Tropea.Un'insolita veduta aerea del Convento dei Minori Conventuali di Largo Galluppi con attaccata la Chiesa di San Francesco.

Girolamo Ruffa,
un allievo calabrese di
Domenico Scorpione*
(1981)

di Annunziato Pugliese


Sarebbe molto interessante poter delineare compiutamente la personalità di Girolamo Ruffa, ma, allo stato attuale delle ricerche, ciò non è possibile: le poche notizie che abbiamo su di lui sono desunte quasi esclusivamente dai frontespizi delle tre opere a noi pervenute1. Da essi apprendiamo che Girolamo Ruffa era di Tropea, che era minore conventuale e che nell'anno 1700 era maestro di cappella presso la Cattedrale di Mileto. I dizionari, quando non lo ignorano2, non aggiungono altro3. Le fonti archivistiche calabresi sono relativamente poche e spesso anche di difficile accesso. Negli archivi di Tropea non si sono potute trovare notizie relative al nostro musicista. Per quanto riguarda la data di nascita, ad esempio, c'è da osservare che i soli registri di battesimo che si conservano, relativi alla seconda metà del Seicento, sono quelli della parrocchia di San Giacomo4, e quelli dell'Arciprete della Cattedrale di Tropea che curava le anime delle famiglie fuori le mura5. Ma in questi registri il cognome Ruffa non figura mai nè ricorre in alcun modo. E' vero che mancano quelli delle altre parrocchie6, d'altra parte però non è improbabile che Ruffa fosse oriundo di Drapia, allora uno dei ventitrè casali di Tropea. A Drapia, infatti, i Ruffa sono in percentuale altissima e pare che quelli di Tropea provengano proprio da questo paesino, ma i registri che ivi si conservano datano dal 1791.
A Tropea, comunque, Girolamo Ruffa molto probabilmente ha passato la sua gioventù nel chiostro dei Minori Conventuali. Si suppone che abbia avuto come maestro Domenico Scorpione, che qui si trovava verso la fine del Seicento7. Che sia stato allievo di Scorpione, infatti, non vi sono dubbi: lo si legge alle pagine 1 e 33 dell'Introduttorio Musicale dello stesso Ruffa8 e a pagina 95 delle Riflessioni Armoniche di Scorpione9. Ma il fatto che nella Chronologica collectanea dell'abate Sergio10, che tratta di tanti musicisti, non c'è spazio per Ruffa, fa pensare che questi sia stato tutt'altro che presente nelle attività culturali di questa cittadina11.
Della sua attività a Mileto non resta traccia, eppure non è improbabile che vi sia stato per parecchi anni: difatti nel 1701 sarà nominato <<Discretus perpetuus>> grazie anche alla sua attività di maestro di cappella <<[...] per plures annos [...]>>12. Non conoscendo altri documenti che dimostrino dove abbia esplicato tale attività prima dell'anno 1700, non resta che appigliarsi ai pochi indizii presenti nella dedica al Mendoza (di stanza a Mileto) premessa ai Graduali dove si legge tra l'altro: <<[...] Spero almeno d'incontrare il suo genio, per esservi qui una parte di quelle composizioni, che la sua benignità non ricusò di accogliere con l'onore della sua attenzione, e dar loro spirito col fiato delle sue lodi [...]>>13. Ciò fa pensare che alcune delle composizioni presenti nella pubblicazione del 1700 fossero già state eseguite probabilmente nella Cattedrale di Mileto, sotto la guida dell'autore, durante le relative funzioni liturgiche (non si dimentichi che ci troviamo di fronte a parti del Proprium)14. Ma, se per gli anni anteriori al 1700 si è potuta avanzare qualche timida ipotesi, ciò diventa molto più difficile per gli anni successivi. Difatti le dediche presenti nelle Opere III e IV sono datate rispettivamente: Napoli 15 febbraio 1701 e 12 aprile sempre dello stesso anno; nè queste nè i frontespizi ci dicono nulla sulla sua professione.
Francesco Russo15 ritiene che il Ruffa sia stato maestro di cappella in San Lorenzo Maggiore a Napoli. Ma si tratta di una notizia che rimane pur sempre un'ipotesi se è desunta, come mi sembra di capire, dal volume segnato A 56 dei Regesta Ordinis conservati nell'Archivio Generale dei Frati Minori Conventuali. In esso infatti, al foglio 111r, alla data del 12 Marzo 1700, si legge:

<<Patri Fratri Hieronimo Ruffa de Tropea Provinciae Calabriae Magistro Musices conceditur licentia, ut magister musices
Conventus Nostri Santi Laurentii Neapolis et Vicarius Chori eiusdem Conventus revideant opus elaboratum ab ipso cuius
titulus ''Istitutioni Corali'' et alia musicalia pariter ab eodem composita>>.

Il testo del documento non dovrebbe far sorgere dubbi, nè da esso mi sembra possa desumersi che Ruffa sia stato maestro di cappella a S. Lorenzo Maggiore di Napoli. Inoltre, per maggiore chiarezza, faccio ancora presente che, all'epoca, il maestro di cappella di S. Lorenzo Maggiore era don Nicola Rocco16, cioè proprio colui che, insieme al vicario del coro, un certo Bonaventura de Itro17, avrebbe dovuto <<rivedere>> i lavori di Ruffa. Quest'ultimo, poi, nell'anno 1700, come  s'è visto, era maestro di cappella a Mileto e non vedo come avrebbe potuto svolgere tale attività contemporaneamente in due centri così distanti tra loro.
Non meno problematico si presenta il discorso sulle opere: sappiamo che in poco più di un anno (come s'è visto la dedica dell'Opera IV è del 12 aprile 1701) Ruffa ne ha pubblicato quattro: due teoriche e due pratiche, nell'ordine: Graduali per tutte le domeniche minori dell'anno... Opera prima... Napoli, De Bonis 1700; Istituzioni Corali [op. II?]; Salve a solo et a due, con violini e senza, e litanie della B. Vergine a tre concertate... Opera III... Napoli, De Bonis 1701; Introduttorio Musicale... Quarta opera... Napoli, De Bonis 1701.
A porre maggiori problemi sono quelle teoriche, cioè la seconda e la quarta. La seconda, ovvero le Istituzioni Corali, non ci è pervenuta affatto. Oggi però, grazie al documento citato da padre Russo18, ne conosciamo il titolo e possiamo supporre che si trattasse della seconda, visto che la prima è del 1700 e la terza del 1701.
La quarta, cioè l'Introduttorio Musicale, pure del 1701, viene da più parti attribuita a Scorpione19, anzi è stata addiritura avanzata l'ipotesi che Ruffa fosse uno pseudonimo di questi20. Ma già da quanto finora esposto ritengo che ciò sia difficile da sostenere. Com'è noto, già lo stesso Scorpione ci presenta una situazione alquanto equivoca ed ambigua: nelle Riflessioni Armoniche del 1701 scrive che <<[...] in atto sta sotto il torchio un Introduttorio Musicale del padre Girolamo Ruffa della Città di Tropea [...]>>21. L'anno successivo, dopo la pubblicazione dell'Introduttorio Musicale (1701), nelle sue Istruzioni Corali (1702) afferma: <<[...] di questo [del canto figurato], mesi sono, ne diedi alla luce un trattato di pochi fogli col titolo di Introduttorio Musicale, ma sotto altro nome, perchè, per dirla, m'arrossiva di far campeggiare pel mondo un pigmeo armonico; [...]>>22. A pagina 21 della stessa opera dà, inoltre, per scontato che l'opera in questione è sua: <<[...] In qual modo tal'introduttorio [la mano guidoniana] debba ordinarsi per il canto figurato già s'è detto nell'Introduttorio Musicale al capo Quinto [...]>>23.
Ma vediamo cosa potrebbe essere successo in questo lasso di tempo. Ruffa era allievo di Scorpione e come tale potrebbe aver preso degli appunti durante le lezioni del maestro. Tali appunti, probabilmente elaborati, saranno circolati in seguito tra gli allievi di Ruffa, stando a quanto egli stesso afferma nella <<nota a' leggitori>> dell'Introduttorio: <<[...] perciocchè avendola io composta per giovar allo studio di alcuni, che si compiacquono della mia disciplina [...]>>24. L'interesse didattico che essi destavano, spingono Ruffa a pubblicarli in forma organica di trattato, come forse aveva già fatto con le Istituzioni Corali. Ne viene fuori un'opera teorica di carattere didattico che nulla aggiunge ai trattati dell'epoca. Il suo pregio sta infatti nella chiara esposizione e nei consigli che vi si trovano, specialmente nell'ultimo capitolo, utili tanto al maestro quanto all'allievo, nonchè ai cantanti di professione: in appena 61 pagine sono contenuti ben 23 capitoletti ciascuno dei quali, probabilmente, contiene l'argomento di una lezione dello Scorpione. E lo stesso Scorpione si dimostra contento dell'iniziativa dell'allievo, tant'è vero che, nelle sue Riflesssioni Armoniche, che vedranno la luce qualche mese prima dell'Introduttorio, ne annuncia, come abbiamo visto25, la imminente pubblicazione. Ma è probabile che proprio mentre l'Introduttorio stava sotto il torchio, i rapporti tra i due abbiano incominciato ad incrinarsi: Scorpione avrà fatto capire a Ruffa che l'Introduttorio non diceva nulla di nuovo per cui, tutto sommato, non meritava di essere stampato. Ruffa allora si precipita a dare una risposta nella <<nota a' leggitori>>, qui infatti si dimostra cosciente dei limiti dell'opera e si preoccupa di chiarire i motivi che lo hanno spinto a pubblicarla26. La reazione di Scorpione però sarà ancora più dura: a distanza di meno di un anno dalla pubblicazione dell'Introduttorio vedranno la luce le Istuzioni Corali di Scorpione, opera che probabilmente sarà servita a fare togliere dalla circolazione le Istituzioni Corali27 di Ruffa, di cui infatti non è rimasto alcun esemplare. Nella stessa opera, inoltre, Scorpione assume un atteggiamento ambiguo e pesante nei confronti dell'Introduttorio: da una parte, come s'è visto, tende a minimizzarne l'importanza, dall'altra a rivendicare la paternità.
Il Ferraro ritiene che quanto afferma Scorpione a pag. 21 delle sue Istruzioni Corali sia la fonte che <[...] risolve in modo chiaro e definitivo il dibattuto problema [...]>>28 e <<[...] che ciò costituisca una prova ben convincente della paternità dell'Introduttorio Musicale, che quindi va attribuito definitivamente a Scorpione [...]>>29. Ma c'è qualcosa che non quadra: nell'Introduttorio il capitolo V si trova a pag. 5 e cioè immediatamente dopo il capitolo III. Detto capitolo V è seguito dal IV che tratta delle mutazioni, argomento che non può essere trattato prima della mano guidonica (<<introduttorio>>). Dopo il capitolo IV viene il VI. Suppongo si tratti di un banale errore di stampa. Correggendo tale errore, l'argomento della citazione dello Scorpione si troverebbe al capitolo IV e non al V. Ora, sembra strano e molto improbabile che uno che scrive veramente un'opera non sappia in quale capitolo ha relmente trattato un certo argomento. Perciò se quanto detto prima non dovesse restare solo frutto della mia fantasia, l'autocitazione dello Scorpione non potrebbe essere considerata una tattica ben studiata per screditare il suo allievo migliore che faceva troppo tesoro degli insegnamenti del maestro?
Particolare attenzione merita invece l'Opera I, cioè i Graduali, in quanto si tratta di una raccolta sistematica di graduali per tutte le domeniche minori dell'anno. Ma perchè risulti più chiaro quanto dirò, penso sia necessario aprire una parentesi sul significato liturgico e sulla storia del graduale. Si tratta di un canto liturgico su testi biblici, che prese tale nome dal fatto che originariamente veniva eseguito dal cantore sui gradini dell'ambone. Dopo il concilio di Trento la concelebrazione tende a scomparire e quindi il graduale viene ridotto per evitare lungaggini inopportune. Inoltre, a causa della variabilità dei testi, le parti del Proprium Missae in genere, e il graduale in particolare, non hanno avuto presso i polifonisti la fortuna che invece è toccata alle parti dell'Ordinarium. Per un compositore, infatti, è molto più stimolante rivestire di musica le parti fisse della messa, dal momento che esse sono eseguite molto più spesso, anzichè le parti mobili, che sono d'uso certamente meno frequente. Intonare le parti del Proprium sarà quasi una prerogativa dei più solerti maestri di cappella, giammai intesa, comunque, come impegno sistematico: per coprire il Proprium di un intiero anno liturgico, bisognerebbe intonare non meno di un migliaio di testi sacri, come ci fa osservare anche Lorenzo Bianconi30. Certo, il problema si pone principalmente all'inizio di una nuova epoca. Il Cinquecento, per esempio, lasciava in eredità splendide raccolte di alcune parti del Proprium, cui si era pervenuti man mano che lo stile polifonico andava consolidandosi, e che si erano rivelate utilissime per le necessità liturgiche. Sin dagli inizi del Seicento, però, tali sillogi incominciano ad essere sostituite da raccolte inorganiche, su testi non sempre tratti dalle Sacre Scritture, ma anche dalla letteratura devozionale più recente. Ad esse attingeranno le cappelle musicali, quando non si ricorre addirittura a brani strumentali per i pezzi da eseguire mentre il sacerdote, per salvaguardare la validità del rito, legge sottovoce i testi del Proprium. Ma ciò non è gradito dalla chiesa e quindi, nel 1665, essa interviene ufficialmente col famoso Editto sopra le musiche, che richiama una bolla del 1657 di Alessandro VII. E la situazione doveva essere degenerata alquanto a giudicare dalla durezza di tale Editto. Ma vediamone insieme i punti che più ci riguardano31:

<<[...] Secondo, che nelle messe non si cantino se non parole prescritte dal Messale Romano [...] e specialmente che dopo l'epistola non si canti
se non il graduale o tratto [...].
<<[...] Quinto, che non si canti a voce sola tanto grave quanto acuta tutta o parte notabile d'un salmo, inno o mottetto: ma, non cantandosi a
pieno coro, si canti alternativamente variando sempre il canto ora con voci pari, ora con gravi e con acute.
<<Sesto, che le parole così del Breviario e Messale come la Scrittura Sacra e de' Santi Padri si mettano in musica ut jacent, in maniera che non
s'invertano nè vi si frappongano parole diverse nè si faccia alterazione alcuna.
<<[...] decimo, che niun maestro di cappella o altra persona particolare per l'avvenire possa far musica nelle chiese e oratorii come sopra,
se prima non avrà giurato [...] di osservare tutte le cose contenute nel presente editto, altrimenti incorra nelle pene dette sopra [...]>>.


G. RUFFA, Graduali per tutte le Domeniche minori dell'Anno. Napoli 1700. Frontespizio.

Le pene per i contravventori, maestro di cappella in particolare, sono molto severe: <<privazione dell'offizio>>, impossibilità di continuare a comporre, ammenda di cento scudi di cui la quarta parte sarebbe stata devoluta al denunziante (che sarebbe comunque rimasto anonimo) ed infine condanna come spergiuro. Non sarà, tuttavia, questo Editto a risolvere il problema, nè altri interventi della chiesa: nel 1678 Innocenzo XI e nel 1692 Innocenzo XII saranno costretti ad intervenire per riconfermare la bolla del '57.
Il Seicento in relatà, per quanto ci riguarda, è un secolo carico di contraddizioni: da una parte le esigenze liturgiche del clima instauratosi con la Controriforma; dall'altra le nuove esigenze artistiche. Esso termina lasciando nel campo della musica sacra una profonda dicotomia tra la polifonia classica e lo stile concertato e fiorito della monodia moderna, tra le forme liturgiche in latino e quelle nuove in volgare.
E' in questa cornice, seppure affrettata, che va inquadrata la produzione liturgico-musicale di Ruffa. Da una parte i Graduali nello stile contrappuntistico, di sapore più modale che tonale, col basso continuo concepito più in forma di partecipazione con le voci che di accompagnamento; dall'altra i Salve regina nello stile concertato.
Con i Graduali Ruffa intende colmare una precisa lacuna, intonando quelli delle domeniche minori che non era facile reperire nei repertori allora in circolazione. Dimostra così di non venir meno ai suoi doveri di maestro di cappella; usa i testi sacri <<ut jacent>> nel Messale Romano32; non concede molto spazio agli interventi solistici33; pubblica i suoi graduali sotto forma di raccolta organica e sistematica e ciò è molto importante in virtù del discorso che s'è fatto prima. basta dare uno sgardo alle opere dei grandi musicisti vissuti negli stessi anni di Ruffa, e che si sono dedicati anche alla musica liturgica, per accorgersi che nessuno ha pubblicato una raccolta sistematica di graduali.
L'ultima grande raccolta organica prima della stampa di Ruffa è, a quanto ne so, quella di Lorenzo Ratti del 1628, Sacrae Modulationes34, stampa che contiene graduali per tutto l'anno a cinque voci mancanti però del santorale.
A partire da Ruffa il graduale incomincia a destare una maggiore attenzione da parte dei musicisti: si vedano ad esempio Pitoni (1657-1743), Chiti (1678-1759), Jommelli (1714-1774) ecc.
Di Pitoni, maestro di cappella in alcune delle più importanti chiese romane, abbiamo centinaia di graduali manoscritti35, ma pochissimi sono anteriori alla data di pubblicazione della raccolta di Ruffa, mentre la strgrande maggioranza fu composta dopo la prima decade del 1700. Chiti, maestro di cappella in San Giovanni in Laterano, si dedicò parecchio ai canti del Proprium ed intonò moltissimi graduali trattandoli prevalentemente a quattro voci sia in stile a cappella che in stile concertante36. Tuttavia anche le sue opere rimasero manoscritte e quindi d'uso certamente circoscritto ed occasionale.
La raccolta di Ruffa fa pensare invece ad un impegno sistematico, compiuto durante la sua attività di maestro di cappella probabilmente a Mileto. Si tratta infatti di composizioni tutte a due voci ed organo, mentre quelle di Chiti si presentano con organici e stili eterogenei. Nella scelta e combinazione delle voci Ruffa dimostra una particolare predilezione per le voci pari acute, ma non esclude le altre: su ventisette graduali, ben quattordici sono per due canti37; ne abbiamo poi tre per canto e contralto38, quattro per contralto e tenore39, cinque per canto e basso40 ed una per tenore e basso41. La tecnica imitativa è di sapore palestriniano: i canoni si presentano in media a distanza di due misure di 4/4 o 3/2, ma non mancano imitazioni strette a distanza di una quarto di misura42 o al contrario, a distanza di sei battute43. Esse sono per lo più all'unisono44 o alla 4a 45 o alla 5a 46 inferiore o superiore.
La parte del basso propone, salvo qualche fioritura, la stessa melodia del basso continuo. Ciò non avviene in un solo caso e cioè nel versetto responsoriale Domine refugium del graduale Converte Domine per la VI domenica dopo Pentecoste, perchè è cantato solo dal basso47.


G. RUFFA, Introduttorio Musicale per ben approfittarsi nel Canto figurato, con regole utili a' Principianti, Napoli 1701. Frontespizio.

Ma per la verità questo brano è concepito in maniera alquanto diversa dagli altri: intanto è uno dei rarissimi casi in cui si dà spazio ad ampi interventi solistici48. Il primo verso, infatti, viene intonato solo dal soprano; il versetto responsoriale, come s'è detto, invece è intonato solo dal basso. Le due voci di trovano insieme sull'alleluia per un breve inciso sillabico che porta all'intonazione (a due e quasi omofonica) del versetto alleluiatico In te Domini speravi. Qui la composizione trova una vivacità piuttosto inconsueta in Ruffa: agli incisi omofonici si alternano imitazioni strette con scambi di leggeri vocalizzi; la figurazione è rapida e la melodia agile ma contenuta negli intervalli più accessibili. E tuttavia, come di consueto, la parte vocale sembra emergere da un tessuto polifonico sottinteso. Difatti, come la parte del basso procede all'unisono col basso continuo, così, una volta realizzato quest'ultimo, anche una delle linee melodiche realizzate nell'accompagnamento si presenta all'unisono con la parte monodica vocale.
La tonalità di cui Ruffa si serve maggiormente per l'intonazione dei graduali è quella di Sol (maggiore o minore). Seguono poi Fa maggiore, Re e La49. Va però subito precisato che non si può parlare di tonalità in senso moderno: al momento di comporre, Ruffa, avrà avuto quasi certamente ben presenti le melodie gregoriane che, anche se molto elaborate, gli saranno servite come punto di riferimento per la composizione dei suoi tenores. Che ci si trova in Sol maggiore, per esempio, non si desume dall'impianto tonale, ma dalla natura degli accordi. Il Fa viene puntualmente alterato, ma più per la sua funzione di sensibile che per la struttura tonale: in chiave infatti non troviamo alterazione alcuna. La conclusione delle varie sezioni, inoltre, è sempre in quinta o in ottava e mai si presenta con un accordo completo. Mancando proprio la terza, spesso resta imprecisato il modo.
Il testo, in queste composizioni, ha un ruolo molto importante tanto nella strutturazione generale del pezzo quanto nella scansione ritmica. Ciascun brano viene infatti diviso in tante sezioni quanti sono i versetti da intonare, all'interno delle quali il rispetto per l'accento metrico è impeccabile. Pur di sottolineare la sillaba accentata Ruffa spesso si trova costretto a ricorrere, nelle parti sillabiche, alla sincope, come, per esempio, nel graduale Custodi me per la decima domenica dopo Pentecoste. Qui infatti sulla sillaba accentata del sostantivo <<oculi>>, quando questa non coincide con il tempo forte, troviamo la seguente figurazione:

Anche i vocalizzi vengono posti sulla sillaba accentata e difficilmente vengono eseguiti dalle due voci contemporaneamente, anzi si assiste ad uno scambio continuo, sicchè, mentre una voce funge da sostegno armonico, l'altra esegue il volalizzo. I valori usati per la composizione di quest'ultimo sono per lo più crome o semicrome, nel tempo binario, mentre in quello ternario ricorrono valori superiori.
La dimensione dei pezzi varia da un minimo di trentanove misure di breve, con o senza punto (Venite filij) ad un massimo di centotrentadue (Ecce quam bonum)50. La struttura compositiva non si ripete identica per ciascun brano e non sempre ad ogni sezione del testo poetico corrisponde una sezione musicale ben definita ed indipendente51. I graduali di Ruffa sono in realtà una unione tra il graduale vero e proprio ed il brano liturgico che segue a questo, ovverosia l'alleluia con il relativo versetto alleluiatico. La sutura tra i due brani liturgici è talmente stretta che spesso si passa dall'uno all'altro senza soluzione di continuità.
Un discorso diverso va fatto per i Salve Regina. Essi s'inseriscono perfettamente nel quadro della poetica e dell'estetica barocca con una continua ricerca di immagini che tendono a colpire l'animo dell'ascoltatore per la loro densa e viva espressività. La riforma luterana aveva improvvisamente svuotato di significato la figura della Madonna e dei Santi. La Chiesa della Controriforma perciò si preoccupa di rivalutare queste figure potenziando tesi e preghiere di particolare immediatezza ed attingendo ad una letteratura di sapore più <<popolare>>, ricca di immagini emergenti: la Croce, Cristo, il Sangue, la Vergine, la Madre, ecc.
Con il Salve Regina abbiamo quindi uno stile più espressivo, più intenso, più eterogeneo rispetto a quello dei graduati. La prima cosa che risalta da queste composizioni sono, infatti, le indicazioni di carattere agogico assenti nella raccolta dei graduali. Nei cinque Salve Regina di Ruffa esse comunque non si presentano in forma omogenea, come in quelli di Pergolesi52. Tali indicazioni si riscontrano nei Salve Regina di Ruffa per ben undici volte nel primo della raccolta; nove nel secondo, due nel quinto ed appena una volta nel terzo e nel quarto53. Va inoltre precisato che mentre in Pergolesi tali indicazioni caratterizzano intiere sezioni (il testo viene diviso in parti che determinano e delimitano le varie sezioni musicali), in Ruffa spesso si riferiscono soltanto a brevi incisi all'interno delle stesse54.
La struttura dei Salve Regina di Ruffa si presenta in forma aperta, cioè senza riprese tematiche. Lo stile del <<concerto strumentale>> si riscontra anche nelle parti vocali: esse infatti spesso si presentano come un continuo fluire di quartine in virtuosismi derivati dalla letteratura strumentale. L'impostazione è di tipo armonico e verticale più che contrappuntistica e lineare, anche se viene usata la tecnica canonica e delle imitazioni sia tra le parti concertanti (canto-violini) sia tra queste ed il basso continuo. Anche qui il basso continuo spesso si presenta come una parte in contrappunto, disegnando linee melodiche per gradi congiunti più che salti di gradi armonici: in tal modo va oltre la sua semplice funzione di sostegno armonico. Del resto questa era la caratteristica dei concerti sacri con basso continuo del secolo XVII.
Nei Salve Regina la tonalità preferita è quella di La: il primo e il terzo sono infatti in La maggiore55 e il quarto e quinto in La minore56, mentre il secondo è in Re57. Ma anche in queste composizioni l'impostazione tonale non è chiara: per quelli in La maggiore abbiamo solo due diesis in chiave (fa e do) mentre il sol lo troviamo alterato di volta in volta. Quello in Re, poi, non porta alcuna alterazione in chiave58 e nel brano troviamo tanto il fa e il do diesis quanto il si bemolle, per cui non viene precisato il modo, anche perchè, come s'è già detto per i graduali, la chiusura del brano è sempre senza la terza. Tale ambiguità, se da una parte denuncia una incoerenza nel linguaggio tonale, dall'altra consente all'autore di usare liberamente i due modi secondo le necessità espressive.
Molto interessanti, a proposito, sono, sempre nel secondo Salve Regina (quello in Re), anche una serie di cromatismi ostinati che si ripetono regolarmente, nella parte del basso continuo, a distanza di due misure, su un intervallo di quarta discendente (tonica-dominante) e in tonalità diverse (La-, Mi-, Re+) per tutta la sezione <<ad te suspiramus...>>. In questa sezione la parte vocale è affidata al solo soprano che propone una linea melodica alquanto contorta e densa di ritmi spezzati. Nel terzo Salve Regina (in La+), sempre nella sezione <<ad te suspiramus...>>, troviamo, invece, delle progressioni barocche con settime allo stato fondamentale sul basso continuo, il quale procede per quinte discendenti e quarte ascendenti. Espedienti di sapore madrigalistico, certamente idonei ad esprimere l'immagine poetica del testo o meglio della parola (suspiramus; gementes; flentes). Ad essa, infatti, più che al significato dell'intera frase del testo poetico, sembra essere rivolta l'attenzione principale di Ruffa. In questo senso vanno interpretate anche le indicazioni di carattere agogico riferite spesso soltanto a brevi incisi più che ad intere sezioni o il frequente mutare della figurazione e quindi dell'andamento ritmico.
Dei cinque Salve Regina di Ruffa, il quarto (in La-) ripropone la stessa struttura di quello di Scorpione (suo maestro): ambedue sono in La- e la suddivisione del testo è quasi identica come pure l'alternanza ritmica tra le varie sezioni59. Ma non mancano elementi comuni tra il primo di Ruffa (in La+) e i due autentici di Pergolesi60 (in La- e in Do-): struttura generale del pezzo, organico, uso di certe formule ritmiche
su alcuni termini quale <<suspiramus>>, <<exules>>, ecc. Si tratta di pure coincidenze o è dato supporre che Pergolesi fosse a conoscenza delle composizioni di Ruffa?

NOTE

*  Ringrazio il prof. Agostino Ziino per i preziosi consigli che mi ha dato durante la stesura del presente lavoro.
1  Si tratta di G. RUFFA, Graduali / Per tutte le Domeniche minori dell'Anno, / Non solo commode per le Cappelle, mà utili per Solfeggiare, / Composti dal / P. Girolamo Ruffa / Della Città di Tropea, dell'Ord. de' Min. Convent. di S. Francesco, / e Maestro di Cappella della Cattedral Chiesa della Città di Mileto / Opera prima. / Dedicati / All'Illustrissimo Signor / D. Pietro Hurtado de Mendoza / Cavaliero dell'Ordine di Calatrava, Governatore, e Vicario / Generale delli Stati di Mileto, e Francavilla, e Capitano / à Guerra della Città del Pizzo, e sua paranza. / In Napoli, per io De Bonis Stampatore Arcivescovale M.DCC. - Con licenza de' Superiori;
ID, Salve, a solo, et a due, / con violini e senza / e litanie della B. Vergine / a tre concertate, / Composte dal / P. Girolamo Ruffa / Della Città di Tropea, dell'Ord. de' Min. Convent. di S. Francesco / Opera terza. / [...]. La dedica e le note editoriali sono uguali a quelle dell'opera prima, salvo la data della pubblicazione che qui è: M.DCCI;
ID, Introduttorio / Musicale / Per ben approfittarsi nel Canto figurato, / Con regole utili a' Principianti: comodo, e dilettevole / a' professori, che insegnano. / Quarta opera / Composta dal Padre / Fra Girolamo Ruffa / da Tropea, / De' Minori Conventuali di San Francesco. / Dedicato / Al molto reverendo Padre Maestro / Fra Bonaventura / di Candidone. / Ministro Provinciale, e Commissario Generale / dell'Ordine de' Minori Conventuali di San / Francesco nella Provincia di Calabria / Citra, & Ultra. / In Napoli M.DCCI / Presso il De Bonis Stampatore Arcivescovale. / Con Licenza de' Superiori.
Come s'è potuto notare, si dice maestro di cappella solo nell'opera I.
2  Lo ignora, per esempio, R. EITNER, Quellen-Lexikon de musicher und musikgelehrten, Leipzig 1903.
3  Per tutti cito W. DURR, in Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Kassel-Basel, sub voce.
4  Si tratta dei sottoelencati registri che ho potuto consultare grazie alla cortesia di Don Saverio Cortese, parroco di Santa Caterina Vergine e Martire, che li ha in custodia;
1°) Parrocchia di San Giacomo, Liber renatorum, et matrimoniorum ab anno: confirmatorum 1626 ad 1751; renatorum 1644 ad 1689 e 1731 ad 1742; matrimoniorum 1644 ad 1688. <<Inoltre trovasi qui unito un opuscoletto in fine contenente>>: Battesimo dal 1594 al 1614; Matrimoni dal 1604 al 1617. <<Legato il presente volume per cura del R.mo can.co Parroco D. Francesco De Maria a.d. 1906>>;
2°) Parrocchia di San Giacomo 1646; Libro di Battesimo e Matrimoni Parroco fu De Maria - fino al 1742. Dall'11-5-1656 fino al 1665 coincide, per contenuto, col registro precedente. I matrimoni sono riportati dal 2-2-1689 fino al 9-1-1742.
3°) Parrocchia di San Giacomo: Battesimo Luglio 1594 - Ottobre 1644.
5  Si tratta di due registri piuttosto disordinati in custodia presso la Parrocchia del Rosario di cui attualmente è titolare mons. Francesco Pugliese che gentilmente mi ha consentito di consultarli e pertanto colgo l'occasione per ringraziarlo ancora.
6  Cioè di San demetrio e San Nicola alla Piazza. Per quanto mi risulta, tre infatti erano le parrocchie di Tropea. Le campagne del territorio erano, come s'è visto, affidate all'arciprete della Cattedrale.
7  Cfr. G. DONATO, Appunti per una storia della musica a Messina nel Cinque e Seicento, Messina 1981, pp. 210-211.
8  G. RUFFA, Introduttorio Musicale..., cit., p. 1: <<...di essa [musica specolativa] diffusamente n'ha parlato il mio P. Maestro Scorpione...>>; p. 33: <<..però chi vuole intendere bene il trattato delle proporzioni, legga il primo libro delle Riflessioni Armoniche del mio Maestro Scorpione...>>.
9  D. SCORPIONE, Riflessioni Armoniche, Napoli, De Bonis, 1701, p. 95: <<...In atto sta sotto il torchio un Introduttorio Musicale del padre Fra Girolamo Ruffa della Città di Tropea, mio discepolo...>>.
10 Mi riferisco a F. SERGIO, Chronologica collectanea de civitate Tropea eiusque territorio, manoscritto inedito di cui mons. F. Pugliese di Tropea conserva le fotocopie. Dell'originale non ho notizie.
11 Per quanto riguarda il fermento culturale a Tropea all'epoca di Ruffa, si veda G. FERRARO, Vitalità letteraria e musicale a Tropea nei secoli XVII e XVIII, in <<Calabria letteraria>> XXVIII (1980), nn. 4-5-6.
12 Regesta Ordinis A 56 f.111r e A 60 f. 236v. dell'Archivio Generale dei frati Minori Conventuali, Roma: <<Die 3 may 1701. Per patentes instituitur Discretus Perpetuus Titulo Magistri musices per plures annos, et ob 4 opera musicalia typis edita, cum voto et absque ullo prejudicio eorum, ad quos ius precedendi spectare potest. Sub datum 8 jan. 1701>>.
13 G. RUFFA, Graduali... cit., parte del canto primo, quinta pagina della dedica.
14 Trattandosi di parti del proprium, cioè di composizioni che venivano eseguite, per il servizio liturgico, quasi sempre soltanto una volta l'anno, il Mendoza deve averle sentite in data non di poco anteriore a quella della pubblicazione.
Ma della attività di Ruffa a Mileto non resta traccia. Le fonti archivistiche di questa città sono ben poche ed in corso di ordinamento grazie alla pazienza e dedizione di Mons. Luzzi, archivista della Diocesi. Qui ho potuto consultare alcuni manoscritti della mensa vescovile ma posteriori al 1701 dove però non si menziona Ruffa. Va comunque precisato che si tratta di registri non certo ordinati e ben tenuti. Ciò emerge anche dalla prefazione al Giornale scritta da Gaspare Zecca appena nominato <<razionale della Mensa Vescovile>> nel 1717. Egli così si esprime: <<Essendosi considerato da Mons. Ill.mo, che la guida e direzione d'ogn'azienda, è la scrittura, con la quale non solo si vedono gl'effetti di qualsivoglia entrata, ma pure gl'amministratori e debitori de medemi, [...] perchè per il passato, tutto che da detto Ill.mo s'è sempre tenuto il suo razionale, non ha trovato essersi ciò gratificato a causa che non si tenevano libri per la detta scrittura, ma solo si camminava con la sol'assertiva degl'amministratori, con la quale gli formavan li bilanci, e questi, quod gaius, si lasciavan in mano dei medemi, [...] che però havendo voluto (con zelo dovuto ad un pastore d'una tanto rilevante chiesa) rimediare ad una tanta confusione, oscuranza, e disordine pratticatosi per il passato, [...] ha chiamato noi [...]>>.
15 Mi riferisco a F. RUSSO, I Francescani Minori Conventuali in Calabria, Catanzaro 1982, p. 169.
16 Ho trovato infatti notizie di pagamento al <<R.D. Nicola Rocco>> per la sua attività di maestro di cappella a San Lorenzo Maggiore di Napoli, dal maggio 1698 fino al dicembre 1706. Nel Libro Maggiore di esito. San Lorenzo Maggiore 1304 Conventuali, dell'Archivio di Stato di Napoli, fondo Monasteri soppressi, al f. 337v, si legge: <<maggio 1698 - straordinario - Dato al Signor D. Nicola Rocco nostro Maestro di Cappella docati novantadui tari uno e grana otto [...]>>. Nel Libro Maggiore di esito, San Lorenzo Maggiore 1305, sempre dell'Archivio di Stato di Napoli, fondo Monasteri soppressi, le annotazioni di pagamento a questo musicista si ripetono periodicamente per tutto il volume e cioè dall'ottobre del 1698 al dicembre del 1706. Dati, questi, che smentiscono, fra l'altro, quanti sostengono che, nel 1701, fosse maestro di cappella a San Lorenzo Maggiore di Napoli Domenico Scorpione. Va inoltre precisato che in questi registri che coprono complessivamente l'arco di tempo che va dal 1698 al 1706, il nome di D. Scorpione non ricorre in alcun modo.
17 Che all'epoca fosse <<Vicario del coro>> proprio <<Bonaventura de Itro>> si desume dal citato Regesta Ordinis A 56. Infatti al f. 87r di questo regesto si riscontra, in data 1-6-1700, il rifiuto del Padre <<Baccelliere Bonaventura de Itro>> di accettare la promozione a <<Padre Guardiano>> del Convento d'Itria, con la seguente motivazione: <<[...] cum sit de studiis, et vicarius chori in Conventus nostrum S. Laurentiis>>.
18 Mi riferisco al Regesta Ordinis A 56 di cui, a pag. 133 del presente lavoro, si è già riportato il testo della parte che ci riguarda.
19 vedi, per esempio, oltre i comuni dizionari, N. PAPINI, Miscellanea Minoritica, ms. Cl III 86 dell'Archivio Generale dei Frati Minori Conventuali, Roma, f. 203 n. CCCVI: <<Dominicus Scorpioni [...] edidit italice [...] Introduttorio Musicale, an. 1701 [...]>>.
20 La Musica. Dizionario, Torino, UTET 1971, parte seconda, p. 914, sub voce: <<[...] E' stata avanzata l'ipotesi che G.R. sia uno pseud. o un prestanome di D. Scorpione>>.
21 D. SCORPIONE, Riflessione Armoniche, cit., pag. 95.
22 D. SCORPIONE, Istruzioni Corali, op. 7, Benevento 1702, p. 2.
23 D. SCORPIONE, Istruzioni Corali, cit., p. 21. Non deve perciò stupirci il fatto che già Papini (vedi nota 19) annovera tra le opere di D. Scorpione anche l'Introduttorio Musicale. Evidentemente la cosa non è passata inosservata e probabilmente del problema se n'è discusso subito a parecchio, tant'è vero che in fondo alla pagina del frontespizio della copia dell'Introduttorio che si trova presso la biblioteca del Conservatorio di musica <<San Pietro a Majella>> di Napoli si riscontra la seguente annotazione: <<La D.a opera è fatica del P. Scorpione sebbene comparisca il P. Ruffa suo discepolo, per farlo ammaestrare dopo quattro opere che...>>. L'annotazione è incompleta per colpa della rifilatura praticata al foglio probabilmente al momento del restauro del libro. Non sono riuscito ad individuare l'autore di essa, ma ritengo si tratti di qualcuno che fosse a conoscenza della diatriba: non si spiegherebbe diversamente la giustificazione (<<per farlo ammaestrare>>) che dà. Giustificazione che tuttavia non so sino a che punto possa ritenersi attendibile dal momento che, stando a quanto mi ha cortesemente riferito Padre Isidoro Gatti, archivista presso l'Archivio generale dei Frati Minori Conventuali. <<ammaestrare>>, per i Minori Conventuali, significava divenire <<Padre Maestro>>, titolo che si conseguiva però solo in teologia. Mi sembra, pertanto improbabile che le opere di Ruffa, di carattere prettamente musicale, possano essere servite <<per farlo ammaestrare>> in teologia.
24 G. RUFFA, Introduttorio Musicale.., cit., prima pagina della <<nota a' leggitori>>.
25 Vedi nota 9.
26 G. RUFFA, Introduttorio Musicale... cit., <<nota a' leggitori>>: [...] ho voluto anzi sperar del vostro favore, che temer della picciolezza del mio sapere. Senza che troppo rigido censore convien, che sia colui, che avrà a stimarmi degno di biasimo nella pubblicazione di questa mia fatica; perciocchè avendola io composta perr giovare allo studio di alcuni, che si compiacquono della mia disciplina; non so come potrà altri dirmi, ch'io l'abbia accozzata per ambizioso desiderio di fama. Era uscita dal mio forziere per utile di alcuni pochi; e perchè non farla anche camminare alquanto più largamente per beneficio di molti? egli è vero che non è imbandigione per palati di soverchia delicatezza; il conosco, e il confesso: ma non fu mai, mel credan pure, mia intenzione di scrivere a cotestoro. I miei scritti non si stendono più in la dei termini della mezzolanità [...]>>.
27 Come s'è già detto, di quest'opera conosciamo solo il titolo che si riscontra al f. 111r dei Regesta Ordinis A 56 (cfr. p. 133 del presente lavoro).
28 G. FERRARO, L'<<Introduttorio Musicale>> di Girolamo Ruffa. Un problema di attribuzione, in <<Calabria Sconosciuta>> IV-V (1981) n. 16-17, p. 63. La frase di Scorpione, cui fa riferimento Ferraro, è la seguente: <<[...] In qual modo tal'introduttorio debba ordinarsi per il canto figurato già s'è detto nell'Introduttorio Musicale al capo quinto [...]>> e certamente serve a precisare che Scorpione si riferisce proprio all'Introduttorio Musicale di Ruffa.
29 G. FERRARO, L'<<Introduttorio Musicale>>...cit., p. 64.
30 Cfr. L. BIANCONI, Il Seicento. Storia della Musica a cura della S.I.d.M. Torino, edit. 1982, p. 111.
31 Cito da L. BIANCONI, Il Seicento... cit., p. 64.
32 Vedi tavola I.
33 Vedi tavola I.
34 Mi riferisco a L. RATTI, Sacrae Modulationes nunc primum in lucem editae, Pars I. Una cur B. ad org.: ID. Pars II; Pars III, Venezia, 1628.
35 Per una conoscenza approfondita della produzione di musica sacra di questo compositore si veda il volume di S. GMEINWIESER, Giuseppe Ottavio Pitoni-Thematisches Werkverzeichnis, Munchen 1976.
36 Cfr. S. GMEINWIESER, Girolamo Chiti 1679-1759, Eine Untersuchung zur Kirchenmusik in S. Giovanni in Laterano, Regensburg 1968.
37 Vedi tavola I, graduali numero: 1, 2, 3, 6, 9, 10, 12, 15, 16, 18, 22, 25, 26, 27.
38 Vedi tavola I, graduali numero 5, 17 e 23.
39 Vedi tavola I, graduali numero 7, 13, 20 e 24.
40 Vedi tavola I, graduali numero 5, 11, 14, 19, 21.
41 Vedi tavola I.2, graduale numero 8.
42 Vedi, per esempio, i graduali numero 19 e 22 di cui alla tavola I.5.
43 Vedi, per esempio, il graduale numero 26 della tavola I.6.
44 Si hanno imitazioni all'unisono nei graduali numero: 1, 2, 3, 4, 6, 8, 9, 10, 15, 18, 22, 25, 26, e 27 di cui alla tavola I.
45 Per imitazioni alla 4a inferiore vedi i graduali numero: 1, 3, 6, 7, 4, 9, 10, 13, 14, 23; per quelli alla 4a superiore, i numero: 2, 5, 7, 10, 13, 16, 20, 22, 24, 25 di cui alla tavola I.
46 Per imitazioni alla 5a inferiore si vedano i graduali numero: 10, 11, 14, 19, 20, 21; per quelle alla 5a superiore i graduali numero: 5, 7, 8, 17, 21, 26 di cui alla tavola I.
47 Cfr. tavola I.3.
48 Va infatti precisato che negli altri casi gli interventi solistici sono limitati sempre al versetto alleluiatico (vedi graduali numero 9, 17, 18, 20, 21, 23, 24, 25, 27 di cui alla tavola I). In un solo caso, e cioè nel graduale In Deo speravit cor meum (numero 16 della tavola I.4), si ha l'intonazione del versetto responsoriale Ad te Domini clamavi ad una sola voce. Pertanto, Converte, Domine rappresenta l'unico esempio in cui ambedue i versetti del graduale vengono intonati monodicamente e a voci alterne.
49 Cfr. tavola I.
50 Cfr. tavola I.
51 Cfr. tavola I graduali numero 3, 13 ecc.
52 Cfr. tavole III e IV.
53 Cfr. tavola III.
54 Cfr. Vedi, per esempio, tavola III.2.
55 Cfr. tavole III.1 e III.2.
56 Cfr. tavola III.3.
57 Cfr. tavola III.2.
58 Cfr. tavola III.2.
59 Cfr. tavole II e III.3.
60 Cfr. tavole III.1 e IV.1.
 
 

 
 
GIROLAMO RUFFA
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Musicista del XVIII secolo