Teodoro Brenson (1893-1959). Tropea - Schizzo tratto dal Volume  "Visioni di Calabria", 1929.
TROPEA,
splendida gemma della Calabria

di Helena Beatriz P. Reis


La primavera si svegliava splendente nel sole di aprile e tutti erano alla ricerca ansiosa del luogo dove trascorrere le vacanze pasquali.
Roma era gremita di turisti.
Era l'ora di approfittare del tempo e girare un poco più per il mondo. Poste le valigie nel treno, seguivo sulla carta d'Italia gli itinerari che portano verso il sud. Andavo precisamente in cerca di una cittadina che dai turisti è considerata una perla della Calabria: Tropea, poco distante da Capo Vaticano, con circa 7000 abitanti, che, durante i mesi estivi diventano più del doppio.
L'amministrazione Comunale, di fronte a tante bellezze naturali, fa di tutto per rendere più bella una spiaggia che è tra le più ricercate del litorale italiano, a tal punto che a marzo è difficile procurarsi un appartamento per i mesi di luglio e di agosto.
Tropea è veramente una cittadina affascinante, situata e quasi legata alle rocce, poste a strapiombo sul mare; quelli, peraltro, che ricercano il suo litorale solo per il suo cielo azzurro e per l'aria molto tranquilla mutilano il suo messaggio più vivo, il suo sentire più autentico; bisogna, infatti, ricercare con pazienza nella storia antica per comprendere bene il presente.
Le origini di Tropea spariscono nelle testimonianze più antiche della vita umana in Calabria.
Nelle colline che la sostengono, Paolo Orsi scoprì una parte della necropoli pre-ellenica della Torre dei Galli; nel suo litorale c'era il Foro Ercole ricordato da Strabone e Plinio.
Nell'antica età cristiana, con data non precisa, c'era una vita attiva ecclesiastica presieduta dal suo Vescovo.
Nel territorio che la circonda c'erano delle proprietà della Chiesa Romana ricordate nelle lettere di S. Gregorio Magno.
Nel Medio Evo ospitò varie comunità monastiche; ancora oggi si riscontrano diverse vestigia; e nel sec. X e XI fu presa dagli Arabi, dai Bizantini e dai Normanni.
Ma Tropea ebbe i suoi giorni di gloria nel fervore costruttivo dell'Età Romana.
Entriso, il saggio geografo arabo che viveva nella corte di Ruggero il Normanno, la definì una delle più importanti città cristiane.
L'esistenza del vescovado, della cattedrale e di numerose comunità monastiche contribuirono a mantenere notevoli tradizioni culturali che la resero famosa in tutta la Calabria.
Ci fu anche una Accademia letteraria già in azione in pieno secolo XV. Ebbe figli illustri nella cultura, nell'attività religiosa, e militare. Tra questi ricordiamo il card. Vincenzo Lauro, famoso diplomatico della Santa Sede, che non fu eletto Papa nel conclave del 1591 unicamente per il voto contrario del re di Spagna; il filosofo Pasquale Galluppi, i Fratelli Vianeo, precursori della chirurgia plastica.
Tropea non è solamente storia!
Nella settimana santa quando tutto è pace è interessante ammirare le tradizioni popolari di questa nobile e graziosa cittadina.
Il Venerdì santo, di notte, tutto il popolo invade le vie della città per partecipare alla imponente mesta processione di Cristo morto.
La banda musicale suona marce funebri. Alle luci delle torce, la Madonna, circondata da Angeli barocchi, passa per le vie strette, che denunziano un passato storico e creano un'atmosfera surreale; quando poi il corteo raggiunge il centro della città, tutto appare come un enorme falò in onore di Cristo e di Maria.
Domenica di Pasqua, ascoltai, nella Chiesa del Gesù1, la più bella della città, la santa Messa che ebbe inizio con musica brasiliana; seguì, quindi, un fervorino in portoghese di P. Luigi Gravagnuolo, superiore del Collegio dei Padri Redentoristi di Tropea, il quale conosce bene il mio Paese.
Con la primavera tenni conto degli itinerari turistici, a Capo Vaticano, a Pizzo, a Vibo ed ebbi incontri con amici affettuosi di Paravati.
Altre volte passeggiavo per il corso tropeano fino al mercato, mi fermavo nella piazza Ercole, nel largo S. Michele e quindi, nella piazza del Duomo ove ammiravo la monumentale cattedrale normanna; visitavo, quindi l'Isola dove sorge il Santuario basiliano-benedettino di S. Maria dell'XI secolo; poi intraprendevo la salita attraverso i tanti e tanti gradini scavati nella roccia fino al Largo Municipio. A tavola: salami, dolci, vini, tutti tipici del luogo.
Tropea: un lembo suggestivo dell'Italia meridionale, non del tutto ancora scoperto, un puntino nell'estremità dello stivale, che richiede attenzione.
Se mi si domandasse: <<Senti tu nostalgia di Tropea?>> non potrei fare altro che commuovermi e rispondere: <<Sì, certamente!>>.
 

NOTE
1 NOTIZIE STORICHE SULLA CHIESA DEL GESU' DI TROPEA
Il primo luogo di culto della comunità cristiana di Tropea fu S. Maria del Bosco nei pressi dell'attuale Porta Nuova. Con l'estinguersi della religiosità pagana e con l'esigenza sentita di aver un edificio più ampio per le riunioni liturgiche della comunità, fu trasformato in tempio cristiano il tempio di Marte, esistente nella parte nord-ovest dell'attuale piazza Ercole. In seguito alla conquista bizantina dell'Italia, ad opera di Belisario, il grande generale dell'imperatore Giustiniano, in Calabria si diffuse il rito greco ed anche la chiesa tropeana passò nell'orbita del patriarca di Costantinopoli. Non era più adatto alle nuove esigenze culturaliil tempio di Marte con tutti i riadattamenti subiti. Fu costruito un nuovo tempio, una chiesa cattolica, in dimensioni e forme bizantine, adatte allo svolgimento di un nuovo e diverso rito liturgico. Il luogo prescelto fu questo suolo, su cui sorge oggi il tempio del Gesù. Fu questa la Cattedrale Tropeana, per tutto l'Alto Medioevo. Con la nuova realtà politica normanna ebbe inizio il ritorno del sud alla liturgia latina. Calochirio, l'ultimo vescovo in Tropea di rito greco, seppe inserire, tempestivamente e pacificamente, la cittadina nell'ambito della nuova realtà politica. Fu di nuovo una stretta esigenza liturgica e una nuova realtà socioculturale a determinare la costruzione di una diversa Cattedrale. Così, intorno al secolo XII, sorse il Duomo Normanno. La vecchia Cattolica rimase luogo di culto di quanti, ancora attardati, seguivano il rito greco, perchè il passaggio dal greco al latino fu lento e si svolse nell'arco di alcuni secoli. Forse sorse in questa vecchia cattolica altomedievale e bizantina il culto della Madonna di Romania (dei Romani-greci) in opposizione alla Madonna dei latini, venerata in una chiesetta sita presso l'attuale Calvario. Con la venuta dei Gesuiti in Tropea nel 1594 la vecchia Cattolica fu data dal Capitolo della Cattedrale, al quale apparteneva, ai Padri della Compagnia di Gesù che vi costruirono l'attiguo Collegio (1596-1605) ed in seguito demolirono la veneranda e fatiscente chiesa bizantina per costruirvi sul suo suolo una nuova chiesa a croce greca con cupola e volta a botte sulle braccia, atta a raccogliere intorno al pulpito, disposta a raggiera, una numerosa folla per ascoltare la parola di Dio. (Erano queste le nuove esigenze della religiosità post-tridentina e gesuitica.) La costruzione non fu completata perchè la cupola fu solo impostata e la sua effettiva costruzione fu rimandata a tempi migliori. Il tempio fu in seguito arricchito di pregevoli tele. Sull'Altare maggiore fu posta una Circoncisione di attribuzione non ancora criticamente accertata, comunemente attribuita a Paolo De Matteis, su i pennacchi, le semilunette delle finestre, la parete di fondo, il Grimaldi, interessante ed ancora inedito pittore tropeano del Primo Settecento, vi lasciò numerosi segni della sua vasta operosità e delle sue maniere pittoriche volte a ritrarre, con ricca gamma cromatica, figure, scorci ed episodi della realtà quotidiana. Su gli altari laterali, nei bracci destro e sinistro, tra stucchi di dscreta fattura, furono poste le tele con S. Ignazio di Loiola e S. Francesco Saverio del Pascaletti, significativo pittore di Fiumefreddo Bruzio. Oggi queste tele si trovano nel coretto sovrastante alla segrestia. I Gesuiti lasciarono la loro sede tropeana nel 1773 in seguito alle note vicende che portarono alla soppressione dell'Ordine. Il 27-5-1802 con dcreto reale tutto l'immobile fu affidato ai Padri Redentoristi che lo tennero fino al 1867 e vi ritornarono nel 1927. Dal 1811 al 1849 vi soggiornò quasi ininterrottamente il P. Vito Michele Di Netta. Le sue spoglie mortali si trovano nella cappelletta laterale destra, presso la porta d'ingresso. E' in corso il processo di beatificazione. Fu aggiunto, in questo periodo, il solenne altare maggiore in forme tardo barocche e il sontuoso altare di S. Alfonso a tarsie marmoree nella cappella laterale sinistra.
Nel 1976, ricorrendo il terzo centenario dell'inaugurazione della Chiesa, il tempio fu ripristinato sotto la Direzione della Sopraintendenza ai Monumenti e Gallerie della Calabria con le offerte del popolo e dell'insigne benefattore P. Giuseppe Conca. Fu inaugurato il 16 ottobre 1976 da S. Em. Rev.ma il cerd. Corrado Ursi, arcivescovo di Napoli, presente il Padre Generale dei Redentoristi, p. G. Pfab, e con l'intervento delle autorità e del popolo festante.
(p. L. G.)