeno in ambito calabro-siculo, un impoverimento culturale rispetto all'età normanna. L'isolamento dai centri più vitali della cultura greca determinato anche dalla caduta di Bisanzio nel 1204, la lenta ma inarrestabile penetrazione della cultura e della lingua latine, la conseguente destrutturazione della società ellenofona, l'assunzione della cultura greca in una dimensione tutta occidentale che dunque ne destabilizza tipologia e identità etnica, varie altre concause, stanno alla base di tale tracollo. In effetti, la produzione libraria diminuì sensibilmente sia in qualità che in quantità, non vi vennero elaborate nuove stilizzazioni, nè vi arrivarono, di norma, le opere degli autori bizantini coevi82. E i libri stessi risultano per lo più limitati a soddisfare esigenze di carattere liturgico.
Si tratta infatti, come vedremo, di una produzione a carattere esclusivamente liturgico - i libri patristici risultano assai poco numerosi83 - di modesta fattura quanto all'aspetto tecnico ed eseguita, sovente su pelli palinseste, da copisti per lo più incapaci che adoperano stancamente, in modo più o meno raffazzonato, il cosiddetto stile di Reggio. Essa comunque è lo specchio fedele della componente ellenofona in via di dissoluzione che, se di eccettua qualche grande monastero, versava in condizione di disagio e di precarietà, anche economica, nella contingenza politica del tempo.
Di fatto, le decretali di Celestino III (a. 1191-92) e di Innocenzo III (a. 1200) avevano assai limitato il potere dei presuli greci84 e la conoscenza della lingua latina era oramai indispensabile per accedere alle cariche pubbliche fin dall'età di Guglielmo II85. Invero, il processo di normannizzazione (e quindi di latinizzazione), avviato da Ruggero II, poteva ritenersi concluso a solo un trentennio circa dalla morte del sovrano (+1154). Le ectenie di alcuni eucologi dell'ultimo quarto del sec. XII commemorano infatti i sovrani normanni col titolo di r,h/gej tanto in Calabria, quanto in Basilicata e in Puglia, segno eloquente che la polarità del basileu,j di Bisanzio era venuta meno e soprattutto che chiesa e popolazione italomeridionali avevano accettato e recepito la nuova realtà politica.
In effetti, l'eucologio in stile di Reggio Vat. gr. 1863, vergato con ogni verosimiglianza in milieu oppidese alla fine del sec. XII, ricorda il re Guglielmo (II), come del resto il Vat. gr. 2005, che invece fu realizzato nel 1194/95 nel e per il monastero lucano dei Ss. Elia e Anastasio di Carbone86. Quanto al Salento, il Barb. gr. 443, ivi eseguito negli anni a cavaliere dei secoli XII-XIII da un copista anonimo che collaborò anche alla trascrizione del Par. gr. 162487 + Vallic. C 34III (ff. 9-16: 18-24 agosto), un sinassario della famiglia C* proveniente dal monastero tarantino di S. Vito del Pizzo, commemora il re nei memento della Grande Synapsis (f. 5v): <<e,.ti u.per tou/ eu,sebesta,tou kai, qeofilesta,tou h.mw/n r,hgo,j ktl.>>; ma già nell'eucologio Ottob. gr. 344, esemplato nel gennaio 1177 a Otranto dal presbitero e deuteropsaltes Galazione88, il diacono prega <<u,pe,r tou/ eu,sebesta,tou kai, qeofula,ktou h,mw/n r,hgo,j>> (f. 142 e verso dei ff. 136a e 138).
Era inevitabile dunque che gli esiti di un tale contesto dovessero rinfrangersi negativamente sugli ellenofoni e rivelarsi ben presto disastrosi per la grecità italiota.
In Calabria la decomposizione della componente greca appare tanto grave da indurre nel 1334 papa Giovanni XXII al tentativo (vano) di imporre la soppressione del rito bizantino nelle diocesi ancora greche di Gerace, Bova e Oppido89. Squallore e povertà regnano sovrani, a quanto emerge dalle fonti documentarie che richiamano sovente lo stato di miseria e di indigenza in cui versavano i presuli greci.
E' significativo, per esempio, che nel 1301 Stefano, vescovo di Oppido, <<qui pauper est>>, sia stato indotto ad accettare la commissione di Carlo II d'Angiò della traduzione dal greco in latino di scritti di medicina non meglio precisati, ottenendo <<pro expensis suis exhibeantur unciae auri quattuor, et uni scriptori suo, qui cum eo valebit, ad haec similiter exhibeantur in mense quolibet tareni auri octo>>90; o ancora che nel 1353 Nicola, anch'egli vescovo di Oppido <<fuit a praestatione communis servicii liberatus propter paupertatem>>91. Provvedimenti di esenzione dalle decime erano già stati adottati in favore dell'arcivescovo Angelo di Rossano già nel 1276 per motivazioni analoghe92. La diocesi di Gerace inoltre, causa <<miser status et conditio episcopi>> venne esentata nel 1343 dalla giurisdizione del vescovo di Reggio93; mentre nel 1291 la <<extrema inopia>> dei monasteri greci della diocesi di Messina suggerì al papato la necessità di sottoporli a riforma94.
Non mancano inoltre episodi di degrado morale e di torpore intellettuale, indizio di una crisi latente ma irreversibile. Intorno al 1345 Angelo, archimandrita di Grottaferrata, viene accusato di aver alienato <<pretio trecentorum florenorum auri, quanvis valeret multo magis>> un codice di lusso di Giovanni Crisostomo, rilegato sontuosamente con lamine auree e pietre preziose, insieme ad altri beni e suppellettili varie. Ed ancora nel 1370 l'archimandrita del Patir <<alienavit, vendidit et etiam dilapidavit... calices quoque et cruces argenteas et alia ornamenta ecclesiastica... pro certa pecunia>>95.
Ma è altrettanto sintomatico - lo testimonia una nota ancora inedita, della metà ca. del sec. XIII vergata, a quanto mostra la scrittura, in terra d'Otranto e conservata nell'attuale Vat gr. 316 (f. 167v) - che un religioso calabrese (e,moi, me.n patri,j( w/ a,.ndrej adelfoi,( h, tw/n Kalabrw/n e,parci,a), non soddisfatto della realtà quale si era andata configurando, disgustato dalle vessazioni dei latini (u,.bresi kai. loidori,aij ... ou,k e,pau,onto) e convinto dell'ortodossia della propria fede fondata sulla S. Scrittura e sull'insegnamento dei Padri, assuma la dolorosa deliberazione dell'esilio, decidendo di emigrare in Oriente96. L'episodio, che a prima vista può sembrare banale, non manifesta il capriccio bizzarro di un disadattato intollerante, ma è cruda espressione dell'intimo disagio degli italogreci più legati alla tradizione che non sopportavano i mutamenti liturgici introdotti dal clero latino e la nefasta ma dilagante assimilazione alla componente vincente. Appare verosimile infatti che la vicenda possa in qualche modo intrecciarsi e saldarsi con le astiose invettive che il monaco salentino Teodoro da Cursi indirizzò, proprio in quel frangente, al già menzionato arcivescovo di Rossano, Angelo (1266-1287), reo di aver apportato cambiamenti nella prassi liturgica freca, cambiamenti che evidentemente, nel recepire formule e ritualità latine, stravolgevano di fatto una consuetudine secolare97. D'altra parte, già Innocenzo III nel settembre 1203 diffidava il vescovo di Acerenza, suffraganea di Otranto, a vigilare, perchè non si diffondesse nel clero latino la pratica del matrimonio <<iuxta ritum Graecorum>> e Gregorio IX in diverse litterae executoriae, datate tra il 1231 e il 1232, metteva in guardia l'arcivescovo di Bari di non permettere la somministrazione del battesimo secondo il rito orientale; e ancora nel giugno 1370, Urbano V, in una missiva a Giacomo, vescovo di Otranto, chiedeva <<quosdam errores receptos in libris Messalibus ipsorum sacerdotum (id est graecorum), faceres de ipsis libris penitus aboleri>>98.
E non è forse meno significativo che tal Costantino <<o,  ,Italiw.tij>> risulti operoso in Oriente, dove nel marzo 1340 sottoscrisse, in una grafia che però non tradisce aspetti italogreci, il panegirico Oxon. Selden supra 9, definendosi <<i,ereu.j kai. kartofu,lax Magedw/n>>99.
E tuttavia anche in un quadro così misero e desolante emergono icastici esempi di resistenza e di vitalità.
Con sdegno e orgoglio si opposero felicemente al tentativo di latinizzazione compiuto nel 1334 dal papa Giovanni XXII i presuli delle diocesi di Gerace, Bova e Oppido. Ciò denota non soltanto un saldo attaccamento ai valori tradizionali, ma anche un solido appoggio popolare alla causa 'bizantina' che appare degno di essere sottolineato100.
La comunità monastica di S. Nicola di Calamizzi, nei pressi di Reggio, rivela patenti interessi per la letteratura patristica e per i libri, vettori di testi ma certo anche beni patrimoniali, tanto che nel dicembre 1362 il monaco Neofito Spanò, su incarico dell'igumeno Neofito Filocamno, restaurò ( o rifece ex novo) la legatura di un manoscritto di Gregorio di Nazianzo101, l'attuale Par. gr. 550. Si tratta di un manufatto greco-orientale del sec. XII, che risulta trascritto dalla stessa mano che copiò il Basilio Marc. gr. 57 e il Climaco Sinait. gr. 418 e che nella prima metà del sec. XIV venne acquistato dal poimh,n del monastero calabrese, Melezio102. Il monaco Neofito Spanò inoltre mostra una certa abilità grafica nell'adoperare una scrittura, piuttosto rozza e incerta, che tuttavia si inserisce bene - come afferma Francesco D'Aiuto103 - fra le testimonianze più significative della cultura scrittoria calabrese del sec. XIV, che risente dell'ormai dissolto stile di Reggio.
Allo stesso stile di Reggio si riallaccia anche la scrittura in cui venne esemplato un atto del 1223/24, il cui estensore, tal Giovanni, notaio dell'arcivescovado di S. Severina, esibisce abilità di vero professionista e buone attitudini grafiche, come del resto il vescovo Dionysios e, più o meno, tutti gli altri testimoni che sottoscrissero in greco104.
Ad ogni buon conto, la popolazione calabrese risulta essere in modo preponderante ancora greca e rivela una alfabetizzazione nel complesso di buon livello, come si puù rilevare dall'esame di numerosi atti, editi e inediti, realizzati in diversi centri della Calabria105. Non stupisce  perciò che proprio per soddisfare ai propri bisogni essa continui, come s'è già accennato106, a produrre manifatti librari - per lo più di contenuto liturgico e quindi correlati ai milieux ecclesiastico-monastici - modeti quanto all'aspetto tecnico ed eseguiti in uno stantio stile di Reggio, sovente imbastardito nei singoli morfemi e deformato nella sua struttura originaria, da copisti che non erano più capaci di proporre nuovi filoni grafici o di elaborare nuove stilizzazioni.

II.2. Manoscritti di ambito calabro-siculo.

             Un quadro abbastanza esaustivo della cultura grecofona d'età sveva è stato tracciato, in una recente messa a punto, da Guglielmo Cavallo, che sintetizza e interpreta i risultati delle ricerche svolte in questi ultimi anni107. Non mi pare dunque il caso di insistere ancora.
Appare piuttosto utile segnalare fra i cimeli <<datati>>, riferibili ad ambito calabro-siculo e per lo più esemplati in stile di Reggio, oltre a quelli menzionati nello studio sullodato, il profetologio Hierosolym. Stavrou 48 (mm. 265 x 178) completato nel novembre del 1202 dal prete Nicola108; il Vat. gr. 2294 (ff. 68-106) che, contenente ufficiature liturgiche, risulta vergato dal sacerdote Matteo nella chiesa di S. Giorgio th/j Pla,kothj a Palermo nel 1260/61109; il tetravangelo (gruppo 'Ferrar') Serrens. Monh. Prodro,mou G 10 trascritto dal notaio Davide Menglabites nel marzo 1282, o forse meglio, a quanto mostra la scrittura (stile di Reggio), nel 1200110; i manoscritti del copista Lorenzo di Calamizzi, attivo anche a Rossano e a Messina nella prima metà del sec. XIII111; il salterio con commento Barb. gr. 455 esemplato ad Aieta dal sacerdote Basilio Sikelos nel 1276112; il triodio Messan. gr. 86 confezionato nel 1280 dal prete Filippo di Bova nel monastero del S. Salvatore <<de lingua phari>> in Messina113; i codici di Nicola di Oria, in Puglia, che fu operoso a Messina e a Rossano114; quelli bilingui (greco-latini) realizzati in Rossano dal copista Romano di S. Benedetto di Ullano in Val di Crati, e cioè il salterio Vat. gr. 1070 (a. 1291), l'evangeliario Barb. gr. 541 (a. 1292) e il salterio Crypt. A.g. II /a. 1289/90 ca.)115; il tipykon Vat. gr. 1877 (mm. 187 x 140) dovuto a Paolo Corinzio di Traina, l'odierna Troina in provincia di Messina, che lo vergò nel 1292 per Nicodemo ecclesiarca del monastero della Theotokos di Mili; il lessico dello ps.-Cirillo Barb. gr. 39 (mm. 190 x 135) esemplato da tal Barnaba nel 1294/95, la cui grafia, minuta, diritta, con aste poco sviluppate, miscela stilemi che evocano la tradizione calabrse e salentina (la sottoscrizione, f. 76v, sembra riprodurre, con qualche lieve variante, quella, f. 196v, dell'eucologio Messan. gr. 172 vergato in stile di Reggio da Blasios nel 1178/79); infine l'evangeliario Vat. gr. 2563 (mm. 250 x 185) realizzato nel 1297 per Nicola sacerdote di Soriano, nei dintorni di Mileto, in una scrittura di modulo medio-grande, diritta, senza effetti chiaroscurali, che si riallaccia al filone tradizionale dello stile di Reggio116.
Accanto ad essi occorre annoverare i manoscritti, anche questi di contenuto liturgico, eseguiti nel monastero di S. Maria di Grottaferrata - le cui ascendenze calabre sono ben note - dai copisti Macario di Reggio, Giovanni rossanese, Giuseppe 'melendytes' e Simeone ieromonaco, il quale nel 1288/89 trascrisse l'attuale contacario Laur. Ashburnham. 64 su commissione dell'ecclesiarca Pancrazio (la scrittura di questi ultimi tre scribi rivela influenze delle grafie salentine)117.
Ma soprattutto numerosi altri codici, vergati per lo più nel cosiddetto stile di Reggio e databili al sec. XIII118. Mi limito in questa sede a segnalare il Paris gr. 1392 + Par. Suppl. gr. 726 (ff. 13-14) latore della traduzione greca delle Costituzioni di Federico II e confezionato con ogni verisimiglianza a Oppido, a quanto si evince dai marginalia dei ff. 92v e 94v, intorno agli anni quaranta del sec. XIII (sul f. 92v occorre la menzione delle Costituzioni melfitani del 1231: <<+ ,Ekfwh,q$h% ei,j t$h.n% Me,lfhn e,n tw/ th/j tou/ Q$eo%u/ lo,g$ou% sarkw,sewj (a s l a . /  e,.tei ind$i%kt$iw/noj% d . /  ,.Etoj th/j kosmogenei,aj (j y l q . th/j au,t$h/j% i,n$iktiw/noj% d .%>>119; ovvero il tetravangelo Athos Dionysiou 7 e il metafrasta di dicembre D 340, già Kosinitza 5, del Centro di Studi slavo-bizantini 'Ivan Dujcev' di Sofia, realizzati entrambi nella prima metà del secolo dal presbitero Niceforo, molto probabilmente nel e per il monastero di S. Nicola di Calamizzi, vicino a Reggio Calabria, monastero che proprio negli anni a cavaliere dei secoli XII e XIII conobbe una rigogliosa stagione grazie all'impegno dell'igumeno del tempo, Cipriano120.
Appare manifesto già dai soli titoli di questo elenco che la grecità è appannaggio dei circoli monastico-ecclesiastici che continuano a operare per le loro esigenze cherigmatiche e liturgiche.
E quanto ai codici profani, oltre al menzionato Paris gr. 1392, risultano ascrivibili al milieu calabro-siculo l'Esiodo Messan. F.V. 11, il Galeno Vat. Archiv. Cap. S. Petri H 45, l'Aristotele Cantabr. Ii.5.44, eseguito da Nicola di Oria presso il S. Salvatore di Messina nel 1279, il Vat. gr. 2019 testimone unico del Nomocanone adattato da Nicola Doxapatres, le Novelle di Giustiniano Marc. gr. 179, che venne donato al Patir insieme ad altri libri da Senatore Maleinos, giudice di Rossano e committente del medesimo volume121; mentre il Laur. 80.18 del sec. XIII, che contiene la Parafrasi greca delle Istituzioni di Giustiniano dovuta a Teofilo, giù rivendicato alla Calabria, va invece più correttamente attribuito al Salento, come del resto il gemello, grosso modo coevo, Laur. 10.16. Al Salento inoltre occorre assegnare l'Odissea Lond. Harl. 5674122, nonchè le Etiopiche di Eliodoro contenute, insieme all'Odissea e alla Commentatio in Charicleam di Filippo filosofo, nel Marc. gr. 410, vergato da due mani coeve123.
Se ora volgiamo lo sguardo al sec. XIV almeno in base ai testimoni datati, si può affermare che l'età angioina <<segna un brusco calo nella produzione libraria>>124. In Sicilia risulta attivo il S. Salvatore di Messina, ove vennero copiati il menologio Messan. gr. 30 + 29 (a. 1307); l'attuale Messan. gr. 105 che conserva i verbali delle visite (aa. 1328-1334) ai monasteri siciliani dipendenti dal monastero stesso, alla cui stesura collaborarono i monaci Barnaba e Giovanni Macrì, i quali utilizzano un minuscola di tipo cancelleresco; forse la miscellanea liturgica Messan. gr. 149 (a. 1300/01) dovuta a Nicola Bellino ed esemplata in una scrittura in cui si avverte chiaramente la struttura dello stile di Reggio125. Nel 1328/29 lo ieromonaco Nifone del monastero di S. Nicola tou/ ,Elafhkou/ in Val Demone completò, ancora in uno stentato stile di Reggio, il Crypt. A.g. VII (Salmi e Cantici)126; mentre nel 1335/36 un copista di Siracusa, il 'lettore' Giovanni Stabalares, finì di esemplare in una grafia di stampo tradizionale e arcaizzante (la scrittura dei ff. 182-184 dovuta allo stesso copista mostra qualche vaga analogia con la stilizzazione di Reggio) il typikon di s. Saba Laur. 10.15, un volume in pergamena di riutilizzo di pessima qualità e di piccolo formato (187 x 125)127.
In Calabria risultano ancora vitali vari centri di copia128. A Gerace presso la sede vescovile venne prodotto il Nicomaco di Gerasa Monac. gr. 238, copiato per la committenza del vescovo Simone Atumano (1348-1366) da un certo Boemondo, defterevon, canonico e didaskalos della chiesa cattedrale, il quale adopera una scrittura, ad esse verticale, che palesa evidenti analogie con quella coeva del sacerdote Ruggero Besti, anch'egli operoso a Gerace, a quanto emerge dalla annotazione da lui apposta a margine di f. 78 del Barb. gr. 500. Verso gli anni trenta del secolo il vescovo Giovannicio, che nel 1334 si era efficacemente opposto al tentativo di sopprimere il rito greco assieme ai presuli di Bova e di Oppido, commissionò l'eucologio Messan. gr. 124, un cartaceo vergato in uno stile di Reggio pesante e artificioso ma ancora di discreta esecuzione129.
A Badolato, in diocesi di Squillace, nella prima metà del sec. XIV il presbitero Nicola Perretto restaurò e completò, in una scrittura in cui si avverte l'eco lontana dello stile reggino, l'evangelario Vat. gr. 1548 (ff. 64-75v)130.
Ancora nel 1317 un certo Pietro Toscano trascrisse, probabilmente a Reggio, il lessico dello ps.-Cirillo e altri lessici minori Vallic. E 37; mentre a Grottaferrata nel 1318 venne eseguito dal monaco Nifone l'ottoeco Vat. gr. 1562131.
Particolarmente interessante risulta l'attività di copia in diocesi di Oppido. Nella cittadina della Calabria meridionale vide la luce il Vat. gr. 1134 (mm. 213 x 135), testimone del De arte metallica e di vari scritti filosofici eseguito nel 1377/78132, la cui scrittura (una minuscola a tendenza corsiva che non tradisce ascendenze italiote) e il cui contenuto non corrispondono ai parametri italogreci; ipotizzare perciò una esecuzione e soprattutto una committenza esterna al milieu calabro-greco non appare del tutto inverosimile.
A S. Cristina d'Aspromonte, in diocesi di Oppido133, venne eseguito il Vat. gr. 1973, un pergamenaceo assai modesto di mm. 173 x 125 che, contenente la liturgia di Giovanni Crisostomo, (ff. 1-24v), lezioni del V. e N. T. (ff. 24-57), sticheri (ff. 57-69) e l'officium di s. Caterina (ff. 70-79v), utilizza le membrane di codici più antichi134 e mostra segni evidenti, a livello ornamentale, di influssi goticheggianti della coeva produzione libraria latina. Il libro liturgico è opera del sacerdote Antonio, al quale spettano i ff. 1-69v vergati in uno stile di Reggio assai stentato135 (tav. 6a), mentre ad un collaboratore anonimo si devono i ff. 70-79v (tav. 6b) in cui i connotati della stilizzazione di Reggio sono oramai sfumati o assenti.

II.3  Il copista Giorgio Taurozes.

          La scrittura del sacerdote Antonio del Vat. gr. 1973 si rivela assai interessante all'economia del nostro lavoro, giacchè non solo mostra palesi affinità con quella del copista Giorgio Taurozes, ma anche contribuisce a delineare un quadro assai vivace di rapporti culturali della comunità grecofona della chiesa tropeana con quelle, anche esse assai vitali nel sec. XIV, della diocesi (latina) di Mileto - ove tuttavia operavano istituzioni monastiche 'basiliane' di grande prestigio, come S. Bartolomeo di Trigona, nelle vicinanze di Sinopoli o S. Filareto presso Seminara -, e specialmente del vescovado di Oppido, guidato allora da Nicola, una figura carismatica tanto da essere sovente ricordata, come vedremo, nei memento delle fonti liturgiche o in annotazioni marginali.
Ma è tempo di esaminare più da vicino la produzione libraria del nostro copista, la cui attività si espletò oggettivamente a Tropea almeno dal 1332/33 al 1361. Come da metodo prendiamo le mosse dal manoscritto che ci offre le coordinate spazio-temporali.

a) Il Barb. gr. 499; tav. 7-8.

           Mercoledì 22 settembre 1361 Giorgio Taurozes, presbitero e protopapa di Tropea, completò l'attuale Barb. gr. 499 (già III.CXI), come si evince dalla sottoscrizione da lui apposta sul verso di f. 71 (tav. 7) utilizzando alternativamente per ogni singola linea inchiostro bruno e rosso: <<Dei/ de. ginw/skin o,.ti h, w,.ra tw/n C$risto%u/ ge,nnwn( $kai.% fwtw/n( $kai.% oi. / kanw,naij tw/n au,tw/n e,ortw/n\ k$ai.% a,.llaij a,kolouq$i,ai% :  ,Egra,$fh%( / k$ai.% e,teleiw/qeisan( e,k ceiro.j pr$esbute,rou% Geo,rg$i,ou% Tauro,zh( $kai.% prwtwpapa/pa/ po$lewj% Trop$ai,aj%: Pe,raj h,.lufevn to. au,t$o.% bibli,on( e,n mh$ni,% Sept$embri,w% / ei,j t$a.j% kb .( i,nd$iktiw,noj% ie .: e,.toj( (j w o .: h,me,r$a% dh $= teta,rth%: Oi, a,nagin$w,s%k$wn%t$ai%j( / kai. oi, ginw,skwntaij( eu,.caisqai u,pe.r au,tou/( o,.pwj eu,.ri e,.lewj( / e,n h,me,r$a% kri,se$wj%: a,mh,n:>>136.
Si tratta dunque di un manufatto137 liturgico che contiene le ufficiature per il Natale e per l'Epifania e altre acolutie. Misura attualmente mm. 270 x 205 e consta di ff. 172 + due, non numerati, premessi al volume, membranacei e rescripti, eccetto i ff. 55-56 + 56 bis (non numerato) che invece sono cartacei. Alla parte antica dovuta allo scriba Giorgio (ff. 1-51, 60-172 e i due fogli iniziali non numerati), vennero aggiunti i ff. 52-59 (+ f. 56 bis), che costituiscono un'appendice liturgica realizzata, come si vedrà, a Sinopoli nel sec. XVI.
Sul verso di f. 72 una mano della fine del sec. XIV aggiunse una nota non facilmente leggibile, il cui senso non facilmente leggibile, il cui senso mi sfugge: <<Kai. e,.gw iereuj $?% Niko,l$aoj% th/j eponom$i,aj% tou/ Karte.ll$ou% kai. prwt$o%pap$a,j% cwr<aj Tropai,aj> $?% ]la,con ta a,.nwt$erw% marturw/ ?hmei/j adelfw/j Nikoqj $?% elh,ge ca[         lu,c[      k$ai% tou/ a,postol$i%k$ou/% qro,nou a,rg$i%mandr$i,thj% th/j mw$h/j% tou/ a,gi,ou Iw$annou% tou/ Qerhstou/( ste,rgwn to. apan gegramme,non ta anot$e,rw% marturw/>>.
La parte originaria, che utilizza le membrane di un codice liturgico italogreco, verosimilmente un meneo (vd. f. 14v) del sec. XI-XII, è strutturata in quaternioni, numerati dallo stesso copista nell'angolo inferiore destro del recto di foglio 1 e del verso di foglio 8 di ogni singolo fascicolo138. L'ornamentazione di tipo tradizionale è alquanto sobria, limitandosi a fasce, terminanti ai lati con motivi floreali e composte da nastri intrecciati, colorati in rosso e bianco color pergamena (f. 31: tav. 8), ovvero a una serie di tratti, in inchiostro bruno o rosso, in entrambi i casi con la funzione di separare uno scritto dall'altro. Le iniziali maggiori ripropongono le tipologie dei libri in stile di Reggio (ff. 7, 32, 39v, 34v, 35).
Sul piano grafico, il presbitero Giorgio adopera una scrittura, ad asse diritto o leggermente inclinato verso destra, di modulo medio, che, disposta su uno specchio scrittorio di mm. 216 x 155 ca. con 26/27 righe per pagina, rievoca nell'aspetto di insieme lo stile di Reggio, del quale tuttavia non conserva più l'accentuata opposizione modulare fra lettere larghe e lettere strette, nè la scioltezza dei testimoni del sec. XII o di alcuni altri eseguiti nel corso del sec. XIII, come, per es., quelli di Lorenzo di Calamizzi, del presbitero Niceforo di Reggio o di Romano di S. Benedetto di Ullano139.
Più in particolare, epsilon minuscolo presenta cresta ascendente assai accentuata con ispessimento terminale (Fig. 1, n. 1); theta minuscolo è stretto e angoloso alla base, mentre quello maiuscolo sovente è 'a ombelico' (ibid., 2); tra le varie forme di zeta, singolare è quella a guisa di tre con l'ansa inferiore meno sviluppata (ibid., n. 3; tav. 14 ling 11); usuali sono gli epsilon spezzati in legamento o accostamento con varie lettere kappa, lambda, ny, rho, theta, phi: (ibid., n. 4), o il legamento epsilon-iota (ibid., 5), o ancora l'accostamento alpha-lambda e le legature alpha-rho e chi-rho (ibid., n. 7); theta si attacca talora alla base del phi (ibid., n. 8); alpha in legatura a destra con theta 'corsivo' prolunga orizzontalmente l'asta, mentre il theta minuscolo 'aperto' è angoloso alla base nei legamenti a sinistra con alpha maiuscolo, epsilon o sigma (ibid., n. 6); ypsilon talora è simile a una v latina (ibid., 9); rho presenta l'asta inclinata a sinistra nei legamenti con lettera precedente, come alpha o delta (ibid., n. 10). Tra le abbreviazioni segnalo quelle per de,( e,pi, e e,kai, (ibid., nn. 11-13).
Sulla base del confronto paleografico è possibile ascrivere al nostro amanuense altri tre cimeli, anch'essi liturgici, dei quali si dà una breve descrizione. L'aspetto della pagina e la morfologia di lettere singole o in legamento sono così peculiari che non mi sembra il caso di insistere molto per provare la fondatezza scientifica delle nostre proposte; sarà sufficiente al lettore verificarne l'attendibilità dando anche un rapido sguardo agli specimina qui editi.

b) Il Barb. gr. 349 + Barb. gr. 376 (ff. 1-7): tavv. 9-11.

         Membranaceo, eccetto i ff. 58-62 (cartacei e del sec. XVI: infra), il volume (già III, 68), che conta 231 fogli e misura mm 203/6 x 156/8 (165 x 116) ca., è stato realizzato con le membrane di vari codici liturgici più antichi140. I quaternioni, sovente incompleti, sono mumerati nell'angolo inferiore destro del primo foglio recto e dell'ultimo foglio verso di ogni fascicolo, precisamente, a quanto si evince dalla numerazione superstite141, dal f. 63 <A'> (ff. 63-70) al f. 226 (KB'), mentre nei ff. 1-57, che formano sei quaternioni142 e un quinione (ff. 48-57), non si scorge traccia di numerazione. Esso conserva la Paracletica o Ottoeco in una redazione assai vicina a quella edita da Filippo Vitali nel 1885143, solo che i canoni sono sovente presentati a parte: toni 1-8 (ff. 63-180v), exapostilaria ed evangelia XI matutina anastasima (ff. 180v-191), sticheri paracletici (ff. 192 ss.)144, canoni paracletici e mesonictici (ff. 1-62)145.
Al volume appartenevano, come s'è detto, i ff. 1-7 dell'attuale Barb. gr. 376 (già III.95)146, una miscellanea fattizia di frammenti liturgici per lo più del sec. XVI e italogreci147. Se l'analisi paleografica (tav. 11a) mostra in modo inconfutabile che si tratta della mano del copista Giorgio Taurozes e qualle codicologica - formato mm 200/2 x 159/3, superficie scrittoria (mm 160 x 125 ca.), numero (23) delle linee per pagina -, rivela dati pressochè identici a quelli del barberino 349, è proprio la sequenza testuale a provare la validità dell'assunto. Ora, come s'è detto148, il fascicolo IX del barberino 349 è costituito di un solo foglio, l'attuale 127, con conseguente lacuna testuale, tanto che una mano del sec. XVIII annotò a margine inferiore di f. 127v: <<desiderantur plurime pagine, quas invenies initio Codicis 97. (= III, 95)>>. Il riferimento è fededegno: le parole r,usqe,ntej en con cui termina il testo di f. 127v continuano perfettamente nei ff. 1-7 del barberino 376 (trisi.n u,posta,sesin ktl.)149, mentre le parole ta. qau,mata con cui finisce il f. 7v proseguono senza soluzioni di continuità nel f. 128 (toi/j proskunou/sin ktl.) del barberino 349150.
L'ornamentazione si limita alle solite fasce, a bande intrecciantisi colorarate in giallo, verde, rosso, blu (ff. 32v, 43 [tav. 11b], 80, 95, 110v, 136, 150, 164 [tav. 11c], 180v, 192). Più elaborata risulta la pyle di f. 63 (tav. 10), che è costituita da motivi geometrici e da nastri che si avviluppano tra di loro formando un reticolo a losanghe, mentre a f. 127v (tav. 11d) essa è eseguita con la tecnica della <<réserve>>: il motivo floreale, del colore della pergamena, appare <<en négatif>> sul fondo colorato in rosso e blu. Le iniziali maggiori, eseguite di norma a doppio tratto, sono ripassate in rosso e blu (tav. 9): più in particolare si segnala l'alpha a 'cuore' (ff. 6v, 10), l'epsilon di forma latina (f. 24), il kappa (f. 3v), il tau (ff. 180v, 183, 185v, 186v, 187v), o il phi (f. 4) che esibiscono alla base dell'asta verticale motivi ornamentali a forma di foglia. Asterischi in rosso e/o blu, talora desinenti in basso con motivo 'a foglia' (ff. 5v, 21, 29) contraddistinguono l'inizio di un testo.

c) Crypt. G.b.III: tav. 12a/12b e 15.

            Il manoscritto, membranaceo, misura mm 187 x 140 e consta di ff. 211, tutti palinsesti, eccetto i ff. 42-45. Attualmente esso è formato da 27 fascicoli, numerati nell'angolo inferiore esterno del primo foglio e dell'ultimo151; due senioni (ff. 1-24), un fasc. di 11 fogli (6 + 5 = ff. 25-35), un binione (ff. 36-39), tre quaternioni (ff. 40-63), un quinione (ff. 64-73), sette quaternioni (ff. 74-129), due binioni (ff. 130-137), due quaternioni (ff. 138-153), un fasc. di 9 fogli (4 + 5 = ff. 154-162), un ternione (ff. 163-168), un quinione (ff. 169-178), due quaternioni (ff. 179-194), un fasc. di 10 fogli (6 + 4 = ff. 195-204), un fasc. di 7 fogli (4 + 3 = ff. 205-211).
Contiene un eucologio, più precisamente: preghiera di vestizione (ff. 1-2v), liturgia di s. Giovanni Crisostomo (ff. 2v-35), preghiere (4) dell'ambone (ff. 35-39v), Lezioni delle Epistole e dei Vangeli (ff. 40-73v), liturgia di s. Basilio (ff. 74-97v), liturgia dei Presantificati (ff. 98-116), la benedizione dell'acqua all'Epifania (ff. 116v-134), acolutie per il battesimo (ff. 134-152), preghiera delle palme (ff. 152-153), preghiera delle carni a Pasqua (f. 153r-v), per il formaggio e le uova (f. 154r-v), per la pesata (f. 154v), benedizione dell'acqua (ff. 154v-155), preghiera per il sonno del monaco (f. 155r-v), per i cattivi pensieri (ff. 155-156), per la fratellanza (ff. 159v-161v), per la nascita dei figli (ff. 161v-162v), per il fidanzamento (ff. 163-165v), per il matrimonio (ff. 165v-176), sulle seconde nozze (ff. 176-178), per i malati (ff. 178v-193v), il synodikon dell'ortodossia (ff. 193v-204); un calendario latino (ff. 205-211)152.
L'ornamentazione esibisce cornici rettangolari tradizionali, terminanti ai lati con motivi floreali e includenti bande colorate in rosso e blu (ff. 1, 2v, 74, 134, 163, 165v), o in rosso-arancione blu (ff. 1, 2v, 74, 134, 163, 165v), o in rosso-arancione, blu e bianco pergamena (ff.159v), o in arancione e bianco-pergamena (f. 176), o arancione, marrone dell'inchiostro e bianco pergamena (ff. 178v e 193v). Le iniziali maggiori alpha (ff. 40, 42v, 47v, 57v, 59) e tau (ff. 40v, 61), delineate a tratto doppio e spalmate di rosso o blu, ripropongono la tipologia delle iniziali dei libri in stile di Reggio. Anche gli omicron che includono un fiore trilobato (ff. 6, 18v, 75v, 76, 81) rimandono a tipologie analoghe occorrenti, per esempio, nel Vat. gr. 1646, il noto Massimo Confessore realizzato nel 1118 da Nicola di Reggio con ogni verisimiglianza a Rossano. Asterischi a 'nodi' desinenti con motivo fogliaceo (ff. 61v, 67v) contrassegnano gli incipit e sono eseguiti come nel Barb. gr. 349. Si presti attenzione inoltre alla iniziale maggiore epsilon di forma lunata e con tratto mediano allungato terminante con un fiore a tre petali, spalmata di rosso o blu (ff. 13, 17, 25, 25v, 62v, 115v), che occorre analoga ancora una volta nel Barb. gr. 349 (tav. 9; ff. 1, 3, 5v, 6v, etc.).
La scrittura, disposta su 19 linee per uno specchio di mm 145 x 90 ca., è uno stile di Reggio assai illanguidito, che mostra tutti i connotati tipici del Barb. gr. 499.

d) Crypt. B.b.III: tavv. 13-14 e 20b.

          E' un manoscritto pergamenaceo di piccolo formato (mm 127 x 85 ca.), di ff. 48, tutti palinsesti (ff. 47-48 cartacei), che conserva il bios di s. Marina, mutilo all'inizio e in fine (ff. 1-14: BHG 1116), il proprium innografico e liturgico della stessa vergine martire, mutilo all'inizio (ff. 15-37) vari scritti minori, tra cui 'Sui concilii ecumenici' (ff. 37v-39v), De mensuris (ff. 39v-40v), una breve cronologia (ff. 40v-44), la corrispondenza tra Gesù e Abgar (ff. 44-46v). I ff. 47-48, cartacei, contengono un indice del contenuto, dovuto allo ieromonaco criptense Epifanio Mazio (+ 1831).
I fascicoli, numerati in basso a destra (vd. f. 39), sono tutti quaternioni, meno il II che è un ternione (ff. 9-14) con lacuna dopo il f. 14. I fascicoli III (ff. 15-22), IV (ff. 23-30) e V (ff. 31-38) cominciano dal lato pelo.
Si tratta di un 'tascabile' agiografico, databile, come del resto già rilevato dal Turyn, al 1332/33, sulla base dell'indicazione fornita dallo scritto cronologico: << ,Apo. kti,s<e>wj ko,smou ei,si.n e,.th (j w m a , ind££. d , .Apo. $de.% t$h/j% e,nanqrwph,se$wj% tou/ K$uri,o%u h,mw/n ,I$hso%u/ C$risto%u/ pefu,kasin e,.th (a t l g ,  ktl.>> (f. 43v).
Diversi quadretti policroni, eseguiti maldestramente dallo stesso amanuense ma assai graziosi e efficaci quanto all'impatto espressivo, rappresentano per lo più scene ispirate alla vita della martire Marina la quale, com'è noto, per avere rifiutato le proposte amorose del prefetto Olibrio, venne sottoposta a torture di ogni sorta: è trafitta con pettini di ferro (ff. 2, 4v, 5v), esce dal carcere (f. 7v), le appare il diavolo nelle sembianze di un drago (f. 8), è inghiottita dal drago (f. 9), se ne libera (f. 9v: tav. 14), è assalita dal villoso demone etiope (f. 10: tav. 14), sconfigge il drago (ff. 11v e 12v). Sul f. 45 è rappresentato il Cristo che, seduto davanti a un leggio, scrive la sua lettera ad Abgar, mentre a destra, in piedi, è raffigurato <<o, taci,drom$wj%>>; sul f. 46 Gesù, in atteggiamento pensoso, è raffigurato in atto di scrivere.
La tipologia delle iniziali maggiori è analoga a quella degli altri manoscritti (vd., per es., tav. 13); il fregio di f. 44 è costituito da una semplice linea ondulata che termina da entrambi i lati con un petalo colorato in rosso arancione.
Circa la sua localizzazione, è stata avanzata, sulla scia di Antonio Rocchi, l'ipotesi di un'origine criptense, che tuttavia non appare plausibile in quanto, come ha giustamente osservato Elena Velkovska, il codice fece parte della collezione manoscritta del monastero criptense solo a partire dal 1735153. Il cimelio invero è riconducibile ad ambito calabrogreco, collocandosi la sua scrittura tra le manifestazioni più tarde e sfiorite del cosiddetto <<stile di Reggio>>154.
L'analisi della grafia, che è disposta su uno specchio di mm 92 x 56 con 17 linee su tipo di rigatura semplice (00C1 Leroy), permette inoltre non solo di attribuire il cimelio al nostro copista ma anche di proporre come luogo di origine la città di Tropea, ove, come s'è visto, Giorgio Taurozes risulta oggettivamente operoso nel 1361. Intanto, vi occorrono gli stilemi propri della scrittura del protopapas di Tropea: oltre alla struttura complessiva di ogni singola pagina, si vedano, per es., le forme dell'abbreviazione tachigrafica per kai,, il rho con asta fluente a sinistra in legamento con lettera precedente (di norma alpha maiuscolo o delta minuscolo: ff. 18 lin. 15, 29v lin. 15), zeta a forma di tre con la prima ansa più sviluppata, gamma minuscolo inclinato con ispessimento del primo tratto, theta maiuscolo <<à nombril>>, il sigma minuscolo a 'seghetto', tutti elementi che, uniti alla tipologia delle lettere iniziali maggiori (ff. 16v, 17v, 19v, 22, 45; tav. 13 e tavv. 9 e 12a), forniscono solido fondamento all'attribuzione proposta, tanto più che, come già ricordato155, le decime del 1324 relative a Tropea menzionano, tra i nomi dei chierici greci, un presbitero di nome Giorgio Tabrozi. In lui occorre riconoscere senza alcun dubbio il nostro copista, che evidentemente già presbitero negli anni venti del sec. XIV fece carriera raggiungendo la carica di protopapas intorno agli anni sessanta, se per l'appunto nel 1361 sottoscrisse l'attuale Barb. gr. 499 definendosi presbitero e protopapas di Tropea.

II.4. Tropea sede dell'attività scrittoria e religiosa di Giorgio Taurozes.

          L'operosità di Giorgio Taurozes - il cui cognome, probabilmente legato a tau/roj e alla radice *op156, non risulta diffuso nell'onomastica calabrese e italo-meridionale - sia come uomo di chiesa che come copista si svolse in Tropea. In effetti, se si prescinde dal codice-guida Barb. gr. 499 che menziona espressamente la città come luogo di copia anche gli altri manoscritti da lui vergati sono ad essa riconducibili.
L'eucologio Crypt.G.b.III conserva un calendario che, strutturato alla guisa occidentale (gennaio-dicembre: ff. 205-211v), sintomo di una latinizzazione vincente che coinvolge sinanco gli ambiti ecclesiastico-religiosi, annovera fra l'altro Fabiano papa e Sebastiano martire sotto la data del 20 gennaio; <<h, pourifika,tziw sa,nt$a% Mari,a h,.goun h/ u,popanti>> e Agata al 2 e 5 febbraio; Perpetua e Benedetto igumeno al 3 e 21 marzo; la <<bhgi,lia tw/n a,posto,lwn>> al 30 aprile, Giovanni apostolo <<a,nte po,rt$a% lati,na>> e Filippo tou/ a,rg$u%rou/  al 6 e 12 maggio; Onofrio, Vito e Calogero (quest'ultimo di mano seriore) rispettivamente al 12, 15 e 18 giugno; la nascita del Battista e la <<bhgil$ia%>> di s. Giovanni Prodromo ancora al 24 e 27 giugno; Pancrazio, Margherita e Maria Maddalena al 9, 20 e 22 luglio; Donato, Lorenzo e Agostino al 7, 10 e 28 agosto; Eufemia al 16 settembre; Francesco al 4 ottobre; la festività di tutti i santi, la commemorazione dei defunti, s. Leonardo al 1°, 2 e 6 novembre.
Esso ricorda anche sotto la data del 7 luglio Ciriaca, molto venerata a Tropea, e soprattutto sotto quella del 20 novembre (f. 210v) <<ta. e,gkai,nia t$hj% epi.skop$h/j% Trop$ai,aj%>> (tav. 15a), ossia le encenie del vescovado della stessa città. La notizia dunque costituisce un indizio più che probante in favore di un'origine calabro-tropeana del manoscritto.
E d'altra parte sono le ectenie eucologiche che rendono l'indizio una prova: esse menzionano, oltre al vescovo e al re del tempo157, una serie di presuli di Tropea. Sul f. 204v (tav. 15b) infatti, dopo aver pregato per il re Ruggero (forse Ruggero II), per il re Carlo (Carlo II d'Angiò: 1285-1309) e per il vescovo <<tou/ timiota,tou p$at%r$o.%j h,mw/n $kai,% e,pisko,pou>>, il diacono continua invitando i fedeli alla preghiera per <<Tou/ makariota,tou episkopou ? ,Iwa,nnou ? Mari,nou ? Raina,ldou ? ,Iorda,nou ? ,Arkadi,ou ? Rikka,rdou ? Robbe,rtou:>>, e di seguito una mano quasi coeva aggiunse <<Ou,rla,nd$in%ou/>>. Questa lista, peraltro incompleta, è certamente da collegare a Tropea158: Giovanni (1267-1279 ca.)159, Marino e Rainaldo160, Giordano (1279-1296 ca)161, Arcadio (1299-1301 ca.)162, Riccardo (1322-1325 ca.)163, Roberto (1344-1357)164, cui successe proprio Orlandino, ossia Rolandino Malatacchi di Reggio, che guidò la diocesi dal 14 giugno 1357 al 23 ottobre 1390165, allorchè venne trasferito ad altra sede166, governarono la Chiesa tropeana.
E poichè il nome di Orlandino risulta aggiunto (forse dallo stesso copista) - s'è già rilevato - non molto tempo dopo la stesura del codice, ne consegue che esso vide la luce nella ridente città calabrese proprio negli ultimi anni della vita del vescovo Roberto (+ 1357), e certamente prima dell'elezione del Malatacchi (14 giugno 1357).
Abbiamo così acquisito un altro dato cronologico oggettivo circa l'attività del copista, che contribuisce a ricomporre il quadro complessivo. A questo punto non pare inopportuno riepilogare i risultati conseguiti. Nel 1332/33 egli completò il Crypt. B.b.VIII, tra gli anni 1344-1357, che contrassegnarono il vescovado di Roberto, lavorò alla trascrizione del Crypt. G.b.III, nel settembre 1361 finì di copiare l'attuale Barb. gr. 499. Quanto infine al Barb. gr. 349 + Barb. gr. 376 mancano dati oggettivi, ma l'esame paleografico e codicologico consente di proporre qualche congettura più o meno plausibile.
Il formato del manoscritto (206 x 158), il numero delle linee per pagina (23), la segnatura dei fascicoli, posta nell'angolo inferiore destro del primo e dell'ultimo foglio di ciascuno di essi, richiamano il Barb. gr. 499167. Ad esso rimanda anche il tessuto grafico. Invero, la scrittura del protopapa di Tropea, documentata per ca. un trentennio, non mostra segni di evoluzione, nè verso una maggiore fluidità nè tanto meno verso una più accentuata rigidità di esecuzione. Essa appare cristallizzata in forme stantie e reiterate, prive di brio e vitalità, come del resto la tipologia dell'ornamentazione che si mantiene inalterata in tutti e quattro i codici del Taurozes. Mi sembra tuttavia che la concatenazione dei segni, la struttura delle riga e della pagina siano più affini a quelle esibite dal Barberino 499.

II.5.  L'a,rciereu,j Nicola.

          Orbene, il Barb. gr. 499 ricorda sul verso di f. 10 un personaggio di nome Nicola con le seguenti parole: <<kai. tou/ os$iou% p$at%r$o%j h,mw/n $kai.% a,rciere,$wj% Nikol$a,ou%>>, che vengono ripetute con qualche variante di scarso rilievo anche al f. 41. Non può trattarsi, mi pare ovvio, di un Nicola vescovo di Tropea168: nel 1361 infatti, anno di copia del manoscritto, il soglio vescovile risulta occupato, come s'è visto, da Rolandino Malatacchi. Occorre pertanto avanzare un'ipotesi alternativa.
Intanto, la commemorazione riguarda senza alcun dubbio una personalità assai venerata dalla comunità grecofona di Tropea e probabilmente in vita al tempo del copista, se egli usa accanto a path,r l'aggettivo o,.sioj, che tuttavia è ambiguo potendosi riferire sia a defunti che a vivi. Per un momento ho coltivato il sospetto che nell'a,rciereu.j Niko,laoj del codice barberino bisognasse riconoscere proprio quel Nicola, contemporaneo del copista Giorgio, il quale sedette sul soglio vescovile di Oppido dal 1351 al 1363 ca. Il presule oppidese, che aveva ricoperto anche nella stessa Oppido l'ufficio di arcidiacono a quanto risulta dalle decime del 1328169, venne eletto per obitum Barnabae il 24 novembre 1351 e rimase in carica sin verso il 1364, allorchè proprio il vescovo di Tropea, Rolandino Malatacchi, il 24 gennaio di quell'anno, <<mortuo Nicolao, episcopo Oppidensi>>, venne incaricato di verificare se l'elezione del successore, Antonio, avesse rispettato il diritto canonico170.
Se la congettura risultasse fondata, Nicola di Oppido, vescovo greco di una diocesi che conservò ufficialmente il rito bizantino sino al 1473, rappresenterebbe nel pieno sec. XIV, caratterizzato da una imperante occidentalizzazione, una sorta di punto di riferimento e di coagulo, un polo di attrazione per le comunità ellenofone di tutta la Calabria tirrenica, da Messina, Seminara-Sinopoli fino a Tropea, comunità che evidentemente avvertivano ancora la tensione e fiutavano il pericolo sempre latente di una latinizzazione coatta, nonostante che solo qualche decennio prima (maggio 1334), come più volte ribadito, il pericolo fosse stato scongiurato per la ferma opposizione dei presuli greci Giovannicio di Gerace, Basilio di Bova e Basilio di Oppido.
Non è senza significato che una mano della seconda metà ca. del sec. XIV in una annotazione apposta sul verso di f. 51 del sinassario Messan. gr. 76 ricordi il vescovo Nicola di Oppido con l'epiteto di taumaturgo sotto la data del 13 dicembre, data più che probabile della sua morte, ovvero il dies natalis per i cristiani171: <<hnh,mh tou/ o,si,ou patro.j h,mw/n Nikola,ou tou/ ne,ou qaumatourgou/ e,pisko,pou Wpi,dou>>172. Il cimelio di Messina è stato rivendicato, su base paleografica, al calamo di quel Dioniso 'cqamalo,j' che il 13 marzo 1141 sottoscrisse, nello 'scriptorium' del monastero del S. Salvatore <<de lingua phari>>, la prima parte (ff. 1-215v) del Messan. gr. 3 e numerosi altri cimeli, a quanto ha mostrato Maria Bianca Foti173, anche se, in base ad altre annotazioni della fine del sec. XIII, non è da escludere a priori una sua esecuzione del monastero di S. Bartolomeo di Trigona174.
Inoltre, il Vat. gr. 1863, un eucologio in stile di Reggio del sec. XII ex. che nel novembre del 1407 venne comperato dal protopapa di Sinopoli, Nicola Suraci (f. 125v), commemora, in una aggiunta marginale della metà del sec. XIV (f. 18), precisamente nelle ectenie della liturgia di Giovanni Crisostomo, il medesimo Nicola: <<u,pe.r tou/ pn$eumat%ikou/ hmo.n p$at%r$o.%j Nikol$a,ou% e,pisko,p$ou% ktl.>>175. Per una serie di indizi convergenti il manoscritto venne confezionato nella zona compresa tra Seminara e Sinopoli176, che allora gravitavano nella diocesi latina di Mileto.
Appare dunque sufficientemente esemplificato come il vescovo Nicola di Oppido - non credo possa trattarsi di Nicola I che guidò la diocesi nel sec. XI177 - godesse di grande venerazione sia per la condotta edificante della sua vita che per le sue virtù taumaturgiche, oltre che naturalmente per la valenza 'politica' che impersonava la sua figura nell'immaginario collettivo degli ellenofoni del sec. XIV, fino al punto di costituire il naturale polo di riferimento non soltanto per coloro che dimoravano nella sua diocesi, ma anche per quelle comunità che si affacciavano grosso modo sulla costa tirrenica della Calabria, sebbene esse fossero incardinate principalmente nella struttura delle chiese di Mileto o di Reggio Calabria.
Certo, sembra quanto meno inconsueta - riconoscerlo è più che opportuno - la commemorazione di un vescovo, pio e santo quanto si voglia, ma pur sempre in vita; appare del tutto singolare che nel codice barberino 499 la sua menzione occorra nella a,po,lusij recitata dal sacerdote: <<Eu,pro,sdekton $kai.% a,katai,scunton pohsi K$u,rio%j o, Q$eo%j h,mw/n th.n eu,ch.n deh,saiwj h,mw/n a,martwlw/n( th/j e,.kthj kai. e,na,thj w,.raj( dia. presbeiw/n th/j u,perimnh,tou despoi,nhj h,mw/n Q$eoto,%kou kai. a,ei. parq$e,%nou Mar$i,aj%( $kai.% tou/ o,s$i,ou% patro.j h,mw/n kai. a,rciere,$wj% Nikol$a,ou%( kai. e,vnafe,sei a,martiw/n( dia,thrh,sei ktl.>>. Il contesto generale e la circostanza che Nicola 'vescovo' sia annoverato subito dopo la Vergine inducono a ritenere più che fondato che si tratti di un Padre della Chiesa bizantina, verosimilmente s. Nicola di Mira178, il cui culto avrebbe avuto larga diffusione in Calabria e principalmente in Tropea e zone limitrofe. In Nicola in altri termini si celerebbe il santo al quale forse era intitolata la chiesa. E a Tropea sono attestati numerosi luoghi di culto dedicati al santo: S. Nicola de Burdela, S. Nicola della Marina (o de Mare), S. Nicola de Platea, S. Nicola de Pollici, S. Nicola de Garzano179 e infine S. Nicola la Cattolica, il cui protopapa osservava il rito greco ancora nel 1454/55180. Questa interpretazione sarebbe confortata dalla circostanza che il manoscritto G.b.III di Grottaferrata conserva la memoria di un vescovo di nome Nicola, annoverato tra i santi. Difatti sul f. 5 contenente l'e,uch. pro. th/j e,ndu,sewj, dopo aver citato s. Basilio Magno col titolo di a,rciereu,j, s. Giovanni Crisostomo e s. Gregorio di Nazianzo, aggiunge anche, come peraltro di norma, <<u,pe.r ... tou/ e,n a,gi,oij p$at%r$o%j h,mw/n kai. a,rciere,wj Nikola,ou>>, ossia S. Nicola di Mira, la cui festività cade il 6 dicembre.
Insomma, non abbiamo raggiunto prove sufficientemente dirimenti circa la nostra ipotesi iniziale; chè anzi appare del tutto scontato che nel vescovo Nicola del Barb. gr. 499 debba riconoscersi verosimilmente il santo titolare della chiesa di cui il copista era il protopapa. E tuttavia la congettura, ancorchè assai forzata, di identificarlo con l'omonimo presule di Oppido, consente almeno di correlare il nostro discorso alla storia più recente di almeno due dei cimeli di Giorgio Taurozes, che nel sec. XVI risultano custoditi nell'abbazia di S. Bartolomeo di Trigona, presso Sinopoli, in diocesi di Mileto181.

II.6.  La storia dei manoscritti di Giorgio Taurozes.

           Proprio a Sinopoli, nel monastero di S. Bartolomeo, al codice barberino testè menzionato venne aggiunta un'appendice liturgica. In effetti, i ff. 52-59 (+ 56 bis), che misurano mm 200 x 153 e conservano acolutie tou/ baptismou/ tw/n a,gi,wn qeofani,wn, ossia acolutie per l'epifania182, risultano vergati da due mani coeve della prima metà del sec. XVI183. Al primo (tav. 16), che adopera una minuscola banale che non si riallaccia più alla tradizione italiota, spettano i ff. (membranacei) 52-54v e 57-59v; al secondo, che utilizza una minuscola più controllata, i ff. (cartacei) 55-56v + 56 bis (tav. 17)184. Per definire la coordinata spaziale ci soccorre il testo. Ora, sul f. 54 le litanie ireniche invocano tra l'altro il Signore sia <<u,pe.r tou/ p$at%r$o%j kai. a,rciepisk$o,pou%>> sia <<u,pe.r th/j a,gi,aj monh/j h,mw/n>>185. Che non si tratti di un monastero di Tropea si arguisce dal fatto che la diocesi non fu mai retta da un arcivescovo; e d'altra parte l'unico monastero importante che sorgeva nella città, ossia quello di S. Angelo, risulta <<in ruinam>> già nel dicembre 1457186, come attesta Atanasio Chalkeopoulos che vi trovò soltanto il procuratore dell'abate Angelo Archepachos, tal Nicola Marco, il quale si rifiutò di dare informazioni asserendo che il monastero non era più soggetto all''ordine di s. Basilio'. E dunque è necessario pensare a un centro monastico ancora attivo nel sec. XVI e sottoposto alla giurisdizione di un arcivescovo. Una annotazione, posta sul margine superiore di f. 13, ove si legge <<Io fra' Ber(ar)do tre dinari scrissi 1550>>, si rivela dirimente ai nostri fini, in quanto il suo nome compare anche in un altro codice del copista, il Barb. gr. 349.
Ora, anche il Barb. gr. 349 + Barb. gr. 376 (ff. 1-7), conserva un'aggiunta liturgica del sec. XVI187. Di mm. 200 x 153 (155 x 82), i ff. 58-62, cartacei, contengono dei contaci dell'ottoeco (tav. 18) e sono stati trascritti da Atanasio Carlevari188, monaco di S. Bartolomeo di Trigona, presso Sinopoli, come da sottoscrizione (f. 62v): <<Teloj to. kond$a,%k$ion% t$h/j% o,ktahc$ou%. Kai, e,gw/ a,delfoj ,Aqana,sioj : Karle,bar$h/j% : monac$oj% : tou/ os$iou% p$at%r$o.%j h,m$wn% : Barqw/lomeou th/j Trigon$hj% cw,r$aj% Shno,pol$ij%:>>. Nello stesso foglio, accanto a un disegno alquanto rozzo raffigurante un cane macilento, occorre un elenco di nomi, tra i quali figura al primo posto, proprio quello del 'frate' Berardo del Barb. gr. 499: <<+ Ber(ar)do: tredinari / + Yerasimo Carniliuari / + Macari Grindri (?) / + Jacopo di Alesio / Simuni Berbi / + Mateo di Damiano>>.
Ben al di là della sottoscrizione che menziona esplicitamente il luogo di copia, è fin troppo noto che la famiglia Carlevari è attestata tra Sinopoli e Seminara sin da epoca alta. Un Carlevari è menzionato in un documento del 10 aprile 1244 conservato nel Vat. lat. 8201 (f. 266r-v = f. 265r-v), ove Giovanni Alduino, giudice di Messina, testimonia che Paolo, archimandrita del S. Salvatore, per dirimere una controversia si rivolse a <<Kanhleba,rhj o, a,.rgwn th/j Pabi,aj kai. au,q$enthj% tij cw,raj Sunopolhj ktl.). E nell'aprile 1573 il cipriota Giovanni di S. Maura trascrisse (f. 8v), <<dia. sundromh/j po,qou te kai. e,xo,dou( tou/ eu,labesta,tou e,n i,eromona,coij( kuri,ou Qwma/ Karleba,re\ e,k cw,raj Sunopo,lewj\ th/j Kalabri,aj( e,parci,aj Semhnari,ou po,lewj>>, il Vat. gr. 1537 (ff. 1-98), che contiene una miscellanea liturgica dell'horologium italogreco189 . Ma ancora non basta.
E' significativo peraltro che i summenzionati 'frati' Macari e Matteo abbiano apposto la propria firma in altri codici, che nel sec. XVI circolarono tra Sinopoli e Seminara.
Essa occorre ai ff. 378v <<Jo diacono frate Macarj>> e 377v <<Jo frate Matteo>> del Vat. gr. 1873190. Il cimelio, che contiene i Salmi e le Odi, fu realizzato nel 1010/11 probabilmente in ambito italiota e successivamente fu in possesso del monastero di S. Bartolomeo di Trigona. Difatti, al f. 373 sottoscrive il prosmonarios delo stesso cenobio, Tommaso Carlevari - <<Jo fra Tomasi Carlevarj fui p(rese)nti>> - per il quale, come abbiamo visto, nel 1573 venne trascritto il summenzionato Vat. gr. 1537. Inoltre, esso venne restaurato nel sec. XVI dal copista costantinopolitano Giorgio Basilikos191, che a Seminara integrò vari manoscritti, come per es. il Salterio Vat. gr. 1864 o l'Ottoeco Vat. gr. 1820, entrambi del sec. XII e in stile di Reggio192.
Ancora il nome di Macari occorre, ma scritto in greco come del resto anche nel sullodato Vat. gr. 1873 (f. 201v: <<e,gw. adelfw/j Makarh>>), sul f. I del Vat. gr. 1813, ove peraltro leggesi anche l'anno 1550 (?) e S. Filareto, forse il monastero omonimo di Seminara, non distante da Sinopoli193. Ora, a prescindere dal valore che possano avere queste annotazioni, è proprio il metodo paleografico che offre la definitiva conferma che il Vat. gr. 1813 si trovasse nel sec. XVI a Seminara: difatti i ff. 253v-254v sono attribuibili al menzionato Atanasio Carlevari che trascrisse parte del Barb. gr. 349.
La grafia del Carlevari, quale appare nel codice barberino, si presenta ariosa e abbastanza fluente ed è connotata, oltre che dal vistoso gruppo 'retrogrado' per su,n (tav. 18, linn. 4 e 14) e dalla sequenza phi-theta (ibid., lin. 18; ff. 58 lin. 20, 62 lin. 10), dal my, eseguito in un solo tratto, con asta profonda e occhiello (ibid., lin. 9), dal kappa minuscolo col primo tratto alto e desinente a sinistra (ibid., lin. 4 e 6), dai legamenti epsilon-sigma 'a pera' (ibid., lin. 7-8) o epsilon-iota, col tratto della seconda vocale volto a sinistra (ibid., lin. 13), da zeta minuscolo minuto a forma di tre e tratto finale sviluppato (ibid., lin. 9) e principalmente dal rho con tratto obbliquo e corpo arrotondato che somiglia ad una p latina (ibid., lin. 9-10, 14-18). Ora, sia l'aspetto generale che i singoli morfemi di tale scrittura sono analoghi a quelli esibiti dai ff. 253v-254v del Vat. gr. 1813: si vedano, per es., le lettere my, kappa, zeta, rho, ovvero i legamenti e££&s o e&i (tav. 19a, linn. 12, 3 e 9, 11, 8-9. 16, 6); l'attribuzione perciò sembra più che fondata. Ma si può andare ancora oltre.
I ff. 256-258v dello stesso codice vaticano 1813 (tav. 19b) presentano una grafia così affine a quella dei ff. 52-54 e 57-59 del Barb. gr. 499 (tav. 16) da indurmi al sospetto che possa trattarsi di una stessa mano: si osservino le forme, peraltro comuni alle grafie coeve, di beta e xi, il segno tachigrafico kai,, i legamenti e&s( e&p( d&i( ovvero la sequenza sun (tav. 16, linn. 1, 5, 8 col. a; 7-8 col. a; 19 col. a; 3 col. a e 2 col b; 11 col. a; 20 col. a; tav. 19b, rispettivamente linn. 1, 11, 8, 2 e 4, 11 e 15, 13, 14).
Forse vale la pena di ricordare infine che un frate <<Macaro>>, è segnalato in una visita al monastero di S. Filareto di Seminara compiuta il 30 ottobre 1576, come attesta il Vat. lat. 6415, f. 70.
Quanto poi alla summenzionata commemorazione dell'arcivescovo negli ei,rhnika,, essa non costituisce difficoltà alcuna a quanto detto, sia perchè il codice riporta il formulario consueto194, sia perchè l'arcivescovo di riferimento è senza alcun dubbio il metropolita di Reggio, nella cui giurisdizione erano comprese le cittadine di Seminara e di Sinopoli, che erano incardinate nella diocesi di Mileto.
Insomma, questa fitta rete di indizi incrociati mostra in modo oggettivo che almeno due codici del Taurozes, prima di giungere in Vaticana, furono custoditi nel monastero di S. Bartolomeo di Trigona, un centro assai importante, ove ancora nel sec. XVI è attestata non solo una fiorente attività scrittoria, dovuta per lo più al copista Giorgio Basilikos di Costantinopoli, al quale occorre attribuire, oltre ai codici sullodati, il 'messale' Vat. gr. 2051 realizzato per la committenza dell'archimandrita Colantonio Ruffo (f. 68v) - il medesimo per il quale nel 1571 il sacerdote francesco Vucisano trascrisse il noto typikon italo-calabrese ma in caratteri greci ora conservato (senza segnatura) presso l'Istituto di Studi bizantini e neoellenici di Palermo195 -, ma anche una significativa circolazione libraria. Furono in possesso del monastero, per es., il Vat. gr. 1866196, nonchè il messale Vat. gr. 2052, che scritto nel 1561 da Nicola Margazeus di Vazzano (Catanzaro) per il sacerdote Stefano Frantzes, risulta poi adoperato nel cenobio. Difatti, le litanie aggiunte ai ff. 206v-207 e cantate annualmente per antica consuetudine durante le festività natalizie ricordano Vincenzo Ruffo principe di Scilla e conte di Sinopoli Borrello e Nicotera, nonchè Tiberio Ruffo, abate del monastero197.
Quanto agli altri due codici, i Crypt. B.b.VIII e G.b.III, non abbiamo notizie sulla loro storia più recente. Sappiamo soltanto che il codice agiografico di s. Marina arrivò a Grottaferrata solo nella prima metà del sec. XVIII198, mentre l'eucologio risulta acquisito alla collezione libraria certamente prima del sec. XII, essendo stato utilizzato dal Goar grazie alla collazione del copista criptense Basilio Falasca (+ 1656)199.

*  *  *

In conclusione, è bene sparsa colligere membra, al fine di avere una visione d'insieme. Lo studio dei codici di Giorgio Taurozes ha offerto lo spunto per tentare una ricostruzione del quadro socio-culturale della città di Tropea nella prospettiva unitaria del libro come prodotto materiale e come fatto eminentemente culturale, sempre sullo sfondo della storia del Mezzogiorno bizantino e post-bizantino. Se i risultati conseguiti non sono esaurienti, data la scarsità di testimonianze, per l'età bizantina, l'attività del nostro protopapa nel sec. XIV, documentando una società ancora grecofona e legata alla propria tradizione, ha consentito di delineare, col recupero di indizi e testimonianze di varia indole, un quadro dai contorni sfumati ma forse abbastanza attendibile della civiltà tropeana in lingua greca, dalle origini sino all'avanzato sec. XIV.
Com'è naturale, i dati più cospicui rinviano principalmente al monastero di S. Angelo, per il quale abbiamo ora, grazie ai marginalia del Barb. gr. 501 e soprattutto dell'Ambr. D 74 sup., una conoscenza più ricca e articolata della sua storia, che ebbe origine con ogni probabilità nella Calabria latina del sec. VI e si protrasse poi nella stessa Calabria bizantinizzata sino al sec. XV. dato in commenda nell'agosto del 1402 e convertito da Gregorio XII il 18 luglio 1412 <<in ecclesiam saecularem>>200, il centro monastico appare ancora attivo nel sec. XIV: nel 1349 tal Romano, già monaco di S. Angelo di Tropea, venne eletto archimandrita di S. Giovanni Terista, presso Stilo; nel 1351 ne venne nominato abate Nicodemo Fazzali di Tropea <<per obitum Geronimi>>201.
S'è altresì accertato che l'attività scrittoria e religiosa del Taurozes si colloca in un contesto generale impregnato di grecità che riconosce, a prescindere dall'ipotesi (erronea) su formulata circa l'identità dell'archiereus Nicola del Barb. gr. 499202, nel vescovo greco di Oppido il proprio punto di riferimento spirituale e ideale e nei monasteri di S. Bartolomeo di Trigona presso Sinopoli e di S. Filareto di Seminara i centri più vitali con cui interagiscono e verso cui ovviamente indirizzano le speranze di sopravvivenza le comunità demicamente assai consistenti della Calabria tirrenica, dallo Stretto sino al golfo di S. Eufemia.
Al milieu oppidese203, come s'è visto, rimandano varie e significative testimonianze librarie della Calabria del Trecento, espresse per lo più in uno stile di Reggio raffazzonato e goffo, di cui, per es., costituiscono probante espressione non soltanto il codice del sacerdote Antonio di S. Cristina d'Aspromonte Vat. gr. 1973204, ma anche i ff. (palinsesti) 14-17 del più volte menzionato Vat. gr. 1813 (tav. 20a), che, verosimilmente vergati, in ragione di quanto s'è detto, a Seminara205, contengono sticheri anastasismi dell'ottoeco ed esibiscono, sul piano grafico, aspetto complessivo e morfemi affini - si vedano, per es., le forme tachigrafiche per kai,, zeta o xi  (tav. 20a: linn. 5 e 7, 10 e 12, 12 e 13) - a quelli adoperati dal Taurozes.
Sul vescovado (greco) di Oppido, per ovvie ragioni, convergono e si appuntano le ansie e le attese dei greci della Calabria meridionale delle zone limitrofe, anche se soggette al vescovo latino di Mileto.
Non è senza significato che nel 1325 a Lione gli atti furono sottoscritti in latino dagli arcivescovi di Rossano e di S. Severina, mentre il rito bizantino fu rappresentato dal presule oppidese, Barnaba, di cui si conserva il sigillo con legenda in greco206, o che, come più volte sottolineato, la grecità era stata difesa nel 1334 dal vescovo Basilio dalle pretese di latinizzazione di papa Giovanni XXII.
La stessa Tropea si inserisce nel contesto sociale e culturale della Calabria tirrenica, che ha il suo centro di gravitazione nella Chiesa oppidese e nei monasteri del circondario di Seminara le espressioni più note e vitali di persistenza di cultura greca. In effetti, la scrittura di Giorgio Taurozes è strettamente collegata, s'è già rilevato, con le manifestazioni grafiche in stile di Reggio del sec. XIV della zona; chè anzi proprio con i summenzionati Vat. gr. 1973 e Vat. gr. 1813 (ff. 14-17) è stato possibile istituire confronti cogenti e consonanze probanti in relazione alla sua scrittura. Vale la pena di rilevare inoltre che gli sticheri dello stesso Vat. gr. 1973 e Vat. gr. 1813 (ff. 14-17) è stato possibile istituire confronti cogenti e consonanze probanti in relazione alla sua scrittura. Vale la pena di rilevare inoltre che gli sticheri dello stesso Vat. gr. 1973, vergato nel 1373 a S. Cristina d'Aspromonte in diocesi oppidese, riguardano, tra gli altri, <<o, o,.sioj path.r h,mw/n Niko,laoj>> (ff. 58v-59v: 6 dicembre), S. Marina (f. 60v: 17 luglio) e s. Ciriaca (f. 63v: 7 luglio). Quantunque siano sovente menzionati nelle fonti manoscritte liturgiche italiote, non appare fuor di luogo rimarcare che essi rinviano - a ulteriore riprova di un milieu culturalmente coeso e omogeneo - proprio a s. Ciriaca patrona di Tropea, a s. Marina per il quale il Taurozes vergò la passio e il proprium liturgico e innografico nel Crypt B.b.VIII, e verosimilmente a s. Nicola di Mira che lo stesso scriba ricorda nel Barb. gr. 499. La sua operosità inoltre si innesta in un contesto sociale percorso da sprazzi significativi di tenace e ostinata resistenza dell'etnia greca. E per soddisfare ai bisogni liturgici e devozionali della sua folta comunità si dedicò alla copia dei manufatti pervenutici noti, che rifrangono certo una grecità vivace nei secoli XIII e XIV anche nel circondario della nostra città.
A Nicotera, per esempio, tal Costantino, sacerdote e protopapa del vescovado cittadino, redasse tra il 1202/03 e 1204 almeno tre atti di vendita207. Nella vicina Briatico208 risulta attivo il pubblico notaio Giovanni Chelidonisis, la cui operosità è testimoniata da numerosi rogiti stipulati tra il 1245 e il 1271209. Anche a Vibo, non distante dalla antica Vibona210 e dalla via Popilia che snodandosi lungo la vallata del Mesima conduceva verso Nicotera, nel 1283 venne stipulato un atto di vendita di una casa, vergato dal presbitero Leone, alla presenza di Basilio Greco, giudice di Vibo per l'appunto211. In greco sottoscrivono nel 1250 la pergamena B XII del Collegio greco di S. Atanasio in Roma ben quattro testimoni, di cui due sono originari di Monte Leone, ossia l'attuale Vibo Valentia, che assunse il nome di Monteleone verso il 1237: <<egw. Nikol$aoj% agiou Grig$o%r$i,ou% krithj cw,raj Bouno.j Leou,nh up$egrafa%>> e <<ego Iw$ann%inoj notari basili,ou kritij coraj Bounoj Leouni ktl.>>. Ancora un teste di Briatico figura in un documento rogato a Crotone nel 1219: tal Pietro eu,roia,thj o, nomofu,lax. 212. Sul finire del sec. XIV il sacerdote <<Anto,n$ioj% Me,rlh>> di Terranova, l'attuale Terranova Sappo Minulio, in diocesi di Oppido, risulta fra i testimoni greci della pergamena latina H X del Collegio greco di S. Atanasio in Roma213, una supplicatio di Bonifacio IX (1389-1404) indirizzata ai signori di Mileto, Terranova, Borrello, Monteleone, Tropea e Briatico in favore della SS. Trinità di Mileto. In essa appose la propria firma con una grafia del ductus stentato e impacciato anche tal Iacono: <<egw kur Iakouj Bosardath (?) tanotera martiro>>.
Insomma, un simile contesto giustifica non solo la produzione del protopapa di Tropea, ma anche una circolazione libraria sino a tarda epoca. Nel sec. XVI il medico Domenico Pizzimenti di Monteleone (= Vibo Valentia) possedeva una buona biblioteca costituita anche da manoscritti greci, confluiti poi in parte nella Biblioteca Nazionale di Napoli: il Dioscoride della metà del sec. XVI Neap. III D 23, a quanto risulta dalla nota apposta in greco sul f. 1, ne rappresenta un bell'esemplare214. Non è privo di significato il fatto che saranno proprio uomini e monaci originari di queste zone a mantenere in vita qualche barlume di grecità, sia pure di contenuto esclusivamente liturgico, nei secoli XV e XVI215; il monaco Pietro Diaconissa di Arena, in diocesi di Mileto, ma non distante da Tropea, è attivo a Grottaferrata, ove trascrisse gli attuali Messan. gr. 171 (a. 1546), il Crypt. D.a.VII (ff. 89-91) e il Crypt. D.g.V (f. 121 e le note a margine dei ff. 11, 20, 33v, 46v)216; ancora Bonifacio di Arena copiò al Patir di Rossano il Burg. Series I 506 (a. 1581), un monaco originario verosimilmente di Oppido, tal Paolo <<th/j po,leoj ,Aga,qhj th/j Kalabri,aj>>217, anch'egli monaco a Grottaferrata, vergò il Crypt. D.a.XLV (a. 1597) e il Messan. gr. 147 (a. 1599: f. 124v); Gioacchino  ,Agaqopo,lewj trascrisse nel sec. XVI i ff. 69-84v del Laur. 10.21; tra XV e XVI sec. lavorò nel monastero di S. Maria di Gala in Sicilia il ku.r Bartolomeo Leone <<e,k th/j cw,raj tou/ a,gi,ou Prokopi,ou th/j Kalabri,aj>>, in diocesi di Mileto, ove completò l'attuale liturgia di Giovanni Crisostono Conv. soppr. da ordinare Vall. 16 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, noto con la segnatura (erronea) Maglab. 60218, <<ei,j crh/sin tou/ timi,ou p$at%r$o%j i,eromona,cou kurou/ Basilei,ou tou/ Dona,tou e,k th/j cw,raj th/j .Rw,mhj( k$ai.% e,poi,hsa a,.neu crhma,twn( a,lla. di .a. fili.aj( k$ai.% e,.rwtoj ktl.>>, probabilmente monaco a Grottaferrata. Infine è un monaco calabrese operoso a Grottaferrata nella seconda metà del sec. XVI, fra' Bruno, al quale si rivolse il napoletano Girolamo Colonna per la trascrizione delle Etiopiche di Eliodoro Ottob. gr. 226.
Certo, la comunità ellenofona della Calabria - sottolinearlo non sembri superfluo - non partecipò ai fermenti dell'Umanesimo italiano, ma ad essa occorre almeno riconoscere, tra l'altro, il grande merito di aver favorito l'afflusso di copisti e di personalità di spicco della cultura bizantina - come, tanto per citare qualche nome, Teodoro Gaza, Simone Atumano, Giano e Costantino Lascaris, Bessarione -, che contribuirono alla conservazione, diffusione e trasmissione della grecità classica in Occidente219, proponendosi essi stessi come i veri maestri di studio filologico e critico per gli umanisti italiani.

INDICE DELLE TESTIMONIANZE SCRITTE

ATHOS
Dionysiou 7   316

CAMBRIDGE, Univers. Library
Cantabr. Ii.  5.  44   317

CASTROVILLARI, Bibl. Civica <<U. Caldora>>
perg. 1-8    n. 213

CATANIA, Archivio Capitolare
perg.  5    297

CITTA' DEL VATICANO, Arch. Segr. Vat.
Burgh. Series I 506   343

Bibl. Apost. Vat.
Arch. Cap. S. Petri H 45   317
Barb. gr. 39   315 e n. 116
    151   n. 119
    346   n. 118
    349   286, 323 e n. 140, 324 e n. 141, 325, 326, 331, 335, 337; tavv. 9-10, 11b-d, 18
    359   n. 191
    376   286, 323, 324 e n. 141, n. 147, 325, 331, 335; tav. 11a
    377   n. 191
    410   n. 191
    429   n. 191
    443   308
    455   314 e n. 112
    467   n. 191
    475   n. 173
    499   286, 320, n. 138, 326, 328, 331, 334 e n. 178, 335, e nn. 183-184, 336, 338, 340, 341; tavv. 7-8, 16-17
    500   319
    501   301 e n. 68, 304, 339; tav. 4
    535   n. 191
    541   315
    343   n. 191
Ottob. gr. 226  344
    344   309
Reg. gr. Pii II 34 n. 191
Vat. gr. 107   n. 123
          316   310
    1070   315
    1134   35
    1296   n. 123
         1536   n. 189
    1537   n. 336, 337
    1547   n. 118
    1548   n. 319
    1562   n. 319
    1602   n. 191
    1646   326
    1810   n. 118
    1813   337, 338, 340, 341; tavv. 19, 20a
    1820   337
    1827   n. 118
    1837   n. 118
    1839   n. 118
    1863   n. 308 e n. 86, 333
    1864   337
         1866   338 e n. 196
    1873   320 e n. 134, 340 e n. 204, 341; tav. 6
    1975   n. 118
    1997   n. 73, n. 118
    2005   308 e n. 86
    2019   317 e n. 121
    2029   n. 87
    2048   300 e n. 65, nn. 66-67, 304, 305 e n. 78; tav. 3
    2051   338
    2052   338, n. 197
    2294   314
    2563   215 e n. 116
 
 
 

NOTE

1  D. TACCONE-GALLUCCI, Santa Domenica vergine e martire e del suo culto in Tropea, Palmi 1893, p. 6. Cf. anche Id., S. Domenica vergine e martire e le sue reliquie in Tropea, in Monografie di Storia calabra ecclesiastica, Reggio Calabria 1900, p. 301. Vd. pure M. AMARI - C. SCHIAPARELLI, L'Italia descritta nel <<Libro di re Ruggero>> compilato da Edrisi, in Atti della Reale Accademia dei Lincei, s. II. 8 (1876-1877) [Roma 1883], pp. 16, 70, 97 e 98. Segnalazioni bibliografiche intorno alla città presso E. BARILLARO, Dizionario bibliografico e toponomastico della Calabria, I, Cosenza 1976, pp. 186, 160-164. Non ho potuto consultare F. SERGIO, De Civitate Tropeae (ms. inedito del 1720).
2  Nel sec. V Tropea era il primo scalo utile tra Vibo e Capo Vaticano, cf. G. FIACCADORI, Calabria tardoantica, in Storia della Calabria antica, II. Età italica e romana a. C. di S. SETTIS, Roma-Reggio Calabria 1993, pp. 707-757: 732. Cf. anche D. FALCONE, L'evoluzione dei centri abitati in Calabria dal tardo-antico all'età bizantina (IV-XI secolo d. C.), in Vivarium Scyllacense, 5 (1994), pp. 43-122: 61-62. Su Capo Vaticano cf. P. TORALDO, Nuove vestigia romane sul Capo Vaticano, in Brutium, 18 (1939), pp. 55-60.
3  FIACCADORI, Calabria tardoantica cit., p. 732.
4 A. FERRUA, Note su Tropea paleocristiana, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, 24 (1935), pp. 9-29; M. BUONOCORE, Regium Iulium. Locri, Taurianum, Trapeia, Vibo Valentia, Copia-Thurii, Blanda Iulia, Bari 1987 (Iscriptiones Christianae Italiae, 5); Dictionnaire d'archéologie chrétienne et de liturgie, XV.2, pp. 2802-2805 (H. Leclerc). Per un quadro d'insieme si rimanda a G. OTRANTO, La cristianizzazione della Calabria e la formazione delle diocesi, in Vetera Christianorum, 32 (1995), pp. 339-378.
5  BUONOCORE, op. cit., pp. 12-15 (nn. 7-9) e 51-56 (nn. 43-47).
6  PROCOPIO di Cesarea, De Bello Gotico, I.15, ed. Comparetti (Roma 1895); P. COURCELLE, Les lettres grecs en Occident. De Macrobe à Cassiodore, Paris 1943, p. 313 ss. Cf. anche P. ORSI, Le chiese basiliane della Calabria con appendice storica di Andrea Caffi, Firenze 1929, p. 250.
7  STRAB., VI.1,2.
8  Oltre ai numerosi studi di Gerhard Rohlf sui dialetti della Calabria (vd. almeno Scavi linguistici nella Magna Grecia, Galatina 19742, e Calabria e Salento. Saggi di Storia linguistica, Ravenna 1980), basta rinviare a M. BUONOCORE, Tradizione ed evoluzione grafico-formale dell'epigrafia greca d'età romana nell'area di Regium-Locri, in Miscellanea di studi in onore di p. Marco Petta per il LXX compleanno, II, a c. di A. ACCONCIA LONGO - S. LUCA' - L. PERRIA = Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, n.s. 45 (1991), pp. 229-254; 229-233.
9  BUONOCORE, Regium Iulium cit., n.14 = CIL, X, 8076. Cf. anche E. SPEARING - E. M. SPEARING, The Patrimony of the Roman Church in the time of Gregory The Great, Cambridge 1918, p. 40 ss.
10  F. COSTABILE, Iscrizioni dall'Ager Trapeianus: il monastero dell'abate Fantino, in Rivista di archeologia cristiana, 73 (1997), pp. 173-184: 176 e fig. 2.
11  FIACCADORI, Calabria tardoantica cit., p. 734.
12  BUONOCORE,op. cit., n. 47. Vd. anche ID., La collezione epigrafica Capialbi a Vibo Valentia in Rendiconti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, 60 (1987/88), pp. 267-282: 274 (iscrizioni greche).
13  STEPH. BYZ., Ethnicorum quae supersunt, ed. Meineke (Bonn 1841), p. 563.
14  A. GUILLOU, Recueil des inscriptions grecques médiévales d'Italie, Rome 1996 (Collection de l'Ecole française de Rome, 222), nn. 136-140. Vd. anche L. GASPERINI, Vecchie e nuove epigrafi del Bruzio ionico, in Decima Miscellanea greca e romana, Roma 1986 (Studi pubblicati dall'Istituto ital. per la storia antica, fasc. XXXVI), pp. 141-171: 165-171. Per le iscrizioni greche calabresi rinvio a GUILLOU, Recueil des inscriptions cit., p. 142 ss., su cui si può aggiungere F. MOSINO, Graffito protobizantino da Lazzàro (Motta S. Giovanni), in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, 62 (1995), pp. 237-238.
15  FIACCADORI, Calabria tardoantica cit., p. 756.
16  GREGORI MAGNI Registrum epistularum Libri I-VII, ed. D. Norberg, Turnholti 1982 (Corpus Christ. Series Latina, 140), II.1. Vd. anche I.P., X (Turici 1975), pp. 9 (n. 4) e 39-40. Vd. anche D. TACCONE-GALLUCCI, Monografia delle diocesi di Nicotera e Tropea, Reggio Calabria 1904, pp. 53-163: 113.
17  Cf. V. Von FALKENHAUSEN, I longobardi meridionali, in Storia d'Italia diretta da G. Galasso, III. Il Mezzogiorno dai Bizantini a Federico II, Torino 1983, pp. 251-364: 252-253.
18  Cf. ep.I.38 di Gregorio Magno (marzo 591) al vescovo, messinese Felice: ed. laud. Vd. anche, ibid., la ep. I.39, scritta al succitato rector Pietro, affinchè <<monachos Paulini, Taurianensis episcopi, per Siciliam uagantes, in monasterium S. Theodori Messanense seducat, quod monasterium Paulini curae subiciatur>>.
19  Ed. laud., epp. VIII.30 e 32 (a. 598), V.55 (a. 595), VI.40 (a. 596).
20  G. VITOLO, Caratteri del monachesimo nel Mezzogiorno altomedievale (sec. VI-IX), Salerno 1984, p.8. Sugli aspetti culturali del monachesimo occidentale cf. S. PRICOCO, Aspetti culturali del primo monachesimo in Occidente, in Tradizione dei classici e trasformazione della cultura, a. c. di A. GIARDINA, Bari 1986, pp. 189-204.
21  Le 'Liber Visitationis' d'Athanase Chalkéopoulos (1457-1458). Contribution à l'histoire du monachisme grec en Italie méridionale, par M-H. LAURENT et A. GUILLOU, Città del Vaticano 1960 (Studi e testi, 206), pp. 108-109: 108. Cf. anche A. PERTUSI, Monaci e monasteri della Calabria bizantina, in Calabria bizantina. Vita religiosa e strutture amministrative, Reggio Calabria 1974, pp. 17-46: 22, rist. in ID., Scritti sulla Calabria greca medievale, Soveria Mannelli 1994, pp. 115-136: 121.
22  A. PERTUSI, Aspetti organizzativi e culturali dell'ambiente monacale greco dell'Italia meridionale, in L'eremitismo in Occidente nei secoli XI e XII. Atti della seconda Settimana internazionale di studio (Mendola, 30 ag. - 6 sett. 1962), Milano 1965, pp. 382-434: 391 ss. = Scritti sulla Calabria cit., pp. 137-190: 145 ss. Vd. anche F. BURGARELLA, La Chiesa greca di Calabria in età bizantina (VI-VII secolo), in Testimonianze cristiane antiche ed altomediali nella Sibaritide. Atti del Convegno nazionale tenuto a Corigliano-Rossano l'11-12 marzo 1978, Bari 1980 (Vetera christianorum. Scavi e ricerche, 3), pp. 89-120: 112-119.
23  Ben noti sono i casi dei cenobi di S. Pietro ad Baias e di S. Lucia di Siracusa, entrambi latini ai tempi di Gregorio Magno, che risultano greci, o meglio grecizzati, intorno al sec. VII: l'uno prima del 678, l'altro durante il papato di Teodoro (642-649), cf. M. SCADUTO, Il monachesimo basiliano nella Sicilia medievale. Rinascita e decadenza sec. XI-XV, Roma 1982 (Storia e letteratura, 18) (ristampa anastatica dell'edizione del 1947 con aggiunte e correzioni), p. XXII. Si rammenti che Massimo Confessore ha scritto in greco una lettera agli igumeni, ai monaci e alla popolazione di Sicilia, al fine di stigmatizzare i pericoli dell'eresia monotelita, cf. PG 91, 112-132.
24  M. V. ANASTOS, The Tansfer of Illyricum, Calabria and Sicily to the Jurisdiction of the Patriarchate of Constantinople in 732-33, in Studi bizantini e neoellenici, 9 (1957) = Silloge bizantina in onore di S. G. Mercati, pp. 14-31.
25  J. D. MANSI, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, X, Florentiae 1764, coll. 865 e 1164.
26  Ibid., XI, Florentiae 1765, coll. 301 e 773.
27  Ibid., XII, Florentae 1766, coll. 994 e 1095, nonchè ibid., XIII, Florentiae 1767, coll. 140, 384, 625, 732. Vd. anche F. UGHELLI - N. COLETI, Italia Sacra sive de episcopis Italiae, IX, Venetiis 1721, col. 450; TACCONE-GALLUCCI, Santa Domenica... e del suo culto cit., p. 14; ID., S. Domenica... e le sue reliquie cit., p. 310; L. DUCHESNE, Les évechés de Calabre, in Mélanges Paul Fabre. Etudes d'histoire du Moyen Age, Paris 1902, pp. 1-16: 8= ID., Scripta minora. Etudes de topographie romaine er de géographie ecclésiastique, Rome 1973 (Collection de l'Ecole française de Rome, 13), pp. 439-459; M. PALADINI, Notizie storiche sulla città di Tropea, Catania 1930, p. 52. Sulla partecipazione dei vescovi di Tropea ai summenzionati Concilii vd. anche V. CAPIALBI, Memorie per servire alla storia della Santa Chiesa Tropeana, Napoli 1852, pp. 1-3; D. TACCONE-GALLUCCI, Regesti dei Romani pontefici per le chiese della Calabria, Roma 1902, pp. 421 ss.; ID., Monografia delle diocesi di Nicotera e Tropea cit., pp. 57 e 168; P. SPOSATO, Sinodi romani e concili orientali, in Atti del IV Congresso storico calabrese cit., pp. 143-185: 159-160, 161-162. 168; F. RUSSO, La partecipazione dei vescovi calabro-greci ai Concili (sec. VI-XIV), in La Chiesa greca in Italia dall'VIII al XVI secolo. Atti del Convegno storico interecclesiale (Bari, 30 apr.- 4 mag. 1969), Padova 1973, pp. 786-979. Di una asserita presenza del vescovo Lorenzo di Tropea (?) al Concilio Romano convocato da papa Simmaco nel 499 riferisce senza addurre prove TACCONE-GALLUCCI, Santa Domenica... e del suo culto cit., pp. 13-14.
28  Nel Vrevion della metropoli di Reggio viene menzionato to. a,.kron tou/ tropai,ou, fin dove si estendevano i possedimenti di S. Giorgio: A. GUILLOU, Le Brébion da la métropole byzantine de Règion (vers 1050), Città del Vaticano 1974 (Corpus des actes grecs d'Italie du Sud et de Sicile. Recherches d'histoire et de géographie, 4), pp. 71 e 194 lin. 442.
29  N. CILENTO, Le incursioni saraceniche in Calabria, in Atti del IV Congresso storico calabrese, Napoli 1969, pp. 211-233: 217.
30 THEOPH. CONT., ed. Bekker, p. 313, 8-12; cf. anche IOANN. SCYL., ed. Thurn, p. 160, 75-76, e GEORG. CEDR., ed. Bekker, p. 236, 14-16. Vd. anche J. GAY, L'Italie méridionale et l'empire byzantin depuis l'avènement de Basile Ier jusqu'à la prise de Bari par les Normands, Paris 1904, pp. 112-114; M. AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia (Seconda edizione modificata e accresciuta dall'autore, pubblicata con note a c. di C. A. NALLINO), I, Catania 1933, p. 583; H. GREGOIRE, La carrière du premier Nicéphore Phokas, in Prosfora. ei,j St. Kuriaki,dhn, Thessaloniki 1953, p. 251; V. VON FALKENHAUSEN, La dominazione bizantina nell'Italia meridionale dal IX al XI secolo, Bari 1978, p. 22; EAD, I Bizantini in Italia, in AA.VV., I Bizantini in Italia, Milano 1982, pp. 3-136: 50; A. GUILLOU, L'Italia bizantina dalla caduta di Ravenna all'arrivo dei Normanni, in Storia d'Italia diretta da G. Galasso, III, cit., pp. 1-126: 4; F. BURGARELLA, Bisanzio in Sicilia e nell'Italia meridionale: riflessi politici, ibid., pp. 129-231: 218.
31  GEORGII CYPRII, Descriptio orbis Romani, ed. Gelzer (Lipsiae 1890), pp. XXV, 31605; HIEROCLIS, Synecdemus et Notitiae Gracae episcopatuum, ed. Parthey (Berolini 1866), not. I606 (p. 77).
32  HIEROCLIS, Synecdemus et Notitiae, ed. laud., not. III460 (p. 119), not. 10568 (p. 216), not. 13418 (p. 418); GEORGII CYPRII, Descripitio, ed. laud., p. 771628. Cf. anche L. DUCHESNE, Les évechés de Calabre, in Mélanges Paul Fabre. Etudes d'histoire du Noyen Age, Paris 1902, pp. 1.16: 8-10.
33  Su questi aspetti rinvio a S. LUCA', Le diocesi di Gerace e Squillace: tra manoscritti e marginalia, in Calabria bizantina nei territori di Stilo e Gerace. Atti dell'XI Incontro di Studi bizantini, Soveria Mannelli 1998, pp. 245-343: 269-272; ID., I Normanni e la 'rinascita' del sec. XII, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, 60 (1993), pp. 1-91: 1-13 (con bibliografia).
34  Si tratta di una conferma del re Guglielmo, eseguita nel 1154, del privilegio originale del 1066: V. CAPIALBI, Sanctae Tropaeensis ecclesiae Diplomata expensa mendis purgata, notisque illustrata, Neapoli 1840, pp. 15-22; ID., Memorie per servire alla storia cit., pp. 13-18 (App.); TACCONE-GALLUCCI, Santa Domenica... e del suo culto cit., p. 20; I.P., X, cit., p. 37. Vd. anche L.-R. MENAGER, La <<Byzantinisation>> religieuse de l'Italie méridionale (IXe-XIIe siècles) et la politique monastique des Normands d'Italie, in Revue d'histoire ecclésiastique, 54 (1959), pp. 5-40: 27; D. GIRGENSOHN, Dall'episcopato greco a quello latino nell'Italia meridionale, in La Chiesa greca in Italia dall'VIII al XVI secolo cit., pp. 25-43: 34. Il documento in questione risalirebbe al 1088 secondo UGHELLI - COLETI, Italia Sacra cit., IX, col. 450, e SCADUTO, Il monachesimo cit., pp. 40-41 - Sulla funzione dei basilikoi. klhrikoi, e sulla loro presenza in Calabria grosso modo nella stessa epoca rimando a LUCA', Le diocesi cit., pp. 277-280.
35  TACCONE-GALLUCCI, Santa Domenica... e del suo culto cit. pp. 18-19; ID., S. Domenica... e le sue reliquie cit., p. 318.
36  GOFFREDO MALATERRA, De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae Comitis et Roberti Guiscardi fratris eius, a. c. E. PONTIERI, Bologna 1927 (Rerum Italicarum Scriptores, V.1), I. XXVII (p. 39): <<Uxor vero, viduationem suspicata, Tropeam aufugit>>.
37  I.P., X, pp. 38 e 40. Cf. anche E. CASPAR, Die Chronik von Tres Tabernae in Calabrien, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, 10 (1907), pp. 1-56: 39 <<episcopium Amanteae apud Tropeiam transmutavit (scil. Ruggero Borsa)>>.
38  I.P., X, p.37.
39  UGHELLI - COLETI, Italia Sacra cit., IX, col. 425: <<Ego Tristanus Tropejensis episcopus interfui>>; TACCONE-GALLUCCI, S. Domenica... e le sue reliquie cit., p. 319.
40  F. TRINCHERA, Syllabus Graecarum Membranarum, Neapoli 1865, nn. 68, 85-86.
41  Supra, p. 294.
42  E. GATTOLA, Ad historiam abbatiae casinensis accessiones, I, Venetiis 1734, pp. 204-205. Nel 1097 Urbano II concesse al cenobio cassinese il monastero 'basiliano' di S. Maria di Tropea (I.P., VIII, p. 154, n. 141), concessione confermata nel 1112 da Pasquale II (ibid., p. 161, n. 170) e successivamente sino almeno al 1208 (F. RUSSO, Regesto Vaticano per la Calabria, I, Roma 1974, nn. 257, 292, 328, 334, 553).
43  TRINCHERA, Syllabus cit., n. 225, pp. 294-301. Nel documento redatto a Oppido nel maggio del 1188 Giovanni di Reggio, gran giudice di Calabria, dirime una controversia tra Askettino de Brui e i fratelli della signora di Oppido, sulla base di un atto rogato nell'aprile 1138 dal notaio Giovanni e sottoscritto dalla stessa Maximilla in latino. In quest'ultimo si rammenta tra l'altro che, essendo Ruggero in Calabria e accingendosi ad assediare Salerno, Maximilla, che risiedeva a Oppido, si recò a Tropea per incontrarlo (fqa,santoj au,tou/ e,pi. th po,lei Tropei,aj pro.j u,pa,nthsin au,tou/ h,go,mhn). Su Maximilla cf. W. HOLTZMANN, Maximilla regina, soror Rogerii regis, in Deutsches Archiv fur Erforschung des Mittelalters, 19 (1963), pp. 149-167, nonchè le copie di due atti del 1130/31 redatti dal notaio Teofilatto Clatzanites e contenuti nel Vat. lat. 8201, f. 126r-v (=76r-v) e f. 127r-v (= f. 95r-v).
44  E. GALLI, La cattedrale normanna di Tropea restituita al suo pristino aspetto, Roma 1932; vd. anche A. FRANGIPANE, La cattedrale di Tropea, in Brutium, 11 (1932), p. 6, e P. TORALDO, Nuove scoperte nel Duomo di Tropea, in Brutium, 6 (1927), p. 9.
45  Ringrazio ancora una volta Vera von Falkenhausen, che mi ha dato l'opportunità di compulsare, in xerocopie, numerose documenti dell'Archivio Medinaceli. V'è da sottolineare che in entrambi gli atti risulta menzionato il predecessore dell'igumeno Ilarion, cioè Gerasino.
46 La perg. 1317 (768), ossia la sentenza, è certamente posteriore alla perg. 1379 (675), in quanto in essa Gerasimo risulta defunto (o e,n makari,a ti mnh,mh Gera,simoj o emo.j path,r), mentre nell'altra (a. 1087/88) il catigumeno sembra ancora in vita, sebbene Ilarion monaco si sottoscriva come catigumeno del monastero di Briatico, forse che la morte colse l'igumeno Gerasimo proprio tra il 1087 e il 1088? Sui Capriolo, cavalieri normanni e signori di Briatico, cf. L.-R. MENAGER, Les fondations monastiques de Robert Guiscard, duc de Pouille et la Calabre, in Quellen und Forscbungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, 39 (1959), pp. 1-116: 11. I due documenti (inediti) sono ora menzionati presso V. von FALKENHAUSEN, Mileto tra Greci e Normanni, in Chiesa e società nel Mezzogiorno. Studi in onore di Maria Mariotti, Soveria Mannelli 1999, pp. 109-133: 124-125.
47 L.-R. MENAGER, Notes critiques sur quelques diplomes normands de l'Archivio Capitolare di Catania, in Bullettino dell'Archivio paleografico italiano, n.s. 2-3 (1956-57), pp. 145-174: 167-169 e pl. II. Occorre osservare che la lettura dell'editore (Mau/roj nota,rioj Trapa,nhj, ossia notaio di Trapani) è erronea, così come errata è la lettura del Cusa (Mau/roj nota,rioj protopapa,j), cf. S. CUSA, I diplomi greci ed arabi di Sicilia, Palermo 1868-1882, n. 19, pp. 552-554. Ringrazio Vera von Falkenhausen per avermi segnalato il documento e invitato a controllare la lettura del Ménager.
48 S. G. MERCATI - C. GIANNELLI - A. GUILLOU, Saint-Jean-Théristès (1054-1264), Città del Vaticano 1980 (Corpus des actes grecs d'Italie du Sud cit., 5), n. 10, pp. 81-85: 85 lin. 40, e tav. 9 lin. 3 a.i. Non è da escludere a priori, tuttavia, che qui, come negli altri casi infra citati, Tropiano sia semplicemente cognome. Sull'etnico Tropiano/Tropeano, attestato sia in Calabria che in Sicilia, cf. G. ROHLFS, Dizionario toponomastico e onomastico della Calabria, Ravenna 1974, s.v.; ID., Dizionario dei cognomi e soprannomi in Calabria, Ravenna 1979, p. 266; G. CARACAUSI, Dizionario onomastico della Sicilia. Repertorio storico-etimologico di nomi di famiglia e di luoghi, II, Palermo 1994, s.v.
49 Saint-Jean-Théristès cit., n. 40, pp. 201-207: 207 lin. 41, e tav. 40 lin. 3 a.i.
50 Vat. lat. 8201, f. 127 = f. 95r-v . Vd. supra, nota 43. A partire, grosso modo, dall'inizio del sec. XIV Tropiano di norma diventa cognome: vd., per es., Vat. gr. 1546, ff. 30-34v, che conservano un contratto di enfiteusi rogato nei pressi di Reggio dal notaio Guglielmo Calabrò e sottoscritto da <<Nicolaus de Tropiano iudex Regii>> (C. GIANNELLI, Codices Vaticani Graeci. Codices 1485-1683, in Bybliotheca Vaticana 1950, p. 121), o l'omonimo Nicola Tropiano, anch'egli giudice, che nella stessa epoca sottoscrive in greco, probabilmente a Oppido (infra, p. 316), sul f. 94v del Par. gr. 1392, ovvero ancora <<Johannes Tropianus de Castrovetere (l'attuale Caulonia) Regius publicus notarius>>, che nel 1383 viene menzionato nella pergamena H VII dell'Archivio del Collegio greco di S. Atanasio in Roma. Vd. anche RUSSO, Regesto, I, cit., nn. 3376 (Nicola Tropiano di Mileto, a. 1324), 3467 (Riccardo Tropiano del casale di S. Giorgio, a. 1324), 3545 (Filippo Tropiano di Reggio, a. 1324), 5087 (Filippo Tropiano di Umbriatico, a. 1325), etc.
51 Siviglia, Archivio Medinaceli (Fondo Messina), perg. 1377 (S 750). Devo a Vera von Falkenhausen la segnalazione del documento. L'atto è sottoscritto anche dal notaio di Briatico, Basilio, e dal monaco e economo di S. Pancrazio, Luca. Il monastero di S. Maria sorgeva nei dintorni di Nicotera: VENDOLA, Rationes cit. n. 5333 (a. 1328).
52 TRINCHERA, Syllabus cit., n. 180, pp. 236-237.
53 V. VON FALKENHAUSEN, Nicotera nel sec. XII, in questo stesso volume, pp. 173-186.
54 TRINCHERA, Syllabus cit., rispettivamente n. 225, pp. 295-301: 296, e n. 241, pp. 355-357: 356.
55 D. VENDOLA, Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Apulia - Lucania - Calabria, Città del Vaticano 1939 (Studi e testi, 84), nn. 4241-4242, 4297, 4260, 4283 (a. 1310); nn. 4376-4397, 4378 e 4394 (a. 1324).
56 TACCONE-GALLUCCI, Santa Domenica... e del suo culto cit., p. 14, annovera anche i centri monastici di S. Isidoro, S. Leandro, S. Giovanni Crisostomo, S. Pietro de Menna.
57 TRINCHERA, Syllabus cit., n. 64, pp. 80-82 e p. xxv per la data. D. MINUTO, Notizie sui monasteri greci nell'odierna Piana di Gioia Tauro fino al sec. XV, in Calabria cristiana. Società Religione Cultura nel territorio della Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, a c. di S. LEANZA, Soveria Mannelli 1999, pp. 317-462: 344, 377, ritiene che non si tratti di luogo di culto situati nel territorio di Tropea, ma in quello di Scido e Polistena.
58 ROHLFS, Dizionario toponomastico cit., rispettivamente pp. 313, 26, 112.
59 E. FOLLIERI, La vita di San Fantino il Giovane. Introduzione, testo greco, traduzione, commentario e indici, Bruxelles (1993) (Subsidia hagiographica, 77), p. 366.
60 Acta SS., Iulii, II (Antuerpiae 1721), pp. 272-278 (e pervetusto codice Calabro bibliothecae Ambrosianae f. N. 151); BHG 462a. Vd. anche Bibl. SS., IV (Roma 1964), pp. 680-681 (F. Russo).
61 Più precisamente, al copista A., il quale adopera una minuscola italiota d'aspetto quadrato e schiacciato, vanno attribuiti i ff. 1-8 lin. 4 (b), 14v, 15v linee 1-16 (a); allo scriba B (tav. 1), che scrive in un elegante e sobrio stile <<ad asso di picche>>, i ff. 8 lin. 5 (b) - 14, 15, 15v lin. 17 (a) - 81v; a. C. che usa una minuscola <<ad asso di picche>> con molti elementi tipici della minuscola <<niliana>>, i f.82-97v; a D (tav. 2), che adopera uno stile <<ad asso di picche>> inclinato ma accurato, i ff. 98-105v; infine al copista E, il quale si serve di una minuscola rotonda-quadrata della <<scuola niliana>>, i ff. 106-274v. Occorre segnalare che i fascicoli iniziano dal lato pelo e risultano rigati con sistema 2 su tipo 22D2s o B 12C2, con 38 linee;  nei ff. dovuti a C, essi sono numerati in basso, al centro dello spazio intercolonnare, con le lettere A' (ff. 82-89) e B' (ff. 90-97). La tipologia delle iniziali maggiori e i colori (verde, violetto, arancione, marrone argentato, etc.) sono quelli tradizionali. Da sottolineare che una mano del sec. XIV postilla a margine i testi agiografici in dialetto calabrese: cf., e.g., f. 184 lin. 14 ab imo, fra,sai viene chiosato con petzita,re\ diklara,re. Su questo e su altri codici vergati in <<asso di picche>> ho in preparazione uno studio. Per ora vd. S. LUCA', Il codice Guelf. 53 Gud. Gr., in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, 50 (1983), pp. 5-12: 5 nota 1.
62 E FOLLIERI, San Donato, vescovo di Evria in Epiro, in Byzantina Mediolanensia. Atti del V Congresso nazionale di Studi bizantini (Milano, 19-22 ott. 1994), a. c. di F. CONCA, Soveria Mannelli 1996 (Medioevo romanzo o orientale. Colloqui, 3), pp. 165-175; EAD., Due santi dell'Epiro tra mondo greco e latino: Terino e Donato, in Homo Adriaticus. Identità culturale e autocoscienza attraverso i secoli. Atti del Convegno intern. di studio (Ancona, 9-12 nov. 1993), a c. di N. FALASCHINI - S. GRACIOTTI - S. SCONOCCHIA, Reggio Emilia 1998, pp. 295-311. Quanto ai codici della passio B di s. Caterina vd. LUCA', Le diocesi cit., pp. 248-250 e nota 20.
63 AE. MARTINI - D. BASSI, Catalogus Codicum Graecorum Bibliothecae Ambrosianae, I, Mediolani 1906, pp. 284-291; A. EHRHARD, Uberlieferung und Bestand der hagiographischen und
homiletischen Literatur der griechischen Kirche, III, Leipzig-Berlin 1952, pp. 782-783.
64 UGHELLI - COLETI, Italia sacra cit., IX, col. 448.
65 Sullo scriba e il committente vd. S. LUCA', Rossano, il Patir e lo stile rossanese. Note per uno studio codicologico-paleografico e storico-culturale, in Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s. 22-23 (1985/86), pp. 93-170: 108, 151 (con bibliografia), 159. Quanto ai ff. 1-140 dello stesso cimelio vaticano (sec. XI in.) e al loro copista rinvio a S. LUCA', Scritture e libri della <<scuola niliana>>, in Scritture, libri e testi nelle aree provinciali di Bisanzio. Atti del seminario di Erice (18-25 sett. 1988), a. c. di G. CAVALLO - G. DE GREGORIO - M. MANIACI, Spoleto 1991, pp. 319-387: 364.
66 Il manoscritto rimase custodito nel cenobio di Arena sino a tarda epoca; a margine del f. 219v infatti l'igumeno del monastero si sottoscrive con una scrittura rude, databile grosso modo alla fine del sec. XIV (?): <<e,gw, Paubloj k$ai% a,rcimandritij monij agion korifeon a,postolon Petrou k$ai,% Paubloj ktl.>> . Vd. anche P. BATIFFOL, L'Abbaye de Rossano. Contribution à l'histoire de la Vaticane, Paris 1891, p. 161. Un igumeno di nome Paolo guidò il monastero nel sec. XIV: il primo marzo del 1396 fu eletto archimandrita, per obitum Pauli, Macario, monaco dello stesso cenobio, cf. RUSSO, Regesto cit., II, Roma 1975, n. 8638.
67 Vd. pure BATIFFOL, L'Abbaye cit., pp. 94 e 161. Alla lin. 3 della nota forse occorre leggere to. i,eratei/on, ma nel codice la forma ier, con epsilon sovrapposto su rho, è chiara, vd. tav. 3, e K. and S. LAKE, Dated Greek Minuscule Manuscripts to the Year 1200, VIII, Boston 1937, pl. 573. Va infine segnalato che forse il medesimo Pafnuzio venne eletto poi igumeno del monastero di S. Pietro e Paolo di Arena (o Spanopetro), cf. Vat. gr. 2048, f. 220v (tav. 3): <<Mhn$ni.% sept$embriw% ei,j t$aj% kd . e,.toj (j y l a .|ind$iktiwnoj% i . hme,r$a% sa$bbatw% a,na,la$ban% ka,gw/ I<w>|annh,kioj to ieratei,on para. tou/ eulabesta,tou episkopou Milh,tou |  kai. kata, epidromh/j tou/ panos$io%ta|tou h,m$w/n% p$at%r$o.%j ku.r Pafnoutios. Iwa,nnhj e,graya>>. All'anno 1222 corrisponde però l'indizione XI. Occorre tuttavia osservare che un omonimo Pafnuzio, proestw,j del monastero, sottoscrisse nel dicembre 1198 il testamento di Giovanni Scullando, signore di Aieta (provincia di Cosenza): TRINCHERA, Syllabus cit., n. 246, pp. 333-335: 334.
68 Il nome di Neofito occorre anche a margine di f. 14. Altre annotazioni non completamente leggibili ai ff. 24 e 96v. Sul cimelio rimando a LUCA', Rossano cit., pp. 108, 151 e nota 271, 154, 162.
69 Il nome del monaco potrebbe essere anche Qeodw,sioj, ovvero Qeo,timoj( Qeo,filoj( Qeofu,laktoj( Qeodw/roj e consimili, giacchè la parte non più leggibile, neppure con l'ausilio degli ultravioletti, occupa uno spazio di almeno 5/6 lettere. Il lezionario venne utilizzato, come mostrano le annotazioni di carattere liturgico apposte da varie mani nel corso dei secoli XIV-XVI, sino ad epoca tarda: ff. 49, 53v, 58, 59v, 62, 88r-v, 90v, 91, 92v, etc.
70 Il manufatto, acquistato in Calabria nel 1606 (vd. f. 2), misura mm. 293 x 213 (190 x 138); i fascicoli, numerati nell'angolo inferiore destro del primo foglio e in basso a sinistra del verso dell'ultimo foglio di ciascuno di essi, sono rigati con sistema 9 su tipo 32D2 (con 27 linee); lo spazio intercolonnare misura mm. 16.
71 Cf. S. LUCA', Lo Scriba e il committente dell'Addit. 28270. (Ancora sullo stile rossanese), in Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, n.s. 47 (1993), pp. 165-225: 215-216 e n. 185. Note obituarie non più integralmente leggibili occorrono ai ff. 81 (7 dicembre 1194), 75 (29 novembre 1226), 107v e 108. Da segnalare inoltre che sul f. 63 viene apposta la seguente annotazione circa la morte e la sepoltura del cardinale Bessarione (a. 1472): <<+ Mh$ni% tw/ aut$w% (id est novenbre) iq . ekumiq$h% en makaria ti lh,x$ei% o, e;desumo,tatoj hmw/n ku,r Bissarionoj kardinal$hj% kai. a,peqanen e,n pol$ei% Rhbennat$hj% Benhthaj k$ai% ei,j ta.j g . tou/ dekembri,ou mhno.j eta,fi en ti Rw/mi ei,j tw.n ,Agi,wn ,Apostwl$wn% e,n e,.ti kata sarka gennu/seoj tou/ Kuri,ou h,mw/n I$hso%u C$risto%u a. u. o. b endh/kth j .>>.
72 Vd. LUCA', Lo scriba e il committente cit., p. 216 e tav. 14. Sul vescovo Giovanni di Tropea cf. CAPIALBI, Memorie per servire cit., p. 15; TACCONE-GALLUCCI, Monografia delle diocesi cit., pp. 154-155; UGHELLI - COLETI, Italia Sacra, IX, cit., pp. 463-467. Sul vescovado di Isola vd. I. P., X, pp. 132-134, nonchè G. SCHIRO', Vita di S. Luca vescovo di Isola Capo Rizzuto, Palermo 1954 (Istituto sicil. di Studi biz. e neogreci. Testi, 2), e N. KAMP, Kirche und Monarchie im staufischen Konigreich Sizilien I.: Prosopographische Grundlegung: Bistumer und Bischofe des Konigreichs 1194-1266. 2. Apulien und Kalabrien, Munchen 1975, pp. 903-906.
73 Alla tonsura (karqu,j) fa riferimento anche il sacerdote Dositeo nella sottoscrizione del Vat. gr. 1997: LUCA', Rossano cit., p. 127 e nota 170.
74 Il nome di Giovannicio occorre anche nella nota di f. 124v, sotto la data del 6 gennaio, ove viene segnalato un monastero dedicato alla Vergine Theotokostou gri<pou>; su di esso cf., supra, p. 298, più precisamente VENDOLA, Rationes cit., nn. 4297 (a. 1310) e 4377 (a. 1324).
75 Sul margine laterale dello stesso foglio sono ripetute le prime parole della nota (sino a kaq<hgou,menoj>). Quanto all'uso del termine i,.ndiktoj in Italia meridionale cf. E. FOLLIERI - L. PERRIA, La data del più antico documento per S. Nicodemo di Cellarana e l'espressione grafica dell'indizione, in Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, n.s. 40 (1986), pp. 113-149; 148-149.
76 Supra, p. 301 e nota 68.
77 Supra, p. 301 e n. 67. Se il nostro Pafnuzio debba essere identificato con l'omonimo igumeno che è ricordato in una donazione allo stesso monastero dei Ss. Pietro e Paolo di Arena (o Spanopetro), vergata dal presbitero Leone Malakourounes nel 1184/85, è difficile dire: cf. B. DE MONTFAUCON, Paleographia Graeca, sive de ortu et progressu litterarum graecarum, Parisiis 1707, pp. 389 415-416. La pergamena che nel XVIII secolo era custodita presso il Collegio di S. Basilio di Roma, si conserva ora presso l'Archivio della Biblioteca di S. Maria di Grottaferrata. Essa sarà rieditata da chi scrive.
78 Entrambe le annotazioni sono vergate dallo stesso Giovanni; quella del 1245 viene riscritta da altra mano nel margine inferiore del medesimo foglio. Occorre aggiungere che sul verso di f. 220 si legge un'altra nota del 1294 relativa alla consacrazione di Atanasio a catigumeno di S. Pietro e Paolo di Arena da parte del vescovo (di Mileto) Saba: <<+ Mhn$i% oktw$briw% eij $ta.j% <om.> hmera e . epi e,.touj (j w g . ind$iktiw/noj% h . eforiq$h% ka,gw/ Aqana,siwj euptel$hj% mo.naco.j kaqhoum$enoj% t$w/n% a,gion apo$stolwn% Pet$rou% kai. Paul$ou% eij t$h.n% rhqei$san% monh.n para. tou/ e,pisko,p$ou% $kai.% pn$eumat%ikou/ h,m$w/n% p$at%r$o%j Sa$ba%( o, Q$eo%j sugcorh$son% aut$o.n% amh.n>>. Sul vescovo Saba di Mileto, eletto il 12 luglio 1286 e ancora in vita al 21 agosto 1295, cf. RUSSO, Regesto, I, cit., nn. 1261, 1271, 1310, 1311, 1324, 1341. Vd. anche TACCONE-GALLUCCI, Regesti dei Romani Pontefici cit., p. 436; ID., Monografia della città e diocesi di Mileto, Modena 18822, p. 47.
79 J. LEROY, Le renforcement à la mine brune dans les manuscrits grecs du XIIe siècle, in Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s. 27 (1990), pp. 133-179; 156; ma vd. LUCA', Lo scriba e il committente cit., p. 215 e nota 182.
80 Il nome di Niko,laoj Mh,rhti si legge, in alto, sulla linea che precede la nota. Il cognome è attestato in diocesi di Mileto nel sec. XIV, cf., e.g., S. G. MERCATI, Prove di scrittura nel codice Vaticano Greco di Pio II n. 47, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, 2 (1941), pp. 65-72, rist. in Collectanea Byzantina, a c. di A. ACCONCIA LONGO, II, Bari 1970, pp. 17-23, precisamente Bartolomeo Meredi/ti, diacono (ff. 87v, 88v, 89v) e Giovanni Mereti, sacerdote (f. 130).
81 Supra, p. 302 e nota 71.
82 La recensione M*, per es., del Sinassario, elaborata piuttosto recentemente a Bisanzio (seconda metà ca. del sec. XII), non ebbe successo in Italia meridionale. A. LUZZI, L'influsso dell'agiografia italogreca sui testimoni tardivi del Sinassario di Costantinopoli, in Studi sul sinassario di Costantinopoli, Roma 1995 (Testi e studi bizantino-neoellemici, 8), pp. 177-200.
83 Si osservi, per esempio, che il monastero di S. Maria di Grottaferrata, nel quale l'attività di copia si protrasse dalla fondazione (a. 1004) sino all'inoltrato sec. XVIII, non produsse che libri liturgici.
84 LUCA', Le diocesi cit., p. 294. Celestino III raccomanda nel 1191/92 al vescovo di Otranto <<ne fiant commixtiones rituum in ordinibus conferendis>>: Acta Romanorum Pontificum a S. Clemente I (an. c. 90) ad Coelestinum III (+1198), Città del Vaticano 1943 (Pontificia Commissio ad redigendum codicem iuris orientalis. Fontes Series III. vol. 1), n. 400, p. 817. E Innocenzo III, in una bolla del 2 agosto 1204, scrive: <<Provideas tamen attente, ne clericos tuae dioecesis ab episcopis graecis ulterius ordinari permittas, et si praeter tuam licentiam ab eis se fecerint ordinari, tu eos suspendas perpetuo ab executione ordinum>>, Acta Innocentii P.P. III (1198-1216) e registris Vaticanis aliisque eruit, introductione auxit, notisque illustravit P. TH. HALUSCYNSKYJ, Città del Vaticano 1944 (Pontificia Commissio cit. Fontes Series III. vol. II), n. 61, p. 271.
85 LUCA', I Normanni cit., p. 81.
86 Sul cod. vaticano 1863 rinvio a M. RE, Precisazioni sulla datazione del Vat. gr. 1863, in Biblos, 45 (1996), 45-47; S. LUCA', il monastero di S. Maria di Polsi. Note storiche e manufatti librari, in Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, n.s. 49-50 (1995-1996), pp. 151-171: 160-161; quanto al Vaticano 2005 cf. A. JACOB, Une date précise por l'euchologe de Carbone: 1194-1195, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, 52 (1995), pp. 97-114: 99-100.
87 A. JACOB, Les annales du monastère de san Vito del Pizzo, près de Tarente, d'après le notes marginales du Parisinus gr. 1624, in Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s. 30 (1993), pp. 123-153: 124-125. Su frammento della Vallicelliana rinvio al mio Su due sinassari puri della famiglia C*: il Vallic. C 34III (ff. 9-16) e il Crypt. D.a.XIV (ff. 291-292), di prossima pubblicazione, ove si dimostra che i fogli del vallicelliano costituiscono la parte finale del codice di Parigi e che i fogli del criptense (30 marzo - 1° aprile, 12-14 aprile) sono attribuibili allo ieromonaco Luca che nel 1090 vergò a Carbone, in Basilicata, il Teodoro Studita Vat. gr. 2029.
88 A. JACOB, Les écritures de Terre d'Otrante, in La paléograpphie grecque cit., pp. 269-281: 273.
89 G. GARITTE, Deux manuscrits italo-grecs (Vat. gr. 1238 et Barb. gr. 475), in Miscellanea G. Mercati, III, Città del Vaticano 1946 (Studi e testi, 123), pp. 31-40.
90 UGHELLI - COLETI, Italia sacra cit., IX, Venetiis 1821, col. 418. Sull'attività degli italogreci alla corte angioina vd. C. MINIERI RICCIO, Studi storici fatti sopra 84 Registri angioini dell'Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1876, pp. 20, 56, 74, 104 (etc.); F. SABATINI, Napoli Angioina. Cultura e Società, Napoli 1975, pp. 71 ss.; R. WEISS, The Translators from the Greek of the Angevin Court of Naples, in Rinascimento, 1 (1950), pp. 195-226.
91 RUSSO, Regesto cit., I, n. 7283; l'esenzione venne confermata nel 1358: ibid., n. 7504.
92 Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X (1261-1276), coll. A. L. TAUTU, Città del Vaticano 1953 (Pontificia Commissio cit. Fontes Series III. vol. V.1), n. 12, pp. 19-20.
93 LUCA', Le diocesi cit., p. 302.
94 Acta Romanorum Pontificum ab Innocentio V ad Benedictum XI (1276-1304), coll. F. M. DELORME et A. L. TAUTU, Città del Vaticano 1954 (Pontificia Commissio cit., Fontes Series III. vol. V.2), n. 104, pp. 175-176. Nel provvedimento tuttavia si innestavano anche ovvie finalità di ordine politico.
95 Cf. rispettivamente Acta Clementis PP. VI (1342-1352), coll. A. L. TAUTU, Città del Vaticano 1960 (Pontificia Commissio cit., Fontes Series III. vol. IX), n. 53, pp. 87-89; e Acta Urbani PP. V (1362-1370), coll. A. L. TAUTU, Città del Vaticano 1964 (Pontificia Commissio cit., Fontes Series III. vol. XI), n. 213, pp. 355-356.
96 Un accenno presso I. MERCATI - P. FRANCHI DE' CAVALIERI, Codices Vaticani Graeci. Codices 1-329, Romae 1923, pp. 467-474; C. GIANNELLI, Un progetto di Barlaam Calabro per l'unione delle chiese, in Miscellanea Giovanni Mercati, III, Città del Vaticano 1946 (Studi e testi, 123), pp. 154-208: 179 nota 36.
97 A. ACCONCIA LONGO - A. JACOB, Une anthologie salentine du XIV siècle: le Vaticanus Gr. 1276, in Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s. 17-19 (1980-1982), pp. 149-228: 164-165.
98 Acta Romanorum Pontificum a S. Clemente cit., n. 40, pp. 240-241; Acta Honorii III et Gregorii IX (1216-1241), coll. A. L. TAUTU, Città del Vaticano 1950 (Pontificia Commissio cit., Fontes Series III. vol. III), nn. 170, 173, 178-178a, pp. 225, 229, 334-335; Acta Urbani PP. V (1362-1370), coll. A. L. TAUTU, Città del Vaticano 1964 (Pontificia Commissio cit., Fontes Series III. vol. XI), n. 197, p. 331.
99 A. TURYN, Dated Greek Manuscripts of the Thirteenth and Fourteenth Centuries in the Libraries of Great Britain, Washington 1980 (Dumbarton Oaks Studies, 17), p. 106, pl. 73 e 114d.
100 Supra, p. 309 e nota 89.
101 Il termine tecnico impiegato è a,nakaino.w equivalente di gion a,nakaini,zw( sulle cui valenze vd. per ora S. LUCA', Il Vaticano greco 1926 e altri codici della Biblioteca dell'Archimandritato di Messina, in Schede medievali, 8 (1985), pp. 51-79: 68-72.
102 F. D'AIUTO, Su alcuni copisti di codici miniati mediobizantini, in Byzantion, 67 (1997), pp. 5-59: 9-10. Melezio, monaco di S. Nicola di Calamizzi, venne nominato vescovo di Gallipoli nell'ottobre 1329: RUSSO, Regesto cit., I, n. 6326.
103 Ibid. e tav. 3 (f. 1).
104 Vat. lat. 13489 (II), n. 51 (inedito). Il vescovo Dionisio è menzionato anche in un documento del 1220/21: ibid., n. 1, nonchè in tre atti rogati a S. Severina e vergati dal bresbitero e protopapa Stefano e da Filippo sacerdote e protopapa per ordine appunto del metropolita Dionysios: TRINCHERA, Syllabus cit., nn. 279 (a. 1228), 283 (a. 1229) e 274 (a. 1226), pp. 384-386, 389-390, 376-377. In una scrittura 'libraria' è esemplato un atto del 1203 dal sacerdote Nicola per ordine di Costantino protopapa e taboularios <<cwpaj Paleokastrou>>, l'odierna Petilia Policastro in diocesi di S. Severina, al quale si devono altri documentii rogati nel maggio 1202 e 1223 (Vat. lat. 13489, nn. 5 e 8). Alla edizione degli atti conservati nel Vat. lat. 13489 (I-II) attende oramai da tempo André Guillou; per una prima sommaria informazione rimando a A. GUILLOU, Les Archives grecques de S. Maria della Matina, in Byzantion 36 (1966), pp. 304-310.
105 Oltre a quelli menzionati nella nota precedente, vd. anche A. GUILLOU, Saint-Jean-Théristès cit. e Saint-Nicodème de Kellarana (1023/1024-1232), Città del Vaticano 1968. Sulla persistenza del greco nella Calabria del Trecento e Quattrocento cf. TRINCHERA, Syllabus cit., passim; i documenti latini editi da A. PRATESI, Carte latine di Abbazie Calabresi provenienti dall'Archivio Aldobrandini, Città del Vaticano 1958 (Studi e testi, 197), in cui sovente alcuni testimoni sottoscrivono in greco: nn. 108 (a. 1217?), 111 (a. 1218), 117 (a. 1219), 142 (a. 1224), 149 (a. 1226), 151 (a. 1227), 152 (a. 1228), 158 (a. 1230), 185 (a. 1260), 186 (a. 1261), 188 (a. 1265) e 190 (a. 1266) tutti rogati in diocesi di S. Severina, ovvero n. 134 (Crotone, a. 1224) e n. 157 (Belcastro, a. 1230). Su S. Severina, che passò al rito latino nel 1269, vd. M. CASTELFRANCHI, <<He Aghia Seberiane>>. Note sul cosiddetto battistero, in Magna Graecia, 12 (1977), 5-8, e inoltre la perg. (latina) H VII dell'Archivio del Collegio greco in Roma, redatta a Mileto nel 1383, ove sottoscrive in greco il teste <<.....>. Per le diocesi ioniche meridionali cf. LUCA', Le diocesi cit., e V. NAYMO, Le pergamene angioine dell'Archivio Carafa di Roccella (1313-1407), Catanzaro 1998, nn. 1 (Gerace, a. 1313), 3 (Grotteria, a. 1339), 4-5 (Castelvetere, aa. 1344 e 1389), 6 (Gerace, a. 1407). Per la Calabria del versante tirrenico vd. infra, p. 342 e nota 213.
106 Supra, p. 307.
107 G. CAVALLO, Mezzogiorno svevo e cultura greca. Materiali per una messa a punto, in Byzantinische Zeitschrift, 84-85 (1991-92), pp. 430-440, ristampato col titolo Mezzogiorno svevo e cultura greca, in AA. VV., Federico II e le scienze, Palermo 1995, pp. 236-249. Si veda anche F. MAGISTRALE, La cultura scritta latina e greca: libri, documenti, iscrizioni, in Federico II. Immagine e potere, a c. di M. S. CALO' MARIANI e R. CASSANO, Venezia 1995, pp. 125-141: 137 ss., nonchè L. PERRIA, Libri e scitture del monachesimo italogreco nei secoli XIII e XIV, in Libro, scrittura, documento della civiltà monastica e conventuale nel Basso Medioevo (secoli XIII-XIV). Atti del Convegno di studio (Fermo, 17-19 sett. 1997), a c. di G. AVARUCCI, Spoleto 1999, pp. 99-13. Per un quadro storico d'insieme cf. D. ABULAFIA, Federico II. Un imperatore medievale, Torino 19333, specialmente pp. 5-49 e 211-239, ove il ruolo culturale svolto da Ruggero II e dallo stesso Federico risulta assai ridimensionato; in questo senso e dalla prospettiva bizantina, limitatamente a Ruggero, cf. anche LUCA', I Normanni cit. Contra R. ANTONELLI, La corte <<italiana>> di Federico II e la letteratura europea, in Federico II e le nuove culture. Atti del XXXI Convegno storico internazionale (Todi, 9-12 ott. 1994), Spoleto 1995, pp. 319-345, il quale giustamente esalta il cosmopolitismo e la ricca articolazione linguistica e culturale della Magna Curia, nonchè la specificità della biblioteca plurilingue, tendenzialmente universale e diacronica. Vd anche A. PETRUCCI, Il libro manoscritto, in Letteratura italiana diretta da A. Asor Rosa, II. Produzione e consumo, Torino 1983, p. 532 ss.
108 I. SPATHARAKIS, Corpus of Dated Illuminated Greek Manuscripts to the Year 1453, I-II, Leiden 1981 (Bizantina Neerlandica, 8), n. 172 e pl. 322.
109 Reperterium der griechischen Kopisten 800-1600. 3 Teil. Handschriften aus Bibliotheken Roms mit dem Vatikan, hrsg. E. GAMILLSCHEG unter Mitarbeit von D. HARLFINGER und P. ELEUTERI, Wien 1977, n. 444, Taf. 244; Facsimili di codici greci della Biblioteca Vaticana, a c. di P. CANART - A. JACOB - S. LUCA' - L. PERRIA, Città del Vaticano 1998 (Exempla scripturarum, fasc. V), n. 104, tav. 74.
110 The New Palaeographical Society. Facsimiles of Manuscripts and Inscriptions, First Series, I, London 1903-1912, pl. 78; P. CANART - J. LEROY, Les manuscrits en style de Reggio. Etude paléographique et codicologique, in La paléographie grecque et byzantine, Paris 1977 (Colloques intern. du CNRS, n° 559), pp. 241-261: 257 e nota 63.
111 M. RE, Un nuovo codice vergato da Lorenzo di Calamizzi: il Crypt. E.b.VI, in Schede medievali, 20-21 (1991), pp. 154-158 (con bibliografia precedente).
112 A. TURYN, Codices Graeci Vaticani saeculis XIII et XIV scripti annorumque notis instructi, in Civitate Vaticana 1964 (Codices e Vaticanis selecti, 28), pp. 53-56, tab. 32 e 168a. Il volume risulta tutto rescriptus (il codice antiquior è omiletico, vd. S. VOICU - J. NORET, Le palimpseste italo-grec Vatic. Barb. gr. 455, in Analecta Bollandiana, 89 [1971], pp. 323-342), appartenne poi a tal Metrofane (f. 2), è vergato in una minuscola diritta, con aste poco sviluppate, che richiama vagamente scritture calabro-salentine coeve.
113 M. B. FOTI, Il monastero del S.mo Salvatore in Lingua Phari. Proposte scrittorie e coscienza culturale, Messina 1989, p. 60 e tav. 64.
114 A. JACOB, De Messine à Rossano. Les déplacements du copiste salentin Nicolas d'Oria en Italie méridionale à la fin du XIII siècle, in Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, n.s. 44 (1990), 25-31 (con bibliografia).
115 S. LUCA', Manoscritti 'rossanesi' conservati a Grottaferrata, Grottaferrata 1986, pp. 67-68; C. SCAGLIARINI, Romano di Ullano: l'apprendimento grafico latino di un copista greco, in Scrittura e civiltà, 12 (1988), pp. 183-199.
116 TURYN,Codices Graeci Vaticani cit., pp. 82-85, tab. 50 e 176 (Vat. gr. 1877: rescriptus); 88-89, tab. 53 e 178a (Barb. gr. 39); 97-98, tab. 70 e 180 (Vat. gr. 2563).
117 TURYN, Dated Greek Manuscripts... of Italy cit., pp. 58-60, pl. 44 e 229; sulla produzione di Macario rinvio a S. LUCA', Membra disiecta del Vat. Gr. 2110, in Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, n.s. 43 (1989), pp. 3-52: 12-28 (La carriera del copista Macario di Reggio); sui codici di Giovanni rossanese vd. S. PARENTI, Aspetti poco noti dell'attività di Giovanni Rossanese copista a Grottaferrata, in questo stesso volume, pp. 201-212; su Giuseppe 'melendytes', vd. E. VELKOVSKA, Another Manuscript of Joseph Melendites?, in Byzantinische Zeitschrift, 84-85 (1991-92), pp. 347-353.
118 Cf., per es., i codici, tutti liturgici e stilati in scrittura di Reggio (o con essa imparentata) del sec. XIII, Ambros. C 18 sup. (ff. a-f) e I 94 Suss. (ff. 38-66), Par. gr. 50 (vd. W. H. P. HATCH, Facsimiles and Desciptions of Minuscule Manuscripts of the New Testament, Cambridge [Mass.] 1951, pl. LXVII), Scorial. y.II.6 (ff. 1-8) e w.IV.12 (ff. 24-171), Messan. gr. 175, n. X (frammento di eucologio), Neap. II C 21 (eucologio attribuibile a Lorenzo di Calamizzi: A JACOB, Une édition de l'Euchologe Barberini, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, 64 [1977], pp. 5-31: 30), Barb. gr. 346, Vatt. gr. 1547, 1810, 1827, 1837 (ff. 108 ss.), 1839; Crypt. B.a.XVII, D.g.IX (f. 21), D.g.XXXVI, E.a.IIIa, E.b.VI (quest'ultimo vergato da Lorenzo di Calamizzi verosimilmente a Rossano; il codice risulta postillato nel sec. XVII al Patir dall'abate Cola Giovanni Perruccio: RE, Un nuovo codice cit..; LUCA', I Normanni cit., p. 40 nota 149); Roman. Collegio greco 2, ff. 138-147 che risultano palinsesti (la scrittura inferiore è una ogivale inclinata italiota del sec. IX/X e contiene scritti di Antioco monaco), mentre il volume (ff. 1-137), copiato in stile 'rossanese' nella prima metà del sec. XII e contenente il commento di Gregorio di Corinto (+1156) ai canoni liturgici di Cosma e di Giovanni di Damasco, venne integrato, perchè mutilo in fine, nel corso del sec. XIII utilizzando le membrane dell'Antioco monaco. Vd. anche il Vat. gr. 1975 (Crisostomo), nonchè il Vallic. D 53 (ff. 1-143: Gregorio di Nissa): S. LUCA', Una menzione di Terreti nel Vallic. D 53, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, 56 (1989), 21-40: 28-33. In una scrittura artificiosa e conservativa il sacerdote Dositeo trascrisse negli anni a cavaliere dei secoli XII e XIII nel monastero di S. Angelo di Militino, nei pressi di Rossano, l'attuale Vat. gr. 1997, che conserva il romanzo di Barlaam e Josaphat e altri scritti patristici, cf. S. LUCA', Rossano, il Patir e lo stile rossanese. Note per uno studio codicologico-paleografico e storico-culturale, in Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s. 22-23 (1985-86), pp. 93-170:127 e nota 170; M. B. FOTI, Copisti greci in Calabria, in Mestieri, lavoro e professioni nella Calabria medievale: tecniche, organizzazione, linguaggi. Atti dell'VIII Congresso storico calabrese, Soveria Mannelli 1993, pp. 367-382: 74 e tav. II. Vd. ora Repertorium 3 cit., n. 180, Taf. 97.
119 Sul f. 94v è stata apposta intorno al sec. XIV un'interessante annotazione relativa alle spese sostenute dal notaio Nicola Pelecano per la costruzione della propria abitazione, in cui tra l'altro, occorre la menzione di tal Giovanni Fantino di Oppido ( ,Agi,a ,Agaqh,), mentre sul f. 92v una mano del sec. XIV annota: <<Edoqh tou/twn to biblhwn Nikolaj kart$ofulaz ?) D.g apo cwraj agi$aj% a,ga.qh dia chrwj Pet$pou% de Bhllan.., mhn$i% a,gosto ie . ind$istiw/noj ib . et$wj% ta parata.rcota (j w n q . $= a.D. 1351)>>. L'altro testimone noto delle Costituzioni federiciane, l'attuale Barb. gr. 151 (sec. XIII p. m.), è originario del Salento.
120Sui manoscritti rinvio a LUCA', Una menzione di Terreti cit., p. 30 nota 35; uno specimen del codice di Sofia presso 9-19th Century old Balkan Manuscripts (Bulgarian Culture Festival), Japan Calligraphy Museum 1997, n. 25 e p. 77. Quanto all'opera di ricostruzione, di restauro e di rinnovo di libri cf. SCHIRO', Vita inedita di S. Cipriano di Calamizzi cit., p. 92 linn. 67-93. L'abate Cipriano, figlio di medico e medico egli stesso (ibid., p. 90 linn. 36-37), morì tra il 1211 e il 1216, allorchè la metropoli di Reggio era guidata dall'arcivescovo normanno Giraldo: KAMP, Kirche und Monarchie cit., pp. 922-925.
121 Sui codici Vat. gr. 2019 e Marc. gr. 179 vd. LUCA', Rossano cit., pp. 122-126.
122 Vd. lo specimen pubblicato presso G. CAVALLO, Lo specchio omerico, in Mélanges de l'Ecole française de Roma. Moyen Age - Temps modernes, 101 (1989), pp. 609-627, tav. 12.
123 Con il copista principale collabora una mano coeva nei ff. 97r-v (dalla lin. 4), 108v (lin. 8: a vv. ki,onoj di,khn) - 109v, 110v-113v. Una buona riproduzione della mano principale in I Greci in Occidente. La tradizione filosofica, scientifica e letteraria (dalle collezioni della Biblioteca Nazionale Marciana), Catalogo della mostra, a c. di G. FIACCADORI e P. ELEUTERI, Venezia 1996, p. 76 (f. 94v). Le peplessità sull'origine italiota del manoscritto manifestate in S. LUCA', Il Diodoro Siculo Neap. B.N. gr. 4* è italo-greco?, in Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, n.s. 44 (1990), pp. 33-79: 57 nota 92 (ma vd. ibid., p. 54 nota 92), dopo aver condotto un esame autoptico, non hanno più fondamento: il manoscritto è senza dubbio salentino. Originari del Salento risultano anche i lessici Par. gr. 2630 e 2631, il Par. Suppl. gr. 172 (patristico), nonchè la collezione canonica Par. gr. 1370 del 1296/97 (?); su quest'ultimo cf. CH. ASTRUC at Alii, Les manuscrits grecs datés des XIIIe et XIVe siècles conservés dans les bibliothèques publiques de France, I, Paris 1989, n. 31 (= pp. 74-76 e pl. 77-78). Quanto ai Par. gr. 1352 e 1348, che conservano i Basilici, alla Suda (Suida) Voss. gr. F 2 e Vat. gr. 1296 (a. 1205), ai Crypt. Z.a.XXVI (Odissea) e Z.g.VII (scritti giuridici) occorre un supplemento di indagine prima di proporre attribuzioni più o meno attendibili. Sulla Suda vaticana, vergata da due copisti (B: ff. 305-307v), cf. Facsimili di codici greci cit., tavv. 68-69. Non mi paiono invece italioti, anche se è stata suggerita da più parti un'origine calabro-sicula, i codici Vat. gr. 107 e Messan. gr. 119, contenenti entrambi scritti di retorica, nonchè l'Odissea Laur. Conv. soppr. 52. Il messinese e il laurenziano però sono databili al sec. XII.
124 PERRIA, Libri e scritture cit., p. 108. Di caduta verticale nella produzione libraria della zona calabro-sicula riferisce anche P. CANART, Gli scriptoria calabresi dalla conquista normanna alla fine del sec. XIV, in Calabria Bizantina. Tradizione di pietà e tradizione scrittoria nella Calabria greca medievale, Reggio Calabria 1983, pp. 143-160: 156.
125 FOTI, Il monastero cit., pp. 61-63 e tavv. 65-69.
126 A. TURYN, Dated Greek... of Italy cit., pp. 172-174, pl. 139 e 246c.
127 Ibid., pp. 150-151, pl. 151 e 249b. Alla Sicilia (Messina) occorre assegnare anche la copia del Crypt. Z.a.VII della seconda metà del sec. XIV, che contiene lessici vari e un'omelia greco-latina-romanza per la domenica delle Palme: R. DISTILO - A. JACOB, Un'omelia trilingue nel Crypt. Z.a.VII, in Helikon, 29-30 (1989-1990), pp. 409-431.
128 CANART, Gli scriptoria calabresi cit., 152-155.
129 LUCA', Le diocesi cit., pp. 296-297 e tavv. 23 e 25, p. 299 e tav. 27.
130 Ibid., p. 301 e tav. 30. Vd. ora Repertorium 3 cit., n. 513, Taf. 284.
131 Rispettivamente TURYN, Dated Greek... Italy cit., pp. 129-130, pl. 101 e 238b; Codices Vaticani Graeci cit., p. 189, tab. 93-94 e 189. Sull'ottoeco cf. anche H. FOLLIERI, Codices Vaticani Graeci Bibliothecae Vaticanae selecti temporum locorumque ordine digesti commentariis et transcriptionibus instructi, apud Bibliothecam Vaticanam 1969 (Exempla scripturarum..., fasc. IV), n. 59.
132 TURYN, Dated Greek.... Italy cit., p. 147, 202c.
133 La città è menzionata nel bios di s. Elia: Vita di Sant'Elia il Giovane. Testo inedito con traduzione italiana pubblicato e illustrato da G. ROSSI TAIBBI, Palermo 1962 (Istituto Siciliano di Studi bizantini e neoellenistici. Testi, 7), p. 64 lin. 859.
134 Tra l'altro i ff. 9-16.19 risultano tratti da un libro latino, vergato in una gotica non pienamente formata del sec. XIII-XIV, mentre i ff. 75-79 appartenevano ad un manoscritto italiota della fine del sec. X, vergato in una minuscola angolosa riconducibile al filone di tipo Anastasio.
135 TURYN, Codices Vaticani Graeci cit., pp. 168-169, tab. 146 e 202b; FOLLIERI, Codices graeci cit., n. 58.
136 Vd. ora Repertorium 3 cit., n. 120, Taf. 64, ove tuttavia il codice, segnalato erroneamente come meneo, non viene rivendicato alla città di Tropea.
137 Bibliografia presso P. CANART - V. PERI, Sussidi bibliografici per i manoscritti greci della biblioteca Vaticana, Città del Vaticano 1970 (Studi e testi, 261), p. 156. Vd. anche S. PIERALISI, Inventarium codicum MM.SS. Bibliothecae Barberinae redactum et digestum (manoscritto), s. num.
138 I ff. 30-39 (fasc. e .) formano un quinterno; i ff. 1-5 (3+2), appartenenti al fascicolo Q ., vanno collocati dopo i ff. 63-70 (fasc. H'). La numerazione è ancora visibile sui ff. 1 (Q .), 22 (D .), 21v (G .), 47v (j .), 48v (Z'). Il tipo di rigatura, 00D2 Leroy, sfrutta quello del codice antiquior.
139 Supra, pp. 314, 315, 316.
140 Si vedano per ora, a mo' di esempio, i ff. 1-12.17 appartenenti forse a un triodio italiota del sec. XI (f. 3: Qrau/sonui,ou,j ktl.. ovvero  ,Akatanw,hton qau/ma ktl., cf. l'edizione romana [1879], p. 23); i ff. 13-16; i ff. 19-22. 31-57, anch'essi appartenenti forse a un triodio, vergato in una minuscola del sec. XI/XII affine allo stile di Rossano (f. 19: Martinianou kai. Ma,lcou ktl.. ed. laud., p. 91; f. 19v, H dial.o,gou to.n lo,gon ktl.( ibid., p. 92; f. 22v, Plou/ton kalon o,.n moi de,dwkaj ktl., ibid., p. 13); ff. 27-28 (si osservi lo zeta minuscolo a forma di tre con asta iniziale molto profonda); ff. 63-71 (triodio del sec. XI in.: f. 63, Alati qei,wn aretw/n ktl., f. 64v, sarkoj mou taj keiniseij ktl., ibid., rispettivamente pp. 443 e 421.
141 Vd. ff. 184 (IZ'), 200 (IQ .), 208 (K'), 225v (KA'), 226 (KB'). Occorre sottolineare che il fascicolo XI (ff. 136-142) è costituito di 7 fogli (4+3), il XII di 6 fogli (4+2), mentre il IX di un solo foglio (f. 127), cui tuttavia appartenevano anche i ff. 1-7 del Barb. gr. 376. Infine, il dorso di diversi fascicoli è stato rinforzato, in epoca recente, con frustuli di codici greci (ff. 13, 33, 224v) o latini (ff. 13, 14-15, 128v, 135, 207, 183, 199v).
142 Sono incompleti il I (ff. 1-6) e il II (ff. 7-12) per caduta del bifoglio esterno iniziale, il III (ff. 13-16) per la caduta dei primi due bifogli e il IV (ff. 17-23), che si compone di 7 fogli (4+3).
143 Paraklhtikh. h,.toi ,Octw,hcoj h, mega,lh, Romae 1885.
144 Ibid., p. 23.
145 Sul manoscritto cf. CANART - LEROY, Les manuscrits en style de Reggio cit., p. 259 (il codice viene ricordato per la sua scrittura derivata o imparentata con quella di Reggio), e I. MERCATI, Psalterii Hexapli reliquiae. Pars prima: Osservazioni, in Bybliotheca Vaticana 1965, p. 195. Vd. pure PIERALISI, Inventarium cit., s. num.
146 Bibliografia (scarna) presso CANART - PERI, Sussidi cit., p. 147.
147 Vd., e.g., i ff. 8-50 (anastasima del pieno sec. XVI), 51-143, 168-172 (acolutie per il Natale), 173-187 (seconda metà del sec. XVI).
148 Supra, nota 141.
149 Paraklhtikh., ed. cit., pp. 363 lin. 4 - 377 lin. 31/2.
150 Ibid., p. 377 linn. 31-32.
151 Vd. f. 154 (i e .) e 162v (vestigia); la numerazione che compare in basso a destra sui ff. 14, 64 (k <?>), 74, 90, 98, 106, 114 (Q .), 122, 130 e 146 apparteneva probabilmente al palinsesto.
152 Vd. A. ROCCHI, Codices Cryptenses seu Abbatiae Cryptae Ferratae in Tusculano, Tusculani 1883, pp. 249-251, e LUCA', Una menzione di Terreti cit., p. 31 nota 35; per le membrane palinseste vd. E. CRISCI, I palinsesti di Grottaferrata. Studio codicologico e paleografico, Napoli 1990, pp. 27-28 (con bibliografia), 109-115. Sull'eucologio Crypto-ferratensis Basilii Falascae, utilizzato dal Goar, vd. anche A. JACOB, Rouleaux grecs et latins dans l'Italie méridionale, in Recherches de codicologie comparée. La composition du codex au Moyen Age, en Orient et en Occident, ed. par PH. HOFFMANN, Paris 1998, pp. 69-97: 89.
153 Oriente cristiano e Santità. Figure e storie di santi tra Bisanzio e l'Occidente, Milano 1988, n. 38 (= pp. 221-222). Bibliografia presso ROCCHI, Codices cit., p. 149; TURYN, Dated Greek... Italy cit., pp. 182-183, pl. 147 e 247d; CRISCI, I palinsesti cit., pp. 25-26, 97-98. Altre riproduzioni in J. GRIBOMONT, Il monachesimo orientale, in AA.VV., Dall'eremo al cenobio, Milano 1987, pp. 127-152: tavv. 60, 62-63.
154 CANART - LEROY, Les manuscrits en style de Reggio cit., p. 259 (ms. écriture apparentée ou derivée).
155 Supra, p. 298 e nota 55. Vd. anche RUSSO, Regesto, I, cit., n. 3249.
156 Il cognome sembra modellato sugli aggettivi composti di tau/roj, come tauroeidh,j( tauro,pouj( tauroyuh,j( tauropro,swpoj( taurofa,goj( tauroqro,oj, e consimili. Non è da escludere pertanto che tauro,zhj fosse in origine semplicemente un nomignolo (= dagli occhi o dalla vista di bue). Nella zona di Bova è attestato taurou,ki $to.%, ossia torello: A. KARANASTASIS,  ,Istoriko.n lexiko.n tw/n e.llhnikw/n i.diwma,twn th/j ka,tw ,Itali,aj, V,  ,Aqh/nai 1992, s.v.
157 Cf. ff. 8, 14v, 15, 27, 89v, 101, 104, 104v, 121v, 131v.
158 Intorno ai vescovi di Tropea dei secc. XII e XIII cf. KAMP, Kirche und Monarchie cit., pp. 996-1005. Vd. inoltre per il sec. XIV P. P. RODOTA', Dell'origine, progresso e stato presente del rito greco in Italia, I, Roma 1758, p. 413; C. EUBEL, Hierarchia Catholica Medii Aevi, I, Regensberg 1813, p. 500; D. TACCONE-GALLUCCI, Regesti dei Romani Pontefici per la Chiesa della Calabria, Roma 1902, pp. 421- 424; P. B. GAMS, Series episcoporum Ecclesiae Catholicae, Graz 1957, pp. 937-938.
159 RUSSO, Regesto, I, cit., nn. 1018 e 1210.
160 Ibid., n. 959 (menzione di Marino, eletto vescovo di Tropea nel 1262); su Rainaldo/Rinaldo non ho reperito alcuna documentazione.
161 Ibid., nn. 1193, 1224, 1345, 1351.
162 Ibid., nn. 1380 e 1480.
163 Ibid., nn. 2582, 3185 (= VENDOLA, Rationes cit., n. 4330), 4020-21. Un omonimo è attestato tra il 1200 e il 1219: ibid., nn. 503, 515, 530, 581, 587, 636.
164 Ibid., nn. 6660, 6905, 7029, 7480, 7501; Acta Clementis PP. VI (1342-1352), coll. A. L. TAUTU, Città del Vaticano 1960 (Pontificia Commissio cit., Fontes Series III. vol. IX), n. 52, pp. 86-87. Devo osservare che nel 1351 figurerebbe come vescovo di Tropea tal Giovanni, che venne esentato <<propter paupertatem a praestatione servitii communis>>: RUSSO, Regesto, I, cit., n. 7210.
165 RUSSO, Regesto cit., I, nn. 7480, 7482, 7484-85; RUSSO, Regesto, II, cit., nn. 7717, 7919, 7980, 8464, 8594, 8917, 9018-19, 9067. Su di lui vd. anche Acta Innocentii PP. VI (1352-1362), coll. A. L. TAUTU, Città del Vaticano 1961 (Pontificia Commissio cit., Fontes Series III. vol. X), n. 144, pp. 265-266; Acta Urbani PP. V (1362-1370) cit., nn. 57 e 92, pp. 93-95 e 152-153.
166 RUSSO, Regesto, II, cit., n. 8453.
167 Supra, p. 321. Anche i fascicoli del Crypt. B.b.VIII sono numerati allo stesso modo.
168 Un Nicola (Acciapacci) sedette sul soglio di Tropea nel sec. XV (1410-1466 ca.).
169 RUSSO, Regesto, I, cit., nn. 6032 e 6146.
170 Ibid. I-II, cit., nn. 7213 e 7717. Su di lui vd. anche Acta Clementis PP. VI (1342-1352) cit., n. 194 (a. 1351), pp. 319-321, e Acta Innocentii PP. VI cit., n. 144, (a. 1362), pp. 265-266.
171 Se così fosse Nicola sarebbe morto il 13 dicembre 1363.
172 Vd. A. MANCINI, Codices Graeci Monasterii Messanensis S. Salvatoris, in Atti della Reale Accademia Peloritana, 20 (1907), pp. 1-263: 134; G. PIGNATARO, Appunti di storia oppidese, Terranova Sappo Minulio 1936, p. 5, ove viene menzionata anche una bolla di Clemente VI del 24 nov. 1351.
173 FOTI, Il monastero cit., pp. 33-38; LUCA', Membra disiecta cit., p. 29 ss. Il codice ricorda nel testo sotto la data 10 dicembre Luca vescovo di Isola, nativo di Melicuccà: <<mnh,mh tou/ o,si,ou patro.j h,mw/n Louka/ e,pisko,pou ei,j o,.lon tou/ grammatikou/ tou/ e,n Soula,nou kume,nou>>, come del resto in una nota a margine del f. 49v, ma all'11 dicembre. Sotto la data topica del 10 dicembre Luca è menzionato in altri due sinassari della famiglia C*, il Messan. gr. 103, realizzato presso il S. Salvatore di Messina verso la metà del sec. XII (FOTI, Il monastero cit., p. 40) e il Barb. gr. 475, vergato parzialmente dal sacerdote Giovanni nel 1174 con ogni verosimiglianza a Oppido (LUCA', Il monastero di S. Maria di Polsi cit., p. 156 ss.).
174 Sul f. 50v occorre la notizia della consacrazione monastica di Giacomo da parte di Bartolomeo, catigumeno di S. Bartolomeo di Trigona, avvenuta nel dicembre 1282; ai ff. 47 e 53 è ricordata rispettivamente la data di morte del monaco Teodosio (lunedì 8 dicembre 1281) e di Filareto (14 dicembre, senza indicazione dell'anno).
175 LUCA', Il monastero di S. Maria di Polsi cit., pp. 157-162.
176 Ibid., specialmente p. 162 e nota 62.
177 A. GUILLOU, La Théothokos de Hagia-Agathè (Oppido) (1050-1964/65), Città del Vaticano 1972 (Corpus des Actes grecs cit., 3), pp. 20 e 33, nn. 17-19, 22, 44.
178 Si ricordi che il calendario bizantino festeggia il Santo il 6 dicembre, come, per es., risulta anche dal calendario del Crypt. G.b.III. Che si tratti di un santo si evince dal testo di f. 72v (tav. 7), ove la formula e l'invocazione alla Vergine sono ripetute, mentre il nome del santo (a,.gioj) non viene esplicitato.
179 RUSSO, Regesto cit., Indici 1, Roma 1980, p. 115.
180 RUSSO, Regesto cit., II, nn. 11356, 11395.
181 Com'è noto nel sec. XVI sia S. Bartolomeo di Sinopoli che S. Filareto di Seminara furono due importanti centri di raccolta di libri (greci), che erano conservati nelle varie badie 'basiliane' delle zone viciniori.
182 Vd. l'ed. del Meneo, vol. III, Roma 1896, pp. 133-140.
183 La filigrana, una mano sormontata da un fiore, è del tipo Briquet 10718 (a. 1499/500) e 10723 (a. 1576).
184 Le differenze tra le due mani sono evidenti: basti osservare il modo del tutto diverso di tracciare delta maiuscolo, pi, zeta o xi.
185 Il testo tuttavia è quello consueto del formulario: vd. l'edizione sullodata del Meneo, III, p. 113 ss.
186 Supra, p. 290 e nota 21. Bibliografia presso GUILLOU, Le 'Liber Visitationis' cit., pp. 108-109, 258.
187 Supra, p. 323.
188 Vd. ora Repertorium 3 cit., n. 6, Taf. 2.
189 C. GIANNELLI, Codices Vaticani 1485-1683, in Bybliotheca Vaticana 1950, pp. 98-100. Al Santa Maura si deva anche la copia (parziale) dell'horologion Vat. gr. 1536 (ff. 3-22, 30-43, 284-291), ultimata forse a Seminara, a quanto si evince dalle acolutie in onore proprio di s. Filareto (ff. 284-291v). - Il cognome Carnalevari/Carnalivari è documentato in Calabria nel XVI e XVII secolo: RUSSO, Regesto cit., Indici cit., p. 174.
190 Vd. CANART, Codices Vaticani Graeci. Codices 1745-1962 cit., pp. 427-430.
191 Ibid. Il copista lavorò a Messina tra il 1542-1551, dove trascrisse, fra l'altro, il Vat. gr. 1602 (a. 1532), il Vat. Reg. gr. Pii II, 34 (a. 1542) e i Matrit. 4591 e 4592 (a. 1547), a Bova, ove, per es.., vergò su commissione del vescovo Aquila Bracci il tipikon Barb. gr. 359 (a. 1552), a Seminara (vd. supra) e in altre località della Calabria. Nel 1570 copiò infatti su commissione del sacerdote Costantino del chorion di Papaniceforo il Barb. gr. 377 (ff. 191 ss.). Alla sua penna occorre assegnare anche la trascrizione totale o parziale di numerosi codici, tra cui i Barb. gr. 467, 535, 543. Presentano una grafia assai affine a quella di Giorgio il Vallic. 195 (Allacci CXV), ff. 21-23 e il Barb. gr. 410, nonchè il Barb. gr. 429, sottoscritto da uno dei suoi figli. Sul copista vd. ora Repertorium 3 cit., n. 93 (con bibliografia).
192 CANART, Codices 1745-1962 cit., pp. 210-215, 388-391; ID., Codices 1745-1962, t. II. Introductio, Addenda, Indices, in Bibliotheca Vaticana 1973, p. XL.
193 CANART, Codices 1745-1962 cit., pp. 192-195.
194 Supra, p. 355 nota 184.
195 S. G. MERCATI, Sul tipico del monastero di S. Bartolomeo di Trigona in italo-calabrese in trascrizione greca da Francesco Vucisano, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, 8 (1938), pp. 127-233, rist. in ID., Collectanea Byzantina cit., II, pp. 372- 394; K. DOURAMANI, Il <<Typikon>> del monastero di S. Bartolomeo di Trigona, in Antonianum, 71 (1996), pp. 307-324.
196 CANART, Codices 1745-1962 cit., pp. 395-403: ID., Codices 1745-1962, t. II, cit., p. XLIX. L'appartenenza del manoscritto all'abbazia è testimoniata nel 1589 da Don Giovanmaria Standardo di Corigliano (f. 181).
197 Sul verso di f. I sono ricordate le encenie di un nao.j dedicato a s. Nicola (2a domenica di novembre). Rammento che l'attività di copia si protrasse sino al sec. XVIII: su commissione di Filareto Augustino, igumeno del monastero, il monaco Epifanio Martelli vi esemplò nel 1742 l'attuale Crypt. Z.a.XXI; nel 1743 il monaco criptense Benedetto Monaldini (+1764) trascrisse in parte, sempre a S. Bartolomeo di Trigona, il Crypt. Z.d.VII <<kat .e,pitagh.n tou/ o,siwta,tou kaqhgoume,nou kur Filare,tou Au.gousti,nou>>.
198 Supra, p. 328.
199 M. G. LALATESTA ZILEMBO, Gli amanuensi di Grottaferrata, in Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, n. s. 27 (1973), pp. 97-126: 104-106.
200 Acta Urbani PP. VI (1378-1389)... Gregorii PP. XII (1406-1415), coll. A. L. TAUTU, Città del Vaticano 1970 (Pontificia Commissio cit., Fontes Series III. vol. XIII. 1), n. 121, pp. 246-247, e n. 157, pp. 310-312).
201 Cf. rispettivamente Acta Clementis PP. VI (1342-1352) cit., n. 154, pp. 245-246, e n. 182, pp. 285-286. Cf. in generale CAPIALBI, Memorie per servire alla Storia cit., pp. 48-50.
202 Supra, pp. 331-334.
203 Sulla cultura in lingua greca di Oppido e della Piana di Gioia Tauro rimando al mio Manoscritti greci in territorio di Oppido, di prossima pubblicazione.
204 Si osservi l'aspetto d'insieme e lettere o legamenti che evocano lo stile di Reggio e sono assai consimili a quelli esibiti dalla scrittura del Taurozes: theta corsivo angoloso (tav. 6a, lin. 11, epsilon con cresta 'a bottone' (ibid., lin. 8), il segno tachigrafico per kai, (ff. 8, lin. 19; 47v, lin. 15; 49 lin. 6; 56, lin. 7). Singolare è la forma di tau a guisa di 7.
205 Supra, pp. 336-337.
206 RUSSO, La partecipazione dei vescovi calabro-greci cit., pp. 786-792: 791. Di un sigillo di piombo del vescovo oppidese Simone (+1394) riferisce C. ZERBI, Della città, chiesa e diocesi di Oppido Mamertina e dei suoi vescovi. Notizie cronistoriche, Roma 1876, p. 175.
207 TRINCHERA, Syllabus cit., nn. 256-258, pp. 348-352.
208 La città è menzionata nel bios di Luca, vescovo di Isola Capo Rizzuto: SCHIRO', Vita di S. Luca vescovo di Isola Capo Rizzuto cit., p. 120.
209 TRINCHERA, Syllabus cit., nn. 295, 305, 308-311, 316, 320, 325, App. I, n. 16 = pp. 415-416, 437-438, 443-450, 460-461, 481-482, 491-492, 531-532.
210 Vd. STRAB., VI.1,5 ( ,Ippw,nion) e PROCOPIO di Cesarea, III. 18. Vd. anche G. OCCHIATO, Una colonna con incisione bizantina proveniente dalla vecchia Mileto (Calabria), in Byzantion, 56 (1986), pp. 207-234.
211 TRINCHERA, Syllabus cit., n. 331, pp. 494-496.
212 Ibid., n. 271, p. 372.
213 A riprova di una grecità assai diffusa nella Calabria del Duocento vorrei qui menzionare otto pergamene ancora inedite, redatte per lo più a Castrovillari e attualmente conservate presso la Biblioteca Civica "U. Caldora" della stessa città: nn. 3 (maggio 1246) e 5 (luglio 1222) rogate dal notaio e taboularios Salomone; nn. 4 (giugno 1216) e 6 (?), vergate dal notaio e taboularios Leone; nn. 7 (agosto 1245) e 8 (dicembre 1254), scritte dal notaio Giovanni, <<taboul$arioj% a,.stewj Ne,ou Sasswn$i,ou%( h,.goun Kastrouill$a,%r$h%>>. La perg. n. 1 è del novembre 1081, la n. 2 del 1194/95.
214 M. FORMENTIN, Codici greci di medicina nella Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli: le vie di acquisizione, in Lingue tecniche del greco e del latino II. Atti del Seminario intern. sulla letteratura scientifica e tecnica greca e latina (Trieste, 4-5 ott. 1993), a c. di S. SCONOCCHIA e L. TONEATTO, Bologna 1997, pp. 207-216: 215-216.
215 Su questi aspetti rinvio il mio Scritture librarie del XV e XVI secolo in Calabria, relazione letta al Convegno intern. sul tema  .H e,llhnikh. grafh. kata. tou.j 15°° kai. 16° eai,w/nej (Atene, 18-20 ott. 1996), di prossima pubblicazione.
216 Vd. Manoscritti palinsesti criptensi: lettura digitale sulla banda dell'invisibile, a c. di D. BROJA - C. FARAGGIANA DI SARZANA - S. LUCA', Ravenna - Parma 1998, pp. 18-22. Il Crypt. D.g.V è un ottoeco del sec. XIII, di origine salentina.
217 L'etnonimo potrebbe riferirsi anche al villaggio di S. Agata, nelle vicinanze di Reggio, ossia il ka,stron th/j ,Agiaj  ,Aga.qhj caduto in mano saracena nel 922 e 976/77: Sizilianisch-Unteritalienische Chroniken. Chronik 45, in P. SCHREINER, Die Byzantinischen Kleinchroniken, Wien 1975, pp. 337-338; vd. anche GUILLOU, Le brébion cit., p. 46 e nota 7. Un villaggio a,gia  ,Agaqh è segnalato anche in provincia di Catanzaro: A. GUILLOU, Les Actes grecs de S. Maria di Messina. Enquete sur les populations grecques d'Italie du Sud et de Sicile (Xe-XIVe s.), Palermo 1963 (Istituto Siciliano di studi cit., Testi, 8), n. 11 (a. 1175).
218 A. VACCARI, La Grecìa nell'Italia meridionale, in Orientalia Christiana, 3 (1925), pp. 273-323: 310; M. VOGEL - V. GARDTHAUSEN, Die griechischen Schreiber des Mittelalters und der Renaissance, Leipzig 1909 (rist. Hildescheim 1966), p. 50.
219 A. FYRIGOS, Il fondamento bizantino del Rinascimento italiano, in Studi sull'Oriente Cristiano, 1 (1997), pp. 47-65, e con lo stesso titolo in Homo Hadriaticus cit., pp. 313-330.
 
 

 
Giorgio Taurozes
INDICE:
 | Giorgio Taurozes copista e protopapa di Tropea |
| Intervista al Prof. Santo Lucà